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Accidenti jack, il cockpit sta venendo veramente bene, a proposito lo realizzerai Navy o Marines?
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"Storia ed Evoluzione dell'Uniforme Militare"
Blue Sky ha risposto a Blue Sky nella discussione Eventi Storici
Equipaggiamanto formato da:A: gavetta in ferro stagnato in due parti con manico B: Holdall una piccola busta di tela di cotone che racchiudeva il pettine, il sapone da barba, spazzolino da denti, C: posate D: rasoio, E: una stecca per lucidare i bottoni F: pennello da barba G: sacchetto per alimenti contenente biscotti, formaggio, brodo di carne, zucchero e thè H: scatoletta di carne All'interno della tasca della giubba sono riposti. I: Il libretto personale (Paybook) J: un coltellino tascabile K: un dizionario francese - inglese e il Nuovo Testamento L: Le piastrine di riconoscimento in fibra portare al collo M: Una piccola spilla Imperial Service per tutti coloro che si offrirono volontari per la guerra In cotone ritorto permetteva di sistemare in maniera equilibrata e migliore rispetto la buffetteria in dotazione negli altri eserciti, tutto l'indispensabile. Costituito da: A: Cinturone B e C: Giberne per le cartucce. Cinque tasche chiuse da bottoni automatici contenevano tre caricatori ciascuna a cassetta da cinque cartucce. D: Spallacci E: E: Zaino staccato per evidenziarlo. Le due cinghie in alto visibili sono colegate con fibbie metalliche amovibili agli spallacci. Stesso sitema per sistemare il grande di zaino portato solo durante le marce. Lo zaino conteneva: razioni giornaliere, calze di ricambio, copricapo da riposo e un berretto di lana, il corredo pe rla manutenzione dell'arma e il sacchetto di tella (holdall) F: La guaina della baionetta di cotone ritorto infilata nel cinturone dietro alle giberne lato sx. provvista di due passanti alterali per fissare il manico dell'attrezzo individuale. G: Il ferro dell'attrezzo individuale e suo astuccio che poteva essere fissato sul fianco dx o dietro, o sulle estremità degli spallacci o sulle cinghie corte poste sul retro del cinturone stesso. H: Borraccia di ferro stagnato nella custodia panno color Kaki, inserita nel porta borraccia di cotone ritorto. Questo fissato all'estremità degli spallacci con le fibie o con cinghie applicate rispettivamente sotto le giberne e sul cinturone. -
Quoto in pieno, ricorda molto lo stile Baroniano, riesce ad evidenziare dettagli in modo sublime, veramente bravo!
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Benvenuto Alessio, purtroppo il Tomcat è stato radiato, magari per quando diventerai grande potresti pilotare un F-35! Comunque benvenuto fra noi!
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"Storia ed Evoluzione dell'Uniforme Militare"
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EQUIPAGGIAMENTI NELLA GRANDE GUERRA REGNO UNITO La giubba regolamentare mod. 1902 color Kaki dai larghi sproni di rinforzo applicati sulle spalle e dal collo ripiegato chiuso da due ganci metallici . I gradi piccoli indicano quattro anni di guerra oltremare. Elmetto in acciaio imbutito mod 15 èrivo del rinforzo sul bordo successivamente introdotto. Al collo appesa la maschera antigas (Small Box Respirator) introdotta nel 1917. A tracolla cartucciera contenenti altri caricatori a cassetta per il fucile. Mazza di duri chiodi a completamento. Pantaloni dritti di saglia stretti dalle consuete mollettiere di panno Kaki. Scarponichiodati con punta in ferro. Provvisti di una linguetta sulla parte posteriore del gambale per introdurli più facilmente. Stringhe in cuoio. Nel dietro della giubba vi è una falda con due spacchi laterali e formata in tre parti per dare maggior scioltezza. I due ganci di ottone sostengono il cinturone di cotone ritorto. -
"Storia ed Evoluzione dell'Uniforme Militare"
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Zaino m. 1907 per armi a piedi. Realizzato in tela impermeabilizzata grigia con rifiniture in cuoio naturale e metalleria brunita. L'involucro centrale doveva contenere due paia di mutande di lana, due camicie di tela, pezze da piede e corredo da fatica in tela bigia, separata da uno scomparto, una pagnotta di pane. La tasca esterna era destinata a contenere il corredo di pulizia per gli scarponi, scarpe da riposo, (poi abolite nel gennaio 1916) il necessario per la pulizia del fucile, borsa di pulizia personale, e un sacchetto di sale. Ogni tasca laterale conteneva due pacchetti di cartucce per il Carcano 91 per un totale di 72 cartucce in 12 caricatori e una scatola di carne. Il coperchio dello zaino era provvisto di due cinturini di cuoio esterni per bloccare il telo della tenda con due bastoni a tubo e mantellina grigioverde. A sinistra la tasca aveva dei cinturini per fermare uno strumento da zappatore. -
Benvenuto Ice!!! unico appunto dovresti modificare l'immagine che hai per firma mi sembra un poco grandicella!
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Quoto, sono storie a volte molto accattivanti, diciamo che da piccolo alcuni numeri li ho praticamente consumati leggendoli e rileggendoli!
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Ma Dai Intru, non è strano per niente, manca solo che posti lo Sherman e stiamo a posto! :asd: An experimental T-34 made from reinforced concrete
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Un bell'aggeggino Tedesco anche se non è un treno blindato è uno strumento veramente Medievale! German rail cutter
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Ho trovato questo articolo molto interessante! THE GERMAN KAMIKAZES German Leaders Failed to Recognize a New Counteramphibious Tactic One of the most hushed up secrets of the war, back before the surrender of Japan, was the damage and inconvenience caused by the suicide-bent Kamikaze pilots of the Japanese Air Force. Troops who sailed to the invasion of Okinawa remember the Baka bomb, the winged aerial torpedo with its human pilot. But not until the end of the war, when intelligence officers began nosing around in the former Nazi domain, was it disclosed that a small group of fanatical Nazis had also organized a suicide corps for the purpose of breaking up the seaborne invasion of the continent with a German version of the Japanese Baka. In fact, there is much evidence to indicate that the Nazi suicidists were laying their plans long before their Japanese allies conceived the idea for this unconventional tactic. Only bureaucratic inefficiency, and disinterest in official circles as high as Hitler himself, forstalled the appearance of Nazi Kamikazes in the air over Normandy on D-day. The inception of this strange project goes back to the year 1943, when the fortunes of war were beginning to turn against the hitherto victorious German Army. At that time, many people in Germany were beginning to see that the Fatherland would ultimately go down to defeat, unless some miraculous event produced a severe set-back to the Allied cause. Among these thinking Germans was a small group of idealists who were determined to do something about it. These people, who at first numbered no more than 30 or 40 persons, came together from all walks of life. Some of them were from the Army, others were civilians, and one of the leaders was a well-known German woman flyer. It was the common belief of these people that the war was lost unless a most decisive blow could be struck against the Allies. They believed that this could only be accomplished by the complete disruption of the eventual Allied assault upon the continent, thus convincing the Allied leaders that Germany was secure and impregnable within her "fortress Europe." AN IDEA IS BORN From this line of reasoning, the idea of a suicide corps was born. It was thought that a weapon could be devised in the form of a flying bomb which, when piloted to its target, could sink a large warship or troop transport. Enough of these, the idealists believed, could completely wreck any seaborne invasion with an expenditure of less than 1,000 volunteer pilots. The members of this strange group were ready to volunteer. They asked only that they be given a weapon which would be certain to achieve its end, and they felt there were persons among their membership who had the skill to design such a weapon. By October 1943, under the leadership of the woman flyer, a doctor of the Institute of Medical Aeronautics at Rechlin, and a first lieutenant of the Luftwaffe, organizational plans had advanced to a point where it was necessary to obtain official recognition and cooperation in conducting the project further. Because of her unique position in German aviation circles, this duty fell to the aviatrix. The woman first presented the idea to the Luftwaffe High Command, and met with immediate rebuff. The German Air Force was not interested in an idea they considered to be the unstable reasoning of a group of psychopaths. After much delay, the Luftwaffe was by-passed, and the aviatrix went directly to Field Marshall Milch, at that time the head of the German Air Ministry. Again no progress was made. After more weeks had passed, the woman determined to exploit her position and reputation in German aviation circles, and succeeded in gaining a hearing before the German Academy of Aeronautics. This Academy had the power to assemble the necessary scientists, technicians, and air tactical authorities, and eventually a meeting was called by the Director of the German Aeronautical Research Council. After a lengthy conference, the committee of authorities decided that the idea was indeed operationally sound. With this authoritative evidence in hand, the next step before the group of idealists was to obtain official support and leadership for the suicide plan. Application was made for an interview with Hitler, and in February 1944, the woman leader of the project was summoned to Berchtesgaden for a 3-hour discussion with the Fuehrer. INTERVIEW WITH HITLER Hitler did not approve. He objected to the philosophy of suicide entailed in the plan, and pointed out that there was no precedent in German history like it. Therefore, he said, the whole idea was not in keeping with the character of the German people. The woman countered this with the argument that never before in German history had the fate of the country been in such a precarious position. This, apparently, was the wrong thing to say, for Hitler replied emphatically that the position was not precarious, and that if it ever became so, then he, Hitler, would personally give the orders for such desperate measures to be taken. The interview was anything but successful, but before she left, the aviatrix did obtain Hitler's permission to continue with the development and planning so that the organization would be ready to operate if ever the Fuehrer felt the time had come to take such desperate steps. His parting remark was to the effect that he did not want to be bothered with the idea again until the time for action was ripe. Meanwhile the group of suicide volunteers had grown to about 70 or 80 members. As yet no concerted recruiting effort had been made, and such volunteers as were accepted were a very select group. Once accepted, a candidate for membership in the suicide corps was required to take a pledge to the effect that "I hereby volunteer as a pilot of the manned glider-bomb. I am convinced that this action will end with my death." On the basis of Hitler's permission to continue with the development of the program, the matter was laid before the Chief of the General Staff of the German Air Force. He half-heartedly assigned the official direction of the project to the commander of a Luftwaffe bomber wing that was engaged in all sorts of special operations and clandestine activities. At first it appeared that the plan was finally on the road to fruition, but it soon became evident that the new commander accepted the assignment mostly because he saw in it the means of receiving the glory and credit which would be brought by the self-sacrifice of the volunteers under him. THE WEAPON But at the same time, the German Air Ministry was ordered to perfect the technical preparations which would be necessary to put the plan into effect. The Messerschmitt 328, originally designed as a fighter or fighter bomber, was selected as the flying weapon to be used by the volunteers. Production of the plane was ordered, but proceeded so slowly that the volunteers began to suspect that some sort of official sabotage was afoot. As a result, the suicide group began to look around for another weapon—one which was easy to produce and would be available on short order. The V-1 "buzz bomb," rebuilt to carry a pilot, was decided upon. In less than 3 weeks, four types of this piloted missile were ready for testing. Contrary to the wishes of the volunteer group, the Luftwaffe testing division insisted upon using their own pilots for the test flights. The two Luftwaffe men were soon seriously injured, and it was then that the woman pilot was called in and permitted to do the test flying. It was not an easy proposition. In order to train the suicide pilots, a two-seater "buzz bomb" had been built. Of course, it was necessary to land this model, if trainees were to be kept alive for the D-day mission. But since it was necessary to glide to a landing without power, and since the missile was not of conventional aircraft or glider design, the approach to the runway was necessarily steep, and landing had to be made at speeds approaching 155 miles per hour. But as the technical development of the weapon went on with fair success, the rest of the program began to go astray through the bungling of the Luftwaffe officers put in charge of the volunteers. Although the suicide group at first believed the Luftwaffe wing commander—the one who had been appointed their official leader—was fully behind their plan, it soon became evident that he had little sincere interest in the project. What was worse, he appointed a staff of other Luftwaffe officers to responsible planning and operational positions. These officers apparently had no conception of the original mission of the volunteers—to destroy the eventual Allied invasion fleet. Instead, they were continually fostering half-baked ideas, such as suicide attacks upon Soviet ammunition trains on the Eastern Front. Although the volunteers were willing to give their lives to deliver a smashing blow to the Allies, they were reluctant to die on some comparatively non-essential mission. Meanwhile the training program had also bogged down. Much time was spent in physical education and pistol shooting, but little attention was paid to establishing a sound flight training program. The Luftwaffe Lieutenant, one of the original volunteers and who had been the spark plug behind the whole idea, found himself helpless because of his low rank. Although he tried repeatedly to make improvements, he could do nothing but take orders. Again the woman flyer was called upon to use her influence to try and revive the rapidly failing program. This time she went to Himmler, in hopes that he might be able to do some good for the cause of the suicide volunteers. Himmler was not much help. He was not opposed to the suicide idea, but he was of the opinion that the membership of the corps should be made up of criminals and the incurably diseased. He offered to take over the program if one of his officers was permitted to assume the leadership of the entire plan. It was evident that under Himmler the plan would not receive any better treatment than it was getting under its present supervision, so his offer was turned down. D-DAY ARRIVES About this time, the Allies took a hand in things by staging their invasion in Normandy. Neither the suicide weapon, nor adequately trained suicide pilots were available, greatly because of the mishandling the whole program had received from its selfish or uninterested directors. The disappointment of the volunteer group was profound. Within 6 or 7 days after D-day, they realized that the invasion was a success, and that the moment for which they had been preparing had passed. But, several days after the invasion had started, and all other efforts to halt it had failed, Herman Goering suddenly remembered that somewhere in his Luftwaffe there was a group of pilots who had volunteered for a suicide mission. In due course, Goering reached the commander of the bomber wing under whom the volunteers had originally been placed. The commander, a colonel, immediately declared that the group was ready for action. The volunteers were astounded. They knew that no planes or "buzz bombs" were available, and that only a few of the men had any more than the briefest of preflight training. Nonetheless, the commander and his technical assistants, without consulting the volunteers, set to work on plans to use a Focke Wulf 190, carrying a 4,000-pound bomb, to crash into selected targets. Now no one in the German Air Force had ever flown this plane with such a large bomb load, and it was highly doubtful that the plane would be able to get off the ground without crashing. Consequently, regular test pilots declined the honor of testing this experimental makeshift. Undaunted, the commander announced that his suicide pilots—none of whom had ever flown an FW 190, if any other plane—would within the next few days conduct the test flights themselves. If they were killed, he said, their names and loyal sacrifice would be recorded in German history with the same honor they would have received if they had crashed their plane onto the deck of an enemy ship. Any enthusiasm that had remained among the volunteers disappeared completely at this point. Fortunately for these men, Hitler heard about the plans for using the FW 190, and ordered the project abandoned. The bomber commander was removed, eventually, and his successor set about trying to salvage some of the finer ideas of the original project. But by then it was too late. The Allies were established in force on the continent, the hour to strike had passed, and so the group of suicide volunteers was disbanded. "And so," to quote the woman flyer, "did an idea that was born of fervent and holy idealism, only to be misused and mismanaged at every turn by people who never understood how men could offer their lives simply for an idea in which they believed." CONCLUSION Were it not for the grievous damage done to our fleet units a year later by the Japanese Kamikaze corps, this German project might be passed off as just another unconventional tactical venture which the German leaders were smart enough to recognize as nothing but foolishness. But in the light of our later experience with the Japanese, it is possible to draw the conclusion that the Nazi command failed to realize they were being offered an impressive counterweapon to seaborne invasion. It is useless, in retrospect, to attempt a reconstruction of what might have happened off Normandy on D-day, if the Nazi command had recognized the potentialities of these volunteers and their piloted bomb. Although it is unlikely that the suicidists could have thus defeated the invasion, the introduction of such an unconventional tactic, if exploited on the scale later used by the Japanese, would certainly have offered another serious threat to an already difficult amphibious operation. This is the Nazi version of the Japanese "Baka" bomb. It is driven by a typical V-1 jet engine. Carrying a load of explosive in the nose of this craft, Nazi suicide pilots planned to wreak destruction among our D-day fleet with this weapon. Although the weapon was developed, the plan went astray through official indifference and bungling among the higher echelons of the Nazi command. Tratto dal sito:www.lonesentry.com
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"Storia ed Evoluzione dell'Uniforme Militare"
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Inizialmente i militari italiani affrontavano i gas con pezze imbevute molte volte della stessa propria urina, in quanto non ancora provvisti di adeguate protezioni. poi arrivarono quantità di respiratori inglesi per arrivare alla polivalente Z a protezione unica. Da gen a dic 1917 questa divenne la preminente pur se soppiantata successivamente. Rimase in quei luoghi dove gli Austriaci non utilizzavano gas combinati cloro-arsine. Era contenuta in scatole di latta, legno o cartone. Le ditte Sanitaria Società Anonima di Giuseppe Pozzi di Busto Arsizio per risparmiare, verso ottobre 1917 produssero queste maschere con custodie di tela da fissarsi al cinturino dell'equipaggiamento. -
"Storia ed Evoluzione dell'Uniforme Militare"
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Elmo Arian M 1916 Bgt Macerata Rgt 122 L'Italia, al momento dell'entrata in guerra contro gli Imperi Centrali, non disponeva ancora di un elmetto per le proprie truppe; venivano impiegati i berretti da fanteria, la lucerna dei Carabinieri Reali, il moretto da bersagliere, l'elmo dei Corazzieri e i colbacchi della cavalleria. Tra l'Ottobre ed il Novembre del 1915 apparvero sul fronte italiano i primi elmetti francesi Adrian mod.1915. Avevano i fregi francesi e la tinta originale grigio-blu e nizialmente vennero consegnati 6 elmi per compagnia Successivamente per uniformarli con la tinta della divisa mod.1907 , parte degli Adrian fu dipinta in grigio-verde conservando lo stesso sistema dell'imbottitura francese ma di diverso materiale e cioè non più di pelle nera e di feltro grigio-azzurro, ma di pelle marrone e di feltro grigio-verde e sprovvisti di fessure per l'inserimento del fregio. Nel 1916 l'elmo Adrian fu costruito interamente in Italia in due pezzi anzichè in quattro in modo che la calotta e le falde fossero tutt'uno e la crestina saldata elettricamente. Nonostante derivasse da quello francese l'Adrian italiano era di qualità inferiore, perchè la sua resistenza era minore e le rifiniture erano meno accurate. L'imbottitura poteva essere di pelle marrone con feltro grigio-verde oppure di tela cerata con feltro grigio-bianco. Su alcuni documenti ufficiali, tale elmo è chiamato elmetto Lippmann, ma, dato che il Giornale Militare Ufficiale, che fa sempre testo, non lo chiama in questo modo, ma, da giugno 1937, lo classifica addirittura come mod.1915 quindi è preferibile classificarlo come mod. 1915-16. Durante la grande guerra esso sostituì gradatamente il mod.francese 1915, ma entrambi accompagnarono il fante anche nel dopoguerra. Come per la Francia anche in Italia furono applicati agli Adrian degli accessori protettivi come la maschera protettiva Dunand di produzione francese e il paraorecchi Lippmann. Questi ultimi erano delle piastre metalliche protettive provviste di imbottitura , applicate all'elmo tramite un cinturino di cuoio marrone; venivano sorretti da due passanti metallici. L'uso dei fregi fu abbastanza comune: esistevano tipi dipinti a mano o a mascherina, di colore nero; esisteva un enorme varietà di fregi perchè all'epoca non esisteva una normativa ufficiale codificata e spesso si seguivano criteri di reparto. L'elmo veniva equipaggiato anche di telini mimetici in tela bigia ricavate da teli tenda o tela e lana grigio-verde, avendo la funzione di eliminare il riflesso della luce. Nei telini venivano cuciti i fregi in stoffa o tela oppure venivano semplicemente dipinti. L'elmo del 1916 rimase in dotazione all'esercito italiano fino agli anni '30 dovre subentrò il modello 1933 rimasto in uso fino agli anni '80 sostituito poi dagli elmi NATO negli anni '90. Affrontando la guerra di trincea e seguendo l'esempio di altre nazioni in Italia fu realizzato l'elmo farina. Di forma ovale il farina era costituito da una cupola di acciaio leggero e una piastra antiproiettile verticale, formata da quattro fogli d'acciaio inchiodati. La piastra verticale poteva coprire sia la fronte che la nuca, a seconda di come veniva indossato l'elmo. L'elmo , ideato dall ing. F.Farina fu costruito a Milano in due taglie, il peso della piccola oscillava tra i 1850 gr. contro i 2.250-2.400 gr. della grande. Esistevano varianti con piastre verticali arrotondate. Con varie circolari ministeriali del 1921, 1923 e 1925 si stabilirono i criteri per l'adozione di fregi metallici per gli elmetti di tutte le armi in particolare per gli Adrian. L'elmetto rimase grigio-verde fino agli anni '30, ma con l'avvento del fascismo, negli anni '20 la maggior parte venne dipinta di nero. L'elmo Adrian fu adoperato dalla maggior parte dalle nazioni dell Intesa ma furono molti i paesi che lo impiegarono anche nel dopoguerra. -
Altre informazioni si possono trovare nel seguente Link! C-5M Galaxy Il gigante in azione! C-5M Galaxy
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FP-1 and FP-2 About 1930 the army was allowed to carry out experiments with armored vehicles again, and this time they built their own armo red trucks. Two Ford AA chassis with twin rear wheels was armored and armed with a 20mm Madsen machinegun. These cars were named FP-1 and FP-2, FP meaning "Forsoegs Panser" or armored experimental. The three pictures shows these cars as they evolved during the three rebuilds. The first version is from 1931. The idea was, that in case of war, suited commercial vehicles were to be given to the army, and armored bodywork was to be fitted on them. This idea was later abandoned, but FP1 and 2 were kept in service right up to WW2, as they were cheap to use, and Denmark only had very few other armored cars.
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Trains in WWII Type90 240mm Railway Cannon The Japanese Army used this in Futtsu Fortress of Chiba Prefecture.
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Benvenuto fra noi! Un Appunto, mi complimento con te per la frase messa come firma, non capita tutti i giorni un Diciottenne che cita Vittorio Alfieri, il quale (Si vociferava) si faceva legare alla sedia per impedirsi di correre dalla sua amante interrompendo lo studio!
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EQUIPAGGIAMENTI NELLA GRANDE GUERRA REGIO ESERCITO L'uniforme italiana era composta da: Elmetto Adrian M 1915, giubba mod. 1909 in panno grigioverde con mostrine sul colletto che identificavano il Rgt. Pantaloni lunghi sempre in panno grigioverde con lacci di tenuta alla fine, su cui arrivavano le mollettiere. La giubba era indossata generalmente con cravatta a solino bianca su camicia bianca e gilet di panno grigioverde celati da sovrabottoniera. Sulla giubba si noti il rinforzo al livello superiore delle spalle e gli spallini detti anche salamini, o salsicciotti e manopole a punta. Tali per evitare lo scivolamento lungo le braccia del fucile portato in spall arm e/o movimenti delle cinghie, tascapane e dello zaino e vari appartenenti all'equipaggiamento. Sugli spallini era riportato il numero della compagnia con ricamo bianco su quadrato nero. -
Reporter tira scarpe a Bush Ma non colpisce il presidente Usa. L'imprevisto durante la visita a sorpresa a Bagdad [14 dicembre 2008] L'Espresso Multimedia
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Austriaco Parte 3 Kappe feldgrau mod. 1909 con visiera tessuto e bottoncini in celluloide. La coccardina sostituì quella dell'imperatore, anche se per devozione a Francesco giuseppe pochi la sostituirono, dopo la sua morte. Di ottima fattura poteva anche avere la visiera in cuoio. Elmo Berndorfer mod. 1917 noto come Bohler soprannominato dai collezionisti "paperino" per la visiera rettangolare a forma di becco di papero. Molto ricercato perchè limitatatamente distribuito. Scarponcini austriaci in cuoio grasso con chiodatura leggera a sette occhielli per le stringhe. Anche le calzature furono le più disparate sia per qualità che epr periodo d'impiego. La Gummimaske mod. 1916 e il suo contenitore composto di portafacciale e portafiltro. Di brevetto tedesco, era realizzato in tela gommata con lenti di celluloide. -
Russian TM-3-12 1938 305mm Railroad gun in Poklonnaya Gora, Moscow
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Austriaco Parte 2 Zaino e zainetto portamunizioni mod. 1888 con gli spallacci che andavano a fissarsi sugli appositi anelli delle giberne e sulla parte posteriore del cinturone. Ogni zaino in pelle di vacca contenente due caricatori di fucile con 10 cartucce, pezze da piedi di riserva e accessori per la pulizia del fucile, con arrotolato sopra il cappotto e il telo tenda con tre paletti. La coperta sotto il lembo aperto dello zaino tenuta dalle stringhe. La gavetta smaltata era fissata all'esterno dalle cinghie che si incrociavano ad x su due passanti di cuoio . Lo zainetto portamunizioni conteneva negli scomparti 80 cartucce in 16 caricatori e una scatoletta di minestra di carne e vegetali. Tutto poi venen sostituito dal Rucksack mod. 1915. Telo da tenda austriaco adoperato come sacco per l'addiaccio o come impermeabile, con quattro picchetti di fabbricazione tedesca, la m 1917 con manico e la Eierhandgranate a uovo molto adoperate. Tascapane mod. 1888 conteneva: una borraccia smaltata da 450 cc con gavettino, con cinghiacci per poter essere portatat anche a tracolla. Due gavette smaltate e una borraccia mod. 1909, un pacchetto di medicazioni, grasso per gli scarponi, una scatola di carne bovina e un fornellino a meta con treppiede. -
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EQUIPAGGIAMENTI NELLA GRANDE GUERRA AUSTRIACO Visivamente spicca la Gummimaske mod. 1916 ad armacollo. Il berretto da campo Feldgrau mod 1909. Buffetteria mod. 1888 con giberne di cuoio. Cinturone ersatz mod. 1909 in cuoio con fibbie verniciate in nero. I vecchi con placca di ottone o ferro con l'aquila Ausburgica vennero distribuito fino ad esaurimento, sostituiti verso il 1909, cosicchè verso il 1916 reclute iniziarono ad indossare le nuove. Quando carente il cuoio queste vennero prodotte in canapa grezza o in fibra di cartone. In questo periodo tutto venne ridotto. L'ottimo zaino in pelle di vacca mod. 1888 venne sostituito dal Rucksack alla tirolese mod. 1915 interamente di canapa. L'arma base fu il Repetiergewehr M 1895 cal 8 mm costruito dalla Steyr e dalla Mannlicher. -
Mmm........ Vediamo un po cosa si può fare! (Nei link dovresti trovare anche la segnalazione dei colori usati in base alla livrea utilizzata) Cominciamo con qualche link con qualche dettaglio! A10A Thunderbolt II - US Air Force A-10A Thunderbolt II A-10A Thunderbolt II A-10A Thunderbolt II A-10A Thunderbolt II Ed infine qualche bel Walk... A-10A Thunderbolt II Walk Around Page 1