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Hobo

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Tutti i contenuti di Hobo

  1. Detto questo, il Typhoon rimane un ottimo aereo, solo che non è stealth e non ha ugelli orientabili.
  2. I rifornimenti dell'Afrika Korps e degli italiani in nordafrica non dipendevano da Rommel, ma dalla Royal Navy. A parte questo, se io salgo sul ring conosco perfettamente il mio peso e quello del mio avversario, il problema è se mi fanno combattere come dico io, o no e se mi mettono in condizione di avere una possibilità o no.
  3. Se non erro, l'EFA volò per la prima volta nell'agosto 1986, il Typhoon che fu sviluppato dall'EFA volò nel '94 mi pare (8 anni dopo!). Nel 1986 ancora non si sapeva manco se il 117 (e/o F-19) erano un aerei o UFO... Stessa cosa per lo stealth, che, anche se era "ipotizzato", di sicuro restava fuori portata per le tasche europee. Fu un balzo "filosofico" e tecnologico che rivelò come gli USA fossero avanti di almeno 10 anni rispetto a tutti noi. Sicuro che il Tuphoon è evoluto? A me pare Brad Pitt in Benjamin Button: nato vecchio. (E continuano a cercare di ringiovanirlo via via...). 20 anni fà io già ci facevo il modellino... Meditate gente, meditate....
  4. Hobo

    SR-71 Blackbird

    E' che è sviluppato in lunghezza, con i timoni inclinati e con un carrello non molto alto: quando lo vedi non ti sembra enorme. (Dubito fortemente che gli abbiano lasciato Jp7 nei serbatoi per le foto).
  5. Da quello che so, Rommel non c'entra proprio nulla. Mo non ho tempo, facciamo un'altra volta.
  6. Hobo

    SR-71 Blackbird

    Sono in prospettiva e comuque l'SR-71 è molto bello, ma non è un aereo grande, anzi...
  7. Hobo

    F-4 Phantom II

    Notare la sonda rigida per il rifornimento in volo sul lato destro, cosa che mancava sugli F-4E USAF. Questo per rifornirsi anche con il cestello da aerei come il KC-130. Gli israeliani avevano anche gli ottimi Rafael Shafrir 1 e 2 e i Python 3 e 4 (questi però più moderni), inoltre l'esperienza della guerra del Kippur portò al missile stand off a guida TV (via datalink) AGM-142 Popeye. Gli F-4 E ed F-4 2000 israeliani furono tra i primi aerei a poterlo impiegare, nella foto sopra se ne vede la testa cercante sotto l'ala destra del Phantom. Detto questo, qualche esempio del personale delle Forze Armate Israeliane (ad occhio Heil Ha'avir). Solo un consiglio: non le fate mai incaz*are....
  8. Hobo

    BF109G-1

    Premesso che cera una grande variabilità dovuta alle colorazioni "fai da te" sul campo di battaglia, io ho trovato questo: Me-109G fino al G4 arrivavano in teatro doperazioni mediterraneo con colorazione desertica costituita da FS 30219 (un giallo sabbia) sopra e FS 35414 sotto. Fascia in fusoliera: bianca (fronte mediterraneo) La divisione tra i due colori era a livello della fusoliera, alta, cioè la riga di separazione a livello del margine inferiore del tettuccio, o bassa, a metà fusoliera a partire dallapice posteriore della presa daria del compressore (lato sinistro). Rari esemplari potevano portare schemi molto variabili di chiazze di FS 30118 sul giallo sabbia di cui sopra. Aerei di epoca successiva al G2, come il G5, spesso arrivarono in Tunisia con lo schema continentale europeo (splinter di 36081 e di 36132 sopra e con il 35622 sotto e ai lati della fusoliera, più chiazze a piacimento di 34226, 36081 e 36132 ai lati della fusoliera).
  9. Da quel che so, sono tutte navi impostate quando l'Arma aerea era ancora in embrione e soprattutto l' aviazione aeronavale non costituiva ancora una seria minaccia per le grandi navi (almeno nelle concezioni del tempo, che però erano in errore), quindi la protezione orizzontale non veniva esaltata come quella verticale e antisiluro. Noi italiani abbiamo sempre tradizionalmente puntato molto su un buon armamento e su alte velocità, sacrificando un pochino protezione e autonomia. Voialtri due sicuramente lo sapete da dove vengono le prime "Dreadnought" monocalibre e perchè, ma chi non lo sa può vedere qua se vuole: http://it.wikipedia.org/wiki/Benedetto_Brin http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Cuniberti (Checchè ne dicano, noi italiani siamo per davvero popolo di geni e di navigatori, oltre che di santi e di poeti....).
  10. No non mi risulta di carri francesi usati dai tedeschi in Olanda, ma può essere (ma è difficile: come si fa a rifornire mezzi così diversi di parti di ricambio?). So invece che li usarono in Normandia e per cercare di sopprimere la rivolta di Parigi prima della liberazione. Riguardo a Rommel, non sapevo delle nostre prede belliche. Due precisazioni: 1) Urquhart con la Jeep (cosa che gli avevano sconsigliato di fare) raggiunse il 3° battaglione (Tiger), comandato da Fitch, ma non sulla autostrada Ede - Arnhem (dove avanzava il 1° battaglione [Leopard]), ma sulla statale Utrecht - Arnhem. 2)Per motivi legati alle difese tedesche e alla lunghezza del percorso, il famoso guado della Waal da parte dell' 82° aviotrasportata americana non avvenne ad est di Nimega, direzione che venne scartata, ma ad ovest del ponte sulla Waal. Alle 19:10 del 20 settembre, i paracadutisti americani dell’ 82° sono i padroni del ponte stradale di Nimega e i carri delle Guardie irlandesi iniziano ad attraversarlo diretti a nord. Diciotto chilometri, tanto è lunga l’autostrada che da Nimega porta ad Arnhem e la strada è aperta. O così almeno sembra, fino a quando le Guardie non hanno modo di vederla da vicino: da Nimega ad Arnhem, l’autostrada “Eiland” (l’isola) corre in cima ad un argine esposto da tutti i lati. E possibile, a prezzo di grandi sacrifici, arrivare fino ad Elst, a nove chilometri da Arnhem, qui i carri pesanti del maggiore delle SS Knaust bloccano senza alcuno sforzo tutta la colonna del corpo corazzato alleato. Oramai comunque, non c’è più bisogno di affrettarsi. Più o meno alla stessa ora in cui gli americani conquistano il ponte stradale di Nimega, i Tiger hanno attraversato quello di Arnhem diretti a sud. I paracadutisti britannici, loro malgrado, stanno cedendo su tutta la linea. Il capitano Mackay è caduto prigioniero, il colonnello Frost è rimasto gravemente ferito, non c’è più un perimetro difensivo. Gli uomini, innestate le baionette, combattono ormai individualmente, tenendo le loro ultime posizioni (che diventano le loro tombe) e sparando i pochi colpi rimasti. E’ una serie di scontri solitari all’arma bianca, con i panzer che metodicamente schiacciano sotto i cingoli ogni rimasuglio di resistenza. Le condizioni dei paracadutisti britannici aggrappati alla rampa nord del ponte stradale di Arnhem erano comunque disperate. Era mancata totalmente l’acqua, gli uomini ancora in grado di reggere un’arma, ormai poco più che un centinaio (da settecento che erano), erano ridotti da fare pena. Si può dire che non c’era praticamente più nessuno che non portasse almeno un segno della battaglia che stava infuriando. Tutti avevano ormai tagli, squarci e ferite di ogni tipo, rabberciate alla meglio con bende e stracci luridi e chiazzati di sangue rappreso. Gli uomini erano esausti; non mangiavano e non dormivano da tre giorni. Stavano combattendo ormai ininterrottamente da settantadue ore contro forze nemiche quattro volte superiori senza aver più ricevuto rifornimenti di nessun tipo. I tedeschi, al contrario, avevano incominciato proprio allora a ricevere rinforzi e i loro rinforzi erano panzer. Vista l’accanita resistenza dei parà britannici (e dopo essersi sentito mandare al diavolo da Frost), il generale Harmel, comandante della 10° panzer SS, che aveva offerto ai paracadutisti una resa con onore, ordina ora di radere al suolo a cannonate gli edifici in cui si sono asserragliati i parà, attorno alla rampa settentrionale del ponte di Arnhem; Da questo momento, i tedeschi non concedono più quartiere. I paracadutisti devono sopportare un fuoco d’inferno, le costruzioni all’interno delle quali hanno trovato un minimo di riparo ora crollano, bruciando dal tetto alle cantine, mentre continuano a cadere i colpi dell’artiglieria nemica. Muoversi da una casa al’altra è rischiosissimo, a causa dei cecchini tedeschi. < … Sui due lati del ponte e lungo le rovine dell’Eusebius Buiten Singel, le poche posizioni che gli inglesi occupano ancora vengono sistematicamente demolite. La linea a semicerchio che aveva difeso gli accessi al ponte da nord è quasi cancellata. Tuttavia, circondati dalle fiamme e riparandosi tra le macerie, piccoli gruppi di uomini cocciuti continuano a combattere per impedire ai tedeschi di giungere sul ponte. Fino a quel momento solo una forma istintiva di coraggio aveva sostenuto gli uomini di Frost, ma era stata sufficiente a tenere a bada i tedeschi per due notti e tre giorni. Gli uomini del 2° battaglione (Lion) e quelli delle altre unità che, in gruppetti di due o tre, erano riusciti a raggiungerli (un contingente che secondo le più ottimistiche valutazioni di Frost non superò mai i 6-700 uomini) si erano saldati insieme durante la prova. L’orgoglio e la causa comune li avevano, per così dire, fusi in una cosa sola. Di tutta la divisione aviotrasportata, essi erano gli unici ad aver raggiunto l’obbiettivo prestabilito e lo avevano tenuto più a lungo di quanto fosse stato previsto, in nome di tutta la divisione. Nelle ore ansiose e disperate, in attesa di un aiuto che non venne mai, lo stato d’animo di tutti si può riassumere nel pensiero del soldato scelto Gordon Spicer, che su un muro in rovina scrisse: “Chi ha mancato? Non noi!” >. Rintanati tra le rovine e le minuscole trincee da essi stessi scavate per ripararsi dalle schegge, i paracadutisti resistono, anche e soprattutto dopo essersi resi conto che i carri armati alleati non arriveranno mai in tempo e che nessuno giungerà mai in loro aiuto. La consapevolezza di essere ormai giunti alla fine “… ebbe per effetto una strana calma, un’assoluta assenza di panico, era come se ciascuno di essi avesse deciso di combattere fino alla morte, non foss’altro che per provocare i tedeschi”. Quando i sostegni dei mortai, consumati dal calore, vengono meno, gli inglesi poggiano i tubi delle armi sulle rovine e li assicurano con funi, poi sparano così gli ultimi loro colpi. Distrutti i loro mortai per non farli cadere in mano al nemico, i paracadutisti lanciano a mano le ultime granate di quelle armi, sbattendole violentemente a terra sui mattoni per innescarle e lanciandole subito dopo sui tedeschi. Non ci sono più detonatori e allora, come gli è stato insegnato, gli uomini cercano di creare degli inneschi per bombe e granate con scatole di fiammiferi: funziona una volta si e una no, pazienza. Tutto intorno giacciono gli amici morti o moribondi ed essi trovano ancora ed anzi, proprio adesso, la volontà di resistere ed addirittura di scherzare. Una granata nemica esplode, un caporale paracadutista irlandese che ha perso conoscenza in seguito allo scoppio apre gli occhi e se ne esce urlando: “Sono morto!”, poi ripensandoci: “Non può essere: parlo!”. Ma nonostante tutto il coraggio e la buona volontà, il colonnello Frost vede bene che è una situazione non più sostenibile. Ci sono circa 350 feriti cui dover pensare, non si può combattere fino all’ultima cartuccia per poi dileguarsi e lasciarli a bruciare nelle cantine. Non ci sono più medicine. I feriti sono letteralmente ammassati l’uno sull’altro negli scantinati in mezzo al sangue e ai topi. Mentre i suoi ultimi 13 uomini ancora in grado di combattere danno ancora filo da torcere ai tedeschi nella scuola che cade a pezzi sotto i colpi nemici e che ormai arde come una torcia, il capitano Mackay osserva che: “… Quando si trasportavano i feriti giù per la scala della cantina, ad ogni pianerottolo il sangue aveva formato delle pozze e scorreva giù per i gradini in rivoli”. Il combattimento infuria quel mercoledì 20 settembre sul ponte di Arnhem, fino a quando, circa a mezzogiorno, il colonnello Frost chiama il maggiore Douglas Crawley per discutere sull’opportunità di sgomberare le sue posizioni e radunarsi tutti da lui, per creare un ultimo perimetro difensivo, più piccolo, ma più concentrato. Proprio mentre i due parlano, tra di loro esplode un colpo di mortaio. Il colonnello Frost si prende varie schegge nelle gambe e perde conoscenza, mentre il maggiore viene ferito alle gambe e al braccio destro. Frost ricorda solo di essersi sentito sollevare e scagliare a qualche metro di distanza e a faccia in giù, poi ha perso conoscenza. In realtà è un miracolo: incredibilmente nessuna scheggia ha trovato gli organi vitali dei due uomini e la granata è esplosa praticamente tra i loro piedi! Tuttavia, il comandante dei paracadutisti è fuori gioco. Quando rinviene, si ritrova in una cantina in mezzo a decine e decine di morti e di moribondi. I testimoni ricordano che Frost, in stato di semi incoscienza, imprecava non tanto per il dolore, che diceva essere comunque molto forte, ma per il fatto che lui non riusciva proprio a trattenere le sue urla, mentre lì vicino il maggiore Crawley riusciva a stare zitto!.Ma come ci riusciva? Mica era morto per caso? (Non era morto, era svenuto). Nell’oscurità, il colonnello Frost vede il tenente Bucky Buchanan, l’ufficiale alle informazioni, seduto con la schiena appoggiata al muro come se volesse riposarsi un poco e gli rivolge qualche parola di incoraggiamento. Buchanan non gli risponde: è morto. Lo spostamento d’aria d’una cannonata l’ha ucciso sul colpo senza lasciare alcuna traccia esterna. Quando gli uomini vedono trasportare giù in cantina il loro comandante ferito, per loro è un colpo terribile. Il comando ora tocca al maggiore Gough, quando sul ponte si rifanno avanti i tedeschi. Non si tratta più dei semicingolati e dei semoventi di Grabner, questa volta sul ponte di Arnhem fanno la loro comparsa i Tiger del Knaust. I paracadutisti inglesi li guardano disperati: non hanno più una sola arma in grado di fermare quei mostri; bisognerebbe attirarli in qualche trappola, montarci sopra e distruggerli con le cariche da demolizione, una follia, la fanteria che segue i carri è incommensurabilmente più numerosa dei pochi ed esausti parà e non li farà certo avvicinare. Gli 88 mm dei Tiger iniziano a demolire i pochi nidi di resistenza inglese, poi li travolgono sotto i cingoli larghi un metro. Non c’è umanamente modo di fermare o rallentare i tedeschi, i Tiger attraversano il ponte di Arnhem diretti a sud e i paracadutisti, che lottano per la loro vita, li guardano impotenti. Alle 21:00, il maggiore Gough riesce a stipulare una tregua con i tedeschi, grazie alla quale si possono evacuare le centinaia di feriti che affollavano i seminterrati e che non potevano arrostire nelle case in fiamme. Durante la tregua, i tedeschi si fanno ancora più sotto, ma i paracadutisti inglesi, pur protestando vivamente con uno dei loro ufficiali, non ci possono fare nulla. Durante la notte sul 21 settembre, i combattimenti riprendono fino a quando, esaurite le ultime cartucce, i paracadutisti si arrendono, o cercano di svignarsela come possono nell’oscurità. Verranno quasi tutti catturati. Frost, gravemente ferito, cade prigioniero. Sarà liberato nel 1945. Il capitano MacKay, arresosi solo dopo aver sparato l’ultimo colpo, viene catturato, ma scapperà alla chetichella e non lo riprenderanno. Il maggiore Gough, comandante dello squadrone ricognitori, verrà fatto prigioniero, essendosi rifiutato di abbandonare il colonnello Frost sul ponte, che ancora oggi ad Arnhem porta il suo nome (John Frost Brug/Bridge). Il maggiore Crawley, comandante della compagnia B del 2° battaglione, ferito insieme con Frost, verrà fatto prigioniero. Saranno tutti liberati alla resa definitiva della Germania nazista. Infine, il lancio della valorosa brigata polacca del generale Sosabowski, avvenuto il 21 settembre (due giorni di ritardo) a est di Elden, sulla riva sud del Reno e direttamente a sud del ponte di Arnhem, si è rivelato un sacrificio inutile e tardivo, non ottenendo alcun risultato, se non quello di aumentare le perdite alleate. Così finisce la valorosa resistenza delle poche centinaia di uomini che erano riusciti a raggiungere il loro obbiettivo. Il ponte stradale di Arnhem è stato difeso non per due, ma per quattro giorni, come Browning aveva promesso a Montgomery, ma i carri di Horrocks non si sono visti. Quando i parà cedono, i carri armati sono ancora fermi a Nimega. Nella sacca occidentale frattanto, nel perimetro sempre più ristretto attorno ad Oosterbeek, schiacciate dai panzer, la 1° e la 4° brigata aviotrasportate resistono accanitamente fin dal 19 settembre (martedì). La notte sul 20 settembre, il generale Urquhart da ordine a tutte le truppe britanniche ad ovest di Arnhem di radunarsi a sud, in un’area di pochi chilometri quadrati compresa tra Heveadorp ed Arnhem, sulla riva nord del Reno e di mantenere la posizione a qualunque costo. Ciò significa la rinunzia definitiva a cercare di raggiungere i Red Devils del 2° battaglione circondati sul ponte di Arnhem, che quindi, da questo momento in poi sono abbandonati al loro destino. “Significava abbandonare il 2° battaglione. Fu una decisione terribile da prendere”, scrive Urquhart, “… ma io sapevo che non c’erano maggiori probabilità di raggiungerli di quante non ne avessi io di arrivare a Berlino”. In realtà la decisione di Urquhart si rivela saggia e contribuirà a ridurre significativamente le perdite. La sacca inglese resiste con le unghie e con i denti, ma lentamente cede terreno: ci sono semplicemente troppi panzer. La notte sul 25 settembre Urquhart trasmette fortunosamente a Browning un messaggio che non lascia dubbi: “… è mio dovere avvertire, signor generale, che se non verrà preso contatto con noi nelle prime ore del 25 settembre, io considero estremamente poco probabile ulteriore resistenza. Tutti gli uomini esausti. Mancano viveri, acqua, munizioni ed armi. Gravi perdite, anche tra gli ufficiali. Debole azione offensiva nemica potrebbe bastare a causare disintegrazione totale”. La sera del giorno dopo, tutti gli uomini ancora in grado di camminare ricevono l’ordine di raggrupparsi sulla riva nord del Reno, lasciandosi alle spalle solo un velo di truppe costituito da un manipolo di volontari, che rimangono sul posto per far credere ai tedeschi che la resistenza continua. Alle 20:15, comincia l’operazione infelicemente battezzata “Berlino”: l’evacuazione dei superstiti. Per tutta la notte, sotto una pioggia scrosciante (che però contribuisce a nascondere i movimenti delle truppe), i resti della 1° divisione aviotrasportata inglese scendono verso il fiume. Barche, zattere e battelli di ogni tipo faranno la spola da una sponda all’altra del Reno, portando gli uomini in salvo. Molti si liberano di tutto e si gettano a nuoto. Degli effettivi di Urquhart, più di 10000 uomini, ne ritornano 2163, più 160 polacchi e 75 uomini del reggimento Dorset, che avevano fortunosamente raggiunto i parà a nord del Reno. In nove giorni, la divisione ha subito 7842 perdite, di cui 1200 sono i morti, tutti gli altri feriti o dispersi in azione. I tedeschi hanno avuto 1100 caduti e 2200 feriti o dispersi. Montgomery affermò che Market-Garden fu un successo al 90%. Un corrispondente di guerra americano obiettò che però, senza Arnhem, tanto coraggio e tanti sacrifici non erano serviti a nulla: gli alleati ora si ritrovavano un saliente di poco più di 80 chilometri, che però non portava da nessuna parte. "Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". E. Biagi. Vol. VII. 1980-'86. Il ponte stradale sul Reno ad Arnhem ("John Frost bridge") come appare oggi:
  11. L’ Humber mi pare il veicolo ideale per uno che fa il ricognitore: velocissima e relativamente protetta. Inoltre aveva due enormi vantaggi per un tedesco: primo, poteva venire scambiata per amica dalle truppe alleate e quindi poteva aggirarsi con tutto comodo nei dintorni degli obbiettivi avversari e, secondo, se te la distruggono sotto il sedere tu non ci hai perso niente, tanto paga il nemico… Un altro che andava in giro con mezzi inglesi per avvicinarsi ai nemici e osservarli meglio (e per sfuggire ai loro cacciabombardieri) era Rommel. Uno dei "Mammut" di Rommel in nordafrica, che prediligeva i veicoli sede comando dell'AEC (Associated Equipment Company), come il "Dorchester" 4X4 ACV (Armoured Command Vehicle), del quale modello Rommel in Africa ne aveva catturati almeno due : "Moritz" e "Max". Nella foto, "Moritz" nell'Afrika Korps, come si legge sul muso: E' un discorso lungo, comunque io credo che gli alleati fecero tutto con troppa fretta. Il terzo giorno di scontri, il 20 settembre, un mercoledì, le forze alleate del 30° corpo corazzato e dell’ 82° divisione di paracadutisti americana stanno ancora combattendo per la conquista del grande ponte stradale di Nimega, che secondo i piani avrebbe già dovuto cadere in mani alleate da più di 24 ore. L’attacco di carri ordinato da Browning il giorno prima si è infranto contro la corazza dei panzer. Le SS della 10° panzerdivision oppongono una micidiale resistenza sulla riva sud della Waal e cercano di tagliare in due con i panzer lo schieramento alleato attorno al canale Mosa-Waal e per poco non ci riescono, quando sloggiano temporaneamente i paracadutisti americani da alcune alture strategiche nella foresta di Groesbeek, a oriente del ponte di Nimega. Incredibilmente, i Panther germanici a un certo punto devono ritirarsi perché hanno finito le munizioni! Il generale Gavin, comandante dell’82° e il generale Horrocks sono sulle spine: sanno infatti che a nord i paracadutisti inglesi ad Arnhem stanno per essere sopraffatti ed è questione di ore. Finalmente, nel primo pomeriggio, arrivano le imbarcazioni d’assalto richieste da Gavin due giorni prima. Il generale dei parà americani infatti ha avuto un’idea delle sue: ha notato che la Waal, a est di Nimega, descrive una S, dirigendosi a nord verso Bemmel, prima di tornare a sud verso Nimega. Se si riesce a sbarcare sulla riva nord a livello della branca settentrionale della S, vicino a Bemmel, si può piombare da nord alle spalle dei tedeschi che difendono il ponte a Nimega! Il piano è pazzesco, perché prevede l’attraversamento, su battellini di legno e tela, di un fiume largo circa mezzo chilometro, di giorno e sotto gli occhi degli artiglieri tedeschi appostati sulla riva nord. Nonostante sia un’idea folle, la situazione degli alleati è così disperata che l’operazione viene autorizzata. Alle 15:00, al maggiore Julian Cook, 3° battaglione, 504° reggimento, 82° divisione paracadutisti, viene comandato l’attraversamento della Waal con barche di tela. I guastatori inglesi del 615° squadrone e i genieri dell’11° compagnia accompagneranno i parà americani nella pazzesca impresa. Gli uomini abbandonano tutto l’equipaggiamento pesante sulla riva, portando con sè solo armi individuali, bombe a mano ed elmetto, questo per non sovraccaricare i battellini; poi si dividono in squadre e si preparano a trasportare fino al fiume le imbarcazioni. I tedeschi sull’altra riva li vedono e si dice che la brezza portò sulla sponda alleata della Waal alcune grida in tedesco, nessuno sa se di derisione o di dissuasione, forse entrambe le cose. Sulla riva meridionale, la tensione è alle stelle; gli uomini, che proprio allora stanno entrando in acqua, si rendono conto che è una missione praticamente suicida. Non ci sono neanche abbastanza pagaie per tutti e molti dovranno remare servendosi del calcio del fucile, quand’ecco che stranamente il vento cambia direzione: sulle acque della Waal si leva un provvidenziale banco di nebbia olandese! Gli uomini sui battellini di tela ci si buttano dentro, pagaiando disperatamente ed incitandosi l’un l’altro con urla e preghiere. Gli artiglieri tedeschi si limitano a sparare nella nebbia: le perdite tra gli alleati saranno alla fine comunque elevate (circa il 50% dei battelli viene centrato dai colpi e dalle schegge dei tedeschi), ma sicuramente inferiori a quello che sarebbero state se non ci fosse stata quella nebbiolina olandese e se gli artiglieri germanici avessero potuto dirigere i tiri con millimetrica precisione. L’eroico attraversamento della Waal da parte dell’82° divisione aviotrasportata e dei genieri inglesi ha, contro ogni previsione, avuto successo. I paracadutisti americani riescono a mettere piede sulla riva nord, a settentrione e ad est di Nimega: ha inizio una lotta senza quartiere. Gli americani balzano sugli artiglieri che fino a pochi minuti prima facevano fuoco su di loro e se ne sbarazzano, poi si dirigono a sud e, dopo una tremenda battaglia, riescono a prendere e a tenere l’estremità nord del ponte stradale di Nimega. Incredibilmente, le cariche dei genieri tedeschi paiono non funzionare. Il ponte cade in mani alleate e alle 19:00 i carri di Horrocks possono passarci sopra diretti a nord. Goatley boat:
  12. Grazie, ma piano con i complimenti: io mi sono limitato a riassumere quello che ho letto, spero in modo più o meno esatto. Il 19 settembre, martedì, il terzo aviotrasporto è un disastro. La brigata di paracadutisti polacchi, su cui faceva affidamento Frost ad Arnhem, è costretta a rimanersene in Inghilterra a causa della nebbia. I rifornimenti per le tre divisioni che combattono in Olanda partono invece regolarmente, ma sono subito in difficoltà per il maltempo. Solo poco più della metà dei rifornimenti in uomini e materiali arriva effettivamente agli americani, ma la vera tragedia ha luogo ad Arnhem: delle circa 400 tonnellate di rifornimenti previste, solo 21 raggiungono i parà britannici della 1° divisione, tutto il resto cade in mano ai tedeschi, che come essi stessi avranno a dire, combatteranno così “la più economica battaglia di tutta la guerra”, impiegando armi e munizioni del nemico. La sera del 19, la situazione attorno alla rampa nord del ponte di Arnhem è disperata. La stretta delle due divisioni corazzate tedesche sta lentamente soffocando la resistenza dei pochi paracadutisti britannici comandati da Frost. La divisione aviotrasportata inglese si sta disintegrando nel tentativo di raggiungere il 2° battaglione, circondato sul ponte di Arnhem. Vista l’ostinazione degli inglesi, il generale Harmel, comandante della 10° panzerdivision SS “Frundsberg”, il quale fino ad allora si era fatto qualche scrupolo (vedendo bene che gli inglesi erano sì in ottima posizione, ma che non potevano più andare da nessuna parte), ordina adesso di radere al suolo a cannonate le costruzioni all’interno delle quali si sono asserragliati i Red Devils. Questi, che non mangiano, non bevono e non dormono da due giorni, continuano a difendersi con grande coraggio., anche se iniziano a vedere chiaramente che la situazione non ha vie di uscita. Il capitano Mackay è rimasto con tredici uomini ancora in grado di combattere, Frost ne ha poco più di un centinaio. I feriti riempiono le cantine e i seminterrati delle case attorno al ponte, quando su di loro iniziano a piovere i colpi dell’artiglieria tedesca. Frattanto, nella notte sul 20 settembre, anche il generale Urquhart si rifà finalmente vivo, sconfessando la propaganda tedesca che lo dava per prigioniero. Il generale inglese è stato suo malgrado protagonista di una piccola odissea personale. Seguiti puntigliosamente tutti gli atterraggi della sua divisone il primo giorno dell’aviosbarco, Urquhart si accorge di non avere notizie precise della 1° brigata aviotrasportata. Visto che le radio non funzionano e che la resistenza a ovest di Arnhem è più forte del previsto (gruppo di combattimento Krafft delle SS), il generale decide di recarsi personalmente alla ricerca della 1° brigata, con la sua Jeep. Scovatala, Urquhart si fa indicare dove sia il generale di brigata Lathbury, suo vicecomandante di divisione e comandante della 1° brigata e lo raggiunge presso il 3° battaglione che sta combattendo sull’autostrada Ede-Arnhem . Con il tumultuoso svilupparsi degli eventi (e suo malgrado), Urquhart perde contatto con il comando tattico del 3° battaglione. Lui e Lathbury ritornano dov’era la Jeep di Urquhart, solo per scoprire che è stata centrata da un colpo di mortaio e che l’autista e il radiotelegrafista sono gravemente feriti. La mattina di lunedì 18 settembre vede Urquhart e Lathbury “ospiti” presso la compagnia B del 3° battaglione, che combatte ormai alla periferia ovest di Arnhem. Il fuoco tedesco costringe Urquhart e Lathbury a rintanarsi dentro una casa, insieme con il capitano Willie Taylor e con il tenente Jimmy Cleminson. Rendendosi conto di quanto tutta la situazione gli stia per sfuggirgli di mano, Urquhart organizza allora la sua “fuga” da Arnhem, per riprendere il comando e riunirsi al resto della sua divisone, che in quel momento sta combattendo nei dintorni di Oosterbeek. Così il generale guida i suoi compagni fuori dalla casa in cui avevano trovato rifugio, scappando di corsa dalla porta di servizio e lanciando dietro di sé alcune granate fumogene che si erano ritrovati per le mani. Durante la “fuga”, un colpo, partito accidentalmente dallo Sten di Lathbury, si conficca nel terreno a lato di Urquhart e per poco non gli stacca di netto il piede destro mentre corrono. Urquhart si ferma, si gira e fissa Lathbury, facendogli presente quante volte ha detto e ripetuto ai suoi uomini di mettere la maledetta sicura alle loro armi quando non le usano e quanto sarebbe inappropriato che fosse proprio il vicecomandante della sua divisione a farlo fuori. A quel punto, Lathbury ha l’aria di uno che si vuole suicidare e di sicuro porrebbe in essere il suo intento se non fosse che incappano in un olandese con una gran brocca di surrogato di caffè bollente. L’uomo vede gli inglesi e offre loro festosamente il caffè della mattina. Urquhart cerca di fargli capire che non è proprio il caso e che hanno fretta, ma poi, forse mosso a compassione, lo assaggia. Per il generale, il surrogato di caffè è bollente ed amaro, con un sapore schifoso, ma, per buona creanza e per non offendere il brav’uomo, Urquhart da buon scozzese mostra di trovare comunque deliziosa la bevanda e invita ai suoi di fare lo stesso; poi ringraziano l’olandese e riprendono di corsa la loro marcia verso ovest. La periferia di Arnhem brulica letteralmente di soldati tedeschi con il dito sul grilletto. Passano a venti metri da una pattuglia nemica, ma non vengono visti. All’incrocio successivo però vengono inquadrati da una mitragliatrice nemica, che apre il fuoco. Lathbury è colpito alla schiena: è grave. Lo trascinano in una casa e lo affidano agli olandesi, poi proseguono. Arrivano a Zwarteweg, ma si rendono conto che è impossibile proseguire, così, giunti al civico 14, si rintanano nel solaio della casa del Sig. Anton Derksen e famiglia, dove passano una notte inquieta. La mattina del 19, arrivano gli effettivi del 2° “South Staffords” e dell’ 11° battaglione, agli ordini del colonnello David Dobie. Urquhart è tentato di radunarli e di prendere lui il comando dei due battaglioni, ma li lascia continuare nel loro attacco, mentre lui si fa consegnare una Jeep per raggiungere finalmente il quartier generale di divisione a Oosterbeek, dove nel frattempo è arrivato anche il comandante della 4° brigata paracadutisti (generale Hackett), lanciatasi su Arnhem il giorno prima. Il tragitto di Urquhart fino a Oosterbeek è compiuto quasi tutto con la Jeep che corre a tavoletta sotto il fuoco dei cecchini tedeschi, le cui pallottole fischiano tutto intorno. Arrivati in prossimità dell’hotel Hartenstein di Oosterbeek, dove è stato stabilito il quartier generale di divisione, Urquhart e i suoi incappano in una pattuglia di parà inglesi apparentemente in preda al panico: uno spettacolo veramente penoso, a detta del generale. Urquhart è allibito. Preme con tutta la forza sul pedale del freno e compie un testacoda con la Jeep, la ferma e balza giù furente. Il maggior generale Roy Urquhart smonta dal veicolo e si erge in tutto il suo metro e novanta sul percorso dei paracadutisti sbandati, che arrivano urlando: “Arrivano i tedeschi!”. Poi vedono i gradi sulla giubba del generale e si fermano come se avessero sbattuto contro una barriera invisibile. Urquhart domanda a bassa voce dove si credono di andare, correndo e urlando in quel modo; poi, resosi conto che è proprio il comandante di qui ragazzi il primo ad essere stato travolto dalla paura, lo afferra e lo trascina via di peso, mentre il tenente colonnello Mackenzie (capo di stato maggiore di Urquhart), uscito dall’albergo al ritorno del generale, rimane con i parà terrorizzati. Nessuno sa che cosa sia successo al ragazzo, ma una cosa è certa: quando il ragazzo tornò dal “colloquio” con il generale sembrava un’altra persona e riprese saldamente in mano il comando dei suoi uomini come se niente fosse mai successo. Urquhart in proposito avrà a dire: “... dovetti intervenire “fisicamente”. E’ spiacevole fermare con la forza dei soldati, come abbiamo dovuto fare noi. Ordinai loro di voltarsi e raggiungere le posizioni che avevano abbandonato, ma non prima di essermi trattenuto a fare “quattro chiacchiere” con quello che tra loro era il più alto in grado e che con il suo panico aveva dato un esempio vergognoso...”. “Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". E. Biagi.1980-'86. http://www.pegasusarchive.org/arnhem/roy_urquhart.htm Paracadutisti inglesi tra le rovine di Oosterbeek, il mitra che imbracciano è lo Sten: Come caricare una Jeep su un Horsa:
  13. Si. Il capitano delle SS (Hauptsturmführer)Viktor Eberhard Gräbner (24 May 1914–18 September 1944) il 18 settembre comandava il battaglione ricognitori della 9° SS panzerdivision “Hohenstaufen”. Avevano ricevuto ordine di attraversare il ponte di Arnhem diretti a sud per avere informazioni riguardo alle truppe nemiche sbarcate dal cielo attorno a Nimega. Il 18 settembre, lasciata la maggioranza dei mezzi blindati a dare man forte alla difesa del ponte stradale di Nimega, attaccato dal 508° reggimento dell’82° aviotrasportata americana, Grabner era ritornato a nord con una compagnia meccanizzata di panzergrenadieren, con la quale aveva sbarrato ai parà inglesi del colonnello Frost l’estremità sud del ponte stradale di Arnhem. Lo stesso giorno, alle prime luci, Grabner guidò personalmente l’attacco alla rampa nord del ponte di Arnhem, ma i tedeschi vennero respinti quando ormai erano ad un soffio dal successo e lo stesso Grabner rimase ucciso in azione. Il 18 settembre, lunedì, i combattimenti paiono tirare per un attimo il fiato. Le trasmissioni continuano a non funzionare e questo è grave, perché non c’è alcuna vera coordinazione tra i reparti combattenti. Sono i partigiani olandesi che alle prime luci, con una telefonata, riescono a informare il generale Gavin dell’82° americana che ad Arnhem gli inglesi sono circondati da due divisioni corazzate germaniche. Alle ore 13:00, con 19 ore di ritardo, i ricognitori avanzati delle Guardie irlandesi di Horrocks riescono a stabilire il contatto con la 101° divisione aviotrasportata a Eindhoven. Non appena questo accade, i tedeschi della 59° divisione di fanteria fregano tutti, riuscendo a far saltare il ponte sul canale Guglielmina a Best. I carri armati inglesi e la brigata olandese “Principessa Irene” (colonnello De Ruyter Van Stevenick) si dirigono allora a est, a Son, dove arrivano alle 19:00 e dove devono aspettare che il Genio getti un ponte Bailey di 60 metri sul canale Guglielmina, ma questo richiederà tutta la notte (il ponte di Son era stato fatto saltare il primo giorno dai ragazzini di un reparto di reclute della Luftwaffe, il successo dei quali si vede proprio ora). Frattanto, più a nord, l’82° divisione di paracadutisti americana combatte aspramente per il ponte stradale sulla Waal, a Nimega: l’estremità nord del grande ponte è saldamente in mano alle SS della 10° panzerdivision, rinforzate da elementi della 9° divisione corazzata; i tedeschi però cercano in tutti i modi di evitare di distruggere il ponte. I parà dell’82° tengono il ponte di 500 metri sulla Mosa a Grave, più a sud e difendono con le unghie e con i denti le sponde e i ponti sul canale Mosa-Waal. Alle 06:00 della mattina Horrocks (36 ore di ritardo) si rimette in moto a Son e si dirige su Grave, dove qualche ora dopo prende finalmente contatto con i parà americani dell’82° schierati sulla Mosa. A questo punto il generale Browning ordina un attacco combinato di fanteria e di carri armati sul ponte di Nimega. Le vere note dolenti però arrivano dal cielo: il secondo aviosbarco, previsto per le 10:00 del 18 settembre subisce un grave ritardo dovuto al maltempo sull’Inghilterra (che però fa sì che i caccia della Luftwaffe, che sapevano tutto grazie a un traditore e che aspettavano gli aerei alleati lungo la Club Route, non incontrino invece un bel niente e se ritornino alle loro basi senza aver sparato un sol colpo). Nonostante questo, quando sono ormai le 14:00, sul cielo dell’Olanda appaiono 1336 C-47 e 340 Stirling con 1205 alianti a rimorchio, seguiti da 252 Liberator carichi di roba e scortati dai caccia. Questo secondo aviotrasporto comprende 6674 uomini, 681 veicoli, 60 cannoni, munizioni, materiali vari e quasi 600 tonnellate di rifornimenti, compresi due bulldozer richiesti dai parà. La 101° divisione aviotrasportata riceve 428 alianti, 2656 uomini e relativi materiali ed automezzi. Nel tratto di corridoio dell’82°, tra Grave a Nimega, le perdite sono invece consistenti e i piloti dei trasporti devono affrontare una tempesta di fuoco. Dei 454 alianti previsti, ne arrivano interi solo 385, con 1782 uomini, 60 cannoni, 177 Jeep e relativi materiali e munizioni. Le perdite più gravi sono quelle del reggimento piloti di alianti della divisione, che quel giorno conta 54 morti. Infine, più di 2000 uomini (la 4° brigata paracadutisti del generale Hackett) scendono dal cielo il 18 settembre a ovest di Arnhem e in zone dove infuriano asprissimi combattimenti, ma solo 12 tonnellate di armi e munizioni raggiungono i paracadutisti inglesi, il resto cade tra le braccia dei tedeschi, che non si scompongono e prendono a combattere con armi e munizioni altrui. Questi rifornimenti non cambiano di una virgola la situazione di Frost sul ponte di Arnhem, né della sacca di parà rinchiusa a Oosterbeek, presa tra il Reno a sud ed i carri della 9° panzer a nord, est (gruppo di combattimento SS di Krafft) ed ovest (gruppo di combattimento Von Tettau). Urquhart non si sa che fine abbia fatto. La 1° divisione paracadutisti inglese continua a dissanguarsi inutilmente, nel tentativo di raggiungere Frost sul ponte di Arnhem. Le radio non funzionano e si fa fatica a prendere contatto tra i gruppi combattenti. Tutte le speranze vengono ormai riposte nella brigata di paracadutisti polacchi di Sosabowski, il cui lancio è previsto per il giorno dopo, il 19. Sul ponte di Arnhem, Frost deve tenere a bada a nord i tedeschi della 10° corazzata SS del generale Harmel, che si sono interposti tra lui e il resto della 1° brigata aviotrasportata e deve resistere anche a sud, ai granatieri corazzati di Grabner, che ora si fanno avanti sul ponte, forti di ben 22 mezzi blindati e semoventi d’assalto. Incredibilmente e anche grazie all’artiglieria divisionale, allertata miracolosamente grazie a una radio funzionante, i Red Devils del 2° battaglione riescono a resistere anche a questo assalto. I tedeschi lasciano 12 carri a bruciare sul ponte e devono ritirarsi con il loro comandante (Grabner) morto. “Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". E. Biagi.1980-'86. http://en.wikipedia.org/wiki/Operation_Market_Garden#Early_successes http://en.wikipedia.org/wiki/Viktor_Eberhard_Gr%C3%A4bner Un esempio di ponte Bailey, costruito dai genieri inglesi e ancora oggi in piedi, in Libia: Il lanciarazzi anticarro spalleggiabile PIAT (Projector Infantry Anti Tank), protagonista della resistenza dei paracadutisti inglesi del 2° battaglione sul ponte di Arnhem:
  14. Le winglets non servono per dare stabilità direzionale; esse dovrebbero servire "solo" a conservare tutta la superficie portante dell'ala fino alle estremità, allontanando da esse i vortici di estremità e riducendo la resistenza indotta (perchè i vortici sono più piccoli e lontani dall'ala). Riguardo all'Horten se ne è parlato quà: http://www.aereimilitari.org/forum/topic/7885-levoluzione-dellala-volante/
  15. Hobo

    Nose Art

    A occhio il quartultimo della lista, "Famous Grouse" con "Hello Sailor" e Caroline sdraiata in calza a rete, è un Blackburn Buccaneer, bello comunque.
  16. La battaglia divampa e va anti per tutta la notte sul 18 settembre. Sono scontri terribili e confusi, a cannonate, con i lanciafiamme, con le bombe a mano e con la baionetta. Ad Arnhem, il colonnello John Frost ha stabilito un perimetro difensivo a semicerchio attorno allimboccatura nord del ponte stradale. Il grande ponte sul Reno, seicento metri per trentasei su tre campate, di cui una, la più grande, in acciaio, è completamente avvolto dal fumo delle esplosioni. Le vampate delle armi lo illuminano in continuazione come i flash di centinaia fotografi, i traccianti rossi squarciano loscurità. Non sembra tanto male per gli inglesi. Nonostante i granatieri corazzati tedeschi di Grabner impediscano loro di attraversare il ponte verso sud, le perdite sono relativamente leggere e Frost sa che si tratta di resistere 48 ore, poi arriveranno i carri armati di Horrocks. I paracadutisti del 2° battaglione riusciti a seguire Frost sul ponte sono circa 500 in quel momento, inoltre, al tramonto, anche il maggiore Gough è riuscito a riunirsi a Frost con un altro centinaio di parà ed ora anche altri elementi del 3° e del 1° battaglione, che erano stati fermati da Krafft sulle strade a ovest di Arnhem, continuano ad arrivare ad ogni momento, alla spicciolata, con tutto il materiale che sono riusciti a raccattare per strada: gli uomini sono stracarichi. Avevamo fatto 13 chilometri di strada difficile e pericolosa per impossessarci del nostro obbiettivo sette ore dopo il nostro lancio: una bellimpresa in verità, ricorda Frost. Nonostante questo, il colonnello in comando è inquieto. Innanzi tutto egli è rimasto colpito dalla dimensione e dalla qualità della risposta germanica: i tedeschi si sono dimostrati tuttaltro che demoralizzati e, soprattutto, ci deve essere almeno una divisione corazzata germanica lì attorno! (E i panzer sono i peggiori nemici dei paracadutisti). Come se non bastasse, da parte inglese manca lacqua, mancano i cannoni anticarro, le radio non funzionano ed ancora nessuno sa niente di che fine abbiano fatto il generale Urquhart e il generale Lathbury: i parà stanno combattendo di propria iniziativa. Messi da parte questi pensieri, Frost, Gough e Mackay radunano gli uomini sui due lati della rampa nord del ponte stradale di Arnhem e iniziano a combattere.
  17. Lo Zero in buone mani era l'Arma definitiva.
  18. Di nulla, ma comunque le Jeep blindate le avevano. Armoured Jeep: Dingo: British paratroopers (notare gli Horsa sfasciati per la botta...): Intanto, sul confine belga-olandese, l’ora zero per le forze terrestri è fissata alle 14:00 del 17 settembre. L’intero 30° corpo corazzato (Horrocks), con alla sua sinistra il XII corpo d’armata inglese (Ritchie) ed alla sua destra l’VIII corpo di O’Connor, è schierato in Belgio vicino a Neerpelt, sul canale Mosa-Schelda: 20000 veicoli attendono l’ordine di accendere i motori. Alle 14:00, trecentocinquanta cannoni dell’artiglieria di corpo d’armata aprono il fuoco. La preparazione a fuoco batte un rettangolo largo un chilometro e mezzo e profondo otto, direttamente davanti al fronte dei carri armati. Il tutto dura esattamente 35 minuti, poi, alle 14:35, i carri di Horrocks si mettono finalmente in moto diretti a nord; fin dove possibile saranno preceduti dall’artiglieria, il cui fuoco inizia a spostarsi in avanti, poi ci penseranno i cacciabombardieri. La “Club Route”, la “strada dei fiori”, passa “sul ponte di Joe”, sul canale Mosa-Schelda (in mani alleate), supera il confine ed entra in Olanda, dirigendosi a nord, a Valkenswaard (o Walkenwaard) e poi a Eindhoven, dove gli uomini della 101° aviotrasportata già attendono con ansia le truppe corazzate. Superato il canale Mosa-Schelda, alle 15:00 i carri armati sono ormai in Olanda. L’ordine è non fermarsi per nessun motivo, i mezzi incidentati dovranno essere abbandonati sul posto, nessuno perda tempo a rimorchiarli. In testa ci sono i carri pesanti delle Guardie irlandesi, spalleggiati dalla 43° (Wessex) e dalla 50° divisione “Northumberland” di fanteria, che provvederanno a puntellare i fianchi delle punte corazzate. Superato il cartello tondo, colorato di bianco, rosso e blu e con la scritta “Douane” (dogana), i mezzi corazzati delle Guardie si ritrovano in Olanda. Davanti a loro c’è un posto di frontiera completamente sbriciolato dalle cannonate, al di là del quale la strada sparisce dentro una magnifica fascia boscosa di conifere. I carri ci si gettano e escono dall’altra parte. Come lo fanno, fantasmi in tuta mimetica ricoperti di frasche balzano silenziosamente fuori dai cespugli del sottobosco, mentre una batteria anticarro di Pak-40 da 75 mm, uscita dal nulla ai due lati della strada, apre il fuoco a bruciapelo. I quattro carri di coda dello squadrone rimangono a bruciare come torce. Il comandante irlandese si gira sulla torretta del mezzo di testa e li vede, proprio mentre una mitragliatrice pesante tedesca inizia a fare a pezzi i fanti aggrappati ai mezzi corazzati. Sono appena entrati in Olanda e il suo squadrone è già tagliato fuori! Ora gli artiglieri tedeschi riprenderanno con calma la mira e faranno fuoco metodicamente sui carri di testa, per bloccare quelli nel mezzo del convoglio e disintegrarli con comodo! Il comandante ordina al suo pilota di accelerare e di portarsi fuori strada con il Cromwell, per liberare la via ai mezzi che lo seguono, in modo che possano andare più avanti sul percorso, defilandosi rispetto alla batteria anticarro nemica; poi si fa allungare la radio: arrivano i Typhoon. “Non me lo fate ripetere!”, urla ai piloti il comandante delle Guardie, “Vedete quella fila di alberi laggiù? Vedete quei tre cannoni? Fateli fuori!”. I cacciabombardieri eseguono l’ordine, la batteria anticarro tedesca tace. Le Guardie irlandesi proseguono a tutta verso Valkenswaard, dove arrivano dopo il tramonto in mezzo a una folla di olandesi in festa. Non c’è molto da festeggiare, avrebbero dovuto trovarsi a Eindhoven in tre ore: ne sono passate cinque e sono solo a Valkenswaard, a metà percorso, intorno ci sono gli agguerriti paracadutisti di Kurt Student ed almeno due battaglioni di SS della 9° divisione e ormai è buio...
  19. Eh, come al solito: se non c'erano i Marines.............
  20. Hobo

    Il Primo Caccia A Reazione

    Da quel che sapevo io, il Meteor divenne operativo prima del 262. Erprobungskommando 262: "Erprobung" = test, Kommando = gruppo. "Erprobungskommando-262": gruppo-test-262. Era un reparto sperimentale fatto per valutare armi nuove, in condizioni operative. "Einsatzkommando": gruppo operativo. "Einsatz": impiego, utilizzo, uso. (Kommando "per l'impiego" operativo delle nuove armi). Non so se il n° 616 squadron fosse un reparto sperimentale. Entrambi i popoli mi risultano molto precisi, stavolta i tedeschi forse lo sono stati di più, definendo chiaramente sperimentale il Kommando-262, o forse gli inglesi volevano far risultare operativo il loro aereo prima del nemico, immettendolo almeno ufficialmente in un reparto combattente di prima linea.
  21. La 1° divisione aviotrasportata inglese ad Arnhem poteva contare sui seguenti veicoli: 1907 biciclette convenzionali. 1362 bici pieghevoli. 529 Wellbike Motoscooter, motociclo pieghevole leggero a benzina, aviolanciabile con il suo DTC (drop tube container). 704 moto, come la classica BSA WM-20, con il suo drop container. 904 jeep 935 rimorchi ruotati. 450 “Handcart”, carretti a mano (molto apprezzati dai parà). 25 Bren Carrier e “Universal Gun Carrier”, cingolate. 25 autoblindo leggere White Motor Company M-3 “Scout car”. 244 veicoli speciali di vario tipo, tra cui i Daimler “Dingo” 4X4, i celebri autocarri classe CMP (Canadian Military Pattern), con un peso che poteva andare da 1,5 fino alle 4,5 tonnellate del C-15TA Armoured Truck. I carri leggeri della divisione, come i pochi Tetrarch rimasti e gli M-22 Locust, dice che avrebbero dovuto arrivare via terra, ma non si capisce bene. La 1° divisione atterrò ad Arnhem potendo contare su un reggimento da ricognizione su moto, jeep corazzate e su veicoli CMP. Il reggimento ricognitori era basato su tre squadroni, uno per ogni brigata di paracadutisti. Da quello che ho capito, il reggimento ricognitori aveva abbandonato i Tetrarch perché largamente inferiori ai panzer, di conseguenza si preferì dare spazio ad altro materiale sugli alianti (Hamilcar). Wellbike motoscooter (o "parascooter"): BSA WM20: Daimler Dingo 4X4: Bren carrier (il Bren è quella mitragliatrice leggera 7,62 mm a caricatore ricurvo che si vede sopra la "tanketta"): M3 Scout: C-15TA Armoured Truck:
  22. E ad Arnhem? In effetti, anche qui all’inizio pare che vada tutto bene. Alle 13:30, nei campi subito ad occidente di Arnhem, tra Renkum, Heelsum e Wolfheze, prendono terra i tre battaglioni della 1° brigata da sbarco aereo della 1° divisione (i Red Devils del generale Urquhart), che conta 5191 uomini. Il 1° ed il 3° battaglione atterrano rispettivamente a nord e a sud della linea ferroviaria Ede-Arnhem, il 2° battaglione della brigata tocca terra più a sud, subito a est di Heelsum. A causa della carenza di velivoli, gli effettivi dei tre battaglioni rappresentano circa la metà della 1° divisione ed ora, come se non bastasse, quasi un uomo su due di quelli atterrati deve essere lasciato sul posto per presidiare e proteggere la zona d’atterraggio, in vista del lancio di tutto il resto della 1° divisione, previsto per il giorno dopo. I bombardamenti preparatori sono stati molto efficaci ad Arnhem e non si è perso un solo aliante da trasporto durante la manovra di avvicinamento. Al contrario, gli unici alianti perduti sono stati i cinque che hanno dovuto ammarare per problemi tecnici sul Mare del Nord. Questi alianti trasportavano le Jeep blindate del reparto ricognitori del maggiore Freddie Gough, che avrebbe dovuto spingersi subito verso Arnhem. I ricognitori, ora appiedati, si vedranno superare dal 2° battaglione della 1° brigata aviotrasportata, comandato dal tenente colonnello John Frost, che li precederà su Arnhem. Appena atterrati, gli uomini hanno l’impressione che tutto vada per il meglio, anzi, una folla olandese in delirio accoglie e circonda i paracadutisti inglesi. Un ufficiale del 2° battaglione, il capitano Eric Mackay, ricorda: “Pareva una parata della vittoria. Gli olandesi erano letteralmente deliranti di gioia. Tutto era così incredibile che quasi quasi cominciammo ad aspettarci di vedere da un momento all’altro i carri armati di Horrocks venirci in contro da Arnhem”. Una fiumana festante di persone con abiti e bandiere arancioni sommerge i parà britannici, i quali addirittura iniziano a fare fatica ad avanzare. La gente li abbraccia e li strattona. Offre loro cibo, bevande e frutta di ogni tipo. Gli inglesi accettano tutto di buon grado, ma vedono chiaramente che tutto quel caos non farà altro che svegliare i tedeschi. Ci sono tre strade che da occidente portano ad Arnhem. La più settentrionale delle tre è l’autostrada che corre in senso est-ovest, da Arnhem ad Ede, a nord della ferrovia e sarà percorsa dal 1° battaglione aviotrasportato. La seconda strada è la statale Utrecht-Arnhem e corre a sud della ferrovia, sarà scelta dal 3° battaglione inglese . La terza strada per Arnhem, la più meridionale delle tre, è una bella strada secondaria che costeggia la riva settentrionale della Waal (basso Reno), andando da Heelsum (tra Renkum e Wolfheze) ad Arnhem. Il tenente colonnello Frost sceglie quest’ultima strada e la imbocca subito con il 2° battaglione dei Diavoli rossi. La “parata della vittoria” dura poco. Al contrario di Model, che ha subito pensato ad un attacco che mirava a liquidare lui e il suo quartier generale ad Oosterbeek ed ha lasciato in fretta e furia l’albergo Tafelberg per rifugiarsi a Doetinchem, ad Arnhem il comandante del 2° corpo corazzato SS, generale Bittrich, dimostra di essere rimasto perfettamente calmo e organizza un piano d’emergenza per parare il colpo degli alleati: la 9° e la 10° corazzate e i loro gruppi di combattimento dovranno difendere ad ogni costo i ponti sul Reno ad Arnhem (ferroviario e stradale), fino all’arrivo di rinforzi dalla Germania. Gli inglesi che da ovest marciano su Arnhem lungo le tre direttrici costituite dalle tre strade di cui sopra, vanno a sbattere ora contro il gruppo di combattimento delle SS del maggiore Krafft (9° corazzata Hohenstaufen), saldamente attestato con i suoi Panther e i suoi mortai su una linea che va da Wolfheze ed Oosterbeek. Krafft ha disposto i suoi uomini in modo da troncare le tre strade che da occidente portano a Oosterbeek e ad Arnhem, ma stranamente privilegia le difese dell’autostrada e della statale a nord mentre lascia solo un velo di truppe sulla strada secondaria, la più meridionale, che corre lungo la riva nord del Reno e lungo la quale gli uomini del 2° battaglione di Frost ora riescono sopraffare i tedeschi e a dirigersi su Arnhem, precedendo di parecchio tutto il resto della brigata. Sono passate da pochi minuti le 18:00, quando gli uomini di Frost, sulla riva nord del Reno, arrivano in vista delle arcate del grande ponte ferroviario di Arnhem. Fanno appena in tempo a vederlo, che esso salta in aria sotto i loro occhi. Un po’ più avanti, incontrano un ponte di barche, ma i tedeschi lo hanno reso inutilizzabile, rimuovendo gli elementi galleggianti centrali del ponte. Dopo altri due chilometri di marcia nel buio della sera, il 2° battaglione aviotrasportato arriva finalmente alla grande arcata in acciaio e cemento del ponte stradale di Arnhem, obbiettivo della divisione. I parà di Frost formano subito un perimetro sui due lati della rampa nord del ponte, ma non riescono ad attraversarlo verso sud: i granatieri corazzati delle SS del gruppo di combattimento del capitano Grabner, che hanno attraversato i ponte con i loro panzer diretti su Nimega (a sud), bloccano i paracadutisti inglesi che cercano di raggiungere l’imboccatura meridionale del ponte; ha inizio una terribile battaglia. Nello stesso momento, il generale Urquhart e il suo vice, generale di brigata Lathbury (comandante della 1° brigata aviotrasportata), separati dal 3° battaglione, devono cavarsela come meglio possono, inchiodati come sono dal fuoco tedesco nel solaio dell’albergo Hartenstein, a Oosterbeek. Come se non bastasse, anche l’imponderabile entra in tutta la vicenda e a Veghel, area di competenza della 101° aviotrasportata americana, accade l’impensabile. Da un aliante Waco che si è completamente sfasciato in atterraggio, i tedeschi tirano fuori una valigia contenente tutti i piani operativi di Market-Garden e la portano subito a Vught, dove ha il suo quartier generale il generale Student, dei parà tedeschi. Student non crede ai suoi occhi: “... c’era tutto! Le zone di lancio, i corridoi, gli obbiettivi primari e secondari... Dovevano tenere i ponti prima che noi li facessimo saltare!”. I tedeschi ora sanno tutto. Riassunto da "Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". E. Biagi.1980-'86. http://en.wikipedia.org/wiki/Operation_Market_Garden
  23. Per Market-Garden, gli alleati hanno cura di scegliere comandanti giovani e aggressivi. Il maggior generale Robert “Roy” Urquhart non ha ancora quarantatre anni quando si vede affidare da Browning il comando della 1° divisione aviotrasportata inglese e della brigata (tre battaglioni) di parà polacchi (estremamente coraggiosi e motivati) del generale Sosabowski. La cosa sorprende moltissimo lo stesso Urquhart, perché il generale non viene dai paracadutisti, ma è stato scelto da Browning per la sua grande competenza, la scrupolosità e il suo grande coraggio (Urquhart è il tipo di generale da prima linea "alla Rommel" ed è stato quasi ucciso nel ’43 durante lo sbarco in Calabria). Urquhart è scozzese, classico ufficiale cresciuto nelle colonie oltremare. Duro, modesto, riservato, taciturno, estremamente tenace e con un grande sangue freddo. Ha avuto un ruolo di primissimo piano ad El Alamein (dove si è guadagnato il Distinguished Service Order) alla testa della sua 51° divisione, i famosissimi Highlanders. Per lo sbarco in Sicilia, Urquhart assume il comando della 231° Brigata maltese, che addestra personalmente all’invasione dell’Italia dal mare. Quando Urquhart si vede assegnare la 1° aviotrasportata, non nasconde a Browning una certa preoccupazione, dovuta al fatto di non provenire dai parà. Browning lo rassicura e gli dice che l’alto comando ha grande fiducia in lui (ed è vero), ma Urquhart, professionista com’è, si permette d’insistere sulla sua inesperienza con le truppe aviotrasportate: “Signor generale”, dice Urquhart a Browning, “permettete almeno che io abbia un addestramento personale come paracadutista...”. Browning lo squadra dalla testa ai piedi (Urquart è alto un metro e novanta per cento chili di peso) poi ribatte: “Lasciamo il paracadutismo ai ragazzi e lei è grande e grosso ed è avanti negli anni per queste cose...”. Poi, osservando la tenuta di Urquhart, classica scozzese con i pantaloni con le ghette bianche tradizionali degli Highlanders, Browning aggiunge: “E sarebbe auspicabile generale che lei vestisse in modo più consono ai suoi compiti e rinunciasse a quei pantaloni...”. Urquhart è talmente preoccupato dal fatto di non essere un paracadutista che si mette a studiare e ad applicarsi nella conoscenza e nell’impiego delle truppe aviotrasportate al punto da guadagnarsi l’attaccamento e la stima incondizionata di tutti i suoi paracadutisti. In particolare, gli aviotrasportati apprezzano subito la grande calma e la sicurezza del loro nuovo comandante, anche se nei primi tempi Urquhart stesso dirà: “All’inizio mi sentivo un estraneo, una specie di marinaio confinato a terra”. Urquhart, una volta a terra, impiegherà in modo impeccabile i suoi parà, “... come truppe di fanteria eccezionalmente ben addestrate”, come lui stesso avrà a dire. Al momento dell’invasione dell’Olanda Urquhart e i “Rote Teufeln” (come i tedeschi hanno soprannominato gli uomini della 1° brigata aviotrasportata, poi 6° divisione) sono un tutt’uno. Si troveranno ad affrontare forze nemiche quattro volte più grandi di quello che gli avevano detto. Sul generale Gavin, comandante dell’ 82° Airborne americana (“All American”), non mi dilungo, dato che mi sembra talmente famoso che sarebbe noioso ripetersi. E’ il più giovane generale degli Stati Uniti e si è conquistato uno per uno i gradi nelle forze armate fin da quando, a 17 anni, si arruolò in artiglieria e venne destinato a Panama. Nato nel 1907, ha solo 37 anni nel 1944, quando il 15 agosto riceve dal suo comandante, Ridgway (che diventerà comandante supremo della NATO), il comando dell’ 82° aviotrasportata. E’ soldato tra i soldati, letteralmente idolatrato dai suoi uomini. Dato che semplicemente non ci sono abbastanza velivoli per trasportare tutti in una volta i parà, si programmano tre aviosbarchi. Domenica 17 settembre 1944, ci sono duemila aerei che stanno scaldando i motori in ben 24 basi sparse nell’Inghilterra meridionale. Ventimila uomini iniziano a prendere posto sui loro velivoli, insieme a 590 tonnellate di materiale, 511 veicoli e 330 cannoni aviotrasportati. Per problemi dovuti al tempo e alla diversa velocità, decollano prima gli alianti trainati, i più lenti, poi tutti gli altri. A mezzogiorno meno dieci, un enorme ponte aereo, scortato da centinaia di caccia, va dalla Gran Bretagna all’Olanda, scavalcando il Mare del Nord. Gli aerei con a bordo la 101° divisione prendono la rotta sud, quelli con l’82° e con la 1° divisione inglese volano sulla rotta nord; insieme agli alianti di Gavin volano anche quelli che trasportano tutto il quartier generale di Browning (1° armata aviotrasportata alleata). Alle 12:40 l’ondata d’assalto aereo supera a bassa quota la costa olandese. Per i piloti non è difficile dirigersi verso le zone di lancio e di atterraggio, segnalate nel vento da enormi colonne di fumo nero che si levano dal suolo là dove sono passati (e stanno ancora passando) i bombardieri. E’ uno spettacolo da mozzare il fiato. Gli olandesi delle città e dei paesini della costa sorvolati dagli alleati alzano la testa, il cielo rimbomba del rumore dei motori e delle esplosioni della contraerea tedesca. Migliaia di trasporti volano a meno di cento metri in file e file di aeroplani, in mezzo agli sbuffi neri delle cannonate tedesche. Gli Halifaxes e gli Short Stirlings si trascinano dietro i pesanti Hamilcars, con a bordo l’artiglieria e i carri aviotrasportati. Gli Horsa ed i Waco CG14 sono invece al seguito di aerei più “leggeri”, come i C-47, o gli Albemarle. Gli olandesi impazziscono di gioia, corrono per le strade e finiscono con l’intasarle. I partigiani attaccano e cercano di liquidare qualche postazione contraerea, ma sono respinti. All’improvviso, decine, poi centinaia ed infine migliaia di palloncini bianchi iniziano ad aprirsi nel cielo dietro agli aerei. All’una del pomeriggio anche i primi alianti toccano terra a ovest di Arnhem. I primi uomini ad atterrare sono i “pathfinders”, gli apripista, che prendono terra e segnalano le zone di atterraggio per tutto il resto della divisione. Il lancio della 101° intorno ad Eindhoven è, per dirla con le parole del suo comandante (Taylor), molto buono. Dei 6695 uomini imbarcati, 6669 toccano terra senza alcun problema, al contrario, pesanti sono le perdite di alianti, decimati dalla Flak: dei 70 velivoli partiti infatti solo 53 riescono ad atterrare a ovest di Son. Il 501° reggimento della 101° divisione atterra a nord, a cavallo del canale Re Guglielmo I e si dirige subito a sudest, a Veghel, che costituisce l’obbiettivo più settentrionale della divisione e si impadronisce rapidamente di quattro ponti stradali e ferroviari sul canale Guglielmo e sull’Aa. Il 502° e il 506° reggimento della 101° si lanciano più a sud, a ovest di Son, nella striscia di terra compresa tra la confluenza del Dommel (a nord) e del canale Guglielmina (a sud). A St. Oedenrode, a metà strada tra Veghel e Eindhoven, il ponte sul Dommel cade senza difficoltà in mano americana. Più a sud la situazione inizia ad incasinarsi un tantino. I due reggimenti della 101° sono scesi dal cielo a soli 18 chilometri dal quartier generale di Student, a Vught (1° divisione paracadutisti germanici) e come se non bastasse sono piombati in mezzo alle unità della 15° armata tedesca (generale Zangen). Inizia un’accanita battaglia sul canale Guglielmina, attorno ai ponti di Best (a occidente) e di Son (a oriente). Per il primo si combatte aspramente, il secondo invece, quello di Son, viene fatto saltare dai ragazzini della Luftwaffe sotto gli occhi disperati dei parà americani che sono arrivati a meno di 50 metri dal ponte. I ragazzini della Luftwaffe incassano così uno dei più grossi successi tedeschi della giornata. Hanno chiuso l’imboccatura sud del corridoio. I paracadutisti si buttano allora a nuoto nel canale, formando una minuscola testa di ponte sulla riva sud e aspettando i mezzi blindati del 30° corpo. A nord frattanto, l’82° ha preso terra tra Nimega e Grave, a cavallo della Mosa e del canale Mosa-Waal, a un passo dal confine con la Germania. I lanci sono anche qui molto favorevoli, anche se pure qui la contraerea fa le sue vittime. Gavin ha scelto accuratamente le zone di atterraggio per la sua 82° divisione: tre zone di lancio e un area d’atterraggio per gli alianti. Quattromilacinquecentoundici paracadutisti dell’All American toccano terra a sudest di Nimega, altri 2016 atterrano all’una e un quarto tra Nimega e Grave, a nord di Overasselt, sempre sulle due sponde della Mosa. La contraerea nella foresta intorno a Groesbeek ha creato uno sbarramento piuttosto sostenuto, ma le sue postazioni sono ridotte al silenzio dai parà, che strategicamente si attestano sulle vicine colline che dominano la zona. Una compagnia del 2° battaglione del 504° reggimento si lancia su Grave e atterra a meno di settecento metri dal ponte sulla Mosa, raggiunge l’imboccatura sudovest del ponte, liquida le sentinelle nemiche, taglia i fili delle cariche esplosive e lo conquista. L’82° è ora sulle due rive del canale Mosa-Waal, tra Nimega a nord e Grave a sud; attaccando sui due lati conquista tutti i ponti su questo canale. L’atterraggio anche degli alianti con il quartier generale di Browning suggella il successo dei paracadutisti americani. Riassunto da "Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". E. Biagi.1980-'86.
  24. Balle. Non è vero che 10 anni fà si diceva così e non è vero che era una situazione diversa, sono tutte cose che si dicono, ma sono luoghi comuni. La "crisi", la disoccupazione, il "debito pubblico"... Io ho quasi 38 anni ormai e da quando ho memoria io la gente non faceva che parlare sempre di ste cose e non è mai successo nulla e non è mai cambiato nulla, in Italia. Questo può essere visto in modi diversi, in senso negativo, o positivo. Dipende dai punti di vista. Se poi mi vuoi parlare della condizione dell'"Università" (le virgolette sono volute) italiana è un altro discorso. Se puoi, va all'estero. Tutto dipende da cosa vuoi fare tu. I peggiori cretini che ho conosciuto erano laureati (come me) e alcune delle persone più in gamba che ho conosciuto non avevano finito neanche le elementari. I pregi o i difetti sono nostri, lo studio e la "cultura" non aggiungono un bel nulla sulla bilancia. Da qualche parte tanto tempo fà lessi un detto: "Lo studio rende più saggi i saggi e rende più cretini i cretini". Mi sono trovato d'accordo.
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