Nella carriera del biplano di Savoia e Verduzio, grande risalto ebbe un'impresa eccezionale compiuta il 28 febbraio 1918 da quattro SVA della 1' Sezione, tre dei quali armati con una coppia di bombe da 25 chili ed uno (caratteristico per le sue ali ridotte) munito di macchina fotoplanimetrica. Pilotati dai capitani Palli e Palma di Cesnola, dal tenente Orsini e dal sergente Arrigoni, gli aerei, partiti dal campo di Ponte San Pietro, dopo un volo di 250 chilometri nelle vallate alpine raggiunsero Innsbruck, bombardarono e mitragliarono lo scalo ferroviario austriaco e rientrarono nella base dopo tre ore di volo.
L'azione di Innsbruck, primo risultato di rilievo, consolidò la fiducia degli equipaggi nella nuova macchina, che entrò a far parte ciascuno dei sei comandi d'armata con altrettante « Sezioni SVA ». All'inizio del 1918 si era inoltre costituita una particolare squadriglia, la 87a, alle dipendenze del Comando Supremo. Dopo una serie di ricognizioni in Val di Non, Val d'Adige, Passo della Mendola, Valsugana, quindi nell'interno delle retrovie austriache, il 21 maggio l'87a effettuava la sua prima missione a grande distanza: con i piloti Arturo Ferrarin e Antonio Locatelli, due SVA raggiunsero il Lago di Costanza fotografando l'importante centro industriale di Friedrichshafen.
Altri importanti raids ebbero per protagonisti sia i piloti della 1a Sezione SVA sia quelli dell'87a Squadriglia (ribattezzata "Serenissima", e che adornava le fusoliere dei propri velivoli con il leone di San Marco). Natale Palli, della 1a Sezione SVA, effettuò frequenti e lunghi voli solitari sulle città istriane e sulla costa dalmata con percorsi anche di 1000 chilometri. L'87a compiva invece voli in formazione per la scorta del bombardieri Caproni: tra questi raids importante fu quello che colpì le attrezzature militari di Pola.
Ma la fama mondiale dello SVA resta indubbiamente legata al famoso volo su Vienna. Questo raid, meditato per lungo tempo da Gabriele D'Annunzio che avrebbe voluto effettuarlo con i trimotori Caproni, era sempre stato avversato dal Comando Supremo. Impiegare i lenti bombardieri significava infatti esporre al pericolo molti uomini; d'altro canto, l'impiego dei velivoli biposto già esistenti non dava sufficienti garanzie e avrebbe richiesto un eccessivo lavoro di preparazione. Per D'Annunzio, l'impresa divenne possibile quando ebbe modo di valutare le prestazioni dello SVA 5. Unica difficoltà era il reperimento di un biposto di quel tipo in grado di volare per sette ore. Il problema venne risotto dall'Ansaldo adattando su uno SVA di serie uno speciale serbatoio di 300 litri che dava l'autonomia desiderata. Degli undici velivoli cosi modificati che partono dal campo di San Pelagio all'alba del 9 agosto 1918, otto arrivarono sull'obiettivo: erano quelli di Palli, Locatelli, Massoni, Allegri, Censi, Sarti, Granzarolo e Finzi (D'Annunzio era nello SVA di Palli). Solo Sarti fu costretto ad un atterraggio di fortuna in territorio nemico: gli altri scattarono per mezz'ora fotografie di Vienna e lanciarono manifestini incitanti la pace. A parte l'eccezionale risonanza psicologica che ebbe, il volo costituì una chiara conferma dell'efficienza e della sicurezza della macchina, realmente all'avanguardia nella sua categoria, sia in campo avversario che alleato.
Nell'autunno 1918 l'impiego dello SVA venne intensificato e si aggiunsero altri reparti come la 56a, 57a e 84a Squadriglia Ricognizione e Bombardamento, e due Sezioni Biposto SVA; altri SVA erano presenti in Macedonia e Albania nelle Squadriglie 111a e 116a.
Anche l'aviazione della marina, che aveva in servizio gli SVA idro a Venezia, Varano, Valona, Civitavecchia, Taranto e Bolsena li utilizzò quale parziale equipaggiamento della 1a Squadriglia Navale destinandoli a missioni di scorta e ricognizione a lungo raggio. Questo reparto assunse in seguito la denominazione di "Squadriglia S.Marco". La Regia Marina fu anche l'unica ad usare lo SVA come aereo da caccia dislocandone alcuni a Brindisi e La Spezia per la difesa del porto, e a Jesi, Ferrara, e Grottaglie per la difesa degli scali per Dirigibili. Altri SVA furono dislocati con la 193a Squadriglia mista a S.Vito dei Normanni e a Valona.
Particolarmente intensa fu l'attività di ricognizione e bombardamento nell'autunno del 1918 sulle zone di concentramento e le vie di accesso al fronte. Nel corso di queste ultime missioni, l'aeronautica perse alcuni tra i più celebri piloti di SVA: Locatelli, costretto a un atterraggio in territorio nemico e fatto prigioniero; Allegri, perito per collisione con il tenente Vianini; Contratti, abbattuto in duello contro quattro caccia austriaci. Durante la battaglia di Vittorio Veneto, le squadriglie degli SVA presero parte attiva alla lotta con azioni di attacco al suolo.
Varie centinaia di SVA erano sparsi nei reparti alla fatidica data del 4 novembre: nelle ultime settimane uscivano dai vari cantieri ad una cadenza di 250 unità mensili, e complessivamente alla fine del 1918, erano stati consegnati circa 1200 SVA e 50 ISVA. Nell'inverno 1918/19 la produzione si ridusse a pochi esemplari presso il solo cantiere N°5, e cominciava il tanto agognato periodo di non belligeranza per gli SVA.
Numerosi furono i raids civili che lo SVA effettuò nel dopoguerra. All'attenzione mondiale si impose, dopo la trasvotata delle Ande compiuta da Locatelli, quello che portò Ferrarin e Cappannini da Roma a Tokyo su un percorso di circa 18 mila chilometri. Grazie anche a queste iniziative, il velivolo ebbe un notevole successo d'esportazione e centinaia di esemplari furono acquistati da Argentina, Brasile, Francia, Lettonia, Lituania, Olanda, Perù, Polonia, Russia, Spagna e Stati Uniti. Quando la produzione degli SVA cessò, nel 1928, il totale aveva raggiunto le 2000 unità (gli ultimi esemplari consegnati erano del tipo SVA 10).
Gli SVA vennero infine usati sino al 1929 nelle azioni di polizia, per collegamenti e trasporti postali in Africa: e pur non essendo stato concepito per l'impiego nelle difficili zone sabbiose o tropicali l'aeroplano mantenne fede alle sue eccellenti doti di affidabilità, concludendo il suo ciclo operativo con una ferrea reputazione tra i reparti, reputazione tramandata fino ai giorni nostri facendo divenire lo SVA nelle sue svariate versioni uno dei migliori prodotti aeronautici messi al mondo dall'industria nazionale. (Info tratte da: La Storia dell'Aviazione, Profile Publications)
SVA della Serenissima operante sul campo di San Pelagio (Aeronautica Militare Italiana)
Uno SVA 9 impiegato nell'immediato dopoguerra per il trasporto postale fotografato a Centocelle nel 1919