Se devo essere sincero, non mi meraviglierei che sul fondo di qualche valle marziana, magari al riparo di una caverna dove si possa conservare acqua allo stato liquido, trovassimo forme di vita nemmeno troppo elementari: insetti, aracnidi, crostacei, anfibi come le salamandre e i tritoni… da un esperimento fatto anni fa al JPL, risultò che questi animali erano perfettamente in grado di vivere nell’atmosfera marziana. Così, come mi aspetto che, nei mari subglaciali dei nano pianeti (Cerere, Plutone, i grossi satelliti di Giove e Saturno), possiamo trovare pesci e cefalopodi di vario genere (la chemiosintesi batterica garantirebbe cibo al plancton anche in condizioni di assenza di luce), ma finché non potremo mandare equipaggi umani sul posto (o, comunque, robot guidati da un’intelligenza artificiale più sofisticata di quella oggi disponibile), non lo sapremo. Appare probabile che la vita si generi ovunque ne abbia la possibilità, sulla Terra lo ha fatto, anche in condizioni estreme (e non sempre con degli estremofili), se non altro per il fatto che la vita potrebbe non essersi generata sulla Terra, ma esservi stata portata sotto forma di molecole organiche da meteoriti o comete. Se la panspermia esiste, non è difficile che si sia diffusa anche da un sistema solare all’altro, ma di certo, per ora, abbiamo solo la morte e le tasse.
Per quanto riguarda forme evolute di vita, come amiamo pensare sia la nostra, il discorso è diverso. Benché uno studio del PNAS, anni fa, ipotizzasse l’esistenza di qualche miliardo di pianeti in cui la vita si sarebbe evoluta a un livello superiore, nella nostra galassia, questo non significa che siano vicini a noi nel tempo e nello spazio. Il medesimo studio ipotizzava una distanza di diverse migliaia di anni luce fra una civiltà e l’altra, ed accennava anche al fattore temporale. Civiltà potrebbero essere sorte e tramontate molti milioni di anni prima che i nostri antenati scendessero dagli alberi delle foreste africane. Potrebbero anche aver visitato la terra in tempi storici, come fanno sospettare i poemi epici indiani e certe evidenze archeologiche, peraltro contestate dai soliti guardiani dell’ortodossia. Ma… c’è un altro ma da considerare. Quei visitatori potevano anche non essere umani, non nel senso che intendiamo noi. La passione giapponese per i robot, che è vecchia quanto il Giappone, ha fatto sorgere il dubbio che possano esserci stati contatti non con degli alieni come siamo abituati a pensarli, ma con dei robot governati da qualche forma di intelligenza artificiale. È una strada che molti scienziati pensano potrebbe essere costretta a intraprendere anche la nostra specie, per sopravvivere in qualche maniera ai disastri ambientali combinati e al fatto puro e semplice che qualsiasi specie comparsa sulla Terra, difficilmente sopravvive più di due, tre milioni di anni. Per quanto ci riguarda, mi chiedo anche quanti di noi saluteranno il secolo venturo, ma questo è un altro discorso.
Il tutto, ovviamente, a prescindere dai problemi di abitabilità di taluni pianeti, come Proxima b, che mi pare si scambi troppo facilmente per la Valle dell’Eden.