In seguito a uno pseudo scandalo, è stato diffuso un documento del ministero delle attività produttive redatto poco prima della guerra dove si dice che la nostra presenza in Iraq, in particolare a Nassiriyah, sarebbe stato un "colpaccio" per l' ENI (l' industria petrolifera nazionale) e per altre aziende italiane, che porterebbero ricavi fino a 2 miliardi di euro l' anno.
qui il documento
http://www.repubblica.it/popup/servizi/200...iraq/index.html
un estratto:
Quelli che seguono sono stralci dello studio commissionato dal Ministero per le attività produttive sei mesi prima dell'inizio della guerra in Iraq (marzo 2003) al professor Giuseppe Cassano, docente di statistica economica all'università di Teramo. Un dossier nel quale si confermava che non dovevamo lasciarci scappare l'occasione in caso di guerra di basarci a Nassiriya, "se non vogliamo perdere - scriveva Cassano - un affare di 300 miliardi di dollari".
Non è un documento segreto (anche se, ovviamente, ne era stato fatto un uso interno) e vi si dimostra la "convenienza" per l'Italia di partecipare alle operazioni in Iraq . Il meccanismo che viene evidenziato si può leggere a pagina 3 del documento dove si dice: "L'Iraq ha stabilito una serie di accordi commerciali con tre Paesi del Consiglio di Sicurezza, evidentemente come una sorta di assicurazione contro più severi provvedimenti da parte delle Nazioni Unite…". Il ragionamento, più o meno, è il seguente: l'assicurazione potrebbe non funzionare perché gli Stati Uniti potrebbero (come poi fecero) "garantire" il mantenimento degli accordi commerciali in essere anche nel "dopo Saddam". Quindi, partecipare alla guerra, vuol dire avere garantiti gli accordi sul petrolio… "Forse anche l'Italia - prosegue il documento - potrebbe giocare la stessa carta circa i giacimenti di Halfaya e Nassiriya…".