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Grazie senza le corazze addizionali appartiene allo STANAG livello 2, con il kit-B si arriva allo STANAG livello 6
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Oshkosh M1070 HET L’oshkosh M1070 rappresenta il trasportatore pesante di carri armati per eccellenza, forgiato e sviluppato durante le guerre del golfo, è tra i più potenti del settore, attualmente superato in potenza e carico dal bielorusso MZKT Volat 175135. Nella Seconda Guerra Mondiale, il trasportatore carri M26 Dragon Wagon fu un notevole passo avanti rispetto ai camion tattici dell’epoca, caratterizzato dalla notevole blindatura, due verricelli da 30 t l’uno e da un motore realizzato ad hoc. L’M26, 6x6 (con un pianale semi-rimorchio M15 da 40 t.), fu utilizzato fino al 1955, anno in cui fu radiato per anzianità di servizio. Fino al 1970 il trasporto di carri armati fu affidato a trattori stradali, grezzamente attrezzati per il fuoristrada, in grado di garantire comunque una minima capacità off-road. Ben presto, la logistica di terra nelle forze armate USA mostrò tutti i suoi deficit, derivati dall’uso dei mezzi non all’altezza delle nuove unità combattenti corazzate di prima linea, la grande varietà di trattori “adattati” senza una comune linea di manutenzione, impieghi e motorizzazioni decisamente inferiori rispetto alla controparte russa. Oshkosh fu incaricata per la produzione di un unico trasportatore a trazione integrale 8x8, migliorando le caratteristiche meccaniche come il telaio rinforzato e adottando un motore più performante dei precedenti. La designazione fu M746 CHET (Commercial Heavy Equipment Transporter), unito ad un pianale semi-rimorchio M747 per il trasporto del carro M60; tale versione fu sostituita dall’M911 nel 1977, ri-motorizzato, trazione 8x6 e con l’asse posteriore sollevabile, creato appositamente per il trasporto dell’MBT M1 Abrams. Sebbene il miglioramento tecnologico fosse notevole e si raggiunse un deciso livello di standardizzazione, restava un veicolo concepito con criteri commerciali, quindi vincolato a terreni battuti e inadatto agli scenari bellici che si andavano creando. Tali carenze furono dimostrate nel 1991 durante la Prima Guerra del Golfo, dove la motorizzazione si dimostrò poco adatta ai climi desertici, causando non pochi problemi durante il trasporto a pieno carico (fu lo stesso motore che equipaggiò l’HEMTT, vedasi articolo dedicato). La richiesta di un veicolo che spiccasse per potenza e attitudine al fuoristrada si fece sempre più impellente, alla quale rispose la stessa Oshkosh con l’M1070. Il progetto iniziò negli anni ’90 trovando nell’US Army il primo finanziatore, seguito progressivamente da tutti gli altri corpi d’armata; entrò in produzione di serie nel 1992 prendendo ufficialmente la designazione A0 HET (Heavy Equipment Transporter). L’ordine di produzione iniziale fu di 1044 unità più un’opzione per ulteriori 522 unità aggiuntive (tale mezzo infatti era chiamato a ricambiare e potenziare la logistica militare americane, oltre a essere il “cavallo da tiro” per eccellenza di tutte le unità corazzate). Le consegne continuarono fino al 2003, per un totale di 2488 veicoli. Nel 2008 Oshkosh si aggiudicò un contratto di 11 milioni di dollari per lo sviluppo della versione A1 dell’HET (con trazione 8x8) e, nel 2009, ulteriori 9400000 dollari per le fasi di test e messa a punto. La fornitura iniziò l’anno successivo con un ordine di circa 1000 unità per 400 milioni di dollari, nel 2011 entrò in servizio attivo raggiungendo le 1591 unità A1 in sostituzione degli HET della serie A0, operative dal 2014. L’M1070, nel 2001, vinse la gara d’appalto britannica per la sostituzione degli Scammel Commander, battendo la concorrenza della Alvis-Unipower. Sviluppato dall’M1070E (con la motorizzazione e meccanica migliorata, adattato ai requisiti legislativi europei sulle emissioni) fu rinominato M1070F HET. La fornitura ventennale venne ( e viene) gestita dal consorzio FASTRAX (Kellogg Brown e Root, Deutche Bank e Oshkosh Truck Corporation) per 92 mezzi e 89 semi-rimorchi, con un costo complessivo di 290 milioni di sterline. Divenne operativo tra il 2003 e il 2004. Fu creata una versione 6x6 destinata all’esportazione, chiamata Global HET, in servizio dal 2012 negli Emirati Arabi Uniti con il semi-rimorchio lanciarazzi jobaria Tiguidensis. Tutte le versioni dell’M1070 possono essere imbarcate su cargo C17 Globemaster III e C5 Galaxy. https://oshkoshdefense.com/variants/m1070a1/ http://www.army-technology.com/projects/oshkosh/ http://www.military-today.com/trucks/m1070a1.htm http://www.military-today.com/trucks/m1070_het.htm https://en.wikipedia.org/wiki/Oshkosh_M1070 http://www.independent.co.uk/news/business/news/fastrax-wins-290m-contract-to-supply-army-with-fleet-of-tank-transporters-9198305.html MOTORE Il primo motore, posizionato anteriormente alla cabina di guida, fu lo stesso dell’Oshkosh M911, un Detroit Diesel 8V-92TA DDEC, architettura V8 con turbocompressore e intercooler, 12100 cc di cilindrata, quattro valvole per cilindro, 450 cv (poi aggiornato a 500cv) a 1800 rpm, 1690 Nm a 2100 rpm, alesaggio 123 mm x corsa 127mm. L’iniezione è elettronica tramite iniettori a bassa pressione. Come accennato si dimostrò mal progettato per operare in ambienti desertici e in condizioni di lavoro gravose, sebbene il propulsore fu ampliamente collaudato in più di una tipologia di veicoli quali l’HEMTT e l’M911. La ri-motorizzazione si dimostrò una scelta obbligata dopo i risultati ottenuti nel Golfo, con l’adozione dell’efficiente Caterpillar C18 Acert sui veicoli A1, F e Global HET. Le specifiche sono 6 cilindri in linea turbodiesel con intercooler, quattro valvole per cilindro, la cilindrata di 18100 cc, 700 cv a 2100 rpm e 2576 Nm a 1300 rpm. L’iniezione gestita tramite centralina ECU con distribuzione common-rail. CATENA CINEMATICA E TRASMISSIONE L’M1070 A0 adotta una trasmissione automatica 5 rapporti + RM Allison CLT754, collegato ad un convertitore di coppia TC496; il differenziale centrale bloccato Oshkosh 55000 ha due velocità di trasferimento. La trazione è integrale 8x8, con l’asse anteriore e il quarto asse posteriore sterzante Rockwell con cono parabolico Hendrickson e molle a balestra. La terna d’assi posteriore è ammortizzata da sospensioni pneumatiche e riduttori Rockwell SVI-5MR bloccabili. Dotato di servosterzo con circuito di governo secondario e pompa di riserva. I freni sono a tamburo a comando pneumatico, le ruote sono tutte dotate di CTIS, con regolazione del gonfiaggio remoto dalla cabina (configurato i quattro modalità: stradale, neve, fango ed emergenza). L’evoluzione A1 fa uso di un cambio automatico 7 marce + RM Allison 4800SP con lo stesso convertitore di coppia, differenziale centrale bloccato a singola velocità Oshkosh 30000 (caratteristica volute al fine di non arrestare il veicolo per il cambio dei valori di coppia). Tutti gli assi hanno subito un upgrade con quattro Axle Tech 5000, la sospensione anteriore aggiornata, i freni restano a tamburo ma sono dotati di ABS e controllo di trazione, le ruote possiedono il CTIS modificato con la quinta modalità (Armatura), la quale adatta la pressione del pneumatico in base all’armatura esterna aggiuntiva. Rispetto all’A0, la catena cinematica è controllata elettronicamente per la diagnostica di tutte le parti soggette a stress meccanico. L’M1070F è simile all’A1, eccezion fatta per il cambio migliorato Allison 4076P e ad un nuovo ripartitore di coppia TC561. Il Global HET si differenzia dai precedenti per la mancanza del quarto asse posteriore (trazione 6x6), pur mantenendo la stessa capacità di carico dei precedenti. Tutte le versioni sono dotate di pneumatici Michelin 425/95R20 o i maggiorati destinati al terreno sabbioso desertico. La velocità massima raggiungibile su strada dell’A0 è di 72 km/h con un’autonomia di 520 Km, contro gli 80 Km/h dell’A1, F e Global HET con un’autonomia di 750 Km circa. La caratteristica elettronica è l’utilizzo di un radar di prossimità Eaton VORAD per visualizzare le zona d’ombra, direttamente collegato agli attuatori pneumatici Rockwell S-Cam Bendix ABS/ATC nei freni. CABINA E TELAIO La disposizione della cabina è la classica americana con il motore avanzato, dotata di 6 sedili ammortizzati pneumaticamente (che insieme all’ergonomia rappresenta una soluzione innovativa nei porta carri americani, consentendo l’alloggiamento durante le lunghe tratte per l’equipaggio del carro trasportato), in alternativa gli ultimi tre possono essere trasformati in brande. Le porte d’accesso sono due. Tutta la struttura, cofano compreso, è corazzata integralmente e potenziabile tramite due livelli (A e B Kit) di blindatura aggiuntiva della Bae System; è conforme alle richieste LTAS (Long Term Armour Strategy) dell’US Army. La struttura è protetta dagli NBC, con sistemi antincendio integrati nelle zone sensibili. Lungo il perimetro possono essere istallati accorgimenti anti-RPG, contromisure elettroniche jammer e, sulla botola centrale superiore nel tetto, è possibile istallare una mitragliatrice da 7,62 mm. Come dotazione standard è prevista l’aria condizionata e un Webasto per i climi rigidi. Esteticamente la scocca dell’A0 si presenta sfaccettata con superfici spigolose e con i fanali frontali sopra i parafanghi anteriori; successivamente in tutte le altre versioni fu adottato un profilo più arrotondato del cofano, meglio raccordato ai parafanghi, con il gruppo fanaleria incassato nel paraurti anteriore; al lato del cofano sono presenti feritoie di raffreddamento schermabili a fronte della nuova motorizzazione. Per tutte le versioni lo scarico è posto superiormente dietro la cabina. Lo chassis è a longheroni in acciaio al carbonio e manganese, trattato termicamente al fine di garantire rigidezza torsionale in condizioni limite. A fianco del mezzo, sotto la cabina e dietro le pedane d’accesso vi sono due cisterne di carburante da 568l e da 379 l, sopra gli assi posteriori c’è una ralla flottante Holland. Nell’intelaiatura posteriore alla cabina sono istallati tre verricelli, di cui due principali DP Manufacturing 55K da 25 t con cavi in acciaio da 51,8m e 25 mm di spessore (con funzione di carico mezzi in panne sul pianale) e uno da 1,3 t DP Manufacturing 3GN, con cavo in acciaio da 6 mm lungo 91,4 m (avente funzione ausiliaria). Le misure della versione A0 sono la lunghezza di 9 m per una larghezza di 2,59 m; altezza di 3,96 m per un peso a vuoto di 18,59 t; capacità di guado di 0,70 m e un’altezza da terra di 0,40 m. Per le versioni A1 ed F la lunghezza aumenta a 9,68 m con una larghezza uguale all’A0, così come l’altezza, l’altezza da terra e il guado; il peso a vuoto aumenta a 20,6 t, 17,3 t per il Global HET. L’angolo di ingresso frontale è di 35° e 54° per l’angolo d’uscita posteriore, con un interasse di 4,13 m x 1,32 m x 1,32 m (4,82 m x 1,53 m per il Global HET). PIANALI SEMI-RIMORCHI Il semi-rimorchio M1000 fu appositamente progettato per il trasporto dell’MBT Abrams, sviluppato dalla Southwest Mobile System e prodotto ad oggi dalla italiana Leonardo DRS Technology. Nel 1989 furono ordinati 1066 unità dall’US Army, raggiungendo le 2600 unità nel 2009. Dispone di 40 ruote 215/75R17,5 su cinque linee d’assi, sospensioni idrauliche stabilizzate, al fine di livellare il carico su terreni disconnessi. Frontalmente, l’aggancio alla ralla è garantito da un collo d’oca avente un paio di ruote di scorta e i rulli di scorrimento per favorire lo slittamento dei cavi dei verricelli del trattore; anch’esso è dotato di sospensione idraulica per l’ammortizzamento del peso scaricato sullo chassis trattivo. Al posteriore, l’accesso al pianale è permesso da due rampe mobili a comando idraulico, Il peso tara è di 22,8 t, con un payload di 60,5 t. La lunghezza totale è di 15,8 m per una larghezza standard di 3,05 m, con la possibilità di espansione a 3,66 m. Come accennato, il Global HET degli emirati svolge il ruolo di trattore d’artiglieria trainando il Jobaria tinguidensis della Jobaria defence. Si tratta di un sistema MRLS progettato in collaborazione con la Rocketsan, con 10 ruote su cinque linee d’assi e sei stabilizzatori idraulici estensibili. I lanciarazzi sono a comando remoto e orientabili, 4 stazioni da 3 celle ciascuno, ognuno con 20 razzi per un totale di 240 razzi da 122 mm e una portata massima di 37 Km. L’alimentazione elettrica dei sistemi di puntamento, comunicazione e lancio sono indipendenti tramite gruppi elettrogeni corazzati, uniti alla cabina di comando e controllo corazzata e schermata da NBC, consentendo la continuazione delle operazioni con l’unità motrice a motore spento. Il tempo di ricarica completo delle quattro stazioni lancio è di circa 30 minuti. http://www.military-today.com/artillery/jobaria.htm http://www.leonardodrs.com/products-and-services/m1000-heavy-equipment-transport-semi-trailer/
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esatto, 76 nodi dalla V6002
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Intercettore classe Levriero “Poi arrivarono le 6000, le classi Levriero. Altra storia! Era come inseguire in Maserati GT4.” È con una citazione del giornalista Giuseppe Scarpa che introduco l’articolo sugli intercettori della classe levriero, unità in dotazione alla Guardia di Finanza e la più veloce in Europa, disegnata dalla penna dell’ingegner Fabio Buzzi. La lotta al contrabbando e ai traffici illeciti via mare ha subito evoluzioni tattiche e tecniche notevoli nel corso degli anni. Alla fine degli anni ’70 la flotta da inseguimento della GdF non poté competere con i monoscafi ad alte prestazioni dei contrabbandieri, vanificando tutte le tecniche in uso per l’arresto e l’abbordaggio. La svolta arrivò con il sequestro di un’unità veloce costruita dai cantieri navali Italcraft, su disegno del grande Renato “Sonny” Levi. Fu riconvertita al ruolo di intercettore, da cui prese il via la dinastia V4000 Drago. Rispetto a tutti gli altri motoscafi si distinse per i materiali di costruzione all’avanguardia, l’uso della carena a V profonda, i motori derivati dalle competizioni velocistiche (capaci di spingere a 50 nodi, contro i 40 nodi dei motori a benzina del tempo) e l’uso di eliche di superficie supercavitanti. Furono realizzate 12 unità uguali alla Drago e costituirono la punta di diamante degli intercettori veloci italiani degli anni ’80, 8 delle quali cedute poi all’Albania in ottemperanza degli accordi bilaterali contro in narcotraffico. L’enorme riserva di potenza e velocità pagava il prezzo di una scarsa mobilità, fattore che tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 le rese obsolete, rispetto ai nuovi scafi della controparte, limitando le possibilità di cattura alle durante operazioni di scarico della merce. I motori Isotta-Fraschini che equipaggiavano le Drago necessitarono di troppa manutenzione, i problemi di raffreddamento con l’uso in full power (costante e necessario negli ultimi anni operativi) era ridotto a soli 5 minuti, pena la fusione delle bronzine e la rottura delle bielle. Le casse di compenso dovettero essere asportate per far posto a taniche da 10 l, soluzione che risolveva solo in minima parte il problema. In loro sostituzione arrivarono le V5000, molto più performanti, costruite dai cantieri Moschini s.p.a., con l’adozione di 2 motori da 1500cv l’uno, l’istallazione di elettronica migliorata e di una mitragliera MG da 7,62mm (oltre all’armamento individuale), consentirono qualche anno di supremazia. Per sopperire all’evoluzione degli inseguitori, i narcotrafficanti utilizzarono tecniche di osservazione e comunicazione a terra degli spostamenti, con l’istallazione di vere e proprie stazioni di controllo occultate, in grado di guidare i motoscafi lungo corridoi sicuri e di orchestrare le operazioni di sbarco della merce. La GdF rispose con la contro-guerra elettronica, ma dovette misurarsi con nuovi motoscafi dalla potenza impressionante, capaci di superare i 50 nodi con 7 t di carico a bordo (escluso il personale), prora rinforzata in acciaio ed eliche di superficie supercavitanti. Le classiche tecniche di arresto tramite cime multi-spessore in kevlar fu reso vano dalla potenza dei mezzi, costringendo gli intercettori ad aumentare il lavoro di squadra e ad utilizzare come cime d’arresto le corde con l’anima in acciaio utilizzate come portanti per le reti a strascico; anche con l’uso di queste soluzioni, i motoscafi contrabbandieri fecero comunque diverse centinaia di metri con le cime sulle eliche prima che gli invertitori andassero in avaria. Quella che venne a crearsi negli anni ’90 tra le veloci dei contrabbandieri e le V5000 furono letteralmente duelli “all’arma bianca” basati su abbordi, speronamenti, giochi di traiettorie, cime d’arresto, flash accecanti e radar, con una differenza di 3-5 nodi l’una dall’altra. Tra il 1999 e gli anni 2000 furono presentati due prototipi per sostituire le V5000, entrambi realizzati dalla FB Marine; il prototipo vincitore fu il V6000, capostipite della classe levriero, successivamente destinata (e tutt’ora operativa) a ruoli di addestramento presso la Scuola di Alta Qualificazione della GdF. L’unità di pre-serie sviluppata dalla V6000 fu il V6001, modificato con una lunghezza maggiore, nuove sovrastrutture sopra il ponte di coperta e l’adozione di una plancia chiusa, nuova motorizzazione e con una maggiore capacità di tenuta a mare; per tale scopo infatti fu ibridata con le soluzioni tecnologiche della FB55. Anche quest’ultima è tuttora utilizzata per ruoli addestrativi. Le Levriero di serie partirono dalla V6002, ulteriormente modificata dalla V6001, prodotte dai cantieri Intermarine di Sarzana in 12 esemplari a partire dal 2001. A tutt’oggi, come accennato, rappresentano le unità più veloci in acque territoriali europee, capaci di velocità superiori anche di 20 nodi (in situazione di mare favorevole) rispetto ai motoscafi contrabbandieri, la quale gli conferisce la denominazione di vedetta velocissima. http://www.gdf.gov.it/chi-siamo/organizzazione/specializzazioni/comparto-aeronavale/servizio-navale/chi-siamo/flotta-navale/unita-navali-storiche/vedetta-veloce-v.4000-201cdrago201d http://www.altomareblu.com/gdif-contrabbandieri/ CARENA E STRUTTURA La classe Levriero identifica tre modelli differenti di cui un prototipo (la V6000), la pre-serie (V6001) avente soluzioni tecniche differenti e le unità di serie (dalla V6002 alla V6012). La V6000 presenta uno scafo planante con geometria a V profonda, con lunghezza fuori tutto di 14,2 m, larghezza di 2,75 m e un pescaggio di 0,8 m, con un dislocamento complessivo di 8,9 t. La prua ha un profilo affilato, nella parte centrale poppiera dello scafo sono presenti due redan per il convogliamento dell’aria in fase di planata e la riduzione del fenomeno di delfinamento dell’imbarcazione ad alte velocità. In funzione delle eliche di superficie, la poppa segue un profilo a cappello, sotto del quale sono presenti (nei lati esterni) due stab pneumatici, necessari al fine di contro-bilanciare l’instabilità nel rollio causato dai redan. Essi sono direttamente gestiti tramite una centralina, la quale funziona in simbiosi con la manetta e con la barra del timone. È presente un singolo timone ordinario con perno sacrificale ripristinabile direttamente in acqua, il quale evita la formazione di crepe sullo scafo derivate dal rientro della pala, mantenendo comunque la sua funzionalità in caso di collisione (brevetto FB). L’unità presenta un profilo ispirato alle gare off-shore, aperto superiormente con pozzetto plancia centrale munito roll-bar e di 4 posti su sedili FB Tecno anatomici da gara, ammortizzati con corsa di 12 mm. Al fine di risparmiare peso non possiede sistemi autonomi di ancoraggio sul gavone di prora, dietro dei quale risiedono i serbatoi auto-stagnanti. Dietro il pozzetto di plancia è presente la presa d’aria del gruppo propulsori, la quale funge da supporto per il radar e le antenne. Gli scarichi dei motori sono sdoppiati carenati, raccordati alla presa d’aria migliorando esponenzialmente il coefficiente aerodinamico, nel mezzo dei quali vengono alloggiati i respingenti per l’attracco al molo. Nella passerella di poppa, nel cassettone centrale, vengono alloggiate le cime rinforzate d’arresto. Il ponte è completamente liscio, fatta eccezione per la botola d’ispezione della sentina e della manutenzione. Tutte le sovrastrutture sono realizzate i kevlar mentre tutto lo scafo è realizzato a strati di vetroresina e legno di balsa. La V6001 eredita dalla precedente il profilo dello scafo, tranne per la prua più massiccia a fronte di una maggiore tenuta a mare (studiata per mantenere velocità di punta con mare forza 4) e i due stab pneumatici maggiorati; aumentano le dimensioni per una lunghezza di 16,41 m, larghezza di 2,84 m, pescaggio di 1,21 m per un dislocamento complessivo di 12,7 t. presenta un rialzamento delle murate e l’inserimento nel ponte lungo il perimetro di due tientibene in corrispondenza dei masconi di prora e al giardinetto di poppa (carenati in prossimità della poppa); non vi sono continuità a prua e a poppa. La differenza più notevole risiede nella plancia di comando, non più aperta ma inserita dentro una tuga incassata al centro dell’imbarcazione, ad accesso posteriore. Gli scarichi non più carenati sono spostati sotto la linea di galleggiamento in funzione del sistema trimax®, che descriverò in seguito. Il ponte resta piano fino alla poppa, dove spicca la presa d’aria dei motori, dietro la quale vengono stivati i cavi d’arresto sul cassettone. Sul tetto della tuga sono istallate le antenne radio e il radar; tutte le attrezzature quali respingenti e cime sono stivate all’interno della carenatura laterale della tuga. Sono mantenute tutte le dotazioni interne della V6000, compresi i 4 posti a sedere per gli operatori. un’altra grande differenza rispetto alla Levriero capostipite è la scelta dei materiali: utilizza un’anima in legno di balsa e una laminazione multistrato di vetroresina e stuoie di kevlar. La V6002 e successive mantengono i tratti estetici della V6001, modificando però la prora non più a punta affilata ma dotata di anti-stuff o “becco a papera”, soluzione brevettata dalla FB Marine per consentire l’uscita dall’onda della prora in caso di eccessive ingavonate ad alta velocità. Le dimensioni restano invariate ma aumenta di dislocamento a 15,8 t. Il ponte di prora mantiene la doppia botola d’ispezione ma aggiunge una pinna in prossimità del tagliamare. La tuga resta inalterata ma viene riportata una contro-plancia esterna rialzata nel retro superiore del portello d’accesso; è istallato un roll-bar esterno che funge anche da traliccio per l’apparato radar e le antenne. Ciò deriva dall’esplicita richiesta della GdF dopo l’esperienza maturata con la V6001. La presenza della contro-plancia ha costretto lo spostamento dell’attrezzatura di utilizzo dietro la presa d’aria d’alimentazione poppiera. La parentela tecnologica con la FB55 (produzione FB Marine) ha permesso l’applicazione del procedimento costruttivo Structural Foam Injection®, nel quale lo scafo viene totalmente schiumato in sei diversi volumi generati dalla struttura longitudinale, consentendo l’innaffondabilità dello stesso. In caso di urti gravi risulterà sufficiente ripristinare la schiuma di riempimento e procedere alla riparazione della Kevlar-vetroresina esterna. L’uso di un gruppo motore e trasmissione aggiuntivi ha permesso l’istallazione di un terzo stab pneumatico centrale e di un secondo timone ordinario. http://www.naviecapitani.it/Navi%20e%20Capitani/gallerie%20navi/Polizia%20e%20sicurezza/scheda/GDF/V%206000.htm http://www.altomareblu.com/scuola-nautica-guardia-di-finanza/ http://www.fbdesign.it/r-d http://www.gdf.gov.it/chi-siamo/organizzazione/specializzazioni/comparto-aeronavale/servizio-navale/chi-siamo/flotta-navale/unita-navali-operative/vedette/vedetta-velocissima-v.6000 APPARATO DI PROPULSIONE La V6000 era mossa da tre motori entrobordo 6 cilindri in linea turbodiesel 4 tempi Seatek NAVY serie 9000, ognuno con 10000 cc di cilindrata, 660 cv a 3100 rpm, alesaggio 127 mm x corsa 135 mm. L’iniezione diretta e raffreddamento a circuito aperto ad acqua di mare, 4 valvole per cilindro. La V6001 fu motorizzata con tre Seatek 6-4V 10d, sempre entrobordo, turbodiesel a sei cilindri in linea, cilindrata di 10260 cc e una potenza massima erogata di 750 cv l’uno a 3100 rpm, alesaggio 127 mm x corsa 135 mm. Il raffreddamento non più aperto ma a circuito chiuso tramite fasci tubieri e cassa di compenso, piastre di scambio termico in titanio, presa a mare a comando diretto del motore. Iniezione diretta gestita tramite centralina ECU e pompa carburante Bosch RP21, 4 valvole per cilindro, due alberi a camme in testa per bancata. La sovralimentazione è tramite turbo-compressore Schwitzer raffreddato ad acqua, con intercooler e valvola waste-gate; il collettore di scarico è raffreddato ad acqua. La V6002 utilizza gli stessi propulsori della V6001 ma con l’aggiunta di un quarto motore. Sia la V6001 che la V6002 a seguire, possiedono un pre-riscaldatore per i motori che funge anche da disappannante per la vetratura interna della plancia. In tutte le Levriero, i motori sono in linea d’asse; ognuno accoppiato con un invertitore/riduttore a due marce a comando manuale ZF 312TS. La gestione del cambio e della manetta motore avviene elettronicamente, separando la manetta di accelerazione dal pulsante di selezione e innesto delle marce, al fine di ottenere una protezione aggiuntiva nell’inserimento errato dei rapporti; soluzione inedita nelle imbarcazioni militari veloci. Sullo stesso quadro comandi vi sono gli interruttori per il pre-riscaldatore e lo switch per la funzione sincronizzata dei propulsori. Il collegamento alle eliche supercavitanti di superficie (a 5 pale per quelle esterne ed a 6 pale per quelle interne) in acciaio è affidato alla trasmissione ZF Trimax 22001. Il numero di eliche varia da 3 per la V6000 e V6001, a 4 per tutta la serie V6002 e successive. Per sopperire all’eccessiva richiesta di coppia delle eliche di superficie alle basse velocità (condizione di lavoro completamente immersa, senza l’uso di martinetti idraulici nei bracci di trasmissione come sulla V6000), e quindi al surriscaldamento dei motori, le Levriero V6001, V6002 e successive adottano il sistema Trimax®, il quale canalizza aria e gas di scarico dei propulsori verso il dorso delle pale, causando un alleggerimento della coppia richiesta dovuto alla ventilazione artificiale delle eliche. A livello di prestazioni, la V6000 raggiunge i 63 nodi, la V6001 i 68 nodi, entrambe con un’autonomia di 250 miglia nautiche a 45 nodi. Dalla V6002 si raggiunge la velocità di 76 nodi, con un’autonomia di 320 miglia nautiche a 45 nodi. SISTEMI DI NAVIGAZIONE L’imbarcazione dispone di apparati radio CB, UHF e HF, GPS e radar. Quest’ultimo è di tipo MARPA, per il monitoraggio, rilevamento e prevenzione delle collisioni in mare. Il tracking può essere effettuato automaticamente o manualmente, con rielaborazione della distanza, velocità del bersaglio, CPA (punto di massimo avvicinamento) e TCPA (tempo di massimo avvicinamento). Il controllo del MARPA è affidato a due postazioni, nella plancia in cabina e nella contro-plancia esterna (solo per la V6002). APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO Al fine di risparmiare peso e con l’uso di tecniche d’arresto basate su cime con l’anima in acciaio, tutte le Levriero non sono dotate di equipaggiamento bellico, al di fuori della dotazione personale della Guardia di Finanza.
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Combat Boat 90H Nel mondo nautico bellico, i concetti di polivalenza e modularità hanno conosciuto un notevole sviluppo e, molto spesso, questi termini sono abusati nelle descrizioni di unità minori, ad eccezione di poche imbarcazioni. Una di queste è la Combat Boat 90, forte del successo tattico e commerciale consolidato in molti paesi in tutto il mondo, ha saputo incarnare al meglio la definizione di polivalenza. Nel 1988 la società Dockstavarvet svedese avviò lo studio (su commissione della marina svedese) per un’unità leggera che potesse sostituire la classe Tpbs 200. La richiesta fu di un’imbarcazione che sapesse unire le caratteristiche di un pattugliatore veloce con quelle di una unità di supporto al fuoco, sbarco e Combat SAR, adattabilità a qualsiasi ambiente acquatico (fluviale, lagunare e marittimo), un certo grado di protezione e la predisposizione multiruolo dipendente dalla dotazione istallata (dal comando e controllo al soccorso medico e anti-incendio). L’anno successivo vennero prodotti due prototipi, successivamente confermati, in un ordine di 120 esemplari nel 1990. La versione prodotta in serie prese la denominazione di 90H, dove la H sta a significare mezzo plotone di fanteria anfibia (Half pluton) composto da 21 uomini completamente attrezzati, trasportabili internamente. La possibilità di sviluppo della CB90 portò alla creazione della 90HS, ordinata in 27 esemplari nel 2002 sempre dalla marina svedese (le cui caratteristiche saranno elencate in seguito). Nel 1996 la marina norvegese commissionò 20 imbarcazioni create con particolare specifica tecnica, sotto la nomenclatura 90N (Norsk utgave). La crescente popolarità di questa patrol boat arrivò anche in Messico, la cui marina ne commissionò 40 unità 90HEX tra il 1999 e il 2001, ottenendo la licenza di produzione in patria per ulteriori 8 esemplari. Le CB90 furono noleggiate dalla polizia marittima tedesca per il pattugliamento durante il trentatreesimo G8 di Heilingendamm e equipaggiano la classe Berlin come unità di rifornimento. Fu inoltre soggetta a valutazione e studio da parte del Navy Expeditionary Combat Command americano in 2 esemplari, per un costo di 2,8 millioni di dollari, nel 2007 a uso fluviale. Successivamente nel 2010 furono acquistate in 18 unità rinominate Riverine Command Boat, in servizio presso la quinta flotta dell’US Navy nel Golfo Persico. Nel 2011, i Royal Marines britannici chiesero in prestito 4 CB90 alla marina svedese in luogo a una cooperazione bi-laterale sull’evoluzione e lo studio delle unità anfibie. Fu sottoposta a test di valutazione per qualche mese dove furono studiate e messe in pratica nuove tattiche di sbarco a terra; furono effettuati ulteriori test fino al 2013 per lo sviluppo di nuove unità costiere adattando le CB90 ad essere calate da unità d’altura. Altri clienti esteri furono la Grecia con 3 unità, la Malesia con 5 90H, 2 esemplari di 90H furono commissionati da un armatore di Abu Dhabi e allestiti al pari dei lussuosi yacht nel 2009. Gli incidenti più noti che coinvolsero le Combat Boat 90 furono lo schianto in un molo in cemento avvenuto nel 1999 dell’unità appartenente al 2° regg. artiglieria costiera svedese, a 30 nodi, ferendo la totalità dell’equipaggio. Nel 2004, due unità navigavano ad alta velocità con formazione a convoglio quando la perdita di potenza dell’imbarcazione di testa causò lo speronamento da parte dell’unità di coda, causando 2 morti, di cui uno per le gravissime lesioni. La notte del 23 ottobre 2006 fu dichiarato l’affondamento di una CB90H mentre navigava a velocità di crociera; le condizioni di mare mosso allagarono la prua facendola affondare in 10 minuti, nessun ferito tra i 16 operatori a bordo. Il 29 maggio 2010 ci fu un incendio nella sala macchine durante un’esercitazione a Roslagen, un ufficiale riportò ustioni di secondo grado. Il 5 ottobre 2014, un’unità fu dichiarata dispersa dopo una violenta tempesta; fu rilevata a 57 miglia nautiche al largo delle isole Labuan dalla motocannoniera classe Jerung, nessun ferito ma riportò danni alla timoneria e all’apparato motore. Il 12 gennaio 2016 due Riverine dell’US Navy furono prese in custodia con tutto l’equipaggio dalla marina iraniana con l’accusa di violazione delle acque territoriali iraniane; dopo il clamore della notizia in America, sia l’equipaggio che le imbarcazioni furono rilasciate qualche giorno dopo. https://en.wikipedia.org/wiki/CB90-class_fast_assault_craft http://www.naval-technology.com/projects/combatboat90/ http://www.militaryfactory.com/ships/detail.asp?ship_id=Combat-Boat-90-CB90 http://ukarmedforcescommentary.blogspot.it/2011/05/royal-marines-cb90-and-future-patrol.html http://www.dockstavarvet.se/products/combat-and-patrol-boats/combat-boat-90-h/ http://www.royalnavy.mod.uk/news-and-latest-activity/news/2013/february/20/130220-royal-marines-host-swedish-counterparts CARENA E STRUTTURA Le caratteristiche fluviali unite al ruolo di sbarco sotto costa, hanno portato alla forgia di una carena planante da un pescaggio ridotto di 0,8 m; la lunghezza fuori tutto è di 15,9 m per una larghezza di 3,8 m. Tutto lo scafo è in alluminio, dotato di corazzatura esterna base da 18 mm. Il corpo massiccio della struttura, il peso contenuto uniti alla carena permette un’ottima tenuta al mare ed è attrezzato per effettuare atterraggi forzati su spiagge. Sono presenti due appendici a poppavia dello scafo in corrispondenza degli idrogetti semi-canalizzati, con il ruolo di stabilizzatori; ciò permette di effettuare virate strette ad alte velocità, mantenendo l’assetto senza ingavonare; a velocità di crociera svolgono il ruolo attivo di alette antirollio. La prora è la parte più caratteristica dell’imbarcazione: a differenza dei normali monoscafi a tagliamare, presenta due gavoni distinti corazzati con due paratie stagne; tale geometria va a comporre una passerella centrale che mette in comunicazione i locali centrali interni con l’esterno, dalla larghezza sufficiente al passaggio di un singolo uomo. L’accesso alla passerella avviene tramite una pedana richiudibile ermeticamente sopra l’opera viva. Nella parte superiore, due portelli chiudono la passerella e forniscono (aperti) protezione agli operatori in fase di avvicinamento allo sbarco. Questa soluzione consente il recupero in situazioni d’emergenza consentendo la massima protezione disponibile, anche in posizioni di approdo svantaggiose. La tuga realizzata anch’essa in alluminio è incassata nel castello prodiero con vetratura antiproiettile e ad accesso tramite portelloni laterali, sopra la quale è collocata la suite elettronica. La parte centrale del ponte dispone di un’intelaiatura ad anello per l’istallazione di armi e agganci per stivare carico addizionale come casse portamunizioni e taniche di carburante. L’accesso alla sezione centrale avviene tramite un boccaporto, nella quale trovano posto a sedere 21 operatori completamente equipaggiati. Sul ponte di poppa, ci sono due passerelle laterali per lo scivolamento in mare dell’equipaggiamento bellico (che descriverò in seguito) e le prese d’aria della sala macchine. Lo specchio di poppa è dotato di pedana e intelaiatura di servizio. Ai bordi della parte centrale e poppiera i tientibene assicurano protezione durante le accostate rapide, un ulteriore supporto tubolare è posizionato a fronte della tuga. Nella parte superiore delle murate centrali vi sono 3 oblò rettangolari per lato, per l’illuminazione del locale centrale. L’ancora Danforth si trova a poppa dell’imbarcazione, consentendo il recupero frontale da terra. La plancia di comando ospita due posti (timoniere e comandante) su sedili ammortizzati, e un tecnico motorista. Il dislocamento standard è di 13 t, mentre quello a pieno carico arriva a 20,5 t. Mentre la Combat Boat 90H possiede le caratteristiche sopra elencate, la 90HS svolge il ruolo di peace-keeping nella zona mediterranea. Differisce dalla prima per l’aggiunta di pannellature blindate e protezioni NBC, tra cui tutti i locali soggetti ad una leggera sovra pressione interna. Inoltre possiede un sistema di refrigerazione del carburante e un climatizzatore migliorato, adattandola ai climi tropicali; dispone di generatore ausiliario d’emergenza, motori aggiornati in potenza (per sopperire ad un aumento di dislocamento di 3,5 t) e alloggi più confortevoli per l’equipaggio. La sotto versione chiamata 90HI (International) adotta il livello di protezione STANAG 4. Dalla 90H fu creata la 90L destinata al compito di comando e controllo a livello di battaglione, grazie ad un più potente generatore ausiliario e ad apparecchiature informatiche ed elettroniche più performanti. La 90KompL possiede le caratteristiche della 90L, ma le computerizzazioni sono tutte portatili, per azioni di breve durata; si caratterizza per la presenza di un generatore ausiliario sul ponte centrale. Una 90H fu dotata della marina svedese di camera iperbarica interna, mentre altre furono disarmate e convertite in motovedette, istallando brande e alloggi aggiuntivi sulla parte centrale. Come accennato in precedenza, la 90N fu creata “a misura” della marina norvegese, con un armamento diversificato, un salpa-ancora motorizzato a poppa, un ponte più alto al fine di aumentare la capacità della zona centrale (consentendo al personale imbarcato la postura eretta), un bagno in più e la capacità di conversione a unità ambulanza. La 90NL fornisce la capacità di comando e controllo anche alle imbarcazioni della serie N. la 90HEX costituisce un incrocio tra la serie H ed N, destinata all’export per la marina messicana, malese e alla guardia costiera ellenica. APPARATO DI PROPULSIONE La propulsione è affidata a due motori in linea d’asse, paralleli e simmetrici; V8 diesel quattro tempi bi-turbo con intercooler Scania DSI14, ognuno avente 14200 cc di cilindrata, 643 cv a 2100 rpm, successivamente aggiornati a 750 cv a 2200 rpm. Il raffreddamento avviene tramite fasci tubieri e cassa di compenso con scambiatori acqua dolce/acqua di mare, la pompa della presa a mare è studiata per pompare anche la sabbia, garantendo al propulsore un funzionamento d’emergenza a secco per brevi periodi. La distribuzione è a teste singole tramite aste e bilancieri, quattro valvole per cilindro e iniezione ad alta pressione Scania PDE. Al fine di aumentare la resistenza, particolare attenzione è stata posta nella lubrificazione a due stadi, tramite un filtraggio centrifugo. Il limitato consumo di olio durante il lavoro continuato è dovuto al sistema Scania Saver Ring, inserito in ogni singolo cilindro. Tutta la componentistica meccanica è modulare e intercambiabile con tutta la linea dei motori Scania civili e industriali, in modo da semplificare la manutenzione e offrire una piattaforma resistente e collaudata. Dispone di SCR ed EGR per la riduzione delle emissioni (EURO 5). Due riduttori trasmettono la coppia a due idrogetti Rolls-Royce Kamewa FF parzialmente canalizzati, con corpo collettore in alluminio con apparati di spinta e direzione in acciaio inox, progettato per la bassa emissione di vibrazioni. La manovra è affidata ad un inversore di spinta a comando idraulico. L’apparato di propulsione permette una velocità massima di 40 nodi, per un’autonomia di 240 miglia nautiche a 20 nodi (velocità di crociera). Fonte: dati forniti da Rolls-Royce Kamewa PDF Fonte: moteurs-industriels-16-litres-documentation-technique.PDF SISTEMI DI NAVIGAZIONE La navigazione è gestita attraverso radio CB, HF e UHF, radar e GPS incorporato nel pilota automatico. La 90N dispone di un sistema di navigazione GPS migliorato, fornito dalla Kongsberg Seatex AS APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO La 90H dispone di tre mitragliatrici da 12,7mm Browning M2HB, di cui due gemelle poste a proravia sul lato dritta, mentre la terza è brandeggiabile manualmente da un operatore sull’intelaiatura anulare sul ponte centrale. Le 12,7 mm binate sono a controllo remoto all’interno della plancia di comando tramite controlli di elevazione, a gestione del timoniere, sostituibili con un lanciagranate Mk19 da 40 mm. Lungo il ponte posteriore, come accennato, dispone di corsie sulle quali può far scivolare mine navali o cariche di profondità per un massimo di 2,8 t (4 mine o 6 cariche di profondità). Inoltre, su apposite torrette, permette il lancio (designato a laser da terra) di un missile RBS 17 SSM. Lungo il perimetro dell’imbarcazione, sui tientibene, è possibile istallare quattro mitragliatrici leggere da 7,62 mm. La 90N differisce per l’adozione di una singola mitragliera da 12,7 invece che tre. Nel 2004 la marina norvegese condusse una serie di test per valutare l’efficacia dei missili Hellfire imbarcati, montati su affusto stabilizzato Protector 151, inoltre la mitragliera frontale fu resa mobile tramite un giunto cardanico, e dotata di sistemi di puntamento quali designatori laser, videocamera diurna e infrarossi. Gli Hellfire imbarcati nella 90N, attraverso la sensoristica più avanzata di puntamento, possono essere lanciati senza l’utilizzo di designatori a terra. Nelle prove effettuate dall’US Navy, furono eliminate le mitragliatrici frontali e, utilizzando l’alimentazione elettrica tramite connettori, fu permessa l’istallazione e l’uso di Minigun a canne rotanti M134D. nel ponte centrale sono presenti 4 punti di fissaggio per altre quattro M134D e un RWS dietro la cabina. Come la 90H inoltre può montare anche un lanciagranate Mk19 da 40 mm. La marina svedese nel 2006 ha assegnato un contratto per lo sviluppo e produzione di due prototipi, dotati di torretta mortaio a retrocarica AMOS sul ponte centrale. La costruzione fu affidata alla BAE System e consegnato ai primi mesi del 2011. L’AMOS, sviluppato in joint venture tra la Patria Vammas finlandese e la Hagglunds svedese è un mortaio binato da 120 mm, lo stesso che equipaggia i ruotati Patria e i Piranha, dispone di caricamento totalmente automatico e di giro-stabilizzazione della bocca di fuoco. Progettato per un’alta cadenza di fuoco di 26 colpi al minuto con gittata di 10 Km anche in movimento, programmabile per l’impatto simultaneo MRSI, ad alzo 0 può svolgere anche la funzione di cannone a corto raggio. La marina malese commissionò alcune 90H dotate di cannone da 125 mm montato su torretta PT91, con caricamento automatico e a comando remoto dalla timoneria.
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Intercettore SMC Type II Il crescente impegno della Marina della Repubblica di Singapore (RSN) nella lotta contro la pirateria richiese un numero di uomini e mezzi notevole, in supporto alle linee di comunicazione commerciali privilegiate con la Malesia e l’Indonesia come le acque adiacenti allo Stretto di Malacca, le isole di Pedra Branca nel mar cinese e nel Golfo di Aden nel Corno d’Africa. Fu inoltre tenuto conto delle carenze nella cosiddetta difesa stratificata del paese, dove le classi PT di seconda e terza generazione (classe Stingray 18WJ) si dimostrarono inefficaci per la gestione del grande traffico marittimo nei porti del paese. Si palesò la necessità di piattaforme navali che sapessero integrare le migliori tecnologie di sorveglianza delle classi superiori e di occultamento, ma che potessero esprimere prestazioni di riguardo a livello degli intercettori di origine straniera. Lo studio di una soluzione coincise con le ricerche americane-israeliane su imbarcazioni semi-sommergibili, commissionato dall’NSW dal 1995, destinate all’inserzione di unità speciali in territori ostili, sia in ambientazione fluviale, sia lungo la linea costiera. Nel 2003 venne realizzato il prototipo Alligator, successivamente utilizzato da Israele. La ST Marine di Singapore, in collaborazione con l’americana Oregon Iron Works (creatrice dell’Alligator), utilizzò il know-out tecnico per avviare lo studio in madrepatria nel 2003 di un intercettore stealth altamente manovrabile con capacità semi-sommergibili. Da questo punto i risultati degli studi si divisero, in quanto l’NSW evolvette il concetto come un supporto da sbarco per le Special Forces, disarmato, la cui unica difesa fu la massima occultabilità; tale evoluzione si tradusse nella Sealion. La soluzione maturata dalle esigenze dell’RSN portò ad un miglioramento del concetto espresso dall’Alligator e, nel 2008, venne creata la prima SMC Type I (Specialised Marine Craft). presentata nello stesso agosto in concomitanza della parata del Giubileo d’Oro. Entrò in servizio attivo nel 2009 in due esemplari concludendo le fasi di test operativi sul campo. Migliorie apportate al Type I portarono alla creazione della Type II, ordinata in sei esemplari entro la fine del 2017. La straordinaria efficienza delle SMC portò l’RSN a radiare tutte le motovedette e le patrol boat veloci in dotazione fino al 2008, lavorando insieme ai pattugliatori classe Fearless ed alle Littoral Mission Vessel (LMV) come ultima linea nella difesa stratificata. CARENA E STRUTTURA L’imbarcazione presenta uno scafo planante lungo 22 metri e largo 6 metri, con un pescaggio di 1,2 metri per un’altezza totale di 3,2 metri, studiato per l’alta velocità lungo aree fluviali o zone portuali e litoranee. Non presenta stabilizzatori passivi ma dispone di una opera viva “baffata”. L’opera morta ha una geometria dedita allo stealthness, in cui a prora la parte superiore del tagliamare ha un’inclinazione (rispetto all’asse longitudinale di galleggiamento) di 30° e di 25° in raccordo con il tagliamare dello scafo inferiore. L’angolo di freccia a prora è di 60° uniformati, che termina in corrispondenza del cassero centrale. Lateralmente segue un profilo diritto, inclinato verso l’interno (rispetto all’asse verticale) di 30°; lo specchio di poppa è inclinato verso l’interno di 15°, inoltre per migliorare la riflessione radar possiede un carter sagomato inclinato verso il basso (rispetto all’asse orizzontale) di 15°, in modo da schermare gli ugelli degli idrogetti. Lungo il bagnasciuga nella zona poppiera vi sono gli scarichi carenati dei motori e delle prese a mare (una delle grandi differenze rispetto al Sealion). Nel ponte, il cassero centrale ospita la cabina di guida e comando (incassata in modo tale da abbassarne quanto possibile il profilo), si estende lungo tutta la larghezza del ponte ma, rispetto all’inclinazione laterale delle pannellature, è inclinata verso l’interno di ulteriori 15°. Frontalmente forma una freccia di 150° ed è inclinata (rispetto all’asse verticale) di 50°, 40° invece nella zona posteriore. Le sfaccettature del cassero combaciano con quelle dell’opera morta. Sul tetto vi sono due portelli per l’eiezione del sistema di tiro e sorveglianza e per i pannelli d’identificazione, necessari durante la navigazione portuale al fine di garantire la visibilità da parte dei radar a terra e la sicurezza durante le manovre; inoltre vi sono due boccaporti per l’accesso a bordo del personale. La zona prodiera ospita l’apparato offensivo/difensivo dell’intercettore, inizialmente piatta sul prototipo presentato e successivamente dotata di pozzo per ospitare e abbassare il profilo del sistema d’arma. Il ponte di poppavia fu inizialmente pensato per ospitare un vano carico come sulle Sealion americane, soluzione subito abbandonata in virtù di un ponte piatto fino allo specchio di poppa, al fine di migliorare le prestazioni e l’agilità. Tutta l’imbarcazione è costruita in alluminio, per un dislocamento di 40t. A differenza di tutte le imbarcazioni tradizionali, tutte le SMC non sono provviste di ancora né di argani sul gavone di prora. La scelta di affidare l’ormeggio alla banchina o a gavitelli già presenti in mare attraverso cime e bitte è dovuta al peso notevole del sistema d’ancoraggio. La caratteristica dinamica della SMC risiede nella sua larghezza e nella carena planante, le quali garantiscono un’eccezionale stabilità al rollio e un ottimo controllo durante le manovre tortuose (da prove in mare può virare su sé stessa in 30 metri). Dal punto di vista della furtività, adotta la caratteristica delle Sealion di immergere parte dello scafo superiore innalzando la linea di galleggiamento oltre al bagnasciuga dell’imbarcazione. Tale soluzione tecnica è possibile attraverso l’allagamento controllato di gavoni laterali disposti lungo le fiancate dell’imbarcazione, attraverso aperture poste sotto la chiglia. Questo comporta benefici in quanto riduce sia la visibilità ottica sia la riflessione radar, inoltre svolge anche un ruolo di stabilizzazione contro i fenomeni di rollio. L’alto livello tecnologico ha permesso di ridurre gli operatori a quattro: comandante, navigatore e operatore armi sulla sinistra, il pilota a dritta. Ogni addetto lavora su stazioni dedicate con tutti gli strumenti a portata di mano, in questo modo si è potuto compattare l’ambiente di lavoro. La presenza di un equipaggio ridotto ai minimi termini ha consentito una specializzazione completa di tutti gli operatori, i quali devono saper gestire ogni ruolo in situazioni d’emergenza (fonte Maggiore Lee Pui Yao, RSN). Essendo lo spazio interno dimensionato a misura e intorno all’operatore, per l’accesso in plancia è possibile far scivolare alcuni schermi LCD touchscreen e strumentazione lateralmente. La postazione di guida è configurata come un motoscafo da corsa, tutta la strumentazione è digitale e tutta la cabina è pressurizzata e schermata da agenti NBC. APPARATO DI PROPULSIONE I propulsori sono situati centralmente alla nave in linea d’asse, su piattaforme parallele di dritta e di sinistra. Essi sono due MTU 16V2000 M94, ognuno diesel quattro tempi tri-turbo con intercooler, 16 cilindri a V, distribuzione a quattro valvole per cilindro, 35700 cc di cilindrata, alesaggio 135 mm x corsa 156 mm, 2600cv a 2450 rpm per un consumo medio di 502,8 L/h. Raffreddamento a fasci tubieri, con cassa di compenso acqua dolce/acqua di mare e pompa di presa a mare integrata. L’iniezione è diretta tramite apparato common rail e centralina programmabile ECU (la quale gestisce la velocità di rotazione all’asse, il timing e la pressione d’iniezione, la sovralimentazione sequenziale, livelli multipli di sicurezza come il taglio della potenza erogata e l’arresto d’emergenza). I collettori di scarico sono a tre vie in modo da limitare le alte temperature e pulire i flussi, aumentando il rendimento nei turbo; sono inoltre raffreddati ad acqua. La gestione del motore è affidata ai sistemi MCS (Monitoring Control System) e RCS (Remote Control System), i quali gestiscono anche la sicurezza e la diagnostica di tutto l’apparato di spinta grazie l’FMEA (Failure Mode and Effect Analisys). Al fine di evitare possibili incendi, tutte le parti sono annegate in agenti schiumogeni ignifughi. Tutti i parametri e la gestione dei controlli motore è affidata a un pannello LCD in plancia quale il LOP (Local Operating Panel) e un’interfaccia modulare SPU (Systembus Processing Unit). La rotazione è trasmessa a due riduttori/invertitori ZF-3070, da essi due assi collegano i riduttori/invertitori a due idrogetti Hamilton HM-651, dotati di sterzo a comando idraulico HFRC e inversore di spinta integrati nell’ugello; alla girante interna, eroga una potenza massima intermittente fino a 2991 cv a 1304/1407 rpm e una potenza massima continua di 2379 cv a 1220/1316 rpm (valore comprendente anche di fenomeni di cavitazione interna). Entrambi gli idrogetti conferiscono all’SMC una velocità massima di circa 30 nodi e una velocità di crociera di 20 nodi per 250 miglia nautiche. http://www.mtu-online.com/fileadmin/fm-dam/mtu-global/technical-info/operating-instructions/neu_17_08_2012/en/MS150061_03E.pdf http://www.hamjet.co.nz/global/hm-series SISTEMI DI NAVIGAZIONE ED ELETTRONICA Per la navigazione si avvale di GPS, ecoscandaglio, radar, apparati di comunicazione VHF, HFGCS (High Frequency Global Comunication System, una rete a banda laterale a onde ultra corte sviluppata dagli Stati Uniti, per comunicare in tutto il mondo con piattaforme di terra mare e cielo) e criptatori. La SMC Type 2 è inserita al pari delle unità belliche di classe maggiore sotto il comando del SAF e, come parte della rete di comando e controllo, è in grado di avere su schermi digitali la situation awareness. Per assolvere alla funzione di pattugliatore e intercettore, dispone di un sistema opto-elettronico di sorveglianza ognitempo e una logica di controllo capace di calcolare e valutare tutte le informazioni raccolte dai sensori, dalle piattaforme delle altre unità in rete e che coordini le bocche di fuoco. L’insieme dei due sistemi prende il nome di MTAE (Maritime Target Acquisition & Engagement Il primo dispositivo è lo Stelop Micro-T, montato su affusto cilindrico retrattile (come accennato per minimizzare la riflessione radar quando non utilizzato) con una rotazione di 360° orizzontale con un’elevazione massima di 75° girostabilizzata; la suite interna ha funzione di fotocamera, FLIR, puntatore e telemetro laser. Con l’utilizzo combinato all’apparato radar, può svolgere funzioni di tracking elettro-ottico anche in movimento. Con la visione diurna può inquadrare un bersaglio umano a 9 km, con la visione notturna infrarossa la portata dei sensori si riduce a 3 km (in condizioni meteo marine ottimali). L’unità d’elaborazione dati e la sua logica di controllo sono lo Stelop 360 Manager Maritime, la quale come accennato lavora in simbiosi con il radar di navigazione, il Micro-T, all’apparato di tiro del sistema d’arma ed è direttamente collegato al database della marina. A scopo difensivo attiva l’avviso automatico di rilevamento e intrusione, inoltre fornisce assistenza alla navigazione con avvisi di collisione e sicurezza in tempo reale. Sia il Manager Maritime che tutte le videocamere perimetrali sono proiettate in plancia comando su console touchscreen. http://stelop.com/product_3/micro-t/ http://stelop.com/product_3/360-manager-maritime/ APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO Alla presentazione, la Type I fu equipaggiata a scopo figurativo con una Browning M2HB cal. 12,7 mm su affusto a controllo remoto posizionata a proravia del cassero. Dalla Type II fu invece adottata una torretta remota OTO Melara Hitrole cal. 12,7 mm da 500 colpi al minuto, stabilizzata. Sia l’affusto sia l’arma con l’apparato di tiro è schermato al fine di ridurre al minimo la riflessione radar, inoltre la torretta (come accennato in precedenza) è incassata sul ponte di prora in modo tale da occultare i meccanismi di rotazione e l’accesso alla manutenzione. L’apparato di tiro è costituito da una videocamera diurna e una videocamera IR per la visione notturna; i controlli remoti sono situati sulla plancia dell’addetto al tiro, assistito da un FFC (Fire Control Computer), con controllo manuale in caso di avaria. Come soluzione non violenta è previsto l’uso di un dispositivo acustico a lungo raggio LRA, in modo da assolvere ai ruoli di patrol boat senza la necessità di esporre gli operatori durante gli accostamenti. http://www.leonardocompany.com/documents/63265270/67166204/body_HITROLE127T_2013.pdf
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Consideriamolo per quello che è.. e detto tra noi rispetto al fucile che va a sostituire è un bel salto in avanti intanto pare che nel 2020 anche i Marines vogliano cambiare pistola. Confermata la Glock 19 per i MARSOC. https://www.marinecorpstimes.com/articles/marines-could-use-army-pistols
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L'ARX non ha nulla a che fare con lo scar anche se da esso ne trae ispirazione per la modularità e per il calcio (simile al Barret ma difettoso) Ha più cose in comune concettualmente con l'HK G36, per l'utilizzo di una scocca completamente in polimeri. In fatto di bellezza beh.. soggettivo
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Alvis - Unipower M Tra gli anni ’80 e ’90 l’esercito inglese dovette prepararsi all’evenienza di una guerra in territorio europeo, guerra che successivamente esplose in Bosnia, in quella che fu considerata la “polveriera balcanica”. In un territorio ricco di zone paludose e di fiumi, fu chiara l’esigenza di un sistema logistico pontiero, capace di garantire l’avanzamento dei mezzi corazzati anche in territori idrogeologicamente ostili, a difesa dei genieri e delle unità di prima linea. La Royal Army necessitava di mezzi pesanti strutturati per lavorare nelle peggiori condizioni di terreno possibile e contemporaneamente fornire un adeguato rapporto tra costi ed efficienza, veicoli capaci di restare al passo con le unità da combattimento cingolate. Spinti sull’onda degli efficienti Man LKW Kat 1 tedeschi e degli innovativi HEMTT americani, la scelta ricadde sull’adozione di un timbertruck appositamente concepito; da qui nacque la serie M della Unipower. Il progetto fu seguito da varie industrie in collaborazione quali l’Unipower, Watford e Vickers Defence System su linee costruttive dell’Alvis. Nel 1991 vennero creati i primi 10 prototipi muniti di ponti BR90 che vennero collaudati in un campo di simulazione creato ad hoc per tale progetto. L’idea di creare un veicolo 8x8 strettamente legato ad un sistema di ponti mobili si rivelò sorprendentemente agile, veloce nel dispiegamento e funzionale, tanto da garantire una capacità di completamento delle missioni del 90,4% (sempre su impiego sperimentale). Nel 1992 avvenne il “battesimo del fuoco” per questo mezzo e dal 1994 iniziò la sua produzione in massa, forte dell’acquisizione di Unipower da parte della Alvis. La particolare e avanzata evoluzione tecnica (che descriverò in seguito) unita alla grande versatilità in ogni allestimento di carico e funzione ne fecero il “mulo da soma” dell’esercito di sua maestà. Venne realizzato anche con PLS, cisterne da 15000 e 20000 litri e come trattore 6x6 per il trasporto di MBT Challenger 2 nell’esercito dell’Oman, denominato MH-6600. La serie M unita al BR90 furono forniti alla LSB (Logistic Support Bridging) in 190 esemplari. Successivamente fu schierato in Iraq e in Afghanistan. Il periodo d’oro dell’Alvis-Unipower M coincise con il suo progressivo declino in quanto i costi di produzione e mantenimento aumentarono esponenzialmente; la concorrenza americana e soprattutto tedesca propose infatti veicoli innovativi che ben si adattavano ai nuovi scenari bellici nel medio-oriente e alla costante minaccia degli IED. In risposta, tali aggiornamenti furono proposti dalla stessa Alvis-Unipower che avrebbero innalzato ulteriormente i costi. Fu inoltre creata una versione per il trasporto estremamente pesante dall’evoluzione dell’MH6600, l’MH-8875, concepita in un unico esemplare a titolo di prova per partecipare al bando di concorso indetto dalla difesa inglese per la sostituzione degli obsoleti Scammel Commander nel ruolo di trasportatori MBT. Venne scartato in favore del Oshkosh M1070F, meno costoso, ampliamente collaudato in moltissimi scenari bellici e predisposto per upgrade futuri. Mentre la serie M mantenne il suo ruolo di trasportatore/getta ponte, perse quello di trasportatore medio con l’acquisizione inglese dei Man SX tedeschi, più avanzati meccanicamente. Perse rapidamente anche il ruolo di trasportatore leggero in favore dei Bedford e dei (notevolmente) più economici Iveco Trakker italiani, quest’ultimi più concilianti tra lo stradale e il compito dei Royal Engineers. La mancanza di ordini costrinse l’Alvis-Unipower a chiudere le linee produttive, avviandosi alla fase di fallimento nel 2001; nel 2004 fu assorbita dalla BAE System. Degno di nota un commento del Colonnello Tom Fulkes in un’intervista a proposito del mezzo:” non furono a buon mercato, ma determinarono un punto di riferimento nei veicoli specializzati”. http://archive.commercialmotor.com/article/25th-january-1996/30/before-the-british-army-bought-its-new-unipower-hi&prev=search IL SISTEMA BR90 Il BR90 è un sistema modulare di ponti dispiegabili rapidamente realizzato dalla BAE System. È composto da pannelli intercambiabili all’interno di segmenti di ponte, questi ultimi assemblabili fino ad una lunghezza massima di 60 metri. Il sistema sviluppato in collaborazione con i Royal Engineers si compone di batterie di sette pannelli e quattro rampe realizzati in lega d’alluminio, che vanno a comporre, con lo scheletro del ponte alto fino a 1 metro, due corsie per una larghezza massima di 4 metri. L’istallazione del BR90 su un mezzo TBT richiese un sistema automatico di assemblaggio, dispiegamento e messa in opera della sezione di ponte, tale meccanismo prese il nome di ABLE (Automotive Bridge Launching Equipment). Distendendo due zampe telescopiche in appoggio, l’ABLE gestisce le operazioni di assemblaggio direttamente nello chassis del mezzo attraverso uno slittamento orizzontale della prima sezione e il vincolo della seconda sezione attraverso specifici giunti. Una volta disteso, un verricello consente di giostrare lo slittamento posteriore su un binario a rulli. Alla massima estensione, coincidente con la messa in opera di una testa del ponte, la passerella di supporto posteriore viene ripiegata in basso consentendo di gestire l’appoggio del secondo capo del ponte. L’operazione completa di posa delle lastre in alluminio è gestita in 25 minuti totali con 10 operatori. Con l’utilizzo di pontoni o pilastri galleggianti è possibile comporre due o più sezioni tutte composte dal più sistemi ABLE, sia ruotati che cingolati. La sua entrata in servizio fu nel ottobre 1993 per un costo totale di 140 milioni di Sterline per 90 esemplari (fonte Aitken, sottosegretario alla difesa inglese durante un’interrogazione parlamentare). Il costo del sistema ABLE è valutato 1,03 milioni di sterline cadauno e il costo di un ponte completato di 32 metri è di 512000 sterline. Il vantaggio apportato dall’ABLE e dal BR90 consiste nel basso profilo operativo e dall’assenza di componenti idrauliche all’interno del ponte stesso, a differenza dei modelli con apertura a forbice. http://www.baesystems.com/en/product/br90 http://www.thinkdefence.co.uk/2012/02/uk-military-bridging-equipment-br90-and-rebs/ MOTORE Al fine di abbassare il profilo, evitare danni all’apparato propulsore derivati da colpi al sotto scocca, “dall’ingestione” di fango in terreni paludosi e dall’esplosione di ordigni davanti e sotto al mezzo, fu scelto di collocare il motore dietro la cabina in posizione rialzata. Tutte le fonti riportano molteplici motorizzazioni, le quali vanno dal 6 cilindri in linea turbodiesel Perkins 410tx, erogante 416 cv a 1800 rpm, 12170 cc di cilindrata, alesaggio 130 mm x corsa 152,4 mm, dotato di intercooler, iniezione diretta del carburante. La maggioranza dei motori utilizzati furono i Cummins M380e e M407e. il primo è un sei cilindri in linea turbodiesel da 10800 cc di cilindrata, alesaggio 125 mm x corsa 147 mm, 370 cv a 2100 rpm e 1966 Nm a 1200 rpm. Stessa architettura per il secondo ma con un incremento di potenza fino a 400 cv a 2100 rpm. I motori Cummins descritti si caratterizzavano dal sistema CELECT® Fuel System (Cummin ELEctronic ConTrol) che, attraverso una pompa ad altissima pressione (HPI) sviluppata in joint venture con la svedese Scania, e all’iniezione common rail Cummins (CCR), ottimizzano il flusso di carburante nella camera cilindri, sotto la supervisione dell’Interact System, che governa il funzionamento del motore. Per l’MH-6600 fu scelto un Cummins di nuova generazione dalle prestazioni più esuberanti, adatto quindi ad equipaggiare un trasportatore di carri da combattimento; il motore in questione è il KTA-19-600, anch’esso turbodiesel a sei cilindri in linea con potenza di 600 cv a 2100 rpm, 19000 cc di cilindrata; distribuzione a quattro valvole per cilindro e teste singole, alesaggio 159 mm x corsa 159 mm. L’avanzamento tecnologico ha permesso l’utilizzo di iniettori con componentistica in ceramica per aumentarne la durata, migliore raffreddamento (il propulsore infatti era adattato per l’impiego in Medio Oriente) e l’utilizzo del STC (Step Timing Control) per permettere un’accelerazione fluida anche sotto notevole sforzo al traino. Per il prototipo MH-8875 si optò per un Cummins QSK-19, con medesima architettura ma potenze fino da 750cv fino a 800 cv e valori di coppia fino a 3118 Nm. Il controllo del motore passa ad una centralina ECM, la quale presenta parametri programmabili, monitoraggio avanzato, diagnostica e reporting con funzione di protezione motore d’emergenza. La sovralimentazione tramite un turbocompressore Single-Stage Holset, ventilazione e raffeddamento potenziati, filtri olio a due stadi con by-pass d’emergenza per il mantenimento della performance in condizioni di funzionamento limite. http://www.cummins.com/fuelsystems CATENA CINEMATICA E TRASMISSIONE Il mezzo adottava un cambio automatico a 5 rapporti + RM ZF Ecomat 6HP900, derivato da quella utilizzatao negli Scammel. Accoppiato al cambio un convertitore di coppia idrodinamico ZF 380-30 con frizione lock-up e rallentatore idrodinamico; la presa di forza PTO è scollegabile manualmente. La trazione è integrale 8x8 (6x6 nell’MH-6600) tramite unico differenziale centrale bloccato a due velocità, la trazione ai mozzi è trasmessa tramite cascate di ingranaggi. Le ruote sono le maggiorate Michelin XZL 24R21 dotate di CTIS. I freni sono tutti a tamburo e i semi-assi indipendenti. Le sospensioni sono a balestra su tutti gli assi. I primi due assi anteriori sono adibiti allo sterzo con sistema d’emergenza ZF: quando il motore si arresta, entra in funzione uno sterzo idraulico di back-up incorporato nella trasmissione, il quale agendo elettricamente con lo stesso olio del cambio, garantisce una capacità di servo-sterzo per 3 Km. Allo stesso modo, una girante idraulica agisce sull’asse del turbocompressore forzando l’aria nei pistoni e avviare più facilmente il motore. Come prestazioni si attesta alla velocità limitata di 90 km/h, un’autonomia di 600 Km circa con un payload massimo di 24t (per un peso totale di 38t). L’MH-6600 e l’MH-8875 hanno una velocità massima ridotta a 80/85 Km/h e un payload di 70 t (per un totale di 94t, compreso di semirimorchio), i motori più efficienti e la riserva di potenza gli consentono un’autonomia aumentata fino a 1000 Km circa su terreni misti. CABINA Il telaio è strutturato per resistere ai terreni impervi e notevolmente migliorato rispetto a tutti i precedenti veicoli pesanti dell’esercito inglese. Costruito in un unico blocco rinforzato che conferisce un’eccezionale resistenza alla torsione e alla flessione. Come accennato il vano motore si trova dietro la cabina che, da un punto di vista esterno, mira ad abbassare il profilo del mezzo (necessario per l’imbarco sul cargo C-130) e a creare un ottimo equilibrio sugli assi. La cabina è realizzata in acciaio saldato, con due porte laterali e una botola superiore centrale, intorno alla botola vi è una slitta dove poter fissare una mitragliatrice leggera a scopo difensivo. La pannellatura garantisce una minima protezione contro le armi leggere ma non contro IED e impatti di colpi RPG. A tal scopo, fu attrezzato con protezioni aggiuntive al fine di raggiungere un discreto livello di sicurezza balistica in territorio afghano; tali soluzioni sono la presenza di dispositivi elettronici Jammer, lastre d’acciaio a protezione della vetreria frontale e laterale e un reticolato tubolare lungo tutto il perimetro superiore sensibile del mezzo, per far detonare eventuali testate a una distanza non letale per l’equipaggio. Internamente trovano posto il conducente più due operatori su sedili ammortizzati. Dotato di climatizzatore indipendente e/o Webasto per i climi rigidi. Per assicurare protezione agli operatori in caso di guasti al motore sotto il fuoco nemico è prevista una botola interna e posteriore alla cabina, che mette in comunicazione la cabina al vano motore blindato. Tutta la superficie interna è rivestita di pannellatura con tecnologia Stels. L’unica limitazione operativa risiede nella permanenza in territori NBC, laddove le schermature non sono sufficienti e non possiede un sistema di ossigenazione indipendente. L’MH-6600 dispone di una cabina più grande e confortevole per l’equipaggio, capace di sei operatori tra cui il conducente (o tre operatori con zona branda posteriore abbattibile). In funzione del suo ruolo è fissata allo chassis una ralla ed è studiato per trainare il pianale rinforzato da trasporto carri di fabbricazione francese Nicolas (appositamente sviluppato). Dietro il vano motore possiede due gruppi di verricelli azionati dalla presa PTO, ognuno con capacità di traino di 25t per la movimentazione di veicoli in panne o immobilizzati. L’MH-8875, dal punto di vista del telaio e cabina, ricalca quella del trattore precedente, ad eccezione del paraurti anteriore e del cofano motore che possiede prese d’aria maggiorate a fronte di una maggior richiesta di ventilazione dei radiatori. DATI TECNICI AGGIUNTIVI Alvis-Unipower M e MH Lunghezza: 10 m circa Larghezza: 2,99 m Altezza: 2,95 m (M), 2,70 m (MH) Guado: 1 m senza preparazione Angolo d’attacco: 38° Angolo d’uscita: 45° Altezza dal suolo: 0,6 m (M), 0,5 m (MH)
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Avevo sentito infatti (da chi ha lavorato in Beretta), nessuna cosa certa solo voci riportate.
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Avevo sentito che molti reparti cominciavano ad adottare la Taurus PT92 piuttosto che usare la M9. Comunque sono curioso di leggere i pareri dei soldati americani a tal proposito, e di sapere se anche tutte le altre forze armate americane si allineeranno
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Giuro mi sarei aspettato come vincitrice la HK, dato il largo uso che ne fanno le forze speciali. Peccato per la Beretta che si era ripresentata con la M9A3.. ma era chiara l'intenzione americana di liberarsi dell'italiana
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La sig Sauer P320 vince l'appalto indetto dall'U.S.Army per la sostituzione della Beretta M9, con il programma Mhs, con un contratto di fornitura di 10 anni per 580000000 dollari circa. http://www.analisidifesa.it/2017/01/sig-sauer-vince-la-gara-per-la-nuova-pistola-dellus-armya-per-la-nuova-pistola-dellus-army/ https://www.armimagazine.it/esercito-usa-sara-la-sig-sauer-p320-la-nuova-pistola-ordinanza/
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Motovedetta classe Super Speranza La creazione della classe Super Speranza, identificata anche come classe 200, deve le sue eccezionali doti a mare, il know-out tecnico e stilistico alla penna del brillante ingegnere Renato “Sonny” Levi, e dalle sue progenitrici disegnate da quest’ultimo per partecipare alle competizioni velocistiche nautiche. La capostipite d’origine fu A’Speranziella, disegnata appositamente per la prima gara Cowes-Torquay e la prima imbarcazione italiana ad utilizzare lo scafo a V profonda, costituì la matrice di una serie di cabinati di lusso. Evolve nella Spumante, caratterizzata da una nuova motorizzazione diesel. La Speranziella II fu la diretta evoluzione dal punto di vista del design, leggermente più lunga, con una tuga maggiorata e dalle prestazioni migliorate pur mantenendo la medesima motorizzazione. L’Ultima Dea fu fortemente voluta dall’Avvocato Agnelli come estrema evoluzione della Speranziella II, con l’adozione di una propulsione trimotore a livelli sfalsati (il motore centrale è sopraelevato rispetto ai due motori da crociera), omologata per partecipare alla Cowes-Torquay del 1962. Su ingaggio della Guardia Costiera, Renato Levi disegnò un prototipo basato sulle esperienze fatte nelle competizioni, aggiungendo come dote una spiccata capacità di resistere al mare forza 5. Da questo nacque la classe di motovedette Super Speranza, costruite sia in versione da impiego nell’arma che da diporto (quest’ultima più raffinata nelle dotazioni ma praticamente identica a quella destinata alla Guardia Costiera). I compiti di impiego spaziarono dalla ricerca e soccorso, vigilanza sulle attività di pesca e polizia marittima costiera su barche da diporto. La costruzione si avviò nel 1963-1964 nel cantiere di Anzio Navaltecnica s.p.a. con la CP 226 e CP227; dalla CP228 alla CP230 tra il 1965 e 1966; dalla CP231 alla CP246 costruite dal 1967 al 1977 nei cantieri Rodriguez di Messina; dalla CP247 alla CP253 costruite tra il 1980 e il 1981 dai cantieri navali di Ostia; la CP254, CP255. CP259 e CP260 dal 1984 al 1989 dalla Tecnomarine Picchiotti di Viareggio e dalla CP 256 alla CP258 nel 1985 dalla Italcraft a Gaeta. L’occasione in cui la Super Speranza poté dimostrare le sue qualità fu il salvataggio di 25 marinai durante l’affondamento della nave mercantile inglese London Valour davanti alla diga foranea nel porto di Genova il 9 aprile 1970, in occasione di una improvvisa e violenta libecciata. L’equipaggio della Super Speranza riuscì a permanere sei ore con il mare forza 8. La CP233 fu l’unica infatti a raggiungere la nave spezzata in due. Il tenente di vascello Giuseppe Telmon e i sette membri dell’equipaggio furono insigniti alla medaglia al valore di marina. https://it.wikipedia.org/wiki/Naufragio_della_London_Valour Questa classe di motovedette costituì la punta di diamante delle unità costiere in dotazione alla Guardia Costiera tuttora oggi in sei unità (la CP254, 256, 257, 258, 259 e 260). La CP224, 225, 226 e 229 furono prima in servizio con la G.C.I. e successivamente donate tra il 2002 e il 2004 alla marina albanese; la CP230 e 242 vennero cedute nel 2004 alla marina del Gibuti. Le restanti motovedette furono radiate a causa degli eccessivi anni di servizio. Degne di nota le impressioni e la descrizione dell’imbarcazione da parte del C.te Tito Mancini, al comando per diversi anni della CP234. “Super Speranza, barca molto manovriera con una marcia avanti ed una indietro girava su se stessa come niente. Per farla abbriviare un pochino dovevi dare motore a colpettini, se no subito si sollevava di prua. Pur non essendo molto alta, ma abbastanza pesante, sentiva il vento, ma con mare calmo teneva bene la rotta. […] In navigazione si virava sempre con i timoni, mentre in manovra era più agevole usare le manette, tanto che girava quasi su se stessa. Ovviamente con il timone aveva un raggio di virata molto ampio che dipendeva sia dalla velocità del momento che dalla forza del mare e appena facevi l’accostata tendeva a coricarsi su un fianco, ma senza mai abbassare la prora per quanto era possibile ovviamente, perchè la tendenza era quella di rimettersi diritta. Con mare formato si comportava come un tappo di sughero e visto come era anche pesante, scivolava sulle onde che era una bellezza. […] Con mare formato 3/4 dovevi stare attento a prendere le onde di piena poppa, poichè diventava ingovernabile se non diminuivi la velocità. L’onda presa di poppa faceva quasi perdere l’effetto dei timoni con la tendenza a puggiare a dritta oppure a sinistra, ma era sufficiente di ridurre a velocità e riprendendo il controllo del mezzo.” http://www.altomareblu.com/cp-227-guardia-costiera-disegno-sonny-levi-costrz-canav-di-anzio/ http://www.altomareblu.com/nautica/guardia-costiera-nautica/classe-super-speranza/ CARENA E STRUTTURA Lo scafo con geometria a V profonda era lungo 13,12 m fuoritutto, 4,75 m di larghezza, un pescaggio di 1,5 m per un dislocamento a pieno carico di circa 15t. Dalla CP228 alla CP230 vennero mantenute inalterate le dimensioni, fatta eccezione per il pescaggio ridotto a 1,16 m e un dislocamento ridotto a 12 t. dalla CP231 alla CP238 aumentò leggermente di dimensioni con una lunghezza fuoritutto di 13,4 m, larghezza di 4,85m e pescaggio aumentato ad 1,28m. un deciso aumento dimensionale si ebbe dalla CP239 alla CP245 con una lunghezza di 16,8m e un dislocamento portato a 28,6t; dalla CP 247 alla CP260 le lunghezze variarono da 15m a 16m circa con dislocamenti variabili tra le 22,5t e le 26,7t circa e un pescaggio di 1,60m (dato variabile dalle varie fonti). Esso non presentava stabilizzatori e affidava la tenuta a mare alla forma della chiglia “baffata”, sul fianco di dritta e sinistra sul bagnasciuga erano presenti gli scarichi dei propulsori e delle prese a mare per il raffreddamento/desalinizzazione dell’acqua, appositamente schermate da carter per evitare il reflusso alle alte velocità e migliorarne l’idro dinamicità. A prora erano presenti oblò per murata ad illuminazione dei locali interni e l’occhio di cubia era situato all’apice del tagliamare; l’ancora utilizzata era di tipo Danforth. A poppavia la virata era gestita da due timoni ordinari e a sostentamento degli assi vi erano quattro astucci portaelica; lo specchio di poppa era inclinato rispetto all’imbarcazione di 23°. Per la sua costruzione furono realizzate strutture in legno di mogano, esternamente il fasciame fu realizzato con striscioline di mogano con lunghezza di 4-5 cm disposte a strati incrociati di 45° e resine resorciniche su una gabbia-stampo per uno spessore di 2,4 cm. Questa soluzione costruttiva restò invariata per tutte le unità prodotte, comprese quelle di ultima realizzazione, in quanto garantiva un ottimo livello di elasticità e resistenza alle onde: durante la navigazione con mare agitato a velocità sostenuta permetteva di assorbire l’urto dell’onda e, insieme alla carena a V profonda, poter fendere (e non scivolare come le imbarcazioni a scafo leggero in alluminio moderne) la cresta senza eccessive sollecitazioni alla struttura, mantenendo quindi un assetto morbido (brevetto Levi). Successivamente, alle ultime unità prodotte, fu scelto l’utilizzo della vetroresina, di pari proprietà ma dal costo più contenuto. Il ponte di coperta presentava un profilo leggermente curvato a proravia che seguiva il bordo dello scafo, nel quale si estendeva per tutto il perimetro un parapetto. Le strutture superiori in alluminio erano composte da due tughe. La prima di prora era formata dalla plancia coperta incassata nel ponte; posteriormente e solidale a questa vi era la plancia superiore scoperta carenata, dotata di tendaletto amovibile, ringhiere interne di tenuta per l’equipaggio, due seggiolini ribaltabili lateralmente e, a sinistra, il boccaporto per l’accesso alla plancia coperta e ai locali abitativi inferiori di prora; esternamente alla carenatura vi erano le prese d’aria dei motori. Entrambe le plance di comando disponevano di comandi per il governo dell’imbarcazione. La seconda tuga a poppavia consentiva l’illuminazione e l’accesso al solo locale motori e alla sentina attraverso un boccaporto superiore, erano presenti gli sfoghi di ventilazione dei locali abitativi e motore. Fungeva inoltre da basamento per l’albero (successivamente dalla CP249 costruito con doppio supporto carenato al fine di ottenere un effetto di stabilità aerodinamica) della suite elettronica, bandiere e della fanaleria superiore. Nel ponte di poppa era possibile istallare un traliccio amovibile per il trasporto a bordo di un gommone GC 184 Hull con motore fuoribordo per emergenza o supporto alle operazioni e un derrick per la messa in mare del battello. Dal boccaporto laterale sulla plancia esterna si accedeva agli alloggi scendendo dalla scaletta principale sulla sinistra. Poteva ospitare 7 persone tra operatori e passeggeri e disponeva di 4 brande a prora, servizi igienici e una cucina/infermeria. L’unità desalinizzante poteva stivare fino a 300 L di acqua dolce, mentre per il carburante disponeva di quattro serbatoi indipendenti per un totale di 3200 L. APPARATO DI PROPULSIONE L’apparato si avvaleva di due propulsori entrobordo simmetrici collocati al centro dell’imbarcazione e numerose furono le motorizzazioni istallate nelle varie unità. Nella CP226 e CP227 vi erano due diesel quattro tempi biturbo Cummins VT8-370, ognuno con 370 cv a 3000 rpm, alesaggio 140 mm per corsa 105 mm. Per le CP228 e CP229 furono utilizzati due turbodiesel quattro tempi General Motors 12V53N da 390 cv a 2800 rpm l’uno, molto affidabile ma troppo rumoroso, inizialmente progettato per le esigenze militari americane in Vietnam. La CP230 invece fu equipaggiata con due turbodiesel quattro tempi Fiat Carraro 521SH da 360 cv a 1950 rpm l’uno. Dalla CP231 alla CP238 furono utilizzati due turbodiesel quattro tempi CRM 9/DA da 385 cv a 1850 rpm l’uno. Successivamente tutti i motori CRM vennero rimpiazzati dai più efficienti Iveco AIFO 8281 SRM, con 440 cv a 2300 rpm l’uno, dotati di maggiore silenziosità e semplicità di manutenzione. L’architettura era V8 biturbo con intercooler, solidale con l’impianto di raffreddamento tubiero ad acqua di mare/dolce, 17200 cc di cilindrata, unità di iniezione elettronica diretta, quattro valvole per cilindro e bancate a teste singole (distribuzione ad aste e bilancieri). Dalla CP239 alla CP260 fu preferita l’adozione di due diesel quattro tempi Isotta-Fraschini ID36SS 6V (sviluppati appositamente per l’impiego su motoscafi veloci), in quanto più parchi nei consumi ma contemporaneamente più efficienti, potenti, leggeri e affidabili delle precedenti motorizzazioni. L’architettura è sei cilindri a V con doppio turbocompressore e intercooler e iniezione diretta common rail, 760 cv l’uno a 1950 rpm, alesaggio 128 mm per corsa 126 mm, 9720 cc di cilindrata, pistoni in lega leggera e quattro valvole per cilindro, raffreddamento mediante cassa di compenso e fasci tubieri acqua di mare/acqua dolce. La trasmissione ai due assi si compone di due riduttori/invertitori, le eliche utilizzate sono a tre pale fisse in bronzo e successivamente in lega Mibral. Da fonte del Ministero dei Trasporti, le ultime unità Super Speranza prodotte adottarono l’uso di due idrogetti Riva Calzoni. Inoltre dispone di un gruppo elettrogeno Perkins da 6,5 Kw. Le prestazioni si attestano sui 20 nodi per le imbarcazioni dotate di motori Cummins; 25 nodi con i General Motors e Fiat Carraro; 26,6 nodi con i CRM e Iveco AIFO fino ai 30,5 nodi con gli Isotta-Fraschini. SISTEMI DI NAVIGAZIONE La suite elettronica comprendeva apparati di comunicazione C.B. e VHF/FM, per la navigazione apparati radar, GPS, un radiogoniometro VHF/FM, l’ecoscandaglio e il Loran-C. APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO Data la natura dell’imbarcazione non possiede armamento offensivo o difensivo, al di fuori della dotazione personale degli operatori.
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Pattugliatore classe Bigliani Il pattugliatore classe Bigliani fu, ed è tuttora, un caposaldo della componente marittima della Guardia di Finanza. Varato per la prima volta nel 1987 nei cantieri Intermarine di Sarzana, fu adibito a compiti di sorveglianza, polizia marittima, controllo e presidio in aree costiere e d’altura. Delle unità leggere in forza alla GdF, è la piattaforma di sviluppo più utilizzata (degna di nota la suite elettronica e la buona tenuta a mare), tanto da essere stata sviluppata in 8 serie. La prima serie fu costituita da 2 unità ( la G.80 Bigliani e la G.81 Cavaglià), cedute alla polizia di frontiera rumena nel 2013 a seguito di accordi bi-laterali siglati nel 2005. La seconda serie fu di 6 unità (dalla G.82 alla G.87, Galiano, Macchi, Smalto, Fortuna, Buonocore e squiltieri) cedute nel 2008 alla Libia in due trance (2009 e 2013), successivamente utilizzate per una rappresaglia libica nei confronti dell’Italia in acque internazionali. Nel 2011, a seguito della caduta del regime di Gheddafi, 2 affondarono e le restanti 4 tornarono in Italia gravemente danneggiate. La terza serie è costituita da 4 unità (la G.78 Ottonelli, la G.79 Barletta, la G.88 La Malfa e la G.89 Rosati); sono le ultime imbarcazioni prodotte sul disegno della prima serie tra il 1996 e il 1997. La quarta serie, somigliante alla classe Bigliani ma pesantemente modificata come dislocamento, lunghezza e struttura, costituì una classe assestante denominata Mazzei, utilizzata come nave scuola. Prodotta dal 1998 al 1999, si compone di 2 unità quali la G.1 Mazzei e la G.2 Vaccaro. Sebbene pensata come nave scuola, ebbe tutte le doti di combattimento della classe Bigliani. La quinta serie si presentò come modifica della classe Mazzei con dimensioni leggermente maggiorate. Prodotta dal 2003 al 2004, prense la denominazione specifica in classe Di Bartolo; si compose di 5 unità, dalla G.3 alla G.7 (nell’ordine Di Bartolo, Avallone, Oltramonti, Barbarisi e Paolini). La sesta serie riprese la genealogia interrotta delle Bigliani della terza serie implementando tutte le soluzioni tecnologiche delle classi Mazzei/Di Bartolo, con sistemi d’arma notevolmente migliorati. Costruite e varate tra il 2004 e il 2006, sono presenti in 10 unità, dalla G.116 alla G.125 (Laganà, Sanna, Inzucchi, Vitali, Calabrese, Urso, La Spina, Salone, Cavatorto e Fusco). La settima serie riprese le unità addestrative Di Bartolo di 2 unità: la G.8 Greco e la G.9 Cinus, costruite nel 2008. Rappresentano il più recente lotto di prodizione della classe Di Bartolo, riequipaggiate con nuove motorizzazioni. L’ottava serie aumentò leggermente sia il dislocamento che le dimensioni delle Bigliani di sesta serie e al momento rappresenta l’ultimo stadio evolutivo della medesima classe. Costruite dal 2007 al 2010, sono presenti in 5 unità, dalla G.126 alla G.130 (Salvatore De Rosa, Finanziere zocco*a, Vicebrigadiere Stanisci, Vicebrigadiere Sottile e Vicebrigadiere De Falco). Come le unità della settima serie, sono equipaggiate con nuove motorizzazioni. CARENA E STRUTTURA Tutte le serie condividono la geometria dello scafo ad ala di gabbiano, la cubia dell’ancora Hall in cima al dritto di prora, gli scarichi e le prese a mare appena sopra la waterline nella sezione centrale-poppiera, il parapetto che segue tutto il bordo dell’imbarcazione, il ponte di coperta privo di casseri, il doppio timone semi-compensato, due astucci reggi-albero, uno stabilizzatore lungo la chiglia, uno specchio di poppa e la plancia di vedetta sopra la tuga. Le serie presentano però notevoli differenze l’una dall’altra. La prima serie ha una lunghezza fuoritutto di 27 metri con una larghezza di 6,9 metri, pescaggio di 1,1 metri e un dislocamento massimo di 95 t. Lo scafo è realizzato in resina di poliestere con rinforzi in fibra di vetro. La tuga in alluminio ha due portelli d’accesso laterali e uno nel retro cabina per l’accesso alla zona poppiera. Su una piattaforma sopraelevata a poppa è presente un gommone GC da 6,5 m fuoribordo d’emergenza o ricognizione. L’imbarcazione è stata concepita per 12 operatori, con un numero massimo di 14 persone a bordo. La seconda e terza serie si contraddistingue dalla prima per una diversa disposizione del battello poppiero (non più su piattaforma longitudinale ma su telaio trasversale), modifiche che hanno permesso un allungamento della tuga e un nuovo accesso alla cabina posteriore. Furono ripensati gli accessi alla plancia di vedetta e l’accesso laterale alla plancia di comando e ai compartimenti interni (doppio portello). Il miglioramento della suite elettronica ha obbligato ad una diversa intelaiatura superiore come supporto radar. Dalla sesta serie l’intelaiatura superiore venne ulteriormente modificata e dalla ottava serie la lunghezza venne aumentata a 28,2 m la lunghezza (mantenendo la larghezza e il pescaggio inalterati) e il dislocamento a 100 t. Nella costruzione dello scafo furono utilizzati nuovi materiali compositi e internamente presenta cabine e alloggi sdoppiati e ridisegnati (prestando particolare attenzione al confort di bordo). La classe Mazzei (quarta serie), come accennato, riprende i tratti della prima serie ma con profonde modifiche combacianti con il ruolo di nave-scuola. La lunghezza fu aumentata a 35,5 m, larghezza a 7,5 m e il dislocamento a 116 t. La lunghezza della tuga fu notevolmente ingrandita (così come il numero di portelloni superiori e laterali, gli oblò, la superficie vetrata nelle plance e l’organizzazione dei locali interni), al fine di ospitare 19 operatori. Vennero aggiunti due motori diesel VM HR694HT10 da 140 cv l’uno in funzione di gruppi elettrogeni. Nella quinta serie classe Di Bartolo il dislocamento fu aumentato a 134 t e il personale imbarcato a 22 operatori. I materiali di costruzione dello scafo furono aggiornati e, nella parte superiore della tuga, venne installata una cupola radar; l’intelaiatura dei radar venne ricollocata in posizione centrale. La settima serie Di Bartolo amplia le dimensioni a 36,5 m la lunghezza e aumenta il dislocamento di 4 t, oltre al miglioramento interno dei locali e delle cabine. APPARATO DI PROPULSIONE Le serie Bigliani dalla prima alla sesta adottano due motori diesel MTU 16V396 TB94, ognuno V16 biturbo da 3480 cv a 2100 rpm, alesaggio 164 mm x corsa 185 mm, 63300 cc, quattro tempi ad iniezione diretta, raffreddamento a liquido/acqua di mare tramite cassa di compenso e fasci tubieri, raffreddamento forzato dell’apparato di scarico. A livello prestazionale, consentono un’autonomia di 770 miglia nautiche a 18 nodi e una velocità massima di 35/38 nodi. La settima e ottava serie sono equipaggiate con due diesel MTU 16V4000 M90, quattro tempi a iniezione diretta, V16 biturbo con il medesimo sistema di raffreddamento del 16V396 TB94, 3698 cv a 2100 rpm, alesaggio di 165 mm per corsa aumentata a 190 mm, 65000 cc, per un consumo dichiarato di 684,3 L/h. come prestazione dichiarata, permette una velocità di punta tra i 40 e i 45 nodi e 792 miglia nautiche a 21 nodi. Nella classe Di Bartolo la capienza del carburante è stata aumentata, consentendo un’autonomia di 1320 miglia nautiche a 15 nodi. La propulsione avviene tramite due riduttori/invertitori e due alberi di trasmissione, le eliche sono a passo fisso a tre pale. SISTEMI DI NAVIGAZIONE Tutte le imbarcazioni dispongono di GPS, ecoscandaglio, un radar GEM 3072 ARPA in banda I, un radar GEM Scanconverter 141OA. Nella classe Di Bartolo è presente un terzo radar GEM DSC SC/1210. Dalla quinta serie in poi il sistema di puntamento dell’arma principale è affidato ad un tracciatore optronico Medusa MK3, accoppiato con una videocamera IR. La comunicazione è affidata ad apparati radio Rodhe&Schwarz. APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO L’armamento principale delle Bigliani pima, seconda, terza serie, della classe Mazzei e della classe Di Bartolo serie quinta e settima è una mitragliera Breda-OTO Melara 30/70 mm situato a prora dell’imbarcazione. Successivamente fu rimpiazzato sulle Bigliani di sesta e ottava serie da una torretta OTO Melara Hitrole 503 NT da 12,7 mm. Su tutte le imbarcazioni sono presenti due mitragliatrici Beretta MG 42/59 da 7,62 mm o un lanciagranate MK19 mod.3 da 40 mm.
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Sul piano pratico svolgono azioni contro il narcotraffico via mare, sul piano politico-economico beh..
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Le 200/S son state prodotte molto prima del 2014, anno del dichiarato fallimento della Isotta.Fraschini S.P.A. Il distaccamento motori è stato assorbito da Fincantieri e tuttora va se non erro http://www.isottafraschini.it/ Sono state cedute a seguito di una partnership politico- economica con panama, visto che l'attuale Leonardo e Finmeccanica curano la manutenzione e la tecnologia sul loro canale. vedasi http://www.linkiesta.it/it/article/2011/02/05/regalo-bipartisan-a-panama-e-finmeccanica-incassa/4691/
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Rispetto a tanti pari classe ha una linea davvero invidiabile!
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Motovedetta classe 200/S La motovedetta costiera veloce classe 200/S è un’imbarcazione in dotazione alla Guardia Costiera italiana, prodotta dai cantieri navali Rodriguez di messina (Finmeccanica) e dalla Intermarine di Sarzana. È stata prodotta in 28 unità dal 1997, dislocate nei maggiori porti italiani (dalla CP265 alla CP292). Nel giugno 2010, quattro furono cedute al Servicio Nacional Aeronaval di Panama, nel ambito di un accordo di cooperazione contro il narcotraffico (PC220, PC221,PC222, PC223). I requisiti espressi dalla Guardia Costiera durante la progettazione furono l’elevata velocità di crociera e di punta, una buona tenuta a mare superiore ad un forza 7 ed elevata manovrabilità; l’obbiettivo della sua creazione fu assolvere i compiti di pattugliamento costiero, SAR, sorveglianza del traffico marittimo e flessibilità operativa. CARENA E STRUTTURA Lo scafo è lungo 25 metri fuori tutto, larghezza di 5,7 metri, pescaggio di 0,9 metri, con geometria ad ala di gabbiano. Le caratteristiche sopracitate lo rendono idoneo al avvicinamento costiero su bassi fondali e garantisce stabilità in ogni condizione marina e di dislocamento. A poppa della chiglia sono presenti due astucci per il sostentamento degli assi e due timoni compensati, non presenta stabilizzatori; appena sopra la linea di galleggiamento a poppavia dell’imbarcazione sono presenti le aperture di presa a mare e scarico. La sovrastruttura è costituita da un’unica tuga sopra il ponte di coperta interamente in lega d’alluminio, così come lo scafo. Al esterno il parapetto si estende per tutto il bordo dell’imbarcazione, l’ancora Danforth è alloggiata nella cubia di prora in cima al tagliamare (l’argano di salpamento è nel gavone di prora). L’accesso alla struttura è dato da due portelli laterali e uno posteriore; sopra sono presenti i tralicci degli apparati radar e radiocomunicazioni, sopra la tuga vi è una plancia di vedetta. Al interno può ospitare otto persone, fino ad un massimo di 12: l’organizzazione dei locali interni è studiata per mantenere un certo grado di confort e autonomia dell’equipaggio per lunghi periodi, a tal proposito dispone di un’unità di dissalazione dell’acqua capace di 3000 L giornalieri. La plancia è dotata di strumentazione d'avanguardia, comprendente anche il pannello controllo dell’IRST EOSS100. L’unità dispone di un gommone da 6,5m da ricognizione/emergenza su piattaforma di poppa, di tipo commerciale con dotazione standard. Il dislocamento è di 53 t, per un massimo di 58 t lorde. APPARATO DI PROPULSIONE Nelle motovedette prodotte dai cantieri Rodriguez, i propulsori sono entrobordo tre Isotta Fraschini V1312T2 quattro tempi diesel, ognuno con 12 cilindri a V a quattro valvole per cilindro, alesaggio 130 mm x corsa 126 mm, 20069 cc, circa 1000 cv a 2700 rpm, iniezione diretta tramite pompa Bosch ad alta pressione, pompa carburante e circuito alimentazione corazzato e sovralimentazione bi-turbo KKK. Il circuito di raffreddamento comprende uno scambiatore d’acqua dolce/acqua di mare a fascio tubiero con cassa di compenso incorporata, pompe centrifughe azionate dal motore (pompa dell’acqua di mare auto adescante), collettore gas di scarico raffreddato ad acqua e controllo elettronico termostatico dell’apparato idraulico. I supporti del motore sono tutti dotati di smorzatori di vibrazioni torsionale; la verniciatura marina anti corrosione è la “bronzit beige” BMW. Per le unità prodotte dalla Intermarine, furono adottati tre propulsori per imbarcazione MTU 12V183 TE92, avente prestazioni similari (995 cv circa) e analoga architettura. La propulsione di crociera è data da due dei tre motori posizionati lateralmente all’imbarcazione, entrambi con riduttore/invertitore di giri solidale al motore, cuscinetti reggispinta e due eliche tri-pala a passo fisso. Il terzo motore centrale svolge la funzione di “booster”, con avviamento indipendente dalla coppia laterale, è collegato ad un idrogetto tramite riduttore, posizionato sullo specchio di poppa. La velocità di crociera bi-motore è di 27 nodi, la velocità di punta (tri-motore) è di 34 nodi, per un range operativo di 900 miglia nautiche a 18 nodi o 650 miglia nautiche a 30 nodi. SISTEMI DI NAVIGAZIONE Per la navigazione è presente un GPS, ecoscandaglio, un radiogoniometro VHF/FM, apparati di comunicazione VHF e CB, radar GEM e Loran-C. è presente inoltre un radar Furuno è un sistema IRST EOSS100: quest’ ultimo permette l’identificazione passiva, designazione e tracciamento di tutte le imbarcazioni di superficie e di velivoli a bassa velocità tramite una videocamera infrarossa VTU-110 e sensori girostabilizzati. Il dispositivo remoto lavora in simbiosi con il Vessel Traffic System (VTS) e il Vessel Traffic Menagement & Information System (VTMI). Tutte le funzioni sono automatiche gestite dai sistemi, ma con possibilità d’uso manuale tramite joystick e schermo in plancia di comando. APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO Data la natura dell’imbarcazione, l’armamento è puramente difensivo e costituito da una mitragliatrice Beretta MG 42/59 in calibro 7,62 NATO, posizionata su supporto fisso a prora. http://www.intermarine.it/en/products/defence/fpb/25-meters http://www.guardiacostiera.gov.it/mezzi-e-tecnologie/Pages/Scheda-dati-CP-273.aspx
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grazie mille
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Mercedes-Benz Actros AHSVS Il Mercedes-Benz Actros AHSVS deriva dalla famiglia di veicoli pesanti civili della serie 4100 (nello specifico, il 4140 e il 4150) utilizzati sia in ambito cava-cantiere, sia in versione stradale. A differenza del modello militare basico (dentico al civile), l’AHSVS costituisce l’evoluzione più estrema e radicale del genere Actros. AHSVS (Armoured Heavy Support Vehicle Sistem) è un programma avviato dal Dipartimento della Difesa Nazionale Canadese, in risposta alla carenza dell’intera flotta da trasporto e supporto durante l’operazione di peacekeeping in Afghanistan sul fronte Athena. Di fatto, i precedenti veicoli HLVW (risalenti al 1980) furono integrati con corazze modulari APS sviluppate per la guerra nei Balcani. Sebbene l’upgrade fosse notevole, non forniva sufficienti prestazioni contro minacce IED e proiettili perforanti. Il vincitore del concorso fu la Mercedes-Benz sezione Special Truck Division (in qualità di primo appaltatore), supportato dalla Fahrzeugwerk e dalla Kaltenbach austriaca, l’LMT sudafricana, Fahrzeuzbau, GmbH e Oppenau tedesca. Le disponibilità e i prezzi iniziali furono pubblicati nell’agosto 2006, seguito dall’approvazione della spesa nell’ottobre 2006, l’aggiudicazione il marzo 2007, la capacità operativa iniziale nel maggio 2008 e la piena capacità operativa nell’ottobre 2008. Nel 2007 fu approvata la modifica alla spesa per l’adozione di semi-rimorchi dedicati per il trasporto del carro armato Leopard 2A6. Dalla data dell’approvazione, la spesa prevista fu di 169 milioni di dollari, compresi del costo di 82 veicoli compresi di logistica, formazione del personale e apparati di supporto (ILS), con l’opzione di ulteriori 26 Actros AHSVS. Il numero di forniture consisteva in: 25 da carico generico, 5 veicoli da soccorso e recupero carri, 12 da trasporto carri e 40 per trasporto PLS. L’Actros AHSVS soddisfò da subito le esigenze operative, dimezzando le operazioni di manutenzione e assicurando protezione al di fuori delle basi NATO, rilegando gli HLVW a compiti di collegamento in zone sicure e addestramento del personale in madrepatria. Le prestazioni del mezzo portarono la Difesa Nazionale a richiedere moduli passeggeri altamente blindati per i compiti di collegamento nelle zone calde, scartando l’acquisto di veicoli MRAP RG-31. Il ruolo degli AHSVS arriva subito dopo l’intervento delle forze corazzate in zone ostili, attuando azioni di collegamento e rifornimento di materiale sotto il fuoco nemico. ( http://www.oag-bvg.gc.ca/internet/English/parl_oag_200911_05_e_33206.html e http://www.forces.gc.ca/en/business-equipment/announcements.page ) Nel maggio 2011 Mercedes-benz ha firmato un contratto con l’esercito tedesco per la fornitura di 12 Actros AHSVS da recupero, denominati “Bison”, analoghi a quelli canadesi, da spedire sul fronte Afghano, andando a implementare la commessa di 2000 mezzi pesanti richiesta dalla Bundeswehr. Il “Bison” fa parte del sistema di recupero e soccorso del Boxer, del Man LKW e del Leopard 2A6. ( http://www.armyrecognition.com/may_2011_news_defense_army_military_industry_uk/mercedes-benz_signed_a_contract_with_the_german_army_for_the_deliver_actros_recovery_truck_2905111.html ) L’esercito di Singapore utilizza l’Actros con il nome di HMCT (High Mobility Cargo Trasporter) sia come vettore di lancio che come trasportatore. MOTORE Il propulsore designato è un MB OM502LA, un V8 turbodiesel con intercooler (con possibilità di upgrade doppio turbocompressore per carichi oltre le 70t) da 15.930 cc di cilindrata, 510 cv (la versione aggiornata Euro IV eroga 530 cv) a 1800 rpm e 2400 Nm a 1080 rpm di coppia, Alesaggio 130 mm per corsa 150 mm. Quattro valvole per cilindro con azionamento a bilancieri, testate singole, raffreddamento ad acqua ed aria forzata, iniezione diretta common rail del carburante e sistema di pompaggio/monitoraggio della pressione PLS. Il PLS (Pressure Limiting Driver) lavora con 350 atm, controlla la pressione del carburante diretto agli iniettori e, agendo sulla pompa, limita la perdita di pressione quando il motore scende al minimo di giri; allo stesso tempo taglia l’erogazione del carburante quando si registrano valori di sovra pressione o sovra temperatura e, intercettando il regime di giri durante la ripresa, consente un mantenimento stabile delle prestazioni. È possibile istallare componenti per condizioni climatiche estreme come radiatori ad alta efficienza, filtri per i collettori d’aria aggiuntivi, snorkel e scarico superiore per guadi profondi fino a 1,2m (0,75 cm con dotazione standard) La gestione del motore avviene in simbiosi con l’apparato trasmissione tramite una logica di controllo nominata Kontact®, facente parte del complesso sistema di gestione Telligent®. Esso costituisce l’evoluzione dell’IES (Integrate Electronic System) presente nella prima serie Actros. CATENA CINEMATICA E TRASMISSIONE La trazione è integrale 8x8 permanente (6x6 nei modelli a tre assi). Il cambio è un semi-automatico/automatico elettronico 16 marce + 4 Rm Telligentshift, successivamente sostituito dal 12 rapporti automatico Powershift. Il cambio costituisce il componente cardine del sistema Telligent, insieme alla frizione, ai comandi di governo e controllo e al motore. L’assenza di qualsiasi collegamento meccanico tra il cambio e la cloche in cabina (tutto avviene tramite controllo remoto elettronico a differenza di qualsiasi altro veicolo) permette di isolare ermeticamente il modulo cabina, garantendo maggiore resistenza e sicurezza balistica in caso di esplosioni nel sotto scocca. Inoltre questa soluzione riduce l’usura sugli organi meccanici, in quanto tutta l’operazione è gestita tramite centraline, una maggiore prontezza in risposta del mezzo e garantisce un approccio più fluido eliminando gli errori operativi alla guida. Come accennato, l’attuazione della cambiata avviene tramite una cloche situata in un supporto abbattibile a fianco al sedile sotto il poggia braccio; lo switch posteriore permette di commutare il controllo da semi-auto ad automatico; per l’avviamento il semi-auto bisogna tener premuto il pulsante sul lato destro e agire sulla cloche in avanti. Tale operazione richiede il “consenso” da parte della frizione che, tenendola premuta, permetterà il processo di cambiata, avvisando con un doppio click l’inserimento della marcia valutata dal computer, anche in base all’inserimento dello splitter per la preselezione degli ingranaggi (visibile dal display). Il pulsante di destra, o pulsante di scarico, permette di passare in folle il sistema. Un computer stima la marcia corretta in base ai valori di coppia del motore, velocità del mezzo, inclinazione del terreno, valori di carico sullo chassis o sulla ralla (LSS), calcolando inoltre i valori di accelerazione e decelerazione durante la fase di cambiata, in modo da prevedere richieste di coppia o abbassare il regime di giri motore. Il sistema computerizzato cura anche la diagnostica costante di tutto l’apparato meccanico e del Telligent stesso. Tutti i differenziali, da quello centrale VG2400 (tre alberi, 2 velocità) a quello dei singoli assi, sono bloccabili in corsa. I due assi anteriori sterzanti sono indipendenti e dotati di servosterzo, i freni sono pneumatici a tamburo su tutte le ruote con sistema ABS governato dal Telligent. Le sospensioni sono a balestre idropneumatiche, con bracci a quadrilateri sovrapposti. Le ruote sono dotate di ACTIS (Automatically CTIS) con regolazione della pressione remota dalla cabina tramite monitor LCD dedicato e compressori a circuiti indipendenti. Montano gomme 395/85 R20 run-flat. TELAIO, CABINA E BLINDATURA La blindatura della scocca è stata progettata dalla LMT sudafricana, in collaborazione con la Composhield danese. La pannellatura interna composta da kevlar unita alla pesante corazza esterna permettono la resistenza contro i proiettili da 14,5 mm perforanti e schegge d’artiglieria; l’adozione di soluzioni come lo scafo rinforzato, la schermatura del motore e l’isolamento della cabina dal resto del veicolo consentono di resistere ad esplosioni di 10 Kg di tritolo e mine in ogni punto del sotto scocca. La scelta di non dotare il mezzo di uno scafo a V risiede nel concetto dell’assorbimento dell’onda d’urto piuttosto che della deflessione, consentendo così di mantenere un profilo relativamente basso. La blindatura ai lati della cabina e sul tetto rispondono agli STANAG 4569 I livello, ai lati della zona motore, sottoscocca e sezione frontale sono al livello IIIA; le porte d’accesso sono ad apertura e chiusura idraulica, dotate di apertura automatica d’emergenza. Tutti i vetri sono blindati e con superficie schermata ridotta; sul tetto vi è una botola di sorveglianza ed emergenza, all’occorrenza è possibile istallarvi supporti per armi leggere a scopo difensivo. Su allestimento dedicato, è predisposto per l’istallazione di torrette con armamento leggero remoto. Il veicolo è integralmente protetto e isolato dagli agenti NBC, dispone di elettronica schermata e unità elettrogene ausiliarie d’emergenza, particolare cura è stata dedicata a tutti i sotto sistemi antincendio. La cabina è ammortizzata da celle d’aria , in sospensione sullo chassis. può variare di dimensioni in base all’allestimento e tre varianti principali, dentro è presente un Webasto programmabile per il riscaldamento nei climi artici; i sedili sono tutti Grammer ad assorbimento d’urto pneumatico regolabile. L’equipaggio è composto da tre operatori. Dispone di criptatori radio, apparati di comunicazione, trasponder e geo localizzazione interforze in dotazione all’esercito canadese. Tutte le apparecchiature sono state aggiornate dalla GDC dal 2015 con il miglioramento degli apparati crittografici e nuovi software per le interfacce radio. Il telaio deriva direttamente dalla versione civile ma rivisitato dal punto di vista torsionale. Tutti gli apparati sono modulari, consentendo di adottare serbatoi aggiuntivi, oltre a quello primario da 400 l. Nella parte posteriore è presente una campana di traino per tutti i rimorchi in dotazione alla NATO e per il traino di pezzi d’artiglieria. È strutturato per sopportare 18 t di carico su 39 t complessive, con capacità di traino di 30 t. VARIANTI: trattore porta carri Una versione dell’Actros è dedicata al traino di semi-rimorchi per il trasporto di mezzi d’opera ma, principalmente, carri armati e veicoli blindati. Mentre lo chassis risulta invariato, vi sono sostanziali modifiche al propulsore; esso infatti adotta una variante dell’OM502LA forte di 598 cv (poi aggiornati a 653 cv) a 1800 rpm con una coppia di 2400 Nm a 1080 rpm. Il retarder è integrato sul turbo-compressore, siglato TRC (Turbo Retarder Clutch); oltre a diminuire l’ingombro di un retarder tradizionale, ne diminuisce il rumore i il consumo generale, garantendo prestazioni di frenata sotto carico senza limiti di tempo e il tutto controllato dai computer Telligent. Monta un cambio G280-16, un differenziale centrale VG2400-3W a singola velocità e un convertitore di coppia in gamma bassa, i quali gli consentono di muovere 110 t sulla ralla. In ogni asse c’è un differenziale con riduttore planetario bloccabile. Il serbatoio principale ha una capacità ridotta a 300 l e il telaio è rinforzato rispetto alla versione motrice base. La parte più vistosa nel retro cabina è l’apparato di raffreddamento maggiorato a controllo termostatico, cooperante con la centralina motore. Dietro il complesso di radiatori e ventole, vi è un supporto per il doppio argano elettroidraulico, con capacità di trazione di 23 t per singolo cavo d’acciaio. I semi-rimorchi compatibili sono il pianale due assi ribassato stradale, il pianale HET americano e il tedesco Doll Fahrzeugbau S7H-OYS5 a sette assi, utilizzato per il trasporto del carro Leopard 2A6 nell’impiego fuoristrada. Ha una conformazione pianale estensibile a collo d’oca, le rampe di carico sono ad azionamento idraulico remoto. Quest’ultimo ha una capacità di carico di 81,5 t per un totale di 108 t, le sospensioni sono idrauliche con regolazione d’altezza e assetto tramite iniezioni d’azoto, gli assi sono completamente indipendenti, di cui il terzo e quarto fissi e i restanti cinque sterzanti; le 30 ruote misurano 285/70 r19,5. Sostituisce il semi- rimorchio in dotazione al DAF Tropco HET olandese e, grazie ai rulli di scorrimento sul “collo d’oca”, può permettere il caricamento di veicoli danneggiati con i verricelli in dotazione al mezzo. VERSIONI: recupero e soccorso “Bison” Destinato al recupero e soccorso di veicoli tattici e blindati come il Boxer, ha a disposizione una gru con capacità di sollevamento di 1,5 t, verricello posteriore per traini fino a 30 t e barra di sollevamento posteriore a comando remoto elettroidraulico, il quale consente l’elevazione di 25 t massime. I compartimenti stagni consentono di ospitare gli attrezzi di manutenzione da campo dei mezzi in panne. DATI TECNICI AGGIUNTIVI Mercedes-Benz Actros AHSVS Lunghezza: 10,5 m (8,4 m per la versione trattore) Larghezza: 2,8 m Altezza: 3,4 m Autonomia: 900 Km Velocità max. su strada: 90 Km/h (Bison 85 km/h, Bison e Actros 80 km/h in traino) Velocità max. fuori strada: 70-80 Km/h Altezza da terra: 0,55 m http://www.mb-defence-vehicles.com/ video https://www.youtube.com/watch?v=qyu3uNGEyuw
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Avere il "motorone" non è sinonimo di difesa, mentre fa la differenza dal punto di vista dinamico su terreni ostici. Sopra, non ho fatto riferimento ai consumi del Vector rispetto a motori meno potenti, anzi, ho riportato i valori confrontabili di potenza-peso tra vari propulsori, spiegando come vi sia una curiosamente troppa potenza rispetto alle tonnellate. Guardando veramente al consumo, come precedentemente detto un V8 scalda molto più di un V6; questo costringe all'adozione di compressori maggiorati e pompe di raffreddamento più potenti, ergo l'energia spillata è decisamente maggiore, quindi il consumo aumenta. La differenza di consumo tra un V8 e un V6 è parecchia, ma ciò che magari può renderli equivalenti è la trasmissione, che come già detto fa 3/4 del lavoro sulla Centauro.
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e dunque ( e sempre con molto scetticismo a riguardo) perchè non sono perfezionati gli studi sull'adozione dei proiettili sferici anche oggi? perchè quindi un fucile a pallettoni non tira con precisione a 200 metri neanche a sognarlo sebbene la tecnologia delle anime lisce abbia fatto passi da gigante? Si ok, non stiamo parlando di limiti fisici della meccanica o di parte di un pianeta, ma semplice balistica. sono numeri, forze vettoriali, misure. non circostanze da interpretare. Tornando ai fucili, una sfera è paurosamente instabile aerodinamicamente, soprattutto se caricata con polveri create senza molti crismi compattate a mano e se sparata da fucili con tolleranza paurose, non può fisicamente dare quei risultati. Sicuro che il "resoconto" da te postato non sia frutto di fortuite coincidenze? per esempio un tiro a palombella da dietro le linee fatto a caso? sai quante volte succede.. basta guardare i casi di cronaca su internet sotto la voce proiettili vaganti. Prendi sempre con le pinze i resoconti, ognuno ingrassa la storia come vuole
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Sarà.. ma aldilà delle testimonianze più o meno vere, come scritto da tutti, è molto e forse troppo impossibile che una palla sferica arrivi ad avere simili prestazioni ( è questione di fisica). Vedi commento di Raptor sopra
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Si ok, ma hai dati tecnici..link.. tabelle balistiche o altro che non siano i racconti di qualcuno (più o meno noto) per confermare ciò che hai scritto in merito ai fucili e sul proietto sferico?