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Athens

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  1. Superato l'ultimo scoglio politico e in attesa che si sblocchi anche l'impasse riguardante la Svezia, la Finlandia si appresta a diventare un nuovo membro dell'Alleanza Atlantica. Altro brillante successone strategico per la diplomazia del Cremlino. Attendiamo trepidanti il commento di quel simpaticone di Medvedev, che sicuramente non ci deluderà. https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2023/03/30/nato-la-turchia-ratifica-ladesione-della-finlandia_5fab60cf-6ec4-424b-8559-f94299c46a28.html
  2. Mah. L'aumento numerico delle perdite da una parte o dall'altra può dipendere da diversi fattori, è problematico capire quale possa esserne la causa in un determinato luogo e momento. Una controffensiva in senso strategico da parte di Kiev direi proprio che al momento non è in atto. Potrebbe darsi invece che il rateo di perdite in aumento anche da parte ucraina possa dipendere da un abbassamento del livello qualitativo delle loro truppe sulla linea del fronte. Il che sarebbe preoccupante poiché, se si perde il vantaggio qualitativo, a livello numerico i russi restano avvantaggiati nel tempo.
  3. Condivido. L'unica cosa su cui avrei perplessità (ma questo potrebbe confermarlo o smentirlo solo il caro zio Vladimir) sono le reali motivazioni dietro la decisione di invadere l'Ucraina. Credo che al Cremlino, più che dalla paura di vedersi la NATO al confine, fossero motivati dall'intenzione di annettersi i territori del Donbass il cui valore strategico consiste nel fatto che costituiscono un collegamento terrestre diretto con la Crimea. Infatti hanno subito rinunciato all'obiettivo pubblicamente dichiarato all'atto dell'invasione (regime change a Kiev) dopo aver preso una scoppola memorabile da quegli stessi ucraini che secondo le previsioni della vigilia avrebbero dovuto accoglierli con mazzi di fiori invece che con nerboruti randelli e, rendendosi conto che l'operazione era stata progettata male, hanno virato sul Donbass e ora è lì che si decidono le sorti del conflitto e presumibilmente anche del regime di Putin. Sulla Crimea penso anch'io che anche Zelenskij non si sia mai fatto illusioni. Sarà già grasso che cola se Kiev riuscirà a mettere in piedi una controffensiva che porti risultati tangibili e metta quindi gli ucraini in condizioni di potersi sedere al tavolo delle trattative da posizioni di relativa sicurezza. A quel punto penso che anche Washington darà il suo assenso al negoziato e probabilmente ne diventerà un protagonista, con tanti saluti a Pechino.
  4. La qualità dell'informazione dipende direttamente dalla qualità della politica che la controlla. Atteso che non esiste e chissà se mai esisterà una informazione che possa dirsi "indipendente" dalla politica, se la politica si limita a cercare consenso anche l'informazione si regolerà di conseguenza adottando lo stesso approccio. Non mi stupirebbe se i giornali arrivassero non solo a decidere di pubblicare o non pubblicare una data notizia in base al presumibile livello di gradimento/interesse dei propri lettori (questo già lo fanno praticamente tutti), ma se arrivassero a decidere il modo stresso di presentare la notizia facendo prima un sondaggio su un campione rappresentativo del proprio pubblico e regolandosi di conseguenza (e credo che lo stiano facendo già in molti). L'esatto opposto del giornalismo come dovrebbe deontologicamente essere inteso.
  5. @ Blabbo Un certo tipo di lettura della genesi della guerra in Ucraina che vede gli USA nel ruolo di "incendiario" del conflitto (come se Putin fosse stato sostanzialmente "obbligato" a invadere l'Ucraina), li vede anche come interessati a che il conflitto duri il più a lungo possibile per far sì che la Russia vi consumi le sue risorse sino a restare con le cosiddette pezze al sedere e che l'Europa (Germania e Italia in primis) paghino lo scotto di essersi legati mani e piedi alle forniture energetiche russe. Questa teoria potrebbe anche avere il suo perché, se non fosse che in prospettiva l'interesse primario americano è rivolto non certamente al teatro europeo ma a quello indopacifico e quindi ogni investimento diretto di Washington per supportare l'Ucraina rappresenta risorse distolte al rafforzamento del loro potenziale in ottica di contrasto alla Cina. Quindi sì, l'espressione "senza esagerare" appare appropriata perché non è logico sostenere che agli USA faccia piacere in prolungamento a tempo indeterminato della guerra in Ucraina.
  6. Considerazioni abbastanza sparse ma centrate sui possibili sviluppi tattici nelle diverse zone del fronte, anche in questa live del canale YouTube Parresia con Gastone Breccia e con il Gen. Luigi Chiapperini:
  7. Finora però mi pare che sul teatro ucraino le battaglie fra carri armati siano state poche, abbiano coinvolto pochi mezzi e non abbiano avuto particolare significato strategico. Abbiamo visto invece molti confronti fra carri (russi) e fanteria (ucraina), con i primi che le hanno prese di santa ragione dai secondi a causa di una tattica di usi che definire scriteriata è poco. Fra l'altro, pare che nel Donbass i russi si stiano attestando da tempo a difesa delle proprie posizioni, e non so quanto questo sia dovuto a una oggettiva incapacità di fare qualcosa di diverso o a un disegno strategico preciso e proiettato per il futuro. Potrebbero essere entrambe le cose. Questa guerra, che al momento è incancrenita nella staticità delle trincee e che vede la clamorosa, assolutamente imprevista, perdurante e sostanziale assenza dell'aviazione da entrambe le parti, forse non mette gli stati maggiori nella condizione di vedere chiaramente cosa è meglio fare di uno strumento fatto per la massima mobilità strategica come è appunto quello costituito dalle forze corazzate. Mi resta quindi l'interrogativo di cosa faranno gli ucraini con le loro brigate corazzate, quando saranno ricostituite con mezzi occidentali.
  8. La solita manfrina... https://thirdmill3nnium.blogspot.com/2023/03/la-bufala-nucleare-sulluranio.html
  9. La Cina si trova in una situazione win-win: se la guerra continua, l'Occidente consumerà risorse che Washington destinerebbe molto più volentieri al teatro del Pacifico e Mosca si troverà sempre più a dover scendere economicamente a patti con Pechino alle condizioni volute dai cinesi; se la guerra va verso lo stallo a tempo più o meno indeterminato o termina a favore di Kiev, a Xi resterà comunque il succulento boccone russo sulla tavola imbandita, in previsione di un regime change al Cremlino. Presumo che siano queste le ragioni della "simpatia" manifestata in mondovisione verso Mosca, con abbondanti e ripetute elargizioni di sorrisi a 36 denti.
  10. Per minacciare seriamente la Crimea, l'unica opzione disponibile è sempre la stessa: arrivare al nodo logistico di Novooleksiivka per negare ai russi il cordone ombelicale ferroviario che vi giunge da Melitopol e (ramo secondario) da Henicesk, e buttar giù una volta per tutte il ponte di Kerc. Ma gli ucraini dovrebbero attraversare in forze il Dnepr e mantenere aperta una linea logistica lungo questa direttrice. La vedo decisamente dura, per non dire irrealizzabile. L'alternativa è sfondare il fronte direttamente dalla regione di Zaporizja aggirando Melitopol, osso troppo duro da rodere, ma trovandosi di conseguenza esposti a una possibile controffensiva russa in territorio pianeggiante e privo di ripari per colonne corazzate e linee logistiche. La vedo dura anche qui. Servirebbe una operazione joint in stile Desert Storm con tanto di appoggio aereo CAS ma anche BAI, e non credo che l'Ucraina disporrà mai di una simile massa critica. Quindi, no, non ho la minima idea di come potranno essere utilizzate le forze meccanizzate che verranno ricostituite con i mezzi che stanno arrivando dall'Occidente. Resto anch'io a vedere...
  11. Secondo me, non "qualsiasi" accordo ma un accordo che in qualche modo consenta al caro zio Vladimir di non presentare il risultato come una sconfitta all'opinione pubblica russa. Idem per Zelenskij, i cui destini politici però dipendono in misura determinante dalla volontà di combattere del popolo ucraino. A me pare che non esistano né per i russi né per gli ucraini le condizioni per ottenere sul campo una vittoria che cambi in modo sostanziale i rapporti di forza, quindi ritengo plausibile attendersi un qualche tipo di cessate il fuoco solo nel momento in cui entrambe le diplomazie riusciranno a trovare la quadra per salvare le rispettive capre e cavoli. Cosa al momento praticamente impossibile. Ma se guardiamo al futuro, mi risulta difficile immaginare il ritorno del Donbass sotto la piena giurisdizione ucraina, per non parlare della Crimea. Stiamo parlando di territori in cui la gente simpatizza per Mosca e non per Kiev, e questo non può non avere il suo peso nel lungo periodo. Quindi, non posso sapere se se quella che verrà sarà una soluzione "alla coreana" o di altro tipo, ma non penso che a Kiev si illudano di poter rientrare integralmente al confini ante 24 febbraio. A queste condizioni, è probabile che il regime russo resista.
  12. Ovunque dovesse ufficialmente recarsi ricoprendo la sua attuale carica presidenziale, godrebbe in ogni caso dell'immunità riconosciuta ai Capi di Stato.
  13. Mah, non so se dico una sciocchezza, ma una manovra del genere non presenta un rischio elevato di ingestione di frammenti metallici nelle prese d'aria dei motori? Giocarsi un caccia da milioni e milioni di dollari per buttar giù un insignificante drone non mi pare sensato. Anche perché, se il drone puoi legittimamente abbatterlo nel caso che abbia violato il tuo spazio aereo, una raffica di cannoncino basta e avanza. E se invece la rotta del drone si mantiene in zona internazionale, il fatto stesso di compiere quelle manovre "spericolate" implica esattamente ciò che è stato dichiarato dagli USA: poca professionalità.
  14. Segnalo, riportandola dalla pagina FB del Col. Stirpe, questa interessante intervista (audio) a Mykhailo Podolyak, consigliere di Volodymyr Zelenskij, nella quale egli esprime concetti "ufficiali" ai quali va quindi fatta la dovuta tara ma che contiene anche alcuni spunti meritevoli di attenzione. Per la prima volta - almeno per quanto ne so - viene dichiarata una certa disponibilità a trattare la creazione di una zona smilitarizzata, ma senza dire dove essa dovrebbe essere costituita e anche se il presupposto imprescindibile di ogni ipotesi di negoziato resta il ritiro russo dai territori invasi e il ripristino dei confini ucraini così come definiti nel 1991... il che significa il ritorno della Crimea sotto la sovranità ucraina. Insomma, come sempre si chiede 100 per avere 10. Riguardo Bakhmut, viene espressa una sostanziale soddisfazione per le favorevoli ricadute strategiche della mattanza nella quale le perdite russe sarebbero da 5 a 7 volte superiori a quelle ucraine, ma questi naturalmente sono numeri che vanno presi con le pinze anche se in teoria appaiono ragionevolmente plausibili.
  15. Beh, in tema di propaganda non ci siamo nemmeno fatti mancare i Leopard 2 già "distrutti sul fronte ucraino", per non parlare delle interessantissime disquisizioni dello spetsnaz de noartri (quello "educato in Siberia" che campa vendendo libri ai gonzi) il quale pazientemente ci spiega come i carri Abrams siano del tutto inadatti ad operare in climi freddi essendo notoriamente progettati per essere impiegati esclusivamente nel deserto. Il cerchio si chiude (solo per adesso, in attesa di futuri appassionanti aggiornamenti) con un ex portatore di greche che ci rivela come l'Italia sia in realtà una potenza nucleare avendo a sua completa disposizione un certo numero di testate graziosamente forniteci dagli Stati Uniti. E tutto questo, diffuso a piene mani anche da (sedicenti) prestigiose testate giornalistiche. Il livello di disinformazione avente come target l'italiano medio è ormai tale da aver abbondantemente superato i fisiologici limiti di plausibilità già più volte manifestati in passato dai media generalisti.
  16. Per carità... il signore con la cravatta rossa dimostra ancora una volta di mancare totalmente di lucidità politica. A prescindere dalle dichiarazioni alquanto... discutibili relative all'ipotesi di "concedere" a Putin parti del territorio ucraino (come se l'Ucraina fosse roba sua e non degli ucraini), a costui non passa minimamente per la mente - o se gli passa, non lo dà a vedere - che la guerra scatenata dal caro zio Vladimir potrebbe avere motivazioni molto più ampie rispetto all'intento di garantirsi una striscia di terra che colleghi la Crimea al territorio russo. In altre parole, potremmo trovarci di fronte al tentativo di ribaltare il tavolo dell'attuale ordine mondiale basato sulla globalizzazione per tornare a una compartimentazione in blocchi sostanzialmente impermeabili come era nella guerra fredda. Difficile immaginare l'esito del conflitto ucraino, ma possiamo essere ragionevolmente sicuri che dopo che sarà concluso vi saranno comunque strascichi sull'intero sistema di relazioni internazionali, e in questo contesto la Cina avrà una funzione centrale. Se sceglierà definitivamente di appoggiare la Russia vedendola come un boccone invitante da fagocitare in considerazione del considerevole valore delle sue risorse minerarie e energetiche, il rischio è che questa opzione inneschi una serie di sanzioni economiche che danneggerebbero pesantemente non solo Pechino ma anche tutto l'Occidente, visto che l'interscambio commerciale fra Cina e Occidente è su livelli ben diversi da quello pre-crisi fra Russia e Occidente. Credo, sperando di non sbagliare, che questo scenario non convenga né a noi né ai cinesi, e penso che non varrebbe nemmeno la pena di provare a fare questo braccio di ferro per vedere chi cede prima. Se invece la Cina decidesse che che in fin dei conti la globalizzazione le conviene più della polarizzazione, appoggerà la Russia con maggiore moderazione e solo fino a quando riterrà utile che gli USA continuino a disperdere sul teatro ucraino molte ingenti risorse che a Washington invece vorrebbero dedicare proprio al teatro del Pacifico in prospettiva di un futuro confronto con Pechino.
  17. Diciamo più precisamente che se gli USA mollassero l'Ucraina lo farebbero anche tutte le nazioni NATO europee. L'Europa, politicamente, non è mai esistita come soggetto autonomo. Di conseguenza, non è mai esistita una vera e propria politica estera europea ma solo le politiche estere delle singole nazioni come elemento assolutamente residuale della politica NATO. Le spese militari virtualmente insignificanti sono il risultato di questa scelta: si è partiti dal presupposto che l'unica guerra ipotizzabile sul teatro europeo potesse essere solo il confronto diretto e globale fra NATO e Patto di Varsavia, e quindi si è appaltato integralmente alla NATO la gestione comune della difesa continentale accollandosi esclusivamente tali oneri gestionali e rinunciando (Francia a parte, per certi versi) a qualsiasi opzione alternativa che prevedesse la possibilità di gestire in autonomia confronti non asimmetrici al di fuori dell'ombrello costituito dal Patto Atlantico. Io invece mi vado convincendo sempre più che le posizioni espresse da Orsini non siano affatto elucubrazioni partorite da una mente malata ma facciano parte di una precisa strategia tendente a condizionare l'opinione pubblica italiana. Non riesco a considerare casuale, per esempio, che anche un ex generale abbia non molto tempo prima espresso esattamente lo stesso concetto: " ... la denazificazione dell’ucraina si è tradotta in rinazificazione di buona parte dell’europa in termini anche formali e di tutto l’occidente in termini concettuali. Se non nelle parole sicuramente nei fatti." Ci troviamo di fronte a dichiarazioni fotocopia. Lo psicanalista serve caso mai a chi ci crede.
  18. Premesso che io andrei comunque un po' più cauto con certi paragoni perché non tutte le dittature sono di stampo nazista per il solo fatto di essere dittature, qui da noi c'è persino chi sulla sua pagina Facebook ufficiale in un post datato 5 marzo e intitolato "Pietà per Bakhmut" dice chiaro e tondo che è l'Occidente nel suo complesso a essere nazista sorvolando disinvoltamente sul fatto che se veramente in Europa esistesse ancora il nazismo egli stesso non potrebbe continuare a pubblicare le sue opinioni sui media (proprio come avviene oggi in Russia per chi ne avversa il regime), non potrebbe partecipare ai talk show televisivi esprimendo liberamente le sue idee (proprio come avviene oggi in Russia per chi ne avversa il regime) e sarebbe stato già da tempo portato via e sbrigativamente liquidato e fatto sparire dal moderno equivalente della Geheime Staatspolizei (proprio come avviene in Russia con chi ne avversa il regime). Affermazioni addirittura più forti delle posizioni espresse dagli ineffabili Sergej Lavrov e Dmitrij Medvedev, i quali tutto sommato si sono sempre limitati a dichiarare (bontà loro) che in Europa il covo di nazisti fosse solo l'Ucraina. Siamo oggettivamente all'assurdo, ed è allucinante che vi sia qualcuno che crede a queste idiozie.
  19. Anche a me, e presumo per lo stesso motivo. Ovviamente il mio post va inteso come auspicio molto ironico vista l'attuale perdurante e oggettiva inesistenza della UE come soggetto politico, che determina l'assoluta mancanza delle condizioni minime necessarie per poter svolgere un qualsiasi ruolo attivo nella crisi ucraina. Eppure, considerando che molti paesi UE sono anche membri NATO, una ipotetica iniziativa di "boots on the ground" in Moldavia comporterebbe per la Russia una virtuale impossibilità di reagire militarmente, sia perché i russi non possono fisicamente arrivare sul posto senza violare territori o spazi aerei dichiaratamente non permissivi e sia, soprattutto, perché l'ipotesi di agire direttamente contro uno qualsiasi dei paesi UE dotati anche di cappello NATO comporterebbe il rischio dell'applicazione del famoso articolo 5 del trattato Atlantico. Insomma, al Cremlino non potrebbero fare altro che masticare amaro, abbassare la cresta e ingoiare il rospo. Il che non è detto che non possa avere ripercussioni dirette anche sul teatro ucraino.
  20. Beh, se la Russia può mandare (legittimamente, avendo l'assenso del governo locale) truppe in Siria, allora non si capisce perché un robusto contingente UE non possa recarsi in Moldavia con mandato chiaro del Consiglio dell'UE con e regole di ingaggio ben precise, su espressa richiesta delle autorità di Chișinău e tenendosi alla dovuta distanza dalla Transnistria, cogliendo magari l'occasione per far risorgere una buona volta la defunta Eurofor.
  21. Le navi vanno e vengono e possono sloggiare in qualsiasi momento, non è quello il problema. Ma la base di Sebastopoli è un assetto strategico irrinunciabile per la Russia perché senza di essa non potrebbe esercitare alcuna influenza sul mar Nero.
  22. Frasi di circostanza. Un conto è ribadire un concetto noto, un altro è avere l'intenzione di cambiare le cose. L'accesso alla Crimea può essere agevolmente negato poiché le possibili direttrici di attacco sono pochissime. Inoltre, anche nel caso assolutamente straordinario che venisse rioccupata dagli ucraini, cosa se ne farebbero di una penisola politicamente ostile e virtualmente impossibile da controllare? A me pare che la dichiarazione del DoD sia solo un altro tassello piantato nel puzzle che dovrebbe portare a una qualche forma di negoziato in cui si "concederà" ai russi di tenersi quello che già hanno (la Crimea, appunto) se accettano di sbaraccare dal Donbass senza fare tante storie. Sul Donbass si può sempre trovare qualche "soluzione creativa" che consenta sia a Zelenskij che a Putin di non perdere la faccia, mentre perdere la Crimea sarebbe oggettivamente per Mosca una sconfitta inaccettabile e per Putin la fine politica, ma soprattutto sarebbe per i russi una ferita insanabile inflitta da parte dell'Occidente.
  23. Possono fare tutto quello che vogliono, ma se in questo anno di guerra folle e insensata hanno perso una consistente parte dell'organico professionista, resteranno con una operatività reale da terzo mondo.
  24. Se dovessimo applicare rigidamente i concetti espressi nella proposta diplomatica cinese, la Crimea dovrebbe ritornare sic et simpliciter sotto la piena sovranità ucraina, così come il Donbass. Credo però che questo non sia realistico, sia per impossibilità materiale di procedere alla sua riconquista militare da parte ucraina e sia perché andrebbe politicamente a violare una red line che a Washington sembrano non essere disposti a oltrepassare.
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