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Hobo

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  1. Ah potrebbe darsi, ma le didascalie che ho visto sui vecchi libri li davano per indiani (d'America) della 101° aviotrasportata, sennò mi fai crollare un mito trentennale! He He He... Ma come si inviano le immagini dal proprio computer?
  2. “Cara moglie, tra un quarto d’ora sarò morto...”. Il 14 ottobre 1944, in un paesino arroccato sulle maestose colline del Wurttemberg, una Opel nera si ferma davanti ad una villetta a Herrlingen, vicino ad Ulm sul Danubio. L’autista, lo Scharfuhrer (sergente maggiore) delle SS Heinrich Doose, tira il freno a mano e spegne il motore, poi scende ad aprire la portiera. Ne escono due generali; Wilhelm Burgsdorf, aiutante in capo del Fuhrer e Ernst Maisel, capo della sezione legale del personale dell’esercito tedesco: sono due anime nere di Hitler. Un maggiordomo apre ai nuovi venuti, l’incontro è correttissimo. Lucie Rommel, del tutto ignara ma tesa, invita subito gli ospiti a pranzo. Burgsdorf, gentilmente, rifiuta e chiede di parlare in privato con il feldmaresciallo per “...trattare questioni di carattere ufficiale”. Rommel ordina al suo attendente, il fido capitano Hermann Aldinger, di tenere pronto tutto il dossier sulla Normandia, poi accompagna i generali nel suo studio. Parla per primo Burgsdorf e usa il “lei” anche se è stato compagno di corso di Rommel: “Lei è accusato di complicità nell’attentato contro il Fuhrer”, dice a Rommel, poi mostra dei documenti in cui pare che Hofacker, Speidel e Von Stulpnagel, sotto tortura, abbiano fatto il nome della Volpe del deserto. “Il Fuhrer promette che”, continua Burgsdorf, “se lei si suiciderà, avrà funerali di stato solenni, il suo tradimento non verrà mai svelato a nessuno, la sua famiglia non subirà la rappresaglia della “Sippenhaft” e sua moglie godrà della sua pensione di feldmaresciallo, questo come riconoscimento dei suoi servigi...”. Secondo Maisel, Rommel tace a lungo, poi mormora: “Jawohl, Ich habe mich vergessen [sissignori, ho dimenticato me stesso...]” e poi ancora rivolto a Burgsdorf: “Generale, posso prendere la sua auto e appartarmi? Temo solo di non saper fare bene con la mia arma... ”. “Questo non è necessario”, ribatte Burgsdorf, “per questo abbiamo il cianuro, che agisce in tre secondi”. Senza ribattere, Rommel esce dallo studio e si apparta brevemente in camera da letto con la moglie. Lucie ne esce sconvolta. Nell’atrio, il vecchio maggiordomo Rudolf aiuta il feldmaresciallo ad indossare il suo semplice cappotto di soldato, senza mostrine nè distintivi, compagno di mille battaglie (a Rommel, come a Rundstedt, non piaceva esibirsi). Poi Rommel prende il berretto e il bastone di maresciallo; stringe la mano a tutti, ma non agli inviati di Hitler; si fruga in tasca, prende le chiavi di casa con mano ferma e le consegna al figlio Manfred: “Manfred”, gli dice, “Temo che anche al generale Speidel accadrà la stessa cosa. Se succede, tu avrai cura di tua madre come della signora Speidel, d’accordo?”. Poi esce e sale sulla Opel nera, sul sedile posteriore, accanto a Maisel che mormora: “Herr Feldmarschall...”. La Opel imbocca il vialetto, poi esce dal piccolo parco della villa e si immette sulla strada. Arrivano al bivio per Blauberen, dove Burgsdorf ordina a Doose di fermarsi ai bordi della stradina deserta. Sono appena passate le 12:30. Doose e Maisel scendono e lasciano Rommel solo con Burgsdorf. Un’ora più tardi, la salma di Rommel è portata all’ospedale di Ulm. L’annuncio ufficiale dice che: “...il feldmaresciallo è morto in conseguenza delle gravi ferite subite nel mitragliamento della sua auto in Normandia”; gli saranno riservati i funerali solenni, l’elogio funebre verrà letto da Von Rundstedt, che era stato suo comandante in Normandia e che molto probabilmente era del tutto all’oscuro di quel che era successo.
  3. Quando il suo comandante Bradley sfonda a Saint Lo, caposaldo occidentale dei tedeschi in Normandia, Patton non esita un solo minuto a gettare nella breccia tutto il suo 8° corpo d’armata, dirigendosi a sud-ovest, in direzione di Avranches, per tagliare trasversalmente la base del Cotentin e raggiungere il Golfo di Saint Malo. Le punte della 4° divisione corazzata, 3° armata americana, sono nei sobborghi di Avranches il 30 luglio. Il giorno dopo gli americani si impadroniscono di Pontaubault e conquistano una piccola testa di ponte al di là della Sélune. Patton è così arrivato a bussare alla porta della zona francese libera. Questo è considerato il punto culminante di tutta la campagna d’invasione della Normandia. Una sola strada, con un solo ponte, portava oltre Avranches e oltre la Sèlune, in Bretagna. Patton sarebbe riuscito a conquistarli intatti e a tenerli? E’ sabato sera quel 30 luglio 1944. Al posto di comando tattico del colonnello Bacherer si sarebbe potuto udire cadere a terra uno spillo mentre il primo aiutante del colonnello regge ancora in mano il messaggio del feldmaresciallo Kluge: “Avranches deve essere difesa fino all’ultimo uomo e fino all’ultima cartuccia, essa è il cardine occidentale della nostra difesa, in essa si decidono le sorti delle forze armate tedesche in Occidente...”. Bacherer non ha certo bisogno che Kluge gli spieghi queste cose, ma nel contempo vede chiaramente che l’impresa che gli si ordina di intraprendere è senza speranze. Ci sono soltanto i resti malconci di un’unica divisione per contrastare l’imminente catastrofe. Il colonnello tedesco cerca subito di scacciare questi pensieri e si mette all’opera. Sguinzaglia i suoi uomini migliori e raggranella ogni possibile forza su cui riesce a mettere le mani. Oltre alle sue unità della sfinita 77° divisione di fanteria, Bacherer scova non si sa bene come anche 14 cannoni d’assalto semoventi tra Sturmgeschutz III e Jagdpanzer IV, alcuni reparti dispersi della 5° divisione paracadutisti e tutti gli sbandati che trova; li raduna in un gruppo di combattimento e il 31 mattina avanza su Pontaubault, incredibilmente la prende e si dirige su Avranches. I granatieri corazzati penetrano nella città; sono eccellenti soldati che vengono dal fronte russo e sono “...veterani duri da cuocere” per gli americani; un plotone di essi vale un battaglione, iniziano a sloggiare gli americani casa per casa. Intanto i semoventi tedeschi tengono i carri americani lontano dai granatieri. Una sola cosa impensierisce gli uomini: gli aerei nemici. I soldati tedeschi tengono fissi gli occhi verso il cielo nuvoloso e le loro orecchie sono bene allerta. Finchè accade l’inevitabile. Verso mezzodì, una schiarita si apre tra le nubi e un meraviglioso sole estivo buca la copertura nuvolosa. “Jabo!” E’ il grido di terrore disperato che si leva dalle truppe tedesche. I Thunderbolt e i Typhoon si precipitano verso terra attraverso gli squarci tra le nubi come rapaci assetati di sangue, i cannoncini tuonano, i razzi partono da sotto le ali, è la fine. I panzer bruciano, gli Sherman americani si fanno sotto, i granatieri corazzati tedeschi devono pensare alla loro pelle come meglio possono e si disperdono verso sud-ovest. “Unità guastatori”, grida Bacherer al radiotelefono “far saltare il ponte sulla Sèlune!”. Ma accade l’incredibile. Quel dannato ponte è come stregato! I primi guastatori tedeschi, dopo aver atteso con impazienza che l’ultimo uomo si sia ritirato al di là del ponte, danno corrente ai detonatori, ma nulla accade! Vanno a vedere che succede e vengono massacrati dai carri nemici. La seconda pattuglia guastatori cade in un’imboscata, il ponte resta intatto e gli Sherman americani ci passano sopra! Gli americani ci sono riusciti: si sono infilati tra il fianco sinistro di tutto lo schieramento tedesco e la costa atlantica della Francia! Ora essi sono fuori dal Cotentin e dilagheranno in Francia come un incendio nella savana riarsa dal sole, nulla può più trattenerli. La battaglia di Normandia è vinta. La sera del 31 i carri americani bussano alla porta del comando tattico di Bacherer e lo travolgono sotto i cingoli. Bacherer si ritira fortunosamente lungo sentieri nascosti. Fino a tutto il 7 agosto gli aerei tedeschi cercheranno di distruggere il ponte sulla Sélune, ma non ci riusciranno: gli aerei inglesi e americani li tengono a debita distanza. Intanto, sul ponte, Patton scatena le sue divisioni. Il collo di bottiglia, la strada da Avranches a Pontaubault, diventa una “...pista fragorosa per carri e mezzi meccanizzati. Ufficiali dall’aspetto taurino stavano sul ponte con la Colt in mano: Go on! Go on! Comandavano a ogni unità che entrava in quel collo di bottiglia”. E’ una corrente ininterrotta di soldati americani in marcia. Patton, a dispetto di ogni manuale operativo, in 72 ore catapulta nella strettoia di Avranches non meno di sette divisioni, centomila uomini, quindicimila tra carri e veicoli di ogni genere. Alla maniera di Guderian, Patton non si preoccupa troppo dei suoi fianchi. E’ una riedizione del Blitzkrieg tedesco, ma stavolta sono gli americani a farlo. “La protezione dei nostri fianchi spetta alla fanteria che segue. L’obbiettivo sta dinnanzi a noi”, spiega Patton ai suoi. E l’obbiettivo di Patton è la piazzaforte di Brest, circa 300 chilometri a ovest di Avranches e che i tedeschi, colonnello Bacherer in testa, venderanno a carissimo prezzo. Riassunto da: “Arrivano!”. Paul Carell. Longanesi. 1962.
  4. Sono palloni frenati. Servivano per impedire gli attacchi aerei a bassa quota: i cavi d'acciaio uniti tra loro impedivano il sorvolo degli aerei. Notare le LST spiaggiate da 2000 tonnellate. Le Landing Ship Tank erano navi da sbarco che potevano servire sia per mettere a mare i mezzi da sbarco, come gli LCM (landing craft mechanized), sia per raggiungere direttamente la spiaggia e sbarcarci truppe e carri armati grazie a una rampa abbassabile attraverso la prua apribile. In cielo invece, le divisioni aviotrasportate si affidavano agli alianti in legno trainati, come gli Airspeed Horsa, i pesanti General Aircraft Hamilcar (inglesi) e i Waco CG-4 Hadrian (americani). Questi alianti erano trainati dai DC-3, ma per i più pesanti come gli Hamilcar ci volevano addirittura gli Halifaxes o gli Stirlings. Gli alianti in legno potevano imbarcare fino a tre volte il loro peso a vuoto ed erano estremamente sensibili al posizionamento del carico (che doveva essere perfettamente equilibrato e non doveva muoversi) e al vento; molto difficili da controllare a pieno carico, essi mollavano il cavo di traino e picchiavano verso terra, di notte, a velocità che potevano sfiorare anche i 300 chilometri all'ora. Erano molto pericolosi e un gran numero di essi si schiantò al suolo o finì contro i dispositivi antialiante messi da Rommel, come foreste di pali telegrafici piantati per terra, che strappavano le ali agli alianti in atterraggio, con tragici risultati.
  5. Grazie, spero di essere stato utile. Una celebre foto: aviotrasportati di etnia indiana (forse Cherokee) della 101° divisione "Screaming Eagles" si tingono il volto con i colori di guerra, prima di salire sul DC-3 Dakota che li porterà in Normandia, la notte sul 6 giugno 1944, per conquistare i ponti sul Merderet, alle spalle di Utah beach. Qualcosa di simile a quello che dovettero vedere, in mezzo al fumo e alle esplosioni, gli occhi atterriti dei tedeschi all'alba del 6 giugno 1944.
  6. L’ala a freccia negativa non è una novità. Per esempio, i tedeschi la sperimentarono nel quadrigetto Junkers Ju-287 di Hans Wocke, ma si scontrarono con la mancanza di materiali resistenti che fossero nel contempo anche leggeri. Succede infatti che l’ala a freccia negativa, specie in virate strette e cabrate ad alto angolo d’attacco, è soggetta a grandi sollecitazioni in torsione e tende a torcersi e a staccarsi dalla fusoliera. I tedeschi non avevano ancora i materiali compositi, resistentissimi, ma abbastanza leggeri da essere usati su un aereo. Wocke disegnò l’Hansa Jet HFB-320, l’unico aereo civile a freccia negativa (credo). Ora ti dico quel che ricordo, ma non prenderlo per oro colato. L’ala a freccia negativa nasce dall’esigenza di avere grandi doti di manovrabilità a bassa velocità associate a una ridotta resistenza aerodinamica e ad un’elevatissima resistenza allo stallo. Agli alti angoli d’attacco (una virata strettissima per esempio) il flusso d’aria che scorre sopra e sotto ali a freccia positiva ha la tendenza a diventare vorticoso e a scorrere in fuori e all’esterno delle ali, incominciando a staccarsi dall’estradosso alare e ad andare in stallo. Questo fenomeno dovrebbe essere più accentuato alle estremità alari, dove in genere ci sono le superfici di controllo come gli alettoni. Se gli alettoni stallano, cessano di essere efficaci e come ti puoi immaginare, è un casino. Inoltre, il flusso vorticoso (vortici) sbatte sulle superfici e vibra, aumentando la resistenza indotta (credo). (Per questo su molti aerei passeggeri oggi ci sono le winglets, ma questa è un’altra storia). L’ala a freccia negativa invece di convogliare l’aria in fuori, la fa scorrere all’opposto, verso la fusoliera. In questo modo, la prima porzione in cui il flusso d’aria tenderà a stallare non saranno più le estremità alari, ma la radice alare, così le superfici di controllo come gli alettoni, all’estremo opposto di ogni semiala rimangono ancora efficaci, anche ad alti angoli d’attacco. Però, la radice alare diventa deportante e quindi l’ala tenderà a torcersi in quanto le sue estremità esterne sono ancora portanti ed efficaci. Ecco perché ci vogliono materiali resistentissimi. L’X-29 aveva poi una serie di superfici di controllo sul bordo d’uscita alare che erano a curvatura variabile e, insieme con il fly by wire, davano la massima efficacia associata alla minor resistenza aerodinamica, in ogni profilo di volo. Invece poi di avere stabilizzatori ed equilibratori in coda, come gli aerei normali (che spesso sono deportanti ed aumentano la resistenza aerodinamica), l’X-29 aveva due canards davanti all’ala, sempre per aumentare il controllo agli alti angoli d’attacco e ritardare lo stallo. L’aria destinata all’ala a freccia invertita scorreva sotto i canards. L’X-29 aveva eccezionali doti di manovrabilità a bassa resistenza aerodinamica a tutte le velocità, con doti di cabrata e di rollio veramente impressionanti, non me le ricordo, ma credano che ci siano in rete. L’avvento dello Stealth e degli ugelli vettoriali (progetto ATF degli anni ’80-‘90) hanno portato all’archiviazione del programma del Grumman X-29. Un altro bell'aereo a freccia invertita era il Su-47 Berkut. Notare che pure lui sostanzialmente manca degli stabilizzatori e degli equilibratori, ma ha i canards.
  7. Da quello che sapevo, il B-17 è stato un aereo molto importante per varie cose. Una specie di pietra miliare. Nacque secondo l'idea che gli Stati Uniti avevano della guerra negli anni '20 e '30, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Secondo l'idea del "protezionismo" e dell'"isolazionismo" che vigeva in quegli anni, l'America non avrebbe dovuto immischiarsi in conflitti altrui all'estero, ma avrebbe dovuto solo difendersi. Di conseguenza serviva, oltre a una potente Marina, dotata di adeguata aviazione aeronavale, anche un aereo "speciale": un grande bombardiere che fosse così veloce e potente da scattare sopra l'oceano e colpire le navi nemiche che avrebbero provato ad attaccare gli USA. Da questo concetto nacque il B-17, che tra le altre cose uniche di cui disponeva, aveva anche gli ottimi motori Wright serie R-1820 che essendo compressi gli permettevano di volare tranquillo con il suo carico di bombe sopra i 10.000 metri, quota che nel 1935 era fuori della portata della contraerea e dei caccia allora in servizio. Mi pare di ricordare che fu prorpio il nostro Rex, il giorno della vittoria del Nastro Azzurro (nave più veloce nell'attraversare l'Atlantico verso l'America) che ricevette una visita di cortesia da parte di una veloce formazione dei nuovi B-17, che lo raggiunsero e sorvolarono per salutarlo in prossimità della costa orientale degli Stati Uniti. Curiosità: i più veloci tra tutti i B-17 furano quelli della prima serie, quelli ancora senza la pinna caudale alla base della deriva, perchè erano i più leggeri. I piloti tedeschi non temevano tanto il volume di fuoco del singolo B-17, che comunque era enorme, ma temevano il volume di fuoco complessivo della "scatola" dei "camions" (così avevano battezzato i piloti tedeschi, disperati, il B-17 a causa della sua grande robustezza). Il B-17 poteva volare molto sopra i Lancasters. Tuttavia, gli americani, forse anche a causa di motivi culturali (religione protestante puritana, ecc...) tentarono fino all'ultimo di fare bombardamenti di precisione, basandosi sugli ottimi sistemi di puntamento dei B-17 e andando di giorno (ma rischiando anche di perdere molti aerei e piloti nel tentativo di essere precisi e di evitare perdite di vite innocenti). Solo alla fine, per accellerare il crollo del terzo Reich (e quando si scoprirono i primi campi di sterminio nazisti), allora anche gli americani si sfilarono i guanti bianchi. Al contrario, gli inglesi, forse anche a causa del fatto che si erano visti aggrediti dai tedeschi nel blitz del 1940, non perdevano tempo inutilmente nell'impazzire a cercare di centrare un punto ben preciso, ma andavano di notte e si limitavano a saturare con tutto quello che avevano non un punto, ma un' intera area che conteneva anche quel punto ("area bombing"), con effetti devastanti. Quando nel '45 i russi dilagarono nel Reich millenario, saccheggiando e violentando, si diffuse tra le donne tedesche della razza superiore un detto: "Meglio un russo sulla pancia, che un inglese sulla testa...". Comunque, il vero "precursore" non fu tanto il B-17, nato come ho detto per altri scopi, ma il B-29. Non a caso, Stalin cercò in tutti i modi di copiare il B-29 e non il B-17. Il B-29 era il futuro (Tu-4 per i sovietici). Riguardo al B-52, non so. Ricordo che sul Vietnam del nord e sul Laos i B-52 operavano in "cellule" di tre aerei alla volta.
  8. Sono cose che lessi molto tempo fa. Ho cercato di riassumerle il più possibile perché possono magari servire per l’esame di Giorgioxxx. @ Giorgioxxx Mi dispiace, non ho più tempo di riassumere, ma ci sarebbe da dire... Schematizzando molto. Il primo luglio, Von Rundstedt, comandante in capo in occidente, avverte Keitel che la situazione è disperata. Keitel, conoscendo l’ordine di Hitler – nessun ripiegamento – chiede disperato: “ Che possiamo fare?”. Rundstedt risponde secco: “La pace imbecilli, che altro potreste fare?”. Detto questo, lui e Von Schweppenburg inviano ad Hitler un rapporto dettagliato e realistico di tutta la situazione. Hitler si infuria, non vuole credere alla realtà. Rundstedt dà le dimissioni, Hitler le accetta scrivendogli una lettera assai gentile. Il vecchio feldmaresciallo esce di scena, gli succede Gunther Von Kluge, un fido di Hitler. Kluge arriva e pare sprizzare fiducia ed ottimismo da tutti i pori, rimprovera bonariamente Von Scweppenburg per aver inviato al Fuhrer un rapporto così pessimistico ed inizia ad aggiornarsi sulla situazione visitando i campi di battaglia normanni. Come lo fa, essendo pur sempre un eccellente militare oltre che un uomo di fiducia di Hitler, Von Kluge, da ottimista che era, diventa subito “ ...misurato e cauto”, come racconta Blumentritt. Kluge si rende conto subito che Rommel e Rundstedt avevano ragione. La testa di ponte degli alleati in Normandia è diventata come un’enorme molla troppo compressa e pronta a scattare. La fascia di strade, città e villaggi che circoscrive tutto il fronte di sbarco ormai non è che un tappeto di rovine incenerite dall’artiglieria e dall’aviazione alleate. Nei primi sette giorni di luglio, due panzerdivisionen appena arrivate dalla Russia attaccano le due teste di ponte create dagli alleati oltre i fiumi Orne e Odon. Il generale Hausser, successore di Dollman al comando della 7° armata, lancia i suoi carri e i suoi uomini contro gli inglesi. Gli scozzesi della 15° divisione resistono da leoni, non ripiegano di un solo metro. L’attacco tedesco è infranto. Il generale Dempsey coglie subito la palla al balzo e contrattacca il fianco tedesco, marciando su Caen. Il 9 luglio, domenica, i primi canadesi entrano finalmente in Caen devastata. Scrive Moorehead: “Ci trovammo di fronte a uno spettacolo di desolazione che faceva pensare a un paesaggio lunare. Dove prima sorgevano case di tre o quattro piani, ora c’erano solo avvallamenti nel terreno. File e file di immensi crateri. Nuovi rialzi e depressioni ovunque l’occhio si posasse. La terra stessa era ridotta alla polvere originale. Le case erano state abbattute e si erano letteralmente disintegrate, per cui non esistevano più strade o passaggi, o il segno che una volta lì abitavano esseri umani. C’era una specie di anarchia in quella devastazione, una violenza cieca e inutile cui la mente si ribellava. Ci nascondemmo nella polvere grigia e aspettammo che cessasse il cannoneggiamento. Sembrava inutile proseguire. Quella era la fine del mondo...”. A questo punto mi pare importante dire poche cose su quel che successe nella foresta di Rastemburg il 20 luglio 1944, perché l’attentato ad Hitler ebbe enormi ripercussioni anche sulla battaglia di Normandia. Hitler, a quanto si sa, rimase praticamente illeso nel fisico, ma rimase sconvolto nella mente da quell’attentato: capì forse che era andato troppo oltre e ora non si fidava più di nessuno. Seguì un bagno di sangue tra gli alti ufficiali generali coinvolti nell’attentato, ma anche gli altri generali tedeschi rimasero così terrorizzati dalla reazione del capo dei nazisti, che il loro rendimento sul campo diminuì. Come scrive Liddell Hart, il generale Blumentritt riferì che il feldmaresciallo Von Kluge era un eccellente soldato e un combattente molto aggressivo, quando assunse il comando di tutto il fronte occidentale, sostituendo Von Rundstedt a Saint Germain en Laye. Tuttavia, quello che successe il 20 luglio 1944 a Rastemburg cambiò profondamente le cose. Il nome di Kluge pare che venne fuori da alcune indagini della Gestapo che indagava sull’attentato e il feldmaresciallo ne rimase (giustamente) terrorizzato, non tanto per sé, quanto per i suoi familiari. Per colmo di sfortuna poi accadde che proprio poco prima che gli americani sfondassero ad Avranches, vincendo la battaglia di Normandia, Von Kluge rimase irreperibile per più di 12 ore, bloccato e con la radio distrutta da un violento bombardamento d’artiglieria. Questo parve acuire ancor di più i sospetti di Hitler, che prima pareva fidarsi ciecamente di Kluge. Kluge quindi si spaventò: ora doveva non solo combattere gli alleati, ma anche guardarsi le spalle dalla Gestapo che indagava su di lui. Questa duplice pressione lo fece probabilmente crollare. Quando gli americani sfondarono ad Avranches, Kluge si senti probabilmente perduto. Model venne inviato a sostituirlo a Saint Germain en Laye il 17 agosto 1944 e lo trovò molto agitato. Kluge puntò il dito sulla cartina, ad Avranches e disse a Model, quasi mormorando: “Ecco dove io perdo la mia reputazione di soldato”. Kluge mostrò a Model l’ultima lettera di Hitler, con la quale veniva destituito dal comando in Occidente. La lettera finiva così: “ ...il feldmaresciallo Von Kluge dichiari in quale parte della Germania intenda recarsi...“. Insomma volevano avere il recapito preciso di lui e della famiglia. Dopo aver scritto una lettera a Hitler, che fu ritrovata dopo la guerra, Kluge si suicida con una fialetta di cianuro. Non gli furono celebrati i funerali solenni. Il 17 luglio 1944 frattanto era successa un’altra cosa importante: Rommel, durante un’ispezione sul campo di battaglia, viene attaccato e quasi ucciso dagli Spitfires. La sua vecchia Horch, presa a cannonate dagli aerei, cappotta sulla strada statale n. 179, tra Livarot e Vimoutiers e Rommel e l’autista sono sbalzati fuori. Rommel si frattura il cranio e va in coma; il farmacista di Livarot, monsieur Marcel Lescene, probabilmente gli salva la vita, praticandogli subito un’iniezione di olio di canfora, un antico ed efficacissimo rimedio contro i collassi cardiaci. L’autista di Rommel, caporale Daniel, anche lui gravemente ferito si rifiuta di abbandonare il generale e gli rimane accanto finchè non li trasportano tutti e due all’ospedale della Luftwaffe a Bernai, a 50 chilometri di distanza,dove il giovane Daniel fa ancora in tempo a cercare di informarsi sulle condizioni del suo comandante, prima di morire. Per Rommel la guerra è finita. La perdita di Rommel e di Kluge è un colpo tremendo per i tedeschi in Normandia, anche perché ora mette piede in Normandia, alla testa del suo 8° corpo d’armata, uno strano generale di cavalleria, un certo George Smith Patton. Alla fine di luglio, il fronte di sbarco sta per scoppiare letteralmente. Sono arrivati in Normandia circa un milione di uomini, con un rapporto uomini / veicoli che raggiunge quasi lo stratosferico valore di 1! Il piano è semplicissimo: attaccare in continuazione i tedeschi lungo tutto il fronte, per non dar loro la possibilità di riprendersi, fino a che il 31 luglio arriva al quartier generale della 7° armata un laconico messaggio: “Il fronte ha ceduto”. Si tratta di Bradley che, lungo la valle della Vire, ha sfondato le sottili linee tedesche a Saint Lo e ora Patton si precipita nella breccia con la sua 3° armata, in direzione di Avranches e della valle della Loira. I tedeschi proveranno a tagliare il collo di bottiglia di Avranches per tagliare tutti i rifornimenti alle truppe alleate che si erano spinte a sud verso la Loira, ma i Typhoon e i Thunderbolt alleati faranno strage dei panzer tedeschi e il contrattacco fallirà. “Marciate, marciate e ancora marciate!”, dice Patton ai suoi e quando i suoi ufficiali gli chiedono una maggior difesa sui fianchi, lui risponde: “Preoccupatevi della meta di fronte a voi, non dei vostri fianchi”. La battaglia di Normandia è vinta con lo sfondamento di Patton ad Avranches; gli americani dilagano nella Francia ed il fronte per i tedeschi si allarga a dismisura mano a mano che gli alleati si spingeranno verso oriente. Riassunto da: “Una storia di uomini – La Seconda Guerra Mondiale”. E. Biagi. Vol. VI. 1980-86. “The other side of the hill – Storia di una sconfitta”. Liddell Hart. 1979.
  9. Sullorlo della disperazione, ricorda Gunther Blumentritt, capo di stato maggiore di Rundstedt, il feldmaresciallo pregò Hitler di venire in Francia per un colloquio. Egli e Rommel andarono insieme da Hitler a Soissons [in realtà, a Margival, dieci chilometri a nordest di Soissons] il 17 giugno e cercarono di fargli comprendere la situazione. Sebbene Caen e Saint-Lo, i due capisaldi tedeschi in Normandia, fossero ancora in mano nostra, era ovvio che non sarebbe stato possibile tenerli ancora a lungo. I due feldmarescialli erano ora perfettamente daccordo sullunica misura che poteva salvare la situazione allinfuori di una grande ritirata, che lo sapevano Hitler non avrebbe autorizzato. Volevano ritirarsi da Caen, lasciare la fanteria a tenere la linea dellOrne e disimpegnare le divisioni corazzate trasferendole più indietro perché potessero riorganizzarsi. Il loro piano era dimpiegare poi le forze corazzate in un poderoso contrattacco sul fianco delle forze americane nella penisola del Cotentin. La reazione di Hitler fu quella che tutti si possono immaginare, non si doveva attuare nessun ripiegamento: Dovete restare dove siete. Non volle acconsentire neppure a lasciarci un po più di libertà nel muovere le truppe come credevamo meglio, continua Blumentritt, il feldmaresciallo ed io ci eravamo resi conto sempre più chiaramente, a partire dalla seconda settimana [di giugno], che non avremmo potuto ricacciare in mare gli invasori; ma Hitler credeva ancora che ciò fosse possibile e poiché non voleva modificare i suoi ordini, le truppe dovevano continuare a rimanere aggrappate a una linea difensiva che cominciava a incrinarsi dappertutto. Non cera più un piano. Cercavamo semplicemente e senza speranza di obbedire allordine di Hitler secondo il quale la linea Caen Avranches doveva essere tenuta a ogni costo. Lincontro del 17 giugno vede accadere altre due cose significative. La prima è che Hitler se ne esce con una sparata sulle Armi Segrete, le V-1 e V-2. I signori feldmarescialli forse non lo sanno ancora, ma la Germania dispone di una nuova generazione di armi che finalmente cambieranno il corso della guerra. Rundstedt e Rommel allora pregano Hitler, sempre che sia tecnicamente possibile, di puntare queste nuove armi sulla testa di sbarco alleata in Normandia, ma il Fuhrer rifiuta, spiegando come si fa con i bambini piccoli che questo nuovo tipo di armi è destinato a radere al suolo Londra, per: … convertire gli inglesi alla pace. La seconda cosa è un fatto apparentemente insignificante, ma che la dice lunga su quello che Rommel aveva in animo forse ormai da anni. La Volpe del deserto, che un tempo era membro dello staff del Fuhrer, alla fine della sua relazione si avventura a dire al dittatore che il tempo della guerra sta definitivamente tramontando e per la Germania è arrivato il momento di pensare a una soluzione politica e non militare di tutta la faccenda, anche per non finire sotto i bolscevichi … Hitler, fino ad allora educatissimo, non lascia neanche che Rommel finisca lultima frase ed esplode in un: Lei pensi solo al suo fronte dinvasione e non a problemi che non la riguardano, ma interessano solo me!. Poi, forse accorgendosi che i nervi della Volpe del deserto, il suo migliore feldmaresciallo, stanno probabilmente a pezzi, Hitler cerca di rincuorarlo con una spiegazione sulle armi segrete e lodando quello che loro stanno facendo in Francia, ma il vaso si è rotto; si possono incollare i cocci, ma non sarà mai più come prima. La cosa è enorme: Rommel, il generale in cui Hitler riponeva più fiducia, dimostra apertamente di non credere più nella vittoria, in definitiva di non credere più in Hitler e lo fa davanti a tutti! Dopo Margival, la situazione sul campo per i comandanti tedeschi non cambiò di una virgola, anzi, se possibile peggiorò, perché ora Hitler li guardava con sospetto; non si può muovere più un solo reparto senza un ordine del Fuhrer, come è già accaduto anche in Russia. Frattanto, lincredibile accozzaglia di fanti, carristi, marinai, uomini dellorganizzazione Todt e operai di tutta lEuropa che si è rinserrata dentro Cherbourg sta per cedere definitivamente. Gli americani, partiti dalla linea Carentan-Valognes, si sono diretti a sud e a ovest ed ora puntano inarrestabili alle porte di Cherbourg con i carri e i bombardieri. Schmundt telafona a Rommel dal Berghof di Hitler: Lonore e la reputazione dellintero corpo degli ufficiali tedeschi dipende da per quanto tempo terremo Cherbourg!. La Kriegsmarine garantisce otto settimane di resistenza a oltranza, chiacchiere! Joe Collins del 7° corpo darmata americano non è dello stesso avviso. Piazza la sua artiglieria, chiama i bombardieri ed è presto fatto: il 26 giugno i primi soldati americani entrano in una Cherbourg devastata (e minata). La fiducia in sé stessi dei comandanti tedeschi, che avevano fatto di tutto per impedire che le banchine e i moli di Cherboug cadessero in mani americane, subisce un crollo. Il più furbo di tutti è Rommel, una settimana prima ha già ordinato alla 77° divisione, che gli serve come il pane, di evacuare segretamente il Cotentin per non restarci intrappolata. Dollman della 7° armata, che secondo Hitler doveva tenere ad ogni costo Cherbourg, per timore che possa succedere qualcosa a lui o ai suoi familiari, si suicida. Gli alleati ora possono contare su un grande porto, con banchine e moli fatti apposta per scaricare agevolmente enormi quantità di uomini e mezzi, anche se ci vorrà del tempo per poter renderlo operativo, in quanto i tedeschi hanno distrutto o minato quasi tutto.
  10. Hobo

    Jägernotprogram

    Complimenti per il topic, secondo me uno dei più interessanti finora! Mi accorgo che confondevo il Ta-183, con il Me-P.1101, pensavo che fossero due versioni dello stesso progetto, uno con trave di coda a T, l'altro con gli equilibratori messi in basso; invece erano due aerei diversi. Io penso che gli inglesi, come gli americani, studiarono molto i progetti tedeschi della fine della guerra, ma in fondo gli inglesi erano avanti come i tedeschi e quindi non penso che si basassero sull'odio, ma penso che gli inglesi avevano già il Gloster Meteor che era una meraviglia e i turboreattori Rolls-Royce e De Havilland che erano trai motori più avanzati del mondo, non a caso i russi copiarono il Rolls-Royce Nene per l'eccezionale Mig-15.
  11. Il poderoso attacco dei panzer dell’ 8 giugno inizia bene, i carri Tiger e Panther sono, sotto ogni aspetto, qualitativamente superiori agli Shermann, ai Churchill e ai Cromwell e come se non bastasse i carristi tedeschi sono molto più esperti ed abili dei loro equivalenti angloamericani; tuttavia, come temeva Rommel, il netto vantaggio delle forze corazzate tedesche su quelle alleate viene annullato dall’aviazione nemica. Appena le truppe alleate si vedono minacciate o sopraffatte dai panzer, chiamano i cacciabombardieri. A causa dei continui, massicci attacchi aerei, la fascia che circonda la testa di sbarco alleata inizia a rassomigliare a un deserto lunare, interi villaggi dove si appostavano i panzer vengono inceneriti. Inoltre, la fanteria tedesca era stata così falcidiata dai primi tre giorni di lotta, che ormai scarseggiava. Bodo Zimmermann, quartier generale di Rundstedt, sera dell’8 giugno: “ … la mancanza di fanteria costringe quindi i comandanti delle panzerdivisionen ad usare i loro mezzi blindati per arginare le puntate avversarie [che si insinuano tra i cunei corazzati: è un po’ come andare a caccia di quaglie con il cannone]. Ma in tal modo risulta impossibile mettere insieme abbastanza carri armati per tentare il famoso sfondamento”. La cosa gravissima, come riferì anche Rundstedt, era poi che gli aerei nemici continuavano imperterriti a rallentare o bloccare del tutto qualunque movimento dei rinforzi, i quali, per arrivare dove erano richiesti, richiedevano un tempo doppio o triplo del normale; questo aveva conseguenze devastanti. I carri dovevano restare immobili e ben mimetizzati durante il giorno. Si muovevano di notte, ma anche lì, se arrivavano gli jabo era finita, il bagliore degli incendi dei primi panzer colpiti dai caccia indicava nel buio a chiunque volasse lì intorno che c’era una formazione corazzata sorpresa all’aperto, un bersaglio assolutamente impossibile da mancare. I carristi poi avevano presto imparato che l’unico modo di avere una seppur minima probabilità di restare vivi e interi era la velocità. Di conseguenza, essi non spegnevano mai i motori dei panzer, neanche da fermi: se si perdeva tempo ad avviare il motore del mezzo, si era già morti. Questo aumentava esponenzialmente i consumi di benzina e i tedeschi non navigavano certo nell’oro … Messi saldamente i piedi a terra e coperti dall’aria, gli alleati si prefiggono due obbiettivi principali: Caen e Cherbourg (con il suo porto in acque profonde). Per conquistare la piazzaforte di Cherbourg, bisogna conquistare la penisola del Cotentin, tagliando trasversalmente la sua base. Gli americani lo sanno ed anche i tedeschi lo sanno. Il 9 giugno, un Rommel ormai sfiduciato e ossessionato dall’aviazione nemica, ordina da La Roche Guyon di tenere Cherbourg ad ogni costo. “Le propongo d’inviare qui sul posto alcuni dei signori dell’OKW”, aggiunge ironicamente Rommel in calce al rapporto telegrafato a Jodl, “perché si rendano conto della situazione con i loro occhi”. (L’ironia di Rommel può avere anche una sfumatura sprezzante e disperata, se si pensa che Jodl e Keitel erano burocrati che non sono mai stati su un vero campo di battaglia in tutta la guerra! Rommel li derideva apertamente e spesso si riferiva a loro chiamandoli “Chairborne soldiers”). Alla base della penisola del Cotentin frattanto la situazione per i tedeschi sta degenerando, mentre il 7° corpo d’armata USA ha ricevuto e sta ricevendo continui rinforzi, la 7° armata di Dollman (che finalmente è ricomparso) non ha rincalzi e si sta dissanguando. “Joe” Collins, comandante del 7° corpo, è oltretutto un veterano di Guadalcanal. Purtroppo per i tedeschi, il comandante degli americani è abituato alla guerriglia nella jungla, cosa che ora gli torna inaspettatamente utilissima nel “bocage normand”, tra fossi, siepi, dossi e muretti a secco, che costituiscono un ambiente ideale per una guerra “mordi e fuggi”, fatta di piccole unità mobilissime che si spostano alle spalle dei nemici facendo danno. I tedeschi sono esperti in questo e ci contavano, ma purtroppo si ritrovano davanti Joe Collins da Guadalcanal. Il generale americano non perde tempo e avanza come un ariete, con piccole puntate di agguerriti esploratori dell’82° divisione paracadutisti, attuate su fronti ristrettissimi a cavallo delle strade principali; i carri seguono, scortati dall’aviazione. Joe Collins inizia a muoversi nel bocage come nel giardino di casa sua, i tedeschi vengono fatti a pezzi. Gli americani fanno piccoli, ma inesorabili balzi di circa 4 chilometri al giorno; il 14 giugno, Dollman comunica a Rommel che la situazione “ … somiglia ad un arco teso prossimo a spezzarsi”. I tedeschi resistono con le unghie e con i denti, ma la loro linea, sottile come un velo, oscilla e il 15 giugno l’arco si spezza e due divisioni americane ad effettivi completi dilagano oltre il fiume Douve. Il 16 giugno, il generale Farmbacher, subentrato a Marcks (ucciso da un aereo, perché poveraccio con la sua gamba di legno non ha fatto in tempo a ripararsi) alla testa dell’84° corpo, riferisce a Rommel che il crollo della resistenza nel settore del Cotentin è questione di ore. Ce ne vogliono altre 12 di ore per far capire ad Hitler che se non ci si ritira tutti entro i bastioni di Cherbourg la partita è chiusa. Ma l’unica ritirata che il Fuhrer possa concepire è un lento e sanguinoso ripiegare sotto il fuoco senza interrompere mai il contatto con il nemico e non, come avrebbero voluto le circostanze, un fulmineo disimpegno allo scopo di attestarsi entro le solide mura di Cherboug. Così, per tenere il più a lungo possibile quel porto, è Hitler stesso a decretarne la caduta.
  12. La sera del 7 giugno affluiscono in Normandia gli effettivi delle divisioni del gruppo corazzato della riserva strategica, che Hitler ha dato ordine di mobilitare. Nei comandi tedeschi si diffonde un certo ottimismo, che i fatti dimostreranno essere del tutto ingiustificato. Il poderoso corpo darmata corazzato, basato su cinque potenti panzerdivisionen, passa agli ordini di Geyr Von Schweppenburg. I tedeschi, nonostante tutto, hanno ancora una schiacciante superiorità numerica di quasi cinque a uno sugli alleati appena sbarcati (anche se non durerà). Hitler e Rundstedt nutrono molta fiducia, Rommel si limita ad un cauto ottimismo; al castello di La Roche Guyon i germanici non sembrano particolarmente scossi dagli avvenimenti. Il capo di stato maggiore del gruppo darmate B, Speidel, appare addirittura sereno. Di notte si dorme in ricoveri scavati nella montagna, in locali rivestiti di caldi pannelli di quercia, provvisti di riscaldamento centralizzato e aria condizionata, difesi da trenta metri di roccia viva. La mattina, Rommel come suo solito parte per i campi di battaglia, mentre gli alti ufficiali generali si radunano nella sala del ping pong, dove hanno luogo doppi interminabili tra la coppia Speidel-Ruge e la coppia Lattmann-Queissner. Questultimo è un colonnello della Luftwaffe al posto del quale gioca qualche volta il generale Meise, capo dei servizi del Genio, che ha cominciato ad allenarsi soltanto da poco ed è ancora considerato soltanto un novellino. Lunico a preoccuparsi veramente per la piega che sta prendendo la situazione sembra essere Rommel. Non che la fiducia lo abbia abbandonato, ma è rimasto profondamente colpito da due cose: lenorme superiorità di mezzi degli avversari, che hanno riversato e stanno riversando in Normandia fiumi apparentemente inesauribili di materiali e la facilità con cui i nemici riescono a paralizzare dal cielo e dal mare ogni movimento delle truppe germaniche. Rommel conosceva già la spaventosa potenza dellaviazione alleata, ma aveva largamente sottovalutato (e Rundstedt è della sua stessa opinione) il tiro navale. I cannoni delle navi da battaglia sono stati per i tedeschi una pessima sorpresa, sia per gittata che per effetti. I bombardieri nemici hanno distrutto i ponti sulla Senna, a est e sulla Loira ad ovest, isolando la Normandia e impediscono ogni movimento di truppe allo scoperto. Ma cè un fatto che risulterà per i nazisti più letale dellaviazione alleata: Hitler e lalto comando non sono ancora convinti che lo sbarco in Normandia sia la vera invasione e si aspettano da un momento allaltro un secondo sbarco altrove, sul Pas de Calais per esempio, forse anche più massiccio del primo. Questo genere di convinzione genera nei comandanti generali lindecisione che sarà fatale alle forze tedesche in occidente. Non sapendo bene se possono concentrare le loro forze, o se devono invece tenerle di riserva e ben distribuite lungo il fronte occidentale in vista di una seconda invasione dal mare, i generali tedeschi finiscono per dissipare le loro preziose risorse, finiscono con lo sprecarle in insignificanti contrattacchi multipli di piccola entità, atti a tappare le falle che di volta in volta si aprono sul fronte della testa di ponte normanna. La battaglia inizia a rassomigliare a una guerra di posizione, assolutamente sfavorevole ai tedeschi, anche se essi sono inizialmente in netta superiorità numerica. Infatti succede che, mentre le perdite tedesche non possono essere rimpiazzate se non con estrema difficoltà (a causa dellaviazione alleata), gli angloamericani e i canadesi invece incominciano a ricevere sulle spiagge, attraverso i famosi Mulberries, un enorme flusso di rifornimenti di ogni genere, il cui ammontare arriva a raggiungere la cifra astronomica delle 10000 tonnellate al giorno, roba da far tremare i polsi a qualunque comandante tedesco. Tutta la battaglia di Normandia diventa chiara, scrive Alan Moorehead, se si tiene presente questo punto: le divisioni tedesche furono attirate una per una sul fronte di sbarco e lì vennero annientate separatamente. Se avessero attaccato tutte insieme, forse avrebbero bloccato gli alleati in Normandia per 6 mesi o per un anno. La testa di sbarco poteva diventare una seconda Anzio su scala più vasta. Daltronde se Rommel avesse abbandonato la lotta in Normandia nel mese di giugno e si fosse ritirato sulla Senna, o magari anche sul Reno, la guerra avrebbe potuto durare ancora di più. Così invece favorì a meraviglia i nostri piani. Non è colpa di Rommel o di Rundstedt: è lOKW di Hitler, che si aspetta una seconda invasione, a vietare di concentrare le forze per un attacco in massa. Per quanto concerne un ripiegamento strategico sulla Senna, o sul Reno poi, neanche a parlarne ! E qui accade unaltra cosa sorprendente, sul campo di battaglia, i tedeschi riescono per puro caso a mettere le mani su una grande quantità di documenti importanti, lintero ordine di battaglia di tutto il 7° corpo darmata americano e gli ordini operativi dettagliati di tutto il 5° corpo statunitense, che, se fossero stati letti ed esaminati con più cura, avrebbero rivelato ai tedeschi che gli alleati stavano riversando in Normandia tutto ciò che avevano e non esistevano assolutamente altri eserciti in Inghilterra che si preparassero ad un secondo sbarco!
  13. Alle dieci di sera del giorno D, un auto coperta di polvere si ferma davanti al castello di La Roche Guyon, il generale che ne scende, per sparire immediatamente nell’androne del castello, è Erwin Rommel. Sembra tranquillo e controllato, ma è scuro in volto noterà il colonnello Lattmann, responsabile dell’artiglieria del gruppo d’armate B. Rommel è scuro in volto perché durante la sua assenza il nemico non si sa come è riuscito a cogliere tutti di sorpresa ed ha sbarcato più di 150000 soldati in Normandia. Speidel racconta di aver chiamato Rommel a Herrlingen, vicino Ulm sul Danubio, su una linea telefonica civile alle 06:00 di quella mattina, informandolo di quel che stava succedendo. Non sono rimaste tracce di questa telefonata. Non si sa se Speidel dicesse la verità (probabile); quel che è certo è che di sicuro Rommel viene informato telefonicamente di quanto sta accadendo sulle spiagge normanne alle 10:15 e questa telefonata risulta sul diario di guerra del gruppo d’armate B. Sempre secondo Speidel, Rommel sarebbe rimasto calmissimo al telefono, ma avrebbe mormorato: “Che stupido sono stato, che stupido”. Nel giro di un’ora, la Volpe del deserto è già in viaggio per la Normandia. Al suo arrivo a La Roche Guyon, Rommel, nonostante il lungo viaggio in auto (ai generali era vietato volare da quando gli alleati hanno il dominio del cielo), si mette subito all’opera per farsi un quadro preciso della situazione che è tutt’altro che rosea. E’ quasi mezzanotte e il nemico non è stato ributtato in mare il primo giorno come dettava la sua strategia. La bilancia inizia già ad inclinarsi a favore degli alleati. Il generale Max Pemsel, capo di stato maggiore della 7° armata (Dollman è ancora assente!) si prende una lavata di testa da Rommel: “Lei aveva ordine d’impedire ad ogni costo che i nemici mettessero piede a terra!”. La 7° armata infatti era quella che era stata messa in stato d’allarme in ritardo (verso le 4 del mattino secondo Blumentritt, all’una e trenta secondo il diario di guerra della 7° armata), a causa della simultanea assenza del suo comandante, Dollman e di Rommel stesso. La 21° panzerdivision, la sola divisione corazzata che si trovasse a ridosso delle spiagge il giorno D, era dislocata tra Caen e Falaise: non aveva ricevuto alcun ordine fino alle 07:00, quando le venne comunicato semplicemente che la 21° panzer passava al comando del comandante della 7° armata! Numerosi testimoni, tra cui Geyr Von Shweppenburg, dichiararono che Pemsel, ormai comandante ad interim della 7° armata (Dollman ancora assente), aveva ripetutamente chiesto che la divisione corazzata venisse autorizzata ad entrare in azione, senza ricevere risposta. Stando così le cose, Feuchtinger, ritornato in fretta e furia da Parigi, decise di sua propria iniziativa di avanzare con la sua 21° corazzata in direzione della riva orientale dell’Orne, per polverizzare i paracadutisti inglesi ivi atterrati nella notte. Poco prima delle 10 di quella mattina però Feuchtinger si sentì comunicare che la 21° panzer passava al comando dell’84° corpo d’armata e ricevette il suo primo ordine operativo: attaccare gli inglesi oramai sbarcati dal mare sulla riva occidentale dell’Orne, non i paracadutisti britannici sulla riva orientale! Feuchtinger doveva quindi sospendere l’attacco alle forze aviotrasportate britanniche e perdere tempo prezioso per ritrasferire le punte corazzate della sua divisione sulla riva occidentale del fiume. Il suo intervento bloccò gli inglesi e i canadesi nella loro avanzata su Caen, ma il prezzo pagato fu la rinuncia ad eliminare la testa di ponte dei paracadutisti inglesi della 6° divisione sulla riva orientale dell’Orne. I parà inglesi furono così risparmiati e le batterie costiere germaniche a Merville rimasero silenziose per tutta la durata dello sbarco. Inoltre, benché la puntata delle forze corazzate tedesche avesse raggiunto in qualche punto il litorale, nelle prime ore del pomeriggio le forze da sbarco anglocanadesi si erano attestate abbastanza saldamente da frustrare il tentativo dei tedeschi di ributtarle in mare. L’attacco dei panzer, oltre ad essere tardivo era su scala troppo limitata per raggiungere tale obbiettivo. Max Pemsel e Feuchtinger quindi erano forse meno colpevoli di quanto poteva sembrare a Rommel. Inoltre, era stato fin dalle 4 della mattina del 6 giugno che Von Rundstedt aveva richiesto invano di poter autorizzare l’entrata in azione del corpo corazzato di riserva strategica agli ordini dell’OKW, ricevendo risposta negativa da Jodl ! Hitler aveva saputo dell’invasione solo a metà mattinata e la decisione di autorizzare l’impiego del corpo corazzato dell’OKW arrivò a Rundstedt alle 16 del 6 giugno. Ma allora erano sorte altre difficoltà. Il grosso dell’artiglieria del corpo corazzato si trovava sulla riva orientale della Senna, ma i ponti sul fiume erano stati bombardati, di conseguenza, l’artiglieria dovette fare un lungo giro a sud per poter passare sulla riva occidentale della Senna a Parigi! Sarebbero passati ben due giorni prima che queste riserve corazzate potessero essere disponibili in Normandia e oltretutto il corpo corazzato sarebbe stato ripetutamente attaccato lungo il tragitto dai cacciabombardieri alleati che gli avrebbero inflitto pesanti perdite! Le avanguardie della 12° Panzerdivision SS giunsero sulla riva occidentale dell’Orne solo nella tarda serata del 6 giugno ed un attacco sferrato il giorno dopo venne ostacolato dalla mancanza di carburante, mentre la divisione corazzata Lehr cominciò ad arrivare solo la sera dell’8 giugno. Si erano persi tre giorni di importanza decisiva. Dopo di che le tre divisioni corazzate (21°, 12° SS e Lehr) e quelle che seguirono vennero spezzettate e sparpagliate qua e là nel tentativo di colmare le numerose brecce apertesi in seguito allo sfaldamento delle divisioni di fanteria che presidiavano la costa. Kurt Meyer, comandante della 12° Panzer SS (età media 18,5 anni), aveva dimostrato di trasudare fiducia da tutti i pori, quando se ne era uscito dicendo che: “ ... gli inglesi sono pesciolini e le mie truppe, il fior fiore della gioventù hitleriana, li ricacceranno in mare”. Tra lui e Feuchtinger, comandante della 21° corazzata, i tedeschi avevano in quel settore ben 160 panzer e cinque battaglioni di fanteria meccanizzata, con i quali avrebbero potuto, spingendosi da Caen nel varco rimasto aperto tra Juno e Sword, raggiungere la costa e frammentare le forze nemiche. Ma questo contrattacco, ritardato di parecchie ore dall’aviazione alleata, si sarebbe disperso nel pomeriggio del 7 giugno in una serie di scontri confusi alle ali dello schieramento, che assorbono il grosso delle truppe tedesche e consentono al nemico di chiudere tempestivamente la breccia tra i canadesi a Juno ed i britannici a Sword. Liberata Bayeux quasi senza lotta, alla fine del giorno D la 2° armata britannica si trova oramai saldamente attestata su una testa di sbarco larga 35 chilometri e profonda da 8 a 16, all’interno della quale Dempsey inizia tranquillamente ad ammassare le riserve necessarie per il prossimo balzo in avanti del 30° corpo d’armata. Qualcuno disse che Dempsey era stato fin troppo prudente, ma il generale britannico dimostrò molto buon senso nel non precipitarsi innanzi pur avendone le possibilità, infatti egli preferì aspettare saggiamente che il suo fianco destro, dove si trovava invece quel lago di sangue che era Omaha, si stabilizzasse definitivamente, prima di iniziare l’offensiva a sud. “I pesciolini c’erano e ci restavano”, scrive ironicamente Wilmot. Riassunto da "The other side of the hill - Storia di una sconfitta"; Liddell Hart, 1979 e "Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". Vol. VI. E. Biagi. 1980-86.
  14. Intanto, sul versante orientale dellinvasione, la 2° armata inglese del generale Dempsey sta affrontando anche lei gli eventi. I britannici e i canadesi si dirigono su tre spiagge (Gold, Juno e Sword) collocate lungo un fronte di 40 chilometri, tra la foce dellOrne a est e Port en Bessin a ovest. Tocca per prima alla 50° divisione di fanteria britannica, validamente spalleggiata dai colleghi dell 8° corazzata. Alle 07:30 prendono terra a Gold, tra Arromanches les Bains e Lion sur Mer; gli uomini del pittoresco 47° Commando inglese partono da Arromanches, travolgono gli elementi del 726° reggimento di fanteria tedesco, che prova a tagliare loro la strada davanti a Bayeux e piombano come un fulmine a ciel sereno su Port en Bessin, sperando di essere raggiunti al più presto dagli americani che stanno combattendo a Omaha. Sulla sinistra della 50° divisione, la 9° brigata da sbarco e la 2° corazzata (canadesi) sbarcano sotto il fuoco a Juno, tra La Rivière e Bernières sur Mer. Il 48° Commando dei Royal Marines copre il fianco sinistro dell 8° brigata canadese a Bernières, mentre subito a est tutta la 3° divisione di fanteria e la 22° brigata corazzata inglesi prendono terra a Sword, a cavallo della foce dellOrne, tra Lion sur Mer, a occidente, e Merville (caduta nelle mani dei parà della 6° divisione la notte prima) sulla riva orientale dellOrne. Infine, gli uomini del 4° Commando (quelli salvati dal cacciatorpediniere norvegese Svenner), che fiancheggiano la 1° brigata Sussex e l8° e la 9° brigata britanniche, rappresentano lestremo orientale di tutto lo schieramento alleato del D-day, sbarcando a Ouistream e dirigendosi su Sallenelle, sulla sponda orientale dellestuario dellOrne. A Gold, sul far della sera del giorno D, gli inglesi sono a Bayeux con le punte avanzate della 231° e della 56° brigata ed al tramonto la testa di sbarco è un quadrato di dieci chilometri per dieci. La saldatura a est, con i canadesi di Juno si realizza senza problemi insormontabili, mentre a occidente i guastatori del 47° Commando a Port en Bessin sono ancora in attesa degli americani di Omaha, che non si fanno ancora vedere, Sainte Honorine è ancora tedesca. Il bombardamento aeronavale inglese ha sortito effetti molto più soddisfacenti sulle spiagge e a Sword, in poco più di un ora, si aprono già dei sentieri nei campi minati per farci passare i carri armati. I britannici e i canadesi, potendo contare su un fuoco più concentrato della loro artiglieria navale, non hanno fatto scendere gli uomini dalle navi a 20 chilometri da riva, ma si sono mantenuti sempre sotto gli 11 chilometri; in questo modo hanno potuto far arrivare sulle spiagge quasi tutti il loro carri e gli equipaggiamenti. I soldati inglesi e canadesi si gettano negli acquitrini e nei campi alle spalle delle spiagge di sbarco, spalleggiati dai carri e alle 09:30 del mattino liberano Hermanville. A occidente, la sera del giorno D, gli americani di Utah beach non si sono ancora riuniti con i paracadutisti dell82° alla base del Cotentin, ma solo un paio di chilometri li separano e ormai non manca molto. Il 7° corpo darmata statunitense ha praticamente preso il controllo della zona tra la costa ed il fiume Merderet, su un fronte concentrato di 8 chilometri a nord del canale di Carentan. A ovest del Merderet, elementi dell82° paracadutisti si sono spinti audacemente nellentroterra, dando alla testa di sbarco una profondità di circa 15-20 chilometri. La sacca di Omaha è ancora sottile, ma appare stabile e una breccia di 12 chilometri separa gli americani dagli inglesi a Port en Bessin, mentre unaltra breccia di soli 5 chilometri separa i canadesi a Juno dalla 3° divisione inglese a Sword (a Lion sur Mer). Teoricamente, neanche uno degli obbiettivi previsti per il primo giorno dello sbarco è stato raggiunto, ma la fase di gran lunga più difficile dellintera operazione può dirsi felicemente conclusa. Fondamentali a detta degli storici sono stati i mezzi blindati anfibi; secondo Wilmot ed Eisenhower, dove arrivarono i carri con le prime ondate di sbarco, le operazioni si svolsero senza intoppi, secondo i piani. Le perdite non saranno forse mai accertate con precisione. Allincirca, gli alleati persero tra morti e feriti 13000 uomini il primo giorno, i tedeschi circa la metà, ma non si conoscono valutazioni sicure. La notte scende sul giorno più lungo, migliaia di incendi continuano ad ardere per chilometri nel buio. Gli alleati sono sbarcati, ma non sono stati ributtati in mare ... "Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". Vol. VI. E. Biagi. 1980-86.
  15. Ad Omaha purtroppo le cose vanno invece molto diversamente. Innanzi tutto, i comandanti dell’ US Navy, preoccupati dal fitto fuoco di sbarramento delle batterie costiere, le cui salve in arrivo alzano enormi colonne d’acqua tutto intorno alle loro navi, fanno scendere sui mezzi da sbarco la 1° divisione e il 2° Ranger troppo lontano dalla costa (venti chilometri). L’eccessiva distanza causerà un aumento degli errori di rotta, delle collisioni e degli incidenti. Il mare non è peggiore che altrove, ma Omaha, tra Colleville Sur Mer a oriente e Saint Laurent a occidente, non è che una strettissima striscia di spiaggia ai piedi di un ripido dirupo fittamente fortificato, dall’alto del quale, come dirà un testimone, “ … i tedeschi ci sparavano in gola!”. Stessa cosa per il secondo battaglione dei Ranger a Pointe du Hoc, più a ovest. Gli americani commettono un altro errore che pagheranno caro: sbarcano direttamente sotto i capisaldi fortificati, invece di prendere terra tra di essi, cioè su tratti di spiaggia meno esposti. I comandanti statunitensi pensavano che le difficoltà sulla spiaggia sarebbero state le medesime e quindi tanto valeva fare meno strada sbarcando direttamente davanti ai massicci fortini tedeschi, invece che tra di loro: è un errore madornale. Quasi tutto il materiale, i carri e gli esplosivi del Genio finiscono in fondo alla Manica in quei venti chilometri di tragitto tra le navi e la spiaggia. A terra il caos è totale. Tutti gli ufficiali e i sottufficiali sono morti o moribondi, non c’è più catena di comando. Gli uomini lottano per la salvezza trascinandosi nella sabbia fradicia di sangue; trascinano i compagni feriti, li mettono al riparo; molti ritornano in dietro verso la battigia per recuperare altri feriti ed in genere non fanno più ritorno. Si combatte atrocemente per salvarsi la vita, aggrappati a un centinaio di metri di spiaggia, tutta spazzata dal tiro delle ben piazzate MG-42 e dei mortai tedeschi. Venti minuti dopo aver toccato terra la compagnia di testa, la A, in pratica non esiste più. La metà dei 64 carri anfibi previsti per la prima ondata è affondata. Il Genio non riesce ad aprirsi la strada attraverso tre ordini di fortificazioni tedesche. Le perdite sono enormi. Gli americani trovano davanti a loro il doppio dei tedeschi che pensavano di dover affrontare. Il bombardamento aeronavale preparatorio non ha ottenuto a Omaha beach lo stesso successo che altrove. La maggior parte dei dispositivi difensivi costieri è ancora operativa. Mine e trappole mortali dappertutto. I soldati statunitensi si ritrovano di fronte la 352° divisione di fanteria tedesca, rinforzata da elementi del 916° e del 726° reggimento Granatieri. Sul fianco sinistro degli americani, a oriente di Bayeux e a cavallo dell’Avre, lungo la stada Bayeux-Carentan, sta poi il Gruppo di combattimento Meyer, costituito da veterani del fronte russo. Alle 09:30 di mattina la situazione continua ad essere grave. I tedeschi si dimostrano preparati ed eccezionalmente ben comandati. Le forze armate americane a Omaha non solo non avanzano di un centimetro, ma combattono per la sopravvivenza; il micidiale fuoco nemico le inchioda sulla spiaggia. Basta sollevarsi sulle ginocchia per essere immediatamente centrati. La battaglia va avanti ancora accanitamente per circa tre ore, quando a mezzodì incredibilmente, forse anche grazie a una schiarita nel cielo che permette il supporto aereonavale, i soldati americani ancora vivi si accorgono che la resistenza tedesca cambia ritmo e inizia a sgretolarsi. Si aprono subito con gli esplosivi dei passaggi nei campi minati. Si lanciano ancorotti per issarsi sulle rupi. Alle quattro e mezza del pomeriggio, i primi soldati americani di Omaha beach entrano guardinghi in Saint-Laurent, a quasi due chilometri dal mare. Si fanno numerosi prigionieri tedeschi, quasi tutti vecchi o ragazzini. Cadono anche Colleville e Vierville. L’artiglieria pesante germanica batte ancora tutta l’area con terribili effetti, ma il peggio sembra alle spalle e così è: la fanteria americana resiste e all’imbrunire iniziano ad arrivare dal mare i primi Shermann e i primi cannoni anticarro da 57 mm, si arriva sulla strada Bayeux-Carentan.
  16. “E’ una cosa terribile e mostruosa dover sparare sulla propria patria”, la voce del contrammiraglio Jaujard esce dagli altoparlanti a bordo di tutte le navi francesi, “ma oggi vi chiedo di farlo!”. Nel giorno più lungo, gli equipaggi francesi obbediscono. L’alba vede migliaia di navi di ogni tipo emergere dalla nebbia davanti alle spiagge sotto gli occhi attoniti dei tedeschi. La foschia è squarciata dalle vampe di centinaia di cannonate. La costa normanna è invisibile, avvolta dal fumo delle esplosioni. Alle prime luci, 9000 aerei attaccano. E’ un diluvio di ferro e di fuoco che si abbatte sui nazisti, la Luftwaffe brilla per la sua assenza. I bombardieri medi, B-26, B-25, A-20, vanno all’assalto con estrema precisione, volando direttamente sotto i bassi nuvoloni, sulle ali portano le strisce bianche e nere d’invasione. I capisaldi nemici si sbriciolano, la scena è da togliere il fiato, impossibile udire gli ordini o farsi capire al di sopra del frastuono che riempie il cielo. Un giornalista inglese, Leonard Mosley, corrispondente di guerra, paracadutatosi dietro le linee tedesche nella notte precedente, insieme con la 6° divisione britannica, assiste a bocca aperta alla scena: “ ... poi, mentre albeggiava, udimmo un boato, che divenne presto un rombo di tuono. La prima fase dell’invasione era al suo punto culminante. Nugoli di bombardieri, densi che parevano sciami di api, si avvicinavano alle difese costiere per martellarle ancora, prima dello sbarco delle nostre truppe”. Arrivano i bombardieri pesanti, ma il loro bombardamento è purtroppo meno preciso: essi devono volare sopra le nuvole e, per timore di colpire le truppe che sbarcano, molti di essi sganciano lunghi. Molte bombe finiscono nell’entroterra normanno e diverse postazioni tedesche vengono così risparmiate, questo avrà terribili conseguenze, specie ad Omaha beach. I depositi di munizioni tedeschi ardono come torce, una luce arancione riverbera sulla nebbia e sulle nuvole basse, creando un orribile chiarore verdastro. I soldati alleati iniziano il trasbordo dalle navi ai mezzi da sbarco; non è un compito agevole, gli uomini sono stracarichi (fino a 140 chili complessivi!) e il mare è mosso. I mezzi da sbarco hanno il fondo piatto e risentono terribilmente delle ondate: paura e mal di mare si impadroniscono di tutti, si comincia a vomitare. Tre siluranti tedesche, uscite da Le Havre, sbucano dalla cortina fumogena che protegge il fianco sinistro del convoglio diretto a Sword. Le navi da guerra alleate le vedono. Il comandante del caccia norvegese Svenner capisce che non c’è tempo per fare nulla, così frappone la sua nave tra le siluranti nemiche e i mezzi da sbarco che hanno a bordo tutta la 1° brigata “Sussex” ed il 4° battaglione commando inglese, i cui uomini assistono impotenti alla scena. 18 siluri partono, lo Svenner viene centrato subito, ma nessun siluro tedesco trova i mezzi da sbarco britannici, 30 marinai norvegesi perdono la vita. I mezzi da sbarco sono salvi, raggiungono indenni Sword. E’ questa la sola azione della Kriegsmarine il giorno D. Anche se i soldati tedeschi sulle spiagge non hanno alcun dubbio, al quartier generale tedesco a Saint Germain en Laye si è ancora incerti; non si sa se considerare tutto quello che accade come la vera invasione dell’Europa, oppure come una finta per sviare l’attenzione dal vero sbarco, che magari avrà luogo a oriente, a Calais, o in Olanda. Alle 06:45 arriva al comando del gruppo d’armate B, a La Roche Guyon, il rapporto trasmesso dalla 7° armata sulla situazione del mattino. “Profondità degli aviosbarchi nemici nella zona Orne e sud-Cotentin indica attacco su larga scala. Scopo del bombardamento costiero non ancora chiaro; apparentemente, azione di copertura in relazione ad attacchi da compiersi più tardi in altri punti. Ricognizione navale ed aerea dopo l’alba non ha ancora dato notizie”. Quando questo rapporto vene letto da Speidel, esso è già stato superato dagli avvenimenti; lo sbarco dal mare è cominciato da quindici minuti e i primi uomini hanno messo piede sulle spiagge. A Utah le cose vanno subito discretamente. Gli uomini dell’ 8° reggimento, 4° divisione, mettono i piedi all’asciutto incontrando una moderata resistenza. Il mare è meno mosso perché la zona è protetta dal Cotentin. I mezzi da sbarco toccano terra correttamente; solo sette affondano per strada, ma gli uomini vengono quasi tutti recuperati. Dei 32 carri armati anfibi (Shermann DD), solo quattro colano a picco o si impantanano, 28 raggiungono le spiagge con la prima ondata ed iniziano a combattere. L’apparizione dei 28 Shermann insieme con i primi uomini sbarcati sarà un durissimo colpo per i tedeschi. Al contrario, avrà un effetto galvanizzante sui soldati americani, che sapendosi ben appoggiati si spingono con foga verso l’interno. Per colmo di fortuna poi, gli americani sbarcano sulla spiaggia sbagliata! Di conseguenza la trovano meno difesa di quella che era prevista dai piani. Alle dieci di mattina, quando a Utah beach sbarcano anche i rinforzi, il generale Theodore Roosevelt, l’unico generale al momento in prima linea, guida i suoi uomini nell’interno e verso ovest, fino a riunirsi con i paracadutisti dell’82° aviotrasportata, che aspettano dalla notte precedente sulla linea Vierville Sur Mer – Sainte Mère Eglise.
  17. CORREZIONE. [ … i canadesi della 9° e della 7° brigata da sbarco stanno aggirando e facendo a pezzi il 736° reggimento di fanteria tedesco, mentre puntano su Caen da ovest. … ] Ho sbagliato nella fretta di riassumere: non erano ancora i canadesi (non erano ancora sbarcati!). Si trattava dei paracadutisti inglesi. L’effetto della decisione presa a suo tempo da Hitler di riunire sotto il comando dell’OKW (in definitiva, sotto il suo personale comando) tutte le riserve presenti in Normandia dà i suoi effetti ora: i comandanti direttamente interessati dall’offensiva nemica non possono decidere da soli di chiamare le riserve di panzer, ma sono costretti a perdere tempo telefonando al quartier generale di Hitler, a Klessheim, nei pressi di Salisburgo. Come si sa, Hitler aveva l’abitudine di fare le ore piccole, lavorando e studiando fino a tardi, un’abitudine questa che logorava molto i suoi collaboratori, i quali la mattina, al contrario del dittatore, dovevano alzarsi presto. A notte fonda poi, il Fuhrer ingoiava le pillole di Morell e si coricava per svegliarsi molto tardi il giorno dopo, pranzare alle 16 e ricominciare da capo. Anche la notte sul 6 giugno del ’44 Hitler era andato a letto molto tardi. Dato che il Fuhrer era andato a letto da poco, a quanto pare dando ordine di non disturbarlo, quando Blumentritt telefonò alle 04:00 con la notizia dello sbarco e la richiesta di poter disporre della riserva strategica dell’OKW, trova dall’altra parte del filo il generale Jodl che, a suo dire, parla a nome di Hitler. Jodl respinge la richiesta di Blumentritt perché è ragionevolmente sicuro che gli sbarchi in Normandia sono soltanto una finta e che è da aspettarsi un altro sbarco, quello vero, ad est della foce della Senna, come pensano tutti gli uomini dell’OKW. Non si sa bene se Jodl abbia fatto di testa sua pensando di interpretare il pensiero di Hitler, o se sia stato Hitler in persona a dare ordine di respingere le richieste del fronte occidentale. Secondo Wilmot, l’ordine di non far muovere le riserve strategiche in Francia fu di Hitler, che, subito dopo averlo impartito (ed essersi fatto evidentemente un quadro del tutto errato della situazione), si impasticcò e andò a dormire. Secondo il racconto dell’ammiraglio Von Puttkamer, addetto navale del Fuhrer, a quell’ora invece Hitler era già andato a letto e quindi Jodl fece di testa sua. Ed anche qui, è forse possibile vedere uno dei possibili effetti della mancanza di Rommel. Rommel era stato per molto tempo membro dello staff del quartier generale di Hitler all’inizio della guerra e comandante del battaglione che vegliava sulla vita del Fuhrer; ne conosceva uno per uno tutti i componenti ed aveva molta familiarità con tutto l’entourage; parlava lui stesso telefonicamente con il Fuhrer in persona, cosa che Rundstedt non faceva mai. E’ probabile che se alle 4 di mattina di quel 6 giugno 1944 fosse stato Rommel da La Roche Guyon (e non Blumentritt dal quartier generale di Rundstedt) a telefonare ad Hitler, le cose forse sarebbero andate molto diversamente da come andarono. Se al posto di Blumentritt ci fosse stato Rommel, è ragionevole pensare che quest’ultimo avrebbe usato tutto il suo prestigio, tutta la sua influenza e la sua familiarità con l’ambiente del quartier generale del Fuhrer per perorare la causa dei comandanti tedeschi sotto attacco in Normandia e probabilmente la Volpe del deserto non si sarebbe certo accontentata di fare quattro chiacchiere telefoniche con Jodl, ma forse avrebbe potuto addirittura spingersi, sotto la sua responsabilità, fino a pretendere che Hitler venisse svegliato e messo al corrente di tutto quanto, a costo di buttarlo giù dal letto, cosa che Blumentritt non avrebbe mai potuto ottenere, neanche volendo. Ma Rommel non c’è: è andato a Ulm sul Danubio, dalla moglie e Rundstedt lo sapeva … Congetture a parte, una sola cosa è certa ed è sorprendente: Hitler ottenne una visione vera e propria di tutta la situazione in Normandia solo nella tarda mattinata (del 6 giugno) e la battaglia dei pro e dei contro (sulla mobilitazione delle riserve) continuò per tutto il giorno e fino alle 16:00! (Ora in cui, finalmente, i comandanti tedeschi ricevono dall’alto dei cieli l’autorizzazione a poter disporre liberamente dei loro panzer. E’ già troppo tardi). In attesa che la diatriba al quartier generale di Hitler si risolva, è ancora buio in Normandia. Alle 04:30 precise, l’orizzonte, su un arco di 100 chilometri, comincia ad essere rischiarato da enormi lampi di luce silenziosa. Passano diversi secondi e i soldati tedeschi, atterriti, sono raggiunti da tremendi fischi che lacerano la notte con fragore di tuono. Enormi proiettili navali da una tonnellata cominciano a cadere a pioggia sulle postazioni antisbarco: le navi da battaglia alleate, con i loro 406 mm, hanno incominciato il martellamento sistematico degli obbiettivi nemici situati sulle spiagge; i proiettili sono grandi come automobili, dove cadono nulla rimane e il loro effetto da terremoto fa tremare la terra sotto i piedi fin nei paesini del litorale normanno, i cui abitanti si svegliano tutti. I risultati del bombardamento navale fanno rabbrividire i tedeschi. Molti soldati impazziscono nei bunker e cercano di fuggire all’esterno solo per disintegrarsi un istante dopo nelle enormi deflagrazioni, il cemento armato si sbriciola come farina, la terra si apre ed erutta come un vulcano, i pesanti panzer volano in aria come fuscelli prima di dissolversi, intere compagnie finiscono sepolte vive; gli ufficiali fanno fatica a mantenere qualche rimasuglio di disciplina nei loro uomini. Il sole sorge alle 05:58 sulle spiagge di Normandia, la mattina del 6 giugno 1944. E’ un alba tetra e confusa su cui cala quella che gli strateghi chiamano la “nebbia della guerra”, un misto di incertezza, caos, morte e distruzione che rendono difficile anche per i comandanti afferrare al volo le situazioni. Gli uomini sanno che per migliaia di loro quella sarà l' ultima alba. Un Tiger da 56 tonnellate letteralmente travolto da un'enorme esplosione.
  18. Alle due del mattino, la prima nave alleata, la USS Bayfield, un trasporto d’assalto da 16000 tonnellate con a bordo il comandante della Forza U, raggiunge il suo punto di inizio attacco, 12 miglia nautiche da Utah beach e getta l’ancora preparandosi a dirigere le operazioni di sbarco su quella spiaggia. A quel punto, Von Rundstedt a Saint Germain en Laye e Speidel a La Roche Guyon, sono ormai in fibrillazione da due ore. I messaggi dalle truppe costiere incominciano a piovere uno dopo l’altro, generando grande confusione. Alle 01:11 arriva al quartier generale dell’84° corpo d’armata tedesco, generale Marcks, il primo segnale d’allarme; arriva dal quartier generale di Reichert, comandante della 716° divisione di fanteria a occidente di Caen: “numerosi lanci di paracadutisti nei dintorni di Ranville e Brèville, a nord della foresta di Bavent … ”. Quel che ancora i comandanti tedeschi non sanno è che le valli dell’Orne e del Merderet sono punteggiate da migliaia e migliaia di paracadute. Lo scopriranno presto. Alle 01:20, Marcks comunica al quartier generale della 7° armata: “Dalle 00:30 sbarchi di truppe aerotrasportate zona est e nord-ovest di Caen, St.-Marcouf, Montebourg, sulle due sponde della Vire e su costa orientale del Cotentin … “. Il comandante della 7° (Dollman) non c’è, c’è il suo capo di stato maggiore, Pemsel, che mette subito in “Alarmstufe-2” (massimo grado d’allarme) tutta l’armata. I messaggi si susseguono. Si chiama Parigi, dove il quartier generale della 3° Luftflotte e del Gruppo Marina Fronte Occidentale vengono subito allertati, ma i comandanti dell’aviazione e della marina sono scettici: a causa del brutto tempo, essi non sono ancora dell’opinione che si tratti di un attacco su vasta scala. Alle 02:00, il generale Von Salmuth della 15 armata chiama il comandante della 716° di fanteria a ovest di Caen, dove le linee si continuano a occidente con quelle della 7° armata: “Generale Reichert, cosa diavolo sta succedendo lì da voi?”. Reichert è troppo impegnato con i suoi per badare alla forma e secco secco risponde: “Generale, se permettete ve lo faccio sentire!”, prende la cornetta del telefono e la solleva a braccio teso nel buio: all’orecchio di Von Salmuth arrivano tutti i rumori tipici di una battaglia, le urla, i rombi dei mortai, il crepitio delle mitragliatrici; i canadesi della 9° e della 7° brigata da sbarco stanno aggirando e facendo a pezzi il 736° reggimento di fanteria tedesco, mentre puntano su Caen da ovest. Dove diavolo sono i radar ? I comandanti tedeschi scoprono con orrore che su 92 stazioni radar costiere, ben 74 sono state demolite con gli esplosivi dai partigiani e dai paracadutisti. Nessuna stazione radar tedesca tra Le Havre e Barfleur sul Cotentin risponde più al telefono! Pemsel trasmette ora dal comando della 7° armata: “ … rombo di motori marini chiaramente percepibile dalle nostre truppe costiere sul mare dalla costa orientale del Cotentin. Numerose navi al largo di Cherbourg, tutto lascia supporre operazione su larga scala!”. Quel che non potevano fare i radar tedeschi, lo fecero le orecchie. Generale Leigh-Mallory, comandante supremo delle forze aeree alleate: “nel lasso di tempo vitale dalle una alle quattro di mattina, quando la flotta si avvicinò alle spiagge, solo nove istallazioni radar nemiche erano in funzione e per tutta la notte il numero di quelle che operarono nella zona del piano Neptune fu di 18 sulle normali 92”. Wilmot: “L’accecamento dei tedeschi permise alla flotta aerotrasportata di non farsi intercettare; la Luftwaffe lanciò il grosso dei suoi caccia notturni contro la “corrente fantasma” dei bombardieri che operavano su Amiens e continuò a rincorrerli in quella zona dall’una alle quattro, cioè per tutto il tempo dello sbarco aviotrasportato. La flotta d’invasione non fu scoperta fino a che la forza U non raggiunse la sua zona di sbarco, dodici miglia al largo della costa orientale del Cotentin, cioè alle due di mattina e venne localizzata non con i radar, ma acusticamente! Fu una vittoria scientifica di primordine ... “. Per accrescere la confusione del nemico, vennero anche lanciate centinaia di fantocci travestiti da paracadutisti, con tasche piene di mortaretti che scoppiavano appena toccavano il suolo, simulando degli spari. Quando questi fantocci piovono tutto intorno a Lessay, il generale Marcks si convince sulle prime che consistenti forze aviotrasportate hanno preso terra a pochissimi chilometri dal quartier generale dell’84° corpo. Non passa minuto che non ci siano novità per i tedeschi e sono novità pessime, la situazione si fa via via più chiara. Ore 03:30, dal quartier generale dell’84° corpo al comando della 7° armata: “ Serie di atterraggi su larga scala di alianti a partire dalle 03:25 nel settore di Brèville, a est dell’Orne e a Grandchamp. Mezzi da sbarco alla foce dell’Orne. Pesante fuoco d’artiglieria da terra e da mare. Situazione intorno a Grandchamp sempre confusa. Probabile presenza di mezzi da sbarco. Comando tattico della 91° divisione attaccato, comunicazioni interrotte. Sainte Mère Eglise: comunicazioni interrotte … “. Pochi minuti prima delle 4, i comandanti avanzati Pemsel e Speidel non hanno più dubbi: c’è una flotta enorme tra la foce della Vire e quella dell’Orne! A Saint Germain en Laye, Von Rundstedt, che fino a poco prima era stato ancora molto scettico, ora si convince anche lui e ordina al generale Blumentritt capo di stato maggiore generale in occidente di contattare immediatamente il generale Jodl presso il quartier generale del Fuhrer. Rundstedt sente che il tempo gli sfugge tra le dita.
  19. Hobo

    Arado AR-234 Blitz

    Però! Questo è quel che si dice esperienza sul campo! Da quel che me ricordo, l'Arado 234 Blitz (Fulmine) fu il primo bombardiere a getto completamente operativo. La sua velocità e l'efficienza dei suoi motori a 10000 m di quota lo rendevano il ricognitore perfetto e poteva scorrazzare impunito sull'Inghilterra in lungo e in largo. L'unico aereo cui doveva fare un po' attenzione era il Mosquito (in legno!) che saliva ben due chilometri più in alto e faceva circa solo 50 chilometri in meno di velocità. Il Mosquito quindi poteva diventare pericoloso per il Blitz, specie quando i piloti inglesi si accorsero che il bombardiere tedesco non aveva una gran visibilità in coda e, saliti in quota, piombavano in picchiata sul tedesco da dietro e a tutta manetta. Basandosi sulla velocità pura, il Blitz era un bombardiere praticamente irraggiungibile da parte dei caccia a pistoni; partecipo' all'offensiva delle Ardenne e ai tentativi di distruggere il ponte di Remagen. La fusoliera degli aerei di preserie era così snella che non c'era spazio per il carrello, sia di prua che quello princopale, di conseguenza usava i pattini, MA questi vennero aboliti e l'aereo riprogettato perchè un aereo che atterra su pattini, una volta fermo NON è più autonomo e deve aspettare che vengono a rimorchiarlo, oppure se ne deve restare lì, allo scoperto e questo è un punto debole inaccettabile: l'aereo su pattini non può rullare da solo fino ai ripari mimetizzati! In sè stesso il Blitz era un aereo dalle linee eccezionalmente pulite e filanti e non era un caso: tutto era improntato alla ricerca della massima aerodinamicità e la fusoliera era sottile e snella (ecco perchè inizialmente non comprendeva il carrello) e forse uno dei difetti era che non imbarcava molto carburante e i primi turboreattori come gli Jumo 004 erano assetatissimi. La cabina dava un'ottima visuale in avanti e in basso, ma non in dietro. Molti blitz ebbero i primi seggiolini eiettabili, quelli senza invece erano molto difficili da abbandonare se qualcosa andava male. L'Arado 234C era un quadrigetto che faceva 100 Km/h in più rispetto al 234 bireattore e saliva, con abitacolo pressurizzato, fino a sfiorare i 13.000 m e questo sarebbe stato un aereo davvero imprendibile. L'Arado 234 fu un aereo dalle potenzialità enormi, così enormi che (secondo me) gli eccellenti Ilyushin Il-28 ed English Electric Camberra gli assomigliano fin troppo ...
  20. Limmensa flotta naviga già nella Manica il 5 giugno 1944, mentre i tedeschi ignari attendono alle loro normali attività. A causa del cattivo tempo, nessun volo di ricognizione sopra lInghilterra meridionale è stato compiuto nei primi cinque giorni di giugno e i dragamine ed i pattugliatori non sono usciti dai porti a causa del mare grosso. Basterebbe una sola motosilurante per dare ad Hitler un preavviso di più di dieci ore, ma incredibilmente questo non accade. Al contrario, quasi tutti i comandanti più alti in grado lasciano il loro quartier generale proprio alla vigilia dello sbarco, quasi volendo seguire lesempio del loro comandante, partito domenica 4. Rommel a quellora è infatti già in Germania dalla moglie. Lammiraglio Krancke, comandante di tutta la flotta tedesca a occidente, è andato a Bordeaux. I comandanti della 243° e 709° divisione, rispettivamente i generali Hellmich e Schlieben, sono partiti per Rennes, invitati a partecipare a dei giochi di guerra sulla carta (i famosi Kriegsspiele) dal generale Dollman, comandante della 7° armata, assente per lo stesso motivo. Feuchtinger, comandante della 21° Panzerdivision, lunica vicina alle spiagge, è addirittura andato a spassarsela a Parigi! Il generale Falley, della 91° aviotrasportata si prepara ad andarsene anche lui in licenza. Laddetto alle informazioni di Von Rundstedt, Meyer-Detring, è già in licenza. Il solo comandante in capo ancora al suo posto la sera del 5 è Marcks, comandante dell 84° Corpo darmata, rimasto al suo quartier generale vicino Saint-Lo. Lassenza simultanea di tutti questi comandanti alla vigilia dello sbarco e limpreparazione della catena di comando tedesca faranno sorgere molti sospetti, specie in Hitler, ma questa è unaltra storia. Alle 21:15 del 5, lattentissimo Hellmuth Meyer, responsabile alle informazioni della 15 armata capta lultima parte del famoso messaggio della BBC: … feriscono il mio cuore con monotono languore. Sa benissimo cosa significa: linvasione entro le prime 48 ore dopo lo scadere della mezzanotte del giorno immediatamente successivo al messaggio stesso. Oramai si erano fatte le 21:30 del 5, quindi linvasione era o per il 6, o per il 7; questo significava che le navi nemiche dovevano essere già in mare! Il generale Von Salmuth, comandante la 15° armata, sta giocando unaccanita partita di bridge con alcuni alti ufficiali del suo seguito, quando Meyer, eccitatissimo, lo avvicina e lo informa di quanto ha appena appreso. Salmuth sorride e risponde: Caro Meyer, purtroppo io sono una volpe troppo vecchia per cadere in simili tranelli …, ma dopo un istante di riflessione, il generale da ordine di mettere tutta la 15° armata in stato dallerta, sono quasi le dieci di sera. Per la 7° armata invece le cose sono diverse. Il generale Dollman non cè. Meyer telefona subito al quartier generale di Rommel, da cui dipende la 7° armata, ma Rommel non cè e parla allora con il colonnello Staubwasser. Questultimo chiama subito Speidel, che consiglia Meyer di rivolgersi direttamente a Rundstedt. A Saint Germain en Laye, Meyer trova Bodo Zimmermann che informa subito Rundstedt. La risposta di questultimo, a quanto riferisce Staubwasser, sarebbe stata di non mettere in allarme la 7° armata, perché appariva improbabile al feldmaresciallo che linvasione fosse annunciata dalla BBC. Tutti vanno quindi a dormire sonni tranquilli, fidando nel cattivo tempo che imperversa, ma intorno alla mezzanotte i primi esploratori nemici prendono terra con il paracadute alla base della penisola del Cotentin, prendendo praticamente con le braghe in mano tutta la 7° armata tedesca. (Secondo il diario della 7° armata, lallarme generale venne dato alluna, secondo il generale Blumentritt, a Saint Germain, lallarme venne invece dato alle 4 di mattina). L 82° divisione di paracadutisti (Ridgway) e la 101° (Taylor) aviotrasportate americane vengono lanciate nella notte da centinaia di aerei e di alianti alla base della penisola di Cherbourg, il Cotentin, allala più occidentale delle teste di sbarco. La loro missione è proteggere il fianco destro dellinvasione, prendere i tedeschi alle spalle, conquistare e tenere le estremità occidentali dei cinque argini che solcano la laguna alle spalle di Utah beach, far saltare i ponti sul fiume Douve, appropriarsi di quelli sul Merderet, sopprimere le artiglierie costiere tedesche nella zona, allo scopo di aprire una strada verso ovest, in modo da tagliare la base del Cotentin. Purtroppo per i paracadutisti americani, i lanci sono molto imprecisi, a causa del vento, del caos del momento e della reazione antiaerea tedesca. Le due divisioni si sparpagliano pertanto su unarea vastissima e molti uomini e molto dellequipaggiamento finiscono fuori zona, in mani dei tedeschi (allibiti). Alcuni parà finiscono diretti in mare, affogando subito sotto il peso dellequipaggiamento, altri annegano nel fango della palude. Due scendono a terra nel buio davanti a un sorpresissimo capitano tedesco, lo prendono prigioniero e gli offrono una sigaretta. Molti paracadutisti infine sono uccisi dal fuoco nemico ancora prima di toccare terra, scoperti ancora in aria dalle sentinelle, un altro muore infilandosi dritto in un pozzo. Nonostante tutti i guai, i paracadutisti sono per loro natura addestrati a combattere essendo circondati dal nemico e a contare solo su sé stessi. Di conseguenza, anche gli uomini sbandati chissà dove non tardano a riunirsi in piccoli gruppi di combattimento e a raccogliere gli altri che via via incontrano sulla strada. Fatto questo, iniziano spontaneamente il loro attacco senza aspettare ordini dallalto e conquistano i ponti e gli argini alle spalle di Utah, liberano Sainte Mère Eglise, distruggono i ponti sul Douve e si impadroniscono della strada Carentan-Cherbourg. Prima ancora che un singolo fante abbia messo piede a terra, questa battaglia è già vinta. Le vie di accesso e di uscita attraverso la laguna sono saldamente in mani americane. Intanto, allaltra estremità del fronte dinvasione, quella orientale, gli uomini della 6° aviotrasportata inglese stanno anche loro prendendo terra nel buio. Fanno fuori le sentinelle tedesche e si impadroniscono subito di due ponti sullOrne e sul canale di Caen, indispensabili per avanzare verso est, occupano Ranville, distruggono tutti i ponti che trovano sul Dives e catturano la batteria costiera a Merville, proteggendo nel modo migliore il fianco sinistro dello sbarco. Alle prime luci del 6 giugno, in Normandia, ci sono quindi già 18000 uomini americani, inglesi e canadesi appostati saldamente ai due lati del campo di battaglia; tra di loro, su un arco di 80 chilometri, si estendono le cinque spiagge di sbarco. Allorizzonte, lenta ma sicura fa ora la sua comparsa nella nebbia unimponente flotta di più di 6000 navi.
  21. Un saldatore del Berkshire, un meccanico del Kent, un muratore di Edimburgo, un allevatore di cani del Worcestershire, un autista di Dumfries e un profugo austriaco, comandati da un giovane ufficiale che prima della guerra sbarcava il lunario cantando nei teatri del West End. Questi sono gli uomini delle forze speciali da ricognizione che la notte sul 6 giugno 1944 si lanciano dai loro aerei a Caen e nella valle dell’Orne, in Normandia. I 120 esploratori americani dell’82° e della 101° che si lanceranno alla base della penisola del Cotentin appaiono anche più pittoreschi. Alcuni di essi, di etnia indiana, si sono rasati la testa, conservando una lunga criniera alla mohicana e tingendosi il volto con i tradizionali colori di guerra, altri invece si sono dipinti la faccia e le mai di nero o di verde. Centinaia di aerei da trasporto e di alianti trainati da bombardieri hanno cominciato a fare la spola nella notte tra l’Inghilterra e la Francia lungo corridoi accuratamente prestabiliti. Gli elementi delle forze da ricognizione, tutti volontari, sono carichi come muli. Ogni uomo è un arsenale ambulante. La tasche sono zeppe di munizioni, i cinturoni così stipati di armi che a stento ci si riesce ad allacciare il paracadute e poi radio, medicinali, pile, radiofari per segnare i punti d’atterraggio per il resto della divisione, pugnale, nastri di mitragliatrice, bombe a mano ed esplosivi … Ogni uomo quella notte si carica addosso dai 40 ai 50 chili di materiale, oltre al paracadute. Chi li ha visti dirigersi in silenzio verso gli aerei in attesa sulle piste non ne ha tratto un’impressione molto marziale. “Nessuno cantava, nessuno applaudiva”, ricorda un testimone, “sembrava una marcia funebre”. Questi sono gli uomini di punta dei reparti aviotrasportati. Dietro di loro, tutti gli altri: 13.000 paracadutisti americani, 5.300 inglesi. Mezzanotte è trascorsa da circa un quarto d’ora, quando il primo parà americano tocca terra a Sainte Mère Eglise: è cominciato “il giorno più lungo”. "Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". E.Biagi. 1980-'86.
  22. “Ok. Andiamo!”. E’ quasi l’alba di lunedì 5 giugno 1944, quando Eisenhower pronuncia queste parole. La pioggia batte sui vetri di una finestra dove la luce è ancora accesa, nella biblioteca a Southwick House, vicino Portsmouth. Seduti sui divani e nelle poltrone sparsi sopra la moquette verde ci sono Eisenhower e i suoi tre comandanti in capo, Ramsay per la Marina, Leigh-Mallory per l’aviazione, Montgomery per l’Esercito. La riunione è l’ultima di una lunga serie cominciata alcune settimane prima e va avanti dalla sera precedente, con lo scopo di decidere se la grande spedizione oltre Manica può prendere il via, o deve essere rinviata a un momento più favorevole. Una delle condizioni irrinunciabili per il successo dell’operazione è che il tempo sia buono: se il tempo non è buono, non si può fare nulla; per questo quel lunedì mattina le luci nella biblioteca di Southwick House sono rimaste accese, mentre il comando alleato al completo attende di sapere dal capo dell’ufficio meteo quali sono le previsioni delle prossime ore. Il momento è drammatico, perché se non sarà possibile partire, il rinvio dovrà essere di varie settimane, se non addirittura sine die. Le condizioni favorevoli allo sbarco infatti (luna, marea, venti, visibilità …) non si ripresenteranno tutte insieme prima che sia trascorso un lungo periodo di tempo. Gli uomini del corpo di spedizione sono già stati istruiti e sono stati fatti salire a bordo dei trasporti. La gigantesca macchina è ormai in moto. “Si poteva fermarla per 24, o anche 48 ore”, scrive lo storico australiano Chester Wilmot, “ma non farla girare in senso inverso senza correre gravi rischi di disorganizzazione e segretezza”. All’ultimo momento quindi, Overlord dimostra di avere il suo punto più debole in quel complesso di circostanze meteo e astronomiche alle quali, fin dagli studi iniziali del COSSAC, tutto il piano era stato rigidamente subordinato. Doveva essere notte, per poter attraversare la Manica senza essere scoperti. Ci volevano una buona visibilità e la bassa marea, per vedere i dispositivi antisbarco ed evitarli. Ci voleva la luna, per gli attacchi aerotrasportati e ci volevano 40-50 minuti di luce solare in più per il bombardamento aeronavale preparatorio. Tutte queste condizioni non si sarebbero ripresentate tutte insieme prima di molto tempo. Di conseguenza, il capo dell’ufficio meteo alleato, colonnello della RAF Jim Stagg, diventa ora l’uomo più importante di tutto il piano. Eisenhower sono mesi che lo consulta almeno due volte a settimana, per verificare la veridicità delle sue previsioni ed è rimasto altamente soddisfatto dallo scrupolo e dalla professionalità di questo scozzese alto e magro. All’alba del 5 giugno 1944, il colonnello Stagg ammette alla riunione ancora in corso che i suoi timori si stanno avverando. L’area di alta pressione sulle Azzorre ha cominciato a spostarsi a ovest e una serie di depressioni tendono a portare brutto tempo sulla Manica. Dalle prime ore di domenica 4, fino alla sera di mercoledì 7 giugno – cioè nei soli tre giorni in cui luna,vento e maree sono favorevoli allo sbarco – si possono invece prevedere vento forte di burrasca, nuvole basse, scrosci di pioggia e nebbia. Ma le unità navali da bombardamento costiero hanno già lasciato da 72 ore le loro basi di Scapa Flow, Belfast e della Clyde. La grande macchina è in moto e non c’è alternativa, Eisenhower si assume la responsabilità di partire. Il cattivo tempo, che getta nello sconforto i comandanti alleati in Inghilterra, agisce invece da potente sedativo sull’altra sponda della Manica, dove tra i tedeschi si è fatta strada l’idea che l’invasione sia di là da venire. La controparte tedesca di Stagg, il maggiore Lettau della Luftwaffe, dirama domenica 4 giugno, presso il quartier generale parigino della 3° Luftflotte, un bollettino meteo in cui tra l’altro si afferma che nei prossimi 15 giorni l’invasione è considerata impossibile. “Il nemico”, commenta il rapporto, “non ha saputo sfruttare per l’invasione tre periodi di tempo favorevole, né può contare con sicurezza su nuovi periodi nelle settimane che verranno”. Lo stesso giorno, al castello di La Roche-Guyon, dove da mesi c’è il suo quartier generale, Rommel rilegge il suo rapporto settimanale del suo gruppo d’armate B da inviare a Von Rundstedt e si appresta ad andare in licenza per il compleanno della moglie, a Ulm sul Danubio, compleanno che cade il 6 giugno. Il generale conta poi di recarsi dal Fuhrer per chiedere di persona ingenti rinforzi per il fronte occidentale. Rommel è convinto che lo sbarco avverrà per fine mese e quindi è molto ottimista nella nebbiosa mattina di domenica 4 giugno, quando parte in auto per la Germania. Al castello sotto la pioggia rimane il fido Speidel, il suo capo di stato maggiore. L’assenza di Rommel il giorno dello sbarco sarà oggetto di studio ancora per molti e molti anni a venire. A mezzodì di lunedì 5 giugno, Rundstedt firma il regolare rapporto di apprezzamento della situazione del fronte occidentale da inviare ad Hitler. Al paragrafo “probabili intenzioni del nemico” si legge: “L’intensificazione sistematica dei bombardamenti aerei indica che il nemico è pronto. Il probabile settore d’invasione rimane quello compreso tra la Schelda e la Normandia. [ … ] … ma lo sbarco”, conclude Rundstedt, “non pare imminente”. Il feldmaresciallo, a Saint Germain en Laye, non sa che, quasi nello stesso momento in cui firma il suo rapporto, una flotta gigantesca (6483 natanti, tra i quali 6 corazzate, 23 incrociatori, 104 cacciatorpediniere e 2493 mezzi da sbarco) si sta dirigendo su di lui. Raggiunto un punto convenuto nel mezzo della Manica, chiamato “Piccadilly Circus”, a sud-est dell’isola di Wight, ciascuna nave va a prendere il posto assegnatole in un convoglio. Da questa zona di raduno, i convogli fanno rotta, la sera del 5 giugno, verso la Normandia lungo cinque corridoi segnati da boe. In prossimità della costa normanna, i corridoi diventano dieci, due per ogni spiaggia: uno riservato ai mezzi veloci e uno per il traffico pesante. Sul mare agitato, davanti alle navi, protette dalla punta di lancia dei dragamine, delle corazzate e degli incrociatori, stanno cinque trasporti d’assalto irti di antenne radio e di radar, che costituiscono i posti di comando naviganti. I convogli sono 59. Guidati dall’incrociatore pesante Augusta, che ha a bordo il comandante americano, 21 convogli puntano su Utah e Omaha. Gli altri 38 convogli, anglo-canadesi, fanno invece rotta su Gold, Juno e Sword. Contemporaneamente, a Dover, da un comando fantasma il generale Patton inizia ad emettere falsi ordini d’operazione, intesi a far credere ai tedeschi che uno sbarco sta per aver luogo nella zona di Calais, ma è una finta.
  23. Io avevo quasi 5000 Km di linee costiere da difendere, disse Rundstedt, dalla frontiera italiana a sud, alla frontiera tedesca a nord ed avevo solo 60 divisioni per difenderle. Per la maggior parte erano divisioni di qualità inferiore ed alcune erano ridotte allosso. Sessanta è un numero che non potrebbe stare in 5000 Km in nessun calcolo strategico. Voleva dire più di 75 Km per divisione, anche senza provvedere alla necessità di tenere riserve in retrovia. Durante la guerra 1914-18 i manuali prescrivevano un fronte massimo di 5 Km per ogni divisione; nella guerra 1939-45, laccresciuta potenza delle armi aveva raddoppiato, o triplicato quel valore, ma comunque non si avvicinava neanche lontanamente ai 75 Km calcolati nel 1944 sul fronte occidentale. Dovendo contare su risorse così limitate, i tedeschi erano nella necessità di doverle concentrare solo nel settore dove effettivamente sarebbe avvenuto lo sbarco. Nel giugno 1944 ci sono in occidente 59 divisioni tedesche, otto delle quali sono dislocate in Belgio e in Olanda. Più della metà del totale sono divisioni di difesa costiera e/o daddestramento. Delle 27 divisioni in buona efficienza di combattimento, solo 10 sono quelle corazzate; tre di queste sono dislocate nella Francia meridionale e una nella zona di Anversa. Su più di 300 Km di costa normanna a ovest della Senna sono schierate 6 divisioni, quattro delle quali di difesa costiera.. Tre sono nel Cotentin, due tenevano il tratto di 65 Km tra il Cotentin e Caen, dalla foce della Vire alla foce dellOrne e una è schierata tra la foce dellOrne e lestuario della Senna. Secondo Blumentritt, … più che un dispositivo di difesa costiera, si trattava di un dispositivo di protezione costiera … Siccome non prevedevamo che gli alleati facessero sbarchi sulla costa occidentale della penisola di Cherbourg, quel settore era tenuto con un velo di truppe: vi schierammo anche unità russe. Nella zona avanzata vi è una sola divisione corazzata per un eventuale contrattacco, la 21°. Sempre Blumentritt: Si discusse a lungo sul punto dove la 21° corazzata doveva essere disposta. Il feldmaresciallo Von Rundstedt avrebbe preferito tenerla a sud di Saint-Lo, dietro la penisola di Cherbourg; ma Rommel decise di schierarla più vicino alla costa e sullaltro versante, nei pressi di Caen. Questo significava che essa era troppo vicina alla costa per essere realmente utilizzabile come riserva per tutto il settore. Non di meno, la presenza di questa divisione corazzara vicino a Caen si dimostò un fattore importante. Se non si fosse trovata dovera, le forze britanniche avrebbero potuto impadronirsi di Caen nella prima giornata dello sbarco. Rommel insistette invano per aver sottomano una seconda divisone corazzata da poter opporre alla foce della Vire, dove sbarcarono gli americani. E qui arriviamo alla grande controversia che ebbe uninfluenza decisiva sui piani germanici per fronteggiare linvasione. Von Rundstedt, ritenendo le forze tedesche troppo limitate per una costa così lunga, avrebbe voluto aspettare che gli alleati si impegnassero a fondo sulle spiagge di sbarco, prima di piombare su di loro con un massiccio contrattacco corazzato per ributtarli in mare prima del consolidamento delle loro teste di ponte. Al contrario, Rommel era dellopinione che non bisognasse affatto aspettare alcunché e riteneva che la sola possibilità di successo fosse di sconfiggere gli invasori sulle spiagge, prima che fossero riusciti ad attestarsi saldamente. Per questo motivo, Rommel voleva i carri sulle spiagge, non più indietro. Le prime 24 ore, diceva spesso agli ufficiali del suo stato maggiore saranno decisive, quello signori sarà il giorno più lungo …. Riassunto. "The other side of the hill - Storia di una sconfitta". Liddell Hart. 1979.
  24. Per tutti i primi mesi del 44, laviazione alleata agli ordini del generale Spaatz colpisce le fabbriche di aerei in Germania, gli aeroporti tedeschi in Francia ed Olanda e poi, per ordine di Eisenhower, inizia a colpire sistematicamente strade, ponti e ferrovie francesi e nei Paesi Bassi, questo per compromettere il più possibile i rifornimenti tedeschi in Normandia. Ai primi di maggio, il responsabile del trasporto ferroviario presso il quartier generale di Von Rundstedt avverte che la situazione dei rifornimenti della Wehrmacht in Francia appare critica: sarebbero necessari minimo 100 treni al giorno, ne arrivano mediamente interi solo 32, un terzo del necessario. La RAF e lUSAAF iniziano poi ad attaccare e distruggere le basi dei caccia a terra e gli aerei tedeschi in aria, conseguendo la totale supremazia aerea come aveva giustamente previsto Rommel. Mentre è in corso loffensiva aerea, Eisenhower approva loperazione Neptune, fase preliminare di Overlord: il lancio notturno di tre divisioni aerotrasportate ai fianchi ed a tergo del Vallo atlantico. Il compito di queste divisioni sarà quello di proteggere i fianchi delle spiagge di sbarco e colpire le difese tedesche alle spalle, conquistando intatti e tenendo i ponti sullOrne, sulla Taufe e sulla Vire e su numerosi altri fiumi minori, in attesa di essere raggiunte dalle truppe sbarcate. I paracadutisti saranno quindi lavanguardia dellinvasione. La 6° divisione di paracadutisti inglese verrà lanciata da aerei e con alianti ad oriente, nella valle dellOrne, davanti a Caen, mentre l82° e la 101° americane verranno lanciate a occidente delle spiagge di sbarco, tra Valogne, Saint Mère Eglise e Carentan, per tagliare la base del Cotentin, al cui apice cè Cherbourg e per tenere i ponti sullestuario della Vire. Le forze alleate di tutto il 21° Gruppo darmate, al comando di Montgomery, attaccheranno dal mare nella mattina del 6 giugno 1944. La 1° armata americana, generale Omar Bradley, composta dal 7° corpo (Collins) e dal 5° corpo darmata (Gerow), sbarcherà a occidente, a cavallo della Vire. Il 7° corpo a livello delle spiagge denominate Utah (riva occidentale della Vire) e il 5° corpo, Prima Divisione di fanteria americana (The Big Red One) a Omaha (riva orientale della Vire), con il 2° battaglione Ranger diretto a Pointe du Hoe. Contemporaneamente, la 2° armata britannica (Dempsey), sbarcherà con tutte le sue unità a oriente, tra Bayeux e Caen, sulle spiagge denominate, da occidente a oriente, Gold, Juno (30° corpo darmata inglese, del generale Bucknall) e Sword (1° corpo britannico, generale Crocker). Gli ordini sono: creare il primo giorno dello sbarco due teste di ponte, una orientale, tra lOrne e la Vire (comprendente la linea Caen Bayeux Isigny sur Mer, laltra occidentale, alla base del Cotentin, sulla riva nord della Vire, oltre il fiume Merderet e fino al canale di Carentan. La saldatura tra le due teste di sbarco è prevista per il giorno D + 1 (il giorno dopo); nel giro di una settimana, la testa di ponte dovrà essere ampliata verso sud e verso ovest. Il 30° corpo inglese ed il 5° americano attaccheranno diretti a meridione, mentre il 7° corpo americano dovrà dirigersi a nord-est, per tagliare la base del Cotentin, in modo da isolare e prendere alle spalle il porto fortificato di Cherbourg, la cui conquista è prevista entro e non oltre 15-20 giorni dal D-day. Questo è il piano che il generale Montgomery illustra il 15 maggio 1944 davanti a Churchill ed al Re. Monty prevede anche che i tedeschi avranno molto probabilmente dei ritardi nellassegnazione delle loro unità corazzate e che Rommel non le avrà sottomano immediatamente. Queste parole apparvero profetiche; oggi sappiamo che Montgomery in realtà non aveva il dono della profezia, ma poteva disporre del miracoloso aiuto di Ultra, a Bletchley Park, cosa che rimase del tutto segreta fino agli anni 70.
  25. Il 10 dicembre 1943 un generale a quattro stelle viene nominato comandante del corpo di spedizione alleato in Inghilterra, il suo nome è Dwight D. Eisenhower. In Gran Bretagna oramai c’è quasi un milione di soldati americani e nessuno saprebbe dire bene di cosa si tratta, ma è certo che qualcosa di grosso bolle in pentola. Il 1941 era stato un anno nero. La Russia invasa dai nazisti che arrivano a un solo passo da Mosca e poi Pearl Harbour. Il mondo parve sul punto di precipitare in un abisso di cui non si vedeva il fondo. L’America si scoprì “il faro del Mondo Libero”, l’ “arsenale delle democrazie”. (F.D. Roosevelt, “Discorsi alla nazione”). Fortemente preoccupati dai successi travolgenti di Hitler e dall’estendersi del conflitto veramente a tutto il globo, i leaders dei paesi liberi si riunirono, alla fine di dicembre 1941, a Washington, alla conferenza chiamata in codice “Arcadia”, per cercare di gettare le basi di un’intesa che avrebbe potuto arginare l’avanzata del nazismo. In questa conferenza, Churchill e Roosevelt gettarono le basi dell’alleanza atlantica, basata su una solidale cooperazione economica e si scoprirono di comune accordo nell’identificare la Germania nazista come il principale nemico comune, la cui sconfitta completa, con annessa caduta del nazismo, doveva essere l’unico presupposto alla cessazione delle ostilità e alla pace. Ad Arcadia, tra le altre cose, venne creato dal nulla il Comitato Interalleato dei Capi di Stato maggiore Combinati, o “Combined Chiefs of Staff”, che avrebbe compreso sia americani che inglesi ed avrebbe presieduto all’intesa tra Inghilterra e Stati Uniti, nello sforzo comune di annientare il nazismo. L’idea dell’assalto alla Festung Europa di Hitler si concreta per la prima volta nel 1942, quando il mondo trattiene il respiro per davvero dinnanzi allo sfondamento estivo e alla puntata di Hitler sul Caucaso. I russi implorano gli alleati di aprire un secondo fronte ad occidente, in modo da costringere i tedeschi a dividere le loro forze. Roosevelt allora invia due dei suoi migliori cervelli, il generale George C. Marshall (da cui prese il nome anche il “Piano Marshall” per la ricostruzione del dopoguerra) e Hopkins, a patrocinare la causa dell’invasione presso Sua Maestà il Re d’Inghilterra. Gli inglesi, che vengono dalle disastrose esperienze di Dunkerque, della Norvegia e della Grecia e che conoscono meglio la situazione in Europa, dicono si all’inizio degli studi per un grande sbarco attraverso la Manica (operazione Roundup), ma dicono no a un piccolo sbarco immediato in Francia (operazione Sledgehammer) per distrarre momentaneamente i tedeschi dai russi che le stanno prendendo da tutte le parti. Per studiare l’invasione in massa dell’Europa hitleriana vengono creati i Combined Commanders che si mettono subito a valutare con precisione matematica i rischi e le possibilità di successo di un grande sbarco attraverso la Manica. All’inizio del 1943, dopo Stalingrado e Midway, che sono i punti di inversione della seconda guerra mondiale, ha luogo la conferenza di Casablanca sul problema dell’apertura di un secondo fronte in Europa. Churchill, pensando già al dopoguerra, vorrebbe sbarcare nella penisola balcanica, per arrivare prima dei russi nei paesi dell’Europa orientale, salvandoli da quello che già si prefigura come il futuro impero comunista. La lungimiranza di Churchill fu sacrificata ai problemi pratici del momento. I problemi per uno sbarco dei Balcani erano praticamente insostenibili e quindi si preferì orientarsi verso uno sbarco più vicino, in Francia, Olanda, Italia, o Norvegia. A Casablanca viene creato infine lo Stato Maggiore Angloamericano, che prende il nome di COSSAC (Chief of Staff to the Supreme Allied Commander) sotto l’egida dei generali Morgan e Barker. Maggio 1943, conferenza Trident a Washington, nasce, presso il COSSAC, l’operazione Overlord. Si pone un limite temporale per la sua attuazione: 1° maggio 1944. Nell’agosto del 1943, alla conferenza Quadrant, presso Quebec, il COSSAC presenta il piano dello sbarco; un’invasione della Normandia con tre divisioni trasportate via mare più due brigate aviotrasportate per il primo assalto; altre due divisioni, già caricate su mezzi da sbarco, fungeranno da immediato rinforzo. Formata una testa di ponte a Caen e a Carentan, gli alleati procederanno alla conquista di Cherbourg; dato che però si calcola che ci vorrà almeno un mese per liberare quel porto e renderlo veramente operativo, si creeranno due moli artificiali detti “Mulberry”, costruiti in cemento e acciaio, che verranno rimorchiati attraverso la manica e affondati in prossimità delle spiagge. Il piano prevede di scaricare 18 divisioni nelle prime due settimane dallo sbarco, alla fine delle quali la testa di ponte dovrebbe oramai abbracciare la penisola del Cotentin e la Normandia occidentale fino alla linea Mont Saint Michel – Alencon – Trouville. All’interno di questa zona liberata, il grosso dell’Esercito statunitense verrà trasportato via mare direttamente dagli USA, fino a quando gli alleati non avranno ammassato nella testa di sbarco 100 divisioni, con cui si procederà all’invasione del III Reich. Il piano è approvato. I russi sperano, ma sono ancora increduli, gli alleati dimostreranno che invece facevano sul serio. Il piano presenta tutte le difficoltà di un’operazione veramente gigantesca mai tentata prima. Nella primavera del ’44, il COSSAC è assorbito dallo SHAEF (Supreme Headquarter of Allied Expeditionary Force), Dopo una lunga gestazione, si è a un passo dallo sbarco in Normandia, il generale Montgomery inizia una serie di conferenze presso tutte le forze armate. Non dice nulla di diretto, ma il suo messaggio agli uomini appare a tutti chiaro: “This is the year ... ”. (Chi vuole verifichi la conologia degli avvenimenti, perchè io andavo di fretta, ma a me pare giusta).
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