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Mah, secondo logica alla Cina non dovrebbe convenire aiutare la Russia in maniera decisiva, se per "decisiva" intendiamo un supporto avente valenza strategica tale da costringere l'Ucraina ad alzare bandiera bianca e accettare le pretese del caro zio Vladimir. Una Russia vittoriosa in Ucraina sarebbe per i cinesi meno utile di una Russia sconfitta e costretta ad elemosinare per decenni l'appoggio politico ed economico di Pechino (il tutto, a prescindere dai problemi che comporterebbe per l'economia cinese l'insorgere di eventuali guasti commerciali con l'Occidente). Dare una mano ai russi per far sì che l'Occidente debba investire ancora di più a favore dell'Ucraina per controbilanciare questo supporto, questa la trovo tutto sommato un'ipotesi plausibile. Ma più di questo non direi. Poi vai a capirli, i cinesi...
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La logica consiste nel colpire obiettivi che, pur essendo del tutto legittimi (non stiamo parlando di ospedali, scuole o luoghi di culto) creano notevoli sofferenze alla popolazione ucraina - sperando che ne venga fiaccato anche il morale e che ciò comporti un ulteriore esodo di profughi verso l'Occidente - costringendo nel contempo l'avversario e i suoi alleati a investire risorse ingenti per rimediare a quei danni. La razionalità consiste nel colpire obiettivi fissi e quindi già localizzati con precisione senza bisogno di particolari attività ISR che i russi non sono in grado di eseguire. Ho anch'io molti dubbi sulla reale utilità di questo tipo di attacchi contro questo tipo di bersagli, ma cerco di mettermi nella testa degli strateghi (scusate il termine) del Cremlino, che presumibilmente sono anch'essi consapevoli della valenza militare praticamente nulla di queste azioni ma che altrettanto presumibilmente ritengono che il gioco valga la candela dal punto di vista della guerra psicologica e mediatica.
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Le proiezioni sul medio periodo ci confermano chiaramente che a livello di scorte l'industria della difesa russa andrà sempre più in affanno e di conseguenza provocherà sull'approvvigionamento bellico del proprio strumento militare criticità sempre maggiori e in tempi più rapidi rispetto all'Ucraina, anche se non è ancora possibile fare previsioni attendibili quando si raggiungerà il punto di rottura. La cronaca di questi ultimi giorni però ci dice che quel poco che i russi riescono ancora a mettere in campo in termini di capacità di attacco missilistico viene usato in maniera logica e razionale cercando di colpire gli obiettivi strategicamente più sensibili, ovvero le infrastrutture energetiche ucraine, che non sono affatto facili da ripristinare dopo essere state colpite. Probabilmente l'Occidente può ripianare abbastanza velocemente le scorte di munizioni da 155 mm, ma ho dubbi che si possa fare altrettanto - per esempio - con le centrali elettriche.
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Quello che non sembra essere ancora chiaro è quale sia l'obiettivo primario degli USA. Al momento la guerra in Ucraina ha determinato una serie di conseguenze di rilevante importanza geostrategica, sulle quali l'unica incertezza è la loro estensione temporale. La Russia, comunque si concluda la vicenda bellica, si è platealmente dimostrata il ventre molle di sé stessa e ha perso sia il prestigio internazionale di cui godeva prima del 24 febbraio, sia la sua voce di export più importante dopo le risorse energetiche: il mercato della difesa. A causa delle sanzioni, l'industria della difesa russa si trova a dover scegliere se produrre sistemi d'arma per ripianare le perdite subite in Ucraina o se cercare di piazzare i suoi prodotti all'estero (ammesso che qualcuno li voglia ancora, dopo quanto visto in Ucraina). L'Europa sta subendo una crisi economica devastante dovuta al combinato disposto di inflazione e recessione, anche se è necessario ricordare che la crisi era già in atto prima del 24 febbraio, come conseguenza della pandemia, quindi non tutto è originato dalla crisi ucraina. La Germania si è vista praticamente troncare il privilegiatissimo canale di approvvigionamento energetico con la Russia, da sempre visto come il fumo negli occhi da parte di Washington. Le aziende d'oltre oceano stanno facendo affari d'oro sia nel campo delle commesse per la difesa che in quello dell'export energetico. E' lecito presumere che, nel momento in cui a Washington si riterranno soddisfatti dei risultati raggiunti, si potrà aprire una finestra di opportunità per un negoziato diplomatico e ristabilire la pace. Quello che non sappiamo è quando tutto ciò avverrà.
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Questi sono eventi "minori", cioè fatti che dal punto di vista del racconto della guerra sono da considerarsi meramente episodici, non rappresentando essi una linea d'azione confermata da similari precedenti in numero statisticamente significativo. E meno male. Possiamo ragionevolmente presumere che incidenti del genere avrebbero potuto verificarsi anche a parti invertite. E' la guerra, e probabilmente cose del genere succederanno ancora. Ben diversa è invece la realtà emersa dopo l'abbandono di determinate zone occupate dalle truppe russe, come per esempio a Bucha. Lì l'ipotesi di veri e propri crimini di guerra è molto più che un semplice sospetto e il tutto non può certamente essere liquidato e passato nel dimenticatoio con un semplice "oops, scusate, stavamo pulendo le mitragliatrici e ci è scappato un colpo".
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Guardando su Google Maps la posizione del villaggio polacco colpito, un ipotetico S-300 russo lanciato in modalità terra-terra non sarebbe potuto partire che dalla Bielorussia. Così a memoria, non mi pare che vi siano precedenti di questo tipo, ma potrei sbagliarmi.
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Non credo che sia tutto così semplice, poiché le conseguenze dello scenario che descrivi non vanno considerate automaticamente positive e tranquillizzanti. Anzi. Più di qualche commentatore "serio" (non gli Orsini e derivati) si sta già interrogando sui rapporti fra le forze armate regolari russe e la Rosgvardija, ovvero i fedelissimi di Putin. Indebolire significativamente l'esercito non significa necessariamente indebolire Putin nel senso di minare la sua autorità. Al contrario, ipotizzando che la casta militare cominci a provare rancore per il caro zio Vladimir a causa della sua condotta invadente e scriteriata e delle sue disastrose conseguenze sulle operazioni belliche, non mi sorprenderebbe se anche al Cremlino si cominciasse a fiutare puzza di bruciato e non mi sorprenderebbe nemmeno se o stesso Putin facesse in modo che il peso politico delle forze armate si ridimensionasse proprio attraverso qualche altro disastro militare. Questo gli consentirebbe di dormire sonni più tranquilli, ma comporterebbe un aumento del peso politico dei suoi pretoriani e delle milizie paramilitari (ceceni, Wagner eccetera), che sono veri e propri banditi da strada. In questo scenario, la Russia molto probabilmente non costituirebbe più un fattore di destabilizzazione geopolitica ai suoi confini ma rimarrebbe comunque trincerata dietro una cortina di odio feroce verso l'Occidente, quindi anche verso l'Europa. E questo, se potrebbe anche convenire a Washington, sicuramente NON conviene all'Europa, che razionalmente avrebbe tutto l'interesse a normalizzare i rapporti con la Federazione russa o quanto meno a stemperarne le tensioni.
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Certo. Questo è ciò che suggerisce la logica, il buon senso... e il diritto internazionale (per quel che significa). ed è esattamente ciò che vuole Kiev. Ma Mosca non ci sta, e siamo al punto di prima. A mio avviso, solo nel momento in cui dovesse verificarsi un vero e proprio stallo militare fra entrambi i contendenti, e solo se entrambi acquisissero la consapevolezza di non avere nel proprio arco frecce a sufficienza per sconfiggere il nemico sul campo, si potrebbe cominciare una mediazione di qualche tipo, magari sulla falsariga del Kosovo o del Libano meridionale: una tregua concordata insieme con la provvisoria cessione del controllo del territorio conteso a una forza sovranazionale che faccia da interposizione e che consenta di far decantare la questione per tutto il tempo necessario (anni...) a calmare gli animi. Putin e Zelenskij ne uscirebbero tutto sommato con il prestigio non particolarmente scalfito e potrebbero evitare che il popolo interpreti la conclusione della vicenda come una sconfitta e li veda come traditori. Ma serve tempo, e non è detto che nel frattempo l'una o l'altra parte riesca a prevalere sull'altra con le maniere forti.
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Orsini è come un orologio rotto, che però due volte al giorno segna l'ora esatta. Sul fatto che l'Italia dovrebbe smettere di inviare in ucraina armamenti, leggeri o pesanti che siano, si può anche concordare a meno che non si tratti di materiale dismesso e inutilizzato che eventualmente potrebbe far comodo agli ucraini. Il nostro "sistema difesa" non può permettersi di privarsi di materiali che viste le fosche prospettive economiche non saremmo in grado di rimpiazzare e che potrebbe essere indispensabile se i nostri politicanti elaborassero finalmente una precisa strategia per il futuro riguardante la nostra posizione nel Mediterraneo e i rapporti che dovremmo costruire/mantenere/indirizzare/consolidare con i nostri poco amichevoli vicini. Ma questo è un altro discorso e qui è meglio stendere un velo pietoso. Le elucubrazioni sulle trattative di pace sono invece pura fantasia. Osservo che al momento nessuno dei sostenitori dell'iniziativa diplomatica si azzarda a dichiarare quale dovrebbe essere in concreto l'obiettivo da raggiungere. Sì, certo, è chiaro che tutti vogliamo "la pace", ma questa è una frase fatta che non ha alcun significato se non la contestualizziamo. I russi al momento non sembrano avere alcuna intenzione di mollare il Donbass, gli ucraini non sembrano avere alcuna intenzione di rassegnarsi a perderlo, e fino a quando da entrambe le parti rimarrà la convinzione di poter raggiungere il proprio scopo manu militari a costi sostenibili, la diplomazia resterà solo uno sterile esercizio intellettuale buono per mettere qualche bandierina sulla retorica pacifista e nulla più.
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Mi sorprenderebbe, se fosse vero. "Quando si spara si spara, non si parla" (cit.) In questo caso, non si tratta di "sparare" ma di "ritirarsi". E una ritirata è un atto tattico che va tenuto riservato esattamente come qualsiasi altro. Non ha senso preannunciarlo ai quattro venti, visto che si tratta sostanzialmente di dare informazioni al nemico, a meno che dietro questo atteggiamento non vi siano precise - e per me del tutto indecifrabili - ragioni di carattere specificamente politico. Al trappolone teso agli ucraini non mi pare il caso di credere, visto che finora Kiev sembra aver seguito una precisa strategia composta da una serie di fasi accuratamente pianificate, quindi possiamo ragionevolmente presumere che sappiano già cosa fare nei prossimi mesi indipendentemente (salvo situazioni di concreta rilevanza strategica) dal comportamento dei russi. Finora gli ucraini hanno agito cercando di ottenere il massimo possibile col minimo dispendio di forze, e buttarsi su Kherson sarebbe una giravolta completa rispetto a tale approccio e porterebbe a una usura di uomini e mezzi sicuramente non indifferente, non prevista e nemmeno opportuna, viste le notevoli difficoltà insite nel combattimento urbano e la sostanziale inutilità di riconquistare Kherson. I russi si stanno chiaramente attestando su linee difensive a est del fiume, e QUELLA sarà la vera sfida da affrontare nella prossima primavera.
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Interessante. L'ipotesi della disponibilità degli Scalp pone interrogativi non banali riguardanti la futura condotta della guerra da parte ucraina. Con quasi 500 kg di esplosivo in testata, con le capacità stealth e ognitempo del vettore, con la sua aviotrasportabilità e con il suo raggio di azione ben superiore a qualsiasi altro sistema attualmente disponibile per le sue forze armate, Kiev si troverebbe a disporre di un'arma di natura molto più strategica che tattica e di capacità di colpire molto più in profondità nelle retrovie nemiche e con effetti ben più devastanti degli Himars.
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Non intendevo giungere ad alcuna conclusione, ma solo commentare un filmato. Preciso che la fascia bianca che si vede nel fermo immagine non la interpreto come la vampata della deflagrazione ma come l'inizio della sequenza di ricostruzione sul monitor dell'abbagliamento dovuto all'esplosione, che è un'altra cosa. Posso sbagliarmi nel presupposto, naturalmente, ma se è così allora si può appunto dedurne che i veicoli inquadrati, essendo ancora integri quando la deflagrazione è già avvenuta, sono matematicamente da escludere come vettori dell'esplosivo. Nient'altro. E continuo a restare perplesso riguardo le "scintille" di cui parlavo: magari c'è una spiegazione, ma io al momento non la conosco. Riguardo l'individuazione di tale vettore, comete e rettiliani a parte, può essere stato un team di sabotatori infiltrati ed esfiltrati via mare, può essere stato un camion-bomba, può essere stato un missile. Non mi viene in mente nient'altro, ma tutte queste ipotesi sono al momento teoricamente possibili, non siamo a conoscenza di elementi concreti che ne rendano impossibile almeno una, e non siamo in grado di stabilire quale sia la più probabile basandoci su quel che ci riferiscono i media. Per esempio, giusta l'osservazione che se si è trattato di un missile dovrebbero trovarsene tracce: ma in fin dei conti non sappiamo se tali tracce siano state effettivamente trovate ma non siano state rese note per ragioni che non conosciamo. Riguardo l'ipotesi del camion-bomba, l'autista era un kamikaze oppure era ignaro di trovarsi in una bara semovente? E se era ignaro, l'esplosione è avvenuta con un timer predisposto in anticipo o con un radiocomando a distanza? E chi sono i veri mandanti del sabotaggio? gli ucraini o elementi deviati interni alla Russia? Tutte cose su cui dovremo aspettare tutto il tempo necessario, prima di poterci capire qualcosa di più.
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Tornando al ponte... Da questo fermo immagine (link: https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2022/10/08/incendio-sul-ponte-fra-la-crimea-e-la-russia-putin-ordina-uninchiesta_7a0b1950-47fb-4c06-b1a7-3538121b1171.html ) non sembra che alcuno dei veicoli inquadrati possa essere l'origine dell'esplosione. Si vede infatti sulla parte bassa dello schermo la striscia bianca orizzontale che rappresenta l'inizio dell'accecamento della telecamera conseguente alla vampa dell'esplosione (nel frame successivo lo schermo è completamente bianco), e i veicoli inquadrati appaiono ancora tutti intatti mentre invece ci si dovrebbe aspettare che du uno di essi compaia già la deflagrazione. Quindi, a meno che il presunto camion bomba non sia fra quei veicoli, questa dinamica sarebbe da escludere. Peraltro, proseguendo nella visione del filmato, quando la telecamera riprende a funzionare regolarmente si vede che i "coriandoli luminosi" (scusate il termine grossolano) originati dall'esplosione non appaiono provenire direttamente dalla carreggiata ma da un punto esterno ad essa, come se l'esplosione stessa fosse avvenuta lateralmente. Non sono in grado di dare spiegazioni, ma così a naso l'impressione è che la dinamica possa corrispondere a quella che si avrebbe come risultato dell'impatto di un missile (ATACMS?) sul fianco della struttura.
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Sì, quella potrebbe essere una spiegazione. Ma se è così, allora stanno veramente con le pezze al sedere. Peraltro, in fin dei conti, se si tratta - qui ovviamente entriamo nel campo delle pure ipotesi da bar - di fare bombardamenti di carattere eminentemente terroristico su aree vaste e non su obiettivi di punto, potrebbero anche utilizzare Tu-22 o TU-160 da alta quota con armamento convenzionale, anche se ci sarebbe il rischio di trovarsi sotto l'occhiuta attenzione dei Sentry. Sempreché, naturalmente, quel che oggi resta della "temibile" VVS sia ancora in grado di mettere in atto una operazione di questo tipo, con tanto di scorta caccia e contromisure elettroniche per garantire rotte di penetrazione e di scampo accettabilmente sicure.
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Mi stupisce (sia ben chiaro: NON me lo auspico affatto ma mi interrogo soltanto) che dopo aver letto i rumors del NYT sul mandante dell'assassinio di Dar'ja Dugina e dopo aver subito il danneggiamento del ponte più importante di tutta la Russia, a Mosca non abbiano ancora deciso di riprendere a buttare missili a casaccio su Kiev e su Odessa per "punizione". Da parte dei gangsters del Cremlino non mi aspetterei di meno.
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A occhio e croce, credo che in tempo di pace quel ponte rimarrebbe inutilizzabile - settimane, come minimo - per tutto il tempo necessario a effettuare i controlli di stabilità della struttura.
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Sì, sì, c'è. E' un ramo che parte proprio da Heničes'k e arriva a Novooleksiivka congiungendosi con il tratto proveniente da nord-est (Melitopol). https://www.google.com/maps/@46.1737046,34.7734943,1367m/data=!3m1!1e3 Giustamente, le rotabili di ingresso in Crimea situate più a ovest sono decisamente meno importanti se non si controlla tutto l'oblast di Kherson.
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Sabotaggio alle ferrovie tedesche? Come volevasi dimostrare. Le infrastrutture sono ormai talmente interconnesse e virtualmente indifendibili, da essere considerate obiettivo altamente pagante in qualsiasi conflitto, asimmetrico oppure no.
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In effetti. Quella chiamata M14 è la strada che su Google Map viene identificata come E105, carrozzabile che da Melitopol giunge a Novooleksiivka per poi inoltrarsi in Crimea lungo la lingua di terra interna che giunge a Džankoj, mantenendosi per un certo tratto parallela al tracciato ferroviario che parte dal porto di Heničes'k, arriva anch'esso allo stesso snodo di Novooleksiivka della E105 per poi puntare verso la Crimea attraversando però un diverso punto di ingresso nella penisola: la ferrovia infatti non resta sempre sulla terraferma come la E105 ma a un certo punto se ne separa puntando verso il nodo di Stantsiya Syvash e attraversando la laguna interna tramite un ponte e una lunga lingua di terra per entrare in Crimea giungere anch'essa a Džankoj. In Crimea, a dire il vero, ci si può arrivare anche direttamente da Heničes'k attraverso un tracciato esclusivamente stradale costituito dalla lunga litoranea che punta su Strilkove, ma si tratta di un percorso secondario in cui comunque vi sono dei ponti. In pratica, ci troviamo di fronte a tre specifici colli di bottiglia che costituiscono obiettivi (due stradali e uno solo ferroviario) prioritari per interrompere i collegamenti fra i territori occupati e la Crimea. Peggio di così, direi che è difficile...
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Quello del Crimean Bridge è un evento particolarmente significativo, non tanto per l'entità dei danni subiti e le conseguenze sull'immediato per quanto riguarda il flusso di rifornimenti verso la Crimea, flusso che se i danni non fossero così gravi potrebbe comunque essere ripristinato rapidamente, quanto piuttosto per il fatto che dimostra l'estrema vulnerabilità strategica della stessa Crimea in termini di connessione con il territorio continentale russo e ci fa comprendere, se mai ce ne sia ulteriore bisogno, l'importanza strategica per entrambi i contendenti del controllo della fascia costiera ucraina sul Mar d'Azov da Mariupol sino almeno al nodo ferroviario di Novooleksiivka. Se i russi non riuscissero a consolidare permanentemente tale controllo, continuare a rifornire e quindi a difendere la Crimea diventerebbe impossibile se in futuro il cordone ombelicale rappresentato dal Crimean Bridge venisse definitivamente tagliato. E per quanto "duro" possa essere considerato un ponte, si tratta pur sempre di una infrastruttura statica virtualmente impossibile da difendere efficacemente e che quindi può essere attaccata e distrutta in diversi modi comportando come ovvia conseguenza il totale isolamento logistico terrestre della Crimea, a cui rimarrebbe solo la problematica e altrettanto inaffidabile opzione di ricevere rifornimenti esclusivamente via mare. In soldoni: se la Russia vuole continuare a mantenere il possesso della Crimea, o si decide a chiedere la pace in fretta e furia per far cessare il pericolo di attacchi al Crimean Bridge, oppure deve resistere a ogni costo sulle coste del Mar d'Azov. Considerazione a latere: come già visto nel caso dell'oleodotto Nord Stream, per un mondo interconnesso ed altamente industrializzato si dimostra ancora una volta la particolare vulnerabilità delle vie di comunicazione e di trasporto di merci e di informazione. Le pipelines (sia terreatri sia sottomarine) di fornitura di materie prime per la produzione energetica, le vie di comunicazione (strade, ponti, ferrovie, aeroporti e porti) e the last but not the least le infrastrutture di trasmissione dati (si pensi soltanto ai cavi sottomarini per le comunicazioni www) sono al momento da considerarsi obiettivi strategici primari che se disabilitati possono provocare danni gravissimi, ma che al contempo sono ancora virtualmente indifendibili in caso di conflitto. Forse, oggi come oggi, la guerra non è che sia una buona idea...
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Considerazione a latere: eventi mediatici come questo ci fanno percepire chiaramente quale sia la "qualità" della trattazione dell'argomento in questione da parte dei media generalisti. Chiuso OT, alcuni punti sono particolarmente interessanti: attorno al minuto 29 viene sottolineata la necessità, per poter disporre di forze operativamente presentabili, di disporre del necessario equipaggiamento di base: il che ci fa tornare immediatamente in mente gli interrogativi che ci siamo già posti riguardo la reale possibilità per la Russia di reclutare, addestrare, equipaggiare e spedire al fronte i famosi 300000 riservisti. Altro punto significativo, che collima con considerazioni già fatte da me e da altri in questa discussione, è la plausibilità dell'opzione nucleare russa, che si avvicina sempre più a zero. Infine, la digressione storica riguardante la questione dell'ipotesi di un "dopo Putin" o di un Putin o chi per lui (inteso genericamente come autorità centrale) sempre più debole, chiarisce che all'orizzonte russo non si possono affatto escludere scenari da "signori della guerra" sulla scia di quanto avvenuto - come citato - al crepuscolo dell'Impero romano, ma anche, per rimanere in tempi più recenti, al periodo della decadenza dell'Impero cinese. Una roba da far tremare i polsi proprio in virtù dell'immenso potenziale nucleare tuttora presente sul territorio della federazione Russa, che NON DEVE cadere in mani inaffidabili.
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Interessanti considerazioni, come sempre, quelle del Col. Stirpe. Unico appunto, Papa Francesco non è affatto un alleato o un fiancheggiatore del caro zio Vladimir. Il Papa sta dalla parte della pace, che è un'altra cosa. Quello che sta dalla parte di Putin, caso mai, è quel curioso bipede a nome Vladimir Michajlovič Gundjaev Kiriki, in arte "Patriarca Cirillo I". Comunque, il punto realmente importante sono le considerazioni finali relative alla possibilità che la Federazione Russa finisca per implodere. Di fronte a un simile scenario, francamente mi vengono i brividi. Capisco che per gente come la cara Hillary Clinton la cosa rappresenterebbe la realizzazione dei sogni più segreti, ma ziokan, la storia dovrebbe pur insegnare qualcosa (i macroscopici errori di Versailles non ci fanno ricordare niente?). A me importasega (cit. conte Mascetti) di quello che succede da quelle parti e di quale fine faccia la carriera politica del caro zio Vladimir, a condizione che ciò che succederà non si riveli disastroso PER ME nel breve/medio/lungo periodo a causa di un cambio di regime attuato senza predisporre una alternativa credibile. Perché un conto è il puro e semplice cambio dello zar o presunto tale, e ben altro conto è l'azzeramento di tutto il regime e la possibile deriva russa verso i "torbidi" di cui parla proprio il Col. Stirpe.
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Grazie per le precisazioni. La triade Putin-Shoigu-Gerasimov mi era nota, e comprendo che in tema di atomiche non venga lasciato potere decisionale arbitrario ad altri che non siano i massimi vertici del potere politico. Quello che mi lascia perplesso è la constatazione che tutto questo dovrebbe necessariamente presupporre da parte russa una conoscenza precisa e in tempo praticamente reale della situazione tattica sul campo e del contesto strategico in cui inquadrarla, al fine di prendere le decisioni del caso in tempo utile rispetto alle finalità tattiche di cui parliamo. Ma non credo affatto che al Cremlino abbiano tale necessario livello di conoscenza, e se non disponi di queste informazioni allora non puoi certamente lanciare "al buio" e le specifiche finalità tattiche vanno a farsi benedire. Ne resta quindi solo l'ipotesi di utilizzo a titolo meramente dimostrativo, cioè politico, cioè essenzialmente strategico. Un Iskander con testata convenzionale che colpisca un obiettivo militare altamente pagante farebbe sicuramente più danno materiale ma molto meno clamore mediatico e politico di un piccolo ordigno nucleare appositamente lanciato nel nulla e che si limiti a spianare qualche innocuo fienile. Ma questa mi pare una ipotesi inverosimile e priva di logica, perché si correrebbe comunque il serio rischio di rappresaglia NATO e di una conseguente escalation. Tanto varrebbe continuare a lasciare le atomiche nei loro depositi e continuare ad affidarsi alla politica della "Bomb in being". Spero ovviamente di non peccare di ottimismo.
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Stante la rigidità della catena di comando russa, sarebbe interessante conoscere i principi base della loro dottrina di impiego delle armi nucleari in ambito tattico, poiché in tale contesto si presume che l'utilizzo debba essere per sua natura demandato al comandante sul campo di battaglia e non a qualcuno che si trova nella stanza dei bottoni al Cremlino come invece avviene in campo strategico. Immagino che su questo si possano fare solo ipotesi, visto che con ogni probabilità tale dottrina è classificata e non certo di dominio pubblico, così come è sicuramente classificato il tipo di vettore (artiglieria, missili terra/terra o aria/terra, eccetera) che entrerebbe in gioco in ciascun singolo contesto tattico. Tuttavia, gli stessi interrogativi di cui sopra ci fanno comprendere quanto possa essere complicato per il caro zio Vladimir "maneggiare" dal Cremlino uno strumento atomico che si troverebbe a migliaia di chilometri di distanza e magari nelle mani di comandanti sulla cui affidabilità politica (=fedeltà) forse in questo delicato momento non sarebbe il caso di mettere la mano sul fuoco. In soldoni, se io fossi Putin non metterei nelle mani di nessuno un'arma che se utilizzata impropriamente potrebbe portare effetti disastrosi più a Mosca che al nemico sul fronte. Il che mi fa propendere ancor di più sulla convinzione che la minaccia nucleare sia un solenne bluff. In questo articolo viene data notizia della decisione dell'amministrazione USA di bypassare gli stock US Army e fornire agli ucraini sistemi d'arma e relativo munizionamento direttamente dall'industria attraverso un piano di lungo periodo, anche se il DoD "non esclude" di poter continuare ad attingere dalle scorte di magazzino dell'esercito. In altre parole, Kiev non potrà più contare su forniture costanti e immediate per foraggiare le sue esigenze belliche ma dovrà cominciare a ottimizzare le risorse assegnate. Probabilmente gli stock US Army sono diminuiti a livelli strategicamente poco plausibili per il DoD.
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Beh, se l'esercito ucraino, dopo essere già stato ripetutamente (presumo che abbiamo perso il conto) "distrutto", dispone ancora di "soverchianti unità blindate" e le linee difensive sono state "rettificate" ancora una volta, secondo le stesse ammissioni ufficiali del portavoce del ministero della Difesa russo... io se fossi al Cremlino qualche domanda me la farei. Premesso che a occhio e croce nemmeno gli ucraini dovrebbero disporre di uomini in quantità sufficiente per spingersi molto in avanti e che quindi è ragionevole immaginare che l'offensiva di Kiev potrebbe arrestarsi a breve, il problema russo continua a essere non la disponibilità di risorse umane (che non possono non esserci, almeno in termini di "carne da cannone") o di materiali (fatta la tara alla percentuale di mezzi e materiali deteriorati nei depositi, dopo essere rimasti immagazzinati magari per decenni) ma - ancora una volta - le carenze logistiche che permangono imbarazzanti. Preparare per il fronte personale della riserva, che dovrebbe avere un addestramento di base già ricevuto, non dovrebbe costituire un obiettivo insormontabile a condizione di disporre di reclutatori, istruttori, vestiario, armi individuali e di squadra, vettovagliamento e mezzi di trasporto. Qui non si tratta di fare la corsa contro il tempo per tappare il più presto possibile i buchi al fronte: fra poco arriverà il fango dappertutto e i contendenti si ritroveranno in stasi tattica e strategica per diversi mesi, il che vuol dire che il tempo per far affluire i rinforzi al fronte ci sarà. Ma se c'è il tempo, l'impressione è che manchi tutto il resto, e se non si è - per esempio - in grado di fornire le uniformi alle reclute, le reclute non partono.