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Wow Thun... Stai facendo un ottimo lavoro, senza contare che si tratta di un ottimo kit di montaggio (mamma Italeri stavolta ha fatto le cose per bene) Nel link ci sono alcuni dettagli da te esposti! SM.82 Marsupiale
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Mi accodo al Dott. Legolas, fa sempre piacere averti fra noi, posso tranquillamente affermare che hai elargito delle perle di saggezza all'intero forum, dando sempre informazioni precise e veritiere con una pacatezza e una tranquillità fuori dal normale! Grazie di tutto John!
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Mig Patch!
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Wow Baron.... mi mancavano le fotografie dei tuoi capolavori, stai realizzando una vera e propria opera d'arte, le pannellature e rivettature risaltano in modo sublime... sei il re della scala 1/72 P.S. Ma il Gobbomaledetto non lo hai più terminato?
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The Devil Himself
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In Volo su Berlino Il primo indizio che sarebbe stata una missione su Berlino venne la mattina del 4 marzo 1944. Dormivamo nei sacchi a pelo nelle baracche Nissen (quelle di lamiera ondulata a forma semicircolare) e ci svegliò, attorno alle 4 del mattino, il rombo distante dei gruppi di B-17 che decollavano e si mettevano in formazione. Faceva troppo freddo per radersi, così ci vestimmo e ci trascinammo alla mensa per il caffè e le ciambelle. Dopo colazione, mentre ci recavamo alla sala rapporti del gruppo, la prima cosa che notammo fu la grande carta illuminata dell’Inghilterra e del Continente. Una delle estremità di una lunga fettuccia rossa era fissata con una puntina sulla nostra base di Leiston. La fettuccia, lunga quasi due metri e mezzo, puntava dritta a Berlino.“Secondo il piano di missione, avremmo dovuto decollare e incontrarci con i gruppi da bombardamento molto in profondità in territorio nemico. I P-47 avrebbero fatto la scorta fino all’ultima goccia di benzina, poi sarebbero rientrati. Noi avremmo dovuto rilevare i bombardieri pochi minuti prima e scortarli a Berlino e lungo la rotta di rientro fino a quando altri gruppi di P-47 e P-38 ci avrebbero dato il cambio. Ci aspettavamo una forte opposizione da parte della Flak e dei caccia tedeschi lungo tutto il percorso. I combattimenti avrebbero potuto cominciare appena superata la costa nemica, subito a Nord di Amsterdam. Una volta raggiunto lo Zuider Zee, un piccolo specchio d’acqua interno nell’Olanda settentrionale, ci saremmo trovati in pieno nel territorio di caccia della Luftwaffe, quello che noi chiamavamo ‘il viale dei caccia’. “Nonostante tutti i nostri sforzi, gli equipaggi dei bombardieri avrebbero passato una serie di guai. La rotta dei bombardieri, in generale, passava per Mùnster, Osnabrùck, Hannover, Braunschweig e Magdeburgo; i caccia di Magdeburgo, in particolare, erano uno stormo energico e si poteva esser certi che sarebbero venuti su. A 130 km a Sud della nostra rotta sarebbero stati fatti intervenire sicuramente altri gruppi di Bf-109 da Kassel, Erfurt, Halle, Lipsia e Dio sa da dove altro ancora. Questi erano i punti salienti del rapporto; il resto erano dettagli sugli orari, la meteo, la quota, eccetera. Meno spettacolari, ma indubbiamente ancor più importanti. “Nel gruppo si decollava sempre in coppia, il caposezione e il suo sezionano. Questo lo si otteneva facendo rullare due dei tre gruppi lungo un tratto diverso di una pista non utilizzata, fino al punto in cui intersecava la pista di decollo. Il terzo gruppo, quello di testa, rullava invece sulla pista principale fino all’intersezione; poi il comandante di gruppo e il suo sezionano, appaiati fin dal rullaggio, decollavano insieme, dando inizio alla missione nel secondo esatto prescritto. Un ufficiale apposito dava il via, agitando una bandierina, a una coppia dopo l’altra. “Nel momento in cui il conandante di gruppo aveva effettuato una virata circolare sul campo, il gruppo di testa era già in volo e stava assumendo la formazione. Tre giri del campo, e tutti e tre i gruppi erano inquadrati. Sedici aerei per gruppo, più due di riserva. “Si proseguiva a questo modo, raggiungendo i 6000 metri di quota comodamente, appena superati i 200 km circa che ci portavano sulle coste olandesi. Non avremmo raggiunto i bombardieri all’appuntamento che ben addentro al territorio tedesco, nelle vicinanze di Hannover o di Braunschweig. Già sorvolando lo Zuider Zee, si potevano notare i segni che la formazione si era aperta la strada combattendo. Sul terreno si potevano notare i roghi degli aerei abbattuti. Non c’era bisogno della bussola, bastava seguire la fila degli aerei che bruciavano al suolo fino a Berlino. “Noi non avevamo avuto alcuna azione; la Luftwaffe non attaccava liberamente le formazioni di Mustang quando erano da sole. Sarebbe stata una pazzia che non potevano affatto permettersi. Il compito strategico della caccia tedesca era quello di assottigliare le colonne dei bombardieri in avvicinamento: erano loro a fare i danni, e un B-1 7 precipitato in fiamme valeva molti P-51. Però, se il pilota di un P-51 si fosse messo di mezzo nei corso di un attacco, sarebbe divenuto lui il bersaglio. “Arrivammo al punto di riunione e i gruppi di scorta delle ‘Giare’ (P-47) virarono e puntarono verso l’Inghilterra. li nostro gruppo, piu il 354° di Colchester e i P-38, proseguì. Noi serpeggiavamo avanti e indietro a quota superiore ai bombardieri, per poter restare accanto a loro, data la differenza di velocità. I P-38 facevano la scorta in alta quota, mentre noi effettuavamo quella ravvicinata, con i nostri tre gruppi allungati per proteggere al massimo la colonna dei bombardieri. “Poco prima di arrivare al punto d’inizio della tratta di bombardamento, di solito a una virata che si staccava dalla rotta precedente per puntare sull’obiettivo, la contraerea pesante cominciava a sparare sul serio. Quando quelle granate scoppiavano vicine si poteva intravvedere la vampata rossastra all’interno dello sbuffo nero di fumo. Lo spostamento d’aria ti dava una scossa brusca, con l’aggiunta del technicolor, Ma quando riuscivi a vedere la vampa rossa dentro, eri troppo vicino e rischiavi di lasciarci la pelle. “I canali radio si animarono. I caccia cominciavano gli attacchi più avanti. Ogni pilota sganciava i due serbatoi supplementari da 410 litri appesi sotto le ali, accendeva i collimatori e armava le mitragliatrici. La Luftwaffe si era presentata in forze, mandando su tutto quello che poteva volare, comprese le casse delle spedizioni. Dalla mia posizione di sezionario del comandante non riuscivo a distinguere alcun attacco principale. Arrivavano da tutte le direzioni, a due, tre o quattro alla volta. Qualcuno segnalava colpi sul bersaglio, nel bel mezzo della zuffa gigantesca: a chi servisse poi non so. “Il comandante si gettò addosso a un bimotore Me-110 che stava arrivando come un colpo di sciabola contro un B-17. Io gli proteggevo le spalle, e tenevo d’occhio anche le mie. Era un passaggio frontale spostato di un quarto. Sparammo entrambi contro il 110, ma senza risultato. La velocità sommata e l’angolo erano troppo grandi. Invertimmo la direzione con una virata in candela stretta e il 110 si tuffò in planata accentuata verso terra. Noi stavamo prendendo rapidamente velocità e aprimmo il fuoco, ma la distanza era troppo grande per colpirlo in modo efficace. Mettevamo a segno qualche colpo isolato e notammo un filo di fumo dal suo motore di sinistra. La colonna dei bombardieri era ormai parecchi chilometri alle nostre spalle, e il comandante decise di interrompere l’inseguimento e di tornare alla colonna principale che era impegnata in furiosi combattimenti. Lasciammo con rammarico il 110 e ci rituffamino nella mischia. Tutti i nostri gruppi di scorta si erano frazionati in coppie, l’elemento base della battaglia dei caccia. Non c’erano più gruppi riconoscibili; era cane contro cane, ma pur sempre con del metodo. Se appena umanamente possibile, non ci suddividevamo mai in meno di una coppia: uno che pensava e sparava; l’altro che gli copriva le spalle. “Trovare un avversario a questo punto non era facile. Da Berlino si stava sollevando una cortina di fumo e il fuoco della contraerea era fitto. Tutti gli aerei tedeschi impegnati nell’attacco iniziale, una volta completata la loro principale missione di intercettazione, si erano dispersi e ora erano indaffarati a difendersi dalla scorta dei Mustang che non avevano previsto. Si notavano i roghi degli aerei abbattuti “Non ci restava altro da fare che riprendere la posizione di scorta, in mezzo ai resti dell’8° e 9° comando Caccia, e prepararci ai combattimenti che ci attendevano sulla rotta del rientro.Guardando giù potevamo notare i roghi sparpagliati degli aerei abbattuti, amici e nemici. I B-17 erano ancora inquadrati da un fitto tiro della contraerea pesante. Ogni tanto, un quadrimorore si lasciava dietro una scia di fiamme e abbandonava la formazione. Ben presto sbocciavano i paracadute; pochi, mai tutti quelli di chi era a bordo, Quattro, o sei, mai di più. Un bombardiere in fiamme, purtroppo, era sempre la bara di qualcuno. “Ho visto un B-17 fare un giro della morte completo, dopo aver ricevuto un colpo fatale di contraerea pesante. Pochi uomini riuscirono a saltare in paracadute prima che il quadrimotore mettesse giù il muso per una lunga picchiata. Poi tornò a risollevarsi, fino a trovarsi sul dorso, capovolgendosi rapidamente in cima al giro, quindi precipitando verticalmente, perdendo prima pochi pezzi e frammenti di impennaggi, e infine un ‘ala, poco prima dello schianto. “Era una morte rapida, e probabilmente la migliore, per i feriti che restavano a bordo. L’alternativa era la morte per dissanguamento e shock. Chi rimaneva ferito in modo tale da non riuscire a raggiungere il portello e a lanciarsi probabilmente non avrebbe potuto venire salvato nemmeno dal migliore dei chirurghi di questa terra, e certamente non a 7000 metri di quota sul territorio nemico. “C’è un solo modo per venire al inondo, ma ve ne sono molti per andarsene. La morte di un aviatore è violenta ma rapida e, per quel che mi riguarda, mi sembra giusta. “Questa è stata la natura della nostra prima missione completamente scortata su Berlino, il 4 marzo 1944. Per ‘completamente’ scortata, intendo con una scorta caccia sufficiente a rendere valido il rischio e a ridurre al minimo le perdite nel fiume di bombardieri. Ci furono cinque missioni dirette destinate a scardinare lo sforzo bellico della Germania hitleriana. Vennero effettuate il 3, 4, 6, 8 e 9 marzo e furono di massimo sforzo, mandando su Berlino tutto quel che era in grado di volare. Io ho effettuato quattro di queste prime cinque missioni. “il 6 marzo, il nostro gruppo abbaité 20 intercettori tedeschi senza nemmeno una perdita. Le cose cominciavano ad andare meglio.” (Info tratte da La Storia dell'Aviazione--Take Off-- Aerei da Combattimento) Dati Tecnici Contributi Video Greatest ever: Fighters #1 - P-51 Mustang The story of P-51 Mustang 1 of 6 The story of P-51 Mustang 2 of 6 The story of P-51 Mustang 3 of 6 The story of P-51 Mustang 4 of 6 The story of P-51 Mustang 5 of 6 The story of P-51 Mustang 6 of 6 Dogfights - P-51 Mustang (1 of 5) Dogfights - P-51 Mustang (2 of 5) Dogfights - P-51 Mustang (3 of 5) Dogfights - P-51 Mustang (4 of 5) Dogfights - P-51 Mustang (5 of 5)
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L’impiego Il tenente colonnello Donald Blakeslee, vice comandante del 4° Gruppo Caccia, venne incaricato di sperimentare il nuovo aereo alla fine del 1943. Assieme a James Goodson e altri, si era presentato volontario nelle Flying Eagles. il gruppo di piloti americani arruolati nella RAF nel 133° Squadron. molto prima che l’America decidesse di entrare in guerra. Ecco come Goodson descrive la reazione cli Blakeslee al nuovo aeroplano: “I Mustang con i motori Allison erano stati in servizio nella RAF per qualche tempo ma, nel dicembre 1943, arrivò in Inghilterra il 354° Gruppo della Nona Forza Aerea americana con i Mustang P-51. Avevano bisogno di un comandante esperto per le loro prime missioni operative, e il colonnello Kepner, comandante del 4° Gruppo, cedette loro Blakeslee. Pensava probabilmente che così il suo vice avrebbe potuto effettuare una buona valutazione dei pregi relativi dei P-47 e dei P-51. Ma la decisione ebbe frutti molto più ricchi. Dopo le prime missioni effettuate con il 354°, Blakeslee confermò la sua opinione: Ouesto è quello che ci occorre.” Tanto per cominciare, i Mustang avevano un raggio operativo di combattimento migliore dei Thunderbolt; ma c’era ben altro. Il consumo era la metà di quello delle ‘Giare’, per cui, per ogni chilometro in più che il P-47 riusciva a guadagnare, il Mustang ne otteneva due. L’incursione su Ratisbona era stata la prima delle missioni ‘a pendolo’ ma, ora che i bombardieri potevano avere la copertura di caccia con la loro stessa autonomia, si apriva la strada a piani e programmi più ambiziosi. Con l’avvicinarsi del ‘giorno più lungo’, quello dello sbarco alleato in Normandia, era più importante che mai riuscire a colpire duramente le industrie strategiche tedesche e, in particolare, quelle petrolifere. Ora che il territorio Italiano era a disposizione delle forze alleate, si pensò a missioni di bombardamento a pendolo e a triangolo: dall’Inghilterra alla Russia, dalla Russia all’Italia e ritorno sull East Anglia ripassando una terza volta sulla Germania. I primi Mustang I furono dati in carico al 2° e 36° Squadron della RAF nella primavera 1942, e la prima missione bellica la compirono il 27 luglio sulla Manica. Poi i Mustang operarono frequentemente su Francia e Olanda e persino in Norvegia, confermando in più occasioni le loro caratteristiche di grande autonomia e le loro doti di robustezza. L’aviazione americana, che aveva allestito una serie di P-51 ricognitori sulla scorta dell’esperienza della RAF, inviò due Squadron (111° e 156°) in Marocco fin dall’inverno 1942-43. A questi seguirono altri tre gruppi di A-36, che dai Nord Africa effettuarono diverse missioni su Pantelleria e in Sicilia, prima dello sbarco alleato. Con l’occupazione dell’isola, gli obiettivi degli A-36 si spostarono nell’Italia meridionale. L’impiego del Mustang nella scorta a lungo raggio venne inaugurato dall’8a Air Force nel dicembre 1943, nel corso delle missioni contro gli obiettivi tedeschi in Francia e in Germania. I voli a grande distanza erano resi possibili dotando i P-51B di due serbatoi sganciabili da 283 litri, ma già (in configurazione pulita) il Mustang poteva volare lontano quasi quanto un Thunderbolt dotato di serbatoi supplementari esterni. La disponibilità dei Mustang in Europa cominciò a farsi consistente all’inizio dei 1944. Nel solo mese di marzo i P-51 volarono tre volte su Berlino, poi su Augusta, Ulma, Brunswick, Hamm, Francoforte, ecc, affermandosi come il più importante caccia di scorta anglo-americano. Con la 9 Air Force i Mustang ritornarono anche al ruolo di assaltatori, attaccando la Luftwaffe nelle sue basi ed appoggiando l’azione di preparazione dello sbarco alleato in Normandia. Importanti anche le missioni di scorta e i mitragliamenti eseguiti dai Mustang della 15a Air Force nel Centro e Nord Italia, con i Mustang III di alcuni reparti della RAF. L’attività dei P-51 sui fronti asiatici fu simile a quella svolta in Europa. Dapprima il caccia venne infatti impiegato per la aerocooperazione, indi per la scorta a medio e grande raggio, fin sul Giappone. Il primo Fighter Group ad essere assegnato allo scacchiere indo-cino-birmano fu il 311° con tre squadroni dotati di P-51A e A-36A. Un altro reparto che compì missioni combinate di appoggio e scorta fu il 23° Fighter Group che, basato a Kweilin (Cina), ebbe i primi P-51 nel tardo ‘43. Il Mustang, grazie alla sua elevata velocità riusciva ad imporsi ai più agili caccia nipponici a velocità superiori a 560 km/h, ma sotto tale limite di velocità era notevolmente svantaggiato dalla sua minor manovrabilità. Il Mustang continuò ancora per anni il suo servizio, anche con versioni derivate presso numerose aviazioni di ogni continente. Quando nel giugno 1950 scoppiò la guerra in Corea, i Mustang vennero inviati nelle zone di combattimento dove passarono quasi tre anni ad effettuare missioni aria-terra. Nel quadro delle forniture ad altre aeronautiche militari nel periodo bellico, circa 100 P-51B e C vennero forniti all’aviazione cinese negli anni ‘43/ ‘44; mentre in Australia la Commonwealth Aircraft produsse e montò 200 Mustang D siglandoli CA 17 e CA 18 (che però entrarono in servizio nella RAAF solo dopo la fine delle ostilità) ed i reparti francesi ebbero in dotazione alcuni Mustang C e D da ricognizione fotografica (F-6). Dopo la fine della seconda guerra mondiale 30 P-51D andarono alla Nuova Zelanda, che schierò un proprio reparto durante il conflitto coreano a fianco delle unità americane ed australiane, mentre 41 P-51D operarono dal 1947 nella Royal Netherlands lndies Army Air Force e alcuni esemplari nelle forze nazionaliste cinesi a Formosa. Fra le altre nazioni che utilizzarono i Mustang nel dopoguerra sono da annoverare Italia (Oltre 170 macchine, forse 173 entrate in linea tra il 1947 e il 1951 volarono nel 3°, 4°, 5°, 6° e 51° Stormo fino al 1958), Svezia, Dominica, Guatemala, Haiti, Uruguay, Cuba, Honduras, Nicaragua, Israele, Sud Africa, Svizzera, Filippine. Il Mustang fu complessivamente prodotto in 14819 esemplari. Nel solo teatro europeo glivenne attribuita la distruzione in combattimento di 4950 velivoli avversari, più altri 4131 al suolo nel corso di 213873 missioni (per un totale di vittorie rivendicate pari al 48% di tutti i risultati dell'USAAF in Europa), al costo di 2520 P-51 perduti in combattimento. I Mustang dominarono i cieli non solo sopra l’Europa occidentale o davanti all’Armata Rossa avanzante, ma anche in Italia e nel teatro del Pacifico. I soli aerei che il Mustang non poteva agguantare erano i nuovi jet tedeschi, ma anche in questo caso il Mustang ottenne successi superiori a quelli di qualsiasi altro caccia alleato. Il 7 ottobre 1944 un pilota americano sorprese una coppia di bireattori Messerschmitt Me 262 in decollo e li abbatté entrambi. Poche settimane più tardi una singola sortita di Mustang abbatté sei Me 262. I jet tedeschi erano comparsi troppo tardi per respingere la marea che si abbatteva sul Terzo Reich; infatti i bombardieri scortati dai Mustang continuavano i loro bombardamenti quotidiani. Questo spettacolare aereo da combattimento tuttavia non fu mai ideale per le missioni aria-terra; il liquido refrigerante situato nella parte inferiore centrale della fusoliera avrebbe potuto fuoriuscire se quest’ultima fosse stata colpita anche da un solo proiettile di piccolo calibro facendo precipitare il Mustang al suolo. Per i mitragliamenti e i bombardamenti a bassa quota veniva preferito il Republic P-47 Thunderbolt. Oggi sopravvivono molti Mustang che prendono parte alle manifestazioni aeree. I piloti veterani ormai possono ammirare, seduti tranquillamente, l’aereo che pilotarono mezzo secolo fa, che si fece onore tanto da essere considerato il migliore caccia (a pistoni) della seconda guerra mondiale. ( A detta di molti è considerato il migliore in assoluto per il suo ottimo compromesso complessivo, in pratica aveva il vantaggio di essere una macchina strategica capace di coprire spazi immensi presentandosi ovunque ce ne fosse stata la necessità, per quanto riguarda la manovrabilità e la velocità c'erano aerei che potevano facilmente competere o addirittura essere superiori, ma globalmente il Mustang era una aereo fantastico ed è ricordato insieme allo Spitfire in modo affettuoso dagli equipaggi che lo portarono in volo)
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La tecnica Il P-51D, la versione più diffusa del Mustang, era un monoplano ad ala bassa, completamente metallico, dalle linee pulite ed eleganti, con impennaggi cruciformi, tettuccio a goccia, e carrello triciclo posteriore completamente retrattile. L’ala, moderatamente rastremata e con diedro frontale di 5°, segnava la prima utilizzazione su un velivolo d’impiego dei nuovissimi profili laminari a bassa resistenza. Ciascuna semiala era su 21 centine. La struttura alare era semplice e robusta, e le due semiali erano collegate tra loro mediante bullonatura frontale in corrispondenza della mezzeria del velivolo, costituendo con il loro dorso il pavimento dell’abitacolo. Gli alettoni, completamente metallici, erano muniti di alette correttrici, contrappesati dinamicamente e bilanciati aerodinamicamente mediante membrane flessibili che ne collegavano il bordo d’attacco al longherone alare posteriore. Gli ampi ipersostentatori, azionati idraulicamente ed anch’essi completamente metallici, potevano venire abbassati fino a 50°. La fusoliera era suddivisa in tre tronchi, collegati l’uno all’altro mediante bullonatura: la sezione motore, quella centrale e quella posteriore. La prima si estendeva davanti alla paratia parafiamma in acciaio inossidabile, cui era vincolato il castello motore costituito da elementi scatolati in lamiera di lega leggera, ed il suo fasciame era completamente asportabile per assicurare la massima accessibilità al gruppo motopropulsore. La sezione centrale, su quattro longheroni principali che partivano dagli attacchi del castello motore, e collegata all’ala mediante quattro bulloni, andava dalla paratia parafiamma sino alla sezione in corrispondenza del termine del radiatore ventrale, ed in essa erano alloggiati (oltre all’abitacolo e ad un serbatoio del carburante) la batteria, le apparecchiature radio, le bombole d’ossigeno per il volo in quota e, sapientemente intubati nel vistoso condotto ventrale, i radiatori del refrigerante e quello del lubrificante. lì tronco posteriore della fusoliera, pura su quattro longheroni, portava gli impennaggi ed alloggiava il ruotino di coda in posizione retratta. I piani di coda fissi erano costituiti da uno stabilizzatore e da una deriva (quest’ultima generalmente raccordata al dorso della fusoliera da un’ampia pinna), entrambi con struttura bilongherone, ed il primo su 14 centine, la seconda su 5. Equilibratore e timone, incernierati alle precedenti superfici, erano completamente metallici, e muniti di alette correttrici. Il robusto carrello, con gambe munite di ammortizzatori oleopneumatici, era di ampia carreggiata, ed era dotato di ruote di 0,685 metri di diametro, mentre il ruotino di coda aveva un diametro di 0,312 metri. Le gambe anteriori si retraevano nel ventre del bordo d’attacco alare, per effetto di martinetti idraulici, ruotando verso la mezzeria del velivolo, mentre il ruotino posteriore, disposto in posizione insolitamente avanzata, si retraeva verso l’avanti. Alla gamba destra del carrello anteriore era applicato il faro d’atterraggio. Il motore del P-51 D era l’eccellente Packard V-1650 (cioè il Rolls-Royce « Merlin » costruito su licenza) a 12 cilindri a V diritto, con riduttore, compressore centrifugo bistadio di sovralimentazione a due velocità, e con raffreddamento a liquido. Pure a liquido veniva raffreddata l’aria che, provenendo dal compressore, veniva addotta al carburatore ad iniezione. L’elica era una quadripala Hamilton a giri costanti, del tipo a pale larghe, e di 3,40 metri di diametro. Il complesso dei radiatori (del motore, del gruppo di interrefrigerazione dell’aria, e del lubrificante) era disposto in un condotto ventrale, il cui flusso d’aria captato dalla bocca anteriore veniva regolato dalla posizione dei flabelli dell’apertura d’uscita. Comprimendo l’aria nel tronco di condotto divergente che precedeva i blocchi radianti, riscaldandota nei medesimi, ed accelerandola quindi nel tronco di condotto convergente che ad essi seguiva, era possibile non solo ottenere un’installazione estremamente effìciente e di limitatissima resistenza, ma addirittura ricavarne una certa spinta utile ai fìni propulsivi,che andava ad aggiungersi a quella fornita dai tubi di scarico. La presa d’aria del carburatore era disposta nella parte inferiore del muso, immediatamente dopo l’ogiva, ed incorporava un filtro utilizzato in fase di decollo per evitare la possibile ingestione di sabbia e di polvere. I due serbatoi disposti nella radice delle semialì avevano una capacità complessiva di 681 litri, ed a questi si aggiungevano i 246 litri del serbatoio di fusoliera, ed eventualmente due serbatoi subalari sganciabili da 284 o da 416 litri ciascuno, assicurando così al velivolo un’autonomia eccezionalmente elevata. La capacità del serbatoio del lubrificante era di 47 litri. Il P-51 D aveva una completa dotazione di apparecchiature radioelettriche, di intuibile importanza nei voli su grandi distanze, comprendente una ricetrasmittente AN/ARC 3, un IFF SCR-695 A, un radiogoniometro AN/ARA-8 ed una ricevente per navigazione BC-453 B. L’abitacolo, che assicurava al pilota un’eccellente visibilità grazie all’ampio tettuccio scorrevole a goccia ed al seggiolino regolabile, era comodo e spazioso, ed era protetto dal blindovetro del parabrezza e dalle blindature frontale (applicata alla paratia parafiamma) e dorsale. Esso era anche munito del raccordo per l’alimentazione con aria compressa della tuta anti-g del pilota. L’armamento del P-51 D era costituito da sei mitragliatrici M-3 da 12,7 millimetri, installate nell’ala e sparanti fuori del disco dell’elica, con una dotazione di 500 colpi per ciascuna delle armi interne, e di 270 per ciascuna delle altre (era anche possibile ridurre l’armamento a sole quattro mitragliatrici, con 500 proiettili per arma), mentre sotto ciascuna semiala potevano essere agganciati o una bomba da 227 kg (eccezionalmente da 454 kg), o cinque razzi da 127 millimetri. Nel bordo d’attacco della semiala sinistra era installata una fotomitragliatrice. Nelle foto in sequenza. P-82 Twin mustang, Piper PA-48 Enforcer
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L’evoluzione Nell’aprile 1942, quando presso la RAF erano ancora in corso le prove di valutazione del Mustang I con motore Allison ed il caccia stava aiffuendo ai reparti, Ron Harker, uno dei collaudatori della Rolls-Royce, propose di provare sull'aereo americano il motore Merlin 61, che permetteva di ottenere prestazioni assai superiori anche alle alte quote. La RAF finì per interessari alla cosa e quattro Mustang (designati X) fuono consegnati alla Rolls-Royce per un programma di prove a Hucknall. Nel giro di sei me- i i dati delle prove con il motore inglese fuono trasmessi alla North American, che aveva lià iniziato la trasformazione di due cellule con Merlin V-1650-3 costruiti su licenza negli USA dalla Packard. I due aerei furono designati XP51B; il primo di essi volò il 30 novembre 1942. Nell’estate 1943 i Mustang-Merlin P-51B entravano in produzione a lnglewood (P-51B-1NA) nella nuova fabbrica di Dallas nel Texas (P-51C1-NT), e i due aeroplani furono costruiti rispettivamente in 1988 e 1750 esemplari in serie diverse con due varianti del Merlin (V-1650-3 e V-1650-7 da 1400 e 1500 cavalli rispettivamente). Circa 250 P-51B e 637 P-51C furono forniti alla RAF diventando Mustang III. Nella primavera 1944 fece la sua prima comparsa una nuova versione del P-51, la D che presentava numerose modifiche nel progetto, comprendenti la fusoliera posteriore a sezione ridotta (Anche se i primi "D" non avevano il raccordo dorsale sulla deriva sul retro della fusoliera, raccordo che dava un maggior controllo e stabilità al Mustang quando era a pieno carico) , tettuccio a goccia scorrevole e una maggiore capacità di immagazzinare combustibile. Questa versione venne costruita nel maggior numero di esemplari e operò come caccia di scorta definitivo nel 1944-45. (Da segnalare che il tettuccio a goccia nelle missioni volate ad alta quota per oltre 6 ore per l'esposizione alle radiazioni solari, si potevano verificare dei disturbi al pilota). Ne vennero costruiti 6502 esemplari a lnglewood e 1454 a Dallas, ma soltanto 285 furono forniti alla RAF, come Mustang IV. La versione da ricognizione tattica del P-51D, la F-6D, venne realizzata in 136 esemplari a Dallas con installazione di macchine fotografiche oblique e verticali in fusoliera. Un’altra modifica di questa serie fu il biposto TP-51D (dieci esemplari costruiti), con il secondo posto ricavato nella capottina a goccia della versione originale. lmmediatamente successiva e derivata dalla D fu la versione P-51K, che si differenziava soltanto per la sostituzione dell’elica Hamilton Standard con un’analoga della Aeroproducts. Anche di questo modello, costruito in 1337 esemplari, vennero estrapolati 163 aerei nella versione da ricognizione fotografica (F-6K). Contemporaneamente a lnglewood era proseguito lo sviluppo dell’aereo con tre Mustang sperimentali molto alleggeriti. Questa versione (XP-51F) si presentava con elica tripala, carrello semplificato e armamento rìdotto a quattro armi alari. Uno di questi Mustang venne consegnato alla RAF. Sempre come Mustang alleggeriti vennero realizzati due esemplari della versione G, in cui l’elica era a cinque pale, il motore un Merlin 145 da 1 698 cavalli al decollo e l’armamento era tornato alle sei mitragliatrici. La versione P-51H fu elaborata utilizzando l’ala dell’XP-51F ed il Merlin V-1650-9 da 1 400 cavalli (che forniva però in emergenza, per un breve periodo, ben 1900 cavalli) con iniezione d’acqua. Esteticamente si differenziava per un diverso impennaggio verticale ed una capottina più piccola e meglio profilata. Le notevoli cure poste nelle strutture fecero sì che il peso si riducesse di circa 250 chili. Dei 2400 esemplari ordinati solo 555 ne furono costruiti prima della resa del Giappone. Il P51 H alleggerito fu uno dei caccia a pistoni più veloci della Seconda guerra mondiale. Sorprendentemente aveva anche una capacità di combustibile superiore a quella del P51D. Questo eccezionale caccia operò nel Pacifico verso la fine della guerra. Riprendendo il tipo F allo scopo di sperimentare l’Allison V-1710-19 da 1520 cavalli, vennero realizzati ad lnglewood due esemplari della versione J. Il muso appariva ulteriormente affinato poiché la presa d’aria del carburatore venne accoppiata a quella del radiatore. La conclusione del conflitto provocò l’annullamento dei contratti per 1700 P-51L (analogo al tipo H con motore V 1650-11 da 1 400 CV) e 1628 P-51M (tipo D migliorato, un solo esemplare costruito). Come sviluppi, benché di nuovi Mustang monomotori non ne venissero ulteriormente prodotti, non mancarono macchine come il P-82, un Mustang bi-fusoliera, che ebbe un certo impiego anche in Corea e che certamente non è il membro più felice della famiglia, per via delle qualità di pilotaggio piuttosto scadenti. Venne concepito per affrontare le lunghissime missioni di scorta, missioni nelle quali i piloti potevano accusare problemi di affaticamento, problemi che con il Twin-Mustang (Nick utilizzato per il P-82) non si presentavano in quanto i piloti potevano alternarsi. Nel 1971 la Piper sviluppò un velivolo da controgueriglia/attacco leggero basato sulla cellula del Mustang. Propulso da un motore a turboelica Rolls-Royce Dart. venne chiamato Enforcer; valutato come possibile aereo d’attacco leggero per L'USAF nel 1980, non fu adottato. XP-51 (NA-73) One of the two produced NA-73 built for USAAF tests. -- A-36A 20th FG, USAAF P-51-2 (Mustang Mk.Ia) 'Man Sweet Eva Lee' 154th PS -- P-51A-5 1st Air Commando Group, 10th AF, USAAF F-6A (P-51A-1-NA) 107th TRS -- P-51B 'Dorothy II' 318th FS, 325th FG, 306th FW, 15th AF, USAAF P-51C-1-NT 352nd FG, 8th AF, USAAF -- P-51D 2 Stormo, Aeronautica Militare Italiana P-51K-5-NT 'Bobby Jeanne' 357th FG, 8th AF, USAAF -- P-51H-5-NA Pennsylvania National Guard
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"L'Angelo Protettore dell'Ottava Air Force" Il 6 Marzo 1944 un pilota americano diede la caccia a un Messerschmitt Bf 109 della Luftwaffe sopra i tetti di Berlino e lo abbatté. Questo può essere stato un momento che cambiò l’andamento della guerra. Gli scettici avevano dubitato che gli Alleati potessero sviluppare un caccia capace di raggiungere bersagli studiati ben all’interno della Germania. Un gerarca a Berlino aveva proclamato che nessun caccia americano avrebbe mai effettuato il viaggio di andata e ritorno di 1890 km che invece i bombardieri B-17 e B-24 compivano incontrando un’accanita resistenza per portare a termine le loro incursioni diurne sulla “Fortezza Europa”. Privi di caccia di scorta i bombardieri alleati erano carne da macello. In una sola missione i caccia della Luftwaffe ne abbatterono 79. Ma ora tutto era cambiato poiché il caccia americano su Berlino era il magnifico North American P-51 Mustang, uno dei più impressionanti aerei da combattimento della storia. Per gli equipaggi dei bombardieri che affrontavano la flak (contraerea) e i caccia della Luftwaffe ogni giorno, il P-51 Mustang era un dono del cielo. A quei tempi un caccia americano poteva portarsi sull’obiettivo, combattere contro i Messerschmitt e i Focke-Wulf sul loro stesso terreno e aprire la strada attraverso cui sarebbero passati i bombardieri. Gli equipaggi dei bombardieri chiamavano i loro Mustang di scorta “Angeli Protettori”. Sorprendentemente, il più famoso dei caccia americani della seconda guerra mondiale venne adottato dall’USAAF quasi per caso. Nella primavera del 1940 la Air Purchasing Commission inglese aveva richiesto a diverse ditte americane, tra cui la North American Aviation, la fornitura di notevoli quantitativi del P-40, caccia-tipo americano dell’epoca, ma la ditta californiana, consultata dalla Commissione sulla possibilità di costruire su licenza il P-40 (che giustamente i tecnici della North American giudicavano del tutto inadatto all’impiego nei cieli europei), propose addirittura di realizzare una macchina originale, ma di prestazioni nettamente superiori con il medesimo motore Allison da 1666 cavalli. La proposta apparve dapprima quasi assurda ai componenti della commissione britannica, ma « Dutch » Kindelberger (presidente della North American) e il suo vice Lee Atwood riuscirono a portare argomentazioni tanto convincenti da far perfezionare subito un ordine di 320 aerei al prezzo unitario di cinquantamila dollari, con la condizione che il prototipo venisse approntato in non più di 120 giorni. L’ufficio tecnico e le maestranze della ditta americana, messi sotto pressione, riuscirono a completare l’aeroplano nel tempo-miracolo di soli 117 giorni (La leggenda dice che gli ingegneri della North American riuscirono nell’impossibile impresa di realizzare il prototipo in soli 102 giorni. In effetti ancora oggi si discute su quanto i progettisti avessero utilizzato i dati aerodinamici acquistati dalla Curtiss-Wright che includevano particolari di un promettente caccia chiamato XP-46, simile nella configurazione al loro nuovo aereo): mancava soltanto il motore Allison, che non era ancora a punto, mentre le ruote del carrello erano state prese a prestito da un biposto AT-6. Il prototipo del NA-73 cui gli inglesi diedero il soprannome di « Mustang », cavallo selvaggio decollava per la prima volta il 26 ottobre 1940 pilotato da Vance Breese; le prove continuarono regolarmente, confermando stime di progetto inferiori alla realtà, e il primo esemplare di serie per la RAF poteva uscire il 25 aprile 1941 dalla linea di montaggio di lnglewood, in California. Il Governo americano aveva approvato la fornitura agli inglesi, riservandosi però due esemplari (il 5° e 10° di serie) per far effettuare dall’Army Air Corps le prove di valutazione. Il primo XP-51 arrivò a Wright Field il 24 agosto 1941: i risultati delle prove di volo furono entusiasmanti. L’aviazione americana, i cui programmi in materia di aerei da caccia erano essenzialmente dedicati al bimotore P-38 Lightning ed al grosso monomotore P-47 Thunderbolt non sembrò peraltro particolarmente interessata al nuovo velivolo. Un ordinativo per 150 esemplari del P-51, destinati però alla RAF, era stato comunque passato dall’USAAF alla North American, nel luglio 1941. Di quella commessa, 55 aerei furono trasformati in ricognitori fotografici (F-6A), 93 andarono alla RAF come Mustang 1A e altri due sarebbero stati utilizzati per il progetto dell’XP -78. Sempre nell’ambito delle versioni Mustang/ Allison è da includere l’A-36A, un P-51 adattato ad assaltatore e bombardiere a tuffo con sei armi da 12,7 mm nonché due bombe da 227 kg. Le ali erano munite di quattro freni d’affondata dorsali e ventrali, usati però molto raramente. Nelle Foto in sequenza: XP-51, P-51B, P-51C, P-51D, P-51H, P-51J
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Pistol Packin Mama
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Vedo che le foto che ti postai all'epoca, hanno avuto l'esito sperato i sedili sono venuti abbastanza bene, potresti migliorarli con delle cinture, per il cockpit direi di seguire il consiglio di Oberst!
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AMX Tail Art!
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Mmmmmm...... F-8???? Mi va l'idea!
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Mmmmm.... Bello sto topic mi era sfuggito! Da premettere che le foto che seguiranno sono state scattate con Un Nokia N-95 8Gb. di conseguenza non siamo sui livelli delle Digitali; mi scuso quindi anticipatamente per la qualità non eccelsa delle stesse foto! Spad (Vigna di Valle Agosto 2008) Spad "Fulco Ruffo di Calabria" (Vigna di Valle Agosto 2008) Caproni (Vigna di Valle Agosto 2008) Cr 42 Falco (Vigna di Valle Agosto 2008)
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Patient Witch!
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Ok dai lavori si capiva che era una verniciatura di transizione, non vorrei però che con l'ultima "Passata" le stesse pennellature risultassero ancora quando esposte in controluce!
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Cosa sarebbe successo se il 262 avesse fatto il caccia?
una discussione ha risposto a Blue Sky in Velivoli Storici
Allora.... L'analisi fatta da Saville, ha dei punti da prendere in considerazione (Su cui concordo), nonostantè ciò però bisogna tener presente che il ME 262 era assolutamente superiore a tutto quello che potevano mandare in volo gli alleati (per superiore non bisogna considerare solo il parametro della velocità assoluta, ma l'insieme delle caratteristiche straordinarie che i Krukki implementarono nello splendido Me 262) . Discorso a parte merita l'impiego operativo dello Stesso, e i possibili ma e se lasciano il tempo che trovano; l'unica certezza quindi è che il Me-262 era il miglior caccia dell'epoca in circolazione con il miglior potenziale di sviluppo (Il Confronto con lo Shooting Star merita un discorso a parte anche perchè la storia non ci ha dato il privilegio di assistere ad un confronto dei due), inoltre che si parli di Schwalbe o di Sturmvogel il risultato non cambia! -
Grande Grande Grande Gianbond, un argomento notevole e messo in evidenza con una semplicità disarmante!!! Giusto in merito all'argomento voglio postare una rara immagine dell'utilizzo "Chaff" da parte degli alleati in una missione su Brema (Bremen) l'8 Ottobre 1943
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Wow.... Vedo che i progressi sono notevoli.... Barone Oramai ha infettato tutti!!! :asd: Il vano ora è molto più dettagliato, unico appunto Ed. ma sulla parte inferiore le pennellate sono così in vista o è un'effetto del flash della Digicam?
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F-15 Eagle!