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Politica - Topic Ufficiale


Graziani

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Beh allora Picpus penso che dovro' smettere di discutere con te: a questo punto e' evidente che ti faccio lo stesso effetto della muleta al toro.

 

Questo e' quello che scrivi tu:

 

Mi dispiace, ma come si suol dire, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire!

 

Comunque tu glissi alla bella sul fatto che, nella gestione del comparto giustizia, solo la "lottizzazione" della componente "togata" del CSM (che in seno allo stesso, sulla base dei numeri, fa il bello ed il cattivo tempo), è in grado di produrre conseguenze nefaste!

 

questo e' quello che ho scritto io nel post sopra:

 

Ma ripeto, qui il problema non e' l'evidente lottizzazione, o comunque spartizione dei poteri, che e' evidentemente uno scandalo.

 

Io ho scritto esattamente che e' una cosa scandalosa, la spartizione tout court di un potere dello Stato, sia che venga da forze politiche, sia quando viene da altro, proprio perche' crea contraposizione DI PARTE e non un confronto costruttivo (ed e' quello che vediamo ogni giorno). tu dici che glisso, contento tu....

Hai qualche difficoltà ad utilizzare il termine "magistratura"?

 

A parte ciò, ti invito a rileggere il punto 2) del mio precedente post; torno ad esprimere lo stesso concetto, con altre parole: la politica quando sceglie i suoi rappresentanti (nel CSM), lo fa seguendo criteri "politici" e nel far ciò fa il suo mestiere; in questo caso non si può parlare di vera e propria "lottizzazione"; sono i magistrati che quando scelgono i loro rappresentanti (sempre nel CSM) non fanno il loro mestiere, perché utilizzano criteri "politici" (e loro non dovrebbero usare tali criteri) e quindi "lottizzano".

Modificato da picpus
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Hai qualche difficoltà ad utilizzare il termine "magistratura"?

 

A parte ciò, ti invito a rileggere il punto 2) del mio precedente post; torno ad esprimere lo stesso concetto, con altre parole: la politica quando sceglie i suoi rappresentanti (nel CSM), lo fa seguendo criteri "politici" e nel far ciò fa il suo mestiere; in questo caso non si può parlare di vera e propria "lottizzazione"; sono i magistrati che quando scelgono i loro rappresentanti (sempre nel CSM) non fanno il loro mestiere, perché utilizzano criteri "politici" (e loro non dovrebbero usare tali criteri) e quindi "lottizzano".

 

assolutamente. Ho scritto 'altro' non magistratura perchè e' un principio che trovo si debba adottare ovunque.

 

Ecco, invece sul secondo punto, proprio non sono d'accordo: un poco perchè il termine 'lottizzazione' mi fa schifo, un poco 8ed e' il motivo principale) perchè vedo la politica in un modo totalmente diverso da te. Non e' una critica, ma una constatazione.

 

Io credo che un rappresentante 'politico' nel CSM debba essere scelto sulla base di criteri oggettivi, un poco come i giudici della Corte Suprema Usa, che hanno sicuramente orientamenti anche politici noti, ma alla fine riservano, molto spesso, sgradite sorprese agli uomini di partito che li hanno eletti.

Qui dovrebbe essere lo stesso: mentre invece si ragiona sempre in un ottica di uno a me uno a te che serve solo a non cambiare nulla (e i risultati si vedono).

 

Sul fatto del magistrato 'apolitico e apartitico', scusa ma anche li non sono d'accordo. Il magistrato deve, rigorosamente, non farsi influenzare dalle sue idee (e non sempre ci riesce) ma non si puo' pretendere che non le abbia. Anzi, preferisco uno che le dice che non uno che sta zitto e lavora sott'acqua.

 

Più che altro, con questo sistema (ed e' quello che bacchetta il Presidente della Repubblica) si arriva al paradosso che se uno fa una stupidaggine anche un altro si sente legittimato a farla: e i risultati sono davanti agli occhi.

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Questa mi sembra una buona analisi politica, ovviamente parlando per assurdo, che non entra nel merito di chi ha colpa e chi no.

 

In questi giorni mi è capitato di discutere in pubblico del mio nuovo libro. Gli incontri sono avvenuti tutti in regioni dell’Italia settentrionale, nel Nord Est e nel Nord Ovest. E fra i tanti venuti ad ascoltarmi, molti erano elettori del centrodestra. Parecchi di loro mi hanno rivolto, anche in privato, la medesima domanda: Silvio Berlusconi ce la farà a reggere di fronte agli attacchi che gli piovono addosso dai giornali e dai partiti dell’opposizione? Verrà costretto a dimettersi o sarà in grado di superare la bufera?

 

Chi me lo chiedeva, cercava da me una risposta chiara. Dico subito che non sono stato capace di darla. Adesso provo a mettere in ordine quello che ho tentato di dire. E soprattutto quel che ho sentito.

 

Cominciando dall’elenco delle armi che il Cavaliere ha per resistere a un’offensiva sempre più incalzante.

 

L’arma più forte sono i tantissimi voti raccolti nelle ultime elezioni politiche. Questi voti hanno prodotto una maggioranza molto solida che gli consente di governare con sicurezza. Accanto a lui c’è un alleato, la Lega, che ha più pretese di un tempo, ma non sembra tentato di lasciarlo. Inoltre, Silvio possiede un carisma che nessun altro leader politico può vantare. Molti dei suoi elettori non si limitano a stimarlo: lo amano, lo considerano un alieno rispetto alla nauseante casta dei partiti, lo ritengono l’unico in grado di curare i mali del paese e di cambiarlo in meglio.

 

Infine il Cavaliere ha dalla sua la Costituzione. Non sarebbe possibile obbligarlo a dimettersi per cedere il passo a un governo di tecnici o fondato su una maggioranza diversa. Se lui decidesse di gettare la spugna, si dovrebbe formare un altro ministero di centrodestra. Come estrema possibilità ci sarebbe soltanto lo scioglimento delle Camere, seguito da nuove elezioni.

 

Messa in questo modo, la faccenda è di una chiarezza solare. Silvio si trova in una botte di ferro. Difeso da una corazza infrangibile. Nessun complotto può abbatterlo. I poteri forti, i partiti e i giornali che gli sono ostili perdono il loro tempo. Possono intossicare l’aria, avvelenare i pozzi, scovare dieci, cento, mille squinzie disposte a raccontare i festini erotici di Palazzo Grazioli o del villone in Sardegna. Ma non riusciranno a mandarlo al tappeto. Anzi, si ritroveranno loro alla canna del gas, sia pure sullo sfondo di un Paese in rovina. Un disastro che avrà un unico responsabile: i nemici del Cavaliere.

 

A questo punto, devo confessare che, più o meno, la penso nello stesso modo. Tranne su una questione. È quella del Paese in rovina. Grazie a Dio, l’Italia non è ancora così. Abbiamo una infinità di problemi. Ma non siamo al disastro. In apparenza viviamo come un anno fa, sia pure in presenza di tanti che hanno già perso il lavoro e devono fare i conti con l’ultimo centesimo della cassa integrazione. Tuttavia il futuro sembra nero. Nel Nord Est, persone che se ne intendono mi hanno anticipato quanto accadrà dopo la pausa di agosto: molte piccole e medie aziende non riapriranno.

 

Se andrà così, gli italiani, tutti, di centrodestra e di centrosinistra, dovranno poter contare su un governo all’altezza del compito. Fondato su una maggioranza compatta. E soprattutto guidato da un premier in grado di muoversi come un comandante in capo. Capace di esercitare con mano salda tutti i poteri che la Costituzione gli conferisce. Dotato di un’autorità indiscutibile, anche sotto il profilo morale. Tanto forte da essere il faro di un Paese disorientato, impaurito, pronto a sbandarsi quando l’orizzonte diventa fosco.

 

Ed ecco la domanda delle domande. Berlusconi è ancora in grado di essere questa guida, questo comandante, questo faro? La mia risposta è netta: temo di no. Lo dico senza infilarmi nella giungla dei retroscena. E senza affrontare il tema se la colpa sia sua o di chi guida da mesi la campagna contro di lui. Si può essere distrutti da un tir che t’investe senza che tu abbia fatto nulla per essere travolto. L’unico fatto a contare è che, dopo l’urto del tir, tu non sei più quello di prima.

 

È questa la condizione odierna del nostro premier. I fucili dei cacciatori lo hanno colpito. E il tiro al piccione continuerà. Neppure Silvio sa quel che può accadere. A essere nel mirino è la sua vita privata. E nelle vite private di tutti ci sono angoli nascosti dove si cela il diavolo. Ma non tutti sono presidenti del Consiglio. In ogni nazione, di premier ce n’è soltanto uno alla volta. Se a fare il piccione è lui, il rischio si espande e riguarda l’intero Paese.

 

Per questo la mia conclusione è la stessa che avevo esposto sul Riformista del 7 maggio. Molto in anticipo, quando la bufera era soltanto agli inizi. Senza malanimo, e in toni cortesi, quasi amichevoli, allora lo consigliai di dimettersi. Anche per sottrarsi alla pioggia di fango che prevedevo gli sarebbe caduta addosso. Oggi quel consiglio è diventato un imperativo.

 

Berlusconi deve preparare l’inevitabile transizione. Non ha mai voluto scegliersi un delfino, un successore. Vittima anche lui del “complesso dei migliori”, che di solito viene attribuito alle sinistre, non ha costruito una gerarchia di vice-leader in grado di prendere il suo posto. Un errore pesante, dovuto alla convinzione di essere l’unico grande della politica italiana. E anche di essere immortale, pur avendo paura della vecchiaia e della morte, come ormai sappiamo.

 

Insomma, il Cavaliere deve lasciare Palazzo Chigi di sua volontà. Senza aspettare le calende greche. Soltanto così non distruggerà il Paese e il suo partito. Obbligando i milioni di elettori che l’hanno votato a pentirsi di averlo scelto come premier.

 

C’è un’ultima postilla, molto personale. Se mi chiedete come andrà a finire, la mia previsione è cupa: Berlusconi non mollerà mai il mazzo. E cercherà di andare avanti all’infinito. Per questo dobbiamo prepararci al peggio.

 

 

Come vado dicendo da qualche mese la fase di silvio è calante e ora si scateneranno come lupi per farlo fuori entro 4 anni o addirittura prima.

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Ospite intruder
Questa mi sembra una buona analisi politica, ovviamente parlando per assurdo, che non entra nel merito di chi ha colpa e chi no.

Come vado dicendo da qualche mese la fase di silvio è calante e ora si scateneranno come lupi per farlo fuori entro 4 anni o addirittura prima.

 

 

Dallo stile mi sembra Pansa. Hai notato questo che scrive per ultimo: C’è un’ultima postilla, molto personale. Se mi chiedete come andrà a finire, la mia previsione è cupa: Berlusconi non mollerà mai il mazzo. E cercherà di andare avanti all’infinito. Per questo dobbiamo prepararci al peggio.?

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Pongo un quesito a cui chiedo, cortesemente, di rispondere con un sì o con un no: dopo il risultato delle scorse politiche, dopo un anno di ripetute vincenti verifiche elettorali, dopo le europee e dopo le amministrative, ambedue non certo perse, un'eventuale uscita di scena di Berlusconi a seguito del gossip, sarebbe da considerare una vittoria della democrazia nel nostro paese?

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Dallo stile mi sembra Pansa. Hai notato questo che scrive per ultimo: C’è un’ultima postilla, molto personale. Se mi chiedete come andrà a finire, la mia previsione è cupa: Berlusconi non mollerà mai il mazzo. E cercherà di andare avanti all’infinito. Per questo dobbiamo prepararci al peggio.?

 

 

 

Beh quella è una parte che condivido fino ad un certo punto.

Ovvero ovvio che non si dimetterà come provocatoriamente consiglia Pansa, ovviamente è lui, ma il "peggio" che ci aspetta è semplicemente che si "ritrasformi" nel solito vecchio berlusconi pronto allo scontro frontale su tutto e su tutti invece che continuare nel percorso "istituzionale" che ha intrapreso nell'ultimo anno.

Niente di nuovo, insomma, di certo il paese ci guadagnerebbe se si parlasse di politica e non di questioni del genere.

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Pongo un quesito a cui chiedo, cortesemente, di rispondere con un sì o con un no: dopo il risultato delle scorse politiche, dopo un anno di ripetute vincenti verifiche elettorali, dopo le europee e dopo le amministrative, ambedue non certo perse, un'eventuale uscita di scena di Berlusconi a seguito del gossip, sarebbe da considerare una vittoria della democrazia nel nostro paese?

 

non è gossip

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Pongo un quesito a cui chiedo, cortesemente, di rispondere con un sì o con un no: dopo il risultato delle scorse politiche, dopo un anno di ripetute vincenti verifiche elettorali, dopo le europee e dopo le amministrative, ambedue non certo perse, un'eventuale uscita di scena di Berlusconi a seguito del gossip, sarebbe da considerare una vittoria della democrazia nel nostro paese?

 

 

Ovviamente si, oltre che una sconfitta dell'opposizione.

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La penso come Dominus. Una prova di democrazia, ma una sconfitta per il Paese. Ma non perchè verrebbe rimosso B., ma perchè la rimozione sarebbe non a causa di una migliore proposta politica, il che sarebbe sano e fisiologico, ma aprirebbe solo uno scenario di incertezza. Scenario che peraltro, in questo contesto, c'e' gia.

 

Uno scenario da post-guerra atomica, con nessun vincitore, e molti sconfitti. Noi cittadini di sicuro.

 

Ma se deve essere, che sia.

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intanto persino Garimberti e il PD (strano che il PD protesti) hanno notato come il TG1 sia caduto ancora più in basso tacendo sull'inchiesta di Bari.

 

Inchieste e prostituzione sono gossip per il nuovo alfiere berlusconiano all'occupazione del tg "pagato con i soldi di tutti"

 

ecco un'altra perla

 

berlusconi

 

sarà un altro giornale estero comunista :rotfl: :rotfl:

Modificato da Leviathan
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era il classico arrampicarsi sugli specchi del servetto finito nelle polemiche, se era uno capace di certo non lo facevano condurre un tg in italia

 

"Augusto Minzolini, direttore del Tg1, e' un gossipparo, un "l'Emilio Fede del servizio pubblico" che ha ridotto lo spazio dell'informazione politica in modo impressionante, oltre ad aver oscurato l'Italia dei Valori.

Minzolini andrebbe licenziato per “giusta causa”. Ricordo a Minzolini che quando ha fatto del vero gossip su di me, l'ho querelato tre volte, ha avuto una condanna a 4 mesi di reclusione, e “dulcis in fundo” il risarcimento danni lo ha pagato la Mondatori.

.".

Antonio Di Pietro

 

tra l'altro la stampa estera persiste, il che dimostra, per chi aveva dei dubbi, che la scusa delle elezioni era una balla per tentare di sminuire la tempesta mediatica estera

 

La iena degli archivi contro Augusto Minzolini. Ieri il direttore del Tg1 si è deciso a render conto ai suoi ascoltatori del silenzio tenuto dalla sua testata sui casi in cui è coinvolto il presidente del Consiglio. Qui la sua dichiarazione video (qui per iscritto) dove ci dice che “in questa storia piena di allusioni non c’è ancora una notizia“, le notizie essendo ciò che i giornali debbono scrivere o trasmettere (a dire il vero ci sono testimoni e prove, ma lasciamo perdere, quello che conta qui sono le parole del direttore).

 

Oggi, linkatissimo in rete, esce questo post con questa sua dichiarazione del 29 ottobre 1994. Per chi volesse leggere l’integrale, con altre parole di saggezza, cliccare qui, è un pezzo di… Repubblica.

 

“Le smentite a ripetizione rivelano solo che abbiamo una classe politica nuova che non ha ancora assimilato il fatto che un politico è un uomo pubblico in ogni momento della sua giornata e che deve comportarsi e parlare come tale. […] Quattro anni fa, e cioè in tempi non sospetti, scrissi che la nomina di Giampaolo Sodano alla Rai nasceva dai salotti di Gbr, la televisione di Anja Pieroni. Oggi penso che se noi avessimo raccontato di più la vita privata dei leader politici forse non saremmo arrivati a tangentopoli, forse li avremmo costretti a cambiare oppure ad andarsene. Non è stato un buon servizio per il paese il nostro fair play: abbiamo semplicemente peccato di ipocrisia. Di Anja Pieroni sapevamo tutto da sempre e non era solo un personaggio della vita intima di Craxi. La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico”

 

p.s.

 

si chiama “crowdsourcing”, quando l’attenzione e l’occhio della rete segnala ai media perle che erano andate smarrite.

 

http://zambardino.blogautore.repubblica.it.../23/?ref=hpsbsx

 

 

La televisione è da anni, e resta ancora oggi, il principale mezzo scelto dagli italiani per formarsi un'opinione sulla politica e sul da farsi in cabina elettorale. Solo un quarto degli elettori, infatti, si e' affidato ai giornali, uno su dieci per informarsi ha letto il materiale di propaganda dei partiti (volantini, manifesti, ecc.), mentre Internet rappresenta la fonte di informazione per una fetta ancora minoritaria (e giovane) del corpo elettorale. E' questo il paese ancora teledipendente che emerge da un'indagine che il Censis ha condotto durante la campagna elettorale per le elezioni europee e che è stata pubblicata oggi, a urne chiuse e risultati acquisiti. La tv la fa dunque da padrona: il 69,3% degli elettori si e' informato attraverso le notizie e i commenti trasmessi dai telegiornali per scegliere come e chi votare.

 

I Tg restano dunque il principale mezzo per orientare il voto soprattutto tra i meno istruiti (il dato sale, in questo caso, al 76%), i pensionati (78,7%) e le casalinghe (74,1%). Al secondo posto, ancora la Tv, con i programmi giornalistici di approfondimento ("Porta a porta", "Matrix", ecc.), a cui si e' affidato il 30,6% degli elettori. Si tratta soprattutto delle persone piu' istruite (il dato sale, in questo caso, al 37%) e residenti nelle grandi citta', con piu' di 100.000 abitanti (con quote che oscillano tra il 36% e il 40%), mentre i giovani risultano meno coinvolti da questo format televisivo (il 22,3% nella classe d'eta' 18-29 anni). Al terzo posto si colloca la carta stampata: i giornali sono stati determinanti per il 25,4% degli elettori (il 34% tra i piu' istruiti, e il dato sale a oltre un terzo degli elettori al Nordest e nelle grandi citta', e raggiunge il 35% tra i lavoratori autonomi e i liberi professionisti).

 

I canali Tv "all news" - continua il Censis - sono stati invece seguiti dal 6,6% degli italiani prossimi al voto (soprattutto maschi, 9,3%, e piu' istruiti, 10,2%). Piu' di quanti si sono informati attraverso i programmi della radio (il 5,5%), il cui ascolto e' apprezzato soprattutto da artigiani e commercianti, liberi professionisti e lavoratori autonomi (12,1%). I rapporti non mediati, come il confronto con familiari e amici, resta fondamentale per il 19% degli elettori, in particolare per i piu' giovani (18-29 anni: 26%), residenti nel Mezzogiorno (22,2%) e nei centri urbani minori (citta' con 10.000-30.000 abitanti: 22,5%). Il materiale di propaganda dei partiti (volantini, manifesti, ecc.) e' stato utilizzato dal 10,9% degli elettori, con una punta di attenzione al Nordest (17,4%).

 

La partecipazione diretta alle manifestazioni pubbliche dei partiti rappresenta invece un canale preferenziale per una quota residuale di elettori (il 2,2%), che diminuisce ulteriormente tra i piu' giovani (18-29 anni: 0,7%). Internet non sfonda nella comunicazione politica. Durante la campagna elettorale, per formarsi un'opinione solo il 2,3% degli italiani maggiorenni si e' collegato ai siti web dei partiti per acquisire informazioni, e solo il 2,1% ha visitato blog, forum di discussione, gruppi di Facebook, ecc. Il dato aumenta solo tra gli studenti: il 7,5% si e' collegato ai siti Internet dei partiti e il 5,9% ha navigato su altri siti web in cui si parla di politica.

http://www.rassegna.it/articoli/2009/06/09...col-telecomando

Modificato da Leviathan
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nessun problema (apparte il lavoro stagionale)

 

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"Se si dovesse tenere, in Europa, un concorso per scegliere il politico più sessista, vincerebbe senza dubbio Silvio Berlusconi". Si apre così il duro editoriale del Guardian, dedicato alla figura del premier italiano e all'inchiesta sul presunto giro di squillo messo in piedi da Gianpaolo Tarantini. Un editoriale non firmato che riflette l'opinione del celebre quotidiano londinese. E proprio l'atteggiamento verso le donne tenuto da Berlusconi, rappresenta, secondo il quotidiano britannico, "una delle varie ragioni per cui gli italiani non avrebbero dovuto metterlo al potere per tre volte".

 

E non è la sola, visto che il quotidiano elenca "il suo rifiuto di voler ammettere il conflitto tra i suoi affari e gli interessi nei media, da una parte, e il suo ruolo politico dall'altro; i suoi attacchi al Parlamento e al potere giudiziario; l'uso che fa della maggioranza per garantirsi l'immunità dai procedimenti giudiziari; il suo fallimento nell'azione di contrasto al crimine organizzato; la cattiva gestione economica e le riforme illiberali alle quali sta lavorando".

 

Il Guardian sottolinea anche come il successo di Berlusconi sia "il prodotto, più che la causa, del crollo del sistema politico dell'Italia, che ha fatalmente indebolito sia la sinistra che il centro, lasciando spazio agli opportunisti e agli xenofobi". In conclusione, secondo l'editoriale, "la promessa fatta da Berlusconi, durante le elezioni, di portare stabilità in Italia, significa solo che l'Italia e il resto d'Europa dovranno sopportarlo ancora per un po'". Dunque la durissima conclusione: "E' una tragedia che l'indagine giudiziaria Mani Pulite sulla corruzione politica, che sembrava promettere un grande rinnovamento della politica italiana all'inizio degli anni Novanta, abbia condotto l'Italia a tutto questo".

 

Il Guardian dedica altri due pezzi alle vicende del premier e una pagina sull'inchiesta giudiziaria di Bari, con una mappa delle varie città italiane relative al giro di prostituzione oggetto dell'inchiesta. Di particolare rilievo le notazioni del corrispondente da Roma Tomn Kingstone. La prima: "E' improbabile che lo scandalo passi prima dell'arrivo in Italia il mese prossimo dei leader mondiali per il summit del G8" (come Berlusconi avrebbe sperato). Due: interpellato dal Guardian, il professor Raffaele De Mucci, ordinario di scienze politiche alla università Luiss di Roma, dice: "Il calo di voti per Berlusconi alle elezioni europee, le sue rumorose proteste ai recenti comizi, tutto ciò dimostra un calo di consensi a causa dello scandalo. Ora i suoi alleati sono preoccupati, la fiducia dell'elettorato nella classe politica si è indebolita e Berlusconi rischia di perdere il capitale politico che aveva costruito con la sua gestione del terremoto in Abruzzo e la crisi dei rifiuti a Napoli". Tre: il corrispondente sottolinea, tra le prove del nervosismo crescente di Berlusconi e del suo entourage, l'attacco del ministro della Cultura Bondi a Repubblica, "il giornale che tiene il primo ministro sotto pressione, accusato di essere una minaccia per la democrazia".

 

Anche il Times dedica tre pezzi alla vicenda, e in uno punta il dito contro l'atteggiamento del premier verso le donne, titolando: "L'Italia di Berlusconi mostra uno strano di tipo di femminismo". Un premier, quello italiano, che "sembra trattare le donne come delle cose da comprare e vendere per soddisfare il proprio ego". Berlusconi "detiene la seconda carica più alta in Italia (non dimentichiamoci del Papa)" e "sembra aver interpretato il ruolo di primo ministro della Repubblica italiana come una via di mezzo tra un imprenditore di locali notturni e un pezzo di cabaret". Il Cavaliere è, per il Times, una versione "esagerata, fumettistica, del classico stereotipo dell'uomo italiano: vanesio, borioso, chiacchierone, accondiscendente e sessualmente insicuro: "Per molti italiani il suo flirtare non è un'espressione di insaziabile virilità, ma chiara evidenza della sua impotenza sessuale". Nel lunghissimo articolo pubblicato con grande evidenza nell'inserto T2 del Times - intitolato "All about Silvio's mother" - si aggiunge che "Berlusconi è un prodotto del matriarcato italiano che consente all'uomo di fare ciò che vuole fin dalla nascita", ma conclude: "Dubito tuttavia che l'Italia gli perdonerà questo scandalo. Perché c'è una cosa che gli italiani non sopportano: l'umiliazione di fronte ai media stranieri. Farsi sorprendere coi calzoni calati davanti al mondo è una brutta figura (in italiano nel testo originale), e questo, per gli italiani, è un peccato oggettivamente imperdonabile". Aggiunge l'articolista del Times: "Le donne al centro dello scandalo saranno anche delle escort aspiranti modelle, ma non vanno sottovalutate. Quale che sia la natura delle transazioni d'affari tra loro e il premier, il più grande errore di Berlusconi è stato di averle mal giudicate".

<b>"Berlusconi, il politico più sessista"<br/>La stampa estera dura col premier</b>

 

Berlusconi con la moglie

 

E il quotidiano supporta le sue tesi con le opinioni di tre importanti columnist italiane. A partire da Lina Sotis, Corriere della Sera: "L'intera vicenda sarebbe stata impensabile nell'Italia degli anni 50 e 60, ma da allora il nostro paese ha perso la sua grande borghesia, che non avrebbe mai permesso a una persona come Berlusconi di diventare primo ministro. Se l'Italia avesse ancora una forte classe media, Berlusconi sarebbe un nessuno. Attraverso le sue proprietà nei media e la sua manipolazione del sistema politica, Berlusconi stesso ha contribuito all'erosione di alcuni di quei valori vecchio stampo della classe media di un tempo. Oggi le classi più popolari lo trovano simpatico, furbo, figo, come i personaggi che erano interpretati da Alberto Sordi, che personificava al meglio i vizi degli italiani, la loro volgare ammirazione per il denaro, la ricchezza, gli eccessi, le donne facili".

 

Quindi Lucia Annunziata, la Stampa: "Io non giudico il comportamento di Berlusconi dal punto di vista morale. E' semplicemente inappropriato per un capo di governo. E' un danno per l'immagine della nazione. I commenti discriminatori e l'atteggiamento di Berlusconi verso le donne sono solo una piccola parte di tutto questo. Lui ha fatto i soldi e crede perciò di poter fare quello che vuole. Un uomo come Agnelli non si sarebbe mai comportato i nquesta maniera".

 

Infine Natalia Aspesi di Repubblica: "Oggi è chiaro che per entrare in parlamento, per diventare ministro, per andare al parlamento europeo, devi avere meno di 30 anni, essere molto carina e magari andare a letto con qualcuno. L'Italia è stata rovinata dalla televisione, dal mondo di frivolità e glamour da cui proviene Berlusconi. Il nostro paese è cambiato molto in fretta. Non eravamo così dieci anni fa. Eravamo un paese normale. Avevamo una morale".

 

Poi viene ripresa la proposta lanciata su Micromega, alle first Ladies, di boicottare il G8. L'appello alle mogli dei Grandi, firmato da tre accademiche italiane, viene citato anche dal Daily Telegraph. Le accademiche sono le psicologhe Chiara Volpato (Bicocca di Milano), Angelica Mucchi Faina (Perugia) e Anne Maas (Padova). Inoltre il giornale cita la professorfessa Bianca Beccalli, capo del Centro per lo Studio delle differenze trai sessi alla università di Milano, che dice: "Abbiamo centinaia di firme e ne stiamo raccogliendo di più".

 

Il Telegraph, poi, pubblica le foto della Montereale scattate Palazzo Grazioli e titola: "Le donne in bagno tormentano Berlusconi".

 

Su "The Independent", un corsivo, accompagnato dalla foto della D'Addario, si chiede ironicamente perché Berlusconi, un miliardiario, proprietario di televisioni, abbia dovuto pagare per fare sesso, con tutto ciò che ne consegue.

 

E, ancora, il Financial Times sottolinea la censura o autocensura della vicenda sui media italiani, in particolare in tv, affermando: "Come ha fatto notare il quotidiano di centro-sinistra la Repubblica, il controllo di Berlusconi sulla televisione significa che la grande maggioranza degli italiani conoscono poco delle accuse contro di lui".

 

Lo spagnolo El Mundo, oltre a citare l'appello delle accademiche italiane alle First Ladies, riporta un editoriale dal titolo "L'utilizzatore finale", termine utilizzato, riferendosi a Berlusconi, dal suo avvocato, Nicolò Ghedini. "L'utilizzatore finale - scrive il giornale - ha imposto il suo modello di televisione alla società italiana, creando un talk show permanente, senza interruzioni. Berlusconi non è una persona, è un attore che interpreta se stesso 24 ore su 24 davanti alle telecamere. E quando non ci sono le telecamere, recita davanti ad un pubblico pieno di 'veline'".

 

Il tedesco "Bild", sotto alla foto di Barbara Montereale e della sua amica scattata nel bagno di palazzo Grazioli, titola: "Qui le ragazze si fanno belle per lui". Il giornale cita poi le dichiarazioni rese della Montereale sulle feste con "almeno 30 ragazze nella villa di Berlusconi".

 

"Die Welt", sempre in Germania, punta sulle perplessità sollevate sulla vicenda dal mondo cattolico: "La chiesa pretende chiarezza da Berlusconi". Il giornalista riferisce di voci che ci sono levate dagli ambienti della chiesa, per criticare "la vita sentimentale e sessuale di Berlusconi". E conclude citando l'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che "al premier ha consigliato, in una lettera pubblica, di non scusarsi con nessuno, ma di smetterla con le sue teorie del complotto" e di dimettersi per andare a nuove elezioni.

(m.p.)

 

http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/p.../stampa-23.html

 

ma devi sapere che sono tutti comunisti all'estero :rotfl: :rotfl:

 

un sito che riporta articoli di stampa estera sull'italia traducendoli è:

http://italiadallestero.info/

 

 

consiglio la lettura di questo articolo:

http://italiadallestero.info/archives/6245

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Silvio Berlusconi è diventato un alleato «difficile» per i partner Usa e Ue: lo scrive James Blitz sul Financial Times, che in un articolo da Londra prende di mira non la vita privata ma la performance politica del premier italiano. Sotto tiro, in particolare, l'accordo con la Russia per il gasdotto South Stream e le recenti aperture all'Iran.

 

«Il declino dell'influenza di Berlusconi non è tutta per colpa sua», concede il commentatore. I governi di Francia e Germania ora sono pro-Usa e l'Italia conta di meno per la Casa Bianca.

Tuttavia, alcune delle azioni di Berlusconi «lo hanno reso un alleato difficile». Secondo i diplomatici interpellati dal Ft, ha creato molti malumori la decisione di Berlusconi di firmare un accordo con la Russia per accelerare la costruzione del gasdotto South Stream, in concorrenza con il gasdotto Nabucco appoggiato da partner occidentali. L'appoggio di Berlusconi per Vladimir Putin su questo dossier «sta provocando molta rabbia a Washington e a Bruxelles».

L'Italia, si legge ancora sul Financial Times, quest'anno «ha fatto infuriare la Gran Bretagna cercando di stabilire un dialogo diplomatico con l'Iran».

La prossima grande sfida di Berlusconi è il G8 a L'Aquila, ma la decisione di riunire i leader in una città appena colpita da un terremoto «sta causando nervosismo nelle capitali mondiali».

«Fuggi fuggi»?

Oltre che sul fronte della politica internazionale, il Financial Times oggi sferra fendenti anche su quello della politica interna italiana. Alla ribalta, i contraccolpi degli scandali. Scrive il corrispondente da Roma, Guy Dinmore: «I più stretti sostenitori di Berlusconi negano che ci sarà un "fuggi fuggi" sulla scia degli scandali», ma «vecchi alleati della coalizione di centro-destra stanno già contemplando un futuro politico senza il loro leader di vecchia data».

Citando anonime fonti governative, Dinmore riferisce che queste non prevedono imminenti dimissioni di Berlusconi. «Ma ministri chiave stanno cominciando a posizionarsi nell'eventualità che rivelazioni ancora più dannose lo costringano a farsi da parte».

 

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleO...lesView=Libero

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Mah ieri sera mi è stranamente capitato di vedere il TG1 e l'editoriale di Minzolini mi è parso intelligente e pacato.

L'editoriale di Minzolini è un eccellente e, purtroppo, isolato esempio di dignitoso esercizio della professione di giornalista: naturalmente in un contesto così decaduto ha fatto un certo scalpore ascoltare una lezione di morale professionale!

Modificato da dindon
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Lev...

tu che conosci così bene gli esponenti del tuo partito di riferimento e ne acclami la probità e onestà:

sapevi che de Magistris è diventato magistrato in un concorso taroccato del 1992? Concorso dove è stato accertato che il tempo per valutare ogni prova (dal momento dell'apertura del plico sigillato fino alla redazione del verbale che certifica l'esito della valutazione) è stato di 3 -dicasi tre- minuti?!

 

E sapevi che a casa de Magistris (sottolineo "de" minuscolo, che connota una origine nobiliare) sono Magistrati da 4 generazioni?! Tu pensa, c'era il Regno d'Italia e già un de Magistris si dava al ius dicere...che bravi che sono, no?!

 

E sapevi che praticamente tutte le indagini di de Magistris sono finite in assoluzione?! Specialmente quelle che lo hanno visto protagonista di una personale battaglia contro la PA e la Sanità.

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Energie rinnovabili, in arrivo norme più semplici

 

Stop alla burocrazia autorizzativa e largo alle rinnovabili. Pressato dai rimproveri dell'Unione Europea e dalle sollecitazioni degli operatori il governo si appresta a varare l'atteso decreto sulle nuove "Linee guida per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili”. La bozza è in mano agli operatori per una consultazione che si dovrà concludere entro il 3 luglio. Subito dopo – promette il governo - il varo.

 

Le nuove procedure, stando alla bozza, ruoteranno attorno al principio dell'autorizzazione unica e del silenzio-assenso da parte della Regione e della Provincia interessata. Con una decisa "blindatura" dai possibili (per non dire abituali) intralci amministrativi pretestuosi.

Una semplice dichiarazione di inizio attività (Dia) sarà sufficiente per avviare la realizzazione di impianti eolici fino a 60 kilowatt, fotovoltaici fino a 20 kW, idroelettrici fino a 100 kW, da biomasse fino a 200 kW e da gas di discarica e biogas fino a 250 kW. Entro 15 giorni dalla presentazione dell'istanza gli amministratori locali dovranno in ogni caso verificare la documentazione presentata, comunicando o il via libera all'opera o le eventuali contestazioni sulla documentazione. Trascorso il termine il via libera è automaticamente acquisito.

 

Il testo del decreto prevede esplicitamente un argine alle normative "locali" varate con i piani energetici regionali per limitare o sbarrare la strada agli impianti. Norme che in ogni caso non precludono – si legge nel testo – «l'avvio e la conclusione favorevole del procedimento». In questi, e comunque in tutti i casi controversi, le amministrazioni devono convocare entro 30 giorni la Conferenza dei servizi. Nessun margine, oltretutto, per giustificare dilazioni nei tempi con l'eventuale affastellarsi delle richieste: il procedimento di autorizzazione unica dovrà essere avviato sulla base dell'ordine cronologico di presentazione delle istanze. E nella bozza del provvedimento si sottolinea comunque che «non possono essere posti in via generale divieti o restrizioni di tipo programmatico per l'utilizzo di determinate fonti rinnovabili, mentre eventuali restrizioni o divieti di utilizzo, nel caso concreto ossia sul singolo progetto, devono fondarsi su criteri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità da valutarsi nell'ambito del procedimento amministrativo».

 

Solo pochi giorni fa gli imprenditori del fotovoltaico associati al Gifi-Anie avevano sottolineato in una nota come i ritardi nella semplificazione normativa stessero producendo un pericoloso rallentamento proprio nelle regioni più favorevoli al solare ma più ostiche nella normativa: la Sicilia e la Basilicata.

 

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4...ulesView=Libero

 

Ma invece di parlare delle fighe di Berlusconi perchè non torniamo a parlare di ciò che stà facendo il governo...che oltre ad essere l'argomento del topic è anche quello che più interessa agli italiani???

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«Rispetto tutti, ma non accetto solidarietà, in particolare dal presidente del consiglio»

"Il Giornale" attacca Cesa. Solidarietà dal premier. Il segretario Udc: non la voglio

Il quotidiano, il cui editore è Paolo Berlusconi, accusa Cesa di essere stato coinvolto in un giro di squillo e festini

 

ROMA - E' scontro tra il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa e il premier Silvio Berlusconi. Con Cesa che rifiuta pubblicamente la solidarietà del premier, dopo essere stato attaccato da il quotidiano "Il Giornale", e il premier che controreplica: «Spero che torni in se».

 

L'ATTACCO - Tutto comincia con l'attacco sul numero di oggi de il quotidiano «Il Giornale», il cui editore è Paolo Berlusconi il fratello del premier, a Cesa e all'ex premier Massimo D'Alema. Secondo il quotidiano milanese infatti, nel 1999 un'inchiesta della magistratura (poi terminata il 4 ottobre 2000 con la condanna ad un anno della presunta maitresse dopo il patteggiamento) aveva scoperto un presunto giro di squillo che avrebbe, sempre secondo "Il Giornale", esercitato pressioni su uomini vicini all'allora premier D'Alema per ottenere favori ed appalti pubblici. Cesa sarebbe stato socio di una società di grafica pubblicitaria la Global Media Srl, proprio con R.F., la sospetta maìtresse che avrebbe organizzato il presunto giro di squillo.

 

LA QUERELA DI CESA - Immediata la reazione di Cesa che dava incarico ai propri legali di inoltrare immediatamente una causa civile per diffamazione a mezzo stampa «nei confronti del quotidiano "Il Giornale" e di quanti altri organi di informazione volessero associare il suo nome a vicende da cui è palesemente del tutto estraneo».

 

LA SOLIDARIETA' DI BERLUSCONI - A questo punto interveniva il presidente del Consiglio che esprimeva la sua solidarietà nei confronti di Cesa e D'Alema. «Non ho mai condiviso i modi di chi ricorre ai pettegolezzi ed alle chiacchiere di vario genere per insinuare dubbi o gettare discredito nei confronti di qualcuno - spiegava il premier - per questo esprimo perciò tutta la mia solidarietà a Lorenzo Cesa. Se si leggono gli articoli sul "Giornale" di oggi si vede che su Cesa non c'è nulla di nulla ma basta un titolo che fa un nome per criminalizzare una persona e sconvolgere una famiglia. Conosco Cesa, gli sono amico e lo stimo al di là delle differenze politiche. Lo stesso voglio dire espressamente nei confronti dell'onorevole Massimo D'Alema, dei suoi collaboratori, della famiglia Agnelli e per quanti siano stati colpiti oggi da questo tipo di polemiche. Sono stato facile profeta quando ho previsto che l'imbarbarimento provocato da una ben precisa campagna di stampa avrebbe messo in moto una spirale che va assolutamente arrestata. Poiché io ho denunciato aggressioni a mio danno - concludeva il Cavaliere - nessuno può pensare che io possa approvare analoghi metodi ed aggressioni nei confronti di chiunque».

 

LA REAZIONE DI CESA - «Non ho mai partecipato a festini, nè ho mai frequentato minorenni o persone che fanno uso di droga. Rispetto tutti, ma non accetto solidarietà da nessuno, in particolare dal Presidente del Consiglio» replicava poco dopo in una nota il segretario nazionale dell'Udc.

 

L'IRA DEL PREMIER - La replica di Cesa provocava la reazione stizzita del premier: «Mi dispiace che l'onorevole Cesa non accetti la mia solidarietà. Non ho mai partecipato a cosiddetti festini, non ho mai frequentato minorenni nè so a chi si riferisca quando parla di persone che fanno uso di droga. La sua risposta è offensiva e disdice sia la sua immagine, sia la considerazione che nutrivo nei suoi confronti. Spero che torni in se e che risponda alle provocazioni con la stessa serenità e con lo stesso stile con cui reagisco io».

 

:asd: ed ecco come Cesa "frega" Berlusconi.

 

La mossa politica di B. è palese: da ordine al Giornale di inventarsi qualche storia su un paio di Leader dell'opposizione insieme a festini e prostitute. Il messaggio che vuol far passare alla gente è triplice:

1) La stampa non è credibile (questa storia infatti è palesemente inventata)

2) Poichè la stampa non è credibile, anche le indiscrezioni su di me sono false

3) Tutti i politici sono uguali, non è che solo io (cioè B.) resto invischiato in storie di "escort"

 

Peccato che Cesa, vecchio volpone democristiano, non si è fatto fregare dalla maldestra mossa politica di B. e, rifiutando la sua solidarietà riesce a:

- far passare il messaggio che lui non ha nulla a che spartire con B su questioni morali, di escort, minorenni ecc..

- rafforzare le accuse a B. Se Cesa lo ritiene del tutto estraneo ai fatti, perchè rifiutare la solidarietà?

 

Il messaggio politico è chiarissimo: "Guardatemi io si che rispetto la morale cristiana, la famiglia e tutto il resto. E infatti la solidarietà di chi forse va a festini con escort proprio non la voglio. "

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Per me non c'è nessna campagna di "panico", se ci sono dati economici "negtivi" è giusto farlo sapere, far finta che si viva nel mondo incantato è una cosa senza senso, visto che non siamo bambini le cose le sappiamo lo stesso, prima o poi. Poi l'anno scorso nei giornali c'era la "mania" della "criminalità", sempre a dire che c'erano furti rapine omicidi pareva che ci fosse uno cippatore alla porta di ogni casa. E il tg 5 a tirare le fila! Lì non si preoccupavano dell' effetto "psicologico", almeno fino a quando Maroni ha detto che la crimnalità è in calo e la gente è spaventata solo perchè vedeva quel tipo di tg. Bisogna dire i fatti nudi e crudi, non addolcire la pllola

Con tutto il rispetto, ma Il giornale è di proprietà di Paolo Berlusconi fra gli altri, è "fisiologico" che tiri l'acqua qalche volta al mulino di Berlusconi S, noi abbiamo il potere di non comprarlo più, se la cosa non ci garba. se poi vogliono stampare "così tanto per fare" ,che se lo leggano loro.

Sulle "ragazze di Berlusconi" c'è da dire che ha avuto un intervento alla prostata... cioè capiamoci, andate a vdedere quali sono gli effetti collaterali.

Sulle energue rinnovabili, bisogna dire per onestà che segue quanto deciso dal governo "mortadella" nel 2007, che in effetti era la prima vera "scossa" in questa direzione. La Lega però VUOLE che su queste materie siano gli enti locali a decidere, il Federalismo VUOL DIRE che da Roma non si devono permetee di dire agli enti locali cosa fare e no, a prescindere da quale maggioranza vi sia. Con il massimo rispetto che meritano tutti, ma

Modificato da Simone
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Ho modificato il topic per cercare di concentrare tutte le discussioni riguardo alla politica Italiana qui.

 

Per innaugurarlo in questa nuova veste metto un editoriale odierno di panebianco.

 

Da diversi mesi il tema rimbalza da un Paese all'altro («Le Monde », ad esempio, vi ha dedicato due dense pagine di analisi e commenti qualche giorno fa) e le ele­zioni europee, con i pessi­mi risultati conseguiti dai partiti socialisti e affini, hanno reso ancora più ac­cesa la discussione.

 

Non c'è praticamente forza di sinistra in Europa che non si ponga una doman­da: come mai, in tempi di massiccio ritorno dello Stato nella gestione dell'economia, di critica al mercato, di indebolimen­to della fiducia liberale nella capacità di autoregolazione dei mercati, i par­titi socialisti (e affini) non riescono ad approfittarne? Non dovrebbero esse­re proprio i partiti sociali­sti, antichi alfieri dell'in­tervento dello Stato e dell'uso della spesa pubblica per fini di ridistribuzione della ricchezza, i naturali punti di riferimento politi­co degli elettori in questo tempo di crisi?

 

Il problema è assai com­plesso e richiede risposte (o tentativi di risposta) a più livelli. Bisogna tener conto della tendenza ge­nerale ma anche delle spe­cifiche situazioni naziona­li. Sul piano generale si può forse sostenere (co­me chi scrive ha fatto sul «Corriere Magazine» un paio di settimane fa) che i partiti socialisti non pos­sano approfittare della si­tuazione creata dalla crisi economico-finanziaria perché non esistono più, in Europa, le condizioni sociali e politico-culturali che favorirono i loro suc­cessi nel XX secolo. Nelle attuali società individuali­ste gli antichi ideali di «giustizia sociale» e di uguaglianza a cui i partiti socialisti finalizzavano l'intervento dello Stato e l'espansione dei sistemi di welfare state, non han­no più corso. In tempi di crisi, certamente, si invo­ca l'intervento dello Stato ma per ragioni squisita­mente pragmatiche (bloc­care la disoccupazione, tamponare gli effetti so­ciali perversi della crisi). Nelle ricche società euro­pee di oggi a nessuno, o quasi, importa più nulla di quella «società degli uguali» che i partiti socia­listi offrivano come meta degna di essere persegui­ta in tempi di assai più rigide disuguaglianze di classe. E le destre sono og­gi sufficientemente pragmatiche e spregiudicate per gestire l'intervento dello Stato senza bisogno di caricarlo di ingombran­ti significati ideologici.

 

Le risposte generali, pe­rò, corrono sempre il ri­schio di essere generiche. Bisogna per forza guarda­re anche alle specificità dei casi. Ad esempio, i la­buristi britannici (con la rivoluzione di Blair) e i so­cialisti spagnoli si erano già liberati dei miti e delle ideologie otto-novecente­sche. Oggi pagano soprat­tutto il fatto di avere go­vernato a lungo nella fase che ha preceduto lo scop­pio della crisi.

 

Neppure per capire i guai della sinistra italia­na, del Partito democrati­co, bastano le risposte ge­nerali. Anche qui bisogna tener conto delle specifici­tà. La principale delle qua­li è che la sinistra italiana paga il conto, oltre che delle difficoltà che l'acco­munano ai partiti sociali­sti europei, anche di un ventennio di rimozioni e trasformismi. La verità è che se Berlusconi non fos­se esistito, se non fosse entrato in politica nel 1994, la sinistra italiana se lo sarebbe dovuto inventa­re. Da quindici anni Berlu­sconi, con la sua presen­za, aiuta la sinistra a non fare i conti con se stessa, con il vuoto in cui è preci­pitata dopo il crollo del muro di Berlino.

 

In tutto questo tempo, Ber­lusconi è servito alla sinistra italiana per non guardarsi allo specchio. Se lo avesse fatto avrebbe scoperto che lo spec­chio non è in grado di riflette­re alcuna immagine.

 

Checché se ne dica, un ten­tativo, uno solo, di costruire una nuova identità c'è stato. Lo ha fatto Walter Veltroni. Il suo discorso del Lingotto era più o meno questo. Ma ci so­no limiti a ciò che un leader può fare. Nel caso specifico, c'erano anche i limiti del lea­der.

 

Incapacità di fare i conti col passato, rimozioni e trasformi­smi. Di che altro sarebbero il sintomo, ad esempio, gli ino­pinati omaggi che gli uni o gli altri continuano di tanto in tanto a tributare a Enrico Ber­linguer, ossia all'ultimo dei grandi capi del comunismo italiano? Come si è chiesto Giovanni Belardelli sul «Cor­riere » di ieri, a chi e a che ser­ve Berlinguer nella società at­tuale?

 

O, ancora, era davvero pen­sabile che la sinistra (da Mani Pulite fino alla recente allean­za con Di Pietro) potesse tro­vare una identità politica di ri­cambio facendosi megafono dell'Associazione Nazionale Magistrati? O che potesse di­ventare competitiva con la de­stra, soprattutto al Nord, sen­za contrastare apertamente le correnti sindacali più conser­vatrici in materia di legislazio­ne del lavoro, di scuola o di pubblica amministrazione?

 

O che potesse acquisire cre­dibilità a fronte del più esplo­sivo fenomeno del nostro tem­po, l'immigrazione, innalzan­do solo il vessillo della «solida­rietà »? Non è un caso che an­che molti dei cosiddetti «gio­vani », più o meno emergenti, del Pd, per lo meno a una pri­ma occhiata, sembrino vecchi quanto i loro nonni.

 

La migliore osservazione sul Partito democratico l'ha fatta Claudio Velardi, ex colla­boratore di Massimo D'Ale­ma: al Pd, dice Velardi, serve un «pazzo», nell'accezione po­sitiva del termine, uno che si prenda il partito sparando sul quartier generale. Un leader che unisca estro, solidità cul­turale e credibilità. E la capar­bietà necessaria per dedicarsi a un lungo lavoro di ricostru­zione culturale e politica. Sen­za farsi condizionare troppo dai vecchi oligarchi del parti­to o da centri di potere ester­ni.

 

Da:corriere.it

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nuove norme degne del caro leader in arrivo:

 

Il generale Rafael Videla, capo della giunta militare che governò l’Argentina tra il 1976 e il 1981, amava ripetere che “la memoria è sovversiva”. Il senso della frase è che niente che possa nuocere al Potere va ricordato. In un’ottica opposta, Roberto Scarpinato, magistrato antimafia della procura di Palermo, dice che “la memoria è come un indice puntato contro i crimini del Potere”.

 

Carolina Lussana, deputata della Lega, ha fatto propria la tesi del dittatore argentino presentando alla Camera dei Deputati il disegno di legge n. 2455, che vuole regolamentare il cosiddetto “diritto all’oblìo” su internet. Un disegno di legge che impedirebbe di mantenere in Rete, decorso un certo periodo di tempo, informazioni su persone che in precedenza hanno avuto guai con la Giustizia.

 

Molto sinteticamente, il diritto all’oblìo, creato da quella giurisprudenza degli anni ’70, attentissima ai diritti della persona, che lo collocò tra i diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost., è il diritto di ognuno a non vedere riproposti al pubblico fatti propri che in passato furono oggetto di cronaca. A volte è sufficiente una singola pubblicazione perché una notizia venga acquisita con completezza dalla collettività. Altre volte sono necessari approfondimenti, che fanno sì che la notizia perduri nel tempo. In ogni caso, a partire dal momento in cui il fatto è acquisito nella sua interezza, l’interesse pubblico alla sua riproposizione va scemando fino a scomparire, come se diventasse un fatto privato, e sorge il presupposto del diritto all’oblìo.

 

Una tutela sacrosanta. Ma che, per ovvi motivi, riguarda il “cittadino X”, il tossicodipendente che per procurarsi la dose rapinò la bottega, o l’anonimo funzionario che si fece corrompere per coprire un abuso edilizio. Non certo il politico di lungo corso, quello il cui rapporto con la collettività perdura nel tempo e che sarà sempre attenzionato dall’opinione pubblica, anche per ciò che riguarda il passato.

 

Ebbene, il disegno di legge presentato dalla deputata Lussana cancella questo principio. Detta una normativa generale sui termini massimi di permanenza in Rete della notizia di un procedimento penale a carico di chicchessia, pena una sanzione amministrativa da 5.000 a 100.000 Euro ai danni del proprietario del sito. I termini variano a seconda che si tratti di assoluzione o archiviazione (un anno), di amnistia o prescrizione (due anni), di una condanna definitiva. In quest’ultimo caso, i termini sono maggiori e dipendono unicamente dall’entità della pena inflitta con la sentenza di condanna. Ma, cosa più importante, non si guarda all’autore del fatto. La normativa riguarda tanto il pastore che uccide per riprendersi la pecora quanto il presidente del Consiglio.

 

E certo non rassicura l’art. 3, comma 3° lettera c), secondo cui la cancellazione dei dati sul web non può imporsi in riferimento a chi “esercita o ha esercitato alte cariche pubbliche, anche elettive, in caso di condanna per reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, allorché sussista un meritevole interesse pubblico alla conoscenza dei fatti”. Si badi bene: “per reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni”. Ciò significa, per fare un esempio noto, che se, come è ormai certo, interverrà la prescrizione in favore di Silvio Berlusconi una volta ripreso nei suoi confronti il processo Mills, per ora sospeso dal lodo Alfano ma che in primo grado ha accertato la posizione di Berlusconi quale corruttore, le relative notizie potranno rimanere in Rete per soli due anni. Perché quel reato Berlusconi non lo avrebbe commesso nell’esercizio di funzioni pubbliche.

 

Allo stesso modo, i fatti contenuti in un decreto di archiviazione, che ha ad esempio accertato che un noto politico è abituale commensale di un mafioso ma non la sua partecipazione a Cosa Nostra, potranno rimanere in Rete per non più di un anno.

 

In pratica, questo disegno di legge interviene a gamba tesa sul concetto di interesse pubblico, che viene graduato in maniera molto discutibile. In caso di condanna, la relativa notizia potrà essere mantenuta in Rete per un tempo che varia in funzione della pena comminata dal giudice, non dell’interesse obiettivo che suscita il fatto.

 

Ed ecco il paradosso. Chi è stato condannato all'ergastolo per aver avvelenato la moglie, rimarrà per sempre nei motori di ricerca. Invece, del più grave episodio di corruzione della storia della Repubblica non rimarrà più traccia passati cinque anni. A questo porterà la geniale trovata dell'onorevole Lussana. Le generazioni future sapranno tutto sui delitti di Erba, Garlasco, Cogne, Perugia e simili. Ma niente su una nuova Tangentopoli.

 

Si noti, poi, come la logica sottesa a questo disegno di legge ricalchi quella della prescrizione del diritto penale. La prescrizione è l’estinzione del reato per decorso del tempo senza che sia stata emanata sentenza definitiva. Si parte, cioè, dal presupposto che trascorso un certo periodo di tempo, che varia a seconda della gravità del reato, lo Stato rinuncia a punire l’autore perché non ne ha più l’interesse. Lo Stato prima o poi dimentica, tranne i reati punibili con l’ergastolo, che sono imprescrittibili.

 

Allo stesso modo, questo disegno di legge impone alla collettività, decorso un certo periodo di tempo che varia a seconda della pena inflitta, di non nutrire più interesse alla conoscenza di determinati fatti. Vengono subito alla mente i reati dei colletti bianchi, che certo non tagliano la gola ai propri familiari. La collettività viene quindi privata della memoria in ordine a fatti la cui conoscenza è indispensabile per poter giudicare una classe dirigente. E’ come se la memoria storica cadesse in prescrizione. Per dirla con il collega Guido Scorza, viene meno il "diritto alla Storia". Ritorna in mente la frase del generale Videla (“La memoria è sovversiva”). E niente più dito puntato contro i crimini del Potere, parafrasando il magistrato Roberto Scarpinato.

 

Ma vi sono altre considerazioni di ordine logico che non si possono tralasciare, e che svelano una evidente scarsa conoscenza dell’istituto del diritto all’oblio da parte dell’onorevole Lussana. E’ noto, infatti, che l’elemento caratterizzante il diritto all’oblio sta nella riproposizione di un fatto che fu oggetto di cronaca in passato, quando l’interesse pubblico intorno ad esso si è ormai sopito. Si badi bene: “riproposizione”. Vale a dire: si vìola il diritto all’oblio quando il gestore di un’informazione, senza che sussista un interesse pubblico, la ripropone alla collettività. Qui da parte del lettore vi è un’apprensione passiva del fatto già oggetto di cronaca in passato. Riproporre un fatto alla collettività significa elevarlo al rango di notizia, quindi pubblicarlo, ad esempio, su un quotidiano (o un periodico) oppure inserirlo nella home page del proprio sito.

 

Il disegno di legge in questione impedisce, invece, l’apprensione attiva di un fatto, la sua acquisizione attraverso un’attività di ricerca da parte dell'utente sugli appositi motori della Rete. E’ come se il legislatore imponesse a tutte le biblioteche di rendere inaccessibile gran parte del proprio materiale cartaceo, decorso un certo periodo di tempo.

 

Se davvero si fosse voluto tutelare il diritto all’oblio, non ci sarebbe stato alcun bisogno di creare una normativa ad hoc. I principi dell’ordinamento già tutelano la persona contro le indebite riproposizioni di fatti passati. Se chi ha picchiato un altro per un parcheggio vuole far sparire il proprio nome dalla cronaca locale di un sito male aggiornato, non ha che da rivolgersi al tribunale o al Garante della Privacy, che provvederà senza indugio a far rimuovere quei dati imbarazzanti, con rifusione delle spese legali, laddove non sussista più alcun interesse pubblico al loro mantenimento.

 

Pertanto, dire che il disegno di legge dell’onorevole Lussana vìola l’art. 21 Cost., che sancisce la libertà di espressione, è cosa scontata. C’è di peggio. Qui è la formazione culturale delle future generazioni ad essere messa a repentaglio. Prevedere una normativa che obblighi sempre e comunque, decorso un certo periodo di tempo, a rimuovere dal web una notizia a prescindere dalla valutazione concreta della sussistenza di un interesse pubblico al suo mantenimento, significa privare i posteri di un fondamentale strumento di controllo delle elités del Potere, notoriamente refrattarie ad un ricambio generazionale. Una privazione che si sostanzia nella violazione del principio di sovranità popolare, sancito all’art. 1 Cost., che vuole che i governanti siano scelti dal popolo, ma con cognizione di causa.

 

Non solo. Qui è anche il principio costituzionale di eguaglianza sostanziale ad essere violato. Dice l’art. 3, comma 2°, Cost.: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Quegli ostacoli, più che rimuoverli, il disegno di legge Lussana li frappone. Imporre automaticamente l’oblio su fatti e misfatti di indubbio interesse pubblico provocherebbe uno scollamento tra i detentori del Potere e chi conferisce loro il mandato a governare, col risultato di vanificare quella “partecipazione” di tutti i cittadini al governo del Paese, voluta dalla Costituzione e che è alla base di ogni democrazia.

 

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http://www.difesadellinformazione.com/ulti...n-prescrizione/

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Il modo "democratico" di fare "politica", tipico della più pura metodologia "COMUNISTA"!!!

 

 

Dal link http://www.affaritaliani.it/politica/g8-si...bari020709.html

 

riporto:

 

 

Far fallire il G8 a L'Aquila per mettere in crisi il governo

 

Giovedí 02.07.2009 10:32

 

di Antonio Galdo

 

 

E' un antico e consolidato vizio del nostro costume politico: piegare le questioni internazionali alle ragioni della battaglia tra i partiti di maggioranza e di opposizione. In passato abbiamo visto ministri degli Esteri che concludevano le loro missioni in giro per il mondo con dichiarazioni che si riferivano alle polemiche nazionali. Uno spettacolo deprimente. Adesso l'Italia ospita un importante G8, che con una scelta azzardata ma coraggiosa si celebra in Abruzzo, in un clima infuocato dall'affaire Villa Certosa e dintorni. E' inutile girare attorno alla verità: negli ambienti più impegnati in questa campagna, che coinvolge innanzitutto alcuni organi di stampa e settori della magistratura, non si nasconde l'obiettivo di sferrare un colpo frontale per mettere il governo al tappeto attraverso l'obiettivo di un fallimento del G8. Silvio Berlusconi ha capito bene i rischi che corre, è consapevole di quanto la sua immagine all'estero sia stata appannata dalle inchieste in corso, ed è impegnato a giocare d'anticipo puntando, invece, a un successo pieno del summit ed a un'intensificazione della sua azione diplomatica. Un suo prezioso alleato è il presidente della Repubblica che, con molta responsabilità istituzionale, proprio ieri ha ricordato la "delicatezza dell'appuntamento" chiedendo a chiare lettere "una tregua nelle polemiche".

 

Il G8 che ci vede nei panni dei padroni di casa non è una riunione di ordinaria amministrazione. I venti della crisi economica soffiano ancora molto forti, le azioni dei governi non sono mancate, ma servono regole nuove e una governance globale del sistema finanziario che soltanto una sede di questo livello può discutere e magari decidere. Ci sono poi i dossier aperti che riguardano la stabilità geopolitica e anche su questo versante l'aria che tira è molto preoccupante. Bisogna fissare una linea comune rispetto alla deriva dell'Iran, affrontare le incertezze che seguiranno all'abbandono dei soldati americani dell'Iraq, rafforzare una presenza in Afghanistan dove i talebani continuano a conquistare intere aree del paese. Pessime notizie arrivano dall'Africa e dal Sud America, e certo non possiamo continuare ad assistere ad un divario Nord-Sud del mondo che si sta traducendo in un miliardo di persone sull'orlo della fame. Insomma: il G8 dell'Aquila ha in agenda la sicurezza e il futuro del mondo, laddove scontiamo un pesante deficit di una politica in grado di fare risposte globali a problemi planetari. Di fronte a questo scenario, rischiamo veramente di essere un paese irresponsabile se non riusciamo a distinguere i momenti di un legittimo scontro politico dalle necessaria serietà che serve quando è in gioco non l'immagine di una singola persona, ma il ruolo dell'Italia nel club dei paesi più sviluppati dove rischiamo di fare la parte delle comparse.

 

Infine, è bene ricordare un precedente che risale al 1994. Durante un vertice del G7, che si teneva proprio a Napoli, il presidente di turno, anche all'epoca era Berlusconi, ricevette, a mezzo stampa, un avviso di garanzia dal pool di Mani Pulite di Milano. Il bersaglio fu centrato in pieno: da quel momento Berlusconi fu un premier dimezzato, il suo governo durò molto poco e si arrivò allo scioglimento delle Camere ed a una nuova maggioranza politica. Peccato che l'Italia fece una figuraccia e la sua credibilità internazionale venne azzerata. Se qualcuno coltivasse l'idea di ripetere il film, a quindici anni di distanza, gli suggerirei di dare uno sguardo, come a una tabellina, agli attuali rapporti di forza in Parlamento ed ai risultati elettorali, compresi gli ultimi. Basterebbe questo esercizio di elementare buon senso per rendersi conto che l'Italia politica del 2008 non è quella del 1994 e scorciatoie per un cambio di governo appartengono al mondo del velleitarismo. In una parola, con un G8 stravolto dallo scontro in atto, Berlusconi non andrebbe a casa e per gli italiani resterebbe solo l'amaro risultato della figuraccia internazionale.

 

Dal sito http://www.nonsprecare.it/

Modificato da picpus
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Picpus, io capisco tutto, però mi devi spiegare dove hai letto, in quell'articolo che trae delle conclusioni del tutto aritrarie, (negli ambienti più impegnati in questa campagna, che coinvolge innanzitutto alcuni organi di stampa e settori della magistratura, non si nasconde l'obiettivo di sferrare un colpo frontale per mettere il governo al tappeto attraverso l'obiettivo di un fallimento del G8.)

 

come fai, a tua volta, a esprimere questo giudizio:Il modo "democratico" di fare "politica", tipico della più pura metodologia "COMUNISTA"!!!

 

qui di comunista, e lo dico da fiero anticomunista, c'e' solo il modo di fare di chi interpreta a suo modo la verita' per poi accusare l'avversario di cose mai detto e mai fatte. Mi sto convincendo che non deve essere un caso, se B. si e' circondato di ex (ex?) comunisti, da Ferrara, a Bondi, passando da Elio Vito e Capezzone, e non di liberali VERI.

 

Questo tipo di politica, che personalmente mi da il voltastomaco, e' veramente troppo simile a quella dell'URSS. E sfortunatamente non viene da Bertinotti, ma da gente che si definisce di destra.

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