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Specifiche delle versioni del PANAVIA Tornado
Smersh ha risposto a Unholy nella discussione Bombardieri & Attacco al suolo
Alcune foto esistono, ma credo che non esistano filmati video per i voli da record del 'Red Baron' - nè per il 2 Ottobre 1977 (media risultante, Km/h. 1626) nè per il successivo 24 Ottobre (media risultante, Km/h. 1.590). Però, non potrei giurarci al 100%. Tuttavia, anche se esistessero mostrerebbero un aereo che divora 445 metri al secondo (forse vedremmo un oggetto rossastro magari sfocato) mantenendosi a neppure 20 metri dal suolo. Non cambierebbe nulla riguardo al fatto che in realtà, Darryl Greenamyer volava effettivamente a 1.600 metri sopra il livello del mare. -
Specifiche delle versioni del PANAVIA Tornado
Smersh ha risposto a Unholy nella discussione Bombardieri & Attacco al suolo
ti riferisci ad un eventuale video filmato da me (o altri) quel giorno, suppongo? Altro che video.. non mi sarei perso quella cosa per niente al mondo guardandola direttamente coi miei occhi, pancia appoggiata alla transenna... ero in prima fila, e lo spettacolo ha avuto il bis il giorno dopo. Per il record mondiale: NON a qouta zero, bensì a 1.600 metri sul livello del mare; questo non viene quasi mai citato, ma è importantissimo. Il 'Red Baron' certamente non è detentore del record di velocità a bassissima quota, è chiamata così ma i tentativi hanno avuto luogo cercando di rimanere in volo orizzontale a 16 - 18 metri sopra il pianoro essiccato del Mud Lake di Tonopah - pianoro che in quella zona è situato a 1.577 metri sopra il mare. Quindi l'F-104 volava in realtà a 1.600 metri, quota che non si può definire bassissima nè quota zero. So di un pilota di F-111 che ha fatto in esercitazione, 990 knots ground speed (1.830) Km./h) volando su un tratto desertico di depressione che equivaleva a volare 260 metri sul livello del mare. E un RAF Tornado ADV del 23 Squadron di base a Leeming, aveva fatto 1.615 Km./h volando a 130 metri di altezza sul Mare del Nord, poco a sud della Norvegia. -
Specifiche delle versioni del PANAVIA Tornado
Smersh ha risposto a Unholy nella discussione Bombardieri & Attacco al suolo
Personalmente per me, se si rimane nell'ambito del non-supersonico niente supererà mai (in circostanze non operative, e davanti ad un qualche tipo di pubblico) il passaggio dei 'Viking' della Marineflieger su F-104G a Sion, CH, il 15 Giugno 1986. Per essere più precisi, uno dei due. Mach .96 a circa 60 metri sopra la pista. -
F-16 Fighting Falcon - discussione ufficiale
Smersh ha risposto a Dark Angel nella discussione Caccia
Posso confermare di aver assistito ad uno scramble reale di F-15 (come accertato poi con i loro sistemi dagli 'spotters' olandesi, una vera e propria organizzazione di fanatici appassionati a livelli altissimi, quasi professionali) nel 1987, mentre ero 'parcheggiato' davanti alla recinzione di Soesterberg AFB. Da brivido. -
Un altro punto di forza dei piloti di P-51 in Europa nei confronti degli avversari, dall'autunno 1944 in poi: le nuove 'tute' Anti-'G', qui nella variante G-3. Nella foto seguente vengono indossate dal personale del 78th Fighter Group alla loro base di Duxford, Inghilterra, Gennaio 1945. Le altre due foto mostrano piloti di P-51 sempre in Europa, ma di reparti non identificati. Si tratta di oggetti somiglianti per il 90% al classico design che, negli elementi fondamentali, è ancora oggi il medesimo in un pantalone di stile 'skeletonized'. Accessori davvero fondamentali per rimanere "svegli", e in condizioni di continuare il combattimento manovrato contro piloti della Luftwaffe che andavano in blackout sotto accelerazioni positive, sovente prolungate di parecchi secondi, di 6-7 'G'. Viceversa più di un pilota da caccia USAAF riferì che combattendo con questo indumento correttamente indossato, soltanto un inizio di greyout cominciava appena a farsi sentire a quei livelli, mentre manovre a 8,5 - 9 'G' erano ancora accettabili e perfettamente eseguibili. Pare accertato che grossomodo intorno a Novembre-Dicembre 1944 una sorta di preoccupazione tra le alte sfere dei reparti da caccia fosse proprio l'alto grado di fiducia, sfociante quasi in una certa disinvoltura, che grazie alla G-3 i piloti avevano - al punto di usare sovente la mano pesant(issima) sulla struttura del P-51, di per sè non robusta come quella di un Thunderbolt o anche di uno Spitfire delle varianti più potenti. Qui tutti i piloti della prima fila hanno la G-3, incluso il secondo uomo da sinistra che la indossa sotto la tuta di volo beige (si vede il corto tubo di alimentazione spuntare dal fianco sinistro).
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Le ultime foto, qui il cosciale portacarte di volo fabbricato in Italia. Fatto di plastica rigida, colore grigio, è in pratica la copia dei classici Mk 2 oppure dei successivi MXU-163/P in metallo made in USA. Il pantalone Anti-'G' stesso era comunque provvisto di apposite clips per tenere ferme le carte di navigazione o altro materiale cartaceo. Vista laterale della cinghia ritegno-gambe superiore, marcata UPPER, passante nell'apertura che l'Anti-'G' ha attorno al ginocchio. Lo stemma circolare 'F-104 STARFIGHTER' era disponibile anche in versione plastificata. Mancava una (parziale) veduta da destra, anche se non è il massimo come qualità. Sul Secumar la tasca singola, di grosse dimensioni situata sul fianco destro conterrebbe articoli di utilità immediata in caso di eiezione su territorio ostile o sconosciuto. Idem per una tasca a sinistra, mentre l'altra sempre a sinistra - come già visto - contiene la radio MR-506.
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@ Robygun, sì penso il motivo sia proprio quello. Posterò alcune foto del modello basico di maschera MS-22001 con alcune varianti per il fissaggio. esemplare USAF del 1955 con guscio rigido in plastica di minime dimensioni, passanti in gomma integrali alla 'coppa' e cavi fonia radio rivestiti in tessuto sintetico. esemplare US Navy fine anni '50, con sovraguscio maggiorato in resina verniciata. esemplare US Navy primi anni '60, sovraguscio in resina Olive Drab, cavi rivestiti in gomma esemplare USAF fine anni '70, sovraguscio in plastica e cavi rivestiti in tessuto. esemplare US Navy primi anni '80, sovraguscio in plastica grigio-verde e cavi in gomma-silicone
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Nell'apposita tasca del Secumar, quella più a sinistra (ne ha tre in tutto, di cui quella posizionata a destra è grossa quasi il doppio delle altre) c'è la radio di sopravvivenza, un classico per ogni modello di 'Life Vest' di qualsiasi nazionalità. Per i piloti Italiani e Tedeschi era - penso lo sia ancora oggi - il modello MR-506 della ditta tedesca Becker FlugFunkWerk, che fa da radio ricetrasmittente per le comunicazioni verbali, ma anche da "beacon" d'emergenza attivandosi automaticamente al momento dell'eiezione col seggiolino. In passato il corpo principale era di colore giallo, successivamente è diventato un Olive Drab. Stando alle ricerche, è stata distribuita in Germania a partire dall'autunno del 1971 - non saprei dire quando è arrivata disponibile anche nell'A.M.I. In modalità ricetrasmittente la MR-506 opera su frequenza di 243.0 MHz. In modalità 'beacon' varia tra 300 e 1.000 MHz., col segnale 'blip' che viene mandato due volte al secondo. La portata utile è circa 97 - 100 Km. per un aereo di soccorso che voli a circa 3.000 metri di quota.
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Il personaggio non ha alcun tipo di imbragatura seggiolino -paracadute, e tantomeno un vero e proprio paracadute personale. In tutto il mondo sono ben pochi i modelli basici di aereo equipaggiati con un seggiolino eiettabile (di qualsiasi variante) prodotto dalla Martin-Baker inglese, i cui equipaggi indossino anche l'imbragatura "Torso Harness", sul momento me ne vengono in mente soltanto due americani: l'F-14 e le versioni dell'F-4 Phantom sia per USAF che per l'US Navy. Sull'F-104 dal prototipo fino al -G delle prime sottovarianti si indossava un paracadute dorsale, completo, che poi è sparito con l'arrivo di quei -G (e a maggior ragione, gli -S) con seggiolino della famiglia Mk. 7 'zero-zero' che ha sostituito il famoso Lockheed C-2. Quindi nessun paracadute, e neanche l'imbragatura in stile Torso Harness che il pilota indossa su molti modelli di aereo (specialmente Americani, e qualcuno Russo e Cinese). In pratica, l'imbragatura qui fa veramente parte del seggiolino e rimane obbligatoriamente nell'aereo. Quanto al paracadute comp'leto su aerei di una certa importanza, mi sembra che oggigiorno lo si indossa soltanto su F-5E, T-38, e B-52.
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Questi guanti di volo in pelle, di un accattivante colore acquamarina/verde erano diffusissimi anche quando già erano distribuiti quelli standard in Nomex ignifugo in parecchie aviazioni NATO (cioè, quelli che ormai da molto tempo sono gli onnipresenti GS-FRP/1 o /2). C'è da dire comunque, che anche altrove questi ultimi non erano sempre l'unica scelta possibile; probabilmente un articolo come i guanti di volo poteva andare appresso al gusto o preferenza individuali. Hanno non poca somiglianza coi classici B-3A dell'USAF, anch'essi in pelle di alta qualità ma diversi nel colore. Questi i guanti Italiani: Invece questi i B-3A dell'USAF, qui in colore grigio (c'erano anche gialli, o marrone) e datati 1968. La somiglianza è notevole. Relativamente ancora al casco di volo, merita aggiungere che all'epoca non era raro trovare esemplari che invece dei più usuali riceventi (per gli attacchi della maschera) fatti in lega leggera e poi verniciati di bianco, erano fresati in acciaio e poi cromati. Si tratta dei cosiddetti "Hardman Receivers", già apparsi nel 1958 negli USA sotto forma di un 'kit' di modifica per quei vecchi caschi post-periodo guerra di Corea. Le baionette della maschera appositamente progettate per questi attacchi, avevano un aspetto 'seghettato' (ogni dente = uno scatto di chiusura) e per la loro vaga somiglianza con una sagoma stilizzata di 'albero di Natale', venivano colloquialmente soprannominate "Christmas Tree bayonets".
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La maschera ossigeno era una splendida MBU-3/P, forse il mio modello preferito - ancora più della diffusissima MBU-5/P, quella dall'inconfondibile linea abbastanza 'appuntita'. In pratica un ibrido tra la MS-22001, maschera dell'USAF e la A-13A, maschera standard dell'US Navy (è rimasta in servizio coi 'marinai' dal 1946 fino almeno al 1980). Qui il sovraguscio colore "Medium Green", che copre parzialmente la struttura principale (quella in gomma al silicone) è fatto di plastica. Esemplari più anziani l'avevano invece in Fiberglass, e il colore era un Verde scurissimo che quasi tendeva al Blu. Per il resto, la parte superiore (escludendo il tubo) è quasi indistinguibile da quella dell'US Navy. Questa è fabbricata dalla Sierra Engineering, Inc.. Altre ditte erano la Scott Company, la M.S.A., e la conosciutissima GenTex. Il connettore CRU-60/P è standard in tutte, o quasi, le aviazioni NATO. L'attacco principale riceve obbligatoriamente un rispettivo terminale del tubo corrugato dalla maschera, che abbia un innesto a baionetta con tre 'spine'. Quando non in funzione durante il volo dovrebbe rimanere innestato nella sua apposita 'clip' che è fissata ad una cinghia (solitamente quella a destra sul torace) dell'imbragatura-seggiolino, ma sovente il pilota trovava più comodo lasciarlo connesso alla maschera - in questo modo il CRU-60 rimaneva assieme ad essa, e diventava quasi un elemento integrale del set casco-maschera. Le cinghie ritegno-gambe sono fabbricate dalla ditta Martin-Baker britannica, in pratica farebbero parte del seggiolino eiettabile (un modello, appunto, della Martin-Baker) ma quasi sempre per comodità venivano trattate come capi di vestiario veri e propri e allacciate sulle gambe durante la vestizione. Le due più lunghe, di colore grigio-biancastro erano marcate Upper ed erano per la zona immediatamente sopra il ginocchio; le altre marcate Lower andavano posizionate sulla caviglia, immediatamente sotto l'orlo inferiore del pantalone Anti-'G'. Negli anelli si faceva passare una cordicella in tessuto sintetico proveniente dalla parte inferiore del seggiolino, la quale all'attimo dell'eiezione tirava a forza le gambe ben contro quest'ultimo. La manovra serviva ad evitare che nella stretta cabina di pilotaggio le gambe potessero sbattere contro il telaio del parabrezza o il cruscotto mentre si era catapultati al di fuori in una frazione di secondo, procurandosi lesioni gravi o addirittura gravissime. La presenza di queste due coppie di cinghia fa di questo personaggio, appunto, un pilota di F-104S oppure anche di F-104G, il quale abbia però il seggiolino della Martin-Baker e non quello (siglato C-2) della Lockheed americana.
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C'è però una cosa da tenere presente, nel caso di quegli aerei ovviamente le sollecitazioni investivano ampie 'porzioni' della cellula, con tanto di metri quadrati su cui andare a premere con sforzi tremendi. In più il tempo di esposizione era sempre di alcuni secondi, sovente di parecchi secondi, e talvolta anche di alcune decine di secondi (come per i P-51 coinvolti in quelle violentissime perturbazioni temporalesche). In quest'ultimo caso si univa il terrificante fenomeno del 'windshear' con improvvisi, velocissimi passaggi - magari da + 7 'G' a - 4 'G', il tutto ripetuto infinite volte.
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Questo personaggio (un tempo in collezione) rappresenta un pilota A.M.I. di F-104S - ma volendo anche F-104G, purchè dell'epoca post-seggiolino eiettabile C-2. La data di collocazione è un pò arbitraria e dovrebbe essere presa in modo 'elastico'. Ovviamente alcuni modelli di equipaggiamenti e capi di abbigliamento durano lungo parecchi anni, e nessun 'Technical Order' comanda tassativamente la sostituzione di, per esempio, un pantalone Anti-'G' o casco di volo entro il tal mese o anno - perlomeno, in passato alcune cose andavano anche appresso a un discorso di preferenza o 'simpatia' da parte degli equipaggi di volo, sovente risultando più comodi del modello che avrebbe dovuto (in teoria) riscuotere grandi entusiasmi se rimpiazzava il materiale "vecchio". Il pilota è completo al 100% e assolutamente ricercato con precisione. Non ha addosso una quantità di oggetti comparabile con quella di un pilota di F-86 USAF, oppure quello di un F-104C (sempre USAF) in missione sul Vietnam nel 1966-67, ma solo perchè su questo modello - e, in tempo di pace - ulteriori accessori non sarebbero credibili. Ma c'è comunque tutto quello che ci deve essere, e ogni oggetto è completo e funzionale. Thanx for watching. La tuta di volo è la gloriosa K-2B modello 1, colore grigio (magari con leggerissima tendenza ad un'acquamarina in alcuni lotti di produzione), quasi clonata dalla omonima tuta USAF. E' stata progressivamente sostituita dalla K-2B modello 2 nei primissimi anni '80, di colore verde scuro ma che non era soddisfacente come resistenza ignifuga dopo aver subìto parecchi lavaggi. Entrambe sono state rimpiazzate definitivamente dal modello T-85 nella primavera - estate 1988. Il pantalone Anti-'G' è il CSU-3P/ R (R sta per 'Riveduto'), fabbricato a suo tempo dalla ditta Giusti, anch'esso una copia pressochè identica al 100% all'omonimo modello USAF di fine anni '60 - primi anni '70 Il salvagente è in questo caso integrale alla 'Survival Vest', la quale invece nell'USAF e US Navy è sempre tradizionalmente separata dal primo. Si tratta qui del famoso Secumar 10H - I.A.F. (I.A.F. per Italian Air Force), modello rigorosamente per i piloti di G-91 e F-104 (sui Tornado si porta una variante che ha anche le maniche). Il Secumar è sempre fabbricato in Germania, ma la quasi-identica sottovariante quando era destinata ai piloti tedeschi di F-104G era la 20H - G.A.F. (G.A.F. per German Air Force). Il classico design grossomodo a 'ferro di cavallo' assicura il meglio come tenere la testa sollevata dall'acqua, e le tasche in dotazione sono per contenere accessori di sopravvivenza. Una curiosità, per il modello Italiano '10H - IAF' il numero 10H indica il volume totale delle due 'ciambelle' del collare, una volta gonfiate d'aria - 10 litri. Per il modello tedesco, il 20H indica una capacità in 20 litri. Il casco qui è un bi-visore prodotto dalla Canadian Sierra, modello HGU-2A/P - un classico del periodo grossomodo dalla metà anni '70 a circa metà anni '80, sempre da considerare in maniera abbastanza elastica. Si direbbe che era favoritissimo dai piloti Europei (Italiani, Belgi, Olandesi, Norvegesi) che usassero materiale Americano - quindi escludendo nazioni come Francia, Gran Bretagna e anche Svezia che risultavano essere rigorosamente 'indigene' in questo senso. Il pomello di destra azione un visore incolore, quello di sinistra un visore verde scuro anti-abbagliamento. Pesante e scomodo, la sua variante siglata HGU-2A/P ma in configurazione monovisore era di poco più accettabile in termini di peso, e di tendenza (spiacevolissima) a ruotare sulla nuca sotto alti numeri di 'G' nonostante la maschera fosse serrata al massimo. SEGUE - Il proprietario era un pilota del 6° Stormo. L'emblema è stato dipinto a mano - non una decalcomania, o adesivo.
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Sembra che per il P-51 (quello Merlin-engined s'intende) fosse, diciamo così, qualcosa di maledettamente critico il discorso della robustezza strutturale - molto più di altri caccia amici e nemici, pare che la cosa fosse variabile in misura preoccupante. Si sono avuti molti casi di aerei andati perduti in conseguenza di manovre violente fatte in combattimento, ma non così tanto violente dopotutto; pannelli alari o la sezione di coda che si staccavano, pur senza superare un numero molto elevato di 'G'. Altre volte semmai, stupiva l'opposto. Perlomeno, i piloti coinvolti e sopravvissuti all'avventura si dicevano " stunned", o "appalled" dall'aver letto sugli accelerometri valori di 9,5 - 9,7 'G'... va da sè che invariabilmente, dopo questi sforzi la cellula di un P-51D non era più integra al 100% come invece si trovava prima - le lamiere deformate in talune zone erano cosa quasi obbligatoria, e non era strano purtroppo (per i P-51B e -C in azione nell'inverno 1944) avere i bulloni che assicuravano il motore sul castello addirittura strappati via in parte, o totalmente. In altre circostanze ancora, erano le ali a vedersela brutta. Altrove invece la struttura resisteva a sforzi bestiali. Il 1 Novembre 1944 alcuni Mustang del 479th Fighter Group, 8th Air Force in missione sulla Germania incapparono in una perturbazione di violenza mai vista prima, degna di certe tempeste tropiocali del Pacifico, e non poterono evitarla. Andarono perduti per questo preciso motivo diversi aerei (tra cui quello del Col. Zemke, già leggendario comandante del 56th Fighter Group dotato di P-47 Thunderbolt) e alcuni piloti che si salvarono riferirono poi di essere riusciti a lanciarsi col paracadute dai P-51 assolutamente fuori controllo , divenuti trottole mortali. Qualche aereo si spezzò in aria sotto carichi tremendi, qualche altro invece rimase integro - il pilota aveva fatto in tempo a leggere sull'accelerometro valori di 10 - 10,5 'G'.
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Alcune cose sembrano incredibili, roba da F-16 e forse di più, ma non erano così pazzesche come potrebbero sembrare (anche a me, lo ammetto). Il Lt. Cdr. Roger Hedrick, pilota di F4U 'Corsair' col VF-17 nel 1943-44 e col VF-84 nel 1945, scrive di aver tirato in combattimento 9,2 - 9,3 'G' almeno un paio di volte (!!). E di aver visto sull'accelerometro 11,2 G in occasione di una vertiginosa caduta in vite con conseguente richiamata, durante una tempesta tropicale con violentissimi 'windshears' di turbolenza che l'aveva sorpreso sull'oceano. Il Corsair a quanto pare, non riportò danni alla cellula degni di nota.
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Ancora un'immagine di Lewis Sanders (1 vittoria confermata a Pearl Harbour, pilotando un P-36) scattata ai primi del Gennaio 1945. Qui seduto nel cockpit di un P-38J 'Lightning' del 318th Fighter Group, 7th Air Force. La base è l'isola di Saipan, conquistata dalle truppe USA cinque mesi prima e facente da "trampolino di lancio" per le missioni dei quadrimotori B-29 contro il Giappone. Era però anche la base del suddetto 318th, che ebbe in dotazione i P-47D 'Thunderbolt' dall'Agosto fino alla metà di Novembre 1944 - e successivamente ricevette i P-38J 'Lightning' (a quanto risulta, non più di 36 aerei) ceduti da altri Groups, e come tali già abbastanza usati. Il reparto volò con i Lightning circa tre mesi e mezzo, poi ricevette nuovamente i P-47 Thunderbolt - ma stavolta nella poderosa e definitiva variante -N e alla fine di Aprile 1945 andò a basarsi sull'isola di Ie Shima, qualche chilometro al largo di Okinawa. Qui Lewis 'Lew' Sanders si trovò nuovamente assieme a Philip Rasmussen, suo collega e compagno di avventura a Pearl Harbour. Erano trascorsi 41 mesi!!
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All'epoca di Pearl Harbour, Taylor aveva esattamente 22 anni. Welch andava per i 24. Qui alcuni dei piloti del 46th e 47th Pursuit Squadrons che ottennero vittorie contro i Giapponesi il 7 Dicembre, volando su P-36 e P-40B. Da sinistra: Sanders (P-36), Rasmussen (P-36), Taylor (P-40B), Welch (P-40B), Brown (P-36).
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Si conoscono con certezza i markings di almeno uno dei caccia dell'US Army Air Corps che quella mattina decollarono contro i Giapponesi, e si tratta proprio di quel P-40B che fu pilotato da George Welch. Appartenente al 47th Pursuit Squadron del 15th Pursuit Group, 7th Air Force (Hawaian Sector), era uno della dozzina circa di aerei che dalla base principale, Wheeler Field, erano stati trasferiti pochissimo prima al campo satellite di Haleiwa per sortite di 'target gunnery'. Il numero '160' in grandi dimensioni era sulla fusoliera accanto alla coccarda; sulla deriva di coda il numero '81' e subito sotto, '15 P' (per '15th Pursuit'). Il tutto verniciato in bianco. In questa foto di fine Dicembre 1941, la coppia di piloti che inflisse la maggior parte di danni agli attaccanti giapponesi: Kenneth Taylor (a sinistra) e George Schwartz Welch. p.s. per curiosità, tutte le 16 vittorie confermate di Welch - ottenute nel periodo dal Dicembre 1941 all'Ottobre 1943 - arrivarono in 'multiples', non singolarmente: cioè erano 2 vittorie, oppure 3, oppure 4 per volta (per esempio, il 7 Dicembre 1941 e il 2 Settembre 1943 Welch abbattè 4 aerei in una missione sola). E per coincidenza curiosa, esattamente un anno dopo Pearl Harbour - il 7 Dicembre 1942 - Welch ne distrusse 3 in una missione sola, pilotando nientemeno che un P-39D (!!). Abbiamo la matricola di questo fortunato Airacobra: # 41-38359, del 36th Fighter Squadron - 8th Fighter Group, 5th Air Force, quand'era basato a Milne Bay (New Guinea).
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Personalmente non mi dice più di tanto 'Tora Tora Tora', anche se si deve dare atto dell'epoca del film - la quale non permetteva certi effetti visivi e trovate tecnologiche favolose come oggi è possibile fare. Comunque sì, il 'Pearl Harbour' di Micheal Bay del 2001 è in pratica tre ore di commedia romantica/film d'amore, più che altro un pretesto per mostrare capolavori di antipatia come i due attori che interpretano i piloti-rivali (specialmente l'inespressivo e patetico Ben Affleck, qualcosa di assolutamente impossibile). I due sono un lampante riferimento ai piloti George Welch e Kenneth Taylor del 47th Pursuit Squadron, che quella mattina fecero un gran lavoro in coppia mandando giù complessivamente almeno 6 aerei Giapponesi (in tempi recenti alcune ricerche più approfondite dimostrerebbero che due aerei reclamati da Taylor come 'danneggiati' sono poi andati perduti definitivamente, portando il totale minimo dei due piloti a 8 vittorie). Peccato che vengono mostrati come due giovani babbei esclusivamente dediti a combinare ca**ate e litigare per il possesso delle donne, tra le quali la fulgida Kate Beckinsale è l'elemento più valido. * Ken Taylor fece in tempo a vedere il film, all'età di 81 anni, e definì il modo in cui sono stati dipinti lui e Welch ".. praticamente spazzatura, una cosa completamente distorta e troppo sensazionalizzata".
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E' vero, se si considera la qualità del materiale di volo e il fatto che decollarono in non più di 8 piloti (perlomeno si conoscono i nomi di quegli otto, come dire che non risultano altri uomini partiti in quel frangente) eppure anche così riuscirono a combinare qualcosa di decente, si può legittimamente dedurre che anche soltanto con un numero triplo e soprattutto già in aria al momento giusto avrebbero davvero cambiato alcune cose. Mia parziale svista del post precedente: quella mattina assieme a Philip Rasmussen si trovava tra gli altri anche il Lt. Lewis M. Sanders, e anch'egli negli ultimissimi mesi di guerra si ritrovò (con incarichi e grado di alto livello) a fianco di Rasmussen nel 318th Fighter Group a Ie Shima, base di quell'unità con P-47 N.
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Grazie. Se ho capito bene leggendo della Warhead Mk 42, le barre sciupavano un pò (ma mica pochissima) della loro energia cinetica proprio aprendosi a forza la strada attraverso la struttura esterna stessa del missile, prima di espandersi liberamente all'esterno. Comunque un sistema singolare e a modo suo geniale secondo me, se non altro dove l'infernale anello tocca.. davvero trancia via il nemico. Con il sistema delle schegge 'shrapnels' probabilmente non si potevano ottenere grossi pezzi di acciaio capaci di fare danni irreversibili, anche perchè schegge di grosse dimensioni significano una minore quantità delle medesime - e quindi meno chances di colpire.
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Grazie per il link, davvero ben fatto l'articolo!! Alcune mie idee sono poco chiare (saprei dire a memoria la lunghezza totale dei lacci di regolazione in una tuta stratosferica VKK-6M, quanto invece pochissimo o niente so di missili..), grazie ancora se mi spieghi i dettagli tecnici. In pratica: * il numero di barre dispari, 365 in questo caso, suppongo non era casuale - se non ho immaginato male, un numero pari non permetterebbe che le due barre di estremità (cioè quelle che chiudono il cerchio) si possano saldare nel corretto modo. E' giusto? * quasi 37 Kg. di esplosivo rinchiusi in un contenitore non mi sembrano mica pochi, come era sagomata la carica per far allontanare le barre in un cerchio più o meno perfetto? * l'esplosione ovviamente non staccava le barre tra di loro, visto che dovevano 'reggere' fino ad estendersi completamente. Era un acciaio speciale particolarmente elastico, o lo spessore di soli 6 mm. era sufficiente a farle flettere? * il danno era provocato dall'anello che allargandosi istantaneamente tagliava via pezzi dell'aereo? Se così, una distanza pari alla metà del diametro (in questo caso, 28-29 metri) è anche il raggio letale dell'anello? Thanks!! E complimenti ancora.
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(il post è editato, ma non sono riuscito ad eliminare quello precedente). Oggi 75 anni esatti da Pearl Harbour. Tre quarti di secolo non sono roba da poco, e quella data (comunque la si voglia analizzare) è tra le più cariche di conseguenze di quel conflitto mondiale, visto i meccanismi che ha messo in movimento. Una cosa che forse - se non su pubblicazioni più approfondite - non è stata fatta notare più di tanto, ogni qualvolta si discute di Pearl Harbour, è che neppure il primo giorno di guerra 'ufficiale' sul fronte del Pacifico i militari del Sol Levante hanno messo a segno alcunchè di notevole dal lato dei risultati utili, se non dare il primo colpo di vanga per scavare la fossa al loro Paese. Nè sarebbero stati in grado di farlo, contro una nazione che (tanto per fare un esempio) ha terminato la guerra avendo a galla qualcosa come 102 portaerei e 71 incrociatori - opure che ha potuto permettersi di regalare, in pratica, migliaia e migliaia di aeroplani a Britannici e Sovietici. Ma a Pearl Harbour in effetti, al di là delle immagini impressionanti del mare incendiato dalla nafta e di dozzine di aerei ridotti a carcasse bruciate, il Giappone non ha ottenuto praticamente niente se non di tirare in pista il gigante ancora semi-assopito. * Per rimanere in ambito strettamente aeronautico un piccolo aneddoto che, con tutta probabilità è pochissimo conosciuto: si citano sovente aviatori (specialmente da caccia) Tedeschi e Giapponesi che, stante la situazione dei loro paesi, hanno praticamente fatto la guerra per la sua quasi totale durata. Quella mattina del 7 Dicembre 1941, tra la manciata di piloti di P-36 e P-40 che partirono alla disperata così come si trovavano, c'era anche il 2nd Lt. Philip Rasmussen del 46th Pursuit Squadron che andò ad intercettare la prima ondata d'attacco con addosso soltanto il... pigiama (!), e il paracadute, più le scarpe che non ebbe il tempo di allacciarsi. Pilotando il P-36 'Hawk' numero di fusoliera #86 riuscì ad abbattere uno Zero, prima di tornare giù e atterrare a Wheeler Field con quasi 500 fori di proiettile nell'aereo. Certamente quella mattina Rasmussen non poteva immaginare neppure lontanamente che ben quarantatrè mesi più tardi sarebbe stato ancora vivo... e ancora in azione, stavolta sui P-47 Thunderbolt della variante -N in dotazione al 318th Fighter Group, 7th Air Force, basato sull'isola Ie Shima (Okinawa). Nell'abitacolo di quel mostro poderoso, che, quantunque 'soltanto' cacciabombardiere e monomotore poteva sollevare più armamento di un bombardiere Mitsubishi 'Val' (gli stessi che proprio a Pearl Harbour erano stati i suoi avversari) Rasmussen andava in 'sweeps' di caccia libera nientemeno che sul territorio metropolitano giapponese nel Giugno - Luglio 1945, in cerca di aerei o di qualsiasi cosa si muovesse a terra. Che cambiamento incredibile dovette essergli sembrata, l'evoluzione aeronautica in poco più di tre anni..
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Anniversario 'netto' oggi, esattamente 75 anni or sono l'episodio di Pearl Harbour. Una giornata che comunque la si voglia radiografare, è stata epocale nella 2° G.M. per i meccanismi che ha messo in moto. Chissà se qualcuno tra i partecipanti all'azione da entrambe le parti, potesse avere un'immaginazione così immensa e "delirante" (con gli elementi che si avevano in mano il giorno 7 Dicembre del '41) da poter anche lontanissimamente pensare all'epilogo. Certamente Philip Rasmussen, pilota del 45th Pursuit Squadron che riuscì a levarsi in volo alla disperata quella mattina (abbattendo anche un caccia Zero), non poteva immaginare che quarantadue mesi più tardi avrebbe pilotato un P-47 Thunderbolt della variante -N dalla base di Ie Shima, Okinawa, per andare a scorazzare in missioni di caccia libera nientemeno che sopra al territorio metropolitano Giapponese...
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Un 'continuous rod' circolare di 56 metri di diametro nel caso del Mk-2... ma è mostruoso!!! Vuol dire un anello con 175 metri, più o meno, di circonferenza - questo se (nella frazione di secondo alla massima espansione) diventa davvero un cerchio perfetto... :o. Ne deduco che con un totale di 365 barre d'acciaio, ognuna dovrebbe essere lunga circa 0,5 metri. Una curiosità: all'attimo della separazione delle barre, queste diventano a loro volta una specie di "testata a frammentazione" oppure non hanno più alcun effetto nocivo?