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FASCISMO


Graziani

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STORIA

 

Le vicende del Fascismo italiano sono strettamente connesse con gli eventi storici che coinvolsero il paese nel periodo intercorrente fra le due grandi guerre mondiali. La data di nascita ufficiale del Fascismo è ormai da tutti riconosciuta nel 23 marzo 1919, quando Benito Mussolini, durante una riunione tenuta nella sala del circolo degli interessi industriali e commerciali in piazza S. Sepolcro a Milano (onde poi i pochi presenti furono insigniti del titolo di “sansepolcristi”), annunciò ai suoi seguaci e simpatizzanti la costituzione dei Fasci italiani di combattimento. Sotto questa battagliera impostazione, Mussolini intendeva dar vita ad un movimento più che ad un partito (creato infatti soltanto il 7 novembre 1921), avente lo scopo di valorizzare con l'azione il contributo offerto dall'Italia alla vittoria degli Alleati e di porre ordine nell'assetto statale della nazione che, se pure uscita vittoriosa dalla Guerra, ne risentiva le gravose conseguenze, esasperate dal disaccordo dei vari partiti politici. Si trattava però, di un programma piuttosto vago e generico, in quanto, come vedremo in seguito, solo assai più tardi si passò ad una vera e propria elaborazione della teoria del Fascismo.

Basta infatti accennare che il movimento si sperdeva in molte affermazioni anche contrastanti fra loro, oscillando tra il repubblicanesimo e la tolle¬ranza monarchica, tra un sindacalismo che non tradiva le origini socialiste mussoliniane e la difesa degli interessi borghesi e capitalistici, dai cui ceti il Fascismo fu indubbia¬mente e notevolmente aiutato, tra un dichiarato anticlericalismo da un lato e un prolungato intento di difesa delle tradizioni cattoliche dall'altro. Nello stesso anno 1919 il movimento fascista fece il suo primo tentativo elettorale, ma ne riportò una clamorosa sconfitta, di fronte alle pur sempre valide forze liberali, socialiste e del giovane ma agguerrito Partito popolare. La prevalenza di questi partiti fu però effi¬mera: lo stato liberale-giolittiano, ancorato su posizioni nettamente superate dalla naturale evoluzione dei tempi, andava infatti disgregandosi logorato dalle polemiche interne e dalla mancanza di quel prestigio e di quella autorità necessarie a tener testa ad un delicato periodo di crisi economica e sociale quale era quello del dopoguerra. E' dunque spiegabile come, in quel momento, il Fascismo, con le sue demagogiche promesse facenti leva sul sentimento romantico di una resurrezione patriottica, potesse acqui¬starsi una certa simpatia e nei ceti sostenitori dello stato ordinario e legalitario e nei gruppi agrari e industriali, che vedevano in un indirizzo autoritario la migliore difesa dei loro interessi, minacciati soprattutto dalle correnti ugualitarie e livellatrici marxi¬ste e specialmente dalle rivoluzioni comuniste.

Ebbe cosi inizio un periodo partico¬larmente triste per il paese, durante il quale il Fascismo — che aveva ben compreso la possibilità di superare con pochi elementi decisi (gli squadristi, che si fregiavano di nere insegne ornate di teschi) i molti raziocinanti avversari dei partiti — passò ad una azione intimidatrice di violenza e costrizioni, quasi sempre incoraggiate dall'incer¬tezza e dalla tolleranza dell'autorità costituita, anche con manifestazioni particolar¬mente disgustose come quelle delle abbondanti «manganellature» e delle sommini¬strazioni di olio di ricino. Si arrivava in tal modo al paradosso di un movimento che, propugnatore della legalità, cercava di aprirsi la strada del potere servendosi della più evidente illegalità, e creando un doloroso disordine mentre si prefiggeva di “norma¬lizzare” la situazione.

Sarebbe assurdo negare che, ciò nonostante, il Fascismo non abbia raccolto un certo seguito, mentre gli oppositori, se pure dignitosi, non potevano in verità suscitare molte simpatie, per crescente dimostrazione di una impotente debo¬lezza tale da rasentare l'inettitudine. I partiti marxisti, che avrebbero potuto costitui¬re un ostacolo difficile per il Fascismo, dispersi da troppe scissioni in altrettante correnti sempre in urto tra di loro, furono quelli più violentemente colpiti, cosicché, elimina¬ta la loro concorrenza, il nuovo movimento, per di più organizzato quasi militarmen¬te colse l'occasione, e promosse la nota marcia su Roma delle colonne fasciste (28 ottobre 1922). Mentre gli avversari peccavano ancora una volta di indifferenza e di incredulità nelle conseguenze dell'avventura, la marcia ebbe il potere di impressiona¬re fortemente la monarchia e gli uomini più eminenti dello stato. Infatti, re Vittorio Emanuele III, rifiutando la proposta del capo del governo Facta di proclamare lo stato d'assedio, per il timore di una deprecata guerra civile, nella speranza effettiva di migliorare la situazione, ed a seguito del rifiuto degli esponenti delle diverse correnti politiche di assumere il mandato governativo, chiamò al Quirinale Mussolini, giunto a Roma con i «quadrumviri» Bianchi, De Bono, Balbo e De Vecchi, e gli offerse l'incarico di formare il gabinetto. L'ordine tanto auspicato non si verificò: per parec¬chio tempo i contrasti di piazza angustiarono il paese, anche perché l'appoggio gover¬nativo all'azione delle squadre fasciste non poteva che inasprire le opposizioni, or¬mai presaghe di quella che tra poco sarebbe stata la loro completa soffocazione. In questo clima vennero indette le elezioni politiche del 1924, con il preordinato scopo di rendere legale lo stato di cose che certo imbarazzava gli stessi esponenti fascisti. Si introdusse uno speciale sistema elettorale basato sul «premio di maggioranza», capa¬ce di dare praticamente tutto il Parlamento in mano alla lista che avesse ottenuto una maggioranza relativa; maggioranza relativa che infatti il Partito nazionale fascista (PNF) ottenne, impostando la sua campagna elettorale sulla intimidazione e sulla violenza.

Si formò così un Parlamento che non rispecchiava affatto le forze politiche italiane; tuttavia le opposizioni parlamentari, sia pure sparute e non bene organizza¬te, dimostrarono in quella occasione un alto spirito battagliero. Tra i più tenaci oppositori si rivelò subito il deputato socialista Giacomo Matteotti, il quale, mentre si riprometteva di documentare in piena Camera i soprusi e le soperchierie mediante i quali il Fascismo aveva raggiunto il successo, venne rapito da sicari fascisti e barbaramente assassinato nei pressi di Roma. Il martirio di Matteotti, uomo di alta statura morale e di indiscussa probità politica, coincise con il momento di crisi del Fascismo, che, aspramente attaccato per la responsabilità del crimine, personalmente attribuita allo stesso Mus¬solini, rasentò l'orlo della caduta, anche per l'indignazione suscitata nel paese da tale misfatto. Sennonché, ancora una volta le opposizioni commisero l'errore di agire sul piano simbolico anziché sul piano concreto, e, rifiutandosi di mettere piede nella Camera fascista, si ritirarono dall'attività parlamentare, dando luogo alla secessione: detta dell'Aventino (giugno 1924), dal nome del colle romano che aveva visto la secessione dei plebei. Questa ritirata rimase fine a se stessa, senza alcun seguito pratico, invano sperato ed atteso da parte della stessa monarchia. Mussolini, assai più tempista e sicuro di sé, ebbe pertanto il tempo di sollevarsi dallo stato di disagio in cui era venuto a trovarsi e riprese l'iniziativa, presentandosi il 3gennaio 1925 alla Camera per dichiarare di assumersi tutta la responsabilità politica, morale e storica di quanto era accaduto e annunciare in termini draconiani le sue contromisure, consistenti in una serie di provvedimenti che sopprimevano in Italia ogni forma di libertà e rendevano impossibile ogni opposizione che non fosse soltanto clandestina. Il naufragio degli aventiniani trovava conferma l'anno successivo con la legge che dichiarava decaduti dal mandato i deputati che dal giugno 1924 si erano astenuti dal partecipare ai lavori parlamentari. Da allora, il Fascismo rimase padrone del campo e sop¬presse le fondamentali guarentigie costituzionali (libertà di stampa, di riunione, associazione, ecc.), mirò a consolidare la sua forza, basandosi soprattutto, da un lato, su di una efficiente organizzazione poliziesca, e dall'altro, su una crescente propaganda di valorizzazione nazionale, ricca di suggestioni derivate dall'antico prestigio della romanità. Inoltre, dal punto di vista economico, giocando sulla blandizia verso le classi operaie e allo stesso tempo seguendo una politica protezionistica verso i maggiori industriali, lanciò il postulato della indispensabilità della autosufficienza economica dell'Italia, la cosiddetta «autarchia», al fine di sottrarsi ad ogni eventuale vassallaggio straniero. In realtà, questa politica sempre più esaltatrice di un amor patrio inteso più che altro come superiorità della nostra nazione sulle altre, unitamente alla campagna per l'incremento demografico e alla volontà di potenza, non tendeva che a dare dimostrazioni bellicose di una forza esistente più sulla carta che nei fatti, come per esempio nel campo militare. D'altra parte, alcune ammissioni fatte da alcune delle stesse grandi potenze, ingenerarono in Mussolini e in molti Italiani l'illusoria opinione di essere veramente più forti di quanto non fossero e sfortunatamente anche uomini saggi e consapevoli non osarono in quei tempi, se non in casi eccezionali e comunque timidamente, ammonire sul pericolo in cui il Fascismo stava gettando l'Italia. Per non dire della criminale ipocrisia di coloro che, mentre a parole esaltavano il regime, lo andavano sabotando nella speranza di liberarsi con poca fatica di un sistema ormai alquanto imbarazzante per loro. Così, quando Mussolini concepì l'impresa di conquistare all'Italia il famoso «posto al sole» con la vittoriosa, per quanto piena di sacrifici, campagna d'Etiopia (3ottobre 1935- 9maggio l936) – il coro delle lodi sali alle stelle, esasperando l'utopia imperiale dell'Italia, la quale in effetti, non aveva trovato altra opposizione all'infuori delle sterili deplorazioni della Società delle nazioni. Malgrado tutto, fu questo il periodo migliore del Fascismo: la stessa oppressione poliziesca e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato davano segni di rilassamento, e il popolo italiano, disavvezzandosi gradatamente alla democrazia poteva sperare in tempi piuttosto tranquilli. Sennonché Mussolini, non soddisfatto dei successi conseguiti, entrò nell'orbita della Germania di Hitler, tesa alla conquista dell'Europa. Sopravvalutazione della propria forza e sopravvalutazione della forza germanica: ecco il fatale errore del Fascismo che, dal momento dell'entrata in guerra dell'Italia (10 giugno 1940) inizia la sua parabola discendente. La guerra infatti mostrò subito le deficienze di un regime composto da illusi, da arrivisti e da inesperti consi¬glieri, destinato pertanto alla rovina, malgrado le pagine eroiche ancora una volta scritte dai soldati italiani, spinti al combattimento sui vari fronti di guerra in condi¬zioni di spaventevole inferiorità in mezzi e materiali. Mentre la monarchia tentava di sganciarsi dal Fascismo, subito dopo lo sbarco degli Anglo-Americani in Sicilia, Mussolini cadeva nella storica seduta del Gran consiglio del 24-25 luglio 1943, per opera dei suoi stessi collaboratori, che gli negavano la fiducia. Di qui il suo arresto da parte della monarchia e lo scioglimento del partito da parte del governo Badoglio. E questa può essere veramente considerata la data di morte del Fascismo mussoliniano, in quanto la triste appendic¬e del Partito fascista repubblicano, creatosi nell'Italia del Nord durante l'occupazione tedesca, non fu che un sanguinoso fantasma, alimentato dal feroce ex alleato, che si agitò nel periodo doloroso della guerra civile (settembre 1943- aprile 1945), periodo che conobbe il sacrificio di tante vite e gli strazi e le sofferenze della popolazione civile, e culminato infine nella fucilazione di Mussolini (28 aprile 1945).

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IDEE FONDAMENTALI

I

Come ogni salda concezione politica, il fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente una dottrina, e dottrina che, sorgendo da un dato sistema di forze storiche, vi resta inserita e vi opera dal di dentro. Ha quindi una forma correlativa alle contingenze di luogo e di tempo, ma ha insieme un contenuto ideale che la eleva a formula di verità nella storia superiore del pensiero. Non si agisce spiritualmente nel mondo come volontà umana dominatrice di volontà senza un concetto della realtà transeunte e particolare su cui bisogna agire, e della realtà permanente e universale in cui la prima ha il suo essere e la sua vita. Per conoscere gli uomini bisogna conoscere l'uomo; e per conoscere l'uomo bisogna conoscere la realtà e le sue leggi. Non c'è concetto dello stato che non sia fondamentalmente concetto della vita: filosofia o intuizione, sistema di idee che si svolge in una costruzione logica o si raccoglie in una visione o in una fede, ma è sempre, almeno virtualmente, una concezione organica del mondo.

II

Così il fascismo non si intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione, come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di concepire la vita. Modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l'individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.

Dunque concezione spiritualistica, sorta anche essa dalla generale reazione del secolo contro il fiacco e materialistico positivismo dell'Ottocento. Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in generale le dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell'uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. Il fascismo vuole l'uomo attivo e impegnato nell'azione con tutte le sue energie: lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità. Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme - arte, religione, scienza - e l'importanza grandissima dell'educazione. Quindi anche il valore essenziale del lavoro, con cui l'uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale).

IV

Questa concezione positiva della vita è evidentemente una concezione etica. E investe tutta la realtà, nonché l'attività umana che la signoreggia. Nessuna azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita «comoda».

V

Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero.

VI

Il fascismo è una concezione storica, nella quale l'uomo non è quello che è se non in funzione del processo spirituale a cui concorre, nel gruppo familiare e sociale, nella nazione e nella storia, a cui tutte le nazioni collaborano. Donde il gran valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale. Fuori della storia 1'uomo è nulla. Perciò il fascismo è contro tutte le astrazioni individualistiche, a base materialistica, tipo sec. XVIII; ed è contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine. Esso non crede possibile la «felicità» sulla terra come fu nel desiderio della letteratura economicistica del `700, e quindi respinge tutte le concezioni teleologiche per cui a un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione definitiva del genere umano. Questo significa mettersi fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire. Il fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica; praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria soluzione. Per agire tra gli uomini, come nella natura, bisogna entrare nel processo della realtà e impadronirsi delle forze in atto.

VII

Antiindividualistica, la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l'individuo in quanto esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell'uomo nella sua esistenza storica. E' contro il liberalismo classico, che sorse dal bisogno di reagire all'assolutismo e ha esaurito la sua funzione storica da quando lo Stato si è trasformato nella stessa coscienza e volontà popolare. Il liberalismo negava lo Stato nell'interesse dell'individuo particolare; il fascismo riafferma lo Stato come la realtà vera dell'individuo. E se la libertà dev'essere l'attributo dell'uomo reale, e non di quell'astratto fantoccio a cui pensava il liberalismo individualistico, il fascismo è per la libertà. E' per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello Stato e dell'individuo nello Stato. Giacché, per il fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato. In tal senso il fascismo è totalitario, e lo Stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo.

VIII

Né individui fuori dello Stato, né gruppi (partiti politici, associazioni, sindacati, classi). Perciò il fascismo è contro il socialismo che irrigidisce il movimento storico nella lotta di classe e ignora l'unità statale che le classi fonde in una sola realtà economica e morale; e analogamente, è contro il sindacalismo classista. Ma nell'orbita dello Stato ordinatore, le reali esigenze da cui trasse origine il movimento socialista e sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel sistema corporativo degli interessi conciliati nell'unità dello Stato.

IX

Gli individui sono classi secondo le categorie degli interessi; sono sindacati secondo le differenziate attività economiche cointeressate; ma sono prima di tutto e soprattutto Stato. Il quale non è numero, come somma d'individui formanti la maggioranza di un popolo. E perciò il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito, come dev'essere, qualitativamente e non quantitativamente, come l'idea più potente perché più morale, più coerente, più vera, che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e volontà di tutti. Di tutti coloro che dalla natura e dalla storia, etnicamente, traggono ragione di formare una nazione, avviati sopra la stessa linea di sviluppo e formazione spirituale, come una coscienza e una volontà sola. Non razza, nè regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un'idea, che è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità.

X

Questa personalità superiore è bensì nazione in quanto è Stato. Non è la nazione a generare lo Stato, secondo il vieto concetto naturalistico che servì di base alla pubblicistica degli Stati nazionali nel secolo XIX. Anzi la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un'effettiva esistenza. Il diritto di una nazione all'indipendenza deriva non da una letteraria e ideale coscienza del proprio essere, e tanto meno da una situazione di fatto più o meno inconsapevole e inerte, ma da una coscienza attiva, da una volontà politica in atto e disposta a dimostrare il proprio diritto: cioè, da una sorta di Stato già in fieri . Lo Stato infatti, come volontà etica universale, è creatore del diritto.

XI

La nazione come Stato è una realtà etica che esiste e vive in quanto si sviluppa. Il suo arresto è la sua morte. Perciò lo Stato non solo è autorità che governa e dà forma di legge e valore di vita spirituale alle volontà individuali, ma è anche potenza che fa valere la sua volontà all'esterno, facendola riconoscere e rispettare, ossia dimostrandone col fatto l'universalità in tutte le determinazioni necessarie del suo svolgimento. E perciò organizzazione ed espansione, almeno virtuale. Cosi può adeguarsi alla natura dell'umana volontà, che nel suo sviluppo non conosce barriere, e che si realizza provando la propria infinità.

XII

Lo Stato fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell'uomo. Non si può quindi limitare a semplici funzioni di ordine e tutela, come voleva il liberalismo. Non è un semplice meccanismo che limiti la sfera delle presunte libertà individuali. È forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la volontà come l'intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale dell'umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore dell'uomo d'azione come del pensatore, dell'artista come dello scienziato: anima dell'anima.

XIII

Il fascismo insomma non è soltanto datore di leggi e fondatore d'istituti, ma educatore e promotore di vita spirituale. Vuoi rifare non le forme della vita umana, ma il contenuto, l'uomo, il carattere, la fede. E a questo fine vuole disciplina, e autorità che scenda addentro negli spiriti, e vi domini incontrastata. La sua insegna perciò è il fascio littorio, simbolo dell'unità, della forza e della giustizia.

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DOTTRINA POLITICA E SOCIALE

I

Quando, nell'ormai lontano marzo del 1919, dalle colonne del Popolo d'Italia io convocai a Milano i superstiti interventisti-intervenuti, che mi avevano seguito sin dalla costituzione dei Fasci d'azione rivoluzionaria - avvenuta nel gennaio del 1915 -, non c'era nessuno specifico piano dottrinale nel mio spirito. Di una sola dottrina io recavo l'esperienza vissuta: quella del socialismo dal 1903-04 sino all'inverno del 1914: circa un decennio. Esperienza di gregario e di capo, ma non esperienza dottrinale. La mia dottrina, anche in quel periodo, era stata la dottrina dell'azione. Una dottrina univoca, universalmente accettata, del socialismo non esisteva più sin dal 1905, quando cominciò in Germania il movimento revisionista facente capo al Bernstein e per contro si formò, nell'altalena delle tendenze, un movimento di sinistra rivoluzionario, che in Italia non uscì mai dal campo delle frasi, mentre, nel socialismo russo, fu il preludio del bolscevismo. Riformismo, rivoluzionarismo, centrismo, di questa terminologia anche gli echi sono spenti, mentre nel grande fiume del fascismo troverete i filoni che si dipartirono dal Sorel, dal Lagardelle del Mouvement Socialiste , dal Péguy, e dalla coorte dei sindacalisti italiani, che tra il 1904 e il 1914 portarono una nota di novità nell'ambiente socialistico italiano, già svirilizzato e cloroformizzato dalla fornicazione giolittiana, con le Pagine libere di Olivetti, La Lupa di Orano, il Divenire sociale di Enrico Leone. Nel 1919, finita la guerra, il socialismo era già morto come dottrina: esisteva solo come rancore, aveva ancora una sola possibilità, specialmente in Italia, la rappresaglia contro coloro che avevano voluto la guerra e che dovevano «espiarla». Il Popolo d'Italia recava nel sottotitolo «quotidiano dei combattenti e dei produttori». La parola «produttori» era già l'espressione di un indirizzo mentale. Il fascismo non fu tenuto a balia da una dottrina elaborata in precedenza, a tavolino: nacque da un bisogno di azione e fu azione; non fu partito, ma, nei primi due anni, antipartito e movimento. Il nome che io diedi all'organizzazione, ne fissava i caratteri. Eppure chi rilegga, nei fogli oramai gualciti dell'epoca, il resoconto dell'adunata costitutiva dei Fasci italiani di combattimento, non troverà una dottrina, ma una serie di spunti, di anticipazioni, di accenni, che, liberati dall'inevitabile ganga delle contingenze, dovevano poi, dopo alcuni anni, svilupparsi in una serie di posizioni dottrinali, che facevano del fascismo una dottrina politica a sé stante, in confronto di tutte le altre e passate e contemporanee.«Se la borghesia, dicevo allora, crede di trovare in noi dei parafulmini si inganna. Noi dobbiamo andare incontro al lavoro... Vogliamo abituare le classi operaie alla capacità direttiva, anche per convincerle che non è facile mandare avanti una industria o un commercio... Combatteremo il retroguardismo tecnico e spirituale... Aperta la successione del regime noi non dobbiamo essere degli imbelli. Dobbiamo correre; se il regime sarà superato saremo noi che dovremo occupare il suo posto. Il diritto di successione ci viene perché spingemmo il paese alla guerra e lo conducemmo alla vittoria. L'attuale rappresentanza politica non ci può bastare, vogliamo una rappresentanza diretta dei singoli interessi... Si potrebbe dire contro questo programma che si ritorna alle corporazioni. Non importa!... Vorrei perciò che l'assemblea accettasse le rivendicazioni del sindacalismo nazionale dal punto di vista economico»... Non è singolare che sin dalla prima giornata di Piazza San Sepolcro risuoni la parola «corporazione» che doveva, nel corso della Rivoluzione, significare una delle creazioni legislative e sociali alla base del regime?

II

Gli anni che precedettero la marcia su Roma, furono anni durante i quali le necessità dell'azione non tollerarono indagini o complete elaborazioni dottrinali. Si battagliava nelle città e nei villaggi. Si discuteva, ma - quel ch'è più sacro e importante - si moriva. Si sapeva morire. La dottrina - bell'e formata, con divisione di capitoli e paragrafi e contorno di elucubrazioni - poteva mancare; ma c'era a sostituirla qualche cosa di più decisivo: la fede. Purtuttavia, a chi rimemori sulla scorta dei libri, degli articoli, dei voti dei congressi, dei discorsi maggiori e minori, chi sappia indagare e scegliere, troverà che i fondamenti della dottrina furono gettati mentre infuriava la battaglia. È precisamente in quegli anni, che anche il pensiero fascista si arma, si raffina, procede verso una sua organizzazione. I problemi dell'individuo e dello Stato; i problemi dell'autorità e della libertà; i problemi politici e sociali e quelli più specificatamente nazionali; la lotta contro le dottrine liberali, democratiche, socialistiche, massoniche, popolaresche fu condotta contemporaneamente alle «spedizioni punitive». Ma poiché mancò il «sistema» si negò dagli avversari in malafede al fascismo ogni capacità di dottrina, mentre la dottrina veniva sorgendo, sia pure tumultuosamente dapprima sotto l'aspetto di una negazione violenta e dogmatica come accade di tutte le idee che esordiscono, poi sotto l'aspetto positivo di una costruzione che trovava, successivamente negli anni 1926, `27 e `28, la sua realizzazione nelle leggi e negli istituti del regime. Il fascismo è oggi nettamente individuato non solo come regime ma come dottrina. Questa parola va interpretata nel senso che oggi il fascismo esercitando la sua critica su se stesso e sugli altri, ha un suo proprio inconfondibile punto di vista, di riferimento - e quindi di direzione - dinnanzi a tutti i problemi che angustiano, nelle cose o nelle intelligenze, i popoli del mondo.

III

Anzitutto il fascismo, per quanto riguarda, in generale, l'avvenire e lo sviluppo dell'umanità, e a parte ogni considerazione di politica attuale, non crede alla possibilità né all'utilità della pace perpetua. Respinge quindi il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta e una viltà - di fronte al sacrificio. Solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le energie umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla. Tutte le altre prove sono dei sostituti, che non pongono mai l'uomo di fronte a se stesso, nell'alternativa della vita e della morte. Una dottrina, quindi, che parta dal postulato pregiudiziale della pace, è estranea al fascismo cosi come estranee allo spirito del fascismo, anche se accettate per quel tanto di utilità che possano avere in determinate situazioni politiche, sono tutte le costruzioni internazionalistiche e societarie, le quali, come la storia dimostra, si possono disperdere al vento quando elementi sentimentali, ideali e pratici muovono a tempesta il cuore dei popoli. Questo spirito anti-pacifista, il fascismo lo trasporta anche nella vita degli individui. L'orgoglioso motto squadrista «me ne frego», scritto sulle bende di una ferita, è un atto di filosofia non soltanto stoica, è il sunto di una dottrina non soltanto politica: è l'educazione al combattimento, l'accettazione dei rischi che esso comporta; è un nuovo stile di vita italiano. Così il fascista accetta, ama la vita, ignora e ritiene vile il suicidio; comprende la vita come dovere, elevazione, conquista: la vita che deve essere alta e piena: vissuta per se, ma soprattutto per gli altri, vicini e lontani, presenti e futuri.

IV

La politica «demografica» del regime è la conseguenza di queste premesse. Anche il fascista ama infatti il suo prossimo, ma questo «prossimo» non è per lui un concetto vago e inafferrabile: l'amore per il prossimo non impedisce le necessarie educatrici severità, e ancora meno le differenziazioni e le distanze. Il fascismo respinge gli abbracciamenti universali e, pur vivendo nella comunità dei popoli civili, li guarda vigilante e diffidente negli occhi, li segue nei loro stati d'animo e nella trasformazione dei loro interessi né si lascia ingannare da apparenze mutevoli e fallaci.

V

Una siffatta concezione della vita porta il fascismo a essere la negazione recisa di quella dottrina che costituì la base del socialismo cosiddetto scientifico o marxiano: la dottrina del materialismo storico secondo il quale la storia delle civiltà umane si spiegherebbe soltanto con la lotta d'interessi fra i diversi gruppi sociali e col cambiamento dei mezzi e strumenti di produzione. Che le vicende dell'economia - scoperte di materie prime, nuovi metodi di lavoro, invenzioni scientifiche - abbiano una loro importanza, nessuno nega; ma che esse bastino a spiegare la storia umana escludendone tutti gli altri fattori, è assurdo: il fascismo crede ancora e sempre nella santità e nell'eroismo, cioè in atti nei quali nessun motivo economico - lontano o vicino - agisce. Negato il materialismo storico, per cui gli uomini non sarebbero che comparse della storia, che appaiono e scompaiono alla superficie dei flutti, mentre nel profondo si agitano e lavorano le vere forze direttrici, è negata anche la lotta di classe, immutabile e irreparabile, che di questa concezione economicistica della storia è la naturale figliazione, e soprattutto è negato che la lotta di classe sia l'agente preponderante delle trasformazioni sociali. Colpito il socialismo in questi due capisaldi della sua dottrina, di esso non resta allora che l'aspirazione sentimentale - antica come l'umanità - a una convivenza sociale nella quale siano alleviate le sofferenze e i dolori della più umile gente. Ma qui il fascismo respinge il concetto di «felicità» economica, che si realizzerebbe socialisticamente e quasi automaticamente a un dato momento dell'evoluzione dell'economia, con l'assicurare a tutti il massimo di benessere. Il fascismo nega il concetto materialistico di «felicità» come possibile e lo abbandona agli economisti della prima metà del `700; nega cioè l'equazione benessere=felicità che convertirebbe gli uomini in animali di una cosa sola pensosi: quella di essere pasciuti e ingrassati, ridotti, quindi, alla pura e semplice vita vegetativa.

VI

Dopo il socialismo, il fascismo batte in breccia tutto il complesso delle ideologie democratiche e le respinge, sia nelle loro premesse teoriche, sia nelle loro applicazioni o strumentazioni pratiche. Il fascismo nega che il numero, per il semplice fatto di essere numero, possa dirigere le società umane; nega che questo numero possa governare attraverso una consultazione periodica; afferma la disuguaglianza irrimediabile e feconda e benefica degli uomini che non si possono livellare attraverso un fatto meccanico ed estrinseco com'è il suffragio universale. Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze talora irresponsabili e segrete. La democrazia è un regime senza re, ma con moltissimi re talora più esclusivi, tirannici e rovinosi che un solo re che sia tiranno. Questo spiega perché il fascismo, pur avendo prima del 1922 - per ragioni di contingenza - assunto un atteggiamento di tendenzialità repubblicana, vi rinunciò prima della marcia su Roma, convinto che la questione delle forme politiche di uno Stato non è, oggi, preminente e che studiando nel campionario delle monarchie passate e presenti, delle repubbliche passate e presenti, risulta che monarchia e repubblica non sono da giudicare sotto la specie dell'eternità, ma rappresentano forme nelle quali si estrinseca l'evoluzione politica, la storia, la tradizione, la psicologia di un determinato paese. Ora il fascismo supera l'antitesi monarchia-repubblica sulla quale si attardò il democraticismo, caricando la prima di tutte le insufficienze, e apologizzando l'ultima come regime di perfezione. Ora s'è visto che ci sono repubbliche intimamente reazionarie o assolutistiche, e monarchie che accolgono le più ardite esperienze politiche e sociali.

VII

«La ragione, la scienza - diceva Renan, che ebbe delle illuminazioni prefasciste, in una delle sue Meditazioni filosofiche - sono dei prodotti dell'umanità, ma volere la ragione direttamente per il popolo e attraverso il popolo è una chimera. Non è necessario per l'esistenza della ragione che tutto il mondo la conosca. In ogni caso se tale iniziazione dovesse farsi non si farebbe attraverso la bassa democrazia, che sembra dover condurre all'estinzione di ogni cultura difficile, e di ogni più alta disciplina. Il principio che la società esiste solo per il benessere e la libertà degli individui che la compongono non sembra essere conforme ai piani della natura, piani nei quali la specie sola è presa in considerazione e l'individuo sembra sacrificato. E' da fortemente temere che l'ultima parola della democrazia così intesa (mi affretto a dire che si può intendere anche diversamente) non sia uno stato sociale nel quale una massa degenerata non avrebbe altra preoccupazione che godere i piaceri ignobili dell'uomo volgare». Fin qui Renan. Il fascismo respinge nella democrazia l'assurda menzogna convenzionale dell'egualitarismo politico e l'abito dell'irresponsabilità collettiva e il mito della felicità e del progresso indefinito. Ma, se la democrazia può essere diversamente intesa, cioè se democrazia significa non respingere il popolo ai margini dello Stato, il fascismo poté da chi scrive essere definito una «democrazia organizzata, centralizzata, autoritaria».

VIII

Di fronte alle dottrine liberali, il fascismo e in atteggiamento di assoluta opposizione, e nel campo della politica e in quello dell'economia. Non bisogna esagerare - a scopi semplicemente di polemica attuale - l'importanza del liberalismo nel secolo scorso, e fare di quella che fu una delle numerose dottrine sbocciate in quel secolo, una religione dell'umanità per tutti i tempi presenti e futuri. Il liberalismo non fiorì che per un quindicennio. Nacque nel 1830 come reazione alla Santa Alleanza che voleva respingere l'Europa al pre-'89, ed ebbe il suo anno di splendore nel 1848 quando anche Pio IX fu liberale. Subito dopo cominciò la decadenza. Se il `48 fu un anno di luce e di poesia, il `49 fu un anno di tenebre e di tragedia. La repubblica di Roma fu uccisa da un'altra repubblica, quella di Francia. Nello stesso anno, Marx lanciava il vangelo della religione del socialismo, col famoso Manifesto dei comunisti. Nel 1851 Napoleone III fa il suo illiberale colpo di Stato e regna sulla Francia fino al 1870, quando fu rovesciato da un moto di popolo, ma in seguito a una disfatta militare fra le più grandi che conti la storia. Il vittorioso è Bismarck, il quale non seppe mai dove stesse di casa la religione della libertà e di quali profeti si servisse. E' sintomatico che un popolo di alta civiltà, come il popolo tedesco, abbia ignorato in pieno, per tutto il sec. XIX, la religione della libertà. Non c'è che una parentesi. Rappresentata da quello che è stato chiamato il «ridicolo parlamento di Francoforte», che durò una stagione. La Germania ha raggiunto la sua unità nazionale al di fuori del liberalismo, contro il liberalismo, dottrina che sembra estranea all'anima tedesca, anima essenzialmente monarchica, mentre il liberalismo è l'anticamera storica e logica dell'anarchia. Le tappe dell'unità tedesca sono le tre guerre del `64, `66, `70, guidate da «liberali» come Moltke e Bismarck. Quanto all'unità italiana, il liberalismo vi ha avuto una parte assolutamente inferiore all'apporto dato da Mazzini e da Garibaldi che liberali non furono. Senza l'intervento dell'illiberale Napoleone, non avremmo avuto la Lombardia, e senza l'aiuto dell'illiberale Bismarck a Sadowa e a Sedan, molto probabilmente non avremmo avuto, nel `66, la Venezia; e nel 1870 non saremmo entrati a Roma. Dal 1870 al 1915, corre il periodo nel quale gli stessi sacerdoti del nuovo credo accusano il crepuscolo della loro religione: battuta in breccia dal decadentismo nella letteratura, dall'attivismo nella pratica. Attivismo: cioè nazionalismo, futurismo, fascismo. Il secolo «liberale» dopo aver accumulato un'infinità di nodi gordiani, cerca di scioglierli con l'ecatombe della guerra mondiale. Mai nessuna religione impose così immane sacrificio. Gli dei del liberalismo avevano sete di sangue? Ora il liberalismo sta per chiudere le porte dei suoi templi deserti perché i popoli sentono che il suo agnosticismo nell'economia, il suo indifferentismo nella politica e nella morale condurrebbe, come ha condotto, a sicura rovina gli Stati. Si spiega con ciò che tutte le esperienze politiche del mondo contemporaneo sono antiliberali ed è supremamente ridicolo volerle perciò classificare fuori della storia; come se la storia fosse una bandita di caccia riservata al liberalismo e ai suoi professori, come se il liberalismo fosse la parola definitiva e non più superabile della civiltà.

IX

Le negazioni fasciste del socialismo, della democrazia, del liberalismo, non devono tuttavia far credere che il fascismo voglia respingere il mondo a quello che esso era prima di quel 1789, che viene indicato come l'anno di apertura del secolo demo-liberale. Non si torna indietro. La dottrina fascista non ha eletto a suo profeta De Maistre. L'assolutismo monarchico fu, e così pure ogni ecclesiolatria. Cosi «furono» i privilegi feudali e la divisione in caste impenetrabili e non comunicabili fra di loro. Il concetto di autorità fascista non ha niente a che vedere con lo stato di polizia. Un partito che governa totalitariamente una nazione, è un fatto nuovo nella storia. Non sono possibili riferimenti e confronti. Il fascismo dalle macerie delle dottrine liberali, socialistiche, democratiche, trae quegli elementi che hanno ancora un valore di vita. Mantiene quelli che si potrebbero dire i fatti acquisiti della storia, respinge tutto il resto, cioè il concetto di una dottrina buona per tutti i tempi e per tutti i popoli. Ammesso che il sec. XIX sia stato il secolo del socialismo, del liberalismo, della democrazia, non è detto che anche il sec. XX debba essere il secolo del socialismo, del liberalismo, della democrazia. Le dottrine politiche passano, i popoli restano. Si può pensare che questo sia il secolo dell'autorità, un secolo di «destra», un secolo fascista; se il XIX fu il secolo dell'individuo (liberalismo significa individualismo), si può pensare che questo sia il secolo «collettivo» e quindi il secolo dello Stato. Che una nuova dottrina possa utilizzare gli elementi ancora vitali di altre dottrine è perfettamente logico. Nessuna dottrina nacque tutta nuova, lucente, mai vista. Nessuna dottrina può vantare una «originalità» assoluta. Essa è legata, non fosse che storicamente, alle altre dottrine che furono, alle altre dottrine che saranno. Così il socialismo scientifico di Marx è legato al socialismo utopistico dei Fourier, degli Owen, dei Saint-Simon; cosi il liberalismo dell'800 si riattacca a tutto il movimento illuministico del `700. Così le dottrine democratiche sono legate all'Enciclopedia. Ogni dottrina tende a indirizzare l'attività degli uomini verso un determinato obiettivo; ma l'attività degli uomini reagisce sulla dottrina, la trasforma, l'adatta alle nuove necessità o la supera. La dottrina, quindi dev'essere essa stessa non un'esercitazione di parole, ma un atto di vita. In ciò le venature pragmatistiche del fascismo, la sua volontà di potenza, il suo volere essere, la sua posizione di fronte al fatto «violenza» e al suo valore.

X

Caposaldo della dottrina fascista è la concezione dello Stato, della sua essenza, dei suoi compiti, delle sue finalità. Per il fascismo lo Stato è un assoluto, davanti al quale individui e gruppi sono il relativo. Individui e gruppi sono «pensabili» in quanto siano nello Stato. Lo Stato liberale non dirige il giuoco e lo sviluppo materiale e spirituale delle collettività, ma si limita a registrare i risultati; lo Stato fascista ha una sua consapevolezza, una sua volontà, per questo si chiama uno Stato «etico». Nel 1929 alla prima assemblea quinquennale del regime io dicevo: «Per il fascismo lo Stato non è il guardiano notturno che si occupa soltanto della sicurezza personale dei cittadini; non è nemmeno una organizzazione a fini puramente materiali, come quello di garantire un certo benessere e una relativa pacifica convivenza sociale, nel qual caso a realizzarlo basterebbe un consiglio di amministrazione; non è nemmeno una creazione di politica pura, senza aderenze con la realtà materiale e complessa della vita dei singoli e di quella dei popoli. Lo Stato così come il fascismo lo concepisce e attua è un fatto spirituale e morale, poiché concreta l'organizzazione politica, giuridica, economica della nazione, e tale organizzazione è, nel suo sorgere e nel suo sviluppo, una manifestazione dello spirito. Lo Stato è garante della sicurezza interna ed esterna, ma è anche il custode e il trasmettitore dello spirito del popolo così come fu nei secoli elaborato nella lingua, nel costume, nella fede. Lo Stato non è soltanto presente, ma è anche passato e soprattutto futuro. E' lo Stato che trascendendo il limite breve delle vite individuali rappresenta la coscienza immanente della nazione. Le forme in cui gli Stati si esprimono, mutano, ma la necessità rimane. E' lo Stato che educa i cittadini alla virtù civile, li rende consapevoli della loro missione, li sollecita all'unità; armonizza i loro interessi nella giustizia; tramanda le conquiste del pensiero nelle scienze, nelle arti, nel diritto, nell'umana solidarietà; porta gli uomini dalla vita elementare della tribù alla più alta espressione umana di potenza che è l'impero; affida ai secoli i nomi di coloro che morirono per la sua integrità o per obbedire alle sue leggi; addita come esempio e raccomanda alle generazioni che verranno, i capitani che lo accrebbero di territorio e i genii che lo illuminarono di gloria. Quando declina il senso dello Stato e prevalgono le tendenze dissociatrici e centrifughe degli individui o dei gruppi, le società nazionali volgono al tramonto».

XI

Dal 1929 a oggi, l'evoluzione economica politica universale ha ancora rafforzato queste posizioni dottrinali. Chi giganteggia è lo Stato. Chi può risolvere le drammatiche contraddizioni del capitalismo è lo Stato. Quella che si chiama crisi, non si può risolvere se non dallo Stato, entro lo Stato. Dove sono le ombre dei Jules Simon, che agli albori del liberalismo proclamavano che «lo Stato deve lavorare a rendersi inutile e a preparare le sue dimissioni»? Dei Mac Culloch, che nella seconda metà del secolo scorso affermavano che lo Stato deve astenersi dal troppo governare? E che cosa direbbe mai dinnanzi ai continui, sollecitati, inevitabili interventi dello Stato nelle vicende economiche, l'inglese Bentham, secondo il quale l'industria avrebbe dovuto chiedere allo Stato soltanto di essere lasciata in pace, o il tedesco Humboldt, secondo il quale lo Stato «ozioso» doveva essere considerato il migliore? Vero è che la seconda ondata degli economisti liberali fa meno estremista della prima e già lo stesso Smith apriva - sia pure cautamente - la porta agli interventi dello Stato nell'economia. Se chi dice liberalismo dice individuo, chi dice fascismo dice Stato. Ma lo Stato fascista è unico ed è una creazione originale. Non è reazionario, ma rivoluzionario, in quanto anticipa le soluzioni di determinati problemi universali quali sono posti altrove nel campo politico dal frazionamento dei partiti, dal prepotere del parlamentarismo, dall'irresponsabilità delle assemblee, nel campo economico dalle funzioni sindacali sempre più numerose e potenti sia nel settore operaio come in quello industriale, dai loro conflitti e dalle loro intese; nel campo morale dalla necessità dell'ordine, della disciplina, dell'obbedienza a quelli che sono i dettami morali della patria. Il fascismo vuole lo Stato forte, organico e al tempo stesso poggiato su una larga base popolare. Lo Stato fascista ha rivendicato a sé anche il campo dell'economia e, attraverso le istituzioni corporative, sociali, educative da lui create, il senso dello Stato arriva sino alle estreme propaggini, e nello Stato circolano, inquadrate nelle rispettive organizzazioni, tutte le forze politiche, economiche, spirituali della nazione. Uno Stato che poggia su milioni d'individui che lo riconoscono, lo sentono, sono pronti a servirlo, non è lo Stato tirannico del signore medievale. Non ha niente di comune con gli Stati assolutistici di prima o dopo l'89. L'individuo nello Stato fascista non è annullato, ma piuttosto moltiplicato, cosi come in un reggimento un soldato non è diminuito, ma moltiplicato per il numero dei suoi camerati. Lo Stato fascista organizza la nazione, ma lascia poi agli individui margini sufficienti; esso ha limitato le libertà inutili o nocive e ha conservato quelle essenziali. Chi giudica su questo terreno non può essere l'individuo, ma soltanto lo Stato.

XII

Lo Stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare religione positiva che è il cattolicismo italiano. Lo Stato non ha una teologia, ma ha una morale. Nello Stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo Stato fascista non crea un suo «Dio» così come volle fare a un certo momento, nei deliri estremi della Convenzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo; il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio cosi come visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo.

XIII

Lo Stato fascista è una volontà di potenza e d'imperio. La tradizione romana è qui un'idea di forza. Nella dottrina del fascismo l'impero non è soltanto un'espressione territoriale o militare o mercantile, ma spirituale o morale. Si può pensare a un impero, cioè a una nazione che direttamente o indirettamente guida altre nazioni, senza bisogno di conquistare un solo chilometro quadrato di territorio. Per il fascismo la tendenza all'impero, cioè all'espansione delle nazioni, è una manifestazione di vitalità; il suo contrario, o il piede di casa, è un segno di decadenza: popoli che sorgono o risorgono sono imperialisti, popoli che muoiono sono rinunciatari. Il fascismo è la dottrina più adeguata a rappresentare le tendenze, gli stati d'animo di un popolo come l'italiano che risorge dopo molti secoli di abbandono o di servitù straniera. Ma l'impero chiede disciplina coordinazione degli sforzi, dovere e sacrificio; questo spiega molti aspetti dell'azione pratica del regime e l'indirizzo di molte forze dello Stato e la severità necessaria contro coloro che vorrebbero opporsi a questo moto spontaneo e fatale dell'Italia nel secolo XX, e opporsi agitando le ideologie superate del secolo XIX, ripudiate dovunque si siano osati grandi esperimenti di trasformazioni politiche e sociali: non mai come in questo momento i popoli hanno avuto sete di autorità, di direttive, di ordine. Se ogni secolo ha una sua dottrina, da mille indizi appare che quella del secolo attuale è il fascismo. Che sia una dottrina di vita, lo mostra il fatto che ha suscitato una fede: che la fede abbia conquistato le anime, lo dimostra il fatto che il fascismo ha avuto i suoi caduti e i suoi martiri. Il fascismo ha oramai nel mondo l'universalità di tutte le dottrine che, realizzandosi, rappresentano un momento nella storia dello spirito umano.

Benito Mussolini

>su

LE OPERE

ACQUA: per tutta la vita cercò acqua potabile e creò acquedotti, i più famosi Pugliese e Peschiera

AGRICOLTURA: la sua prima occupazione che continuò per tutta la vita fu l'agricoltura

AEREONAUTICA: la trovò quasi inesistente e la portò tra le migliori d'Europa

ALBERI: istituì la Forestale

AMMINISTRAZIONE: non sapeva amministrare i suoi soldi ma per quelli dello Stato fu modello

ANALFABETISMO: eravamo i primi in Europa,siamo diventati ultimi nell'Analfabetismo

ARCHIVI: dal 1923 istituì gli Archivi Statali

ARTIGIANATO: dopo la cura dell'agricoltura ci fu per il Duce quella dell'artigianato

ASFALTO: centuplicò le strade, fu il primo ad utilizzare l'asfalto

ASSEMBLEA: amava le assemblee con gli stranieri, fondò la FAO

ASSISTENZA: creò l'opera per la Maternità e per l'infanzia per l'assistenza di tutti : piccoli e grandi.

ATLETICA: ci volle tutti atleti, iniziò con la ginnastica dall'asilo fino alla maturità

AUTARCHIA: siamo vissuti alcuni mesi in perfetta autarchia.I primi nel mondo

AUTOMOBILE: la volle per tutti. vedi : Balilla, Topolino

BIBLIOTECA: volle in tutti i paesi d' Italia la biblioteca a disposizione di tutti.

BONIFICHE: bonficò milioni di ettari di terreno, rendendoli da incolti ,fertilissimi

BRIGANTAGGIO: la Mafia e la Camorra furono completamente eliminate in Europa

CALCIO: fece del gioco del Calcio il gioco nazionale, l'Italia vinse due titoli mondiali.

CARBONE: fece scavare carbone in tutte le regioni d'Italia, Carbonia ne è la prova.

CASA: forse la preoccupazione più grande del Duce fu la casa per tutti, costruì le Case popolari.

CHIESE: costruì migliaia di chiese, solo nelle paludi Pontine ne costruì 126 (es. Aprilia )

CINEMA: amò il cinema, fece costruire CINECITTA'

CIRCEO: un borgo antico abbandonato fatto rinascere come Parco Nazionale.

COLONIALISMO: definito il più grande colonizzatore, perchè fece come Roma, volle le colonie.

CONSORZI: il Duce fondò i consorzi agrari al servizio degli agricoltori

CONTADINI: tra tutti i lavoratori amava i contadini, i più utili d'Italia.

COSTRUZIONI: per tutta la vita fece costruire case, palazzi, ministeri

DEMOCRAZIA: se tra tutti i politici c'è un Democratico è il Duce, seguiva il popolo.

DITTATURA: quella del Duce non fu dittatura ma democrazia popolare

DISCIPLINA: è vero, però, che il Duce voleva completa disciplina e guai se....

DIGHE: ne fece costruire molte per raccogliere le acque

DOPOSCUOLA: fondò i Doposcuola per completare la preparazione degli alunni

DESERTO: fece del deserto libico zona di altissima produzione agricola

DISOCCUPAZIONE: la maggior preoccupazione per il Duce fu sempre la disoccupazione

FINANZE: altro Corpo istituito dal Duce, prima non era militarizzato

ILLUMINAZIONE: al Duce piaceva la luce, illuminazione in città e paesi

INTERNAZIONALISMO: volle avere contatti con tutti gli Stati della Terra

LAGO DI NEMI: il Duce nel 1930-31 prosciugò il lago per riportare alla luce le navi romane

LIBERTA: parola fatidica per il Duce: libertà completa , controllata e civile.

LIRA: aumentò il valore della Lira

MONZA: questo circuito venne ideato da Mussolini

OSSERVATORI: i suoi capolavori : Trieste, Genova, Merate, Brera, Campo Imperatore

ENCICLOPEDIA: il Duce è l'autore della più grande e completa Enciclopedia del mondo.

ESPORTAZIONE: un altro punto fisso del Duce: esportare i nostri prodotti agro-industriali

ETIOPIA: è questo l'Impero coloniale sospirato dal Duce per il popolo

FERROVIE: moltiplicate dal Duce

FORO: il foro era per il Duce il centro dell' Impero

GELA: cambiò il nome ( era Terranuova ) e ne fece una moderna città italiana

GIORNALE: creò 7 giornali

GOVERNO: il vero governo fu il suo, rimasto al potere 20 anni.

GUARDIE: fondò la Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, la Guardia di tutti

PREVIDENZAA SOCIALE: in ogni città vi è il palazzo della Previdenza Sociale

PINO, PIOPPO, ABETE: piante predilette dal Duce che distribuiva in tutta Italia

RADIO: Mussolini amava la radio e il suo inventore aiutato da lui

REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA : fu un bene operato dal Duce per la salvezza della Patria

RISPARMIO: era scrupolosamente risparmiatore nelle spese dello Stato

RIVOLUZIONE: se rivoluzione vuol dire trasformazione, il Duce ha vinto

PANE: per avere il pane per tutti vinse la battaglia "del grano"

RICERCHE: fondò l'istituto delle Ricerche

RIFORMA: ha riformato tutto, scuola, politica, Parlamento, vita stessa

RIMBOSCHIMENTO: uno dei motivi della Forestale rimboscare tutto: monti, piani.

RINASCIMENTO: il fascismo vero moderno Rinascimento di tutto e di tutti.

TEMPO LIBERO: voleva che i giovani utilizzassero il tempo libero nella ginnastica.

TERME: il Duce amante dei romani li imitò in tutto e quindi anche nelle Terme

TREBBIATRICI: ne comprò molte ai contadini..

TRIBUNALE DEL POPOLO: volle istituire il Tribunale del popolo per la difesa di questo.

TUBERCOLOSI: era come la sifilide, inguaribile. Costruì il Forlanini per la sua cura

UNIVERSITA': ha costruito innumerevoli università, anche la Città Universitaria a Roma

URBANISTICA: la scienza che ha maggiormente eseguita, infatti, ecco le città

VACCINAZIONE: ordinò la vaccinazione di tutti i bambini anche i più piccoli

VELA: divenne sport al tempo del Duce come altri sport non esistenti allora

VIGILI DEL FUOCO: istituiti dal Duce

 

Le provincie che furono volute dal Duce:

PROVINCIE

Furono 72, ne fondò altre sedici: Agrigento, Enna, Latina, Frosinone, Massa, Matera, Pistoia, Ragusa, Rieti, Terni, Savona, Varese, La Spezia ecc..

CITTADINE E COMUNI COSTRUITI DAL DUCE IN 10 ANNI

Latina, Aprilia, Sabaudia, Pomezia, Guidonia, Ardea, Ostia Lido, Fregene, Palo, Ladispoli, Maccarese, S.Michele, Carbonia, mille e piu' borghi e sobborghi sparsi in tutta Italia, migliaia di case colonihe.

BORGHI OGGI VERE CITTADINE DELL'AGRO ROMANO

Faro di Torre, Cervia, S.Donato, Grappa, Torre di Fagnana, Lido di Latino, Isonzo, Foce Verde, Sabotino,Sirene, Marechiaro, Cincinnato, Gigli, Campoverde.

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Partecipanti più attivi

cosi tanta propaganda mischiata a fatti puramente inventati manco berkut con il nazismo le fece al suo tempo.

graziani avrà anche messo le pensioni (vero le introdusse lui) e bofinicato zone paludose ma il suo regime fu la vera tragedia italiana...

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* Democracy...is government by discussion.

 

-John Stuart Mill, On Liberty

 

* Democracy is a system ensuring that the people are governed no better than they deserve.

 

-George Bernard Shaw

 

* Democracy is the government of the people, by the people and for the people.

 

-Abraham Lincoln

 

* The strongest argument against democracy is a five minute discussion with the average voter.

 

-Sir Winston Churchill

 

* Democracy is the worst form of government, except all the others that have been tried.

 

-Sir Winston Churchill

 

* Democracy is the best revenge.

 

-Benazir Bhutto

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Lev... la tragedia per l'italia è stata lo stato pontificio ed i savoia. stop.

infatti la guerra voluta da Mussolini e la cancellazione della Democrazia è stato un toccasana per l'Italia ma per favore...Certo che anche i Savoia non aiutarono ma non capisco che tragedia abbia causato lo stato pontificio...

Modificato da dogfighter
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IO nel post ho semplicemente fatto vedere la storia del fascismo e la sua essenza, per far capire che FASCISMO non è LEGGI RAZZIALI o GUERRA perciò è sbagliato dire che il ventennio è stato un periodo tragico per l'Italia perchè non è vero.

Poi è chiaro ci sono state le leggi razziali, la guerra e la gente si è dimenticata di tutto quello che c'è stato prima!!

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Da uno che nell'avatar tiene Valerio Borghese, non mi aspetterei altro.

Basta con questo giustificare il duce, Hitler, Stalin, Mao, etc.!!!

Centinaia di migliaia di morti italiani per perdere una guerra!!! Basta questo per essere condannato senza appello dalla storia!

Poi l'avatar cambialo, Graziani. E se non lo fanno i moderatori vi invito io: avete rotto con decime mas varie, Valeri borghesi a pioggia e badiere e stemmi dei peggiori assassini della storia!

Tenete ben presente che sono simboli altamente offensivi per la gran parte delle persone!

 

Questo è un invito, sia ben chiaro. Ma mi romperebbe assai che il forum passasse per un ricettacolo di nostalgici.

 

Questo appello è rivolto a tutti!!!

Abbiate sensibilità e rispetto per chi ha sofferto a causa dei vostri idoli. Che vi esorto a tenere nel cassetto.

 

Scusate se non ho avuto peli sulla lingua, ma alla fine non ce l'ho fatta più!

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Graziani ma tu quanti anni hai??? 10??? Ma lo sai cos'è significato il fascismo per l'Italia??? certo Mussolini ha fatto delle riforme utili, ma sono state ampiamente cancellate dalle mostruosità commesse dal regime. Se vuoi te le racconto io e ti faccio capire che il ventennio è stato un periodo tragico per l'Italia e per l'italiano

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Io non sto giustificando nessuno, ho semplicemente riportato un post che parla della storia del fascismo che comunque non è stato assolutamente sanguinario, se vuoi vedere i regimi sanguinari vai in Russia e in Cina.

Io non cambio l'avatar se non me lo dicono i moderatori perciò respingo il tuo invito, piuttosto pensa che in Italia c'è ancora molta gente che sventola la bandiera con falce e martello simboli non del lavoro ma del sangue!!!

Io non sono un nostalgico infatti non sono della Fiamma Tricolore o tantomeno di Forzanuova, ma però sono uno che apprezza le tante cose buone fatte da Mussolini ma sono anche uno che riconosce i grandissimi errori commessi da quest'ultimo che hanno portato l'Italia nella tragedia della Seconda guerra mondiale!

Ti posso dire che anche parecchi partigiani sono stati degli assassini!!!

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Graziani, ti avrei detto le stesse cose anche se tu avessi esposto i baffoni di Stalin!

Quello che vi voglio dire io è considerare il fatto che certe ideologie e certi personaggi possono offendere la sensibilità di altre persone.

Un atteggiamento più neutro gioverebbe molto alla serenità del forum.

Per come la vedo io, un riferimento esplicito a una dittatura è più impudico di una pornostar in azione.

Poi sei libero di fare ciò che vuoi, ma:

 

1.2 - Discussioni politiche

Non sono consentiti/e :

-Insulti di alcun tipo rivolti a personaggi politici o pubblici. La critica deve essere sempre rispettosa delle idee altrui e sempre nei limiti del commento e non dell'insulto.

-Apologie di ideologie politiche, religiose, o qualsiasi enfatizzazione di superiorità di una razza, etnia, nazionalità, regione, ideologia o credo religioso.

-Sono da evitare atteggiamenti sarcastici e denigratori, in modo da rendere il clima delle discussioni il più sereno possibile.

-Propaganda politica: evitare di utilizzare il forum come mezzo per pubblicizzare un partito od un esponente politico. Valido anche per firme e avatar.

 

Se permetti, il Sig.Borghese e la sua Decima fanno parte del punto n°2.

 

Se vuoi esaltare Eroismo e Amor di Patria, ci sono tanti altri personaggi più meritevoli.

 

Poi, ripeto, fai come vuoi, ma aspettati le critiche.

 

 

In amicizia.

Python5.

Modificato da Python5
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Il fascismo è una concezione religiosa
Esso non crede possibile la «felicità» sulla terra

Ed è per questo che è sbagliato. Avere una concezione religiosa su qualcosa di terreno vuol dire rimanere ancorato alle proprie idee anche se sbagliate. E' esattamente lo stesso x marxismo e nazismo, con la differenza che questi ultimi 2 hanno anche elaborato la propria bibbia : il Manifesto e il Mein Kampf

 

fascismo nega che il numero, per il semplice fatto di essere numero, possa dirigere le società umane; nega che questo numero possa governare attraverso una consultazione periodica; afferma la disuguaglianza irrimediabile degli uomini che non si possono livellare attraverso un fatto meccanico ed estrinseco com'è il suffragio universale.

Non penso abbia bisogno di molti commenti. Naturalmente chi decide quale uomo è degno e quale è indegno chi è? Dio? Mussolini? Che poi nel fascismo sono la stessa cosa.

 

tutte le esperienze politiche del mondo contemporaneo sono antiliberali

Questo è molto divertente. Chiedilo a Franklin Delano Roosvelt. Chiedilo a Winston Churchill. Chiedilo a Gandhi.

 

Perciò il fascismo è contro tutte le astrazioni individualistiche

L'individualismo è ben più vecchio del XVII secolo. Esso è l'essenza stessa del Cristianesimo, unica religione che concede esplicitamente il libero arbitrio, la possibilità di scegliere data all'individuo se peccare o no, nel fatto che Dio ama ciascuno di noi. Non si deve confondere l'ama il tuo prossimo per una visione colletttivista. La solidarietà, grande assente nel fascismo, è data ad ognuno di noi e ognuno di noi puo darla.

 

Per il fascismo lo Stato è un assoluto, davanti al quale individui e gruppi sono il relativo

Completamente non solo sbagliato ma anche estremamente pericoloso. Chi vive, chi porta i figli a scuola, chi lavora, chi gioca, CHI E' non è lo stato ma sono i cittadini. Lo stato esiste per garantire sicurezza, certezza della legge, beni comuni e vantaggi economici. STOP

Sono state consumate in nome di questa aberrante visione le più orrende stragi che l'uomo abbia mai concepito.

 

Chi può risolvere le drammatiche contraddizioni del capitalismo è lo Stato.

Questo è vero, ma solo in parte: vale per alcuni strumenti come una tassazione progressiva o nel breve termine per proteggere i posti di lavoro di una industria in difficoltà. Alla lunga non modificare una economia non competitiva porta al collasso dell'intero sistema. Volete un esempio: l'Unione Sovietica.

Ma se lo stato interviene troppo pesantemente annulla la competizione, ed è proprio quella la base del successo del mondo occidentale. Gli unici campi in cui l'URSS era all'avanguardia erano quelli dove si aveva una competizione con gli USA.

Il principio che la società esiste solo per il benessere e la libertà degli individui che la compongono non sembra essere conforme ai piani della natura, piani nei quali la specie sola è presa in considerazione e l'individuo sembra sacrificato

Ragazzi sono i piani della natura, beh dai allora bisogna chinare la testa... Ma fatemi il piacere giustificare una affermazione con "sono i piani della natura"

 

AUTARCHIA: siamo vissuti alcuni mesi in perfetta autarchia.I primi nel mondo

E credi che questo sia un bene?

Ti posso dimostrare matematicamente che a parità di risorse produrre e scambiare produce maggiore ricchezza.

 

TRIBUNALE DEL POPOLO: volle istituire il Tribunale del popolo per la difesa di questo.

LIBERTA: parola fatidica per il Duce: libertà completa , controllata e civile.

Senza parole.

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Python5: Non mi sembra che Graziani sia andato fuori dal regolamento nel punto che riporti tu, dato che ha soltanto riportato dati storici. Non mi risulta infatti che abbia insinuato nessun parere di superiorità o di esaltazione del sistema fascista.

Caso mai, doveva seguire questo punto del regolamento:

 

4. Argomenti critici

Prima di aprire una discussione il cui argomento è ai limiti del regolamento, si consiglia caldamente di interpellare privatamente il moderatore per consultarsi. Gli utenti che partecipano alle discussioni OT considerano questo regolamento letto ed approvato in ogni sua parte. Il regolamento del forum sarà sempre posto in rilievo nella prima pagina del forum Off Topic.

 

Il regolamento è suscettibile di modifiche e integrazioni, che verranno sempre notificate chiaramente sempre all'interno del forum così da darne la giusta visibilità a tutti gli utenti del forum.

 

Per esperienza, il buon senso di tutti, utenti e moderatori, ha sempre la meglio: cerchiamo tutti, indistintamente, di usarlo in modo tale che le norme di regolamento possano diventare sempre più parole e sempre meno legge applicata.

 

Ritengo hce se dovessimo censurare questo tema, altrettanto si dovrebbe fare con tematiche politiche, religiose e qualsiasi altro tema (vedi calcio) di tendenza personale. Non mi sembra giusto. Debattiamo l'argomento con tranquilità, come è stato fatto per tantissimi altri thread molto delicati.

Se l'amministratore o i miei colleghi moderatori penseranno diversamente, ne parleremo in MP e poi riporterò le decisioni. Per adesso, rimane un monito: attenzione a come porterete avanti questo thread....

 

Sono sempre pronto... :sm: :ban:

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@ dogfighter: lo stato pontificio è stata la PEGGIORE disgrazia per il popolo italiano perchè ha impedito la nascita di una monarchia nazionale che potesse servire da base alla formazione di uno stato nazionale, così come è accaduto in Francia o in Inghilterra. per far questo, si è serivita prima di Carlo Magno e compagni, poi aizzando i vari staterelli italiani gli uni contro gli altri o favorendone uno in particolare, secondo i suoi comodi. oggi, il vaticano ci tenta ancora aprendo bocca su cose che non gli riguardano minimamente e cercando di far cadere l'Italia in una teocrazia... e devo dire che ci riesce molto spesso.

 

i savoia sono stati una disgrazia perchè sono stati incapaci di regnare decentemente (per mancanza di visione nazionale, d'altronde erano una piccola casata), anche se erano i meno peggio (almeno erano mezzi italiani), sotto alcuni aspetti, dei vari reali presenti sul patrio suolo.

 

 

per quanto riguarda la questione della guevva... qua molti non riescono a inquadrare nella giusta cornice storica questo accadimento! nel maggio del 1940, nessuno avrebbe mai pensato che la Germania avesse perso, era quindi machiavellicamente giusto ed ineccepibile entrare in guerra, fare un pò di fanfara e sedersi al tavolo dei vincitori per ottenere terre, denari e potere in un lasso di tempo che si riteneva molto piccolo. inoltre, c'era anche la sensazione che noi saremmo stati i prossimi se non avessimo mostrato i muscoli all'alleato germanico. che poi la scelta si sia rilevata errata non ci sono dubbi, ma non perchè ci siamo alleati con i "cattivoni", ma perchè noi la guevva la abbiamo persa miseramente... abbiamo anche tentato di giocare per la seconda volta la carta dei doppio giochisti, ma sta volta ci è andata male.

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Graziani abbi pazienza, come fai ad affermare certe cose!

Stà bene che abbia migliorato sotto tanti aspetti l'industri, ferrovie e abbiano fatto notevoli opere di bonifica ma abolizione dei sindacati, del diritto di espressione(leggi censura) nonche introdotto leggi raziali e alleanze sbagliate dovrebbero assere più che sufficienti a far dire che il ventennio non sia stato un bene per l'Italia.

Nel periodo Fascista le Camice Nere non è che siano state un esempio di rettitudine morale!

 

 

Ma forse non sono la persona più indicata per dirtelo dal momento che oramai sono bollato come un Mangiabambini!!! :P

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Io mi riferisco principalmente alla continua ostentazione, in avatar e firme varie, di personaggi, simboli e riferimenti a ideologie MOOOLTO discutibili.

 

Poi è vero: ai tempi del Duce i treni erano in orario, peccato che ne passassero tre al giorno :rotfl:

 

L'apologia di fascismo forse non è neanche più reato, ma a me fa incazzare comunque molto.

E i soliti post "Si-vabbè-il-duce-ha-perso-la-guerra-ma-ha-fatto-le-strade", vanno in quel senso lì. Non prendiamoci per i fondelli, OK?

Questa non è neanche discussione storica...

Potrei accettarla tranquillamente se l'avesse postata uno che come avatar ha un vaso di fiori, una mucca, Einaudi, un carburatore o una testata nucleare. Però non da Junio Valerio Borghese!

 

Spero sia chiaro il senso del mio discorso, che non ha intenti censori, ma vuol riportare gli utenti verso un'accettabile senso del decoro.

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Se ti riferisci anche al mio avatar è solo lo stemma dei Belkani in Ace Combat! ;)

Comunque, questo froum è ottimo, ma non per discussioni di questo tipo, quindi io credo che per evitare flame sia meglio chiudere.

 

Sai quanti ne ho tirati giu!!!! :rotfl::rotfl::rotfl::rotfl::rotfl::rotfl:

Con questo eh!

 

ace6_image14.jpg

 

Un po' ferro da stiro ma divertente da usare.............

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Cito da wikipedia:

Mussolini, ben consapevole dell'impreparazione delle Forze Armate Italiane (...) Perdipiù, sapeva che l'Esercito necessitava di almeno tre anni di preparazione dopo i conflitti di Etiopia e di Spagna (...) Il Regio Esercito, forte di 75 divisioni, era tutt'altro che armato a dovere. L'artiglieria risaliva al Primo Conflitto Mondiale, i carri armati erano leggeri con una corazza e un armamento inadeguato. Mancavano gli automezzi,le mitragliatrici erano insufficienti e le divise erano di pessima qualità. (...) Ma questi armamenti erano numericamente insufficienti o non furono distribuiti o quasi. (...)

Le informazioni sono state riprese dal sito ufficiale dell'Esercito Italiano http://www.esercito.difesa.it

 

Caro Vorthex nelle condizioni in cui l'Italia era nel 1940 è stato pazzo e irresponsabile entrare in guerra contro Francia, Gran Bretagna e (era ovvio che prima o poi sarebbe successo) Stati Uniti per un paese come l'Italia. Mussolini ha scommesso sulla pelle del paese col bellissimo risultato che tutti sappiamo. La più grande sventura che sia mai capitata al paese dalle invasioni dei barbari.

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e qua ti sbagli... nel maggio del 1940 si pensava che la guerra sarebbe durata pochissimi mesi e che di conseugenza la nostra impreparazione non sarebbe emersa, come è poi tristemente accaduto. fu un azzardo, questo sicuramente, ma i risultati, in caso di vittoria, erano troppo ghiotti per non tentare. purtoppo (o per fortuna) ci è andata male.

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il fascismo è stata una tragedia e la cosa più brutta e che si fa di tutto per riabilitare unr egime sanguinario e completamente inefficiente

Se il fascismo fosse stato un regime sanguinario, come dici tu, fidati che non ci sarebbe stato un 8 settembre...

Graziani ha riportato solamente dati storici, che in MOLTI libri di storia non vengono menzionati ( e qui si potrebbe parlare anche di foibe...ma lasciamo stare...).

Penso sia importante conoscere e capire quello che è stato e che rappresentò il fascismo per il nostro paese,perchè fà parte della nostra storia.

Ogni anno mi reco a Predappio, a visitare la tomba del Duce, e ogni anno devo fare la fila per entrare e non sono tutti ex figli della lupa, repubblichini o nostalgici, ma persone di comuni...Segno questo che il fascismo ha lasciato un ricodo indelebile sulla nostra società, sia esso negativo che positivo

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