-{-Legolas-}- Inviato 30 Ottobre 2008 Segnala Condividi Inviato 30 Ottobre 2008 Da medaglia. Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
Takumi_Fujiwara Inviato 20 Novembre 2008 Segnala Condividi Inviato 20 Novembre 2008 Cavolo,ma allora avere una presa d'aria unica per 2 motori è un controsenso? Bhè spero di leggere presto altri racconti. Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
devil Inviato 21 Novembre 2008 Segnala Condividi Inviato 21 Novembre 2008 Quella della presa d'aria unica per i due motori è stata considerata la soluzione che ha decretato l'insuccesso dello Yankee, e questo episodio riportatoci da Dave ne fa capire bene il perchè,ma poi è arrivato il Tifone e.... questa è un'altra storia. Un piccolo errore nel racconto, il G 91Y era del 101° e non del 102°,che era basato a Rimini con i 104.. Ma questo Dave lo sa benissimo Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
eugy78 Fishbed Inviato 9 Ottobre 2011 Segnala Condividi Inviato 9 Ottobre 2011 metterò anche io qualche storiella.....tratte da sicurezza del volo Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
Dave97 Inviato 14 Febbraio 2013 Autore Segnala Condividi Inviato 14 Febbraio 2013 Azz.. in cinque anni non avete aggiunto un racconto ! Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
Flaggy Inviato 15 Febbraio 2013 Segnala Condividi Inviato 15 Febbraio 2013 Qualcosa credo sia stato scritto nelle discussioni specifiche dei velivoli. E in questi anni tu dov'eri finito? Non è la sola discussione in cui mancano i tuoi contributi... Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
fabio-22raptor Inviato 1 Febbraio 2016 Segnala Condividi Inviato 1 Febbraio 2016 Scramble! Un giorno "d'allarme" con l'F-104 tratto da: TUTTO AEREI COLLEZIONE - n.5 maggio 2005. L'eco del mio turbogetto si spegne lentamente all'interno dello shelter mentre appoggio il casco sul bordo del tettuccio aperto. Sistemo con attenzione le cinghie, le giarrettiere, i guanti, il cosciale, in modo che tutto sia a portata di mano in caso di scramble. "Stop!", la voce dello specialista mi segnala il completo arresto del motore. Scendo dal mio F-104, un'ultima occhiata per controllare che tutto sia a posto prima di sollevare il telefono posto sotto il semaforo acceso sul rosso: "L' Hotel Mike 45 è in prontezza." Lo Starfighter, inaspettato protagonista della difesa aerea italiana anche nel 21esimo secolo, è ancora bellissimo con le sue linee pure che si confondono nella penombra dello shelter. E'una fredda e tersa mattinata strappata alle nebbie dell'inverno romagnolo. Io e Tommaso, il mio gregario, saremo responsabili per garantire il servizio di sorveglianza dello spazio aereo per le prossime 24 ore. La vita del pilota oltre alla primaria attività del volo è caratterizzata da attività secondarie non meno importanti, quali pianificazioni delle missioni, gestione dell'attività addestrativa, ripasso e studio di procedure tattiche e molto altro. La giornata prosegue nella normale routine quotidiana, tra colleghi che vanno in volo, telefoni che squillano e pratiche di ufficio. All'improvviso, come una sveglia brusca e inaspettata, la sirena dello scramble lacera l'aria, mi penetra dentro e quasi senza rendermene conto sto gia correndo, prima ancora di capire perché o dove andare; alle mie spalle mi fanno eco i passi rapidi di Tommaso, via veloci verso gli aerei in attesa. Gli specialisti sono già lì e il rumore del "carrellone" Atlas, indispensabile ausilio per ridare vita al mio motore, si sovrappone a quello della sirena dello shelter. Sfilo il giubbetto secumar dal tubo di pitot, lo indosso rapidamente e mi arrampico sulla scaletta. Urlo "Vai!" allo specialista prima ancora di essere nell'abitacolo, salto dentro, candelette su "start" e manetta avanti su "idle". L'Atlas comincia a pompare aria nel motore che sento iniziare a girare alle mie spalle, mentre mi lego al seggiolino. Il semaforo adesso è verde. Il crew-chief è sulla scaletta a fianco a me, attento a monitorizzare la messa in moto e a segnalare il momento per "tagliare l'aria", per evitare di superare i limiti dello starter. Quando finisco di stringere le cinghie, l'urlo del J-79 è già furioso e insopportabile ed è un sollievo infilarsi il casco. La piattaforma inerziale LN-39 va subito su "ALIGN", avendo bisogno di preziosissimi minuti per completare il suo allineamento. Lo specialista mi toglie le spine di sicurezza del seggiolino eiettabile e si allontana, mentre le mani si muovono veloci nel cockpit per effettuare gli ultimi controlli. Tettuccio chiuso, il pollice sul pulsante della radio. "Cervia Tower, HM 45 on scramble, taxi". "HM 45, taxi runway 30, QNH 1015, report ready to copy scramble data". La luce "READY" lampeggia sul pannello della piattaforma, selettore su NAV e sono pronto. Il crew chief, tolti i tacchi, corre all'indietro fuori dallo shelter segnalandomi via libera: manetta avanti e il mio spillone scatta con agilità fuori dallo shelter. Durante il breve rullaggio copio i dati di uscita, quota, vettore, frequenze e approfitto della veloce sosta all'arming per ricontrollare che tutto sia a posto, mentre mi tolgono le sicure dei missili. Seggiolino armato, tettuccio chiuso, flaps su "T/O", aerofreni dentro, luce "stabilizer" accesa, strumenti motore ok, nessuna indicazione di avaria. "HM 45 lineup and takeoff". "HM 45 cleared..." Prima ancora che la frase sia finita la manetta è di nuovo avanti e l'F-104 prende speditamente la via della pista. Il nostro tacito accordo è sempre valido, io rispetterò i tuoi limiti e tu in cambio non mi giocherai nessun brutto tiro. Motore a military, appena il cavo di arresto d'emergenza passa sotto le mie ruote la manetta si sposta all'esterno e poi ancora avanti. Un secondo di esitazione e poi ecco il vigoroso ed a modo suo rassicurante "calcione" del post bruciatore. L'accelerazione esaltante dello spillone mi dà a malapena il tempo di controllare gli strumenti motore e sono già a 180 nodi, tiro indietro la barra con dolcezza e decisione, il muso viene su e poco dopo le mie ruote lasciano il suolo. Immediatamente carrello UP, per dargli il tempo di rientrare prima del limite dei 260 nodi. Di lì a breve sento la chiamata radio con cui il mio gregario mi fa sapere di essere in volo e di seguirmi. Sopra i 300 nodi anche i flaps vengono su, mentre punto il muso dello Starfighter sempre più in alto, per salire in fretta alla quota dell'intercettazione e per tenere a bada la potenza del motore in pieno afterburner che altrimenti mi avrebbe già fatto andare supersonico. Pochi minuti fa stavamo comodamente seduti in un ufficio ed ora eccoci catapultati senza preavviso nell'immensità del cielo, attraversando con aggressività i 20000 piedi verso un target sconosciuto, per volare una missione che ancora non so se essere addestrativa o reale. Le mie domande trovano risposta al primo contatto con il guidacaccia. E' uno scramble operativo, e c'è un target da identificare 100 miglia più avanti. La familiarità delle procedure provate e riporovate centinaia di volte non riesce a cancellare del tutto quella vaga sensazione di incertezza, perché stavolta il velivolo da intercettare non è il solito '104 che consideriamo sconosciuto solamente per finta. Probabilmente si tratterà di un volo di linea o un aereo da trasporto, ma nulla si può dare per scontato. Approfitto di qualche secondo di calma per ricontrollare che tutto sia a posto. Non ci sono luci di avarie, gli strumenti motore sono nel verde, ricontrollo di essermi legato correttamente. Un occhio al carburante, cinica clessidra che ogni volta mi costringe a rimettere le ruote a terra prima di averne voglia. Radar acceso, il collimatore proietta il suo semplice cerchio verde verso l'infinito davanti ai miei occhi, quello stesso infinito su cui gli head up display dei velivoli moderni scrivono un'infinità di numeri e dati. Io dovrò invece accontentarmi di fare girare gli occhi all'interno dell'abitacolo per trovare le informazioni che mi servono. Ricontrollo che gli interruttori dell'armamento siano rigorosamente sulla posizione "SAFE". Con una ingrata contorsione del braccio sinistro raggiungo il selettore della radio, posto davvero troppo indietro sulla console, per parlare con il mio gregario e avere conferma che tutto sia ok. La distanza dal target si riduce rapidamente; un caccia attuale a quest'ora lo avrebbe già agganciato con il suo radar di bordo e al pilota non resterebbe che seguire la simbologia del suo display per concludere facilmente l'intercettazione. Ma questo è un lusso che noi non ci possiamo permettere: il vecchio centoquattro è generoso di spinta ma avido di questi privilegi tecnologici. Lo schermo del mio radar è pieno del solito "clutter", ovvero una miriade di puntolini verdi tra i quali il pilota deve districarsi per distinguere i ritorni reali da semplici echi o disturbi. Sposto la mano dalla manetta motore a quella del controllo del radar per impostare il corretto alzo d'antenna e regolare il "gain", nel tentativo di ripulire un po' lo schermo dai falsi ritorni e cercare di isolare il mio bersaglio. Ancora niente. La mia attenzione si divide tra la condotta del velivolo, mai banale né da sottovalutare con lo spillone, lo schermo del radar e un occhio fuori per cercare di cogliere una scia di condensa, un riflesso, un puntino che si staglia sullo sfondo di una nuvola. La voce del guidacaccia ci aiuta a guardare, con le sue parole concise e convenzionali, verso la giusta direzione; nella nostra mente le indicazioni del controllore, un'anonima voce indaffarata a comunicare una sequenza di numeri apparentemente senza senso, diventano il nostro display tattico, in cui disegnamo i vettori del target e dei nostri '104, ricavandone le geometrie ottimali per concludere l'intercettazione nel modo più efficace. Dopo un avvicinamento dal settore frontale è il momento di iniziare la curva di caccia, la virata che ci posizionerà direttamente alle spalle del target. Inizio la manovra e con una rapida occhiata controllo la posizione del mio gregario, che vedo seguirmi nella formazione prevista. "Tally ho, 2 o'clock, 10 miles". Finalmente riesco a vedere il target, esattamente dove me lo aspettavo. E' ancora troppo lontano per identificarlo, ma le sue dimensioni fanno capire che si tratta di un aereo da trasporto. La geometria di intercettazione ci fa avvicinare rapidamente e con un'azione quasi anti-istintiva porto indietro la manetta motore per iniziare a ridurre la velocità, dall'attuale 0.9 Mach a quella molto inferiore del bersaglio. Avviso il mio n.2 con una chiamata di cortesia: "Tommaso rallentiamo, tanto ormai non ci scappa.". Il profilo del target lascia ora distinguere nettamente l'inconfondibile deriva di un C-130. Passo l'informazione al controllore mentre continuo la curva di caccia. Le piccole ali dello spillo sono state pensate per i regimi supersonici, ai quali lo Starfighter si sente decisamente a suo agio; ma ora sono costretto ad adeguarmi alla bassa velocità dell'Hercules: i flaps vanno nella posizione T/O, ma nonostante questo il vecchio '104 mi comunica il suo malessere con una leggera vibrazione. Mentre mi avvicino alle ore 6 del target, il mio gregario mi comunica di essere in posizione, consentendomi di avvicinarmi con la tranquillità di avere qualcuno che mi guarda le spalle e che sia pronto ad intervenire, precauzione necessaria soprattutto nel caso in cui dovessimo intercettare qualcosa di più bellicoso del quadrimotore che ho di fronte oggi. Effettuo un lock-on radar ed il collimatore verde si anima andando a posizionarsi sopra l'Hercules. Le indicazioni in cabina mi permettono di verificare la sua velocità facilitandomi il ricongiungimento. Con un colpo di aerofreni mi stabilizzo dietro al C-130, ad una distanza tale da consentirmi di leggergli i numeri di matricola e le insegne di nazionalità. Passo tutte le informazioni al guidacaccia, che ci istruisce a monitorizzare il comportamento del target. Non ci è richiesto alcun tipo di intervento, ma solo un'azione di controllo finchè l'Hercules, appartenente ad una nazione non Nato, avrà lasciato lo spazio aereo di nostra competenza. Per mantenere la posizione sono costretto a volare a 220 nodi e lo Starfighter fa sentire tutto il suo disagio reagendo con molta inerzia e con sensibili vibrazioni ad ogni correzione che imposto sui comandi. Anche la resistenza aerodinamica aumenta notevolmente, per effetto dell'assetto così "spanciato" che mi serve per mantenere il volo livellato a queste velocità, incidendo sensibilmente sul consumo del carburante. Un' occhiata dentro a verificare che sia tutto in ordine, controllo la distanza da Cervia e dall'aeroporto più vicino. Il "calcolo dell'intercettore", ovvero una rapida stima dei consumi, mi conforta dicendo che dovremmo riuscire tranquillamente a completare la missione e tornare a casa, lusso non scontato visto che, se necessario, potremmo essere chiamati ad atterrare altrove pur di portare a termine il nostro compito. Mi volto per guardare il mio gregario, dopo avergli chiesto via radio una conferma del suo livello di carburante. Bisogna girarsi non poco per vedere le ali del '104 e per un attimo mi soffermo a guardare il Sidewinder montato sul lanciatore subalare. Ancora più indietro, quasi incorniciato dalla "T" della mia coda, scorgo l'inconfondibile fumo del J-79 che evidenzia la posizione dell'aereo di Tommaso. Dieci minuti dopo il guidacaccia ci comunica che possiamo rientrare. Lasciamo quindi il nostro "amico" e mentre viro verso casa permetto al muso di scendere sotto l'orizzonte, aiutando il vecchio spillone ad accelerare, finalmente, a velocità più gradite. Flaps UP, un'altra occhiata al livello di carburante e agli strumenti motore. Mentre rientriamo chiamo il mio gregario in una posizione più ravvicinata. Mentre osservo le forme affusolate del suo velivolo, "sporcate" solo dai serbatoi esterni e dai missili, mi chiedo ancora una volta come un'ala simile possa bastare a sostenerlo in volo. Di lì a poco compare davanti a noi il familiare paesaggio della Romagna. Coordiniamo le procedure di atterraggio, in conformità con le norme previste per velivoli armati. Gli ultimi controlli durante la discesa e rompiamo la formazione per portarci in finale per pista 12. Flaps T/O, i raggi di virata dello Starfighter mi impongono di iniziare per tempo la manovra per allinearmi. 260 nodi gear down, 240 nodi flaps land. Controllo che la configurazione sia corretta: tre verdi del carrello, flaps LD ? LD, luce antiskid accesa, pressioni idrauliche nei limiti. "Cervia tower, Hotel Mike 45, 5 miles on final, gear down, full stop"."HM 45 cleared to land, wind 060 at 10". 185 nodi in finale, il '104 è molto stabile durante l'avvicinamento. Prossimo alla soglia pista, raccordo dolcemente per toccare dopo il cavo posto mille piedi più avanti; motore indietro ma non troppo, per evitare scompensi dell'impianto dei flaps soffiati che potrebbero causare pericolosi e violenti fenomeni di rollio a pochi metri da terra. Le ruote del carrello principale sfiorano l'asfalto, immediatamente manetta ad idle e muso giù. Appena il ruotino anteriore tocca terra ingaggio lo steering e tiro la leva del parafreno, per rallentare la folle corsa dello spillone ancora lanciato a più di 160 nodi verso la fine della pista. Dopo un lunghissimo secondo arriva lo strattone del paracadute, la mano è ancora sulla leva pronta a sganciarlo nel caso in cui volesse tentare di trascinarmi di lato verso il prato. La velocità cala rapidamente e quasi non devo usare i freni per liberare la pista. Una volta fuori effettuo il consueto zig-zag per posizionarmi opportunamente per sganciare il parafreno sull'erba, lasciando il raccordo libero a Tommaso che sta toccando terra in questo momento. Gli armieri mi aspettano per mettere i missili in sicura e dopo un breve rullaggio eccomi di nuovo al parcheggio. Qui gli specialisti sono già pronti per le "cinque dita", i controlli necessari per rimettere il velivolo in prontezza. Pochi minuti dopo il mio motore è di nuovo spento; mentre il mio '104 viene trainato dentro lo shelter mi slego e controllo che tutto sia in ordine come lo era questa mattina, prima dello scramble. Scendendo dal velivolo mi soffermo per un attimo a guardare alle mie spalle, allo Starfighter in tutta la sua lunghezza, quasi incredulo di aver pilotato questo purosangue di 18 metri fino a qualche minuto prima. Completo le ultime verifiche e quando sono soddisfatto passo nuovamente la prontezza. Saluto gli specialisti e mi incammino verso l'aereo di Tommaso. Lo aspetto per scambiarci i primi commenti a caldo, prima di tornare al lavoro arretrato cosi bruscamente interrotto un'ora e mezza fa. Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
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