Vai al contenuto

Smersh

Membri
  • Numero contenuti

    371
  • Iscritto il

  • Ultima visita

  • Giorni Vinti

    33

Tutti i contenuti di Smersh

  1. Smersh

    Qualche 'lover' di X-Files?

    La suddetta creatura è stata la classica nemica ad oltranza, nella serie TV di X-FILES, di tutto ciò che non era spiegabile dalla scienza ed ancor più non voleva sentir parlare delle 'teorie del complotto' che invece, sembravano essere la ragione di vita del suo collega 'Fox' Mulder. Per non menzionare gli UFO, e le intelligenze aliene già all'opera qui sul pianeta Terra... Questo almeno, in forma totale e granitica per le prime stagioni (le migliori secondo me), per poi "ammorbidirsi" progressivamente col tempo - tuttavia senza mai cedere definitivamente. E pensare che era già stata vittima di un primo rapimento da parte di alieni - non direttamente mostrato, ma esplicitamente suggerito - durante le prime stagioni TV, con tutte le conseguenze fisiche e psichiche riportate che hanno inciso pesantemente sulla sua vita (e ovviamente sul proseguimento... della serie); quando poi X-FILES è finito al cinema la prima volta nel 1998, la scettica Scully è stata ospite 'forzata' di una gigantesca e suggestiva nave aliena dalla quale il fido Mulder l'ha liberata, sul filo del rasoio, pochissimo prima che questa decollasse dai ghiacci dell'Antartide. Vuoi per lo schock psichico subìto, vuoi per la dinamica della cosa (se ben ricordo lei sta appena tornando in sè, mentre stralunata e semi-congelata cerca di guardare l'enorme oggetto che si alza), Scully ovviamente non avrà piena coscienza di tutto questo. Ammetto che per un tot di motivi diversi, quel film cinematografico a sè stante NON mi aveva entusiasmato. Così andando a mente, mi sembra che cronologicamente rispetto alla serie TV dovrebbe stare tra la 5° e la 6° stagione.
  2. Smersh

    Qualche 'lover' di X-Files?

    A suo tempo, davvero "cotto" di questa creatura. Qui all'epoca delle riprese per la stagione # 1 o al massimo l'inizio della # 2 - forse fine 1993 o inizio 1994, quindi 25 anni o pochissimo di più.
  3. Smersh

    Il visore specchiato

    Due parole su un articolo secondario se vogliamo - per meglio dire, una variante secondaria per un accessorio che è senz'altro primario. Il visore di un casco di volo è parte inscindibile dal rimanente, e oltre che per le qualità che dimostra all'atto pratico durante varie fasi del volo è certamente quel 'più' come coreografia, se vogliamo chiamarla così, per l'impatto visivo che ha quando è in posizione abbassata. Parlandone come appassionato di questi oggetti sono attirato meno di zero dai brutti, anonimi ed alleggeriti modelli USA/NATO che dominano la scena da circa 25 anni (con l'eccezione di Francia / Gran Bretagna / Svezia che producono i loro propri caschi di volo), mentre mi affascinano da sempre quelli americani degli anni '60-'70 sia USAF che US Navy. Questo discorso si porta appresso inevitabilmente i visori dei rispettivi modelli, tra cui quello che specialmente negli anni '60 fino a circa inizio anni '80 si poteva trovare in variante specchiata/riflettente: almeno due diverse tonalità di specchiatura oro e una di argento. Per ciò che ho potuto trovare durante parecchie ricerche erano oggetti non-standard, ovviamente. Pare che il tutto abbia avuto inizio nei primissimi anni '60 quando l'US Navy prevedeva missioni reali, se necessario, di strike atomico con aerei d'attacco tipo Skyhawk e Vigilante, e il visore specchiato in oro avrebbe dovuto (condizionale d'obbligo) riflettere almeno una parte della luce indiretta che colpiva da dietro l'aereo - da dietro, per via della particolare manovra che eseguiva "in scampo" il pilota dopo lo sgancio dell'ordigno tattico nucleare. Comunque non mancano foto di quei periodi che mostrano caschi APH-6 della Navy o HGU-2/AP dell'USAF, sia monovisori che bi-visori, con visori specchiati in oro. Molto più rari in argento. Anche se sembra strano trattandosi di roba Occidentale (non mi stupirei se fosse materiale Russo o Cinese, anzi in questi casi posso parlare per esperienza diretta) le informazioni sono davvero scarsissime. Erano senz'altro trattati in quel modo su base "custom" in numero molto esiguo; forse - ma non ho la prova al 100% - anche dietro richiesta di un qualche aviatore che lo desiderava per puro piacere coreografico, per apparire più 'cool'. Mica da escludere. Intanto NON scuriscono la vista più di un normale visore 'fumèe' o verde scuro, questo è comprovato. E anche se non si direbbe, mostrano all'aviatore (quando sono dorati) una visione esterna verde... non dorata. Altra caratteristica: sono terribilmente, quasi schifosamente delicati. Il super-minimo graffio sarà indelebile, e non serve - anzi, peggiora le cose - una strofinata di ovatta + 'polish' della qualità più fine, che può essere utile sul visore scuro standard per rimuovere alcune piccolissime abrasioni (e anche qui, ovviamente con la massima cautela). Però sono belli da vedere, specie una variante degli anni '60 il cui 'oro' era in realtà quasi una tinta rame dorata, con una punta di rossiccio che risultava fantastica a vedere. Oggi introvabili, a dir poco. Qui di seguito alcune foto di un casco monovisore HGU-2/AP databile circa 1968-69 con visore specchiato oro (variante meno rossiccia) e coprivisore che era stato 'trimmato' manualmente, sopra gli occhi, per la cosiddetta maggiore visibilità. Non ne cerco altri, visto che oggi non avrebbe senso - questo è in collezione da anni e ho già "penato" abbastanza a suo tempo... Thanks for watching. (segue) Specchiatura esterna, ovviamente, e come tale delicatissima - a volte il pilota incollava uno strato di stoffa morbida sulla parte inferiore del coprivisore rigido per evitare graffi, vista la 'luce' minima di scorrimento che c'è tra questo e il visore. Qui comunque non c'è. Anche se molti non lo direbbero, un casco USAF di questa tipologia anni '60 è l'OPPOSTO di quell'oggetto super-tecnologico che può sembrare. Magari è affascinante, ma come fabbricazione e "malizie" di finitura è quasi... penoso :huh: , quindi niente di più facile che visore e copri-visore andassero a sfregare in qualche punto. Notare come la curva del visore non segue fedelmente quella del copri-visore. Non era così improbabile che in alcuni punti i due oggetti si toccassero, specialmente verso i lati. Come oggetto preso a sè è assolutamente una banalità: un pezzo di plastica trasparente termoformato e sagomato, poi smerigliato sui bordi e successivamente ha ricevuto la doratura a "vacuum applied". Notare: che anche se si parla di vero oro, ne avrà sopra per circa 6,5 - 7 milligrammi, non di più. Come valore commerciale oggi vorrebbe dire 25 Centesimi di Euro... Il visore è originale di metà anni '70, quindi non strettamente "nato" assieme a questo casco datato 1968 e appartenuto ad un pilota USAF di F-105D. Ma sono particolari trascurabili visto che entrambi i pezzi sono di per sè assolutamente originali. D'altronde non si troverebbe in queste condizioni ancora pregevoli, guardando come invece è abbastanza vissuto (ma senza danni veri e propri) il casco. Visore Specchiato Aeronautico vs. Visore Specchiato Astronautico. Una precisazione importante: un visore specchiato in oro per uso d'aviazione militare non richiede di essere fabbricato e trattato come i suggestivi visori per uso astronautico, la doratura depositata a vuoto ('vacuum coating' in inglese) è quasi certamente l'unica cosa che hanno in comune. Un visore per uso di E.V.A. (attività extra-veicolare) in dotazione ai caschi astronautici è sempre amovibile tramite poche manovre - in effetti lo si porta soltanto durante attività all'esterno, nel vuoto dello spazio, e deve sopportare cose che il visore aeronautico non si sogna. Nello spazio deve sopportare un continuo bombardamento di raggi infrarossi e ultravioletti non schermati dall'atmosfera; oltre al "gold coating" ci sono strati di trattamento anti-IR e anti-UV per impedire che il materiale possa deteriorarsi velocemente, poi non deve mancare uno strato antiriflesso che riduca i fastidiosi(ssimi) riflessi interni del policarbonato. In più gli è richiesto di ottimizzare la trasmissione della luce evitando che si disperda con troppa facilità. Il visore di un casco astronautico deve anche mandare via la quantità in eccesso di ultravioletti e infrarossi; da come ho capito lo strato dorato riesce a riflettere via la stragrande maggioranza delle radiazioni all'infrarosso di lunghezza sia corta che lunga, ma non ha possibilità contro i raggi ultravioletti - perciò un ulteriore, diverso trattamento è necessario per questo compito. Se (come sembra) la cosa in ambito di aviazione militare è nata per dare agli aviatori tattici americani una protezione aggiuntiva nel corso dell'ipotetico volo di missione per 'strike' nucleare, era veramente da considerarsi aggiuntiva e secondaria e niente di più. La protezione da flash nucleare se guardato direttamente da una certa distanza, potrebbe offrirla forse un'attenuazione doppia di quella offerta da uno schermo per saldatore. E' molto probabile che la maggior parte - o forse tutti da un certo periodo in poi - dei visori per aviatori militari così trattati abbiano avuto come unico motivo quello, appunto, di un'apparenza più 'cool', e null'altro. Come citato prima, diversamente da quei trattamenti tipici che deve subire un visore specchiato per caschi da astronauta (applicazioni di strati anti-riflesso e anti-U.V., strato anti-usura in fluorite o quarzo etc.) il visore dorato per un casco d'aviatore militare ha in comune con l'altro solo il procedimento di applicazione della doratura - perlomeno, suppongo seriamente che sia così. Non ho ancora trovato spiegazioni esaurienti, ammesso che siano alla portata dei "non addetti ai lavori", però la logica porta a queste conclusioni. Ammetto che in un primo tempo pensavo anch'io a procedimenti di elettrodepositazione (la prima cosa che mi veniva in mente) - successivamente ho letto della possibilità, molto più concreta, di più strati applicati per evaporazione sotto vuoto ("vacuum coating"). Probabilmente la ragione primaria del trattamento dorato per un casco militare è il voler riflettere il più possibile l'infrarosso, anche sulle onde lunghe, cosa che una sostanza come l'oro riesce egregiamente a fare. Questo andrebbe d'accordo con la spiegazione d'origine circa le missioni tattiche nucleari che alcuni piloti da strike dell'US Navy potevano aspettarsi di dover compiere, poi forse la cosa avrà preso una direzione su motivi meno "pesanti" e più prettamente coreografici.
  4. Un dettaglio se può essere utile, anche se non troppo sovente, ci si può imbattere talvolta in cinghie simili ma differenti in alcuni particolari e soprattutto di colore azzurrino. In quei pochi casi che ho potuto vedere, sono invariabilmente descritte come appartenenti agli equipaggi di Phantom dell'USAF. In realtà è sbagliato - se sono azzurre si tratta per forza di quelle per i Phantom della RAF/Royal Navy, oppure (ma ancora più diverse) per i Crusader o Skyhawk dell'US Navy. Se accessori per i seggiolini degli F-4 USAF sono sempre verdastre.
  5. Smersh

    Qualche 'lover' di X-Files?

    Mi sono ri-capitati in mano riordinando le cose. Oggetti originali al 100% usati sui set di alcune tra le prime stagioni di X-Files - dalla #1 alla #4 mi sembra di ricordare, quindi circa 1993-1996 (come uscite negli USA). La mitica, irrangiungibile serie TV; una svolta che ha fatto epoca e che ha ispirato mica poche 'concorrenti', alcune delle quali di pregevole fattura e altre da dimenticare. Non descrivo l'emozione a suo tempo di poterli finalmente avere in mano, tra l'altro di fattura eccezionale e completi di tutto. Ma quando scrivo tutto intendo proprio TUTTO, pagine e pagine con l'intera indagine battuta a macchina e tutte le infinite prove/ricerche/dati/descrizioni tecniche-fisiologiche-ufologiche etc. E le foto sono VERE foto. E che dire di badges e tesserini personali di Dana e Fox? In particolare le prime 4, forse 5 stagioni sono state qualcosa di unico. Poi la serie ha cominciato progressivamente a mostrare il fiato lungo, complice la volontà ferrea (forse discutibile?) del geniale Chris Carter nel voler proseguire all'infinito... nell'Agosto 2002 dopo 201 episodi, X-Files terminava. Qualche utente è stato innamorato anche lui di Dana Katherine Scully? :wub: o ha da condividere foto di qualche oggetto simile a questi? Mi farebbe piacere vederli. Thanks!! Questi sono i migliori, per me. Ma neppure questi sono così male: Questa un pò più lugubre, ma siamo tutti maggiorenni e vaccinati. Qui un magnifico File, Bu.No. X - 323200 dalla stagione X-Files # 4; La più formidabile ed affascinante coppia di detectives. qui il riferimento alla magnifica puntata del "mostro della settimana", avente come cattivo di turno il criminale Luther Boggs. A parer mio una tra le più riuscite del 1993-94.
  6. Gian Vito, sono quasi (quasi ..) atterrito dai tuoi complimenti e ti ringrazio. Seriamente, mi fanno piacere in modo abnorme - metto giù questo tipo di topics perchè mi diverto a farlo e so di aver sudato le proverbiali sette camicie, o se preferiamo le sette tute di volo, cavandomi gli occhi in tempi quando non era tutto così facile (o comunque meno difficile) come oggi. La ricerca c'è stata (e vale anche per alcuni altri "personaggi" che ho realizzato) e anche qui vale la stessa cosa di prima, cioè oggi sarebbe già diverso accumulare un pò più di infos circa il materiale più esotico. Thanks again !!!!!
  7. La fortuna (la casualità, sarebbe più corretto dire) aveva davvero assistito Weaver. La tuta "silver man" David Clark S-901 (parliamo del 1966, le S-1030 "golden suits" non c'erano ancora) era stata la sua piccola capsula di salvataggio. E' vero che a Mach 3,18 / 24.200 metri l'effettiva pressione - e relativa decelerazione - del flusso aerodinamico sull'insieme uomo+seggiolino equivale più o meno a quella di un'eiezione a 770 km./h a quota 0, ma anche così sono entrati in gioco altri importanti parametri. Il casco a pressione totale aveva protetto la testa dall'impatto micidiale col vento di volo senza inconvenienti, mentre sovente in eiezioni velocissime a quote medie o basse un casco standard se ne vola via assieme alla maschera ossigeno; questo, tra l'altro, è un motivo per cui ben raramente gli aviatori bloccano fermamente il cinturino sottogola del casco con l'apposito 'snap button', affidandosi piuttosto alla maschera che stringono al massimo grado ANCHE per tenere il tutto ben fermo. La tuta pressurizzata era collegata al casco e ai guanti tramite giunti rotanti 'a baionetta' praticamente uguali a ciò che troviamo nelle vere tute astronautiche. L'insieme non aveva ceduto sotto l'impatto, mentre il regolatore-ossigeno contenuto nel complicato 'emergency kit' (che faceva da sedile durante il volo) manteneva una pressione interna costante ed equivalente all'incirca all'atmosfera di 7.500 metri. La tuta riparava anche dai circa -60° che il pilota incontrava all'esterno. Weaver ebbe soltanto un principio leggero di assideramento alle mani, probabilmente risultavano meno protette che altre parti? Forse sì. Infine il paracadute principale aveva funzionato impeccabilmente nonostante l'anomala sequenza di eventi. Paradossalmente il "drogue chute" che aveva avuto la sua parte di colpa nell'estrarre così brutalmente Weaver dalla cabina, era anche ciò che stabilizzava nella caduta. Diversamente, a quelle quote e velocità la minima rotazione di un corpo su sè stesso si trasforma subito in una feroce rotazione a trottola che fa svenire una persona per la tremenda forza centrifuga - oltre a disturbare il corretto assetto per la discesa. Una grande e incredibile avventura, che almeno per uno dei due aviatori è ancora finita bene. Bill Weaver.
  8. non averlo saputo prima... se ricordo bene comunque, quel giorno di Novembre 1994 nessun F-104 del 21° si è 'piantato' per causa mia... gulp. (segue ancora)
  9. (segue) Bill Weaver non poteva credere che tutto filasse così liscio se pensava agli istanti precedenti - si trovava sospeso sotto la grande calotta circolare che, apparentemente era intatta. Nessun strappo visibile nel nylon, e lui stava scendendo come da manuale. Incredibilmente il paracadute principale e annessi accessori - dispositivo timer-barometro, cavetto metallico di azionamento etc. , tutto aveva funzionato OK come nella migliore sequenza di eiezione. Il cielo era azzurro e l'atmosfera limpidissima. Mentre scendeva verso il terreno stepposo (e quà e là coperto di neve) in quel tratto di New Mexico poteva vedere laggiù a qualche miglio di distanza i rottami del Blackbird che finivano di bruciare sollevando un fumo nero, e soprattutto poteva vedere distintamente a circa mezzo miglio nientemeno che Jim Zwayer anch'egli appeso sotto il rassicurante ombrello bianco-arancione. A circa 100 metri dal suolo tirò il dispositivo che lascia cadere il completo da "survival emergency kit", il quale però rimaneva collegato a lui tramite una lunga fettuccia. L'intero insieme fà da sedile per il seggiolino SR-2 con tanto di cuscino su cui sedersi durante il volo, ma era sempre meglio liberarsene onde evitare atterraggi duri o pericolosi. Mentre ancora armeggiava col paracadute, si sentì rivolgere la parola. Fortuna aveva voluto che Weaver finisse a pochissima distanza da un grande ranch il cui proprietario aveva visto i due aviatori scendere verso terra, e aveva già avvertito la N.M. Highway Patrol, l'Air Force e il più vicino ospedale... ancora più pazzesco. Il rancher era anche pilota di un piccolo elicottero Hughes biposto che si trovava lì, col motore al minimo, e subito i due lo usarono per andare da Zwayer - soltanto per trovarlo deceduto, non c'era niente da fare. Il rancher portò Weaver all'ospedale della cittadina di Tucumcari, circa 100 Km. più a sud, ma il pilota era praticamente illeso. Soltanto un principio di assideramento alle mani, presto risolto, e qualche livido quà e là - due settimane più tardi era nuovamente intento a pilotare un SR-71. La parte anteriore del Blackbird precipitato aveva impattato il terreno a circa 15 Km. dagli altri rottami. Accelerazioni altissime sia positive ma anche negative erano state la causa del cedimento strutturale, assieme alla "mazzata" definitiva dovuta al trovarsi quasi 'di piatto' rispetto al flusso aerodinamico mentre filava a quasi Mach 3,2. (segue)
  10. Era accaduto, in pratica, questo (alcune cose sono certe al 100%, forse qualche particolare dinamica lo è solo al 95%). Le forze "Q" (Dinamic Pressure) che agivano sulla cellula del Blackbird erano di tale entità che in pochissimi secondi portarono alla frantumazione dell'aereo, di per sè non robustissimo in quel senso come numero di 'G' sopportabili - d'altronde non era richiesto dal tipo di compito che deve svolgere un SR-71. E' vero che a 24 Km di quota l'atmosfera è molto rarefatta, ma qui si parla di pur sempre di quasi 3.400 Km/h di velocità. Il flusso aerodinamico era tale che, con l'aereo impennato su su verso una posizione verticale rispetto all'avanzamento nell'aria, uno spaventoso carico di "Q" premette contro la fusoliera, particolarmente il cosiddetto 'forebody' più avanti rispetto all'ala a delta. * probabilmente nello stesso istante che la fusoliera si spaccava dietro il secondo abitacolo, un tremendo 'effetto risucchio' si manifestò sulla parte superiore del forebody. Questa istantanea depressione aprì lo sportello esterno contenente la "Canopy Jettison Handle" che serve per far saltare via in emergenza, a terra, i tettucci. In una frazione di secondo la maniglia d'emergenza fu risucchiata fuori e aprì, effettivamente, entrambi i tettucci. * la violenza del flusso d'aria turbinante nella cabina anteriore tirò fuori a forza, in qualche modo, il cosiddetto "drogue 'chute" che è il piccolo paracadute iniziatore della sequenza d'apertura quando la sequenza è iniziata correttamente. Qui non lo era ovviamente - anzi non c'era stata alcuna sequenza, il pilota era svenuto un attimo prima. Il 'drogue 'chute' si aprì sfilandosi dal seggiolino senza strapparsi (altra cosa super-notevole) e, unito al risucchio in sè che stava aspirando Weaver dalla cabina estrasse l'uomo dal seggiolino SR-2... spaccando istantaneamenta la grossa fibbia della cintura ventrale. Quindi il seggiolino di Weaver non uscì dal Blackbird. * contemporaneamente qualcosa (non si saprà mai che cosa) andò a colpire la maniglia di eiezione nel seggiolino di Zwayer, anch'egli svenuto sotto la mostruosa accelerazione, e comincio la corretta sequenza, però involontaria. Il seggiolino fu catapultato fuori mentre era soggetto a forse 12-13 "G" istantanei e la manovra ruppe le vertebre cervicali dell'RSO uccidendolo sul colpo. Ma tecnicamente, la sequenza era stata impeccabile... seppure non voluta da Zwayer. Lo sfortunato aviatore arrivò a terra deceduto, ma senza un ulteriore graffio - il paracadute l'aveva depositato delicatamente dopo la corretta e prevista separazione (automatica) dal seggiolino stesso. (segue)
  11. Questa non la sapevo, grazie per la novità. Cose che se uno volesse rifare facendo andare a posto tutti gli "ingredienti" giusti, non basterebbero un milione di volte a riprovare. Il pennuto che si trova in quel punto di cielo desertico, a 90 metri da terra.. p.s. a me è capitato di vedere un pilota di F-104 sbiancare in volto quando, a pochi passi dal suo aereo che stavano per avviare (avevo potuto entrare privatamente alla base piemontese di Cameri/Veveri, 21° Gruppo, in una giornata operativa) gli ho augurato in assoluta buona fede "Buon volo". Pilota giovane, forse poteva avere 26-28 anni non lo so, ma pensavo che fossero 'superiori' a questo tipo di baggianate. Mi ha guardato preoccupato, mormorando ".. ca**o, adesso vado a piantarmi... niente di più facile..." Cosa avrei dovuto pensare di dirgli, 'buona abbronzatura...' o '... buona visione del film'. Pensavo di essere già all'epoca abbastanza competente in cose d'aviazione (e probabilmente lo ero) ma queste cose mi erano del tutto aliene ... - vediamo come è andata a Bill Weaver, chissà se gli avevano augurato 'Buon volo' prima del decollo dalla Edwards AFB...
  12. mentre mi ricordo, ho menzionato la sola cintura ventrale come ciò che teneva legato Weaver al seggiolino SR-2 (e che è stata spaccata da Weaver stesso uscendo brutalmente dall'abitacolo mentre il seggiolino rimaneva lì dentro) per un motivo ben preciso, le due cinture verticali ("risers") nel Blackbird erano sì cinture di sicurezza, ma erano anche - contemporaneamente - nientemeno che le cinghie stesse del paracadute vero e proprio. Questo era conservato ripiegato nello schienale, ma l'ultimo tratto usciva sotto forma delle due cinture verticali che così facevano un doppio lavoro: 1), erano le cinture che (assieme a quella ventrale) immobilizzavano il pilota durante le normali fasi di un volo, e 2) in caso di eiezione diventavano ciò che reggeva direttamente il pilota al di sotto del paracadute. (segue)
  13. Thanks Fabio, sì è vero, con quell'incredibile aereo si vola senz'altro costantemente sul filo del rasoio... ma che rasoio!!! Senza contare che forse i 50° sono poi diventati quasi istantaneamente 70° o anche 80°, praticamente per un attimo il Blackbird ha viaggiato a quella velocità presentandosi poco meno che in verticale contro 3.400 Km/h. di flusso aerodinamico. Bill Weaver: "... era come una foschia diffusa e biancastra, un sogno ovattato. In quella foschia mi ritrovai a pensare, quasi delirando 'ovviamente DEVE essere un incubo, basta soltanto che mi svegli presto'. Ma riguadagnando coscienza mi accorgevo che non era un incubo... era VERAMENTE successo, e questo era persin più disagevole perchè non potendo essere sopravissuto ad una simile prova... significava che ero morto, per forza. Chi poteva sopravvivere ad un simile incidente? "... Dovevo essere morto. Ma in fondo non era così malaccio essere morto, pensai - non sentivo dolore o panico, appena un distaccato senso di euforia. Poi decisamente e velocemente mi risvegliai e realizzai che NON ero morto e che, in qualche modo, mi ero separato dall'aereo. "Sembrava impossibile, io non avevo affatto cominciato la sequenza di eiezione. Un forte rumore di vento e lo schiaffeggiare quà e là di qualcosa simile a cinghie che sbattevano, mi confermarono che stavo veramente cadendo nel vuoto ma purtroppo il visore del casco a pressione era ghiacciato, e stavo guardando semplicemente uno strato di brina biancastra. La tuta pressurizzata S-901 era gonfiata e pienamente operativa, così ebbi la conferma che la bomboletta d'ossigeno ad alta pressione contenuta nell'emergency kit' agganciato all'imbracatura-paracadute stava fornendo il prezioso gas anche per il mantenimento della pressione di gonfiaggio.. "... anche se sul momento non realizzai il dettaglio, la S-901 oltre a impedire che sangue e tessuti si espandessero a quelle quote stratosferiche mi riparava anche dal vento di volo e dai -65° di temperatura". Weaver era rimasto vivo, probabilmente, proprio perchè NON aveva iniziato volutamente alcuna sequenza di eiezione. Dietro di lui neppure Zwayer l'aveva fatto, svenuto com'era sotto un numero spaventoso di "G" mentre l'aereo si spaccava ma (come si potè poi presumere al 90%) un qualcosa doveva aver estratto per lui la maniglia di espulsione del seggiolino SR-2, e questa manovra - equivalente quindi ad una vera eiezione voluta - gli aveva rotto le vertebre del collo, uccidendolo all'istante. Questo qualcosa era, evidentemente, correlato con l'altro 'qualcosa' che aveva letteralmente risucchiato Weaver dal proprio seggiolino; Weaver aveva veramente spaccato a forza la robustissima fibbia della cintura ventrale che lo legava al seggiolino SR-2, uscendo verso l'alto dall'abitacolo. Quindi: * Weaver, svenuto, era finito nel vuoto mentre il suo seggiolino non aveva mai lasciato l'aereo. * Zwayer anch'egli privo di coscienza, aveva subìto un'involontaria ma effettiva eiezione ad altissimi "G", era stato lanciato fuori ancora ben legato al seggiolino, ma era deceduto. Ma cos'era successo in realtà? (segue... forse domani )
  14. Il 25 Gennaio 1966 il pilota William 'Bill' Weaver e il RSO James 'Jim' Zwayer, entrambi della Lockheed Aviation, erano in volo al di sopra Sud-Ovest degli USA a bordo di un SR-71A "Blackbird" (s/n. 64-17952) con codice di chiamata radio 'Dutch 64', per un volo di collaudo circa alcuni sistemi elettronici - una cosa tutto sommato di routine. Partiti poco prima dalla Edwards AFB in California, si rifornirono da un'aerocisterna KC-135 dopodichè raggiunsero Mach 3.2 alla quota di 78.000', la velocità sarebbe rimasta quella mentre la quota avrebbe dovuto aumentare fino ad arrivare a circa 85.000' (circa 26.000 metri). Ma durante una successiva virata a destra con 30° di inclinazione il turboreattore di destra ebbe una cosiddetta "unstart", la più temuta tra le varie possibili anomalie in volo per un SR-71. Una unstart si verifica nella presa d'aria degli enormi turboreattori/statoreattori J-58 dell'SR-71 Blackbird, quando le onde d'urto viaggianti a velocità trisonica del flusso in entrata non vengono più gestite correttamente dal cono acuminato (inlet cone) di alimentazione, che deve indirizzarle all'interno nel dovuto modo; di colpo, la perdita di spinta si somma ad un'enorme resistenza dinamica nel motore in questione, cosa aggravata ancor più dalla distanza fisica presente tra i due reattori (la spinta propulsiva è, ovviamente, asimmetrica a questo punto - e mica di poco...). Nello spazio di pochi secondi (forse non più di quattro) la somma di diversi fattori: perdita totale di spinta dalla parte destra + tremenda resistenza indotta + l'aereo inclinato a destra di 30°/35° + il centro di gravità spostato all'indietro in modo abnorme, etc. portarono a una micidiale 'derapata' a destra... col muso che si alzava sempre di più. Il Blackbird si trovò in una manciata di secondi a sollevarsi, presentando alla direzione di volo la parte inferiore ampia e piatta - in altre parole, a quasi 3.400 Km/h si trovava col viaggiare infilando nel flusso di volo la fusoliera in posizione di almeno 50° sopra l'orizzonte. Questione di una frazione di secondo in più, e i due uomini stavano svenendo sotto un carico di "G" terrificante. Weaver ebbe il tempo di provare a raccomandare a Zwayer di rimanere lì dentro finchè non raggiungevano quota e velocità più indicate per un'eiezione, pensando che sarebbero morti senza scampo uscendo dall'aereo in quelle condizioni - tuttavia si accorse di non poter parlare e anzi cominciò a vedere grigio, poi un quasi completo "black out". L'ultima confusa occhiata data al cruscotto faceva paura: Mach 3,18 e 78.800' di quota (3.370 Km./h a 24.200 metri). Di colpo a 24 Km. sopra il deserto del New Mexico, e ad una velocità di 935 metri al secondo il Blackbird si spaccò letteralmente, frantumandosi. (segue).
  15. Smersh

    Fuori dall'aereo a 3.200 Km./h

    Stando ad un articolo apparso su 'Air Force Monthly' del Marzo 2000, l'eiezione da un aereo alla maggior velocità di cui si abbia notizia (con dettagli abbastanza precisi) dovrebbe essere dell'Agosto 1981, quando il pilota collaudatore russo Alexander Konovalov azionò il seggiolino KM-1M del MiG-25R che si stava spaccando in volo per via di sollecitazioni aerodinamiche terribili. La sua testimonianza cita l'incidente come avvenuto mentre il MiG-25R 'Foxbat' filava a Mach 2,6 e 18.000 metri di quota; lui si salvò senza riportare seri danni. Quindi in questo caso Konovalov eseguì una precisa eiezione, voluta; ma in assoluto, la maggior velocità e quota di volo per un salvataggio da un aereo rimane senz'altro quella occorsa nel Gennaio 1966 ad un equipaggio di SR-71 che non effettuò una vera eiezione intenzionale (non ne ebbe il tempo nè la possibilità) bensì si ritrovò fuori dall'aereo in circostanze pazzesche. Uno dei due uomini sopravvisse, il collega rimase ucciso nella 'manovra'. L'episodio è meritevole di menzione, anche se già coperto lungo il tempo da articoli su libri e websites. (segue).
  16. Vendo un set completo e in ottime condizioni di Cinghie Ritegno Gambe MBEU - No....... per il seggiolino eiettabile Martin-Baker che equipaggiava i 'Phantom' dell'USAF modello F-4C / D (forse anche l'E, ma non sono certo di questo) - i seggiolini dei Phantom US Navy avevano cinghie leggermente diverse. Articolo per collezionisti abbastanza specializzati, comunque difficili da reperire in set completo e non spaiato, sono funzionanti e complete. Due diverse coppie di cinghie: una coppia per la zona caviglie e una coppia per la zona sotto il ginocchio. Prezzo di Euro 275 più la spedizione (che può cambiare a seconda dell'opzione). L'articolo si trova a Bra (CN).
  17. Grazie dell'informazione Omar conosco l'oggetto, assieme a quella del Su-24 è tra le più "good-looking" come dicono gli angloamericani. Tuttavia non colleziono parti di velivoli per quanto possono essere affascinanti, fin dall'inizio ho voluto fare una scelta di cosa cercare e cosa invece no - una 'regolata' bisogna darsela fin da subito. Ben volentieri un PM, se avrò notizia di appassionati per quella tipologia di oggetti. Grazie. Frank.
  18. Vero. E che dire di quell'aviatore del Bomber Command nella 2° G.M. che precipitò al di fuori di un quadrimotore Lancaster con addosso soltanto l'imbragatura del paracadute - all'interno dell'aereo per motivi di spazio disponibile, il pacco vero e proprio rimaneva a parte. In emergenza (se si era fortunati) lo si agganciava ad anelli appositi situati sulle cinghie verticali della suddetta imbragatura. Lui fu scaraventato fuori (mi pare fosse un mitragliere di coda) senza avere addosso il pacco, ma sopravvisse all'incredibile incidente. Se ricordo bene l'aereo era relativamente basso e lui andò a finire su un bosco di altissimi abeti carichi di neve; i vari "ingredienti" - pesanti indumenti di volo invernali e ben imbottiti + caduta su rami flessibili con sopra uno strato di neve + l'effetto 'trampolino' da un ramo all'altro giù verso il basso + uno strato spesso di neve a terra + un'enorme dose di fortuna, gli permisero di sopravvivere, forse con qualche frattura neppure grave. Finì prigioniero dei Tedeschi ma riuscì a tornare a casa dopo la guerra.
  19. ... e ognuno dei due receivers laterali del casco che alloggiavano le 'baionette' della maschera ossigeno, era fatto da 19 (diciannove) distinte parti. Sembra incredibile ma è così. (fine OT).
  20. Come troppo sovente accade anche in articoli che dovrebbero essere 'al di sopra di ogni sospetto', errori notevoli non mancano. Nessun F-104 di alcun modello (che si presume essere in condizioni operative) ha mai potuto arrivare a 15.000 metri in un minuto, è fantasia. Il favoloso F-15 'Streak Eagle' da record li aveva raggiunti in 1' 17" . L'entusiasmo degli articolisti è ammirevole a volte, ma bisognerebbe documentarsi a dovere. Ovviamente non c'era riuscito l'F-104 appositamente preparato ed alleggerito che nel Dicembre 1958 stabilì alcuni record mondiali (15.000 metri raggiunti in 2 minuti e 10 secondi), nè poteva farlo il modello con la più alta velocità di salita: l'F-104A in servizio esclusivamente al 319th F.I.S. dell'Aerospace Defense Command, una piccola quantità di aerei ri-motorizzati col J-79-GE 19 uguale a quello degli -S Italiani. Questi in alcune prove cronometrate (e in configurazione operativa, sia pure alleggerita al massimo possibile) impiegavano 80 secondi con partenza da fermo, per arrivare a 14.000 metri. Il che è una cosa fantastica, se l'-S operativo impiega gli stessi 80 secondi per arrivare a 10.700 metri. C'è anche da dire che a volte alcuni piloti non esagerano su dettagli che, viceversa, riviste e pubblicazioni varie hanno definito pochissimo probabili o anche impossibili. Lo spinoso argomento della velocità massima, per esempio, è stato sviscerato mica poche volte da molta stampa italiana - ora non so se questa riprendeva, traducendo, le affermazioni di articolisti stranieri oppure no - probabilmente il fatto che Internet non esistesse ancora era fondamentale nel contenere le informazioni ad una quantità (tutto sommato) esigua. Magari non sembrava così visto che a noi (a me, perlomeno) pareva sempre di leggere tantissime cose, ma forse non erano tantissime; più che altro erano poche cose in assoluto, ma 'cucinate' soventissimo e in salse diverse. Un esempio poteva essere il numero di Mach raggiungibile a determinate quote; al tempo, e certamente ancora oggi facevano testo le classiche tabelle di dati tecnici che teoricamente sono 'la verità' poichè il più delle volte compilate traendole dai manuali ufficiali degli aerei. In alcune pubblicazioni si negava tassativamente che l'F-104 potesse raggiungere velocità di Mach 2,4 a quote pur superiori ai 36.000' (11.000 metri), su altre si riportava l'assurda top speed di Mach 2,05 - 2,1 per gli F-104A (!!!) a circa 40.000', su altre ancora faceva testo per TUTTI gli Starfighter ciò che si trova(va) scritto per l'F-104S e cioè Mach 2,21 ad alta quota. Gli episodi che vedevano F-104 toccare punte massime di Mach 2,3 - 2,35 erano bollati come "dubbi" o come "possibili, ma solo in configurazione pulita .." - come se questo non valesse per TUTTI i modelli di aereo in ogni scheda riassuntiva. Velocità di Mach 2,35 sono state regolarmente toccate da F-104C portati da piloti collaudatori, ma anche da quelli di reparto operativo come al 479th TFW del T.A.C. di stanza ad Hahn in Germania, primi anni '60. Il pilota Thomas Delashaw racconta che una volta arrivò a Mach 2,37 mentre accelerava per poi salire in 'zoom climb' e toccare alla cima dell'arco parabolico quasi 28.000 metri (confermati dai radar di terra, visto che l'altimetro di bordo non andava meccanicamente oltre 86.000' cioè 26.300 metri). Alla Homestead AFB in Florida volava l'F-104A nelle file del 319th FIS dell'Aerospace Defense Command dal 1964 alla fine del 1969; nel 1967 una parte di essi (o forse tutti, ma le notizie qui sono contraddittorie) hanno ricevuto il motore -GE 19 uguale a quello che equipaggiava gli -S italiani, e questi "Super Starfighter" (questi sì, davvero super) potevano toccare punte di Mach 2,5 a 45.000' di quota. Sembra incredibile ma vi sono testimonianze di piloti di quell'unità che lo confermano, uno di essi menziona Mach 2,52 a 51.000' per un breve periodo. Un altro cita anche, con dovizia di particolari il volo in crociera da lui effettuato con un collega pilotando due di questi aerei; quota sostenuta 22.200 metri mentre volava a Mach 2 indicati - e corrispondenti in effetti (registrati da terra) a 2.125 Km./h rispetto al suolo. La strumentazione TACAN-MileMeter indicava 190 metri percorsi ogni 1/3 di secondo.
  21. Non mi pronuncio sulle caratteristiche tecnico-elettroniche in quanto tali, che senz'altro saranno state un grande successo tecnologico per epoche come il 1971-72; personalmente parlando della cosa più genericamente come collezionista di caschi da volo, conosco a fondo l'oggetto basico dopo averne avuti per le mani, a rotazione, più di 70 di diversi modelli - e smontati completamente, non so quanti. Quelli più affascinanti per me rimangono sempre i modelli portati in volo da migliaia di aviatori dai primi anni '60 fino a circa metà anni '70 dopodichè l'interessamento decresce bruscamente, e posso affermare una cosa: erano pesanti - erano oggetti sempre troppo pesanti. Le calotte in kevlar tipiche degli HGU-55/P (quelli color grigio, senza coprivisore, leggeri e semplificati che da circa 25 anni sono le calotte standard per alcune varianti) non esistevano ancora, e forse non ci si rende bene conto di quanto pesa alla fine un casco in fiberglass APH-6 dell' USN o HGU-2/AP dell'USAF, in taglia Medium o Large, ancor più se doppio visore. I caschi VTAS I e II portavano in più, gli alloggiamenti laterali per tutta la 'pappardella' dell'elettronica (il sistema VTAS II aggiungeva di suo altri 608 grammi di peso). Le cosidette 'sizing pads' interne erano all'epoca quanto di più banale potesse esistere se paragonate ad un oggetto, diciamo così, "esotico" come appare al pubblico generico: pezzi rettangolari o trapezoidali di cuoio (prima) o finta pelle (dopo) fissati col Velcro alle loro rispettive basi. Queste a sua volta erano incollate col 'Bostick' al rivestimento in polistirolo che foderava l'interno. Il tutto era poco stabile sotto "G" anche moderati; i piloti quasi mai portavano il cinturino sottogola agganciato, per timore di danni gravi alla mandibola in caso di eiezione ad alta velocità (quando invariabilmente il casco vuole andarsene via) e si affidavano alla maschera ossigeno, stretta all'inverosimile. Il casco era libero di ruotare un pò sulla testa e di andare a toccare fastidiosamenre (e anche dolorosamente) il collo con il bordo abbastanza affilato - non c'era all'epoca quell'ottima imbottitura, morbida e arrotondata, bensì solo una guaina di gomma molto scomoda. Quindi alla fine, l'handicap principale per un casco VTAS era il peso totale di questi oggetti. ********************************************************* P.S. solo per curiosità, può essere interessante sapere il numero totale di parti che compongono un casco HGU-26 doppio-visore, tipico dell'USAF anni '70? Sono 104 pezzi...
  22. Lieto di essere utile.. ... c'è da dire che quando il casco VTAS I arrivò sulla scena l'US Navy era alle prese con una serie di problemi riguardanti, più in genere, l'ingombro e il peso dei caschi di volo - all'epoca, come detto prima, si trattava della serie conosciuta come APH-6 e disponibile in configurazione mono- e bi-visiera (A,B,C,e D). Il peso di un casco, inutile dirlo, era sempre eccessivo; sembrava di 'limare' via chissà quante centinaia di grammi tramite modifiche secondarie, ma alla fine la zuppa cambiava di pochissimo. Addirittura, più di un pilota che usava in sperimentazione il VTAS I non si rendeva conto di come un casco potesse spostarsi ruotando, per così dire, sulla testa sotto carichi di "G" anche non eccessivi, se non era (paradossalmente?) proprio l'immagine sulla lente/reticolo in 'shifting' che lo rendeva evidente. Oggi sembrano scemenze visto che si parla, tutto sommato, soltanto di una "banalità" come un oggetto chiamato casco di volo; ma nei primissimi anni '70 l'US Navy si trovò nientemeno che a rivedere la filosofia costruttiva di un casco. La serie APH-6 aveva l'accento messo su "assorbimento da impatto" e "protezione da penetrazione di oggetti contundenti secondari" ed era stata dichiarata (più o meno forzatamente, questo non si sa con precisione) buona per ogni tipo di missione; però adesso bisognava assolutamente interrompere il trend dell'aumento di peso, e lo sbilanciamento, dovuti all'aggiungere sempre qualche accessorio in più. Come 'gapstop' quindi si provò ad usare un'imbottitura interna diversa (form-fitting liner) di diversa concezione e materiale, ma non serviva se non si studiava anche una nuova calotta di casco alleggerita - questo, almeno per i caschi destinati al sistema VTAS. La soluzione alla fine è arrivata, ma ci ha messo del tempo: solo nel Luglio 1974 il casco VTAS II fu ufficialmente riconosciuto e denominato. La sigla HGU-37/P, pochissimo conosciuta anche dai collezionisti indica un casco che unisce un sistema di puntamento molto diverso e migliorato, ideato dalla Honeywell Inc. (Honeywell VTAS II System) alla nuova calotta alleggerita e col suo nuovo 'liner' interno. La ditta fabbricante del casco era la Gentex Co. Le tre parti principali erano: calotta PRK-42/P, imbottitura 'form-fitting' PRK-39/P, coprivisore in fiberglass VRHMU-1826/1825/AVG-8.
  23. (segue) Smith galleggiava, svenuto, a pancia in sù con gli intestini gonfiati al massimo che facevano da salvagente. La sua fortuna fu un'imbarcazione da diporto che passava lì vicino, i cui occupanti sentirono la spaventosa collisione dell'F-100A che impattò l'acqua dietro la barca, non lontano da essa - in pratica nella sua scia, quindi l'aveva mancata di poco... l'onda d'urto spense i due motori (!!!) e sollevò la chiglia fuori dall'acqua. I tre a bordo erano certi di essere stati bombardati per sbaglio da qualche aereo in corso di esercitazioni, tale era stata la violenza di 11 tonnellate di metallo entrate in mare a 1.250 Km./h. Smith fu soccorso e liberato dalle cinghie del paracadute, poi mentre si filava verso Newport Beach la barca incontrò un panfilo di maggiori dimensioni che portò il pilota verso il più vicino ospedale. Smith rimase in coma per 6 giorni, e praticamente cieco per quattro settimane. Gli fu asportata la milza, troppo spappolata, nonchè 5 metri di intestino lacerato - inoltre, reni e fegato avevano anch'essi la loro parte di danni. Ogni articolazione di gambe e braccia era in pratica rotta o slogata. Dopo circa 13 mesi Smith potè tornare a pilotare gli F-100, e questa è la cosa più strabiliante. Anche i rottami dell'aereo furono per la maggior parte recuperati e risultarono d'aiuto nel ricostruire la dinamica e le cause dell'incidente. p.s. Anche se negli anni '90 due piloti di F-15 sono sopravvissuti a due incredibili incidenti con velocità d'uscita anche maggiori di quella di Smith (uno di loro, specialmente), il fatto che sedessero sui super-sofisticati seggiolini ACES II ha senz'altro avuto la sua parte. Quello di Smith potrebbe risultare ben più impressionante per via del paracadute dorsale che i piloti del tempo usavano, e quindi con tempi di reazione e apertura maggiori - più, una serie di altre considerazioni.
  24. A questo punto perchè non raccontare per sommi capi la storia. George Smith, collaudatore civile e 'ferry pilot' per la N.A.A. prelevò un caccia F-100A il 26 Febbraio 1955 per un volo d'accompagnamento ad altri due F-100 che dovevano partire dal Los Angeles International Airport. Per la verità si trattava di un volo 'fuori programma' visto che per lui era giorno di riposo dal lavoro - quindi il cambiamento di programma vedeva lui in abbigliamento 'casual'. Neppure tuta di volo vera e propria; soltanto salvagente, paracadute dorsale, casco + maschera, e guanti di volo, il tutto su camicia e pantaloni 'normali'. Già in fase di rullaggio i comandi di volo ebbero un inceppamento sull'asse di pitch (cabrata/picchiata), poi si sbloccarono e lui potè decollare. L'inconveniente si ripresentò di nuovo mentre Smith virava verso il mare, e di nuovo si risolse da solo; il pilota considerò per un momento il ritorno o perlomeno parlarne con la torre di controllo ma decise di continuare. A circa 10.600 metri di quota sopra Laguna Beach vide finalmente le scie degli altri due F-100 e stava per iniziare la virata per raggiungerli, quando l'inconveniente ritornò ma stavolta si faceva sul serio: l'aereo si mise da solo in picchiata di circa 50° aumentando la velocità. Non c'era modo di raddrizzare il muso, tutto sembrava inchiodato e in pochi secondi Smith si trovava catapultato verso Mach 0,85 e poi 0,9. Da terra e dagli altri F-100 arrivarono frenetici inviti ad eiettarsi, cosa che Smith si decise a fare pur pensando a quanto era sensazionale e ...terrificante la cosa. Il tempo di un ultimo pensiero e un'ultima esitazione, e l'F-100A era già a Mach 1 e la picchiata era di 85° sul mare. Giù in posizione bloccata il pesante visoreesterno del casco P-3. Ancora un ulteriore secondo di tempo e il pilota notò Mach 1,06 e 6.000' (1.820 metri) di quota - poi tirò entrambi i braccioli che facevano partire la sequenza e il tettuccio saltò via mentre un rumore pazzesco gli riempiva la testa. Smith perse conoscenza all'istante mentre urtava il muro d'aria densa alla velocità di quasi 340 metri al secondo. Casco e maschera volarono via danneggiandogli la faccia con ciò che di metallico sbatteva quà e là - occhi quasi strappati via, il naso tagliato di netto dal labbro superiore, orecchie lacerate. L'intestino si gonfiò all'istante per l'aria che entrava a pressione, i guanti si sfilarono istantaneamente assieme ad anello, orologio, scarpe e calze, il salvagente (imprigionato dall'imbragatura-paracadute) non potè sfilarsi intero e quindi si strappò in tante strisce. I vari 'pacchetti' con accessori e torcia elettrica agganciati al salvagente sparirono all'istante, così come la camicia e i pantaloni si ridussero in strisce che sembravano sforbiciate. Il paracadute B-15 riuscì, incredibilmente, ad aprirsi per lo strattone che il seggiolino gli impartì staccandosi dal pilota; all'istante alcuni pannelli di nylon si strapparono e la calotta si ritrovò con una superficie minore, facendo così scendere Smith con un rateo di caduta micidiale. L'ultima 'botta' fu quella con l'acqua, e si aggiunse a tutto il danno precedente.. (segue)
  25. .. approfitto per una dettaglio riguardo all'episodio di cui sopra, Smith si ricordava dei seguenti parametri prima di azionare l'eiezione: quota 6.000' (1.820 metri) e velocità Mach 1,06 (circa 1.200 km./h a quella quota). Ma attenzione, con l'aereo esattamente verticale, a 1.200 Km./h si percorrono circa 335 metri al secondo verso il basso - in pratica, 1 Km. ogni 3 secondi. Questo significa che: * sarà forse trascorso almeno 1,5 - 2 secondi dall'ultima occhiata al cruscotto, al momento vero e proprio dell'uscita all'esterno; * per almeno un altro secondo Smith deve aver viaggiato alla medesima velocità dell'aereo, ovviamente; * dopodichè l'apertura della calotta lo ha rallentato, ma con diversi pannelli di nylon strappati quà e là non può averlo rallentato come doveva, tutt'altro: * quindi, certamente più di 1 Km. è stato ancora percorso da quei (teorici) 1.820 metri notati visivamente dal pilota prima di avere lui appeso all'ombrello del paracadute, il tutto in veloce discesa verso il mare. Infine pilota e paracadute hanno pesantemente avuto il contatto con lacqua - a quale rateo di discesa non si potrà mai sapere, ma la botta decisamente molto violenta ha aggiunto ulteriori lesioni al corpo dell'aviatore. Smith è comunque sopravvissuto.
×
×
  • Crea Nuovo...