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Dominus

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  1. Che sia una sostanza tissitropica lo sanno tutti, ma anche odifreddi è un estremista: se la gente ha bisogno di queste cose è giusto lasciargliele perchè se non sarà il sangue di san gennaro sarà qualche madonna che piange o qualche padre pio. Purtroppo quelli dell'UAAR sono tanto indottrinati e dogmatici quanto i cattolici stessi e, allo stesso modo, vogliono imporre la loro idea a tutti.
  2. Vediamo di parlare di afghanistan, non dei trascorsi di obama. Se volete ci sono topic appositi.
  3. Sticavoli dell'ocse, se uno è diffamato ora non può querelare? Allora io politico posso essere infamato in ogni modo secondo questo ragionamento, molto interessante.
  4. No, i talebani non rappresentano un problema internazionale finchè non potranno disporre di un' entità statale dietro quale nascondersi. Un conto è fare i terroristi braccati e nascosti sulle montagne, un conto è avere il controllo di un paese, per quanto povero, e poterci fare quello che si preferisce. I campi dove si sono addestrati i terroristi erano in A-stan, non in arabia saudita, ricordo. Poi tu cosa proponi? Ritirarci e ridargli il paese? Il terrorismo va combattuto e per farlo bisogna mantenere l'iniziativa sempre. Se non sarà l'afghanistan sarà qualche altro luogo, purtroppo non è un nemico che si può sconfiggere, almeno non con i mezzi che possono usare i civilissimi stati occidentali.
  5. Hugo Chavez piace molto all’americano Oliver Stone, lo stesso che un tempo inneggiava ai nordvietnamiti responsabili di carneficine e boat-people, e che ovviamente in seguito s’innamorò di Castro. Il regista in conferenza stampa a Venezia ha etichettato il dittatorello venezuelano come «Un eroe del Sudamerica», e sul suo governo si è così espresso: «Ho analizzato i dati della crescita economica che non lasciano dubbi sulla salute dell’economia venezuelana». Naturalmente chiunque si renda nemico degli Usa riscuote subito la piena adesione delle Sinistre occidentali, tanto di più se gauche caviar, e allora via agli scrosci d’applausi dell’intellighenzia radical-chic pronta a incensare Oliver Stone, Michael Moore, e compagni. Ma, al di là della propaganda politica di Chavez e dell’opportunismo pubblicitario di Stone – il quale stranamente s’è sempre ben guardato dall’andare a vivere a Caracas, ad Hanoi, o all’Avana, preferendo la sua villa nella tanto vituperata e americanissima Los Angeles –, ciò che conta sono i fatti, e questi cosa ci dicono sulla reale situazione politica del geniale economista Chavez, erede di Simon Bolivar? Il 2009 Index of Economic Freedom – istituto di ricerca del Wall Street Journal e dell’Heritage Foundation – retrocede il Venezuela di altri 3.8 punti rispetto al 2008 nella lista delle economie a libero mercato, portandolo al 174° posto nel mondo, e al 28° fra le 30 nazioni del Sud e Centroamerica, Caraibi compresi. Praticamente una dittatura socialista. Il governo del presidente Chavez, infatti, secondo i canoni del più vetero statalismo totalitario di Sinistra, sta aumentando sempre più le nazionalizzazioni, specie nel più importante settore economico venezuelano, l’industria petrolifera, mentre le poche attività commerciali ancora libere sono rese inefficienti dalla sempre maggiore pletora di vincoli da cui sono subissate. Le norme legislative appaiono gravose e inadatte, tutte tese a espropriare qualsiasi industria si dimostri lucrativa, anche straniera. L’inflazione è pressoché fuori controllo, e ci sono calmieri statali sui prezzi di quasi tutte le merci e i servizi. La corruzione – prosegue il rapporto dell’istituto – pervade l’intera società civile e giudiziaria venezuelana, mentre i contratti e i diritti di proprietà non sono tutelati. Ciò produce la fuga di qualsiasi investitore nazionale o estero. La conclusione che ne trae Terry Miller, Direttore del Center for International Trade and Economics, parlando del Venezuela, è che «l’edizione del 2009 dell’Index of Economic Freedom offre buoni motivi per credere che i paesi che si sforzano d’avere le economie più libere sono i più capaci di favorire la prosperità di tutti i loro cittadini. La correlazione positiva tra libertà economica e reddito nazionale è stata confermata ancora una volta dai dati di quest’anno. I paesi più liberi hanno un reddito pro capite oltre dieci volte superiore a quanto avviene nei paesi classificati come “repressi”», e il Venezuela ne è la prova al negativo. Totalmente incapace di gestire l’economia di un paese che sarebbe invidiabile per le sue ricchezze e che invece sta diventando sempre più povero, Chavez è però assai attivo nello spendere miliardi nella sua campagna internazionale contro gli Usa, Israele e il capitalismo occidentale, inneggiando al suo mentore Fidel Castro. Esperto di manipolazioni elettorali e cinico nell’uso delle Forze Militari e di Polizia per i suoi scopi, l’idolo di Oliver Stone continua a comprare armamenti dalla Russia e a stipulare trattati d’amicizia con l’Iran e altri stati-canaglia. Qualche informazione sullo stato di salute del progetto economico di Chavez, da lui definito «Socialismo del XXI secolo»: l’inflazione era al 17,2% nel 2005, al 22,5% nel 2007, al 30,9% nel 2008, e ora nel 2009 è arrivata al 35%. Il Pil Procapite nel 2007 era 8,4, nel 2008 è sceso rovinosamente a 3,5, e nell’anno in corso è passato al negativo -3,0 (dati del Fondo Monetario Internazionale). Per intraprendere un’attività commerciale nel resto del mondo la media è di 38 giorni, in Venezuela 141. Tutto il mercato dell’import-export è congestionato da protezionismi e restrizioni, barriere doganali e tasse, discriminazioni e inefficienze. Il paese ha una tassazione fra le più alte al mondo. La burocrazia è farraginosa, corrotta e non-trasparente, così come gli interventi governativi sull’industria, sulle banche, sui mercati. Il governo controlla le istituzioni finanziarie e i maggiori investimenti commerciali. Nel 2008, oltre alle nazionalizzazioni, agli espropri, e agli assalti ai diritti di proprietà, il governo ha completato l’opera di controllo del sistema giudiziario attualmente gestito de facto dall’esecutivo. I contratti commerciali con contraenti non graditi al regime vengono annullati e il governo stabilisce chi siano gli investitori autorizzati a intraprendere attività nel paese. Non esistono diritti d’autore né per le opere d’arte (musica, film), né per le opere d’ingegno (informatica, brevetti). Con una serie di decreti incostituzionali è stata formalmente creata dal presidente una milizia popolare per controllare i settori dell’economia, dell’agricoltura e del turismo. Fra 179 paesi considerati in base al minor livello di corruzione, il Venezuela è al 162° posto: tangenti di funzionari civili e militari ammorbano l’intera vita della nazione, complici il narcotraffico e il florido mercato delle armi. Le normative del lavoro dipendente sono talmente restrittive da disincentivare qualsiasi assunzione, così da creare una disoccupazione stagnante. La libertà di stampa e d’espressione non esiste. I sindacati sono ridotti al silenzio. Oltre a ciò, i maggiori problemi denunciati dalla popolazione riguardano la sicurezza, i trasporti, la sanità, i servizi (lavori pubblici, raccolta rifiuti), l’approvvigionamento di alimentari di base. Chi vagheggia di successi formidabili raggiunti dalla politica economica venezuelana porta a esempio la crescita del Pil: negli anni scorsi, infatti, gli incrementi del Pil sono stati circa il 9% nel 2006, l’8% nel 2007 e quasi il 6% nel 2008. Ma di ciò è responsabile soltanto l’aumento del prezzo del petrolio – passato da 11 $ a 147 $ al barile –, il cui reddito copre circa il 50% dei redditi del bilancio federale. Tuttavia, l’inflazione ha continuato a crescere, insieme col debito estero cresciuto da 30 a 44 miliardi di dollari, l’investimento diretto estero è di appena 600 milioni di dollari (contro gli 8 miliardi della Colombia e i 15 del Cile), e la spesa del governo centrale durante il decennio di presidenza di Chavez è passata dal 22 al 32% del Pil nazionale. Quando la crisi mondiale si aggraverà e si prolungherà, il crollo dei prezzi del petrolio, motore della crescita economica che il paese ha conosciuto negli ultimi cinque anni, avrà sicuramente un profondo impatto dal 2010 sulle entrate fiscali e sulle spese pubbliche. Il Paese è anche ricco di risorse agricole che però non vengono sfruttate, imponendo una dipendenza stimata al 30% delle importazioni di prodotti agro-alimentari, rispetto alla totale autosufficienza registrata fino a pochi anni fa. La giornalista venezuelana Maria Luz FdC si chiede: «Come spiegare al popolo venezuelano che il sogno, o meglio l’incubo, di Hugo Chavez ha digerito senza lasciare traccia la maggior entrata di denaro, oltre 220.000 milioni di dollari, senza aver terminato neppure un progetto, un’opera significativa?... Sicuramente Hugo Chavez lascerà nella storia del Venezuela il ricordo dei centinaia di autobus pagati per muovere le masse quando la sua presenza e le sue promesse hanno oramai perduto ogni forza e credibilità. Ricorderemo per molto tempo le ferite aperte, i morti, i feriti, i torturati e detenuti. Sicuramente molti anni dovranno passare per stendere un velo pietoso sul tragico comportamento delle Forze dell’Ordine utilizzate come bastone di castigo, e della magistratura docile, obbediente a un regime che solo ha parole di elogio a chi dall’alto dei ponti di Caracas massacrò il vero spirito della libertà». Mentre, come sottolinea Moisés Naím, direttore della rivista Foreign Policy, «La popolazione, nonostante il paese disponga di enormi entrate provenienti dal petrolio, si trova a fronteggiare un tasso d’inflazione tra i più alti al mondo, la mancanza di generi di prima necessità, un livello di criminalità tragico e senza precedenti e grandi difficoltà nel trovare un posto di lavoro al di fuori degli impieghi statali», Chavez continua a giocare con le armi: la Russia ha concordato di prestare al Venezuela 2,2 miliardi di dollari per finanziare l’acquisto di armi, compresi carri armati e sistemi anti-missile avanzati. Grande amico e alleato del sanguinario regime iraniano, Chavez “commercia” anche coi terroristi di Hezbollah, come svelato da Michael A. Ledeen della Foundation for Defense of Democracies sul suo blog "Faster Please!": «Voli segreti da Teheran a Damasco, destinazione finale Caracas, atterrano in aree speciali dell’aeroporto, e ne sbarcano uomini che non passano per il check delle autorità dell’immigrazione, vengono forniti di passaporti venezuelani, e scaricano container extra dogana. Sono ufficiali di Hezbollah, incaricati di percorrere la regione attraversandone anche i confini per reclutare terroristi e instaurare basi paramilitari. Chavez ha così fornito il gruppo terroristico colombiano Farc di missili svedesi anti-carro, utilizzando poi questi gruppi per il trasporto di cocaina verso l’Africa, quindi l’Europa e gli Usa (fonti: Dea)». In conclusione, per Moisés Naím «Gli ammiratori di Chávez all’estero farebbero bene a ricordarsi che molte delle idee economiche che il presidente sta testando in Venezuela e sta esportando nelle nazioni vicine hanno un lungo pedigree, ampiamente documentato negli annali delle cattive idee». Nel frattempo, il peruviano Mario Vargas Llosa assieme a un gruppo di scrittori latinoamericani, ha denunciato come «il socialismo del XXI secolo attuato dal presidente Hugo Chávez sia una “minaccia” che s’incammina verso una “dittatura comunista”, attraverso l’osteggiamento contro le autorità locali dell’opposizione, cui sono state sottratte delle mansioni dopo la loro elezione». Il regista Stone è libero d’incensare chi vuole, ma forse le Sinistre europee potrebbero pure trovare qualche eroe migliore di cui fare l’apologia.
  6. Grazie a entrambi Allora pare proprio una cosa reale, sarebbe un colpaccio anche se l'algeria è uno di quei paesi che non mi ispirano tanta fiducia. In ogni caso se non gliele vendiamo noi lo fanno i francesi: almeno prendiamo i soldi.
  7. Fonte? Sarebbe un bel colpo, anche perchè andremmo ad inserirci in un mercato dove le nostre aziende non hanno mai venduto niente, e lo faremmo col botto. Però credo sia assolutamente prematuro esultare.
  8. In A-stan non ci sono mai stati combattimenti aerei, in molte altre guerre si e la dottrina e i mezzi occidentali hanno sempre prevalso. Veramente non si riparano: si buttano. Il fatto è che sottointendevano che gli aerei dopo due missioni massimo finissero abbattuti, quindi li producevano usa e getta. Una controinformazione talmente completa che si son fatti pure distruggere migliaia di aerei in diversi conflitti per facelo credere. Modelli anche migliori dei russi, in molti casi, e piloti addestrati quanto i loro. Fa testo eccome. Inoltre non dimentichiamo che gli occidentali hanno più o meno avuto tutti gli aerei sovietici più importanti e li hanno anche testati ampiamente. Infatti, solo che le conclusioni sono esattamente opposte a quelle che sottointendi. Dottrina e mezzi militari non si imparano con il sentito dire, men che meno leggendo focus.
  9. Dominus

    calibri

    Non è una cosa solo svizzera, anche in trentino ho sentito usare il termine flobert non riferito ai fucili con questo tipo di munizione ma ad armi di piccolo calibro.
  10. Dominus

    Israele - Iran

    Fin'ora non l'hanno permesso, vedremo in futuro. Anche se conoscendo gli Israeliani potrebbero anche inventarsi qualcosa di non convenzionale: quando sono a rischio diventano molto ingegnosi. Se sono riusciti ad arrivare ad entebbe possono tutto.
  11. Dominus

    Israele - Iran

    Passò al confine tra giordania e giordania, mi sono confuso, ma alla fine il risultato è quello.
  12. Dominus

    Israele - Iran

    Il precedente quasi identico è il bombardamento della centrale Irachena di osirak. Allora giordania e siria non furono un problema, però un conto è passare al confine tra i due paesi con un escamotage, le loro capacità son quelle che sono, un conto è passare sopra l'iraq che pulula di velivoli USAF e USN: per farlo devi avere il permesso dagli americani e gli identificativi IFF, cose che fin'ora si sono rifiutati di concedere.
  13. Dominus

    Israele - Iran

    Siria e giordania non sono un grosso problema, un illustre precedente lo ricorda, il problema è l'Iraq (leggasi USA).
  14. Dominus

    Israele - Iran

    Ma non è la centrale nucleare la prima preoccupazione, sono le centrifughe già operative e che hanno probabilmente già arricchito abbastanza materiale fissile per un ordigno. Se fin'ora Israele non si è mosso è per una questione politica, infatti gli USA gli hanno intimato di non muoversi visti i problemi in Iraq e senza l'avvallo americano è molto difficile agire per loro. I problemi tecnici per gente che ha bombardato Iraq e Tunisia non son certo questi.
  15. Da questo punto di vista hanno già fatto passi da gigante con i flanker avanzati, i Su-30 a livello di durata della cellula sono più o meno in linea con quelli occidentali e sono migliorati molto anche nei motori.
  16. Dominus

    Israele - Iran

    Perchè sono già attive da un pezzo forse?
  17. ù Se conoscessi, o non facessi finta di non conoscere, i fatti non diresti questo: puoi anche reclutarli qua ma senza il supporto logistico ed economico di uno stato come l'A-stan non avrebbero mai potuto fare niente. E questi sono fatti. Come sopra. Tutto lo jihadismo internazionale è concentrato lì: basta questo per funzionare. Non esiste più uno stato santuario del terrorismo: questo è un risultato. Se ci ritiriamo cosa succede? Stiamo qui ad aspettare un nuovo 11 settembre? Perchè tutti sappiamo che il governo afghano non resisterà senza le forze NATO. Poi, aggiungo, fosse per questi pacifisti, o voltagabbana che dir si voglia, ci sarebbe stato il ritiro dell'Iraq nel 2006, quando la situazione sembrava terribile e senza uscita, mentre oggi, grazie alla perseveranza di alcuni politici che hanno badato all'interesse nazionale e non al loro tornaconto elettorale, si è arrivati alla stabilizzazione del paese. Sono passati 2 anni, non cento, ma la gente ha memoria corta.
  18. Dominus

    Israele - Iran

    1) E' improbabile che si causi una nuova chernobyl, anche se la dispersione potrebbe esserci. 2) Meglio loro che noi: gli israliani hanno paura che una bomba nucleare, non fallout, gli arrivi addosso e mi sembra giusto che se ne freghino ampiamente.
  19. Bene perchè sarebbe a rischio? Dove sono gli attentati? Io vedo solo i Jihadisti che combattono nelle zone tribali, non a Roma, Parigi, Londra o Los Angeles. Finchè è necessario. Qualcuno si è forse ritirato dall'europa quando incombeva la minaccia sovietica? Eppure nessuno pensava la caduta del gigante rosso quindi si poteva tranquillamente postulare: "allora rimarremo lì per sempre?". Un bell'esempio di qualunquismo, dovrebbe vergognarsi in primis chi l'ha creato e poi tutti quelli che lo condividono.
  20. Bene allora dimmi secondo te in cosa sbaglia. Secondo me non è populista principalmente perchè sottointende un ideale, cosa che i populisti non sanno neanche cosa sia visto che cambiano bandiera ad ogni soffio di vento, poi non ci vedo nulla di sbagliato: se ci ritirassimo dall'afghanistan i Talebani potrebbero ricostruire il loro santuario del terrorismo e da quel santuario sono partiti gli attacchi a new york e londra. Mi pare logica, non populismo.
  21. Per l'attentato dell'altro giorno tutto ti serviva salvo un MRPA, dimostrazione è che i nostri soldati viaggiavano proprio su un mezzo di questo tipo. Le IED non sono l'unico pericolo.
  22. Più che dio una cultura molto molto arretrata.
  23. Bah per me se si vogliono vestire da buffoni e fare le ronde va benissimo, nessuno glielo può o glielo poteva impedire anche prima del decreto sicurezza, ma se sgarrano un attimo la punizione dev'essere rapida.
  24. Non è il freccia o qualsiasi altro mezzo che cambierà le cose, è un problema di strategia complessiva, è un problema di mentalità e, sopratutto, bisogna rassegnarsi: quando si combatte una guerra si hanno delle perdite. E' facile fare i bellicosi per poi volersi ritirare ai primi morti: tipico comportamento Italico. Aggiungo un monologo molto eloquente che ho appena letto e che trovo che centri il punto senza i tanti fronzoli dei giornalisti nostrani Caro populista che vuoi il ritiro dei nostri ragazzi dall’Afghanistan, lo so che sei rimasto colpito dalle immagini dei parà italiani ammazzati a freddo nel centro di Kabul, nel cuore di quella che dovrebbe essere la zona più sicura del Paese. Lo so che pensi che questa guerra non si possa vincere. Lo so che pensi che ci stiamo battendo in difesa di un governo corrotto e per di più non voluto dalla popolazione locale. Che non vale la pena di combattere per Karzai, dopo che questo ha provato a emettere leggi che legalizzano lo stupro entro le mura domestiche e ha vinto le elezioni nonostante 1 milione e mezzo di schede siano state contestate dagli osservatori europei. Lo so che ti senti al sicuro, parte di una maggioranza assoluta della popolazione (60% secondo il sondaggio di Mannheimer) che la pensa come te. Capisco la tua rabbia, caro populista. Capisco che, di istinto, ti venga da dire: “lasciamo che quei baluba si imbroglino e si scannino tra loro, non voglio più vedere una sola goccia di sangue italiano versata sulle loro fottute montagne”. Ma è proprio qui che sbagli: quei baluba non si limitano a scannarsi fra di loro. Vogliono scannare te. Ti ricordi che cosa è successo l’11 settembre del 2001? Forse no e se te ne ricordi so anche che adesso stai facendo gli occhi al cielo. Perché di quel giorno non se ne parla più. Obama non si è nemmeno degnato di celebrare la memoria di quell’attacco a New York. E quelli che ne parlano ancora quotidianamente sono solo i complottisti, neofasciti e neocomunisti o libertari molto “paleo” che pensano che dietro quei due aerei che si sono schiantati sul World Trade Center non ci siano i terroristi di Al Qaeda, ma i neocon, Bush e gli ebrei. Ma queste teorie non sono vere e sono convinto che, se tu le leggi bene, ti accorgi che sono delle patacche, scritte senza lo straccio di una prova che sia una, mosse solo dall’odio (anarchico, comunista o fascista, il risultato non cambia) contro il governo americano. La realtà è ben diversa ed è sotto gli occhi di tutti. La realtà è che un pezzo di mondo, che vuole imporre l’Islam con la forza, ti odia e vorrebbe ammazzare anche te alla prima occasione buona. Sì: ti vorrebbe morto, anche se tu non hai mai visto un integralista islamico in vita tua. Ti vuole morto perché sei cristiano, o agnostico, o ateo, o ebreo, o musulmano ma non appartenente alla sua corrente teologica. Ti vuole cadavere perché sei cittadino di un Paese che quella parte di mondo considera blasfemo, corrotto e degno di essere estirpato con la violenza. Quindi, caro populista, se ci pensi bene, non ti conviene fare il populista. Non ti conviene dire una cosa come “ritiriamoci dall’Afghanistan” solo perché l’istinto della “massa” suggerisce di dirlo. Perché sono convinto che se capita un altro 11 settembre in casa nostra, se un tuo amico, parente o conoscente ci lascia la pelle (e il rischio è concreto, non stiamo parlando di fantasie) tu sarai il primo a dire: “andiamo là, spezziamogli le ossa, bombardiamoli a casa loro”, con la stessa foga con cui adesso stai dicendo “andiamocene dall’Afghanistan”. O mi vuoi dire che è meglio combattere gli integralisti islamici qui in casa nostra? Secondo te è davvero meglio aspettare che i terroristi vengano qui? Credi che si possa evitare un attentato controllando l’immigrazione? Ma non diciamo ca...te! L’11 settembre è stata un’operazione militare condotta da un rispettabilissimo ingegnere laureato in Germania, un uomo tranquillo che tu stesso avresti regolarizzato ad occhi chiusi. Vuoi cacciare tutti i musulmani? Fai pure: non risolvi niente, perché Al Qaeda inizierà a reclutare fanatici non musulmani se serve: di fanatici ne trova tantissimi in Occidente, gente disposta a massacrare nel nome di ideologie morte e pronta a farsi pagare dal primo jihadista deciso ad agire. Se credi di poter combattere il terrorismo con l’intelligence, sappi che non sarai mai al sicuro. L’intelligence da sola non ha mai vinto una guerra che è una. Quando ti trovi di fronte un nemico che prova ad ammazzarci tutti i santi mesi (perché Al Qaeda pianifica attentati tutti i santi mesi, sappilo), uno o due attentati andranno comunque a segno. E sono già troppi. In compenso, se vuoi dare poteri assoluti allo Stato per combattere il terrorismo, sappi anche che il tuo telefono sarà messo sotto controllo, che arriveranno a chiederti il passaporto anche per spostarti da Lodi a Milano, o da Caserta a Napoli, che istituiranno i check point sulle autostrade e che ti faranno una perquisizione anche prima di entrare al bar. Vuoi vivere così? No? Allora sappi, caro populista, che l’unico modo per vivere da uomo libero ed evitare che quei bastardi ti mettano una bomba nella tua città, è andare a combatterli a casa loro, in Afghanistan, in Pakistan, in Iraq, in Somalia, nel Sahara, in Indonesia, ovunque facciano il nido e si organizzino. Dimenticati del presidente Karzai. Chissenefrega di Karzai: potrebbe esserci lui come qualsiasi altro governo in Afghanistan, tanto in quei posti non c’è da fidarsi di nessuno, tutti più o meno odiano i cristiani, gli ebrei e i “senza Dio”. Non pensare che mandiamo i nostri volontari in Afghanistan perché difendano questi viscidi politici locali. Pensa che stanno combattendo per noi, per difendere le nostre case, per evitare che un domani non ci sia un fungo di fumo e detriti al posto della cupola di San Pietro o della cattedrale di Bologna. Pensa bene a queste immagini, sappi che rischiamo di vederle da un momento all’altro. E poi dimmi se sei ancora convinto di ritirare i nostri soldati dall’Afghanistan.
  25. Dominus

    Softair

    Ah pensavo fossero occhiali con lenti balistiche, no allora sei ok
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