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Conflitto Israelo-Palestinese - Discussione Ufficiale


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Dal link http://www.loccidentale.it/articolo/s%C3%A...+a+gaza.0064295

 

riporto:

 

Palestinesi contro Hamas

 

Israele può vincere la guerra di Gaza

 

di Edward N. Luttwak

 

10 Gennaio 2009

 

 

Tutto lascia pensare che la maggior parte dei reporter e dei sapientoni occidentali sia d’accordo con gli islamici d’ogni provenienza nel definire impossibile una vittoria israeliana a Gaza. Costoro sminuiscono e screditano l’attacco difensivo di Israele contro Hamas profetizzando un inevitabile rafforzamento dell’islamismo tra i palestinesi e un nero futuro per lo Stato ebraico.

 

Come hanno fatto i nostri opinionisti a giungere a questa conclusione? Quel che fanno con maggior frequenza è far riferimento al conflitto del 2006 in Libano tra Israele ed Hezbollah e riecheggiare la rivendicazione di una grande vittoria di Hezbollah. Stando a questa versione, la verità è che i leader di Hamas, nel lanciare i propri missili contro Israele, non hanno fatto altro che imitare la strategia vincente di Hezbollah.

 

In realtà Hezbollah ha subito un profondo shock dai bombardamenti israeliani, ed è probabile che i suoi supporters, la maggior parte dei quali vive nel Libano meridionale, non tollereranno un’ulteriore ondata di distruzione causata da un altro attacco di Hezbollah. In Libano anche le inconcludenti azioni israeliane sul campo, che non hanno mai coinvolto più di sei squadre (all’incirca seicento uomini), hanno avuto come risultato la morte di qualcosa come quattrocento miliziani di Hezbollah nel combattimento diretto, faccia a faccia, mentre Israele ha subito soltanto trenta perdite.

 

Ovviamente nulla di tutto ciò ha impedito al capo di Hezbollah Hassan Nasrallah di sbandierare la sua grande vittoria nel nome di Dio. Se le sue vittoriose dichiarazioni fossero state seriamente veritiere, Israele avrebbe dovuto rinunciare ad attaccare Hamas. Sempre stando a questa logica, Israele avrebbe chinato il capo per paura di altri missili lanciati da Hamas e di quelli, ancor più potenti, lanciati in tandem da Hezbollah. Di certo Nasrallah ha provveduto a incoraggiare Hamas ad attaccare Israele con un linguaggio che implicava un suo intervento, una promessa credibile se davvero ce l’avesse fatta a ottenere una vittoria nel 2006.

 

Ma non appena a Gaza ebbe inizio la battaglia, Nasrallah invertì i termini delle proprie dichiarazioni minacciando Israele se avesse attaccato il Libano. Cosa che ovviamente in Israele nessuno aveva intenzione di fare. Quando giovedì dal Libano sono stati lanciati tre missili, Hezbollah non ha indugiato ad assicurare agli israeliani che non aveva nulla a che fare con l’episodio, e che anzi quel tipo di missili non fa neanche parte delle sue scorte. Si tratta di un familiare luogo comune dell’esperienza palestinese. C’è sempre qualche leader estremista pronto a istigare i palestinesi alla lotta con la promessa implicita di parteciparvi valorosamente. Fino a quando la lotta non comincia davvero e le promesse vengono dimenticate per paura della rappresaglia israeliana.

 

Un altro familiare luogo comune dell’esperienza palestinese insegna che gli estremisti possono sempre finire per prevalere politicamente sui moderati, ma anche che, così facendo, non fanno che dividere la società palestinese. Una valida scala di misurazione di tale dissonanza è, di fatto, il successo dell’attuale guerra d’Israele contro Hamas.

 

È il caso di rifletterci: stando alle fonti da Gaza, dall’inizio dell’offensiva di terra circa il 25 per cento dei cinquecento morti erano civili innocenti. Gli israeliani sostenevano che il venti per cento delle vittime dell’attacco aereo fossero civili. In un modo o nell’altro, è stata una campagna di bombardamenti estremamente accurata. (Anche nel 1991 e nel 2003, nelle campagne aeree statunitensi contro l’Iraq, quando la maggior parte delle bombe era già ad alta precisione, grossolani errori di mira uccisero un gran numero di civili).

 

Non sarebbe stato minimamente possibile ottenere una precisione di targeting del 75 per cento (secondo la stima più bassa) in base a fotografie effettuate dal satellite o da una aereo da ricognizione. Non foss’altro perché ben pochi degli obiettivi di Hamas erano i classici bersagli “ad elevato contrasto” come può esserlo un bunker o un quartier generale. La gran parte dei bersagli era costituita da piccoli gruppi di persone a bordo di veicoli anonimi che si nascondevano confondendosi in mezzo al traffico o all’interno di normali edifici. E neanche le intercettazioni telefoniche potevano fornire molte informazioni perché tutti i palestinesi sanno bene che gli israeliani hanno da molto tempo imparato a coniugare i sistemi di riconoscimento vocale con la localizzazione dei telefoni cellulari per poter puntare accuratamente i missili contro singoli veicoli in mezzo al traffico o persino contro singoli individui con il telefono cellulare spento.

 

Ma allora Israele come ha fatto? L’unica possibile spiegazione è che la gente di Gaza abbia informato gli israeliani su dove esattamente si nascondono i militanti e i leader di Hamas e su dove le armi vengono tenute. Non c’è alcun dubbio sul fatto che alcuni informatori siano nient’altro che degli agenti prezzolati e corrotti che cercano di guadagnarsi da vivere. Ma qualcun altro deve aver deciso di fornire informazioni perché si oppone ad Hamas, il cui estremismo infligge povertà, sofferenza, e adesso anche morte, alla popolazione civile per darsi al lancio di missili, nella gran parte dei casi inutili, su Israele. Hamas manca della benché minima considerazione per il benessere quotidiano di tutta la gente di Gaza al solo scopo di perseguire la propria millenaria visione di una Palestina islamica.

 

Qualcuno a Gaza potrebbe poi anche risentirsi per il ruolo rivestito dall’Iran nell’istigare le raffiche di missili contro Israele. E tutti dovrebbero sapere che gli ordigni a più lungo raggio sono forniti proprio dall’Iran insieme al denaro per i leader di Hamas, mentre la gente comune tra i palestinesi languisce nella miseria. Il leader di Hamas Nizar Rayan, ucciso il primo giorno di gennaio, era un accademico dallo stipendio piuttosto modesto ma è morto in un arioso quartiere con le sue quattro mogli e con dieci figli. Egli ovviamente aveva abbastanza denaro per seguire l’imposizione coranica che vieta di sposare più mogli di quante non ci si possa permettere di mantenere. Anche questo dovrebbe contribuire a far montare un’aspra opposizione fra i poveri civili palestinesi, inducendo magari qualcuno a dare una mano a Israele nel colpire Hamas. E forse tra questi informatori c’è anche qualche membro di Fatah ulteriormente ostile a causa della persecuzione. Sembra che solo la scorsa settimana circa cinquanta persone siano state torturate da Hamas.

 

Hamas ha vinto le elezioni del 2006 perché rappresentava l’unica alternativa a disposizione in un momento in cui una maggioranza degli elettori era disgustata dalla smaccata corruzione di Fatah. Da allora in poi un gran numero di palestinesi non fondamentalisti è stato oppresso dalle puritane proibizioni imposte da Hamas, mentre tutti i cittadini di Gaza ne sono rimasti estremamente impoveriti.

 

D’altra parte, non c’è alcuna prova che il supporto per Fatah sia per questo motivo cresciuto, né che i sopravvissuti tra i suoi leader possano ancora radunare i propri sostenitori. Una realtà del genere segna un limite massimo a ciò che di fatto Israele può ottenere sul campo. Non può cambiare il regime.

 

Quel che Israele può fare è indebolire ulteriormente Hamas con le sue attuali operazioni di terra, concentrandosi su bersagli che non è possibile colpire per via aerea (perché generalmente situati in seminterrati di palazzi estremamente affollati) e impegnando in combattimento ravvicinato gli uomini armati di Hamas. Anche la semplice riduzione della forza di combattimento di Hamas è cruciale, come lo è stata nel 2006 contro Hezbollah. Perché se pure molti amano far parata ammantati delle vesti del martire, quando c’è il combattimento vero l’entusiasmo svanisce velocemente.

 

Con poche eccezioni, le forze di terra israeliane non stanno avanzando frontalmente ma, al contrario, stanno effettuando un gran numero di incursioni. Se le informazioni sugli obiettivi a loro disposizione resteranno buone come lo erano state durante gli attacchi aerei, rimarranno a corto di bersagli nel giro di pochi giorni. Quando cioè un cessate il fuoco con un monitoraggio di una certa credibilità sarà possibile e desiderabile per entrambe le parti come unica alternativa a una rinnovata occupazione.

 

Hamas dichiarerà vittoria a prescindere da quel che accadrà, ma fece così anche Hezbollah nel 2006. E ancora, almeno in gran parte, Hezbollah resta immobile e il confine settentrionale israeliano con il Libano rimane tranquillo. Allo stesso modo, se Israele riuscirà a ottenere lo stesso con Hamas a Gaza avrà ottenuto una vittoria significativa.

 

© The Wall Strett Journal

Traduzione Andrea Di Nino

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Articolo che condivido per la gran parte, ma non totalmente. Comunque è la mia risposta a Luttwak

Gaza, perchè?

 

Ezio Bonsignore, 8 gennaio 2009

 

I commenti della maggior parte dei mass media italiani, commenti che peraltro ritengo riflettano abbastanza fedelmente l’atteggiamento dell’ opinione pubblica, a proposito di quella che viene eufemisticamente descritta come la “crisi di Gaza” sembrano essere focalizzati sopratutto sul tentativo di distinguere tra “buoni” e “cattivi”, e decidere chi abbia “ragione” e chi “torto”, chi abbia o non abbia il diritto di fare cosa.

 

Si tratta di un approccio istintivo e umanamente comprensibile, ma abbastanza puerile data la terribile complessità della situazione in Medio Oriente – e che è poi reso ulteriormente privo di senso dallaq sin troppo evidente assunzione di un modo di ragionare per schieramenti politici opposti e per idee preconcette, per cui le “destre” sono tendenzialmente filo-israeliane e le “sinistre” invece filo-palestinesi. Non varrebbe quindi nemmeno la pena di discuterne, se non fosse per sottolineare un dettaglio non privo di una sua importanza: e cioè la straordinaria efficacia della campagna propagandistica messa in atto dalle autorità israeliane, e dalle molteplici organizzazioni in tutto il mondo che a vario titolo sostengono le posizioni di Israele, per convincere l’opinione pubblica globale delle ragioni dello stato ebraico, le colpe di Hamas, e l’ineluttabilità e anzi necessità delle attuali operazioni militari.

 

Le autorità israeliane, come già quelle americane a proposito del Vietnam, sono infatti giunte alla conclusione che le cause delle mezza sconfitta rimediata in Libano vadano sopratutto ricercate nel mancato appoggio da parte dei media, e quindi dell’opinione pubblica che i media sono in grado di influenzare. L’ operazione “Cast Lead” è quindi stata preceduta e viene accompagnata da un’attenta campagna propagandistica – e i risultati si vedono. Mentre al tempo dell’invasione del Libano l’opinione publica italiana e mondiale era quanto meno perplessa circa i motivi e le modalità delll’azione israeliana, oggi le uniche critiche veramente dure provengono dagli ambienti dell’estrema sinistra o dai neo-nazisti. Si sono addirittura rispolverate le storielle del “povero piccolo popolo democratico minacciato da centinaia di milioni di Arabi fanatici”, e si sono accettate senza fiatare le affermazioni israeliane secondo cui le operazioni militari sono indirizzate esclusivamente contro i “terroristi” di Hamas e i civili ci vanno di mezzo solo perchè Hamas li usa come “scudi umani”. Si ripete all’infinito il mantra di “Hamas che ha rotto la tregua”, evitando accuratamente di interrogarsi sui perchè di questa azione, e su cosa sia esattamente successo durante la tregua. E gli stessi che solo pochi mesi fa accusavano la Russia di una risposta “sproporzionata” in Ossetia, hanno all’improvviso riscoperto i principi base dell’arte della guerra, e osservano che per vincere presto e bene, bisogna appunto mettere in atto una schiacciante superiorità sul nemico.

 

Ma vediamo invece di tentare una specie di analisi strategica e geopolitica seria, e cioè articolata sul cercare di capire quali siano gli obiettivi di Israele.

 

E cominciamo con lo sgombrare il campo dai razzetti o razzoni di Hamas. E’ ovvio che Israele, come qualsiasi altro stato sulla faccia della Terra, non può alle lunghe permettere che qualcuno, per motivi suoi si piazzi subito al di là di un confine e cominci a bombardicchiare – anche se i risultati di questa azione sono fortunatamente molto limitati. Ma per lanciare davvero “Cast Lead” solo per eliminare la minaccia dei Kassam in quanto tali, gli Israeliani dovrebbero essere ancora più stupidi di George W. Bush con la sua “guerra globale al terrorismo” – cosa che non sono affatto. Eliminare semplicemente la capacità di Hamas di costruire e lanciare razzi, senza affrontare i veri termini del problema, non servirebbe a nulla. Hamas passerebbe semplicemente a usare altre forme di attacchi terroristici – e allora?

 

La direttive strategiche e politiche dell’azione complessiva di Israele nei confronti del problema palestinese sono, a quanto è dato di capire, ancora quelle tracciate dallo straordinario gambitto di Sharon. L’allora Primo Ministro decise di abbandonare il processo di pace, perchè era ormai sin troppo evidente che una pace negoziata sarebbe stata possibile, solo a patto di accettare dei pesanti compromessi sulle questioni chiave – Gerusalemme, il controllo delle fonti idriche, i confini del futuro stato palestinese, il ritorno dei profughi – su cui invece Israele non era e non é disposto a cedere di un millimetro. Inoltre, era importante impedire che il piano di pace saudita prendesse forza. Sharon decise quindi di creare unilateralmente lo “stato palestinese”, così come Israele era disposto ad accettarlo, e di offrirlo ai Palestinesi – prendere o lasciare. Da qui il ritiro dalla Striscia di Gaza, che ad Israele non interessa più che tanto e che sarebbe in ogni caso non assimilabile, mentre invece è continuata e continua la creazione di nuovi insediamenti in Cisgordania (Giudea e Samaria).

 

Il fatto che lo “stato palestinese” visto da Sharon fosse un realtà solo una specie di Bantustan dove rinchiudere persone di razza e/o religione indesiderabile, o per dirla in modo un po’ antipatico una riedizione del Ghetto di Varsavia (che difatti aveva la sua brava amministrazione autonoma), non toglie nulla alla logicità dell’idea, e al suo valore come disperato tentativo di tagliare il nodo gordiano di una situazione altrimenti irrisolubile.

 

E’ possibile, forse anche probabile che se Sharon fosse rimasto al suo posto, la manovra sarebbe riuscita. Ma, per parafrasare Pascal a proposito di Cronwell, un microscopico grumo di sangue nel suo cervello ha cambiato il corso della storia.

 

La pre-condizione essenziale perchè il gambitto di Sharon potesse riuscire era l’evoluzione dell’Autorità Nazionale Palestinese in un governo legittimo e riconosciuto come tale a livello internazionale, e che fosse disposto ad accettare formalmente il suo “stato” dichiarando chiusa la questione. Questo avrebbe non solo risolto il problema per Israele (anche se solo temporaneamente, vista l’altissima fertilità degli Arabi Israeliani e l’impossibilità di espellerli), ma anche e sopratutto avrebbe liberato tutti gli stati Arabi dalla sempre più pesante e male accetta necessità di sostenere la causa palestinese, permettendo loro di impostare le proprie relazioni con Israele e sopratutto gli Stati Uniti su basi completamente nuove.

 

Ma la creazione di un governo legittimo e internazionalmente riconosciuto passa necessariamente per delle libere elezioni. E qui, venne commesso l’errore capitale di permettere ad Hamas di parteciparvi. Se si sia trattato del risultato di un “diktat” da parte americana, come sostengono oggi gli Israeliani, oppure di un fenomenale errore di valutazione, fatto sta che venne commesso – e tra l’altro, sarei veramente curioso di sapere come tutti quelli che oggi ripetono come tanti bravi pappagalli, “Hamas è un’organizzazione terroristica e coi terroristi non si tratta”, vogliano spiegare l’atteggiamento di Israele all’epoca.

 

Hamas non solo partecipò alle elezioni, ma le vinse alla grande. Questa situazione rischiava di rovinare tutto il piano – non perchè Hamas sia un’organizzazione terroristica e voglia la distruzione di Israele, ma perchè non avrebbe mai accettato come “stato” il Bantustan che Israele era disposto a cedere. Da qui, l’organizzazione del colpo di stato di Abu Mazen, che però è riuscito solo a metà – e ancora una volta, è straordinario vedere come una raffinata campagna propagandistica sia invece riuscita a convincere tantissima, troppa gente che il governo palestinese legittimo sia quello di Abu Mazen, e che il golpe lo abbia fatto Hamas.

 

Pur se la divisione dei Palestinesi in due campi ferocemente opposti è di per sè un importante vantaggio strategico per Israele, la presenza di Hamas a Gaza rende impossibile procedere con la creazione di uno “stato” palestinese. Hamas si è guardato e si guarderà bene dal dichiarare la propria esistenza in quanto governo di uno stato indipendente, proprio perchè non riconosce in alcun modo la legalità dei confini del ghetto, in cui è attualmente rinchiuso.

 

L’obiettivo politico di Israele consiste quindi nel togliere di mezzo Hamas, non tanto come “lanciatore di razzi” e neppure come organizzazione terroristica, ma proprio come forza politica. L’idea è che con la Striscia riportata sotto l’autorità di Abu Mazen, l’Autorità Nazionale Palestinese potrebbe invece accettare la Striscia, più qualche brandello di Cisgiordania, come il territorio del proprio “stato”.

 

Il problema è che Hamas ha vinto delle elezioni regolari e legittime, e quindi non si può sperare di eliminarlo come forza politica soltanto mediante una lunga serie di assassini “mirati”. Bisogna invece che sia la popolazione palestinese stessa a ritirare il proprio appoggio per Hamas, e a darsi ( o comunque accettare) una nuova leadership politica più “flessibile”. E’ questo lo scopo ultimo di “Cast Lead”, e il motivi per i tanti – troppi – casi di “incidenti” e “danni collaterali” a danno di civili.

 

Funzionerà? Non saprei. In Libano, esattamente lo stesso approccio _ „punire“ la popolazione libanese per il suo appoggio a Hezbollah, in modo da creare una specie di crisi di rigetto _ non solo non ha funzionato, ma ha regalato a Hezbollah un potere politico, che prima dl conflitto era impensabile. Però in Libano gli Israeliani hanno dovuto cedere alle pressioni dell’opinione pubblica internazionale ( o almeno, così vogliono vederla) e interrompere la loro azione prima del previsto. Stavolta, almeno per quanto riguarda l’atteggiamento delll’opinione pubblica l’operazione gode di basi molto più solide.

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Rick avevo letto l'articolo da te postato: mi dispiace che tu lo condivida; lo trovo penoso, perché cerca di giustificare con una pretesa e solo di facciata analisi strategica, quello che io considero il tentativo viscido di dimostrare la malafede d'Israele, alla stregua del più becero antisemitismo dichiarato!!!

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notizia Ansa sul fosforo bianco:

Hrw: Israele usa fosforo bianco

Per impiego 'consentito dal diritto internazionale'

(ANSA) - GERUSALEMME, 10 GEN - L'organizzazione umanitaria 'Human Rights Watch' (Hrw) accusa le forze israeliane di avere fatto uso di munizioni al fosforo bianco. Cosi' come aveva fatto nei giorni scorsi il 'Times' di Londra. Per Hrw il 9 e 10 gennaio i suoi operatori hanno osservato i bagliori prodotti dal fosforo bianco in un attacco nei pressi di Gaza e del campo profughi di Jabaliya. Hrw precisa che Israele avrebbe fatto ricorso a queste munizioni per un impiego 'consentito dal diritto internazionale'.

link Ansa:

Ansa

 

in teoria mi sembra di aver capito che nei bombardamenti si può usare giusto?

Modificato da F-14
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Mah dell'articolo di Ebonsi qualcosa si salva, ma nella visione generale non posso che contestarlo più che duramente.

Sull'idea che Sharon aveva intenzione di partire con un offerta negoziale bassa, sicuramente inferiore a quella del 98, mi pare ci sia poco da discutere, ma non credo che i palestinesi avrebbero potuto chiedere di più dopo aver rifiutato un offerta che soddisfava il 99% delle loro richieste e dopo 4 anni di attacchi terroristici nel cuore di Israele, ma paragonare questo al ghetto di Varsavia è veramente eccessivo e sintomo dell'antisemitismo latente già notato da Picpus.

Quanto alla campagna di pr da parte di Israele non credo che esista, se non in minima parte.

La realtà è che se la gente appoggia Israele, nella stessa misura di come l'aveva appoggiato nel 2006 (quindi si parla sempre di una minoranza, almeno in Europa) è perchè la sacrosanta ragione sta dalla parte dello stato ebraico, checchè se ne dica.

E se l'intervento è volto a sradicare Hamas, militarmente o politicamente che sia, ben venga, perchè non si tratta assolutamente di un movimento compatibile con la realtà del processo di pace.

E soprattutto non mi si venga a dire che il golpe l'ha fatto Fatah, che, peraltro, non amo, perchè se da un governo di coalizione il movimento Islamico ha deciso di prendersi Gaza non capisco che colpa possa averne Abbas, figura, questa si, che compatisco.

 

Nell'articolo di Luttwak trovo, invece, esagerata l'enfasi posta sulla collaborazione Palestinese contro Hamas, i simpatizzanti di Fatah ovviamente supportano lo sradicamento del movimento Islamico, anche se, ovviamente, per la facciata son sempre fuoco e fiamme contro gli odiati Sionisti, ma per il resto lo Shin Bet e compagnia hanno sempre avuto una grande capacità di infiltrarsi nei territori, come dimostrato da oltre 20 anni di occupazione senza eccessivi incidenti.

Bisogna calcolare, poi, che qui si parla di un' operazione preparata e pianificata nei minimi dettagli da più di un anno, allora i conti tornano.

 

P.S. Quanto all'annosa e quantomai abusata questione del fosforo (che di questo elemento siano carenti certi giornalisti?) si può usare come si vuole, non è un arma chimica e, soprattutto, è totalmente inutile in un operazione del genere, specie visti gli sforzi di Israele di minimizzare i danni collaterali.

Avranno usato qualche artifizio illuminante, ecco tutto, ma da questa gente le cose finiscono sempre amplificate.

Modificato da Dominus
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Io non sono anti-israeliano, anzi a pelle la mia simpatia va tutta a loro; però tendo e cerco di ragionare con imparzialità sulla cosa.

Quello che non condivido dell'articolo sono i giudizi morali (il ghetto di Varsavia, il Bantustan, ecc.. anche se non penso si tratti di antisemitismo) ma l'analisi politico-strategica delle mosse israeliane e palestinesi mi pare, sostanzialmente, corretta.

Ovvero, schematizzando:

1) Sharon cercava di ottenere una pace unilaterale, senza negoziato, ritirandosi da Gaza e trasformando il confine con la Cisgiordania in una sorta di groviera per salvare il grosso degli insediamenti israeliani e Gerusalemme.

2) La precondizione per ottenere che la cosa funzionasse era un governo che accettasse le scelte israeliane

3) I palestinesi però scelsero Hamas, e qui Israele fu un pollo nel permettere la cosa

4) La divisione dei palestinesi è un vantaggio tattico per Israele, ma un disastro strategico perchè mai potrà ottenere la pace in questo modo

5) L'obiettivo politico è quindi eliminare Hamas, riunificare i palestinesi sotto Abu Mazen e far si che quest'ultimo accetti i confini decisi da Sharon

6) Come si elimina Hamas? Basta leggersi il significato dell'acronimo COIN per capirlo: non devi colpire i pesci, ma devi prosciugare il mare in cui i pesci nuotano.

7) Si è tentato lo stesso con Hezbollah ma, per una serie di errori mediatici, politici e militari, la cosa non funzionò. Oggi però le cose possono essere diverse

Il problema è che Hamas ha vinto delle elezioni regolari e legittime, e quindi non si può sperare di eliminarlo come forza politica soltanto mediante una lunga serie di assassini “mirati”. Bisogna invece che sia la popolazione palestinese stessa a ritirare il proprio appoggio per Hamas, e a darsi ( o comunque accettare) una nuova leadership politica più “flessibile”. E’ questo lo scopo ultimo di “Cast Lead”, e il motivi per i tanti – troppi – casi di “incidenti” e “danni collaterali” a danno di civili.

 

Questo è il punto fondamentale dell'articolo, che quoto in pieno.

Poi, definire ghetto o Bantustan la Cisgiordania e le frecciatine contro Israele, beh quelle è ovvio che non le condivido.

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Dal link http://www.corriere.it/editoriali/09_genna...44f02aabc.shtml

 

riporto un articolo di Ernesto Galli della Loggia, che fa riflettere sia sull'antisemitismo diffuso, da secoli, nella società cristiana, sia sul concetto di pacifismo:

 

 

I RAPPORTI TRA IL VATICANO E ISRAELE

 

Il pacifismo impossibile

 

di Ernesto Galli Della Loggia

 

 

L’incauto paragone fatto dal cardinale Martino tra Gaza e un campo di concentramento (allestito dagli israeliani, naturalmente) ha riproposto il tema del rapporto tra Chiesa e Israele. Un tema che, al di là del paragone azzardato di cui sopra, e al di là delle ben diverse ed equilibrate espressioni adoperate invece dal Papa, si ripropone regolarmente perché in realtà esso riguarda sì un contenzioso specifico, ma insieme si presta come pochi altri ad essere lo specchio di questioni e dilemmi di portata amplissima che riguardano la storia del Cattolicesimo e dell’Ebraismo in quanto tali, dei loro rapporti, nonché il modo d’essere del primo sulla scena del mondo. Per quanto riguarda il contenzioso arabo-israeliano e il ruolo della Chiesa, su di esso non può non pesare ancora come un macigno il mancato riconoscimento diplomatico del nuovo Stato da parte della Santa Sede. Protrattosi per oltre un trentennio dopo la nascita di Israele, esso sortì l’effetto paradossale di equiparare di fatto il Vaticano, la massima autorità del mondo cristiano, al «fronte del rifiuto» arabo- islamico.

 

Nel 1947 e nei molti anni successivi la diplomazia vaticana e chi la guidava non capì che il riconoscimento di Israele da parte della Chiesa di Roma era un gesto simbolico dovuto alla storia, alle sue ragioni supreme cui era necessario inchinarsi. Che sarebbe stato un gesto di sapore profetico in grado di imprimere una svolta sorprendente ad una storia lunga e tormentatissima, segnandone forse un nuovo inizio. Nella circostanza in questione, invece, gli aspetti simbolici pesarono sì (molto probabilmente) ma solo in senso negativo. Dovettero certo pesare, ad esempio, l’antica avversione per il «popolo deicida» che per la prima volta riusciva ora ad assurgere ad un’autonoma esistenza statale, lo sconcerto nel vedere tale Stato padrone addirittura della culla storica del Cristianesimo, il fatto, infine, che tutto ciò accadesse per una singolare convergenza protestante-marxista in seno alle Nazioni Unite (il voto di Usa e Urss). Mentre dal canto suo l’obiettivo accampato di solito per giustificare quel mancato riconoscimento — e cioè la protezione delle comunità cristiane nei Paesi arabi — non poteva rivelarsi più illusorio.

 

A dispetto delle scelte vaticane, infatti, quelle comunità sono andate da allora riducendosi progressivamente di numero e d’influenza fino ad essere oggi sul punto di scomparire. Al mancato riconoscimento diplomatico si aggiunsero poi altri gesti di segno ancora più inequivoco: memorabile la scoperta di un vescovo cattolico, monsignor Capucci, sorpreso negli anni ’70 a trasportare armi nel bagagliaio della propria auto per conto delle organizzazioni armate palestinesi. Come avrebbe reagito in un caso analogo, ci si deve chiedere, un’opinione pubblica diversa da quella israeliana, per esempio italiana? E che cosa avrebbe pensato dell’assenza di qualunque sanzione nei confronti del suddetto prelato da parte delle autorità religiose? Israele reagì accentuando l’atteggiamento di risentimento e di ostilità, anche se celato dietro un’apparenza di gelida correttezza formale, che aveva tenuto fin dall’inizio nei confronti della presenza cattolica nel suo territorio, e che estese dopo il 1967 ai territori occupati. Lo fece, e continua tuttora a farlo, non solo non distinguendo in alcun modo tra arabi cristiani e musulmani, trattando entrambi con pari ostilità, ma soprattutto facendo sentire tutto il peso della propria autorità e quindi del proprio controllo occhiutamente oppressivo, sui luoghi santi della tradizione cristiana.

 

Israele, insomma, ha colto senza pensarci due volte la singolarissima occasione che la storia gli ha offerto di rovesciare le parti: la condizione di sottomissione che per secoli gli ebrei hanno dovuto subire all’interno delle società cristiane è divenuta la medesima, almeno simbolicamente, che ai cristiani e alle loro istituzioni tocca ora sopportare all’interno della società ebraica. Ma l’atteggiamento della Chiesa nel conflitto arabo-israeliano si colora di un aspetto tutto particolare per un’altra ragione, che va oltre il rapporto cristianesimo-ebraismo. Si tratta del fatto che mai come a proposito di quel conflitto— che una vasta parte dell’opinione pubblica occidentale tende a considerare come una guerra «giusta» o perlomeno inevitabile —si manifesta il carattere problematico delle posizioni che la Chiesa è venuta assumendo sempre di più negli ultimi anni sulla scena internazionale. Una posizione che, come si sa, si compendia in pratica (anche se non in teoria: ma finora nella pratica non ricordo che vi siano state eccezioni) nel rifiuto/denuncia della guerra, virtualmente di ogni guerra.

 

Questo pacifismo suscita inevitabilmente, però, una questione di grande rilievo, destinata a emergere di continuo nelle accese discussioni pubbliche che accompagnano sempre il conflitto mediorientale, come per l’appunto si vede anche in questi giorni. Essa riguarda il carattere quasi sempre non neutrale del pacifismo, spesso a dispetto dei suoi stessi promotori. In molte circostanze, infatti, schierarsi per la pace non significa per nulla essere davvero equidistanti tra le parti o al di sopra di esse. Specialmente perché un pacifismo coerente dovrebbe indurre non solo ad essere contro la guerra, ma a denunciare di continuo con eguale forza anche ogni manifestazione di conflittualità, di qualunque tipo o misura, che spesso costituisce la premessa obbligata del successivo scoppio delle ostilità vere e proprie. È dunque lecito chiedersi: la Santa Sede che è contro le odierne operazioni belliche di Israele, lo è stata allo stesso modo, con la stessa nettezza, lo stesso tono e soprattutto con la medesima pubblicità, nei confronti per esempio della politica estera di Siria e Iran? O di tante quotidiane manifestazioni violentissime del fronte palestinese? Ognuno può rispondere da sé.

 

Resta da dire che una vera politica pacifista è in realtà impossibile per qualunque organizzazione vasta e complessa, tutrice di vari e molteplici interessi, perché, intesa coerentemente, essa implicherebbe la rinuncia di fatto a svolgere un qualunque vero ruolo politico—basato, come questo inevitabilmente è, sulla contrattazione (anche del silenzio) e le alleanze— per limitarsi, viceversa, ad un ruolo di esclusiva testimonianza morale, sempre e comunque. La scelta della Chiesa di Roma non sembra proprio andare in questa direzione. È lecito aggiungere, per fortuna?

 

11 gennaio 2009

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Completamente daccordo con Dominus.

Sottolineo che una sostanziale sconfitta militare di Hamas ne riduce fortemente anche la forza politica.

Cito un aneddoto : il presidente Sadat , parlando di Gheddafi (e degli altri regimi arabi) disse che voleva combattere Israele "fino all' ultimo EGIZIANO" , e la storia cambio'.

Gli avvenimenti in corso potrebbero indurre i Palestinesi a riflessioni simili nei riguardi dei loro sponsor esteri (ogni riferimento siro-iraniano è voluto)

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Ok, ma quello che mi interessa sapere da voi è se concordate con l'analisi politico-strategica dell'articolo, non se concordate sui giudizi morali dati dall'autore dell'articolo stesso.

Cioè, qual'è l'obiettivo di Israele? Che è la sconfitta di Hamas siamo,direi, tutti d'accordo. Ma come intendono sconfiggere Hamas? E quale obiettivo strategico sta dietro al voler sconfiggere Hamas, al di la dei fastidiosi razzi sulle città israeliane?

Secondo me Bonsignore risponde correttamente a queste domande. E per voi?

Modificato da Rick86
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Dal link http://iltempo.ilsole24ore.com/2009/01/11/...e_israele.shtml

 

riporto l'articolo seguente, che costituisce un'ottima notizia:

 

 

L'appoggio bipartisan

 

Ma la politica sostiene Israele

 

L'applauso, quello di sostegno, di comprensione, di affetto, l'applauso vero, arriva quando è l'ambasciatore di Israele a salire sul palco. Sotto, in platea, più di 2200 persone si fermano. C'è la politica che conta.

 

 

C'è la Comunità ebraica romana. C'è chiunque abbia la voglia, e la forza, di sostenere le ragioni di Israele. E allora ecco che le adesioni alla manifestazione, l'unica pro-Israele in questo sabato travolto dalle bandiere bruciate e le scritte antisemite, non conosce colore.

 

C'è il ministro Andrea Ronchi. Arriva, sorride, saluta. Condanna: «Noi siamo per la libertà e la democrazia di Israele aggredita da Hamas». È indignato per la Stella di David bruciata, il ministro per le Politiche europee. E quando salirà sul palco per dire la sua lo sarà ancora di più. Giancarlo Elia Valori intanto se ne sta seduto in prima fila già da un po', in attesa che inizino i discorsi. Parlotta a più non posso. A destra con Daniele Capezzone, a sinistra con Fabrizio Cicchitto. Il pesidente dei deputati del Pdl ricorda il lavoro fatto dal ministro Frattini: «La tregua va bene, ma solo se Hamas la smette di offendere». Poi si scatena sulle manifestazioni di Milano: «Sono inquietanti quelle fatte dagli immigrati in Italia. Hanno il diritto di protestare, ma se arrivano a bruciare le bandiere e poi si mettono a piazza Duomo a manifestare in maniera religiosa. A piazza Duomo! È inquietante», ripete.

Arriva anche Umberto Ranieri. La cosa si fa bipartisan per davvero. Il democratico dice a Furio Colombo, lì accanto, di «capire le ragioni dell'attacco. Però se Israele dà una mano...».

 

Comunque condanna netta su Hamas. La sala è quasi colma. Il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici se ne sta seduto accanto a sua moglie Alessandra, sempre in prima fila quando il marito è chiamato a presenziare occasioni importanti. Pacifici scrive e riscrive su un pezzo di carta i suoi appunti per il discorso. Si alza solo per salutare gli onorevoli che arrivano. Da Fiamma Nirenstein ad Alessandro Ruben, da Gustavo Selva a Ferdinando Adornato per l'Udc, da Gianni Vernetti a Olga D'Antona e Maurizio Gasparri. Arriva anche Ottaviano Del Turco e l'ex presidente della Comunità ebraica romana, Leone Paserman, quasi supplica un fotografo di essere immortalato assieme al parlamentare. L'ambasciatore di Israele in Italia, Gideon Meir, sbuca all'improvviso. Nel caos dei flash sembra quasi un'apparizione.

 

Finalmente arriva Piero Fassino. Il democratico è stato chiamato a rapporto da Walter Veltroni tre giorni fa e incaricato portavoce del partito per l'evento. Tanto per far capire che all'interno del Pd non è solo Massimo D'Alema a fare politica estera. E ora è il momento di dimostrarlo. Le mani di Pacifici, Renzo Gattegna, Meir, Ronchi e lo stesso Fassino si chiudono una sopra le altre in segno di unità. L'immagine è pronta, tocca alle parole. «Hamas può essere un interlocutore solo se riconosce lo stato di Israele», spiega Fassino che ci tiene a condannare i lanci di razzi delle milizie. Ma l'obiettivo finale, dice, «deve essere la creazione di due stati per due popoli e che siano entrambi democratici». Il dovere «è quello di non considerare inevitabile il conflitto» e che «si torni il più rapidamente possibile alla politica, alla parola, al negoziato».

 

Applausi. Come per Adornato che dice di «essere qui per difendere me stesso, l'Occidente. Israele siamo noi. Se dobbiamo condannare qualcuno per questa guerra è Hamas, che mette i civili sugli obiettivi militari». Adornato invita governo e Europa a non lasciare solo lo stato «ebraico», e auspica l'ingresso di Israele nella Nato. Ma per parlare di pace, spiega Pacifici, «bisogna che finisca il lancio di missili da Gaza».

 

Dalla sala ancora applausi, per tutti. Ormai i posti a sedere sono esauriti. In piedi, giù in fondo, ci sono anche i diplomatici dell'ambasciata di Israele, tanta è la gente. Sembrano più presi a controllare che tutto sia a posto. Poi di scatto si girano verso il palco. «Cari amici, il 15% degli israeliani è costretto a stare nei rifugi». È l'ambasciatore Meir che parla. «Noi non siamo contro il popolo palestinese, siamo contro Hamas. Sostenere Israele è sostenere la pace». Fassino e Ronchi battono le mani.

 

Fabio Perugia

 

11/01/2009

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Mah l'obiettivo strategico è ovviamente riportare tutti i Palestinesi sotto il controllo di Abbas, daltronde gli obbiettivi, come diceva Luttwak, non glieli segnalano certo gli uccellini.

Altro obiettivo è senz'altro rafforzare la posizione del duo Livni-Barak, per avere una minima possibilità di superare il Likud alle elezioni, con il quale, a meno di clamorosi sconvolgimenti a cui Israele ci ha abituato, non c'è possibilità di dialogo.

 

Riguardo alle concessioni l'autore dell'articolo è però rimasto indietro, perchè il nuovo piano di pace promosso dall'amministrazione Bush prevedeva concessioni maggiori a quelle pensate dopo l'intifada (sempre inferiori a quelle di Barak del 98, ma se ci sono lamentele a riguardo si è pregati di portarle ad una tomba dalle parti di Ramallah).

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Ok, ma quello che mi interessa sapere da voi è se concordate con l'analisi politico-strategica dell'articolo, non se concordate sui giudizi morali dati dall'autore dell'articolo stesso.

Cioè, qual'è l'obiettivo di Israele? Che è la sconfitta di Hamas siamo,direi, tutti d'accordo. Ma come intendono sconfiggere Hamas? E quale obiettivo strategico sta dietro al voler sconfiggere Hamas, al di la dei fastidiosi razzi sulle città israeliane?

Secondo me Bonsignore risponde correttamente a queste domande. E per voi?

 

 

L' obiettivo "strategico" di Israele e' sempre lo stesso : maggiori chances di sopravvivenza.

Cosa si sia prefisso ora , nel breve-medio termine , presumo sia un minimo accettabile e un massimo teorico che , personalmente , vedo piu' in termini politici che "militari".

Sicuramente un indebolimento di hamas che potrebbe arrivare alla sconfessione palestinese dei movimenti fondamentalisti / estremisti.

A me non ha fatto una bella impressione il "capo" di Hamas incitare con parole infiammate la resistenza all' ultimo uomo ( dalla poltrona di Damasco , via tv ) , per la serie "armiamoci e partite".

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Dal link http://www.fiammanirenstein.com/articoli.a...=11&Id=2081

 

riporto:

 

Manifestazione “con Israele, per la libertà, contro il terrorismo”, mercoledì 14 a Montecitorio

 

PER ADESIONI:

parlamentari.italia.israele@gmail.com

 

Per il prossimo 14 gennaio l'Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele ha convocato una manifestazione che si terrà dinanzi a Montecitorio nella forma di una maratona oratoria, a partire dalle ore 18:30.

Per la prima volta, dall’interno del Parlamento – e da una organizzazione costituita da componenti di tutti i gruppi parlamentari – prende le mosse una manifestazione di piazza, alla quale invitiamo caldamente i cittadini, sulla parola d’ordine: “Con Israele, per la libertà, contro il terrorismo”.

Infatti, lungo il confine di Israele passa una frontiera che è anche la nostra: quella che separa la democrazia dalla violenza, la libertà dall’intolleranza.

Intervenite numerosi e confermate la vostra presenza all’email: parlamentari.italia.israele@gmail.com

 

Questo è l’appello lanciato dall'Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele:

 

“Dopo 8 anni di attacchi missilistici e il rifiuto da parte di Hamas di rinnovare la tregua, Israele ha deciso di fare ciò che qualsiasi altro stato avrebbe fatto da tempo: difendere i propri cittadini, cercare di fermare il continuo attacco proveniente da Gaza, cambiare la situazione sul terreno così da garantire il proprio diritto alla sicurezza. Il conflitto è sempre doloroso: auspichiamo la fine delle sofferenze dei civili innocenti da ambo le parti e sosteniamo l’Italia nel suo sforzo umanitario. Ma non possiamo fare a meno di notare come questo scontro sia reso particolarmente duro a causa dell’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas. Resta in noi la speranza che da questo conflitto possa uscire un Medio Oriente meno tormentato dall’odio integralista e meglio predisposto alla pace.

Hamas è un gruppo terroristico particolarmente distruttivo, come riconosciuto dalla stessa Unione Europea. Esso non rappresenta solo se stesso: i suoi stretti rapporti con l’Iran, la Siria e gli Hezbollah e la presenza a Gaza di Al Qaeda, rendono questo confronto un episodio decisivo nella guerra delle democrazie contro il terrorismo. Tutti noi speriamo che presto si ritorni a una situazione di quiete, ma, proprio per questo, pensiamo che sia indispensabile evitare che Hamas torni a bombardare i cittadini israeliani e che cessi la sua politica di esportazione dell’odio e dell’intolleranza.”

 

 

 

Adesioni anche su facebook:

 

http://www.facebook.com/home.php#/event.ph...1892&ref=mf

 

http://www.facebook.com/home.php#/event.ph...3769&ref=mf

 

 

Hanno aderito e in gran parte annunciato la propria presenza:

 

On. Enrico Pianetta, Presidente Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele

 

On. Gianni Vernetti, Vicepresidente Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele

 

Sen. Rossana Boldi, Presidente Commissione Politiche dell’UE, Vicepresidente Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele

 

On. Fiamma Nirenstein, Vicepresidente Commissione Esteri, Portavoce Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele

 

On. Fabrizio Cicchitto, Capogruppo Pdl alla Camera. “Aderisco a titolo personale e a nome del Gruppo Pdl alla Camera e sarò presente”

 

Sen. Maurizio Gasparri, Presidente Gruppo Pdl al Senato

 

Sen. Gaetano Quagliariello, Vicepresidente Vicario Gruppo Pdl al Senato

 

On. Edmondo Cirielli, Presidente Commissione Difesa

 

On. Benedetto Della Vedova, Presidente Riformatori Liberali

 

On. Emanuele Fiano

 

On. Marco Pannella (Parlamento Europeo)

 

On. Riccardo Migliori, Presidente Delegazione Italiana all’OSCE

 

On. Paolo Guzzanti. “Ovviamente io sarò alla manifestazione e cercherò di portare tutti gli amici che militano per la verità e per Israele e con cui sono in contatto via Internet”.

 

Sen. Marcello Pera

 

Sen. Mario Baldassarri

 

On. Anna Paola Concia

 

On. Alessandro Maran

 

On. Ferdinando Adornato

 

On. Eugenio Minasso

 

On. Beatrice Lorenzin

 

On. Anna Maria Bernini Bovicelli

 

On. Giorgio Stracquadanio

 

On. Andrea Orsini, Vicepresidente Giunta delle Elezioni

 

On. Massimo Polledri

 

On. Giorgio Lainati, Vicepresidente Commissione di Vigilanza RAI

 

On. Maurizio Bianconi

 

On. Alessandro Ruben

 

On. Guglielmo Picchi

 

On. Riccardo Mazzoni

 

On. Giorgio La Malfa

 

On. Marco Zacchera

 

Antonio Polito, Direttore Il Riformista

 

Giancarlo Loquenzi, Direttore L’Occidentale

 

Massimo Bordin, Direttore Radio Radicale

 

Gianfranco Polillo, Ircocervo

 

Marco Taradash

 

Umberto Ranieri

 

Massimo Teodori

 

Magdi Allam

 

Ernesto Galli Della Loggia

 

Giuseppe Caldarola

 

Daniele Capezzone, Portavoce FI. “Aderisco convintamente all'iniziativa del 14 gennaio. Ci sarò”.

 

Ernesto Somma, Dipartimento per gli Affari Regionali, Presidenza del Consiglio dei Ministri: “Aderisco con convinzione alla manifestazione alla quale prenderò parte”

 

Manfredi Palmeri, Presidente Consiglio Comunale Milano

 

Renzo Foa

 

Daniele Scalise

 

Sergio Corbello, Direttore Generale Fondazione Magna Carta. “Plaudo iniziativa e confermo partecipazione”

 

Anselmo Gusperti, Segretario Provinciale PRI (Cremona)

 

Renato Lelli, Comitato Nazionale PRI (Cesana)

 

Alfredo Silvestrini - Consigliere Comunale di Portogruaro VENEZIA

 

Nicolino Corrado - Direttivo Provinciale di Imperia del Partito Socialista

 

Angela Ronchino, Comitato delle Donne, Pdl Ladispoli

 

Marco Carrai, Consigliere Comunale PD Firenze

 

Renzo Gattegna, Presidente Unione Comunità Ebraiche d’Italia

 

Riccardo Pacifici, Presidente Comunità Ebraica di Rom

 

Daniele Nahum, Presidente Giovani Ebrei d’Italia

 

Giacomo Korn

 

Benè Berith Giovani

 

Keren Hayesod Italia

 

Keren Kayemet Italia

 

Davood Karimi, presidente Associazione Rifugiati Politici Iraniani residenti in Italia

 

Associazione “Una Via per Oriana”

 

Nicole Touati- Presidente Logan's Centro Studi sul Terrorismo

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Visto che tutti postate articoli "pro-Israele", io posterò articolo "contro-Israele", pur essendo neutrale nella vicenda, ormai se ne sta parlando anche troppo, e ad essere onesto mi sono un pò stancato, di ambo le parti.

 

Inizio con questo video, secondo il quale Israele ha ammesso che Hamas non ha rotto la tregua.

 

 

Personalmente non ci ho capito molto, se qualcuno mi traduce ciò che dice la voce di sottofondo mi fa un favore.

Modificato da Berkut
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Beh Berkut, il video non lo apro neanche. Mi pare semplicemente pazzesco sostenere che Hamas non ha tirato razzi contro Israele

 

EDIT: a meno che tu non ti riferisca alla tregua negoziata con Israele. Fino a che la tregua non è scaduta, non hanno tirato razzi. Dalla fine della tregua in poi, però hanno ricominciato

Modificato da Rick86
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http://www.beppegrillo.it/2009/01/cinque_s...s?s=n2009-01-03

 

Alcuni:

"Non avevamo scelta..."

come sarebbe "NON AVEVAMO SCELTA"????

qusto governo israeliano compete, stravincendo, con le S.S.

 

rappresaglia Fosse Ardeatine:

10 a 1

rappresaglia Anti Hamas:

80 a 1

 

non sono uomini di governo, sono CRIMINALI ASSASSINI ASSETATI DI SANGUE.

e come tali dovrebbero essere perseguiti e condannati.

ma grazie (anche e non solo) agli USA sono INTOCCABILI.

 

non c'è altro da aggiungere, almeno a parole.

 

il governo israeliano si comporta con i palestinesi ugualmente che i nazisti dal 1934 al 1945 con loro.

 

Da schifo tutte e due, sempre FASCISTI

 

nel 1937 i nazisti espropriavano le case, i possedimenti, le attività agli ebrei...

gli ebrei fanno lo stesso con i palestinesi dal 1948!

con la scusa della "terra promessa" (ma da chi?) israele si comporta all'incirca come hitler...

a quando i deportamenti e i forni crematori?

 

p.s.

mai sentito un'ebreo italiano dire qualcosa contro queste nefandezze compiute da israele!

 

pp.ss.

le religioni e i religiosi da sempre rompono il caz*o

 

Beppe,

io mi cerco la foto delle 5 bimbe uccise e la mando a Fiamma Nirernstein e a quello stronzo di Frattini .

Fiamma Nirenstein, l'"agente del Mossad", eletta da quei lobotomizzati che hanno votato PDL , che legifera ed agisce per conto di Tel Aviv,pagat aanche da me, caszzo, caz*o ,caz*o...

Io pago questa stronza che appoggia gli stragisti di bambini!!!

La Nirenstein, che ha il coraggio di di dire "questa guerra è sacrosanta".

Non so con che altro residuo di coraggio possa dormire la notte , non so come faccia a festeggiare con la sua famiglia il natale ebraico, in qualche villa super protetta e blindata a Tel Aviv, mentre si massacrano bimbe e bimbi.

Gli israeliani sanno benissimo ce i leader di Hamas sono al riparo nei bunker, lo sa benissimo che chi muore e salta in aria sono i civili.

Solo civili...

 

QUESTI SONO I PACIFISTI CHE SI ERGONO A SALVATORI DELL'UMANITÀ

Modificato da Venon84
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