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Ciao, ti mando foto dettagliate tra poco. Se può servire, diciamo che il CRU-60/P non è parte del seggiolino M/B in alcun tipo di aereo occidentale, bensì è parte di quel poco di impianto ossigeno 'esterno' dell'aereo che comprende un segmento di tubo corrugato uscente dalla consolle di destra, tappato da un coperchietto a molla quando non in uso. Il CRU-60/P in teoria andrebbe lasciato collegato al tubo e scollegato dall'imbragatura seggiolino/paracadute - era consigliabile non staccarlo troppe volte dal tubo, mentre la 'clip' che lo fissava alle cinghie non pativa nulla. Piuttosto, è più facile vederlo fuori dall'abitacolo sull'imbragatura personale ('torso harness') di piloti di Phantom USAF, A-7 USAF, F-15, F-16, A-10, A-7 etc. Questo perchè si tratta di un concetto tutto diverso di imbragatura per il seggiolino.
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Tra l'altro, velocità registrate con esattezza, che però non fanno testo a livello di eventuali e non impossibili record (poichè non catalogate secondo i crismi richiesti dalla F.A.I.) ma sono impressionanti a dir poco, sono sfoggiate più o meno abitualmente a Reno da aerei di quella classe 'Unlimited Gold' che rappresenta il top dei purosangue da corsa - e come sempre i P-51 ne risultano protagonisti in ogni edizione, pur se modificati in modo sconcertante (com'è ovvio del resto). Essendo proibito ai concorrenti di salire oltre una certa quota (ma se anche non lo fosse, sarebbe uno spreco di qualche prezioso secondo di tempo) gli aerei devono necessariamente rimanere 'incatenati' attorno ad un circuito grosso modo ovale, delimitato dai famosi piloni (in tutto 12), in volo praticamente sempre livellato ma c'è ancora lo spazio verticale che basta per eseguire minime discese onde prendere ancora più velocità possibile; sono però i motori con potenze mostruose che spingerebbero comunque il P-51 a velocità eccezionali anche soltanto e sempre in volo livellato - e si aggiunga che alla fine della gara la media si è necessariamente ridotta di un pò, solo per via delle virate attorno ai piloni che assorbono ovviamente un pò della suddetta velocità. Quasi tutta la gara viene corsa con l'aereo in virata tranne che in pochissime circostanze - lo spazio ovale lungo complessivamente circa 13,6 Km. va percorso sei volte per un totale di quasi 82 Km., col P-51 che mantiene non meno di 5 - 6 'G' di accelerazione continua attorno ai piloni. Proprio nei brevissimi tratti rettilinei si raggiungono velocità pazzesche considerato che siamo a quota bassa dove l'aria è densa: lo Stead Airport di Reno è a 1540 metri s.l.m., quindi gli aerei che gareggiano si trovano a volare ad una quota che non supera mai più o meno i 1.650 metri, e proprio ad altezze come questa i motori vengono 'pompati' con livelli di sovralimentazione che un P-51 Mustang del 1945 non avrebbe mai avuto in emergenza di combattimento a 8.000 metri: era permessa un 'boost' di 76" hg per 5 minuti al massimo. Qui a Reno invece (nell'aria densa dei 1.600 metri) un motore Merlin super-modificato deve girare a più di 100" hg per quasi tutta la gara, quindi no wonder se sovente qualcosa esplode letteralmente. * proprio l'aereo che si è schiantato nell'edizione 2011 dei Reno Air Races, un P-51D ('Galloping Ghost', #177) super-modificato, aveva fatto registrare una velocità da record pochissimi secondi prima dell'incidente: 848 Km/h. - calcolati da GPS e cineprese automatiche - nel veloce tratto rettilineo prima di virare ai piloni, dove poi comunque non era arrivato molto più lento... 'solo' 823 Km/h. quando c'è stato il guasto meccanico che ha causato lo schianto. In quel momento era inclinato di 74° a sinistra, diventati immediatamente 93,2° (oltre la verticale) e seguiti da un'accelerazione istantanea sul piano verticale del 'pitch' che ha senz'altro fatto svenire il pilota: 17,3 G in circa 1 secondo di tempo. L'aereo è rimasto integro nel modo più assoluto (alcune leggere deformazioni della lamiera sul fianco destro di fusoliera sono visibili in foto ad altissima definizione, ma è un nulla in paragone) e ha eseguito una salita in rollìo, senza controllo, per poi schiantarsi a terra a pochi metri dalla linea del pubblico. Ovviamente nulla da fare per il pilota, visto che - in ogni caso - dall'insorgere del guasto al 'trim tab' di coda, fino all'impatto col terreno sono trascorsi non più di 9,2 secondi. 74 anni di età, ma portati incredibilmente alla grande.
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Il punto dolente è che non si può fare chiarezza nel modo che piacerebbe a noi: se hanno davvero dato la caccia a veicoli non-terrestri i piloti non ne hanno la certezza, se invece ce l'avessero e la palesassero di pubblico dominio verrebbero zittiti o forse derisi, penso a quando l'Aeronautica Belga nella primavera 1989 aveva pubblicamente reso accessibile un bel pò di materiale notevole circa le tentate intercettazioni dei piloti verso UFO nei cieli europei: dati tecnici, informazioni, tracciati radar, filmati fatti dalle cineprese dei loro F-16, etc. E ricordo l'epilogo di certe discussioni con conoscenti o amici: loro che tiravano in ballo gli stormi di anatre selvatiche a 550 kts. di velocità, o di palloni-sonda che manovrano ad angolo quasi retto (non so se è più il sentimento di stanchezza o di simil-nausea per questi ultimi, domani li troverò anche piantati nel panettone), oppure gli 'abbagli' del radar - "sai, sono macchine in fin dei conti e possono sbagliare; non si tratta di HAL 9000", e io che facevo notare che con loro non c'erano molte speranze di discorrere ad armi pari: quand'anche l'HUD filmasse la targa posteriore di un veicolo alieno con tanto di sigla, mi sentirei dire che "... ma per piacere dai, è troppo bello per essere vero quindi è falso. Davvero un simile veicolo si farebbe raggiungere e filmare da un F-16?.. " Poi chissà, i video saranno davvero dei falsi. Tuttavia credo che lo diventerebbero comunque, anche se fossero genuini.
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Forse su qualche rivista scientifica (o simil-tale), domani qualcuno depositario di conoscenze intoccabili rivelerà una cosa che non si sapeva, cioè che nei pressi di San Diego ci si diverte a lanciare 'freesbees' su su fino a quelle quote. Oppure che palloni-sonda (onnipresenti, questi ultimi) della variante sagomata a 'Villa's spaceship' sono talmente evoluti da riuscire a tener testa anche ai Top Gun. Come dar loro torto, d'altronde - noi visionari inguaribili siamo in fondo alla scala.
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Thanx, è interessante. Esiste anche una foto scattata da terra dalle parti di Rumlikon (un fotogramma singolo, a colori) di un osservatore svizzero nel 1979 o 1980 se ricordo bene, dove un Mirage III dell'aviazione elvetica tallona veramente da vicino un veicolo che è denominato 'Ricognitore Type IV' in una specie di catalogazione non ufficiale per queste astronavi aliene. La cosa è abbastanza impressionante. Non ci sono link per questa, perlomeno non li conosco - oltre ad un'allergia personale per i link in genere; esiste su di un libro che raccoglie una serie di foto negative e pellicole in 16 mm. le quali hanno passato con successo a suo tempo i tests di autenticità da parte di investigatori ufficiali anche stranieri.
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Sì, nel filmato è alle preliminari per le 'Championship' di Reno e la livrea è leggermente diversa da quella che aveva il 2 Settembre per il tentativo di record mondiale di velocità. Qui l'elica è una Hamilton Standard praticamente identica a quella di un qualunque Mustang di serie.
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Lo scorso 2 Settembre 2017 l'aereo con motore a pistoni più veloce del mondo è tornato ad essere un P-51 'Mustang', ... com'era giusto, d'altronde . Qualcosa come 892,7 Km/h. ottenuti nel passaggio più veloce dei quattro richiesti dalla F.A.I. - il tutto rimanendo a quote di 20 - 21 metri sopra la pista, in volo orizzontale e sempre rigorosamente senza la minor picchiata o comunque discesa che possa far guadagnare ulteriore velocità. Si tratta di un aereo della sottovariante North American P-51D-25-NA, fabbricato nel tardo 1944 (ex- AAF 44-73415) e pesantemente modificato lungo gli anni per diventare un super-sofisticato 'racer'; battezzato 'Voodoo', in tempi recenti ha fatto faville gareggiando alle celeberrime corse aeree di Reno, in Nevada che si tengono annualmente nel mese di Settembre. In particolare aveva vinto il 1° posto nelle edizioni 2013, 2014 e 2016 della categoria più prestigiosa, e cioè la 'Unlimited Gold' dove modelli di aerei senza limitazioni ('unlimited') di cilindrata, età, o livelli di modifiche danno spettacolo filando a ritmi impressionanti lungo un percorso ovale e virando a 6-7 'G' attorno ai piloni che demarcano le curve. Al di là di Reno, il progetto del pilota Steve Hinton Jr. era di battere il record mondiale per aerei classe C-1 (aerei con motore a pistoni, decollanti con mezzi propri da terra) che resisteva dal 21 Agosto 1989 con 850 Km/h. toccati da Lyle Shelton pilotando un F8F 'Bearcat, anch'esso super-modificato (tra le altre cose, un motore di DC-7 azionava un'elica di Skyraider... ) e denominato Rare Bear. Le modifiche per 'Voodoo' erano tante, tra di esse un'elica quadripala 'a scimitarra', uno speciale mini-tettuccio che ha richiesto di ricostruire parte della fusoliera superiore, modifiche alle ali, e senza menzionare le potenze mostruose che i motori Packard 'Merlin' riescono ormai a raggiungere per periodi anche prolungati (sovente prima di esplodere..) iniettando additivi che fanno salire i 'boost' di sovralimentazione a più di 100" HG (pollici di mercurio) - la potenza 'in emergenza' per un P-51 da non superare MAI in combattimento nel 1945, era di 'soli' 75" HG .. In un piccolo aeroporto dell'Idaho il 2 Settembre la media dei quattro passaggi regolamentari richiesti dalla FAI è risultata essere di 855,4 Km/h., con un passaggio in particolare (regolarmente registrato, comunque) pari a 892,7 Km/h. Paradossalmente, siccome in tempi recentissimi le regole sono cambiate, per battere un precedente record bisogna superarlo almeno dell' 1% - questo significa che 'Voodoo' doveva volare, nella media, ben... 3,1 Km/h. più veloce (!!!!!!!!!!) di quanto ha fatto. Quasi una beffa, nonostante tecnicamente il record, volendo essere onesti, è stato superato: 855,4 contro 850, e soprattutto quel passaggio super-veloce a 892,7 Km/h. Come dire 248 metri al secondo, filando 21 metri sopra la pista.
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Ovviamente i miei personaggi dispongono anche delle carte di navigazione, diversamente sarebbe una (piccolissima) bugia affermare che sono piloti COMPLETI... PVO 1961 (!!!!!!!!!!!!!!!!) - cosa volere di più ? Ce n'è anche una (in scala più piccola, al 200.000) che copre l'Europa del Nord-Est.
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hello, credo fosse per evitare il forte abbagliamento quando si scrutava un tratto di cielo immeciatamente prossimo al sole. Provate e 'collaudate', devo dire che un eventuale oggetto scuro contro il cielo si vede appena. Questa la dicitura sulla confezione originale d'epoca - Sky Lookout, Dark.
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Un'aggiunta riguardo agli occhialoni da volo, qui le lenti sono state cambiate - da verdi (per una protezione standard dalla luce solare) a quelle cosiddette 'Lookout Dark Lenses, for AN-6530 Goggles'. Non propriamente pensate per gli aviatori, bensì per il personale di vedetta delle navi USA che sovente si trovava a dover scandagliare il cielo ('lookout') in cerca di aerei nemici. Si tratta di un Blu estremamente scuro, viste dall'esterno è quasi un nero. All'atto pratico molti aviatori US Navy e USMC le usavano, in effetti erano progettate esattamente identiche in forma, dimensioni e spessore alle altre già intercambiabili per gli occhiali mod. AN-6530.
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Dopo aver discusso sulla protezione dal fuoco che gli indumenti di volo potevano offrire oppure no, è interessante fare un giro sul web cercando foto d'epoca che illustrano l'abitudine di tanti piloti Navy o USMC di volare in missione con le maniche della tuta (o della camicia d'ordinanza) bellamente arrotolate all'insù... ..la foto in bianco e nero per illustrare la tonalità decisamente chiara dei guanti estivi di questo pilota di Wildcat (probabilmente color panna/crema, simile a quello dei miei guanti), qui non c'è neppure tantissima pelle esposta; altre foto invece mostrano le maniche arrotolate addirittura fino al bicipite. Sempre a proposito dei guanti, è da notare come i quasi identici B-3A dell'USAAF (leggeri, estivi, e fabbricati in pelle di capretto) fossero considerati da molti aviatori come "abbastanza ignifughi". E un pilota USAAF che volasse in missione in quegli stessi luoghi nel caldo-umido tropicale era vestito all'incirca come uno US Navy o USMC: tuta di volo estiva, guanti estivi 'abbastanza ignifughi', e soprattutto (anche se non sempre) le maniche arrotolate su fino al gomito.. .. come dire, se s'incendiano 450 litri di benzina su cui sto seduto, non sono le maniche tirate giù che faranno la differenza ...
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Grazie Gian Vito dell'apprezzamento. Un qualcosa è in cantiere per un sito Internet, mentre per un libro avevo fatto un pensiero tempo fa - ovviamente, richiede un approccio diverso da più di un punto di vista. Aggiungo qui un paio di foto del cosciale di volo. Un articolo orribilmente difficile da trovare - in effetti non esisteva ufficialmente un oggetto come il 'cosciale di volo' in dotazione agli aviatori nella prima metà degli anni '40, a volte (ma specialmente l'USAAF) qualcuno di loro faceva apporre sulla gamba della tuta un foglio di acetato trasparente fermato su tre lati da fettucce di stoffa cucite. Ne risultava una specie di tasca trasparente in cui infilare carte di volo o simili, ma ovviamente non era accessibile per scriverci sopra. Nell'US Navy sovente i cosiddetti 'squadron riggers' cioè in pratica gli specialisti per la manutenzione/riparazione dei velivoli sulle portaerei, preparavano ingegnosi articoli da veri artigiani utilizzando scarti di pannelli in duralluminio sagomati e piegati a seconda della necessità, viti e dadi, etc.: dopodichè una fettuccia elastica da occhialoni di volo, per fare un esempio, forniva la cintura con cui legare il cosciale attorno alla gamba. Questo qui l'ho cercato alcuni anni, per poi avere finalmente una 'dritta' da un collezionista polacco... un tipo letteralmente matto, al 100%, soltanto ed esclusivamente per il materiale di volo dell'US Navy.
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Gli occhiali da sole sono un esemplare civile degli anni '40, copia dei Bausch & Lomb AN-6531 in dotazione ai militari; differenze minime in alcuni dettagli. Questi forse prodotti dall'American Optical Co. La sciarpa di volo è originale: si tratta di un rettangolo di seta proveniente da una calotta di paracadute degli anni '40 adattato e cucito (a doppio strato) per fare da sciarpa, avendo cura di conservare alcuni dei marchi azzurrini stampati sul tessuto e raffiguranti il logo dell'US Naval Aviation. La tuta di volo in nylon verde (più o meno scuro, può dipendere dal fabbricante) probabilmente è quasi sconosciuta al grande pubblico come indumento dell'aviatore US Navy/USMC della 2°G.M. sia pure del tardo periodo bellico. Distribuita a partire dalla fine di Ottobre 1944 assieme ad una cuffia fatta con lo stesso materiale (per il resto identica alla cuffia di questo pilota) ovviamente non è stata usata da tutti; chissà, probabilmente meno della metà del personale impegnato negli ultimi 10 mesi di operazioni l'avranno indossata. Per il resto, diverse combinazioni erano possibili e il classico completo khaki è visibile in foto e filmati ancora nell'estate 1945. Inoltre la nuova tuta mod. M-668 (assolutamente identica a questa in nylon, ma fatta di 'cotton twill' khaki) era disponibile dal tardo Aprile 1945, e certamente molto usata dagli aviatori. Qui la tuta in nylon. Qui la M-668: Leggerissima e sottile, era progettata da indossare direttamente sopra al set di ordinanza (color khaki) camicia + pantaloni dell'aviatore navale. Diverse ditte coinvolte nella produzione, questa è della 'Alda Mills'. Forniva protezione nelle prime fasi di un incendio, in quanto quel tipo di nylon non supportava attivamente la combustione che invece era alimentata da un tipo di materiale come il cotone. Un fatto curioso, dopo che reports nell'US Navy mettevano l'accento sull'infiammabilità del nylon usato in indumenti di volo (non solo le tute di volo estive in nylon verde, ma anche le nuovissime 'anti-G' integrali David Clark mod. 'Z') il NavAir Medical Institute condusse nel Maggio 1945 altri tests, in aggiunta a quelli che erano già stati fatti prima ancora che il nuovo e 'pericoloso' materiale arrivasse in dotazione al personale di volo. Furono messe a confronto le tute di volo in tessuto di cotone convenzionale 'Byrd Cloth' M-668, con quelle in nylon, sotto forma di strisce lunghe e strette a cui veniva avvicinata una fiamma. Il Byrd cloth prendeva fuoco a 222 C°, mentre il nylon fondeva (ma quasi non produceva fiamme) a 250 C°; la fiamma veniva allontanata da entrambi i materiali dopo 5,5 secondi, e la striscia di 'Byrd cloth' continuava a bruciare consumandosi completamente entro 30 secondi. Il nylon invece smetteva di fondere entro circa 7 secondi, lasciando 'gocce' di materiale fuso e raffreddato attorno alla zona bruciata. Basandosi su questi risultati i responsabili ritenevano che indossando il nylon non direttamente sulla pelle bensì su un completo sottostante (andava bene l'uniforme d'ordinanza khaki, camicia+ pantaloni) l'aviatore poteva stare ragionevolmente protetto; il nylon non sarebbe bruciato autoalimentandosi, mentre il materiale fuso non sarebbe andato a contatto con la pelle. In effetti la nuova tuta era leggerissima e studiata per dare più comodità all'aviatore sottoposto ad elevati livelli di caldo e umidità tipici delle zone tropicali-marittime. In più, la sciarpa a protezione del collo e i guanti indossati sopra ai polsini delle maniche portavano un riparo quasi integrale. Qui una foto di piloti di Hellcat nel Giugno 1945; uno soltanto indossa la tuta M-668, due altri hanno le tute in nylon. Il primo pilota da destra indossa anche la cuffia in nylon, che faceva 'il paio' con la nuova tuta. Qualche altro dettaglio in close-up. Qui una variante del pacchetto 'Dye Marker' in uso nel 1945 e portato di norma legato al salvagente AN-6519 usando l'apposita fettuccia - più raramente, incollato tra le pieghe delle due distinte sacche gonfiabili del salvagente. Pacchetti come questi sono usati ancora oggi, cambia però la parte scritta sull'esterno; è diverso anche il materiale della suddetta fettuccia (tessuto in nylon invece che di cotone). Qui lo 'scudo' ricamato con l'emblema ufficiale del teatro operativo C.B.I. - China/Burma/India, e cucito sulla spalla sinistra. E' molto più facile trovarlo sugli indumenti portati da aviatori USAAF in quelle zone; letteralmente ogni tuta di volo, o giubbotto A-2, oppure uniforme di ordinanza ne aveva uno, sovent(issimo) personalizzato o acquistato da artigiani locali che li fabbricavano con cuoio, seta, etc. Molto raramente lo si trova su aviatori Navy; tuttavia questo pilota di Hellcat (o Corsair) imbarcato su una portaerei in operazione nel Gennaio-Febbraio 1945 deve essere impegnato, evidentemente, contro bersagli situati nella zona più orientale della Cina, oppure Indocina. Il 'CBI Patch' in questo caso è originale made in USA, una delle tre sub-varianti che cambiavano dettagli minimi tra di loro. Maggiori dettagli della sciarpa 'in posizione': Qui invece un primo piano del pilota. Il logo presente sul dorso dei guanti: Il logo, confrontato con quello dei guanti US Navy fine anni '40:
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Personalmente ho sempre avuto un debole per un articolo come i guanti 'estivi' in pelle dell'aviatore Americano di qualunque specialità (e qualsiasi epoca) - non so perchè, ma neppure è necessario saperlo. Nel caso dei guanti da volo per uso tropicale, modello US Navy (nonchè USMC ovviamente) la cosa era parecchio dura; l'articolo originale è rar(issimo), le copie invece abbondano e alcune sono veri capolavori. Ci sono poi i guanti post-bellici, disegnati (forse dal 1948?) all'incirca sulla stessa pattern e con pelle avente le stesse sfumature di colore, e infine i famosi B-3A introdotti nei primissimi anni '60 e durati fino a inizio anni '70 (e nel caso dell'USAF, addirittura re-introdotti negli anni '80 per... aviatori nostalgici, mah..). I guanti US Navy originali della 2° G.M. NON hanno una sigla precisa, anche se un mare di collezionisti o presunti tali li chiama B-3 oppure B-3A. Esclusivamente l'USAAF ha avuto (trattando il periodo della guerra) i veri B-3 prima, e i B-3A dopo; somigliantissimi al modello Navy, questo sì, ma la cosa si ferma qui. Standardizzati nell'Aprile 1939 con la specifica 'NavAir Spec. M-386' dal Navy Bureau e prodotti poi in grandi quantità presumibilmente da più fabbriche, si trovavano disponibili in alcune diverse tonalità - colore crema chiarissimo, crema più scuro, giallino 'senape', beige, e infine marrone molto scuro. Questi qui erano nuovi di zecca, quindi un caso estremo - ancora uniti assieme da un punto di cucitura, com'era la norma. La scritta "U - S - N " stampata in argento all'interno di un rettangolo è integra, ed essendo delicatissima era la prima cosa ad andarsene dopo un pò di uso; si conoscono casi di ingenui 'collezionisti' che raschiano via la stessa scritta (stampata però in nero) dai guanti navali B-3A degli anni '60, onde tentare di farli passare per originali del periodo. Mai capito come possano credere di riuscirci, ma questo è un altro discorso. Qui l'unico altro paio di guanti estivi US Navy che ho trovato in 15 anni - questi hanno un fantastico color miele scuro. Usati e non poco, ma con ben più valore dal punto di vista collezionistico per due motivi: sono della primissima variante (la scritta U-S-N è molto più vicina al bordo del polsino) ma soprattutto, sono stati portati in missioni belliche da un mitragliere di Douglas 'Devastator' del VT-2 (USS 'Lexington') tra cui la Battaglia del Mar dei Coralli, 8 Maggio 1942. Uno tra i tanti modelli di coltello per uso generico e/o di difesa, disponibili sia come coltelli militari o reperibili sul mercato civile. Questo è un 'Great Western' da caccia del 1943. Una classica fondina da spalla USA per la pistola automatica Colt M-1911A. Completa di contenitore in plastica morbida (originale) per tenere chiusa ermeticamente l'arma nel caso di immersione in acqua, o di clima umido.
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Posto ancora in questa sezione un mio personaggio full-size vecchio di alcuni anni, ma sempre tra i miei preferiti. Trattasi di un pilota da caccia US Navy del 1945 (potrebbe anche essere dei Marines, neppure la minima differenza visibile) tanto più che verso la fine della guerra nel Pacifico erano quasi più numerosi i reparti da caccia dell'USMC imbarcati sulle grandi portaerei di squadra, che non quelli della Navy stessa. Coreograficamente parlando non è un aviatore tra i più conosciuti, soprattutto per via della tuta di volo monopezzo in nylon verde scuro al posto della classica color khaki, così come il caschetto di volo non ha i caratteristici porta-auricolari usualmente visti in innumerevoli foto e filmati. E' però tutto (ma proprio tutto, comprese le scarpe che sembrano nuove) al 100% originale, e soprattutto provenienza US Navy. Lo si può ambientare dal Gennaio 1945 fino al termine del conflitto. Indifferentemente pilota di F4U-1D Corsair, o di F6F Hellcat. La ruta in nylon verde, che contrariamente alle apparenze ritardava la combustione del tessuto in certune condizioni di incendio a bordo (senza che il materiale sia ignifugo) era entrata in servizio all'incirca nell'Ottobre 1944, assieme alla cuffia di volo sempre in nylon - non in questo pilota comunque. Basata su questo disegno, nell'Aprile 1945 è poi entrata in servizio il modello di tuta M-668 esattamente identica ma fatta in tessuto di cotone color khaki. la stessa foto 'antichizzata'... e realistica Segue La cuffia in tessuto 'twill' è l'ultimissima variante in tempo di guerra del modello AN-6542, entrata in servizio a fine Dicembre 1944 - qui fabbricata dalla ditta 'Slote & Klein' (ne esistevano parecchie). I porta-auricolari 'a ciambella' in gomma rigida erano comuni a Navy (assieme a USMC) e USAAF cominciando da fine 1943; gli auricolari invece, in questo preciso caso sono esclusivi degli aviatori navali: i caratteristici ANB-H-1 A della Perm-O-Flux - la 'A' li distingue dai normali ANB-H-1 usati così sovente da tutte le tre specialità. Gli ANB-H-1 A sono in metallo (cosa unica per l'epoca) e con sagoma piuttosto allungata invece che perfettamente tonda. I leggendari occhialoni di volo AN-6530 qui con lenti color verde, sono della ditta Charles Fisher Mfg. di Brooklyn, una delle due che li fabbricavano (l'altra era l'American Optical Co.) e qui hanno banda elastica nera - esisteva anche in variante bianca, e grigia. Vera 'icona' dell'aviatore americano di quel tempo, gli AN-6530 discendevano direttamente dal modello B-7 tipico dell'USAAC / USAAF a cui somigliano moltissimo. La maschera ossigeno in questo caso è la A-14 della ditta 'Ohio Chemical Co.' Pochissimo associata all'immagine classica dell'aviatore US Navy / USMC nella 2°G.M., la maschera era invece un accessorio molto usato - dapprima con i modelli 'C' e 'D' di altre ditte, poi da fine 1943 la A-14 ha visto un impiego sempre maggiore. Qui non fa parte di un contratto specifico da parte dell'US Navy; il microfono invece è realmente di provenienza navale (il cavo è molto più corto, prima di innestarsi nell'apposita prolunga) invece che USAAF, pur rimanendo sempre un ANB-M-C1. Il salvagente mod. AN-6519 qui proviene da uno specifico contratto US Navy (il prefisso per la Navy è sempre N288s - ... ) ed è datato Gennaio 1945. Agganciati o legati ad esso sono presenti parecchi accessori tipici dell'aviatore Navy/Marines del tardo periodo bellico: lampade di emergenza, paccheeti 'anti-squalo' (Shark Chasers) e coloranti per l'acqua del mare (Sea Dye Marker), bussola, fischietto d'emergenza, torce elettriche, etc. Qui è tutto originale e autentico. Torcia elettrica (Fulton Co., 1944) e fischietto ho impiegato alcuni anni per trovarli marcati 'U.S.N.', ma li volevo assolutamente così. Bussola mod. Taylor 'Gydeway'. SEGUE Il 'kit' di sopravvivenza mod. M-592 Back Pad Kit', usato soltanto dall'US Navy e USMC (l'USAAF aveva altri modelli) nella seconda metà del conflitto. Indossato sopra la tuta di volo e sotto il salvagente (e ovviamente, sotto l'imbragatura del paracadute) era in robusta tela impermeabilizzata e disponeva di una zip. Qui è vuoto all'interno, anche se imbottito con gommapiuma per renderlo realistico. L'esclusiva imbragatura-paracadute dell'US Navy era la cosiddetta 'Q.A.S.' (Quick Attachable Seat) Harness, che prevedeva il pacco vero e proprio del paracadute - sempre rigorosamente del tipo a sedile - staccabile, e regolarmente lasciato sul seggiolino dell'aereo. Questo per non dover portarsi appresso il pesante e ingombrante pacco in un ambiente affollato e critico come il ponte di volo di una portaerei. Il pilota indossava l'imbragatura che tramite i due moschettoni posteriori si sarebbe collegata agli 'anelli' del pacco, una volta sedutosi nel caccia. Su questo preciso pilota il modello è una Q.A.S. Harness originale datata Novembre 1944, però modificata coi due triangoli metallici anteriori per le due cinghie più lunghe del pacco-paracadute. Uno dei due 'ossi duri' dell'intero pilota è stata proprio questa maledetta imbragatura, difficile da trovare come poche altre cose (l'altro è stato il paio di guanti di volo US Navy originali, modello estivo, in un mondo infestato da copie incredibilmente ben fatte). Ovviamente, a meno di accontentarsi di un rottame super-sudicio e anche incompleto, magari privo di quegli appetibili moschettoni. La ditta fabbricante in questo caso è la 'Standard Parachute Corporation'. Il Survival Kit M-592 è visibile sotto l'imbottitura dorsale dell'imbragatura. Le scarpe sono originali, made in USA nella prima metà anni '40 - marca 'Florsheim'. Ottenute con 27,65 Dollari (più spedizione) su eBay. Gli aviatori navali usavano sovente calzature di questo tipo in alternativa agli stivaletti ('combat boots') alti sulla caviglia; non cambiava nulla all'interno dell'aereo, mentre erano più facili e veloci da slacciare se c'era bisogno. SEGUE
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All'inizio la 'Libelle' è stata ripetutamente provata in un gran numero di 'rides' nella centriguga che si trova a Konigsbrueck, all'Istituto di Medicina Aerospaziale della Luftwaffe, nonchè in più di 200 voli su Pilatus PC-7 Turboprop e un Learjet da parte della Flugwaffe svizzera. I piloti resistevano bene ad un range di accelerazioni comprese tra 0,9 'G' e 10,4 'G' (con un rateo di 'buildup' massimo pari a 5 'G' al secondo) senza apparente diminuzione della capacità cognitiva-decisionale. Quando ulteriormente provata nel 1998 in competizione col pantalone pneumatico anti-'G' standard dell'Aviazione Svizzera - il CSU-13/BP di origine USA, diffusissimo nelle aeronautiche occidentali - si è visto che il valore della cosiddetta 'relaxed G-tolerance' ottenuto dalla Libelle era di 7,1 G vs 6,7 G della CSU-13/BP, una differenza quasi irrilevante. Tuttavia quando collaudata nel 2002 in una centrifuga in Svezia e contrapposta ad una tuta integrale esclusiva dell'Aviazione Svedese (usata dai piloti di JAS-39 Gripen), la Libelle ha mostrato una G-tolerance di 6,3 G contro i 9,0 G della tuta pneumatica svedese. Un risultato che sembrerebbe favorire la 'vecchia' tecnologia con l'impiego dell'aria - in effetti questa è addirittura più giovane (di poco) se si prende in esame che la tuta ad acqua è stata la primissima come concetto, ma all'atto pratico è vecchia avendo tenuto banco per circa 55 anni di assoluto dominio.
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Infine per tornare al titolo del topic, la Libelle svizzero/tedesca è un recente esempio di tuta anti-G idrostatica che non dipende da alcuna fonte esterna e non è collegata in alcun modo all'aereo - in questo senso è come la vecchia Franks Flying Suit dei primi anni '40.. Una differenza sta nel fatto che invece di intercapedini - 'bladders' - che vanno a premere direttamente sul corpo, la Libelle ha una quantità davvero ridotta di liquido (a quanto sembra, non più di 1,3 litri) contenuto in tubi flosci che sotto le brutali spinte di accelerazione si riempiono alla massima dilatazione. Il principio è quello delle vecchie tute stratosferiche (di origine americana) 'Capstan Type', dove una serie di tubi strettamente collegati al tessuto della tuta si dilatavano quando riempiti di aria oppure ossigeno e tiravano senza pietà la tuta, in pratica rimpicciolendola sull'aviatore - tuta che già di per sè veniva indossata attillatissima. Questa vera e propria 'chiusura' meccanica del tessuto sul corpo del pilota impediva, di fatto, l'espansione dei tessuti e dei vasi sanguigni verso l'esterno dovuta alla bassissima pressione atmosferica di quelle quote stratosferiche. In quel caso, quindi, si trattava di sopravvivere a quelle altezze che non perdonano. Qui con la 'Libelle' siamo invece nel campo degli indumenti anti-G, e i tubi riempiti di liquido vanno a tendere poderosamente il tessuto della tuta che è indossata il più attillata possibile - più di un normale pantalone 'anti-G' classico, a funzionamento pneumatico, il quale contiene le bladders dell'aria incaricate di premere sul corpo. Il principio alla base del tutto è il medesimo che aveva ispirato Wilbur Franks nel 1939-40: le accelerazioni che spingono il sangue a ristagnare nelle zone basse del corpo sono le medesime che spingono l'acqua nella stessa direzione, forzando i tubi (volta per volta interessati a quella precisa zona da proteggere) a dilatarsi completamente e tirando così la tuta a cui sono assicurati. L'indumento già attillato sul corpo, va a stringere ancor più le suddette zone. Nel 1998 le aviazione di Germania e Svizzera hanno condotto svariati test sulla Libelle, anche confrontandola con la classica Anti-G pneumatica in uso da metà anni '70 in mezzo mondo occidentale, il pantalone 'skeletonizzato ' mod. CSU-13/BP di fabbricazione USA. Differenze davvero minime nella quantità di protezione offerta hanno mostrato che la Libelle è interessante poichè 'rivoluzionaria', ma non propriamente la fine del mondo - stessa conclusione a cui è arrivata l'USAF dopo i trials eseguiti alla Holloman AFB e alla Brooks AFB. Addirittura è risultata inferiore, e non di poco, ad una tuta pneumatica in uso presso i piloti Svedesi di JAS-39 Gripen. Adottata poi ufficialmente dalla Luftwaffe a fine Gennaio del 2005, è usata dai piloti tedeschi di Typhoon Eurofighter.
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btw, anche il bombardiere leggero Fairey 'Battle' monomotore oltre all'Hurricane fu usato dai piloti nell'Aprile-Maggio 1941 al centro sperimentale di Farnborough per provare la tuta nella variante MK III. Gli entusiastici reports che parecchi aviatori britannici della Fleet Air Arm davano dell'impiego in combattimento della F.F.S. MK III erano ovviamente genuini, e alle operazioni del Novembre 1942 in ambito Operazione Torch seguirono non poche altre circostanze nel 1943 dove la rivoluzionaria tuta Anti-G mostrava bene la sua parte positiva; se il tempo di missione non era prolungato e si volava in clima non caldo (o meglio ancora, freddo) l'altra faccia della medaglia rimaneva relativamente sopportabile. La cosa interessante e forse strana è che, in effetti, non viene mai citata questa Anti-G nella storiografia aeronautica che prende in esame quel periodo e queste cose prettamente tecniche. Tuttavia i piloti Britannici e Canadesi che la impiegavano erano unanimi circa la suddetta altra faccia della medaglia: grandissima scomodità, eccessivo peso, inevitabile e insopportabile bagno di sudore se si volava in clima caldo/temperato - per non menzionare cosa attendeva l'aviatore in caso di prolungato 'at the ready' prima del decollo. La cosa più fastidiosa per un pilota da caccia era la grande difficoltà nel voltarsi velocemente all'indietro onde sorvegliare il settore di cielo posteriore. Ma alla fine la sentenza definitiva.. ironia del caso, arrivò proprio da un paese amico e Alleato: gli USA. Anche lì ovviamente i ricercatori portavano avanti una marea di lavoro, ma favorivano il funzionamento pneumatico: modelli con copertura integrale, modelli 'skeletonizzati', modelli ad aria con pressione singola, modelli ad aria con pressione multipla (un prototipo funzionava inviando contemporaneamente 3 differenti livelli di pressione dentro un totale di 17 'bladders' pneumatiche), modelli che comprimevano soltanto le grosse arterie delle coscie e non il resto, etc. Negli USA una Franks MK III fu modificata per l'impiego ad aria: rimaneva invariata in tutto tranne che nell'aggiunta di un tubo per l'alimentazione, tramite il quale l'aria finiva nella medesima intercapedine. Provata verso la fine del 1943 nella nuova e potente centrifuga umana della famosa Mayo Clinic (e anche in quella del centro sperimentale a Wright Field, Ohio) mostrò una protezione effettiva di ben 2,2 G contro 1,5 G della Franks Suit MK III ad acqua. I risultati vennero ufficialmente mostrati ai responsabili dell' OSRD Committee on Aviation Medicine, il 19 Gennaio 1944, e la conseguenza fu che quasi tutto il lavoro sulle tute anti-G idrostatiche fu sospeso, in favore di un'ancor maggiore spinta verso quelle pneumatiche. segue una cosa ancor meno conosciuta di questo già semi-misterioso argomento, è che un numero limitatissimo di reparti da caccia USAAF in Europa provarono la F.F.S. MK III ad acqua in missioni di combattimento, Luglio - Agosto 1944, anche se per allora la statunitense G-2 (funzionamento pneumatico) della ditta David Clark Co. era già in distribuzione e usata operativamente. Tra questi il 357th Fighter Group dell'8th Air Force basato a Leiston, Inghilterra, ed è grazie a 'Chuck' Yeager - all'epoca pilota giovanissimo in quello stormo - che abbiamo un raro esempio di report sulla Franks MK III. p.s. all'epoca la MK III era già passata attraverso non pochi tentativi di miglioramento, tra i quali una riduzione della superficie totale. Nel 1944 la Franks Water Suit somigliava molto ad un tipico pantalone integrale da pescatore, alto fin sotto le costole; lasciava quindi libero l'intero torace, e due bretelle davano il giro sulle spalle. C'è da dire che il parere soltanto negativo sulla tuta canadese ad acqua, dato generalmente dai piloti USA ,viene anche dalla comparazione diretta com l'americana G-2 ad aria (usata operativamente nello stesso periodo) che se non era ancora una cosa perfetta in termini di comfort era però molto più sopportabile, e soprattutto garantiva una grande protezione. Effettivamente, in questo senso non aveva da invidiare alle future tute Anti-G addirittura degli anni '60 - '70. Yeager: ".. la si indossava e si chiudevano le due zip presenti sui fianchi, quindi la stringevamo per regolarla ben attillata; un sistema di lacci incrociati permetteva di averla ben aderente sul corpo. Sopra a quella mettevamo la normale tuta di volo monopezzo, giubbotto di volo, salvagente, paracadute etc. Poi una volta seduti nel caccia, il tuo assistente immetteva l'acqua aprendo il tappo di un piccolo bocchettone sulla parte superiore, e il liquido gorgogliando in modo bizzarro andava lentamente a riempire le intercapedini. "... non trattandosi di decolli su allarme potevamo permetterci un tempo non eccessivo con la 'Franks' addosso mentre ancora si era a terra, e il caldo non era un gran problema pur trovandoci a fine Luglio oppure Agosto - si trattava di missioni che cominciavano al mattino, ancora presto, e la temperatura era sopportabile. Scomoda e piuttosto pesante da portare per 6 - 7 ore, questo sì, ma un pò di divertimento arrivava dopo l'atterraggio (ci accontentavamo anche di poco, per la verità).. "... l'assistente aiutava a sganciare le varie cinture di sicurezza, e ti aiutava ad uscire dalla cabina; eri stanco morto e quasi insensibile in mezzo corpo, per via di sette ore immobile (tranne le poche volte che tiravi manovre violente o violentissime) e del freddo patito lassù. "... dondolando goffamente andavi verso il bordo anteriore dell'ala del P-51, e lì l'assistente apriva i tappi di scarico (uno per ogni caviglia) e l'acqua defluiva giù in due fiotti... dopo sei-sette ore senza poter urinare, quella poteva anche sembrare una certa (e ovvia) cosa... peccato che il quantitativo NON quadrava, ah ah.. ... e preferisco non immaginare ciò che forse pensavano le ragazze Inglesi che abitualmente curiosavano intorno al perimetro del campo.. (!!!). segue Più avanti durante la guerra i Canadesi svilupparono ulteriori varianti della Franks Flying Suit, che però condividevano con la MK III soltanto l'apparenza esteriore. Dopo una MK IV e una MK V, ancora a funzionamento idrostatico ma che non potevano offrire chissà quanto in più rispetto alla MK III, si andò decisamente verso il concetto del funzionamento pneumatico grazie a ciò che accadeva negli USA dove si era già molto avanti in questo settore - e infatti gli ultimissimi modelli F.F.S. MK VI e F.F.S. MK VII, funzionavano ad aria e ormai somigliavano tantissimo alle americane G-1 (fabbricata dalla Berger Brothers Inc. di New Haven) e G-2 (della David Clark Co. di Worcester). Erano quindi pneumatiche, e molto più leggere e comode. Nella MK VI la 'bladder' impermeabile era un pezzo unico e continuativo, anche se comunque andava a premere soltanto su addome, cosce e polpacci; nella MK VII vi erano invece cinque separate bladders che interessavano rispettivamente le medesime zone. Anche se denominate ancora 'Franks Flying Suits', il progetto di queste due ultime tute fu portato avanti da tre piloti da caccia Canadesi alla Acceleration Section (Toronto) e il risultato condivideva molto di più con le similari Anti-G made in USA, che non con le vere 'Franks Suits'. ****************************** * ormai la tuta Anti-G pneumatica era la carta vincente. Già nel Settembre 1943 la pur non perfetta G-1 commissionata dall'US Navy e prodotta dalla Berger Bros. era stata usata in combattimento dallo Squadron VF-8 della portaerei 'Bunker Hill', e poi nuovamente nel Marzo 1944 in occasione degli attacchi americani contro le installazioni giapponesi a Palau. Parecchi reports entusiasti da parte dei piloti di 'Hellcats' mettevano l'accento sulle manovre definite variamente come.. 'hellish', o 'unbelievable' che riuscivano a far compiere ai loro F6F contro gli A6M Zero, senza doversi preoccupare troppo degli effetti nefasti prodotto dalle accelerazioni sul loro organismo; semmai una certa dose di prudenza, addirittura paradossalmente, era richiesta per non andare troppo giù con 'mano pesante' (o pesantissima, anche) sulla struttura degli Hellcat. La G-1 della Berger Bros. lasciò poi velocemente il posto alla G-2 della David Clark Co., e quesa a sua volta fu rimpiazzata dalla G-3 (sempre della David Clark) cominciando dall'Ottobre - Novembre 1944 in Europa. Quest'ultima era davvero l'apice delle tute 'anti-G' della 2°G.M: leggerissima, avveniristica, e ritagliata in configurazione 'cutaway' - cioè inguine, ginocchi, e sedere erano lasciati scoperti. Ancora 50 anni più tardi, se si confrontava una G-3 (oppure una G-3A del 1945) con una classica 'anti-G' CSU-15/P usata nel 1995 sugli F-14 Tomcat, le differenze erano minime e assolutamente non rilevanti.
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Discutendo di recente con un conoscente appassionato di cose aeronautiche, l'ho stupito e forse un pò deluso dandogli qualche delucidazione ben precisa sulla tuta 'Anti-G' di fabbricazione tedesca denominata 'Libelle' (libellula) da cui si dichiara affascinato e 'tifoso' (?), e quasi-incredulo per il fatto che funziona con acqua invece che con aria compressa. Per la verità non ne sapeva in pratica quasi niente, quindi io devo averlo contrariato - e neanche poco, a vedere - rivelandogli che: 1) non si può considerarlo il migliore indumento 'anti-G' esistente al mondo, 2) è una cosa autonoma, a sè stante (non è neppure collegata all'aereo in alcun modo), 3) infine, non è nulla di nuovo sotto il sole. Infatti nell'autunno 1935 i soliti tedeschi avevano già fabbricato un prototipo di indumento a funzionamento idrostatico, e ai primi del 1940 un Canadese, il dottor Wilbur Franks - che però non sapeva niente di tutto questo - è arrivato da solo alla stessa soluzione.. in più, portando avanti il suo personale progetto fino a convincere i responsabili della alte sfere ad aiutarlo almeno un pò con sovvenzioni. In effetti se non era per la donazione personale di un eccentrico uomo d'affari di Toronto noto per azioni filantropiche, forse W. Franks neppure ci sarebbe riuscito inizialmente. Ma in seguito la sua tuta anti-G conosciuta come la 'Franks water suit' è diventata la primissima in assoluto ad essere impiegata in missioni operative e in combattimento: questo nientemeno che nel Novembre 1942, da piloti da caccia della Fleet Air Arm britannica impegnati nella copertura degli sbarchi alleati in Algeria (Orano e dintorni). Quindi, ben prima di quanto si legge sovente su pubblicazioni che citano le tute David Clark G-2 e G-3 dell'USAAF (funzionamento pneumatico, queste) come le primissime anti-G a vedere il combattimento contro la Luftwaffe, dall'estate 1944 in poi. La 'Libelle' è un prodotto della Autoflug Libelle GmbH - una joint venture tra la tedesca Autoflug GmbH e la svizzera Life Support Systems AG. Questa tuta è entrata in servizio ufficialmente (nome completo, Libelle G- Multiplus) il 31 Gennaio 2005 nella Luftwaffe, coi piloti di Eurofighter Typhoons del JG 73 basati a Laage - non so se da allora equipaggia altre unità tedesche. Di certo è che ancora nel 2013 nessun pilota di Typhoon di altre nazionalità usava la Libelle. Una storia interessante che è probabilmente pochissimo conosciuta, quella della Anti-G a funzionamento idrostatico. Bisogna dire comunque che anche intorno alle prime tute che pure funzionavano ad aria compressa c'è tuttora non poca confusione, data anche da articoli tratti da libri che si contraddicono spesso e volentieri. segue Nel 1939 Wilbur 'Bill' Franks lavorava alla Royal Canadian Air Force (RCAF) Institute of Aviation Medicine, a Toronto. Tra le priorità che assillavano i responsabili della medicina aeronautica del periodo, c'era quella di dare ai piloti da caccia una protezione contro gli effetti nefasti del 'blackout' derivante da estreme accelerazioni che essi subivano durante le manovre più violente. Utilizzando una piccola ma potentissima centrifuga Franks sperimentò su alcuni topi da laboratorio una teoria basata sulla protezione idrostatica: stando ai suoi rapporti, gli animali immersi in acqua fino al collo all'interno di profilattici (!!) resistevano senza gravi conseguenze ad accelerazioni spaventose, qualcosa di incredibile fino a 240 G, per periodi molto brevi. La cosa che più si avvicinava al concetto ma che doveva anche essere PRATICA, poteva soltanto essere una tuta integrale che rivestisse completamente il pilota e che avesse all'interno una parete con intercapedine da riempire con acqua. Franks procedette (per forza) in modo artigianale, e contattò sia la Dunlop Rubber Company Ltd. che la Dominion Textiles Ltd. affinchè gli mettessero a punto un tessuto robusto ma nel contempo pratico e soprattutto non-estendibile; non occorreva che fosse anche impermeabile, visto che l'intercapedine interna (che doveva adattarsi il più possibile alla sagoma del corpo) sarebbe stata fatta in gomma morbida. Il primissimo prototipo fu assemblato con una macchina da cucire nell'ufficio stesso di Franks, da un sarto che utilizzò il tessuto per formare una tuta sulle misure dello stesso inventore; la tuta copriva dal collo fino a sotto le caviglie e l'intercapedine in gomma conteneva acqua che sotto forti accelerazioni veniva spinta così, automaticamente, verso il basso e l'interno senza alcun collegamento con l'aereo. L'accelerazione stessa che il pilota subiva, era la medesima che spingeva fortemente l'acqua contro il corpo: il liquido non era comprimibile e obbligava il sangue a non raccogliersi e non stagnare verso lo stomaco e le estremità inferiori, mentre il cuore riusciva a pompare con più facilità verso il cervello. Sia il 'blackout' che la comparsa della fatica fisica erano grandemente posticipati. Franks collaudò personalmente la sua tuta nel Maggio 1940 a Camp Borden volando come passeggero su un trainer biplano (a quanto pare, un Fleet 16 Finch) che fu spinto fino a 7,7 G per diversi secondi; il pilota ebbe un inizio di blackout, Franks invece andò benone - quindi la tuta funzionava come sperato. Questa era la MK I. Rimaneva però pesante, molto scomoda, e maledettamente calda - e ovviamente, non era traspirante. Un secondo prototipo (MK II) fu collaudato il 2 Giugno 1940 a Malton, Ontario, dal pilota della RAF D'Arcy Greig su un Supermarine Spitfire canadese (matr. #L 1090) con alcune modifiche, dopodichè un terzo prototipo (Franks Flight Suit MK III) era pronto nell'Aprile 1941 per le prove - ma stavolta a Farnborough, in Inghilterra. Piloti inglesi la indossarono volando su Hurricanes e spingendoli fino a 8,8 G e ne furono sbalorditi dal punto di vista dell'utilità, furono invece meno esultanti per ciò che concerneva l'utilizzo pratico. Comunque l'idea basica era valida, anche se rimaneva un indumento pesante e scomodissimo da tenere addosso per un tempo prolungato; in più risultava troppo difficile voltarsi velocemente all'indietro, per esempio, nell'abitacolo di un caccia. Era anche soffocante, e sgradevole da sopportare mentre si era a terra in attesa dello 'scramble'. In effetti l'intercapedine andava riempita con circa 5,4 litri d'acqua; ovviamente 5,4 litri = 5,4 Kg, e il tutto finiva col pesare quasi 13,8 Kg. Alcuni ordinativi giunsero alla Dunlop Ltd. per una quantità minima di 800 tute MK III (il numero esatto non si conosce con certezza) a cominciare dal Settembre 1941, e nel Novenbre 1942 i piloti della Royal Navy diventarono i primissimi a usare indumenti 'anti-G' in combattimento, fornendo copertura durante gli sbarchi delle truppe alleate nella zona di Orano in Algeria. L'8 Novembre i piloti di Supermarine Seafires dello Squadron No. 807, portaerei 'HMS Furious', diventarono i primissimi aviatori ad effettuare missioni di combattimento indossando indumenti 'anti-G'. segue
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qual'è stata la battaglia aerea più grande della storia?
Smersh ha risposto a Raffy Leghziel nella discussione Eventi Storici
Bè, concediamo che almeno gli addetti alla Flak (artiglieri, serventi, puntatori, aiutanti, etc.) lavoravano 'head up'... btw. una curiosità. Per sbalorditive che possano sembrare, le cifre del personale tedesco coinvolto nella contraerea della sola zona di Leuna (14° FlaKDivision) erano nell'autunno 1944 qualcosa come 62.550 persone: 28.000 militari veri e propri, 18.000 paramilitari del RAD, 9.050 ausiliari (6.000 maschi e 3.050 femmine) e 7.500 'volontari' tra Russi, Italiani, Ungheresi e altri ancora, -
qual'è stata la battaglia aerea più grande della storia?
Smersh ha risposto a Raffy Leghziel nella discussione Eventi Storici
E' vero, ma penso anche a chi era sui quadrimotori. La contraerea che proteggeva gli enormi impianti dedicati all'idrogenazione del carbone (per produrre nientemeno che la benzina sintetica) situati attorno a Merseburg era la più mortifera di tutta l'Europa - qualcosa di tremendo, che metteva comodamente in ombra quella di Berlino stessa o di Vienna. Al suo apice nel tardo Novembre 1944 le strutture petrolifere nella zona di Lipsia erano difese da 1.070 cannoni della Flak pesante (88 mm. e 105 mm.) e di questi Merseburg ne possedeva 506 dislocati in 39 postazioni, che coprivano le raffinerie di Leuna e Buna. * In una missione (30 Novembre 1944) la contraerea di Merseburg fu praticamente l'unico ostacolo che l'8th Air Force trovò sul suo cammino, in quanto i caccia tedeschi quel giorno quasi non si fecero vedere dopo le perdite terrificanti che avevano subìto durante cinque battaglie aeree in quel mese. Per via di una concomitanza di fattori (errori in fase di pianificazione, errori di virata all 'initial point', ammassamento di alcune formazioni che non dovevano essere lì in quel momento, un fortissimo vento in quota che colpiva i bombardieri frontalmente rallentandoli in modo terribile, aria super-limpida che permetteva il tiro mirato otticamente e non via radar) ogni singolo stormo di B-17 della 3rd Division si trovò costretto a passare lungo una certa rotta che li espose, per 18 minuti, ad un infernale fuoco di intensità sbalorditiva. Furono colpiti 322 B-17, di cui una trentina abbattuti nella zona di Merseburg e altri 27 fracassati in atterraggi d'emergenza nei territori già liberati. Danni meno gravi subirono i rimanenti 265 quadrimotori. -
qual'è stata la battaglia aerea più grande della storia?
Smersh ha risposto a Raffy Leghziel nella discussione Eventi Storici
Rettifico un particolare, non erano tutti P-51 i caccia di scorta. Ai primi di Novembre 1944 il Comando Caccia dell'8th Air Force aveva ancora due Groups - il 56th e il 78th - equipaggiati coi P-47 Thunderbolts della variante 'D-28'. -
qual'è stata la battaglia aerea più grande della storia?
Smersh ha risposto a Raffy Leghziel nella discussione Eventi Storici
Sulle perdite aeree attorno a Kursk c'è incertezza a livelli quasi sconcertanti. Perdipiù rimane una serie di scontri durati alcuni giorni - personalmente credo che il termine 'battaglia' si adatti meglio ad un evento che si esaurisce nello spazio di alcune ore, mezza giornata al massimo.. ..teniamo presente anche un'altra cosa, per molto tempo alcuni autori facevano confusione tra le parole 'aereo' e 'sortita'; quest'ultima ovviamente è un singolo volo effettuato da un singolo aereo. Per esempio tra la fine di Agosto e i primi di Settembre 1940 parecchi piloti del Fighter Command della RAF decollavano anche tre volte al giorno contro la Luftwaffe, e alcune fonti davano cifre di 400 tra Spitfire e Hurricane che quel dato giorno erano stati disponibili per la difesa - cosa ovviamente non possibile. La battaglia del 2 Novembre 1944 intorno a Leuna-Merseburg in questo senso ha ottime possibilità di stare al n°1. Qualcosa come 2.450 aerei contemporaneamente impiegati quella mattinata: 491 caccia tedeschi, 1086 quadrimotori USAAF, e 873 Mustang che li scortavano. -
qual'è stata la battaglia aerea più grande della storia?
Smersh ha risposto a Raffy Leghziel nella discussione Eventi Storici
Credo che dipende parecchio da quali parametri si adoperano, se si sceglie che la dimensiona di una 'battaglia' va appresso alla quantità complessiva di macchine impegnate da entrambe le parti, quel dato giorno in una data missione, molto probabilmente nulla ha superato le missioni diurne dell'8th Air Force verso fine 1944 - questo però a prescindere da quanti aerei si impegnavano realmente in combattimento, bisogna chiarire. E' abbastanza ovvio che soltanto una parte di aerei vi si trovava. In questo senso, gli scontri aerei del 2 Novembre 1944 potrebbero essere stati quelli di maggiori dimensioni. Quel giorno furono mandati in missione contro gli stabilimenti petroliferi di Leuna-Merseburg 1086 quadrimotori dell'8th Air Force (principalmente B-17) scortati da 873 caccia, virtualmente tutti P-51. I documenti da parte tedesca mostrano che la Luftwaffe mandò in volo 491 caccia provenienti da dieci 'Gruppen', quindi quella mattina qualcosa come 2.450 aeroplani si trovavano contemporaneamente in volo - una cosa pazzesca, forse non più replicata neppure nel 1945. Quanti di questi avranno visto realmente il combattimento, è impossibile dirlo - i rapporti dichiarati dai tedeschi danno 120 tra FW-190 e Me-109 distrutti, assieme a 70 piloti morti e 28 feriti. Le perdite americane erano state di 16 P-51 e 26 B-17 abbattuti da caccia, più altri 14 B-17 eliminati dalla contraerea di Leuna. In tutto 176 aerei tra americani e tedeschi erano andati perduti in modo definitivo, su 2.450 partecipanti in quell'operazione. Se si guardano i numeri presenti in campo, probabilmente è stata la battaglia aerea più grande della storia. Se invece si guardano le perdire effettive forse il 'titolo' va alla battaglia del 19 Giugno 1944 ('the Great Marianas Turkey Shooting') quando da parte Giapponese le perdite furono di 371 aerei - praticamente tutti eliminati dagli F6F Hellcats - con perdite incredibilmente ridotte da parte dell'US Navy. * è vero che quest'ultima ebbe ulteriori 80 aerei perduti in mare per mancanza di carburante al rientro dalla missione offensiva di quella stessa sera, ma non figurano tra le perdite per azione nemica. -
Qui invece l'altro casco, appunto il GSh-6A con tubo corrugato posizionato a destra. Il pilota qui 'ritagliato' dalla foto del post #75 è l'unico del gruppetto ad indossare questo modello, tutti gli altri - come già fatto notare - hanno il più anziano GSh-6M. E qui sotto il GSh-6A, che è poi quello indossato dal manichino oggetto della discussione: tubo principale (corrugato) invertito da sinistra a destra, tubo secondario (in gomma) passante dietro la calotta invece che sul davanti, poi una diversa copertura esterna per la 'expiry valve', e poche altre migliorie.