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EUROGENDFOR (EGF)


Andrea75

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informazioni tratte da un paper dello IAI (reperibile sul sito web) - 1^ parte

 

La genesi delle Forza di Gendarmeria Europea

 

Durante un incontro dei ministri europei della Difesa tenutosi a Roma nel 2003, i ministri italiano e francese lanciarono l’idea di istituire una Forza di Gendarmeria Europea, poi sostanziatasi in una Dichiarazione di intenti sottoscritta nel 2004. La Forza nasceva come una struttura autonoma dall’Unione Europea (UE) aperta agli

stati UE che disponevano di forze di polizia a statuto militare, analoghe all’Arma dei Carabinieri. Si trattava in totale cinque paesi: l’Italia stessa, poi Francia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. Le linee contenute nella Dichiarazione sono state poi tradotte in un Trattato per l’attuazione delle Forza di Gendarmeria Europea

(Eurogendfor, o abbreviato in EGF), concluso nel 2007 a Velsen (Olanda), ma depositato presso la Repubblica Italiana. La Forza di Gendarmeria Europea è stata dichiarata operativa nel 2006 sulla base della Dichiarazione d’intenti, che può essere definita come un trattato in forma semplificata. Il Trattato del 2007 non è ancora entrato in vigore e, per quanto riguarda l’Italia, è stato sottoposto a legge di autorizzazione alla ratifica insieme alla Dichiarazione di intenti.

A partire dal dicembre 2008 anche la Romania è membro della Forza di Gendarmeria Europea. Quindi la Forza conta ora sei componenti. A questi si aggiungono la Turchia – che ha status di osservatore – e Polonia e Lituania con status di partner. Del resto il Trattato di Velsen non è uno strumento chiuso. È prevista la possibilità di adesione, da parte di uno stato UE che abbia una forza di polizia a statuto militare (quindi la full membership), lo status di osservatore e quello di partner.

La prima operazione della Forza di Gendarmeria Europea ha avuto luogo a partire dal 14 dicembre 2007 nell’ambito della Missione Althea a guida UE in Bosnia-Herzegovina. La seconda in Afghanistan, a partire dal dicembre 2009. La Forza di Gendarmeria opera nel quadro Nato, con il compito di istruire e formare le forze di polizia locali. Il 25 gennaio 2010 i ministri degli Affari Esteri dell’UE hanno deciso l’invio di una forza di oltre 300 uomini della Gendarmeria Europea ad Haiti.

 

La composizione della Forza di Gendarmeria Europea

 

La Forza di Gendarmeria Europea è organizzata intorno ad un Quartier Generale (QG) con sede a Vicenza. Come specifica l’art. 3 b) del Trattato viene istituito un QG permanente multinazionale, modulare e proiettabile, cioè attivabile in un’area di operazioni. Del QG fanno parte tutti gli stati membri. Il QG, composto di personale assegnato dagli stati membri e con a capo il comandante della forza di gendarmeria, non dispone di una forza permanente immediatamente dispiegabile nel teatro delle operazioni. Allo scopo di costituire una Forza “operativa, pre-organizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi” gli stati membri dovranno tenere a disposizione contingenti ad hoc, dispiegabili nell’arco di 30 giorni. Tale iniziale capacità di reazione rapida potrà impiegare circa 800 persone, come detto nella Dichiarazione di intenti, mentre il totale delle forze che gli stati possono mettere a disposizione può arrivare a 2300 uomini.

 

Le missioni

 

La Forza di Gendarmeria Europea deve essere in grado di coprire l’intera gamma di una missione di polizia internazionale e agisce in sostituzione o rafforzamento di un’operazione di gestione delle crisi condotta autonomamente o in cooperazione con altri. Le forze messe a disposizione sono flessibili in quanto possono

operare sotto comando militare o alle dipendenze di un’autorità civile. Una duplicità di ruoli che è consentita dalla natura e versatilità della Forza, composta da personale di polizia a statuto militare.

I compiti sono definiti dall’art. 4 del Trattato e sono tipici di una missione di polizia, con esclusione di compiti di combattimento o peace-enforcement. In particolare, la Forza può

- condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico;

- collaborare con le forze di polizia locali;

- svolgere indagini investigative nel campo penale allo scopo di rintracciare i colpevoli e consegnarli all’autorità giudiziaria;

- mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici;

- formare istruttori ed operatori di polizia.

I compiti stabiliti dall’art. 4 sembrano essere tassativi e non possono essere ulteriormente ampliati. Se le deduce che la Gendarmeria Europea è una Forza le cui operazioni devono essere inquadrate in una più ampia operazione a supporto della pace (Peace Support Operation, PSO) condotta da un’organizzazione internazionale o da una coalizione ad hoc. Particolarmente utili dovrebbero essere i compiti della Gendarmeria come struttura di supporto alle missioni civili, per provvedere ad esempio alla sicurezza della missione. Ma le funzioni della Gendarmeria devono essere apprezzate anche nel campo del post-conflict peace building, cioè quando si tratti di ricostruire il tessuto istituzionale di uno stato a lungo oggetto di una guerra civile o addirittura in preda all’anarchia.

Preme comunque sottolineare come la Gendarmeria Europea non possa essere impiegata per una missione completamente autonoma, ma la sua funzione sia piuttosto di supporto ad una missione di più ampio respiro. In altri termini, come si deduce dalla stessa lettera del Trattato di Velsen (art. 1), la missione della Gendarmeria Europea consiste nell’ ”eseguire tutti i compiti di polizia previsti nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi”.

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La struttura decisionale

 

La struttura decisionale della gendarmeria europea fa capo al CIMIN (acronimo francese che sta per Comité interministeriel de haut niveau), che indica l’Alto Comitato Interministeriale, organo decisionale della Gendarmeria. Il CIMIN è composto dai rappresentati dei ministeri interessati degli stati membri (quindi Esteri e Difesa), cui spetta la nomina, ed ha competenze non solo relative all’amministrazione della Gendarmeria, ma anche squisitamente politiche. In particolare, secondo l’art. 7 par. 3 del Trattato istitutivo, il CIMIN adotta le decisioni relative alla a) partecipazione alle missioni, b) le richieste di cooperazione da parte di terzi, siano essi stati, organizzazioni internazionali o “altri” (il cui significato andrebbe opportunamente chiarito); e c) definisce il quadro delle azionicondotte su richiesta dell’UE, dell’ONU, della NATO, di altre organizzazioni internazionali o di una coalizione specifica. Il CIMIN valuta i requisiti richiesti per l’adesione al Trattato, ma la decisione spetta agli stati parti. Peraltro decide sullo status di osservatore e di partner della Gendarmeria. Il CIMIN decide all’unanimità e quindi non può essere ignorata l’eventuale posizione contraria di uno stato membro, quantunque l’esperienza dimostri che l’unanimità (al pari del consensus) non sia una contabilitàmeccanica, ma il frutto di una decisione che viene costruita. Ciò che invece potrebbe destare qualche perplessità, leggendo la lettera dell’art. 7, è l’affidamento ad un organismo burocratico della decisione sull’invio di personale all’estero, specialmente quando si tratti di partecipare a coalizioni ad hoc, non inquadrabili in organizzazioni internazionali di cui l’Italia sia parte. Altro problema è rappresentato dal raccordo tra dispaccio della missione e parlamenti nazionali. Nel nostro ordinamento – com’è noto - l’invio di una missione militare è normalmente preceduta da una risoluzione parlamentare, mentre tale prassi non è necessariamente seguita nel caso di una missione civile (vedi il recente caso di Haiti a cui so è già fatto riferimento). Occorre trovare un meccanismo agile che consenta il rispetto delle prassi instaurate, senza per questo ostacolare l’invio all’estero di una missione della Gendarmeria. Bisognerà esaminare la prassi di attuazione, anche in relazione al finanziamento della missione ed ai progetti di legge attualmente all’esame del Parlamento per l’invio delle missioni all’estero.

Le altre funzioni attribuite al CIMIN rientrano nel quadro della gestione di un’organizzazione internazionale e sono funzioni politiche di alta amministrazione, come ad esempio la nomina del Comandante, l’approvazione dei programmi di formazione o la sorveglianza degli obiettivi definiti dal Trattato istitutivo.

 

I rapporti tra la Forza di Gendarmeria Europea, gli enti per cui opera e lo stato in cui si svolge la missione

 

Come specificato dall’art. 5 del Trattato di Velsen, la Gendarmeria europea potrà essere messa a disposizione dell’UE, dell’ONU, dell’Organizzazione per al sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE) e della NATO. Potrà altresì operare al servizio di altre organizzazioni internazionali o di coalizioni specifiche di stati. Le condizioni sono stabilite di volta in volta dal CIMIN e dovrà essere stabilito il mandato per ogni singola missione. È tuttavia necessario un accordo tra gli stati membri della Gendarmeria europea e l’organizzazione richiedente. Qualora la Gendarmeria sia posta al servizio di una coalizione ad hoc, l’accordo dovrà essere stipulato con la coalizione ( o più precisamente con gli stati membri della coalizione). Poiché uno specifico mandato viene stabilito di volta in volta, non è possibile dare un quadro generale dei rapporti tra Gendarmeria e organizzazione internazionale (o coalizione). È da presumere che la Gendarmeria sia inquadrata nella catena di comando dell’organizzazione che la utilizza. Trattandosi di missioni di peace-keeping, o più semplicemente di missioni volte alla ricostruzione del tessuto istituzionale, è necessario che l’ingresso nel territorio sia preceduto da un accordo con lo stato terzo. Secondo la lettera del Trattato istitutivo, l’accordo tra organizzazione internazionale che impiega la gendarmeria e lo stato territoriale non è sufficiente. Occorre che l’accordo sia stipulato tra gli stati d’origine della Gendarmeria Forza e lo stato terzo. Non basta quindi la copertura dell’organizzazione internazionale, al cui servizio è posta la Gendarmeria, che dovrà stipulare un accordo con lo stato terzo per entrare nel suo territorio. La Gendarmeria Europea non ha la capacità di stipulare accordi internazionali. Ha solo una capacità giuridica “di diritto interno”, cioè la capacità di stipulare contratti con ciascuno degli stati membri (art. 9 del Trattato).

 

La natura giuridica della Gendarmeria Europea

 

La Gendarmeria Europea è supportata da una struttura, che può essere qualificata come un’organizzazione internazionale a carattere funzionale. Non ha capacità internazionale, ma, come precisato, ha una capacità di diritto interno. Gode, nei limiti stabiliti dall’art. 10, di esenzione doganali e tributarie. I locali della Gendarmeria sono inviolabili e l’inviolabilità ha per oggetto anche gli archivi, la corrispondenza e i file informatici. L’ingresso nei locali della Gendarmeria può essere consentito solo dal Comandante. Consenso che si considera presunto in caso di incendio o calamità naturale. Beni e capitali della Gendarmeria sono immuni da provvedimenti esecutivi.

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... prosegue e termina

 

Il problema della giurisdizione

 

La Dichiarazioni di intenti non disciplina espressamente la questione della giurisdizione penale e civile sui membri della Gendarmeria, ma si limita a rinviare sul punto al relativo Status of Force Agreement (SOFA) della NATO disciplinato dalla Convenzione di Londra del 1951. Il Trattato istitutivo ha voluto disciplinare espressamente la questione. Incidenti tra gli elementi di una Forza non sono da escludere e l’esperienza del SOFA NATO è abbastanza ricca in proposito. Anche perché la regola dell’immunità dalla giurisdizione locale per attività sovrane, quali quelle militari, impedisce spesso all’individuo di ottenere giustizia mediante l’accesso ai tribunali locali. Il Trattato di Velsen distingue tra giurisdizione penale e giurisdizione in materia di indennizzi. Per quanto riguarda la giurisdizione penale, si segue la legge della bandiera, con alcuni correttivi ispirati al principio di territorialità della legge penale. Le autorità dello stato di origine hanno giurisdizione esclusiva sui propri membri della Forza secondo quanto disposto dalla propria legislazione, tranne che il reato sia stato commesso nello stato ospitante (cioè lo stato nel cui territorio è situato il QG permanente) o ricevente (cioè lo stato parte nel cui territorio le Forze di Gendarmeria stazionano o transitano) e sia punibile in base alle leggi di tale stato. Qualora il reato sia punibile in base alla legislazione dello stato d’origine, ma non in base a quello dello stato ospitante o ricevente, lo stato di origine godrà di legislazione esclusiva. Al contrario, qualora il reato non sia punibile in base alla legislazione dello stato di origine, ma lo sia invece in base alla giurisdizione dello stato ricevente o ospitante, questi avrà giurisdizione esclusiva. Può darsi però che esista un concorso di giurisdizione, poiché il reato è punibile sia alla stregua della legislazione dello stato di origine sia alla stregua di quella dello stato di soggiorno o ospitante. In tal caso, lo stato di origine avrà priorità di giurisdizione, qualora il reato sia commesso a danno dello stato di origine, in particolare contro la proprietà o sicurezza (ad es. tradimento, sabotaggio o spionaggio). Qualora lo stato di origine rinunci ad esercitare la giurisdizione, questa potrà essere sempre esercitata dallo stato ospitante.

Non dovrebbe comportare nessun problema il fatto che in taluni stati la competenza a giudicare sia esercitata dai tribunali militari e non da quelli ordinari. Piuttosto non sembra ben chiarito l’esercizio della giurisdizione penale nel caso di reato commesso, in uno stato terzo dove sia schierata la Forza, a danno di un membro della Forza appartenente ad un altro stato parte. Si versa in un caso di giurisdizione esclusiva dello stato di origine, tranne rinuncia? Quid per quanto riguarda l’esercizio della giurisdizione nello stato dove la Forza è schierata durante una missione? Normalmente in questi casi viene stipulato (da parte di chi?) un SOFA. Un chiarimento sarebbe opportuno. Ovviamente lo stato di origine non potrà esercitare giurisdizione alcuna sui cittadini dello stato ricevente o dello

stato ospitante. Per quanto riguarda l’indennizzo per danni provocati da uno stato membro ad altro stato membro (ad es. distruzione di un veicolo), ciascuna parte rinuncia ad avanzare una richiesta in proposito, tranne che si tratti di danni, ferite o decessi dovuti a colpa grave o dolo. Ma non è previsto alcun meccanismo per la liquidazione del sinistro azionabile dal danneggiato.

Qualora il danneggiato sia un terzo, cioè un individuo che non sia membro della Forza, il Trattato detta una disposizione abbastanza specifica, distinguendo tra danni provocati durante l’attività di servizio e danni provocati al di fuori del servizio stesso. Nel primo caso, il danno sarà sopportato dagli stati membri in base ad una ripartizione da definire. Nel secondo, l’indennizzo sarà versato a titolo “grazioso” dallo stato di origine. In ambedue i casi la giurisdizione dei tribunali civili non sembra esclusa, fermo restando che i membri della Gendarmeria Europea non potranno essere sottoposti a nessuna procedura esecutiva per danni collegati all’adempimento del servizio.

 

Soluzione delle controversie

 

Non è escluso che controversie possano insorgere tra gli stati parti, come per qualsiasi altro trattato internazionale. Peraltro il Trattato indica un meccanismo molto embrionale di risoluzione, cioè il negoziato tra le parti. Essendo il Trattato di Velsen formalmente staccato dal Trattato UE, l’intervento della Corte di giustizia dell’Unione Europea è escluso. Tutta da verificare è l’ipotesi se esista un ruolo delle Corte in materia di appalti pubblici, poiché l’art. 37 del Trattato istitutivo fa un generico riferimento alla disciplina comunitaria in materia. Per quanto riguarda una controversia in materia di interpretazione ed applicazione del Trattato istitutivo, si potrebbe forse ipotizzare un ruolo della Corte, qualora le parti volessero investirla della controversia in virtù di un compromesso

arbitrale, sempre che questa riguardi una materia in connessione con l’oggetto dei trattati comunitari (art. 273 del trattato sul funzionamento dell’UE).

 

Regole d’ingaggio, diritto umanitario e diritti dell’uomo

 

Le regole d’ingaggio sono la traduzione a livello operativo di istruzioni impartite dall’autorità che ha la responsabilità dell’operazione. Esse debbono obbedire a determinati parametri che trovano la loro fonte, per quanto riguarda il comportamento sul terreno, nel diritto internazionale umanitario e nei diritti dell’uomo. Il Trattato non contiene nessuna disposizione in materia e forse un riferimento, almeno nel preambolo, sarebbe stato opportuno. Comunque l’osservanza di tali parametri durante le operazioni della Gendarmeria Europea s’impone, poiché gli stati partecipanti sono parti delle convenzioni internazionali rilevanti. In particolare, durante un’operazione, potrebbe venie in considerazione l’applicazione della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, qualora il territorio in cui si svolge l’operazione sia sotto il controllo di uno degli stati partecipanti. Problemi potrebbero porsi allorché l’operazione coinvolga stati membri e non membri della Convenzione. Gli stati membri della Gendarmeria Europea devono essere consapevoli che dovranno attenersi alle regole della Convenzione nello svolgimento delle operazioni di polizia e nel trasferimento dei prigionieri ad uno stato non membro che li prenda in consegna. Occorre quindi che la Gendarmeria Europea elabori un “concetto strategico” delle proprie operazioni ispirato a precise regole che coinvolgano anche i diritti dell’uomo e il diritto umanitario.

 

Conclusioni

 

Nel complesso la nuova struttura è da salutare positivamente ed i suoi profili possono migliorare, sia per quanto riguarda la costruzione di un concetto strategico rispettoso dei diritti umani e del diritto umanitario sia in relazione alla conclusione di SOFA e l’esercizio della giurisdizione penale nello stato di svolgimento dell’operazione. La Gendarmeria Europea non può essere propriamente definita un’agenzia dell’UE, al pari ad es. di Frontex (l’agenzia delle frontiere), quantunque il preambolo del Trattato di Velsen faccia riferimento alla Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD) ed all’art. 17, par. 2 del Trattato sull’Unione Europea. L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e gli accresciuti poteri in materia di politica estera e di sicurezza, con il passaggio della PESD alla PSDC (Politica di Sicurezza e Difesa Comune), non cambiano il quadro. Tra l’altro il nuovo Titolo V del Trattato UE aumenta le missioni che possono essere intraprese dall’Unione. La Gendarmeria Europea potrebbe essere connessa all’art 42, par. 3, del Trattato di Lisbona, secondo cui “gli Stati membri che costituiscono tra loro forze multinazionali possono mettere anche tali forze a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comune”. Rilevanti sono altresì le disposizioni del Trattato di Lisbona che consentono di affidare una missione a un gruppo di stati membri (artt, 42, par. 5 e 44).

Non è da sottovalutare che un problema di coordinamento si pone con altre missioni dell’Unione, come dimostra il caso dell’Afghanistan dove sono presenti sia la Gendarmeria Europea sia la missione di polizia UE EUPOL Afghanistan. Problemi politici possono venire in considerazione, quando uno stato membro della Gendarmeria Europea non si trovi d’accordo sullo status del paese in cui la missione dovrebbe essere dislocata, come è accaduto per il Kosovo, la cui indipendenza non è stata riconosciuta dalla Spagna, che però non ha posto il veto per l’invio della missione UE di assistenza civile, giudiziaria e di polizia EULEX, ma si è opposta invece all’invio di una missione della Gendarmeria Europea. Altro problema potrebbe essere costituito dal fatto che taluni membri UE non trovano corrispondente alla loro “filosofia istituzionale” una polizia che abbia un ordinamento militare. Bisogna peraltro francamente riconoscere che la endarmeria Europea rappresenta un valore aggiunto per le missioni UE, dove il profilo civile/militare non è sempre nettamente separabile. Inoltre, l’invio di una missione meramente civile necessita di una protezione sul terreno. Se si vuole evitare l’utilizzo di compagnie private di sicurezza, il ricorso a strutture come la Gendarmeria Europea può diventare estremamente utile.

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interessante grazie per aver condiviso ma , credo sia meglio mettere solo il link alll articolo per una questione di diritti d autore

Modificato da cama81
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