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Smersh

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  1. Ritengo interessante postare qualche parola in più circa il casco in questione, in effetti molti dettagli che sembrano secondari non lo sono - e troppo sovente vengono trascurati, essendo questo particolare campo (caschi di volo e accessori) un 'terreno minato' quanto a infos portate a conoscenza del pubblico generico, sempre col contagocce. Per la verità quella prima variante del sistema VTAS è stata pochissimo utile dal punto di vista pratico. Pur dopo aver modificato e corretto le due carenature che alloggiano i sensori (alleggerite, diminuite, e piazzate ancora più indietro, sui lati del casco) già nell'estate di quello stesso anno 1972 i responsabili del C.S.D. al Naval Air System Command si erano già resi conto del fastidio istintivo di aver un qualcosa, un oggetto di piccole dimensioni a pochissima distanza dagli occhi - anzi, da un solo occhio. Il minuscolo 'monocolo' era quasi inaccettabile da parecchi piloti e ovviamente l'intera lente col telaio e il braccetto di supporto erano pienamente compresi nel semi-campo visivo. In più si doveva pensare ad un nuovo sistema di imbottitura interna del casco; con le "pad" standard applicate all'interno dei caschi mod. APH-6 che erano gli unici disponibili per l'US Navy nei primi anni '70 (i più famosi HGU-33/P sarebbero arrivati in servizio effettivo non prima del 1980-81) troppe volte il casco scivolava sulla nuca di quel tanto che poteva ancora andare bene in condizioni normali, ma portava fuori posto la lente di puntamento col suo reticolo. Così in via sperimentale provarono una nuova imbottitura nota col nome di "form-fit liner", cioè un pezzo unico di neoprene formato sul calco vero e proprio della testa, e il tutto veniva poi fissato alla calotta in modo diverso dal solito che consisteva in attaccature col Velcro (o addirittura, sovente erano incollate... col 'Bostick'). Oggi questo sistema è la norma, all'epoca era nuovissimo. Ma non bastava, c'era bisogno anche di una calotta nuova ed alleggerita da accoppiare all'imbottitura - in pratica ne veniva fuori un casco completamente diverso, e la cosa non ebbe seguito. I piloti che sperimentarono la cosa, pur ammettendo che gli spostamenti sotto moderati carichi di "G" erano grandemente ridotti usando la nuova calotta, ancora si lamentavano che erano sufficienti per lo scivolamento della lente/reticolo ed erano comunque ancora infastiditi dal singolo oggetto di piccole dimensioni, piazzato lì vicinissimo all'occhio (quasi sempre l'occhio destro). Le cose migliorarono poi con le modifiche apportate intorno al 1973 - il cosiddetto VTAS - II.
  2. No assolutamente - i sistemi di puntamento applicati ai caschi quasi certamente sono successivi a ciò che l'Occidente ha realizzato in questo particolare settore. Mi riferivo piuttosto ad altre soluzioni, tipo: * uso del casco-cuffia in pelle completo di fonia radio, da portare in volo quando la situazione lo richiede ma pronto ad accogliere il 'guscio' rigido, in metallo, che si porta integrato il visore scuro anti-abbagliamento. * uso di una sacca (bladder) gonfiabile, inserita nella nuca del casco-cuffia e collegata da un tubo supplementare alla maschera-ossigeno, che gonfiandosi all'occorrenza obbliga il casco in un certo senso a 'ridursi' in taglia e tira, quindi, la maschera ancor più sul volto serrandola al massimo. Questo a cominciare dai primi anni '60 (!!!) mentre l'Occidente soltanto verso metà anni '90 è arrivato a questa soluzione - il cosiddetto "Combat Edge System" dell'USAF. * uso del sistema automatizzato che abbassa automaticamente il visore esterno del casco all'attimo dell'eiezione... questo, sinceramente, è una cosa fantastica e mi risulta che nessuna Aviazione dei paesi occidentali può disporne. Almeno un paio di diversi modelli di casco Russo/Sovietico ne sono stati dotati, il tutto è funzionale al 100% e si basa ovviamente su sensori che 'passano' al visore l'informazione riguardante l'attimo dell'espulsione.
  3. Personalmente ritengo che esiste una spiegazione logica ad ogni cosa (riserverei il termine 'miracoloso' quando quella perla del vicino di casa si degnerà di provare, almeno, a far desistere il maledetto cane dall'abbaiare tutta quanta la notte... ), le forze che entrano in ballo durante certe anomale situazioni sono ben più grandi di quanto verrebbe da immaginare. Il 22 Febbraio 1955 il collaudatore George. Smith della North American Aviation sopravvisse ad un'eiezione dall' F-100 Super Sabre in picchiata verticale di 90° e velocità di Mach 1,06 a bassissima quota, finendo in mare pochi secondi dopo che la calotta del paracadute (semi-strappata quà e là) si era aperta. E si trattava di un seggiolino ancora primitivo rispetto a quelli odierni, eppure riuscì a separarsi correttamente dal pilota che da parte sua era svenuto immediatamente al contatto col 'muro' d'aria densa a 1.200 Km/h. Quindi non aveva fatto niente per aprire il paracadute il quale era stato azionato dallo strattone che il seggiolino, allontanandosi, fisicamente impartisce al meccanismo che lo vincola alla cintura di sicurezza ventrale. Meriterebbe una storia a parte - non fosse altro per menzionare la sopravvivenza di Smith che si ritrovò seminudo e fracassato quà e là, semi-cieco, tenuto a galla dai suoi stessi intestini riempiti d'aria che facevano da salvagente, pieno di ferite e con organi interni spappolati oltre misura.. ...un momento che ho tempo cercherò di mettere giù la storia se non è stata ancora trattata nel Forum.
  4. Non solo, ma almeno un paio di occasioni hanno visto un singolo P-51 sbrogliarsela più che bene contro due (anche tre) Me-262. E non mancano quelle in cui sezioni di 4 Mustangs sono state attaccate dall'alto, o comunque da un numero superiore di Me-262 che avevano il vantaggio dell'iniziativa - questo non nel 1944 bensì nel Febbraio - Aprile 1945 ad opera specialmente del JG 7, un reparto meno famoso del (per esempio) fin troppo citato JV 44 di Galland, o del 'Kommando Nowotny' - ma è anche il reparto che ha operato di più, in assoluto, con il Me-262 in versione caccia puro. Bisogna precisare che questa cosa degli 'agguati' dei caccia alleati come i P-51 Mustang o i Tempest della 2nd TAF in attesa attorno alle basi tedesche come Reinhe-Hopste, Achmer, o Brandenburg-Briest è durata davvero a lung(hissimo); c'è senz'altro del vero, ma i combattimenti in quota ad armi più o meno pari erano frequenti. E i P-51 le hanno suonate di santa ragione agli avversari. In effetti non era necessario, o richiesto, che a pilotare un P-51 ci fosse per forza un "asso", in fin dei conti cosa significa asso - il numero di vittorie potrebbe non dire chissà che cosa. Ai comandi c'erano principalmente piloti col grado di Tenente o Sottotenente, magari con età di 20-22 anni, ottimamente addestrati e coraggiosi al punto giusto. Anche il P-51D del Febbraio- Marzo 1945 era un aereo finalmente 'maturo' rispetto ai primi 'D' ricevuti nel giugno 1944 (per non parlare dei 'B' e 'C' di inizio 1944, i quali dimostravano una quantità di problemi almeno pari ai punti di forza) avendo ricevuto in totale qualcosa come 80 modifiche tra piccole e meno piccole - la maggior parte "in the field", dopo le esperienze quotidiane dei combattimenti su Francia e Germania. * anche distruggere un Me-262 in avvicinamento alla sua base non era cosa da poco, magari un altro tipo di aereo non ci sarebbe riuscito per un tot di motivi. Altro che cose "da fighetti" (???) come qualcuno ha scritto in questo topic anni fa, mi domando come si può ragionare in questi termini.. sembra incredibile ma forse non si pensa abbastanza a cosa doveva essere la guerra vera, svincolata da questi videogiochi o simulatori del ca.. chio che vanno tanto per la maggiore. Il 4 Aprile 1945 il Maj. G. Ceullers del 364th F.G., 8th Air Force con l'aiuto del gregario riuscì a scompaginare un attacco portato da sei-sette Me-262 dello Stormo JG 7 contro i B-24 che stava scortando, poi si mise all'inseguimento di un jet che si allontanava in picchiata. Il pilota tedesco riuscì in principio a distanziare il P-51, il quale toccò per qualche istante gli 850 Km/h. indicati sul cruscotto (Ceullers evitò di poco il temuto fenomeno di inversione dei comandi per via della compressibilità) poi l'inseguimento continuò col motore del P-51 che sembrava voler esplodere sotto la sovralimentazione feroce da 75" hg - il Merlin V-1650 - 7 era stato abilitato a questi valori intorno a Giugno 1944. Alla fine il P-51 acchiappò il Me-262 vicino a Lipsia, dopo una caccia lunga 295 Km. - mica stava atterrando, più semplicemente doveva aver tentato anche il volo a bassissima quota per scampare. L'inseguimento era cominciato a quasi 8.900 metri di quota e Ceullers abbattè il jet ad un'altezza stimata di circa 120 metri sul terreno. Quindi: * missione di scorta ad alta quota degnamente svolta, + * inseguimento da manuale riuscendo a non ammazzarsi durante il pilotaggio, + * eccezionale prova di resistenza da parte del motore Merlin, + * una vittoria aerea contro il Me-262 (quindi, un tedesco in meno per il giorno dopo), + * ritorno alla base di Bottisham in Inghilterra dopo 5 ore di volo, = * mission accomplished con 10 e lode. Tutto il rimanente potrebbe anche appartenere all'infinito ricamare su 'leggende metropolitane' che valgono zero, e che non hanno più senso a distanza di 65 - 70 anni dalla guerra. Questo invece è un esempio di che cosa comportava una presunta "passeggiata" da parte di un P-51 e del suo pilota, impegnato a sorprendere i Me-262 in decollo o atterraggio alla loro base - in questo casi Achmer-Hesepe. Lt. Urban 'Ben' Drew, 361st Fighter Group, 8Th Air Force (7 Ottobre 1944): "... arrivato a 15,000' (4.550 m.) ad Achmer, sono ben visibili diversi jet che si preparano - in particolare due di loro corrono già sulla pista principale. Un'occhiata intorno, poi giù in scivolata d'ala a destra assieme al mio gregario (2nd Lt. McCandless) e in picchiata di 70°-80° cercando istintivamente di sincronizzarmi per arrivare in coda al secondo che si staccava da terra proprio allora, occhio a non disntegrarmi sull'asfalto... "... appena un accenno di velo grigio scende sugli occhi quando richiamo brutalmente, sia benedetto questo pantalone 'anti-G' che ormai indossiamo come standard da qualche settimana, l'aiuto che ci fornisce è formidabile in queste circostanze. Guardo il cruscotto, segna 770 Km/h. e sto volando forse a 9-10 metri d'altezza.. arrivo velocemente a tiro del jet che sta ritirando il carrello. Sparo una raffica esattamente da dietro e vedo lampi dappertutto su ali e fusoliera, il Me-262 cade giù e si schianta a terra.. " "... il sudore cola sugli occhi e giù attorno alla maschera, con la coda dell'occhio vedo bagliori e traccianti - una vera ragnatela, la Flak leggera è in piena azione. L'altro jet è in virata mentre sale leggermente, prende velocità decisamente ma io in questo momento faccio ancora circa 680 Km/h. - lui forse sarà sui 400 o poco più e forse posso colpirlo nella virata, una raffica più lunga stavolta. Sparo ancora mentre lo sto superando, e ho l'impressione di aver centrato in pieno un motore. Una fiammata e pezzi che volano via mentre gli passo sopra, poi guardo indietro e lo vedo esplodere a terra in una palla di fuoco incredibile - i serbatoi erano pieni, ovviamente. " Il mio gregario risponde ancora una volta alla radio ma il suo P-51 è in fiamme, centrato in pieno dalla Flak. Io mi tengo basso ancora per un paio di miglia, poi risalgo e comincio col cercare altri del reparto, se ce n'è nelle vicinanze... Mi sembra il resoconto di una missione piena di rischi e con la morte sempre in agguato dietro l'angolo, altro che tante storpiature che sono maturate col tempo. Un accenno a parte lo merita il discorso delle velocità effettive (rispetto al suolo), che un aereo con motore a pistoni poteva raggiungere a quote bassissime come quelle così sovente menzionate dai piloti Alleati quando c'era di mezzo l'inseguimento di un jet Me-262. Non è che questi mentissero, ovviamente. Sul cruscotto di un P-47, o P-51, o Tempest si poteva benissimo leggere valori di 500 oppure 550 MPH toccate in leggera picchiata o addirittura orizzontalmente dopo aver acquisito velocità con una ripidissima discesa, ma NON corrispondevano alla realtà - questo, anche se la curva del grafico porta il valore indicato ad essere sempre più vicino al valore effettivo man mano che la quota si approssima a zero. Senza dover ricorrere alla 'testimonianza' del celebre Pierra Clostermann (900 Km/h. fatti rasoterra col Tempest durante l'attacco a un campo d'aviazione della Luftwaffe) si è accertato che in determinate condizioni una sorta di 'effetto Venturi' si verificava nel tubo di Pitot e portava a letture sbagliate. 900 km./h significa 1 km. fatto esattamente in 4 secondi e non avrebbe senso per un aereo tutto sommato convenzionale come il Tempest nell'atmosfera densa della bassissima quota, oltre all'assurdità di coprire quasi 2 Km. in 8 secondi (cosa posso vedere? a cosa posso sparare?), ha molto più senso se si rimane intorno a valori indicati di circa 720-750 Km/h e queste velocità allora possono equivalere a quelle effettive toccate mentre si filava a pochi metri dal suolo. 720 Km./h sono pur sempre 1 Km. coperto in 5 secondi... penso fosse un mix di terrificante/eccitante al tempo stesso, col pilotaggio quasi istintivo a non disintegrarsi impattando a terra e contemporaneamente il sapere che la Flak tedesca ti stava sparando quasi 'sulla schiena' - il pilota a qualche metro da terra, le mitragliere contraeree già un pò più in alto. * p.s., velocità ancora più assurde ma stavolta (paradossalmente) anche reali, sono state toccate in talune missioni dai quadrimotori B-29 in volo sul Giappone. Se presi in pieno dalle feroci 'jetstream' ad alta quota che soffiavano nella stessa direzione, potevano venire spinti effettivamente fino a 790 - 815 Km./h di velocità vera rispetto al suolo. Una cosa apparentemente incredibile, che vanificava ogni tentativo di usare convenientemente il sistema di puntamento Norden per il lancio delle bombe da alta quota. L'anemometro di un tipico P-51D, 1944-45. La velocità in questione è ovviamente la I.A.S. (velocità relativa all'aria), e come tale soggetta a restrizioni circa l'esattezza nell'interpretare una vera velocità rispetto al suolo. Si nota come bruscamente, a partire dalle 300 m.p.h. gli intervalli di 100 miglia (160 Km./h) ciascuno diventano più ristretti e molto meno 'scanditi' come suddivisione di velocità - l'eccezione è data dall'intervallo tra 500 e 600 m.p.h., leggermente maggiore di quelli 300-400 e 400-500, dopodichè diminuisce nuovamente (di poco) tra 600 e 700. Proprio quest'ultima zona potrebbe essere la più soggetta a errori di indicazione, dovuti a fenomeni di violenta turbolenza all'interno della presa d'aria per la misurazione. La zona in questione, da 600 a 700 m.p.h. (970 - 1.125 Km/h) è quella particolarmente "scabrosa" che da una parte eccitava ed atterriva i piloti di Mustang, convinti di aver veramente toccato certe velocità spaventose in situazioni di emergenze in combattimento. Tuttavia, studi aerodinamici e un ragionamento più approfondito hanno fatto luce su parecchi episodi che sembravano in effetti troppo estremi, anche se ciò non toglie la realtà di parecchi caccia P-51 tornati a casa con pannelli alari svergolati e danni strutturali dovuti alle sollecitazioni (avvicinamento al numero di Mach limite).
  5. Qui la "bladder" addominale che dà l'effetto anti-G quando il tubo più lungo (e meno rigido) dei due presenti sul fianco sinistro, immette aria compressa. Una diramazione di questa bladder porta l'aria anche alla parte inferiore - ma SOLO quella - dei due grossi tubi "capstan" esterni sulle gambe. In questo modo addome e gambe vengono fortemente premuti per contrastare il deflusso di sangue verso il basso. E' questa la differenza principale di queste Partial Pressure Suits, in confronto a quelle (visivamente quasi identiche) progettate negli USA e che avevano chiaramente ispirato le tute Sovietiche : quelle made in URSS possono sdoppiare la funzionalità protezione da decompressione ad altissima quota + capacità 'anti-G'. Qui i due tubi di alimentazione, quello più grosso e floscio immette l'aria nella bladder addominale. Dopodichè i due segmenti di tubo corti e obliqui che si trovano sulle anche, si incaricano di portarla istantaneamente dalla bladder verso la parte inferiore - ma solo quella, in questo caso - dei grossi capstans esterni (foto più sotto).
  6. Una variante della classica tuta a pressione parziale Sovietica/Russa VKK-6M è la W.U.K. 90, prodotta in Polonia nei primi anni '90 per i piloti di quei non moltissimi MiG-21 teoricamente assegnati anche all'intercettazione stratosferica. Basilarmente quasi identica all'originale, è forse semplificata in piccoli dettagli ma il concetto di partenza è il medesimo. Una cosa 'carina' è il contrasto di alcuni diversi colori - non male rispetto a quella tonalità di verde tecnicamente conosciuta come "deprimente verdastro monotono" tipica delle VKK-6M (specialmente quelle fino a metà anni '90). Questo esemplare è datato Febbraio 1990.
  7. il 1st Lt. William Dunlop del 357th F.G. (basato a Leiston, reparto dove vi era anche il ben più celebre "Chuck" Yeager) era in missione di scorta ai quadrimotori B-17 sulla Germania il 14/01/45 : "... sganciai i serbatoi subalari e cominciai una salita a tutto gas fino a 9.200 metri. Da lassù potevo vedere bene il gruppo principale di nemici, una grande formazione di Me-109 e FW-190 che attraversai arrivando in picchiata... sparai senza colpire niente, lo stesso fecero loro con me. Quindi arrivai a tiro di un gruppo di circa 30 Me-109 a circa 6.000 metri. " persi di vista le squadriglie 'Blu 3 e Blu 4, ma pensavo che almeno Blu 2 fosse ancora con me. Cominciai a sparare contro il Me-109 più arretrato e lui si gettò in ripida picchiata mentre derapava con violenti colpi del timone... dovetti togliere gas per non superarlo, pur continuando a sparare ogni volta che mi attraversava il parabrezza. Riuscii a colpirlo ripetutamente lungo tutta l'apertura alare che era un continuo lampeggiare di proiettili a segno.. "... il tettuccio del 109 volò via e subito dopo il pilota si lanciò fuori, dalla parte destra. Mancò di pochissimo la mia ala, mentre io sfilavo tra lui e il Me-109 in fiamme. " Mezzo secondo più tardi ebbi la sensazione che le mie mitragliatrici sparassero senza che io premessi il grilletto, e di colpo tutti i comandi di volo andarono fuori uso. Guardai a sinistra in tempo per vedere una delle mitragliatrici uscir fuori dalla lamiera alare squarciata, mentre il serbatoio di fusoliera situato dietro di me prendeva fuoco. Il P-51 era in picchiata quasi verticale... l'accelerazione mi teneva bloccato contro la parte destra della cabina ed era tale da non poter alzare la mano per sganciare il tettuccio, eppure la leva per lo sgancio in emergenza era proprio lì sulla console di destra. Quindi, il tutto si spaccò letteralmente - ali, fusoliera, tettuccio e sezione di coda si staccarono e sembrò che schizzassero via in differenti direzioni. Il tettuccio dev'essersi staccato per primo perchè sentii le fiamme subito risucchiate in cabina, mi ustionai la fronte ma di colpo arrivò l'aria esterna freddissima quando mi trovai nel vuoto. Atterrai... e mi resi conto di essere ancora seduto nel seggiolino perfettamente integro, con la blindatura dorsale e le cinture perfettamente a posto..." " Il motore e una delle ali giacevano raggruppati assieme, forse a una quindicina di metri da me; altri pezzi più leggeri del P-51 stavano ancora arrivando a terra quà e là attorno a me... neanche cento metri più in là c'era il Me-109, con le munizioni che ancora crepitavano violentemente..." Dunlop si trovava probabilmente a circa 1.500 metri di quota sopra il terreno quando l'aereo si spezzò in tanti tronconi scagliandolo al di fuori - forse ancor meno, se egli poteva vedere rottami minori e più leggeri arrivare a terra dopo di lui. Pur disorientato e dolorante per le ustioni appena ricevute riuscì a trovare la maniglia di apertura del paracadute e la tirò, e pochi secondi dopo già toccava terra. La cosa notevole è che pur ancora seduto e legato al seggiolino e con le cinture ben tese, la calotta si sfilò apparentemente senza troppa difficoltà in quel minimo spazio tra schiena e schienale - con un modello di paracadute a sedile (come l'S-1 o l'S-2) non sarebbe mai accaduto. Il pilota si allontanò di poco prima di venire catturato e mandato il giorno dopo al campo d'aviazione di Stendal. Di lì andò poi a finire al definitivo Stalag Luft XIII di Nuremburg dove tra l'altro, incontrò alcuni altri piloti del 357th che erano stati abbattuti nelle settimane precedenti. Sopravvisse ai restanti quattro mesi di prigionia.
  8. Lungo gli anni mi è capitato di leggere aneddoti apparentemente incredibili che vertono sul mancato funzionamento di certi dispositivi, o su un'incorretta procedura (sempre involontaria) per cui un aviatore riesce a salversi - a volte senza neppure riportare inconvenienti fisici - anche se il paracadute teoricamente non avrebbe dovuto/potuto spiegarsi correttamente. Il che invece è accaduto in quei casi, e la persona ha potuto raccontarlo. Senz'altro super-eclatante quello del Gennaio 1966 quando un SR-71 in volo sulla California a 24.000 metri e Mach 3.18 si frantumò, letteralmente, con l'equipaggio che si ritrovò fuori senza avere modo di cominciare la sequenza di eiezione. Il pilota si salvò praticamente incolume, pur a quote e velocità da brivido; il suo collega rimase ucciso dall'eccessiva accelerazione che gli ruppe il collo, tuttavia entrambi i paracadute si sfilarono in modo incredibile depositando a terra gli aviatori - non avrebbe potuto accadere, in via teorica. Sono andato a ricercare un episodio della 2°G.M. accaduto il 14 Gennaio 1945 dove un pilota di P-51 del 357th Fighter Group si salvò (finendo prigioniero per gli ultimi quattro mesi di guerra in Europa) dalla disintegrazione del proprio caccia, abbattuto da un Me-109 un attimo dopo che l'americano aveva abbattuto a sua volta un Me-109. Il pilota arrivò a terra ancora legato al seggiolino completo (con tanto di corazza dorsale...!!) e il paracadute dorsale B-8, che si era aperto pur trovandosi chiuso tra pilota e schienale. L'episodio è meritevole di lettura..
  9. ... e qui invece è assieme a 'Jack', pilota di F-14 del VF-111.
  10. Questo è il mio secondo, e ultimo, pilota d'altissima quota ricostruito in modo originale. Rimarrà sempre un progetto proibito quello di un analogo pilota USAF o NACA equipaggiato con quelle favolose tuta 'a pressione parziale' che sanno tanto di science fiction anni '50 e che mi affascinano, alcuni articoli semplicemente non si trovano - e se sì, il tutto verrebbe a costare alla fine quasi come una bella utilitaria. I Sovietici però avevano in pratica scopiazzato allegramente i progetti di massima americani per questo concetto di indumento (la VKK-6M russa è presente sul manichino di pilota di MiG-25 Sovietico), e la Cina ha fatto altrettanto con il materiale sovietico. Una differenza può essere che l'URSS ha ricalcato abbastanza fedelmente ma ha anche apportato modifiche contenenti peculiarità interessanti o addirittura ingegnose; i progettisti Cinesi hanno letteralmente copiato (stimerei fino al 95% di un dato oggetto, quasi una fotocopia) e nulla più. In questo modo il pilota di MiG-25 era stato possibile, e lo è stato ancor più questo pilota d'alta quota appartenente all'Aviazione della Repubblica Popolare Cinese. Potrebbe essere un pilota di MiG-21 o del suo derivato J-7 fabbricato nella Cina stessa, e databile intorno al 1985 o giù di lì. Magari sembra un'epoca piuttosto avanzata per usare ancora un simile concetto di equipaggiamento (somigliantissimo ad un pilota sperimentale di F-104 di trent'anni prima) ma d'altronde questo avevano e con questo volavano - casco e tuta sono in effetti quasi identici a ciò che un aviatore Americano di metà anni '50 portava in volo. Gli articoli sono quattro: casco TK-1, tuta d'alta quota DC-3, stivaletti di volo e guanti di volo. Niente salvagente e/o imbragatura paracadute/seggiolino, che in questo caso avrebbero nascosto una buona parte della tuta DC-3. Sicchè alla fine ne era uscito un pilota (per me) a basso costo; ho notato che ancora recentemente una tuta come questa, nuova di zecca nel suo imballaggio è trovabilissima su eBay dalla Cina a prezzi che scendono anche fino a € 55 - 65, mentre il casco può arrivare intorno € 125 - 135 se completo e in buon stato. Posterò alcune foto. Thanks for watching.. La tuta a Pressione Parziale, di qualunque modello o nazionalità, è indossata attillata sopra un semplice completo intimo in cotone, e diventerà super-attillata (come rimpicciolita di almeno tre taglie) quando i tubi 'capstan' esterni, normalmente flosci e piccolini si gonfieranno istantaneamente in caso di decompressione ad altissima quota. Tirando brutalmente il tessuto sul corpo infatti dovrà essere la tuta stessa - tramite controbilanciamento meccanico - ad impedire che tessuti e liquidi del corpo si espandano e possano andare in ebollizione, dato il differenziale di pressione atmosferica esterna. La tuta è disponibile in 10 taglie (quelle Russe normalmente 10 - 12, quelle Americane quasi sempre 12) e ogni taglia è ulteriormente regolabile tramite lacci incrociati in stile corsetto femminile. Farla indossare sul manichino stimando prima la teorica taglia giusta (più è attillata più rimane realistica) era stata un'impresa.. :huh: Il complicato e 'arcaico' casco Cinese TK-1, copia assoluta del Sovietico GSh-4M che era a sua volta ispirato all'Americano K-1 'Splitshell' . Composto in realtà da quattro distinte parti, la più appariscente è la complessa piastra facciale che porta il plexiglass trasparente, tubi per l'ossigeno e l'aria per la 'relief valve, e il cavo per lo sbrinatore elettrico del plexiglas stesso. Telaio della piastra facciale e calotta vera e propria sono in metallo, verniciati di bianco e con una vernice trasparente (!!) che ingloba anche la stella rossa. La finitura è MOLTO superiore a quella dei caschi Sovietici d'alta quota. Il sistema di cavetti dell "hold down" che serve ad ancorare il casco ad una fettuccia regolabile, e fissata sull'addome tramite piccole clips, intesa a impedire il sollevamento improvviso del casco all'istante del gonfiaggio tuta. Sulla schiena altri anelli tengono il tutto in tensione. Il complicato sistema di tubi "capstans" e i lacci incrociati di regolazione, una serie fittissima che assicura per ogni zona del corpo il perfetto grado di aderenza della tuta. Anche le gambe ovviamente, più il tessuto è aderente come una muta da sub più il realismo è maggiore. Il cavo della fonia radio non esce dalla piastra facciale (da cui escono i vari tubi e il cavetto dello sbrinatore plexiglas) bensì dal "cappuccio" in tessuto di nylon che è integrale al telaio del casco, e che avvolge l'intera testa. All'interno il suddetto cappuccio è tutto rivestito in lattice di gomma per una perfetta tenuta, doveva essere una specie di tortura sopportarlo per qualche ora... Il casco o meglio, la parte anteriore sganciabile. L'oggetto in bakelite rossiccia è lo smistatore della rete di finissimi fili elettrici annegati nella plastica trasparente in funzione 'lunotto termico'. I fili sono visibili guardando con attenzione. L'oggetto semi-cilindrico a sinistra della piastra è la grossa valvola 'relief valve' che assicura la tenuta del casco ad ogni esalazione del pilota. Il tubo per l'ossigeno è quello corrugato color verde, copiato al 100% da quello russo. All'interno, l'ossigeno arriva anche tramite una serie di forellini praticati nel "tunnel" in gomma che dà il giro completo al telaio. In questo modo esso contribuisce ad eliminare la condensa causata dal fiato del pilota che potrebbere dare un 'frosting effect' alla plastica trasparente. Alcuni ideogrammi in caratteri Cinesi sono visibili, stampati in colore azzurro. La stella rossa è inglobata sotto uno strato di vernice trasparente incolore. La qualità della finitura è maggiore nel TK-1 che nei caschi Sovietici della serie GSh-6. Il visore scuro è la parte più semplice di tutto il complesso. Un sottile pezzo di plastica assicurato ad un arcone curvo che ha 5-6 scatti di regolazione. E' esterno, mentre i caschi Sovietici della serie GSh-6 ne hanno uno più piccolo interno, a scomparsa totale. Il microfono a staffa fa parte della cuffia interna dedicata esclusivamente alla fonia radio, in perfetto stile Sovietico - cuffia interna in tessuto ignifugo + casco esterno rigido in costruzione metallica. Infine i guanti di volo.... Tutte le mie ricerche hanno portato a questo risultato: anche se sembrano un perfetto paio di guanti generici da lavoro acquistabili in un ferramenta (e magari 'made in China', perchè no... ah ah, niente di più facile), questi sono davvero i guanti che i piloti militari indossa(va)no durante la missione, perlomeno più di una foto mi dà ragione. Non sono riuscito, comunque, a trovare il perchè di questa insolita scelta di materiale. Sono ovviamente originali come articolo da aviatore - e non comprati dal suddetto ferramenta , tuttavia se il pilota fosse stato più datato (diciamo dal 1958-59 a metà anni '70) indosserebbe guanti in pelle color marrone scurissimo, quasi nero. Thanks for watching - Frank. Ancora qualche dettaglio, qui la cuffia interna indossata separatamente per prima. Su questa verrà poi il "cappuccio" coprispalle, che è integrale col telaio del casco stesso. La cuffia è la copia di quelle che vanno coi caschi Sovietici della serie GSh-6, può cambiare il colore del microfono a staffa e la sensazione 'al tatto' del materiale della cuffia. Una differenza di rilievo delle tute pressurizzate Cinesi DC-3, DC-4, DC-6 rispetto alle precedenti DC-1 / DC-2 è il tubo "capstan" aggiuntivo orizzontale, che passa sopra lo stomaco e collega i capstans verticali di destra e sinistra (quelli che vanno dai polsi alle caviglie passando lungo tutto il corpo). Dalla sempre scarsa documentazione disponibile quà e là ho ricavato la quasi-conferma che i Sovietici dopo le loro VKK-1 / VKK-2 / VKK-3 che non avevano il tubo orizzontale, erano arrivati alla VKK-4M (con 2 tubi orizzontali) - poi sono tornati ai soli tubi verticali con la definitiva VKK-6M che dura ancora oggi. Evidentemente i Cinesi hanno continuato a ritenere che il tubo aggiuntivo è una miglioria di non poco conto e difatti le più recenti tute come la DC-6, appunto, sono in pratica vere copie della DC-3 di questo pilota. Il tubo orizzontale agisce con la trazione in senso verticale, ovviamente, gonfiandosi completamente sotto pressurizzazione e tirando a forza la parte inferiore della tuta verso l'alto, e quella superiore verso il basso. Questo 'in più' si aggiunge alla trazione standar causata dai tubi verticali di destra e sinistra, aiutando a stringere ulteriormente l'indumento sul corpo dell'aviatore. Se la documentazione sugli equipaggiamenti specifici per un pilota 'stratosferico' si trova a fatica e col contagocce, quà e là, nel caso di materiale Sovietico (parliamo almeno di documentazione che sia attendibile al 90%, diversamente non manca in giro tanta roba farcita di errori), figuriamoci nel caso del personaggio Cinese. Non mi riferisco alla difficoltà con cui oggi ci si può procurare taluni precisi articoli del materiale di volo; tant'è vero che non c'è la minima difficoltà, anzi c'è proprio una grande facilità. Inoltre i prezzi che si possoino vedere su siti come eBay arrivano a valori così bassi da risultare quasi . ..sconcertanti, eppure si tratta di oggetti assolutamente originali e quasi sempre NUOVI. Anche i prezzi di spedizione sono davvero ragionevoli. Intendo piuttosto la disponibilità di documentazione che racconti delle origini, sviluppo, modifiche, uso lungo il tempo etc. e riesca a fare piazza pulita di troppi dubbi ed errori - d'altronde alcuni dei venditori di questo materiale sono i primi a non sapere le cose specifiche. Così mi ero trovato a chiedermi se realmente quei non moltissimi piloti NordVietnamiti di MiG-21 che diverse foto (credo intorno al 1971-72) mostrano abbigliati quasi identici a questo personaggio, hanno addosso materiale Cinese come alcuni affermano. Altre fonti parlano invece di materiale originale Sovietico, e secondo me hanno ragione. Purtroppo già le foto disponibili da poter osservare sono poche, queste poche sono di qualità scadente e tutte in bianco/nero, inoltre alcuni commenti descrivono i piloti come più che altro in posa per scatti 'pubblicitari' e comunque pesantemente propagandistici. Secondo me potrebbe essere vero. Avevo anche usato la lente d'ingrandimento per meglio osservare i dettagli, con risultati scarsi ma l'impressione è che le tute pressurizzate e i caschi d'alta quota siano davvero quelli originali fatti in URSS (gli stessi che hanno poi direttamente ispirato i Cinesi), e non quelli fabbricati in Cina e poi dati ai NordVietnamiti. Le tute d'alta quota sembrano a tutti gli effetti le VKK-6 sovietiche (con qualche rara VKK-4M dotata di tubo capstan orizzontale sull'addome) e i caschi sembrano i GSh-4M sovietici, piuttosto che i quasi identici TK-1 come quello del manichino. Alla fine non sarebbe male - almeno per me visto che sono abbastanza addentro a queste cose - poter ottenere una conferma definitiva sulla storia di questi "cloni" fatti in Cina. Ovviamente ho "dovuto" fare un tentativo di pressurizzare la tuta DC-3 dopo aver vestito il manichino, l'ideale sarebbe poter bloccare in modo ermetico al 100% il tubo si alimentazione dei 'capstans' - quello più sottile dei due - visto che appena si toglie la fonte d'aria compressa il tutto si sgonfia velocemente. Ovviamente non c'è una cosa simile, per esempio, a una valvola di non ritorno (nessuno pensava a questi miei problemi quando progettavano questo tipo di indumenti, mi sa.. ). Già la fase di gonfiaggio è così-così in mancanza di un connettore a baionetta sul tubo del compressore che sia esattamente compatibile con quello della DC-3, quindi ci si accontenta di premere a forza le due estremità una contro l'altra; però non è un problema visto che entra più aria di quanta ne esce contemporaneamente dalla giunzione. Piuttosto si tratta di tappare alla perfezione dopo il gonfiaggio, e questo è praticamente impossibile - in più, dovendo schiacciare su un corpo fatto di plastica dura che ovviamente non cede sotto la pressione, i tubi capstans che riescono a tirare un pò più di tessuto si gonfiano abbastanza; invece su quelle zone che hanno il tessuto già attillatissimo come una muta da sub (braccia e gambe specialmente) il tessuto non ha più nemmeno la minima tolleranza e non cedendo di un millimetro, non consente ai tubi di espandersi. Era comunque solo per un pò più di effetto coreografico e nient'altro, quindi il 'problema'.. non è assolutamente un problema. Anche se sono riuscito a contattare qualche (sparuto) collezionista che sappia un pò di queste cose non è servito a far luce su certi precisi dettagli, come invece era stato possibile per gli equipaggiamenti sovietici - qualche piccolissimo dubbio rimane ancora. Comunque: la tuta a pressione DC-3 è una quasi-copia della più anziana VKK-4M Sovietica, però nel caso del pilota stratosferico URSS possiedo anche quel dispositivo che regola e fornisce: ciò che serve per respirare, ciò che serve per gonfiare la parte 'anti-G' della tuta, e infine ciò che serve per pressurizzare il tutto quando scatta l'emergenza-decompressione. Così abbiamo davvero accertato che arriva SOLTANTO aria compressa se c'è bisogno di effetto 'anti-G' (parte inferiore della tuta), e SOLTANTO ossigeno puro se c'è bisogno di pressurizzarla completamente (parte inferiore + parte superiore). Verrebbe da intuire che lo stesso concetto si applica anche a questa controparte Cinese della VKK-6M Sovietica, oltretutto i piloti Cinesi hanno volato (anche) su MiG-21 sia pure prodotti in proprio - ma l'aereo è il medesimo aereo, con tutti i suoi sottosistemi identici a quelli dei MiG-21 fabbricati in URSS. Quindi a questo punto anche se è praticamente inutile continuare a cercare (a meno di conoscere personalmente un pilota Cinese di MiG-21, ma non ci sono ancora riuscito ), posso avere la quasi certezza che anche in questo caso i grossi 'capstan tubes' esterni della tuta si sarebbero istantaneamenta riempiti di ossigeno, dilatandosi al massimo - NON di aria. Qui l'originale modello di guanto in pelle marrone-rossiccio. In dotazione dai primi anni '60 fino a un non meglio specificato periodo, forse metà anni '80 ma non sono certo di questo. A proposito dei guanti, non risulta da nessuna parte che per gli aviatori della Cina Popolare le tute d'alta quota (DC-1, DC-3, DC-4, DC-6) arrivassero corredate di guanti a pressione, sia pure la variante cosiddetta 'a pressurizzazione passiva' che non richiedeva alcun tubo esterno aggiuntivo - tipica delle VKK-4M e VKK-6M sovietiche. Questi qui in melle marrone assomigliano non poco, tra l'altro, ai classici B-3A dell'USAAF - USAF che sono stati i classici guanti di volo leggeri dal 1944 al 1970, nonchè ancora usati poi saltuariamente nel periodo dei moderni guanti ignifughi fatti di Nomex.
  11. (i moderatori intervengano pure se ritengono che sto andando troppo O.T., no problems per me..) @ franzisket - è vero, ma a sua volta il moschettone è asservito alla "zero delay lanyard" che è asservita al "golden ring" che è asservito alla cintura ventrale MA-2 ... etc. Posso fare un veloce riassunto: 1) Dopo aver indossato il paracadute Il pilota allaccia la cintura ventrale del C-2 (quella orizzontale che passa sulla pancia) passandola attraverso le due verticali (che scendono dalle spalle verso il basso). 2) Prima di chiudere la fibbia ventrale, ha l'accortezza di 'imprigionare' nel meccanismo il "golden ring" (foto in basso) che è collegato da una fettuccia al cavo di strappo del paracadute. In questo modo il paracadute è collegato alla cintura ventrale e, quindi, al C-2. Inoltre, alla fibbia di chiusura arriva un punzone azionato, se occorre, da un potente getto d'aria compressa tramite un tubicino... la cosa è maledettamente complessa, ed è questo che contrasta con l'apparente semplicità dei seggiolini NON zero-zero. 3) Moschettone collegato alla maniglia di apertura manuale della calotta. Ipotizziamo un'eiezione con l'F-104 che corre sulla pista ad almeno 225 Km/h. Durante la sequenza un getto d'aria aziona il punzone che spacca, letteralmente, la fibbia. Intanto un "rocchetto inerziale ad altissima rotazione" arrotola su sè stessa (in meno di 0, 2 secondi) la cinghia ad "Y capovolto" su cui siede il pilota, e che segue fedelmente il contorno del telaio del C-2. Avvolgendosi in una frazione di secondo attorno a quel rocchetto la cinghia si mette in tensione e, per così dire, si accorcia - ovviamente, e così solleva letteralmente il pilota, di peso, dal seggiolino (il cosiddetto calcio nel c**lo ). 4) La fibbia della cinghia ventrale che era stata spaccata dal punzone si apre all'istante, poichè il pilota spinto brutalmente in avanti le preme contro; le due cinghie verticali si sfilano da sole (non c'è più la grossa fibbia che ingombra) e il pilota è libero dal C-2. 5) e qui arriva il "golden ring": lui è rimasto imprigionato nella semi-metà sinistra della cinghia ventrale, perciò il C-2 che si allontana dal pilota gli dà un forte strappo. Il Golden Ring tira la fettuccia, la fettuccia tira il pomello del cavo, il pomello si sfila e tira il cavo di apertura , ma attenzione: il moschettone era stato agganciato alla maniglia manuale per cui, alla fine, in circa 1,35 secondi la calotta si trova libera di aprirsi perchè il sistema automatico interno è stato bypassato da tutta questa cosa. Domando scusa se forse non sono stato chiarissimo su ogni dettaglio, ma era per non mettere giù un quasi-tema :rolleyes: in ogni caso sono felice di dare chiarimenti. Thanks for watching... Frank. Mi permetto ancora una precisazione: tutta la "terrificante" sequenza descritta sommariamente qui sopra si adatta con pochissime variazioni (ma proprio ultra-poche, e neanche di rilievo) a tutti i seggiolini della generazione del Lockheed C-2. All'epoca praticamente ogni ditta fabbricante di aerei da combattimento si progettava e costruiva i propri modelli di seggiolino eiettabile (Lockheed, Republic Aviation, North American, Convair) anche se già la Weber si faceva avanti in quel settore. Probabilmente si è fatto, lungo il tempo, un gran parlare e scrivere di seggiolni zero-zero di cui la stirpe più illustre è ovviamente la serie Martin-Baker di fabbricazione britannica, e questi non hanno da scherzare quanto a complicazione e sofisticazione. Tuttavia, quegli aerei che non hanno avuto i loro vecchi modelli di seggiolino rimpiazzati per un tot di motivi (costi, difficoltà tecniche, incompatibilità con abitacolo etc.) se li sono tenuti fino al momento della radiazione, magari in epoca relativamente molto in là. Perciò i piloti di F-100 (fino a metà anni '70), F-104G/C-2 (fino a seconda metà anni '60), F-84F/F-86K (fino a fine anni '60), F-106 (fino al 1987), F-105 (fino al 1983-84), F-5E (a tutt'oggi), B-52 (a tutt'oggi), T-38 (a tutt'oggi), tutti andavano in volo col glorioso paracadute dorsale appeso alla schiena. Personalmente rimane un articolo che mi affascina in modo incredibile, e fa la differenza come 'grinta' verso un pilota che ne è privo, e munito soltanto della Torso Harness.
  12. Un confronto tra i due 'interfaccia' pilota-aereo, il gruppo ORK-2 / RSD-3M (Su-11, Su-15, MiG-21, MiG-25, forse MiG-23) e il successivo ORK-11U / KP-52M (MiG-29, MiG-31, Su-27, Su-24, MiG-27 etc) Entrambi si trovano sulla sinistra del seggiolino eiettabile KM-1 / KM-1M (per i modelli di caccia più datati) e K-36 / K-36D per quelli successivi. Tutte le connessioni vitali per il pilota arrivano lì dagli impianti di bordo. Questo l' ORK-2 + RSD-3M Questo invece l' ORK-11U + KP-52M Qui invece tempo fa, quando la collezione era diversificata. "Ivan" si trova a tu per tu con "John", un pilota di F-16 (qui con uniforme e distintivi dello Squadron 'experimental' di Edwards AFB). Magari la Guerra Fredda era già finita... :D
  13. Ti ringrazio...ah ah, ma allora tu sei ottimista. Io in realtà, sono già deceduto B-)
  14. Ancora un pensiero sui caschi di volo Russi o Sovietici che dir si voglia, L'ultima sottovariante -6LP della stirpe GSh-6 d'alta quota pressurizzato non differisce nel progetto basico dai primi prototipi usciti più o meno nel 1961, e tutt'oggi è fabbricato principalmente in duralluminio - con poche inevitabili parti in silicone, plexiglass, acciaio inox, ovviamente la parte imbottitura interna, plastica fumèè per il visore scuro, gomma telata per il tubo-ossigeno. Dopo una fase che ha visto grande uso di caschi-cuffia in pelle stile 2°G.M., il trio di caschi "jet age" più convenzionali come il ZSh-3 (1960-61), ZSh-5 (forse 1965), l'odierno ZSh-7 (1986-87) hanno tutti la 'shell' fatta di derivati dal fiberglass - ma gli stratosferici GSh-6 sono in metallo. Non sono riuscito a capire il perchè, pur facendo ricerche (e traducendo più o meno faticosamente) da stralci di archivi della ditta "Zhvezhdà" che si possono trovare sul Web. Invece negli Stati Uniti le due serie di caschi d'altissima quota in stile astronautico - la serie "MK" per l'US Navy, e la serie "AP-22S " per l'USAF / NASA sono usciti fuori fin dal principio fabbricati in fiberglas o simili. Cioè, esattamente come per le due serie di caschi 'jet age' convenzionali americani: gli "APH" per gli aviatori dell'US Navy e i celeberrimi " HGU " per quelli dell'USAF. Frank.
  15. Il massiccio casco d'altissima quota GSh-6A - come il precedente -6M e il successivo -6LP - ha la struttura principale in lega di duralluminio (!!!...) e stando a ciò che avevo letto da una fonte sovietica, questa è imparentata con le leghe con cui si costruiscono alcune parti del caccia Su-15. Affascinante, direi. La ditta produttrice è sempre stata la 'Tieploobmiennìk' con sede nella città di Nizhnij-Novgorod, e attualmente produce soltanto la più recente sottovariante, appunto, la -6LP. La Cina ha in pratica clonato (se non al 100%, almeno al 96% questo sì) non pochi articoli Russi tra caschi di volo e maschere ossigeno, cominciando col loro TK-1 che era la copia del GSh-4M russo. Russi e Cinesi sono gli unici, mi risulta, ad aver fabbricato caschi di volo con struttura metallica. Pesanti e angosciosamente claustrofobici, hanno comunque diverse peculiarità molto interessanti che gli Occidentali non hanno mancato di snobbare... non sarebbe una novità. Interessante notare però che quelli prodotti in Cina hanno finiture esterne che sono capolavori, se paragonati a quelli Russi - perlomeno in più di un dettaglio. Questo bisogna precisarlo.
  16. Ricordo di aver letto, ma sono molti anni fa, su un libro dedicato ad un famoso reparto dell'USAAF (potrebbe essere "1,000 Destroyed" - 4th Fighter Group) di un pilota di P-51 che testimoniò il seguente episodio accaduto esattamente davanti a lui. Stavano mitragliando a volo radente, ma molto radente un campo d'aviazione tedesco e mentre lui sorvolò, sia pure di pochissimo, alcuni hangars (di quelli con struttura diciamo così a 'palazzetto dello sport', davvero bassi anche nel punto più alto), un suo compagno finì dritto dentro.. a uno di essi (!!!). Uscì dall'altra parte praticamente illeso, a 550-600 Km/h. e si alzò di non molti metri, giusto in tempo per investire con l'elica la parte superiore di una Flak tower... .. ritornato alla base - forse Debden, se fosse il 4th Fighter Group - il pilota trovò incastrati nella griglia del radiatore ventrale alcune spighe di grano, brandelli di carne e stoffa, e un pezzo di elmetto tedesco. Strisciate di sangue fin verso la coda. Ovviamente il P-51 aveva volato a quota veramente zero poco prima di arrivare sul bersaglio, non aveva preso niente passando sotto l'hangar, e infine aveva 'affettato' uno o più serventi della contraerea ai bordi del campo.
  17. Un paio di dettagli del salvagente mod. ASZh-58 Consultando alcune fonti di origine sovietica mi sono fatto un'idea (quasi) certa che il numero sta ad indicare l'anno di entrata ufficiale in servizio (1958), visto che poi dall'anno seguente ha cominciato a sostituire poco per volta il modello precedente. Questo invece il successivo mod. ASP-74. Se tanto mi dà tanto dovrebbe essere entrato in servizio nel 1974-75, ancor meglio qualche tempo dopo. Certamente non ha scalzato fin da subito il predecessore.
  18. Qui "Ivan" si trova in foto-ricordo assieme a "Sergej", pilota di Su-24 Fencer della VVS.... un altro dei miei sforzi, ma anche l'ultimo. Pilota tattico e quindi equipaggiato diversamente dall'intercettore stratosferico. Ammetto che ha richiesto meno tempo e meno ricerca, nel senso che sapevo alla perfezione quei non moltissimi articoli di equipaggiamento necessari. Come tuta di volo indossa una combinazione giacca/pantaloni separati, alla maniera molto diffusa tra gli aviatori Soviet/Russi. La mimetica è il classico TTsKO in tre colori che DOVREBBE (come al solito, sempre pochissime informazioni certe) essere stato adottato dall'Aviazione nel 1987. Per questo pilota di Su-24 della VVS ambientato circa nel 2006-2007, il casco è un ZSh-7A e la maschere una KM-34D (Series 2)
  19. L'avrei scommesso anch'io, eppure non è così. Le prime serie di tute basate su questo concetto, magari primitive ma chiaramente ispirate alla T-1 dell'USAF (VKK-1 / VKK-2M) esistevano già intorno al 1956. Piuttosto, spionaggio o roba simile. p.s. Per essere onesti comunque, una cosa va detta: anche se in termini di tempo di esposizione a decompressione la VKK-6M non offre la protezione della "mitica" Partial Pressure modello D. Clark MC-3 (per intenderci, la variante che Powers e tutti i piloti di U-2 indossavano a partire dal tardo 1957), la tuta sovietica è però l'unica al mondo di questo tipo che usa i "capstans" anche in funzione Anti - G . Quando il tubo più corto manda ossigeno ad alta pressione (non aria) nei grossi Capstans, istantaneamente il pilota si ritrova super-strizzato in quell'involucro che già indossava attillatissimo. Lungo l'intera estensione, i tubi si espandono del triplo e tirano senza pietà (sono collegati da fettucce 'interlocking' alla tuta stessa) quindi, letteralmente, è come se riducessero la tuta di almeno tre taglie. Questa controbilanciatura puramente meccanica obbliga i tessuti e i muscoli a non espandersi quando il pilota viene esposto improvvisamente all'atmosfera esterna, a quote di 18.000 - 23.000 metri. Quando invece il tubo più lungo (e floscio) manda aria compressa, si gonfiano soltanto i Capstans dall'anca in giù nonchè una bladder interna che spinge sullo stomaco, ma non si gonfiano gli altri. Questo provoca un normale effetto Anti-G che simula, bene o male la protezione di un più comune pantalone Anti-G standard. Ed è una cosa che neppure bestemmiando si può trovare spiegata in alcun libro o testo o altro tipo di fonte... io l'ho sperimentata collegando un compressore alla mia VKK-6M.
  20. Una vista più ampia dell'insieme ORK-2 / RSD-3M. Le tre connessioni che arrivano sul RSD-3M sono: ossigeno per respirare, ossigeno per gonfiare i "capstans tubes", e aria per la "relief valve" del casco. Altre tubazioni portano poi al piedistallo vero e proprio. Il riduttore ossigeno / aria vero e proprio: Il cosciale-'notepad' tipico degli aviatori - Russi, ma anche di altri Paesi ex-Patto di Varsavia. Qui è stato usato da un pilota Sovietico. Ancora in buono stato, e tutto originale.
  21. I tubi esterni detti capstans, che gonfiandosi in emergenza da decompressione tirano spietatamente la tuta sul corpo del pilota - tuta che di per sè era già stata indossata attillatissima. Ben visibili specialmente sulle più note tute Partial Pressure dell'USAF (delle quali non mancano letteralmente dozzine e dozzine di foto quà e là), che in definitiva hanno ispirato quelle russe - su questo non c'è il minimo dubbio, è così ovvio, anche se non manca chi nega la cosa. Il salvagente ASZh-58 Immagine d'epoca (circa 1967) con piloti di Su-15 che indossano il diretto predecessore del casco GSh-6A , cioè il GSh-6M.
  22. Il casco GSh-6A ha 6 'spine' che si innestano in appositi recessi del collare-ricevente, dopodichè un'apposita flangia trattenuta in tensione da una molla blocca saldamente le suddette spine. Il successivo ma pressochè identico GSh-6LP ha 8 spine invece di 6, la differenza è tutta lì. A destra e a sinistra del collare, due 'carrucoline' in teflon (più una all'incirca sul torace del pilota) di forma ovalizzata fanno parte del sistema di ritegno che comprende anche il classico cavetto metallico e un piccolo moschettone; il tutto è messo in tensione dopo che il casco è indossato, ed è il classico sistema (in inglese pulleys & cable hold-down system) che si è cominciato a vedere a fine anni '50 per i caschi pressurizzati d'alta quota - ma anche molti caschi astronautici veri e propri. L'oggetto vagamente a forma di stella in bakelite rossastra permette, svitandolo, di togliere/rimettere la prolunga della fonia radio che entra nel "cappuccio" coprispalle e si innesta all'altro cavetto della cuffia-radio ( il casco di per sè infatti, non possiede impianto di fonia). Qui si vede la suddetta prolunga che esce da sotto la gola, a sinistra, e si innesta nell'apposita sezione che già fa parte dell'insieme ORK-2 (il tutto sarà poi parte integrale e amovibile del seggiolino eiettabile). La prominente "relief valve" a sinistra sul casco, così tipica di tutti i caschi stratosferici e maschere ossigeno di progetto Russo e Cinese (alla fine, questi ultimi hanno tirato fuori lungo i decenni alcune vere e proprie copie del materialr russo). Il tubicino di gomma nero più piccolo, che in questo modello passa dietro al casco e va poi in parallelo al tubo dell'ossigeno verde e corrugato, porta l'aria (non ossigeno) che ad ogni inalazione/esalazione del pilota apre/chiude un diaframma in lattice. Questo assicura la tenuta ermetica nell'istante che l'oosigeno sotto pressione entra dentro il casco. La levetta subito davanti alla valvola alza/abbassa il visore scuro interno. Sulla 'mentoniera' c'è il sistema di bloccaggio/sbloccaggio del collare, tenuto in tensione da una molla.
  23. Superfluo precisare che il tutto ha richiesto non poco tempo e sforzi. I guanti per esempio sono arrivati dopo un pò, gli stivali (di un modello ben preciso) anche. Idem per il salvagente, ancora non tantissimo tempo fa non era come oggi che Internet (più una bottarella di 'lato B') può farti avere oggetti relativamente difficili da trovare. Prima di mettere le grinfie su questo ASZh-58 color arancione vivo (in servizio probabilmente dal 1959, ma per molti articoli Sovietici non c'è la certezza assoluta) ho montato quello più recente detto ASP-74 che ha due pacchetti indipendenti colore blu-azzurro, sospesi sui fianchi uno per ciascuna parte - più o meno come per i modelli "underarm" dell'USAF negli anni '60 e '70. Qualche altra immagine se riesco, un'altra volta. Thanks for watching!!
  24. Ho ambientato 'Ivan' ai primi anni '80, ovviamente c'è della tolleranza. Intanto potrebbe anche essere un pilota di Su-15 e, credo, di MiG-21 della variante (mi sfugge la sigla) da intercettazione. I vari interfaccia pilota - seggiolino non cambiavano, dico questo perchè a differenza di quanto c'era sui caccia intercettori USAF, qui tutto (ma proprio TUTTO) ciò che collega il pilota all'aereo fa capo ad una ingegnosa soluzione che rimane raccolta in un'unico blocco-connessioni situato a sinistra, sul telaio inferiore dal KM-1 - KM-1M. Quindi * comunicazioni, * disappannamento visore del casco GSh-6A * ossigeno per respirare, * ossigeno (non aria) per gonfiare i tubi "capstan" della Partial Pressure Suit VKK-6M * aria per il tubicino secondario che chiude ad intermittenza la 'relief valve' del casco, * aria compressa per la tuta anti-G (meglio, soltanto la parte inferiore della VKK-6M che fa da anti-G), * flusso d'aria ventilata/riscaldata per la sovra-tuta VK-3M tutto confluisce in un solo blocco scollegabile che se ne va via assieme al pilota in caso di eiezione. Il nome scritto in caratteri cirillici con la classica vernice rossa (a pennello, mi sembra ovvio..) suona I. Pushkìn L'imbragatura per il seggiolino KM-1M si chiama PSU-36 .Simile più o meno alle americane MA-2 dell'US Navy, le due clips per sgancio rapido accolgono le corrispondenti clips all'estremità delle due cinghie-paracadute. Il sistema di blocco-sblocco è il classico inconfondibile di stile Russo e Cinese. Il salvagente è il mod. ASZh-58. Il casco GSh 6A non ha fonia radio. Questa è contenuta in una vera e propria cuffia in tela robusta, che si indossa per prima e che comprende auricolari, cavo di collegamento (interno) e microfono a staffa regolabile. I guanti a pressione "passiva", diversi come concetto da quelli che si usavano con Partial Pressure Suits simili a questa VKK-6M. Pressurizzati ma senza tubicini che li collegano alle maniche. Il blocco-connettori, col piedistallo ORK-2 e il riduttore ossigeno RSD-3 . Di norma starebbe sull'aereo, qui è più che altro per 'coreografia'.
  25. Smersh

    Pilota di MiG-25 - full size!

    Posto il topic in questa sezione anche se il soggetto non è il MiG-25 in sè (un topic c'è già), ma potrebbe essere quella più adatta forse. Penso non dispiaceranno alcune immagini fatte come si deve, di un pilota intercettore d'altissima quota Sovietico fatto...altrettanto bene (...spero - ma ne sono pressochè certo). Ricostruito al meglio in modo completo con non pochi sforzi di ricerca, contatti e ancora ricerca puntigliosa. Non manca niente di niente, anche se alcuni particolari non si notano bene in fotografia per essere apprezzati; posso dire che "Ivan" così com'è adesso potrebbe veramente andare in volo a 23.000 metri per intercettare un B-52. E' tutto originale e funzionante, qualcosa già usato e altro invece nuovissimo. Certamente (e con un pò di immodestia) potrebbero essere tra le foto più particolareggiate che esistano su tutta Internet, su cui 'studiare' come si presentava un simile...tizio - notoriamente, foto veramente decenti prese dal vero di piloti stratosferici della I.A - P.V.O. quasi non ce n'è. Sono graditi commenti e domande. Frank. SEGUE
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