Sebbene inizialmente avesse riscosso scarse simpatie tra i piloti abituati agli agilissimi Nieuport, lo SPAD VII si affermò ben presto come una macchina fidata e di ottime prestazioni. La tattica di combattimento che meglio sfruttava le caratteristiche dello SPAD era il "hit and run" (colpisci e fuggi). Partendo da un discreto vantaggio di quota ci si lanciava attaccando in picchiata a velocità di 280 mph (450 km/h) sui bersagli, utilizzando poi lo slancio per allontanarsi prima che questi avessero modo di reagire. Anche se gli avversari si voltavano, comunque, ci si era guadagnati una separazione tale da essere fuori tiro e da potersi ripresentare sugli opponenti, compiendo un'ampia e rapidissima virata, nuovamente alle loro spalle.
Lo SPAD non era manovrabile come i più compatti e potenti (rapporto potenza/peso) Albatros o Fokker DR.1, per cui nessuno avrebbe potuto sostenere un combattimento con lo stile tipico del "rincorrersi ruotando sempre più stretto", correndo il rischio di cadere in vite dove gli avversari potevano ancora tranquillamente stringere la virata. Il suo difetto principale consisteva appunto nella scarsa manovrabilità alle basse velocità. Il muso lungo e pesante tendeva a cadere, impedendo o quantomeno rendendo più difficile compiere virate strette a bassa velocità, ed aumentando il rischio di finire in vite.
Lo SPAD VII incontrò decisamente più successo presso i piloti Francesi che non presso gli inglesi. Questo fu probabilmente dovuto alle diverse tattiche adottate durante i combattimenti aerei.
Come si è già detto, l’arma vincente dello SPAD era la grande velocità e robustezza in picchiata, e la buona stabilità che permetteva di mirare da lontano.
Gli inglesi, invece, abituati sin dai tempi del DH2 a duelli serrati, giocati essenzialmente sulle capacità acrobatiche dell’aereo e del pilota, esaltate da velivoli come i Sopwith Triplane e, più tardi, il leggendario Sopwith Camel, gli preferirono velivoli più maneggevoli, dotati dei tradizionali motori stellari. Grazie ad essa i piloti alleati poterono ristabilire l’equilibrio delle forze con i nuovi tipi tedeschi nel critico periodo della battaglia della Somme. Alle molte Escadrilles francesi che lo ricevettero (tra cui la SPA.3 del Gruppo « Les Cigognes », in cui prestavano servizio Guynemer e Fonk, e le SPA.8, 12, 23 e 124) si aggiunsero dall’ottobre 1916 gli Squadron 19 e 23 del Royal Flying Corps sul fronte occidentale (e altri reparti britannici operanti in Mesopotamia con 19 SPAD, alcuni dei quali con una mitragliatrice Lewis aggiunta sopra l’ala superiore) e la 5a Squadriglia belga (15 aerei). L’ammiragliato britannico aveva ordinato lo SPAD VII, ma lo cedette al Royal Flying Corps neI 1917 in cambio del triplano Sopwith.
Nel marzo 1917 cominciarono le prime consegne all’aviazione italiana, e pochi velivoli della prima serie (con motore da 150 cavalli) vennero assegnati alla 77° e alla 91° Squadriglia. Mentre questi aerei venivano usati soprattutto per l’addestramento dei piloti e, operativamente, per azioni di ricognizione fotografica sul fronte dell’Isonzo, arrivavano altri velivoli con i quali fu possibile armare in parte anche le Squadriglie 71°, 75° e 76°. Poco prima delle battaglie dell’ottobre e novembre dall’Isonzo al Piave, anche la 78° e l’80° Squadriglia ricevettero alcuni SPAD VII; altri ne ebbero poco dopo la 72° e la 73°. La prima vittoria di Baracca col nuovo aereo fu conseguita il 13 maggio 1917. Altri piloti italiani che si distinsero con lo SPAD furono Ranza, Ruffo, Ferreri, Parvis, Olivari e Oliva (questi ultimi due si misero in luce anche con importanti missioni di foto-ricognizione). Gli SPAD VII forniti all’Italia, dove l’aereo non fu costruito su licenza, mentre ne veniva prodotto il motore (dalla SCAT e dalla Itala), ed impiegati durante il conflitto, furono 214, unitamente a 26 SPAD XIII, che cominciarono ad arrivare all’inizio del 1918. Diversi SPAD XIII furono tolti dalle casse solo nel dopoguerra, andando ad equipaggiare reparti della Regia Aeronautica.
In Francia, lo SPAD XIII costituì la spina dorsale della caccia (il velivolo non venne eliminato dai reparti operativi fino al 1923), ed anche gli SPAD XII seppure in numero ridotto si fecero onore (specialmente grazie a Guynemer e Fonk). I pochi SPAD XVII prodotti (neppure tutti) andarono alla SPA.3 del Gruppo « Les Cigognes ». Sul fronte occidentale gli SPAD XIII costituirono anche la massa della caccia statunitense, equipaggiando ben 16 reparti (tra cui il 940 Squadron, di cui faceva parte l’asso Eddie Rickenbacker, e il 27°, con Frank Luke), mentre non sembra che gli inglesi abbiano avuto modo d’impiegarlo in combattimento (ne erano dotati gli Squadron 19 e 35), ed i belgi poterono dotarne una sola Squadriglia (la 10°) prima che finisse il conflitto.
Dopo la guerra, 37 SPAD XIII furono ceduti al Belgio (per le Squadriglie 3, 4 e 10), 40 alla Polonia, altri andarono alla Cecoslovacchia: al Giappone (che aveva preso la licenza per costruire lo SPAD XX), nonché a Iran, Portogallo, Spagna, Thailandia. Anche degli SPAD VII vennero esportati in Brasile, Grecia, Polonia, Portogallo, Romania, Thailandia.
Negli Stati Uniti furono trasportati dopo la guerra 435 degli 893 SPAD XIII dell’American Expeditionary Force: destinati all’addestramento, ebbero i motori sostituiti con i Wright-Hispano E senza riduttore, da 180 cavalli.
Assieme all'SE.5, lo SPAD VII fu il caccia che mutò le sorti della guerra aerea sopra il Fronte Occidentale dopo che l’Albatros D.1 aveva posto la Germania in vantaggio nel 1916. Inoltre, come il successivo SPAD XIII, fornì ad alcuni dei migliori assi della Prima guerra mondiale lo strumento perfetto per la loro micidiale missione. Tutti gli aerei di successo erano dotati di motori leggeri, potenti e affidabili. Lo SPAD VII non fece eccezione. Come l’SE.5, era equipaggiato con il motore a otto cilindri a V raffreddato ad acqua sviluppato dalla Hispano-Suiza. Con il monoblocco in alluminio e rivestito con un sottile strato d’acciaio, il motore pesava solo 200 kg nel modello originario di produzione, ma era capace di erogare una potenza di 111,8 kW (152 CV). (Fonti tratte da Storia dell'aviazione, www.aspeterpan.com)