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1926 – Coppa Schneider


Dave97

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Si sono celebrati quest’anno i settant’anni di una delle più belle pagine della storia dell'aviazione italiana.

A Norfolk sono le 14.20 del 13 novembre 1926.

Alla partenza dell' edizione della Coppa (o Trofeo) Schneider di quell' anno sono schierati sei idrocorsa, tre italiani e tre americani, che si contendono la vittoria finale.

L'ordine di partenza dei "racer" è il seguente (tra parentesi il numero di gara dipinto sulla fusoliera di ciascun velivolo):

(1) tenente Bacula su Macchi M.39 (M.M.74);

(2) tenente Tomlison su Curtiss R3C-3;

(3) capitano Ferrarin su Macchi M.39 (M.M.75);

(4) tenente Cuddihy su Curtiss R3C-4;

(5) maggiore De Bernardi su Macchi M.39 (M.M.76);

(6) tenente Schilt su Curtiss R3C-2.

Grande è l'attesa da parte del numeroso pubblico, stimato in circa 30.000 persone, accorso per assistere a questa gara che potrebbe assegnare definitivamente agli Stati Uniti l'ambita coppa Schneider avendo già vinto le ultime due edizioni disputate a Cowens (1923) e Baltimora (1925).

Grandi assenti a questa competizione i britannici e i francesi che non sono riusciti, per varie ragioni, a presentare al via velivoli competitivi.

A Norfolk manca soprattutto lo splendido idrocorsa inglese Supermarine S.4, progettato da Reginald Mitchell, ma non ancora perfettamente a punto.

Gli idrocorsa americani sono del tipo biplano costruiti dalla ditta Curtiss (velivoli di ridotte dimensioni ma spinti da motori di grande potenza), mentre quelli italiani sono dei Macchi M.39 meritevoli di una attenzione particolare.

Dopo la partecipazione all'edizione del 1925, dove il miglior velivolo italiano (Macchi M.33) è giunto terzo ma con una velocità media di ben 100 chilometri orari al di sotto di quella del vincitore (l'americano Doolittle su Curtiss R3C-2), sono poche le speranze di poter partecipare e ottenere un buon risultato alla corsa che deve svolgersi negli Stati Uniti l'anno successivo.

Nel febbraio del 1926, il Ministero dell' Aeronautica richiede alla ditta Macchi di Varese lo studio per un idrocorsa che deve installare il motore sviluppato dalla Fiat (siglato A.S.2), che eroga 800 HP di potenza.

Questo propulsore, il cui peso "a secco" è di 388 chilogrammi, è un dodici cilindri a "V" a 60° con basamento in alluminio, raffreddato ad acqua, una cilindrata di 31,34 litri, tre carburatori e un rapporto di compressione di 6.

Gli 800 HP di potenza li eroga a un regime massimo di 2.300 giri con un consumo specifico di 230 gr/HP/h.

Il direttore tecnico della Macchi, l'ing. Mario Castoldi, si mette subito al lavoro elaborando un progetto siglato M.39 nel quale introduce alcune soluzioni tecniche già sperimentate dai colleghi americani e inglesi sui loro idrocorsa.

Da sottolineare infatti l'installazione di radiatori alari a bassa resistenza, l'impiego di nodi in fu soliera ottenuti da blocchi di duralluminio ed eliche ricavate da forgiati sempre ricavati da quest'ultimo materiale (si tratta della prima lavorazione assoluta effettuata in Italia).

«L 'M.39 è un monoplano a fusoliera ad ala abbassata e controventata con tiranti profilati e galleggianti doppi», così descrive tecnicamente l'ing. Castoldi la sua realizzazione.

Il progetto è stilato in pochi mesi e viene approvato dalle autorità militari che commissionano alla Macchi la costruzione di cinque idrocorsa a cui vengono assegnate le matricole militari (M.M.) 72, 73, 74, 75 e 76.

I primi due, le M.M. 72 e 73, sono destinati all'allenamento dei piloti che inizia a partire dal luglio 1926 ma, come si legge nella testimonianza di Mario De Bernardi riportata nel libro di Alberto Jacopini, non mancano i grattacapi per piloti e tecnici della Macchi e della Fiat.

Si legge infatti:

«Durante i collaudi dei due primi M.39 scuola, con motore da 600 HP (questi installano un motore Fiat A.22 ), a superficie portante più grande, si verificarono già gran deficienze; il tempo stringeva, mancava appena un mese alla partenza >> riferii la situazione esatta al comandante del Genio Aeronautico che mi comprese e senza indugio si recò presso la ditta Macchi per autorizzarla a farmi fare le prove necessarie alla sollecita messa a punto dei velivoli definiti da corsa.

Fu portata infatti una prima modifica con lo spostamento del redan sugli scafi.

Due giorni dopo ,esattamente il 30 agosto pilotato dal collaudatore della ditta

Romeo Sartori, il velivolo compiva il primo volo.

Intravidi subito la possibilità di ottenere un ottimo rendimento, e insieme all'ing. Castoldi, che di questa bella macchina era stato l'ideatore, apportai altre modifiche.

L'aereo migliorò notevolmente.

In una prima prova di velocità raggiunsi i 412 chilometri orari malgrado che il motore desse continui ritorni di fiamma eliminati tarando l'affluenza dell'aria al carburatore.

La cosa naturalmente non fu così semplice a farsi come appare dicendo, occorsero esperienze, prove e riprove».

I piloti prescelti a condurre gli M.39 per difendere i colori italiani sono, oltre a Mario De Bernardi, Arturo Ferrarin (che ha sostituito Vittorio Centurione deceduto nelle acque del lago di Varese mentre provava un M.39 da scuola), Adriano Bacula e Guascone Guasconi (quest'ultimo funge da pilota di riserva).

Gli allenamenti si svolgono all'idroscalo della Schiranna sul lago di Varese con idrovolanti tipo Macchi M.18, M.33 e M.39 fino a settembre quando è prevista la partenza per gli Stati Uniti.

Sul transatlantico "Conte Rosso" si imbarcano il personale e il materiale del team italiano che giunge a New York il 23 ottobre proseguendo poi, in treno, per Norfolk.

Nella base navale americana che ha sede in questa località viene messo a disposizione della squadra italiana un hangar per eseguire il rimontaggio degli idrocorsa che si svolge rapidamente, sotto la direzione dell' ing. Castoldi, grazie all'abilità dei tecnici della Macchi e della Fiat quali l'ing. Ferretti, il capo motorista Benedetto, i sigg. Damonte, Vigiglio, Pedetti e Cerutti.

Il 31 ottobre e il primo novembre è provato a terra l'M.39 del ten. Bacula, velivolo destinato all'allenamento dei piloti italiani.

Il 3 novembre De Bernardi decolla con questo idrocorsa, ma dopo pochi minuti di volo il motore ha un ritorno di fiamma

L'incendio sviluppatosi è spento dallo stesso De Bernardi, che ammara prontamente, aiutandosi poi con il suo giubbotto di cuoio e con un estintore portato da un idrovolante della marina americana accorso in aiuto.

L'A.S. 2 continua però a manifestare problemi tanto che le operazioni di messa a punto si susseguono incessantemente nei giorni successivi.

Il 9 novembre è la volta del cap. Ferrarin che decolla con il suo M.39 ma, causa un violento temporale, è costretto ad ammarare mostrando tutta la sua abilità e destando viva ammirazione tra i presenti, tanto che la stampa locale elogia il "Moro" affermando che: «Dopo una simile prova ai velivoli italiani potrebbero essere risparmiate le prove di navigabilità;

ed ogni dubbio circa la straordinaria abilità dei piloti viene spezzato via di botto.

I piloti americani sanno ora di avere di fronte competitori coi quali bisogna fare i conti».

Queste prove di navigabilità si svolgono comunque l' 11 e il 12 novembre durante le quali l'M.39 del ten. Bacula si danneggia urtando contro un'imbarcazione, mentre l'idrocorsa di Ferrarin è costretto nuovamente a un ammaraggio d'emergenza per un guasto al motore. Purtroppo le tenebre calano rapidamente e l'M.39 rischia di essere speronato dai natanti e dai battelli in navigazione e, solo grazie a uno dei due apparecchi americani di soccorso che continua a volargli attorno, questo pericolo viene scongiurato.

Portato l'M.39 "in secca", Ferrarin attribuisce l'avaria occorsagli alla rottura di bielle del motore, diagnosi rivelatasi esatta, che rende necessaria la so¬stituzione dell'intero propulsore con l'altro di riserva.

Il tempo stringe, sono le ore 21.00, e l'indomani è l'ultimo giorno consentito per effettuare le prove.

Dopo un rapido incontro tra i componenti del team italiano si decide la sostituzione del motore anche se l'impresa è ritenuta molto difficile perché richiede una giornata intera di lavoro.

Le imprese incredibili spesso però avvengono, cosicché alle ore 14.00 del giorno dopo Ferrarin sale sull'M.39 con il nuovo propulsore per iniziare la messa a punto e le prove di navigabilità che si concludono alle ore 16.00.

Intanto anche il team americano ha avuto le sue disavventure con la morte di due dei suoi piloti prescelti per gareggiare a Norfolk, i tenenti Norton e Conant.

I loro idrocorsa iscritti sono

il Curtiss R3C-3 che monta un motore Packard 1A-1500 da 650 HP,

il Curtiss R3C-4 propulso da un Curtiss V1550 da 685 HP

il Curtiss R3C-2 propulso da un Curtiss V1400 da 600 HP.

Riserva è l'idrocaccia Curtiss tipo F6C-3 "Hawk" con un motore D-12A da 507 HP.

I primi tre apparecchi hanno galleggianti molto piccoli, che garantiscono un aumento della velocità ma presentano l'inconveniente di far uscire l'idrocorsa dall'acqua prima ancora che questo abbia acquistato una velocità sufficiente per sostenersi in aria; le estremità delle eliche possono quindi urtare contro le onde danneggiandosi.

Si preannuncia dunque una gara dal risultato molto incerto: entrambi i contendenti non conoscono esattamente le reali capacità dell'avversario e le prestazioni dei propri idrocorsa sono gelosamente tenute segrete. Il 13 novembre, giorno di gara fissato, l'ordine di partenza vede il ten. Bacula decollare per primo ma, per "ordine di scuderia", questi non deve forzare l'andatura per riuscire a concludere la competizione.

De Bernardi e Ferrarin devono invece subito forzare per condurre in testa la corsa.

Sul percorso vi sono poi il magg. Guglielmetti e il cap. Guasconi che hanno il compito di segnalare con i razzi luminosi la posizione degli M.39 rispetto a quella dei "racer" americani.

Tattica, questa, che permette ai piloti di conoscere in tempo reale l'evolversi della corsa e di adottare quindi la condotta di gara più opportuna.

Ferrarin poi, avendo a disposizione 15 minuti per poter decollare, attende che il ten. Cuddihy (che secondo il sorteggio deve partire dopo di lui) decolli con il suo Curtiss R3C-4 per poi impostare la corsa su questo pilota americano.

Al primo giro il pubblico si infiamma in quanto proprio Cuddihy stabilisce il momentaneo miglior tempo facendo segnare 232,427 miglia per ora (mph), entusiasmo che però subito si ridimensiona al passaggio del "Moro", che sfreccia a 234,631 mph subito migliorato dal compagno De Bernardi con 239, 443 mph.

Proprio De Bernardi così ricorda quei momenti della gara:

«Dai primi giri ebbi la sensazione che il velivolo procedeva regolarmente.

La velocità media aumentava a mano a mano, consumandosi la benzina, si alleggeriva l'apparecchio; ma questo aumento di velocità portò con sé un tale aumento di temperatura dell'olio da costringermi ad un lavoro continuo di regolazione della potenza motrice mediante calcolate riduzioni dei numeri di giri del motore».

La classifica dopo due dei sette giri totali vede in testa proprio De Bernardi, seguito da Ferrarin, Cuddihy e Bacula.

Purtroppo Ferrarin durante il terzo giro è costretto al ritiro per una "panne" al motore con grande disappunto sia del pilota italiano, che viene sportivamente applaudito dagli spettatori americani, sia dai tanti scommettitori che lo davano 3:1.

Al settimo giro il Curtiss R3C-4 di Cuddihy ammara anch'esso per problemi all'alimentazione del combustibile spianando quindi la via del successo all'M.39 di Mario De Bernardi che taglia il traguardo al primo posto alla velocità media di circa 246 mph, seguito dal ten. Schilt con 231,363, da Bacula con 218,006 e dal ten. Tomlison con 136,953.

Sempre dalla testimonianza di De Bernardi si conosce l'umore del pubblico americano nell'immediato post-corsa: «La folla che aveva assistito appassionatamente e seguito ogni fase della corsa, sembrava ora impazzita, e mi accolse con tali applausi che certamente non sarebbero stati meno clamorosi e spontanei se la vittoria avesse arriso ad un americano».

Il successo italiano genera un grande entusiasmo tanto che la stampa internazionale dedica pagine e articoli ai piloti e agli apparecchi italiani, mentre si succedono le visite di personalità militari e industriali che vogliono personalmente congratularsi con gli italiani.

Il presidente della Curtiss, mr. Keys, invia addirittura all'addetto aeronautico italiano il seguente messaggio:

«Il vostro è il risultato più importante ottenuto dalla guerra in poi. Aver fatto, in un solo anno, tanti aeroplani e motori c'è di che essere orgogliosi».

Il periodico Aviation poi, così esalta e giustifica questa vittoria:

«Il maggiore De Bernardi,vincitore del prezioso trofeo (la Coppa Schneider n.d.r ) a una velocità di ben 246,469 miglia, ha condotto una splendida gara, ma il suo successo è il risultato di concertati sforzi ed infaticabile energia dell'intero team italiano, dai meccanici in su; i quali vennero in questo paese con tre apparecchi quasi non provati, nuovi anche per essi come lo erano per noi quando per la prima volta mettemmo i nostri occhi sulle belle linee dei veloci Macchi-Fiat.

Considerazioni che ben riassumono la vittoria italiana a Norfolk grazie anche, è giusto sottolinearlo, al cavalleresco comportamento degli americani che più volte hanno aiutato e assistito il team italiano durante questa competizione fornendo la benzina per gli M.39, nell'attesa che quella ordinata giungesse dal Canada, e cedendo addirittura delle candele tipo B.C. montate sui motori dei loro idrocorsa per sostituire quelle Champion installate sui propulsori A.S.2, le cui prestazioni non erano delle più soddisfacenti.

Non si è ancora spento l'eco della gara del 13 novembre che, pochi giorni dopo (esattamente il 17), lo stesso De Bernardi ancora a Norfolk conquista il nuovo record del mondo di velocità raggiungendo con l'M.39 la velocità massima di 258,7 mph (416,618 km/h) e facendo registrare, in un passaggio sulla base cronometrata di tre chilometri, la punta massima di 272 mph (437,648 km/h).

Tornando in patria, il team italiano è accolto da manifestazioni di entusiasmo e ambiti riconoscimenti.

A Mario De Bernardi è consegnato il 10 Trofeo Harnon concesso dalla Lega Internazionale degli Aviatori.

Gli idrocorsa M.39 sono invece assegnati prima alla Schiranna per l'allenamento dei piloti, poi al Reparto Alta Velocità con sede all'idroscalo di Desenzano del Garda.

La vittoria italiana del 1926 rimane comunque scritta negli annali della storia aeronautica internazionale e uno dei cinque idrocorsa M.39 lo si può ancor ammirare nella sua livrea color rosso presso il Museo Storico dell' Aeronautica Militare di Vigna di Valle.

 

Rivista Aeronautica Novembre 1996

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  • 2 settimane dopo...

Da WiKi

 

La coppa Schneider era il famoso premio messo in palio dall'omonimo industriale francese a chiunque avesse vinto per tre volte consecutive una gara di velocità su circuito chiuso a bordo di un idrocorsa, un idrovolante da corsa. La gara doveva avere cadenza annuale e venne interrotta dal 1914 per riprendere nel 1919.

 

L'Italia aveva già vinto la terza e la quarta edizione con gli idro Savoia S.12 e Macchi M.7bis, mentre le tre edizioni successive se le aggiudicarono prima gli inglesi e poi gli statunitensi con il capitano James Doolittle ai comandi. Per l'edizione del 1926 l'Aeronautica decise per una partecipazione ufficiale e proprio per questo motivo furono chiamati il maggiore Mario De Bernardi, il tenente Adriano Bacula, il capitano Guascone Guasconi (come riserva) e venne richiamato in servizio il capitano Arturo Ferrarin. La macchina per la competizione era il Macchi M.39, un proiettile rosso con un delicato e potente motore FIAT 12 cilindri a V raffreddato a liquido. Venne approntato in appena otto mesi dall'ingegner Mario Castoldi.

 

Per il 1926 inglesi e francesi non ebbero tempo di preparare una macchina per la gara e gli italiani corsero solo contro gli statunitensi. Il 13 novembre a Norfolk vinse la prima prova De Bernardi, davanti al tenente C. F. Shilt su Curtiss R3C2 ed il tenente Adriano Bacula. Il 17 novembre De Bernardi stabilì anche il nuovo primato per di velocità: 416,6 km/h.

 

Nell'edizione del 1927 si corse a Venezia, questa volta contro gli inglesi. Gli italiani avevano preparato un nuovo motore, il FIAT AS.3 da 1 000 cavalli montato su di un Macchi M.52, più alleggerito e, se possibile, più affusolato del modello precedente. Gli inglesi prtarono i nuovi Supermarine S-5 con motori Napier "Lion" VII-A da oltre 900 cavalli e VII-B da 875 cavalli, oltre che i biplani Gloster IV. Il 26 settembre vinsero gli inglesi con il tenente Sidney Webster.

 

Ma il Macchi M.52 aveva molto da dire, infatti non era stato messo a punto per la gara ed il 17 novembre, appena due mesi più tardi, stabilì il nuovo primato mondiale di velocità con 479,27 km/h. L'apparecchio fu ulteriormente perfezionato ed il 30 marzo del 1928 arrivò a ben 512,776 km/h.

 

Nell'edizione del 1929 (le gare cominciarono a diventare biannuali) vinsero nuovamente gli inglesi, con il tenente Waghorn su Supermarine S-6, seguito dal maresciallo Tommaso Dal Molin su Macchi M.52R. Il 10 settembre inoltre, gli inglesi si riprendevano il primato mondiale di velocità con un Gloster VI con 514,21 km/h e poi il 12 settembre con 572,126 km/h.

 

Per l'edizione del 1931 gli italiani crearono un motore da 51 litri a 24 cilindri con compressore volumetrico, 96 valvole e 930 kg di peso, il FIAT AS.6 creato accoppiando due AS.5. Il motore aeronautico in linea più potente della storia: 3 000 cavalli. Il motore necessitava di un gigantesco banco per la messa a punto e veniva montato su di un idrocorsa Macchi M.C.72. Purtroppo l'apparecchio non fu pronto per l'edizione del 1931 e gli inglesi corsero da soli.

 

Il primo volo del Macchi M.C.72 venne eseguito il 22 giugno del 1931 a Desenzano con il pilota Giovanni Monti, morto poi il 2 agosto per un incidente al decollo. Il 10 settembre morì in modo analogo il pilota Stanislao Bellini. Il primato mondiale venne conquistato il 10 aprile 1933 a 682,078 km/h, l'8 ottobre, a 629,73 km/h di media, fu conquistato il primato sui 100 km ed il 21 ottobre venne conquistata la coppa Blériot percorrendo 327 km alla media di 619 km/h. Infine il 23 ottobre 1934 il maresciallo Francesco Agello stabiliva l'incredibile media di 709,209 km/h.

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  • 4 mesi dopo...
Mi sembra che gli americani in fatto di fair play abbiano addirittura esagerato rinviando una coppa scheneider ... Cosa che gli inglesi non hanno più fatto geheheh (giustamente direi)

Sono d'accordo con te infatti la storia non si fa con i se e con i ma; però al pensiero di aver avuto concrete possibilità di vittoria, rimane del rammarico considerando anche il record stabilito Dall'MC 72

23.jpg-_-

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Spulciando YouTube mi sono imbattuto in

video in cui si possono notare delle bellissime immagini sia dei Nostri Macchi, che dei Supermarine, inoltre vengono mostrati sia il tragitto che le tabelle con i tempi, il tutto condito dal rumore (Musica) dei vari motori in sottofondo!!!! :adorazione:

 

Schneider-Trophy-cover.jpg:rolleyes:

Modificato da Blue sky
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  • 1 mese dopo...

Piaggio Pegna P7 “Pinocchio”

image016.jpg

Un' altro aereo poco conosciuto destinato alla specialità "Idrocorsa" era il Piaggio P7 “Pinocchio”, costruito con l'intenzione di farlo concorrere allo Schneider Trophy ed ai primati mondiali di velocità; una sua breve descrizione ed alcune illustrazioni si trovano nel Volume “MC. 72 & Coppa Schneider” di Igino Coggi per la collana Monografie Aeronautiche Italiane di Claudio Tatangelo Editore . Il P7 (o Pc. 7), era un originale progetto dell’ing. Giovanni Pegna che provava ad aggirare il problema della resistenza aerodinamica dei tradizionali “scarponi” ricorrendo ad alette immerse del tipo di quelle degli attuali aliscafi.

piaggiopc7bn.jpg

Il galleggiamento da fermo era garantito da una cellula interamente stagna, mentre la propulsione in mare avveniva mediante un’elica marina tripala; quando l’aeroplano era totalmente emerso, in flottattaggio sulle alette, il pilota, tramite un sistema di frizioni, disconnetteva l’elica marina ed innestava quella bipala anteriore aeronautica. Nell’ottobre 1929 il mar.llo Tommaso Dal Molin iniziò i collaudi a Desenzano del Garda (Brescia), con risultati del tutto negativi: il P7 non riuscì nep pure a decollare. Ne furono costruiti solo due prototipi, uno dei quali fu demolito quasi subito mentre l’altro sopravvisse fino al 1944-45.

piaggiopc7.jpg

 

Altre Info in merito Quì

Modificato da Blue Sky
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Visto che, seppure acquisito, è un mio concittadino per aver sposato una donna di Crema posto qui di seguito un breve profilo, tratto da wikipedia, di Francesco Agello, cui a Crema sono stati dedicati sia il reparto di rianimazione del locale ospedale sia un'ala della nuova struttura museale del Comune.

 

Francesco Agello (Casalpusterlengo, 27 dicembre 1902 – Bresso, 26 novembre 1942) è stato un aviatore italiano.

 

Primatista mondiale di velocità aerea, il 10 aprile 1933, sul Lago di Garda, si aggiudicò il primato mondiale assoluto di velocità ad una media di 683,403 km/h sull'idrovolante Macchi-Castoldi M.C.72, dotato di un motore FIAT A/S da 2500 HP.

 

Poco più di un anno dopo, il 23 ottobre 1934, superò il suo stesso primato raggiungendo la media di 709,209 km/h: la prova si svolse ancora sul Garda e con il medesimo idrovolante, ma con un motore più potente, un Fiat A/S da 3100 HP.

 

Agello aveva conseguito il brevetto di pilota militare nel 1924 e quattro anni dopo veniva assegnato al Reparto Alta Velocità della Regia Aeronautica che aveva sede a Desenzano del Garda, dove era stata costituita una base per idrovolanti.

 

Il primato conseguito da Agello rappresentò una clamorosa vittoria sportiva e tecnica dell'aviazione italiana su quella britannica, dopo un'annosa competizione durante la quale gli inglesi avevano vinto la famosa Coppa Schneider, gara internazionale di velocità pura per idrovolanti istituita nel 1913 dall'ingegnere ed industriale francese Jacques Schneider.

 

Per i suoi primati del 1933 e del 1934, Agello venne promosso maresciallo, poi tenente e gli venne conferita la medaglia d'oro al valore aeronautico.

 

Perì in un incidente aereo sull'Aeroporto di Milano-Bresso.

 

Per la categoria idrovolanti con motore a pistoni (Sottoclasse C-2 della FAI), il primato di Agello è ancora oggi imbattuto.

 

Agello.jpg

Modificato da gobbomaledetto
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Ospite iscandar

riguardo al Piaggio Pegna P7 “Pinocchio”

la soluzione era fantastica ed avvieneristica, ma aveva, a mio giudizio due inconvenienti, uno la manovra di cambio da propulsione "marina" ad "aerea" se il pilota non era più che celere l'aereo non decollava e poi in caso di guasto non aveva da dove scappare :(

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riguardo al Piaggio Pegna P7 “Pinocchio”

la soluzione era fantastica ed avvieneristica, ma aveva, a mio giudizio due inconvenienti, uno la manovra di cambio da propulsione "marina" ad "aerea" se il pilota non era più che celere l'aereo non decollava e poi in caso di guasto non aveva da dove scappare

 

Bisogna sottolineare che dal 1930 (78 anni fa!) il PC7 rappresenta ancor oggi una delle soluzioni più avveneristiche nel campo degli idrocorsa e fu un esempio tipico di come la pressione competitiva della Coppa Schneider spinse i progettisti a migliorare la scienza aeronautica conducendo a progetti avanzati che in alcuni casi si dimostrarono al di là delle possibilità contemporanee. (Infatti, proprio per la complessità dell'aereo, non si riuscirono a colmare le lacune tecniche per far si che il PC 7 riuscisse ad esprimere le sue potenzialità) ;)

 

piaggiopc7r.jpg

 

:drool::drool: :drool:

Modificato da Blue Sky
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GIOVANNI PEGNA

wada15.jpg

(4 gennaio 1888 – Milano, maggio 1961) è stato un ingegnere aeronautico italiano.

 

Negli anni '30 fu direttore tecnico della Piaggio e progettò vari velivoli, specie del tipo idrovolante come ad esempio il Piaggio P.6bis.

Nel 1936 passò alla Reggiane (gruppo Caproni).

Pegna è noto specialmente per le sue realizzazioni anticonvenzionali per il tempo, come l'idrocorsa Piaggio P.C.7 progettato nel 1928 per la Coppa Schneider o l'ala volante a lungo sperimentata nella "città aeronautica" di Guidonia (DSSE) durante tutto l'anteguerra.

Altri suoi interessanti progetti furono il Piaggio P.32 e il Reggiane Ca. 405C.

 

 

Giovanni Pegna nasce il 4 gennaio del 1888; già nel 1904 si interessa del volo, costruendo modellini di libratori e di eliche. Nel 1905 entra all’Accademia Navale, consegue nel 1911 la laurea in ingegneria navale, con una tesi nella quale compariva anche una dissertazione sulla stabilità dinamica longitudinale degli aerei.

Sempre nel 1911 viene assegnato all’Arsenale della Spezia, dove inizia a volare come osservatore su idrovolanti biposto (nel 1913 conseguirà il brevetto di pilota di idrovolante). In questi stessi anni, oltre a progettare senza realizzarli due idrovolanti, è incaricato della costituzione di reparti di idrovolanti prima a Pesaro, quindi a Porto Corsini, Brindisi e Taranto. Effettua le prime prove di aerosiluramento, fra l’incomprensione dei superiori. Nel 1915 viene trasferito a Milano per sovrintendere al lavoro delle ditte aeronautiche, ma trova il tempo per progettare un idrovolante e due quadrimotori terrestri: la realizzazione dell’idrovolante viene commissionata alla Isotta-Fraschini, che continua nella lavorazione anche quando la commessa viene annullata; le autorità militari ritengono che questo fatto sia dovuto all’interessamento di Pegna, il quale viene condannato a tre mesi di arresti in fortezza per insubordinazione. Nel 1917 è presso la Direzione tecnica dell’aviazione militare; nel 1919 lascia la R. Marina con il grado di maggiore. Progetta degli idrovolanti quadrimotori, ma non avendo il contributo della Marina il progetto viene abbandonato. Nel 1922 con il conte Giovanni Bonnmartini fonda la Pegna-Bonmartini, realizzando un velivolo da caccia che ha avuto una qualche fortuna; la ditta viene rilevata nel 1923 da Rinaldo Piaggio, ma l’aereo, pur vincitore di un concorso nazionale, viene abbandonato. Nella galleria del vento realizzata a Genova da Piaggio progetta una serie di idrocorse, un idroricognitore imbarcabile su sommergibile ed un idro catapultabile; l’idrocorsa PC-7 per la Coppa Schneider del 1929 non viene realizzato in tempo. Tenuto in considerazione da Balbo, ha fatto studi disparati sulla propulsione a reazione e sull’energia nucleare. È morto a Milano nel maggio 1961.

 

Da segnalare due Link sulle visioni molto lungimiranti di Pegna sugli idrocorsa!

Idee sugli Idrovolanti da Corsa - Parte 1

Idee sugli Idrovolanti da Corsa - Parte 2

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