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Dave97

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  1. Dave97

    World War II Aces

    Charles Elwood "Chuck" Yeager Solita Routine Nei giorni di missione sei in piedi alle cinque e mezzo, ti spruzzi un po' di acqua gelata in faccia, di acqua calda nemmeno parlarne; poi cerchi di raderti il meglio che puoi, eliminando anche il minimo ciuffetto di peli che ti potrà irritare la pelle sotto la maschera dell'ossigeno incollata alla faccia per quasi sei ore. Fa freddo ed è buio mentre barcolli fuori e inforchi la bici pedalando nella nebbia fino alla baracca delle riunioni, dove i piloti di tutti e tre i gruppi aspettano, come te, ancora mezzo addormentati. Un'altra missione « Ramrod », la scorta di bombardieri pesanti nel cuore della Germania. Il comandante dello stormo da le istruzioni e tu scrivi sul dorso della mano tre numeri di vitale importanza: l'ora del decollo, l'ora dell'appuntamento con i bombardieri e le coordinate medie della rotta di ritorno alla base. Poi subentra l'ufficiale addetto alle informazioni e ti dice di aspettarti una reazione piuttosto pesante dalla contraerea e probabilmente una feroce opposizione dei caccia nel corridoio tra Brema e Berlino. Spero che abbia ragione per quanto riguarda i caccia. L'ufficiale meteorologo vede sempre nero. Raramente il tempo è bello, e poco importa quanto sia cattivo, tanto lui lo predice ancora peggiore: così al ritorno non potremo lamentarci perchè non ci aveva preavvisato che la visibilità sarebbe stata di quindici metri o che i venti contrari ti avrebbero spinto indietro. Quando il tempo è davvero impossibile, non si decolla. Pedali sino al magazzino per vestirti. Indossi la tuta di volo, due paia di calze di lana e gli stivali imbottiti. Allacci la fondina con la 45, t'infili il giubbotto di cuoio e il « Mae West» . Ritiri la borsa del paracadute, ti metti il casco di cuoio e gli occhiali, poi bevi un paio di tazze di caffè e mangi un pezzo di pane nero e duro, abbondantemente spalmato di burro d'arachidi e di marmellata d'arance: questa è la colazione. Nessuno ha molta voglia di parlare. Prima di una missione i piloti sono chiusi in se stessi, concentrati come giocatori prima di un incontro importante. Sappiamo che questa schifosa colazione potrebbe essere il nostro ultimo pasto. Badi a non dimenticarti di pisciare, cosa fondamentale perchè starai seduto in quella carlinga per più di sei ore e ad alta quota fa un tale freddo che il tubo di scarico di solito ti si ghiaccia. Sei infreddolito e stanco ancora prima che la giornata cominci, e intanto ti arrampichi su un carrello portabombe per raggiungere la linea di volo. « Glamorous Glen» mi sembra sempre bellissimo. E’ un P-51 Mustang, il miglior caccia americano della guerra, in grado di reggere il confronto con qualsiasi aereo tedesco. Grazie a un'autonomia di oltre tremila chilometri sta capovolgendo il corso della guerra aerea contro la Germania perchè può proteggere i nostri bombardieri sino agli obiettivi più lontani. Ha un motore Rolls-Royce Merlin, prodotto su licenza dalla Packard, con un compressore a due stadi e due velocità, che garantisce una velocità e una manovrabilità eccezionali, il sogno di ogni pilota di caccia. Carico di carburante e munizioni, è un aereo difficile da pilotare, e anche vulnerabile. Se ti colpiscono nel radiatore e perdi il liquido di raffreddamento piombi giù senza scampo. Il sergente Webber, capo del tuo equipaggio a terra, è sull'ala, appoggiato alla carlinga. Gli chiedi se c'e qualcosa che non va, ma conosci già la risposta: - va sempre tutto bene. Così ti arrampichi dentro e ti allacci al seggiolino. Una robusta piastra corazzata ti protegge la schiena; dietro c'e un serbatoio di oltre trecento litri di benzina ad alta percentuale di ottani. Guardi il cielo, molto nuvoloso come al solito, e controlli gli strumenti; specialmente il sistema di erogazione dell'ossigeno. Volerai a novemila metri per gran parte della giomata. Ora sei pronto per accendere il motore, e sempre con la stessa speranza che accompagna ogni decollo : - che il cielo sia pieno di caccia tedeschi e che tu e i tuoi compagni riusciate ad abbatterli tutti. Senti sempre un certo formicolio nello stomaco prima di una missione, anche se ormai avresti dovuto farci l'abitudine. Il giorno della nostra prima missione, l' 11 febbraio 1944, eravamo tutti spaventati a morte, nonostante fosse un'incursione di routine lunge la costa francese. Ricordo di aver guardato giù pensando: «Gesù, quello la sotto è territorio occupato ». Sembrava davvero infido mentre il fuoco della contraerea si alzava incontro a noi; poi sento sulla mia radio il ronzio di un radar tedesco che mi fa uno strano effetto, come se mi avesse inquadrato di persona. Quella volta non incontrammo nessun caccia ma, sotto sotto, pensai che non fosse una grande delusione. Adesso, però, una missione senza duello aereo sarebbe come un viaggio a Londra per scoprire che non c'e più una sola donna in circolazione. Decolliamo alle otto in punto, rullando a coppie sino all'inizio della pista, dove l'ufficiale addetto alle operazioni sventola una bandierina rossa ogni otto secondi. Via. Decollo arrampicandomi dritto in avanti, mentre il mio compagno vira di dieci gradi per dieci secondi: dobbiamo volare in parallelo aumentando la distanza tra noi mentre attraversiamo le nuvole basse. Poi, beccheggiando nel flusso delle eliche, cerchiamo di uscire fuori prima di speronarci. Decolliamo tutti con la stessa potenza, 2600 giri al minuto, velocità 220 chilometri orari. Portiamo tutti lo stesso carico di carburante e munizioni, così, salendo alla stessa velocità, sbuchiamo tutti contemporaneamente dalle nuvole. Il sole del mattino è accecante e i Mustang si dispongono a quattro a quattro. Il tuo gregario ti scivola accanto, leggermente arretrato; è un novellino e speri che sia bravo e sappia come comportarsi al momento giusto. Il suo compito è di proteggerti le spalle e restarti incollato qualsiasi cosa accada, mentre tu martelli i caccia tedeschi. Siamo sparpagliati nel cielo, tre gruppi di quattro squadriglie di quattro aerei ciascuna; per mantenere il silenzio radio ricorri ai segnali a vista quando è necessario stringere la formazione. Fai oscillare le ali e i ragazzi vengono più vicini. Ti allacci la maschera dell'ossigeno e cominci a salire fino a oltre ottomila metri. Il sole ti scalda la faccia e le spalle, ma fuori ci sono cinquanta gradi sotto zero e la parte inferiore del corpo, all'ombra, e già infreddolita e un po' rigida. Il piccolo sistema di riscaldamento ti tiene al caldo un solo piede, mentre l'altro diventa quasi insensibile. Stai seduto sul maledetto canotto che ti rompe il cu@@. La cabina non è pressurizzata e a novemila metri ti stanchi facilmente. Ti aggiusti la sciarpa di seta, in modo che l'orlo sia più alto del colletto, piuttosto duro, della giacca di cuoio. Ti giri continuamente per controllare la coda. «Il tedesco che può farti la festa e quell che non vedi. » E’ un concetto che ci hanno martellato in testa fin dai primi giorni di addestramento. Sorvoliamo il Mare del Nord, seguendo il comandante di stormo nella formazione di testa. Il suo compito è di guidarci sino al punto d'incontro con i bombardieri che dovremo scortare. I bombardieri arrivano da rotte diverse per evitare i concentramenti della contraerea. Ma quella comincia a tambureggiare in perfetto orario. Senza che ci sia bisogno di guardare, sai già dove ti trovi, Sopra le lsole Frisone, al largo della costa olandese. Sparano immancabilmente quattro granate che esplodono tutte nello stesso momento. Sul lago di Dummer, più a sud, invece sparano gruppi di granate verticali, sempre più in alto. Una volta che hai scoperto come si comporta la contraerea nei vari punti d'attacco, puoi regolarti per la navigazione. Il rombo dei motori ti impedisce di sentire lo scoppio delle granate; se capita vuole dire una sola cosa: ti hanno beccato. Incrociamo i bombardieri a sud-ovest dello Zuiderzee , tre•formazioni a scatola di traccheggianti B-24, e li copriamo dall'alto si trascinano a 360 chilometri orari,mentre noi, che voliamo a una ve locità doppia, facciamo la spola avanti e indietro sulle loro teste badando a che nessuno ci attacchi dall'alto. Secondo i ragazzi dei bombadieri stiamo vincendo la guerra perchè loro distruggono le industrie tedesche, secondo noi perchè riusciamo a tirare giù dieci aerei della Luftwaffe per ognuno dei nostri che cade. Da entrambe le parti la spinta all'affermazione personale non manca,benchè solo fino a poco tempo fa non ci fosse consentito di abbassarci sotto i 3600 metri per inseguire i caccia tedeschi. L'ordine era di restare accanto ai bombardieri. Ecco perchè non stravediamo per i ragazzi dei bombardieri, ma li rispettiamo per il loro coraggio. Le prendono mica male e quando ne precipita uno , sono in dieci a morire. Sai già come andrà a finire per la formazione di oggi. Siamo alla seconda o alla terza ondata. Direzione: alcuni depositi di carburante. Quando arriveranno sull'obiettivo vedranno una nuvola scura sospesa in cielo, proprio come una nube di tempesta - vecchio fumo della contraerea - e quei B-24 voleranno diritti allineando i collimatori da bombardamento e scomparendo in quella nuvola nera dove li aspetta un'accoglienza infernale. E’ inevitabile. E dopo che hanno sganciato le bombe e cominciano a virare per mettersi in salvo ..ecco che gli arrivano addosso i Focke-Wulf e i Messerschmitt. E’ il momento in cui i ragazzi dei bombardieri apprezzano molto la nostra presenza. Stai allerta, controlli il cielo sopra e sotto. Ora sorvoli il territorio tedesco, dove è più facile essere colti di sorpresa alle spalle. A destra c'e un P-51D, ultimo modello, con sei mitragliatrici da 12,7 invece delle solite quattro per garantirgli miglior manovrabilità e una velocità leggermente superiore. Sulla lamiera che copre il motore è dipinta la scritta «Daddy Rabbit » (Papà coniglio); L'aereo è pilotato dal capitano Cherles Peters, un amico di New Orleans in volo per la sua ultima missione. « Daddy Rabbit» è il suo soprannome: siamo d'accordo che mi consegnerà quel bellissimo P-51D al rientro alla base. Da domani l'aereo volerà col nome di « Glamorous Glen III » Mi tengo vicino a Daddy e controllo la sua coda almeno tanto quanto controllo la mia, fa parte del nostro accordo. « Ti conosco, figlio di putta*a », dice ridendo. « Non lascerai che mi succeda niente durante il mio ultimo volo. Ci tieni troppo al mio aereo. » Il vecchio Daddy ha ragione! Una nuvola di fumo nero è sospesa sull'obiettivo. I bombardieri stanno per raggiungerlo. Improvvisamente ne esplode uno. In un enorme palla di fuoco provocata dalle bombe e dalla benzina. Non un solo paracadute. Viri, e tra il fumo e le nuvole vedi a centinaia i lampi delle bombe; è il momento di massima concentrazione perchè tra pochi istanti i bombardieri torneranno indietro. Il comadante ordina di sganciare i serbatoi alari di riserva. Non puoi combattere con i serbatoi alari. Tiri il cavetto, e in quel mnomento succede una cosa tremenda. I serbatoi vanno giù, ma lo stesso sta facendo « Daddy Rabbit». Cade•come un sasso, fuori dalla formazione. Non è stato colpito, sono sicuro, ma sta precipitando. Mi getto in picchiata per seguirlo. « Il motore mi ha piantato in asso », urla. E’ una di quelle situazioni così tremende da sembrare quasi divertenti. Daddy è già sotto i 1500metri e io gli sono accanto, ala contro ala, mentre la contraerea ci spara addoso. E’ la sua ultima missione e sta per fare un bel «buco ». « Cristo, penso di mollarlo », dice. « Tieni duro », gli rispondo. « Domani lo piloterò io ! Cerchiamo di capire che diavolo succede. » Controlliamo tutti gli strumenti, facciamo mille congetture, mentre l’immagine del terreno ha già invaso il parabrezza. E le traccianti delle mitragliatrici ci lampeggiano accanto. « Ehi, e la miscela di carburante? Passa su emergenza guarda che succede. » Lo fa e d'improvviso il motore resuscita., Il vecchio Daddy cabra alla massima velocità con cui può mettersi il culo al sicuro con quel Packard Merlin. « Devo avre chiuso per sbaglio il pulsante della miscela quando ho tirato il cavetto per sganciare i serbatoi », borbotta appena ha ripreso fiato. L abbiamo scampata bella, ma ci ridiamo sopra. «Ca@@o, Daddy, lo parcheggi subito e mi consegni le chiavi. » Anche a me trema la voce. Oggi non abbiamo avvistato neanche un caccia nemlco ma nessuna missione di combattimento può essere considerata di routine per definizione, il risultato è un'incognita finchè non si è atterrati di nuovo e spesso la parte peggiore è il ritorno a casa con un tempo orribbile, talvolta su un aereo azzoppato,lottando contro la fatica e la stanchezza. Sono le prime ore del pomeriggio quando scendi a mille metri sui Mare del Nord e finalmente ti sganci la maschera dell ossigeno. La carlinga puzza di carburante olio e sudore. Hai mal di testa e sei affamato. Prendi una tavoletta di cioccolata della razione d'emergenza, dura come un mattone a causa del freddo. La devi mordere con i molari e ha un sapore magnifico. Quei maledetti culi di pietra giù alla base hanno già fatto la seconda colazione e quando atterreremo la mensa sarà chiusa. Prima di essere liberi per il resto della giornata dovremo fare un'ora di rapporto agli ufficiali delle informazioni. A quel punto saranno almeno le tre e mezzo. Se non pioverà e se non saremo troppo stachi, andremo in bicicletta fino a Yoxford per riempirci la pancia di pesciolini e patatine fritte. Questa faccenda della mensa ci fa incazzare ogni volta, ma siamo di umore ancora peggiore ,quando torniamo a casa senza aver riportato nemmeno una vittoria. Siamo a circa sessanta chilometri dalla costa inglese quando chiediamo per radio la rotta. A volte Leiston è talmente immersa nella nebbia che siamo costretti ad atterrare in altre basi. A Bud Anderson una volta fu ordinato di scendere in una base di bombardieri, la visibilità non superava i quindici metri e si mise in finale, seguito dalla sua squadriglia di quattro, cercando quasi a tentoni le luci della pista. Sul più bello vide due fortezze volanti, una proprio davanti al muso, l'altra poco più in basso. Per poco non ci atterrava sopra. Detto cosi, sembra terrificante, ma finisci per abituarti; come un automobilista che ritrova la strada anche se il tempo è pessimo, e ci si dimentica di tutte le difficoltà Del resto conosci la zona come il palmo della tua mano, così allinei la discesa prendendo come punto di riferimento un faro, una strada o un campo arato. Quando la visibilità è davvero pessima, da terra sparano dei bengala e ti sembra di venire giù lungo una scala a chiocciola fino al limite della pista. Il fatto miracoloso è che in fase di atterraggio abbiamo perduto un solo .pilota! uno stupido incidente. Era alla sua ultima missione e arrivò gridando per radio: «Dite alla mamma che torno a casa », fece un tonneau di saluto sul campo e prese in pieno un albero. Stavolta hai cento metri di visibilità e soltanto un leggero vento laterale, una pacchia. Rulli fino alla piazzola, dove ti aspetta il sergente Webber, e spegni il motore. Noti subito la sua occhiata di disappunto quando s'accorge che i portelli delle mitragliatrici sono ancora chiusi col nastro adesivo. E’ la tua venticinquesima missione da quando sei tornato e non hai ancora combattuto con un aereo nemico. E’ come andare a caccia per sei ore nei boschi senza vedere neanche un maledetto scoiattolo. Ma ti trascini fuori da quella carlinga stanco e indolenzito come se avessi dovuto vedertela con l'intera Luftwaffe. Magari domani riuscirai a tirarne giù tre o ti farai beccare da un tedesco, ma la routine di quelle giornate lunghe e massacranti è sempre uguale. Eppure, ci si diverte. So che è difficile da credere, e forse ancora più difficile da spiegare. ma è veramente cosi! Tratto da vivere per volare
  2. Dave97

    World War II Aces

    Maggiore Neville Duke Nato a Turnbridge, nel Kent, Neville Duke entrò nella RAF nel giugno del 1940. Cominciò le operazioni nell’aprile del 1941, qundo fu assegnato al 92° Squadron che all’epoca effettuava incursioni offensive sopra la francia occupata con gli spitfire Mk V. In diverse occasioni volò come gregario del tenente colonnello Sailor Malan, che allora guidava lo stormo di biggin Hills. Ottenne la sua prima vittoria aerea il 25 giugno 1941 quando abbatte un Bf 109F al largo di Dunkerque. Nell'autunno del 1941 fu inviato in Medio Oriente, dove entrò a far parte del 112° Squadron che volava sui Tomahwak e poi sui Kittyhawk. Da allora le sue vittorie aumentarono rapidamente, ed entro la fine di febbraio raggiunsero un totale di otto confermate e tre probabili. Nell'aprile del 1942 Duke fu assegnato alla Scuola caccia di El Ballal, in Egitto come istruttore. Nel novembre seguente ritornò alla sua vecchia unità: il 91° Squadron, che si era allora trasferito in Tunisia con i suoi Spitfire Mk V. Duke divenne un capopattuglia in seno alla squadriglia, e le sue vittorie aumentarono tanto che nel marzo del 1943 fu insignito della Distinguished Service Order. Nel giugno del 1943 terminò il suo secondo periodo operativo e fu promosso maggiore e assegnato alla 73a Unità di addestramento operativo ad Abu Sueir, in Egitto, come istruttore capo. Nel marzo del 1944 fu nominato comandante del 145° Squadron in Italia, unità equipaggiata con gli Spitfire Mk VIII. Il settembre successivo concluse quel turno di servizio e fu di nuovo assegnato in Inghilterra. Il suo totale di vittorie ammontava ora a 26 aerei distrutti personalmente (otto con gli Spitfire Mk VIII o IX) e due in coppia, 1 probabilmente distrutto, 6 danneggiati individualmente e 2 distrutti in coppia al suolo e 1 probabilmente distrutto in coppia al suolo. Questo fece di Duke il miglior asso tra i piloti della RAF nel teatro del Mediterraneo. Nel gennaio del 1945 divenne pilota collaudatore presso la Hawker Aircraft Company. Dopo aver completato il corso alla Empire Test Pilot's School di Cranfield, entrò nel giugno 1946 nella High Speed Flight della RAF, prima di essere assegnato al personale direttivo dell'Aircraft and Armament Experimental Establishment di Boscombe Down ai primi del 1947. Nel giugno del 1948 si congedò dalla RAF e assunse un incarico come pilota collaudatore con la Hawker Aircraft Ltd. Nel 1951 divenne capo pilota collaudatore, e in questa posizione fu responsabile della direzione del programma di collaudi di volo per il nuovo caccia a reazione Hunter. Nel 1953, volando con un Hunter appositamente modificato, portò il record mondiale di velocità aerea a 1.163 km/ora.
  3. Dave97

    World War II Aces

    Maggiore Lance Wade Nato in Texas, negli Stati Uniti, Lance Wade entrò nella RAF in Canada nel dicembre del 1940. Dopo aver completato l'addestramento al volo andò in Medio Oriente nel settembre 1941, volando con uno Hurricane dalla portaerei Ark Royal a Malta, e proseguendo poi per l'Egitto il giorno seguente in idrovolante. Una volta la, si unì al 33° Squadron, che volava con gli Hurricane, e ottenne la sua prima vittoria il 18 novembre 1941 abbattendo due caccia italiani CR 42. Quando terminò il suo turno operativo, nel settembre 1942, il suo bottino ammontava a 12 aerei nemici distrutti. Ritornò poi negli Stati Uniti per pochi mesi, ma nel gennaio del 1943 era di nuovo in Nordafrica e fu designato presso il 145° Squadron come capopattuglia. Wade assunse il comando dell'unità appena pochi mesi dopo la sua promozione a maggiore. A marzo il 145° Squadron sostitui i suoi Spitfire Mk V con gli Mk IX e poi, nel giugno seguente, passò agli Mk VIII Wade restò in carica fino al novembre 1943, quando fu promosso tenente colonnello e trasferito a un incarico presso lo stato maggiore della Desert Air Force. Nel gennaio del 1944, durante un volo di routine su un Auster, l'aereo entro in avvitamento a bassa quota e si fracasso al suolo, uccidendo l'asso della caccia. Al momento della sua morte, la lista di vittorie di Wade era di 22 aerei nemici distrutti individualmente (5 con gli Mk VIII 0 IX) e 2 in coppia, 1 probabilmente distrutto e 13 danneggiati in volo, più 1 distrutto e 5 danneggiati al suolo. Fu il pilota di origine americana di maggior successo a compiere la sua intera carriera bellica nella RAF.
  4. Il libro è del 1991 l'edizione francese del 1994 quella Inglese modello MiG29KU ISBN : 1-85310-488-4 e dovrebbe (ed uso il condizionale ) essere reperibile presso la bancarella aeronautica.
  5. Un simpatico aneddoto estratto dalla biografia di quello che potremmo definire il miglior pilota del mondo. ----------------- L'ultimo giorno che passammo a Okinawa, accadde un episodio divertente tra Chuck e due piloti da combattimento provenienti dalla Corea che avevano volato sui nostri caccia Sabre. Uno di loro, un tenente colonnello, chiese a Chuck perchè non tentava di simulare un duello tra il Mig e il Sabre. Yeager gli rispose che l'esito di un duello dipende più dall'esperienza del pilota che dalle prestazioni dell'aereo. Ma quello non voleva proprio convincersi. Allora Chuck gli propose di pilotare il Mig 15 per simulare un combattimento contro di lui a bordo di un Sabre. Il colonnello acconsentì, Chuck gli illustrò gli strumenti dell'aereo, poi decollarono. Yeager si piazzò senza sforzo in coda al Mig e vi rimase incollato. Atterrarono e si scambiarono gli aerei. Di nuovo Chuck gli si incollò alla coda senza pietà. Quando atterrarono, il colonnello era piuttosto depresso. «Non pensavo che il pilota contasse tanto », disse. Chuck fece un ghigno: «E’ così semplice. Il pilota con più esperienza, colonnello, è quello che ti fa il culo, quale che sia l'aereo che stai guidando ». Quel tale divenne celebre tra i piloti da caccia grazie alla stariella della sua sfida con Yeager. Ma era stato battuto dal miglior pilota. Generale Boyd Tratto da vivere per volare – Chuck Yeager
  6. « Il segreto del mio successo è che in qualche modo sono riuscito sempre a vivere tanto da poter volare ancora un giorno. » Così il generale Chuck Yeager, uno dei più famosi piloti di aerei, se non addirittura « il migliore », riassume le ragioni della sua eccezionale carriera nell' Air Force americana. Dotato di una vista d'aquila, aviatore istintivo, fornisce subito le prove di un talento fuori del comune; durante la Seconda Guerra Mondiale combattè sui cacciabombardieri P•39 Airacobra e Mustang P-51; viene abbattuto, riesce a fuggire con l'aiuto del maquis dalla Francia alla Spagna; torna a volare e - caso unico - abbattè un caccia a reazione Messerschmitt Me-262. Ma la sua fama è legata agli esperimenti che inaugurano l'era supersonica: Yeager infatti fu il primo a infrangere la barriera del suono sull'X-1, sganciato come una bomba dal velivolo-madre nel 1947. Divenuto il più ricercato tra i collaudatori, sfreccia per i cieli del mondo: dalle basi aeree nei deserti di California passa all'Europa, dove comanda un gruppo di caccia tattici Sabre, poi all 'Asia, durante la guerra del Vietnam e il conflitto indo-pachistano. Il compito di comandante della scuola spaziale per l'addestramento degli astronauti non è che il coronamento di una straordinaria avventura umana in cui gli innumerevoli pericoli scampati - basti ricordare il salvataggio col paracadute in fiamme da uno Starfighter F-104 entrato in vite -,le missioni di soccorso e quelle di spionaggio - sui sovietici Mig 15, sulle basi aeronautiche russe -, esaltano la solidarietà tra i piloti e danno origine ad amicizie insolite, come quelle con Pancho Bames, proprietaria di un bar nel deserto, o con la miliardaria Jackie Cochran, aviatrice scatenata. Vivace come un romanzo, ricco di azione e di umorismo, questa autobiografia di un autentico Top-gun non tralascia i dettagli tecnici.
  7. Dave97

    World War II Aces

    Padre Corrado Ricci Aveva già conseguito il brevetto di pilota quando entrò nella R. Accademia Aeronautica di Caserta nel lontano ottobre del 1931. Fu sempre tra i primi del corso "Leone" e tra i primi si mantenne durante i quattro anni di Accademia, tanto che agli esami finali fu classificato secondo dopo il nostro carissimo Peppo Mazzotti. Per la sua bontà di animo, per il suo entusiasmo e per un insieme di tante altre belle qualità riscosse subito la stima e l'affetto di tutti i compagni di corso: i "leoni". A conoscerlo bene, però, si aveva la sensazione di essere di fronte ad un sentimentale, un sognatore: direi un poeta sognatore, doti che si evidenziano nei suoi scritti, come ad esempio nel "Vita di Pilota", un libro che narra le vicende della sua vita aeronautica. Fu il complesso di queste elevate qualità che lo aiutarono a sopportare il non breve periodo di prigionia, durante il quale non ebbe mai momenti di smarrimento. Cessato il servizio, viaggiò molto, visitò paesi e città per soddisfare un bisogno di conoscenza ed anche alla ricerca, forse, di un "qualcosa" ancora non ben definite nell'animo, ma che si riallacciava al ricordo di un particolare momento della vita. Lo trovò, infine, quel "qualcosa": avvicinarsi di più a Dio, entrare in un rapporto dialogico con il Creatore, vi¬ere con Cristo, portare a Cristo coloro che ancora non lo conoscevano. Ecco, cosi, la sua ordinazione sacerdotale e la sua nuova vita di missionario nel Gabon. E proprio da tale lontano Paese dell' Africa equatoriale, saputo del recente giuramento' e battesimo del corso "Leone IV", egli è venuto per partecipare alla relativa cerimonia. Nella suggestiva Cappella dell' Accademia di Pozzuoli, alla presenza di tutti gli allievi e degli invitati, ha celebrate la S. Messa in suffragio dei Caduti, impostando, con un toccante trasporto sprituale, l'omelia sulla glorificazione di Dio, sul ricordo di tutti quegli ex allievi che in pace e in guerra hanno donato alla Patria il bene più prezioso, la vita, ed esortando, quindi, gli allievi di oggi sulla via del dovere e della responsabilità, che con il giuramento assumeranno verso questa nostra gloriosa Forza Armata e verso questa nostra tanto amata Patria. All'elevazione, la figura di questo aviatore prete, che tendeva con l'ostia le braccia verso il cielo - quel cielo che egli aveva solcato in pace e in guerra - ha destato in tutti e soprattutto in noi, i pochi rimasti compagni di corso, un grande, piacevole turbamento e forse, in coloro non più giovani, qualche lacrima sarà stata a stento trattenuta. Tenuto a battesimo il corso e, benedetto il gagliardetto di questo stesso, in un profondo silenzio, Padre Ricci ai "pinguini": "vi affido nelle mani di Dio". Poche, semplici parole, rispecchianti appieno la sua vita, la sua anima, la sua missione sacerdotale e che, penetrando nel cuore di tutti i presenti, ha suscitato una viva commozione, esplosa in un lungo, scrosciante applauso. Poi, terminata la cerimonia, così come era venuto, quasi per una sorta d'incantesimo, in un'atmosfera di poesia, di umilta, Corrado Ricci, Generale di Squadra Aerea-sacerdote, ha fatto ritorno, soldato di Cristo, fra i suoi fratelli del Gabon, in terra di missione. Aeronautica, Ottobre 1990. Ps: mi permetto di aggiungere Corrado Ricci è anche il traduttore del bellissimo libro di Edward H.Sims The Fighter pilots, da cui ho estratto i primi racconti di questo Topic! Sfide nei cieli
  8. Dave97

    US Air Force's Century Series

    The "Rocking Fifties" at Edwards played host to the US Air Force's Century Series of six different turbojet-powered fighter aircraft as shown here from above. Clockwise from the left these included the : Convair F-106 Delta Dart, North American F100 Super Sabre, McDonnell F-101 Voodoo, Convair F-102 Delta Dagger, Lockheed F-104 Starfighter, Republic F105 Thunderchief. Three of them (F-100, F-1 01, and F-102 ) were powered by the Pratt & Whitney J57 engine; Two of them (F-105 and F-106) were powered by the Pratt & Whitney J75 engine; One (F-104) was powered by the General Electric J79 engine-all hallmarks. Three (F-100, F-101, and F-102) were capable of level-flight supersonic speeds, Three (F-104, F-105, and F-106) were capable of level-flight doublesonic speeds. After their respective flight-test programs at Edwards, each type became operational and had fine careers before they were retired First flown at Edwards on 25 May 1953 by North American chief test pilot George Welch, the first of two YF-100 Super Sabre prototypes (shown) exceeded the speed of sound in level flight (Mach number 1.10 or 745mph at 35,000ft). Supersonic flight speeds were not new in 1953, but in level flight, by a combat-type airplane, they sure were. And to prove it wasn't a fluke, he did it again on a second test hop that very same day. Powered by one afterburning 13,200lb-thrust Pratt & Whitney YJ57-P-7 turbojet engine, the YF-100 ultimately attained a speed of 890mph (Mach number 1.3). The single-seat YF-100 had a wingspan of 36ft 7in, a length of 47ft 1-1/4in, a height of 16ft 3in, and a gross weight of 24,780lb. The F-100 has the distinction of being the first of the so-called Century Series of jet-powered Air Force fighters. One of these, the North American F-107 Ultra Sabre, was in fact derived from the F-100 Super Sabre. Due to the success of the two YF-100s, in all North American went on to produce more than 2,300 Super Sabres in four versions-the F-100A, F-1 DOC, F-100D, and HOOF. Rockwell The main mission of the McDonnell F-101 B Voodoo, developed under Weapon System 217, was that of all-missile-armed all-weather air-defense interceptor. The first F-101 B (shown), after a successful first flight at McDonnell's St. Louis, Missouri, facility on 27 March 1957, was ferried to Edwards for ongoing flight-test and armament-evaluation activities. The tandem-seat F-101 B had a wingspan of 39ft 8in, a length of 71 ft 1in, a height of 18ft, and a gross weight of 45,460Ib. Powered by two afterburning 17,000lb-thrust-class Pratt & Whitney J57 -P-55 turbojet engines, the B-Voodoo had a top speed of 1,100mph (Mach number 1.69) at 35,000ft. The all-missile-armed F-101B was very similar to the all-cannon-armed F-101A. It could carry two Douglas AIR-2 Genie nuclear air-to-air unguided rockets or three Hughes AIM-4 Falcon air-to-air guided missiles. The first F-1 01 A, with McDonnell test pilot Bob Little at the controls, made its first flight at Edwards on 29 September 1954. Little also made the first flight of the first F-1 01 B. McDonnell Douglas. The F-102 was a supersonic second generation fighter designed in the early 1950s for the US Air Force. The primary mission of the aircraft was to intercept columns of Soviet nuclear bombers attempting to reach targets in the US and destroy them with air-to-air missiles. The technologies incorporated into the aircraft were state-of-the-art for the day. The F-102 set many firsts, including the first all-weather delta-winged combat aircraft, the first fighter capable of maintaining supersonic speed in level flight, and the first interceptor to have an armament entirely of missiles. Among the many innovations incorporated into the design were the use of the area rule to reduce aerodynamic drag and an advanced electronic fire control system capable of guiding the aircraft to a target and automatically launching its missiles. The F-102 made its first flight in 1953 and entered service with the Air Defense Command (ADC) in 1956. About 1,000 Delta Daggers were built making the type one of the most widely built fighters of its era. Even when supplemented by the related and improved F-106 Delta Dart, the F-102 remained one of the most important aircraft in the ADC through the mid-1960s. Convair Developed under Weapon System 303A, the Lockheed F-104 Starfighter's primary mission was that of a high-speed, high-altitude (with a rapid climb rate) air-superiority day fighter. Though its mission was later changed to that of an air-defense fighter-interceptor, it retained its dog-fight capability. The first of two XF-104s was first powered by an interim non-afterburning Wright J65 turbojet engine. Later, with an afterburning version of the interim J65 engine, the second XF-104 (shown) hit a top speed of 1, 150mph (Mach number 1.79). First flown at Edwards on 5 March 1954 (the official first flight date) by famed Lockheed test pilot Tony LeVier, the XF-104 became the first jet-powered airplane in the world to exceed 1 ,000mph (Mach number 1.52) in level flight. Dubbed the "missile with a man in it," due to its rocket-like shape, the F-104 holds the distinction of being the worlds first doublesonic fighter. The single-place XF-1 04 had a wingspan of 22ft 9in (without wing-tip fuel tanks), a length of 49ft 1 in, a height of 13ft 4in, and a gross weight of 16,700Ib. Both XF-104s crashed to destruction during their careers. Their success, however, led to the production of more than 2,575 F-104s. Lockheed Developed under Weapon System 306A, the Republic F-105 Thunderchief's main mission was that of an all-weather, supersonic fighter-bomber for the US Air Force's Tactical Air Command (now Air Combat Command). Moreover, it had to be capable of performing the air-superiority role, and it had to be able to carry and deliver a "special," or nuclear weapon. Powered by an interim, afterburning 15,000lb-thrust Pratt & Whitney J57-P-25 turbojet engine on that first flight, it hit 710mph (Mach number 1.05) at 30,000ft in level-attitude flight. Later, with NASA's Area Rule application to eliminate unwanted drag in the transonic speed regime (600-800mph) and with the more-powerful, afterburning 25,500lb-thrust Pratt & Whitney J75-P-3 turbojet engine, the subsequent YF-1 05Bs (four were built; number three is shown), easily romped to 1,541 mph (Mach number 2.3). In the end, as a doublesonic tactical fighter-bomber and air-superiority fighter, the F-105 was a success. Its ability finally led to the production of more than 800 Thunderchiefs in three basic models: the F-105B, F-1050 and F-105F. It was the last fighter produced by the Republic Aviation Corporation. Convair F-106 Delta Dart F-106 was Advanced F-102. Same object, same shape, same factory. More simply shaped body, advanced weapon system, high-level networked airplane. So the job of its pilot is to bring genie for appointed airspace. Pilot maybe a AAM booster controler, no dog-fight was mentioned. Then F-106 could be effective only inner U.S. Mainland where could maintain such a network systems. Genie was not guided missile. So it have a nuclear warhead. 3,150 nuclear heads made. A seventh Century Series fighter-the North American F-107 Ultra Sabre, appeared at Edwards in late 1956. Powered by one afterburning 24,500lb-thrust Pratt & Whitney J75-P-9 turbojet engine, the first of three F-107 aircraft (shown) made its first flight on 10 September 1956 with North American test pilot J. Robert "Bob" Baker at the controls. Developed as a dual-role airplane-that is, it pulled double duty as an air-superiority fighter and a fighter bomber-it competed with Republic's F-105 Thunderchief. Following a very hard-fought competition, the Thunderchief prevailed, and the F-107 became a foot note in aviation history. Still, with its unique dorsal inlet system and top speed of 1,541 mph (Mach number 2.3), it was not immediately put out to pasture. Because of the Ultra Sabre's speed, NASA used two of them for several years at Edwards to bolster its aeronautical knowledge. Despite its capabilities, the F-107 was not a significant leap ahead in the so-called state of the art. However, both the Air Force and the NASA got their money's worth out of the three F-107 aircraft as they did provide valuable flight-test information during the late 1950s. Rockwell Others: Republic F-103 Thunder Warrier This is not a cruise missile but Republic F-103. It was up-too-date jet fighter. Pilot needed to watcth periscope to see forward. Only little skylights attached for see upward, or to soften closed and tight feeling. Material of body mainly used by titanium. Powered by turbo-ram-jet engine for over mach 3 speed in high altitude. By the reason of too reckless speck, exploration cost raised awfully. And the comparison SAM with F-103, SAM estimated better cost performance than F-103. So this project cancelled at mockup stage, August 1957. Intercepter require assigned by F-102, rather conventional airplane than F-103, as planned from the beginning. North American F-108 Rapier F-108 was planned for support for B-70, mach 3 class bomber. It is needed the ability of high speed cruise for long-range. Then the body was to be big, nearly 30 meters length. The shape of F-108 was smart, with co-delta wings, three vertical wings. When F-108 cancelled, the figure changed stepped delta wing and the upper part of side vertical wings cutted. X-planes at Edwards - Steve Pace PS:Se ho sbagliato sezione, demando ai moderatori l'onere di spostare il topic
  9. Dave97

    limiti strutturali

    Mi sfuggiva la tecnica adottata per l’applicazione dei carichi statici. Per le prove di Fatica avevo visto la tecnica nel documentario dedicato al XB70 Grazie ....che era la stessa aria che si respirava in casa FIAT, visto che le prove per il G55 le facevano allo stesso modo
  10. Dave97

    limiti strutturali

    Verifica dei limiti strutturali nelle vecchie officine reggiane. Mi chiedevo quale tecnica si adottata oggi. Grazie.
  11. Dave97

    Volo rovescio

    Ah, sti giovinastri… E pensare che una persona di mia conoscenza, con un velivolo in categoria semiacro e dotato di un comunissimo propulsore a carburatore, riusciva ad eseguire loop, barrel roll (anche slow),quadrifoglio,vite, rovesciamento e anche half cuban eight, senza far tossire il motore. Comunque una volta risolti i problemi di alimentazione del propulsore, siamo a metà dell’opera e cioè a livello di volo negativo a tempo limitato,generalmente non superiore ai 60 secondi. Non dimentichiamoci la lubrificazione….
  12. The XB-70 Valkyrie was envisioned as a long-range, high-altitude triplesonic experiment in flight, capable of Mach 3 at 74,000 feet at a time when fighter aircraft one-tenth its weight could barely reach doublesonic speeds. Conceived with high hopes in 1954, only two prototypes were ever completed-one of which crashed during flight testing, killing the crew. But. though considered obsolete before it ever left the ground, the Valkyrie gave birth to a whole family of innovative technologies-advances in materials and methods that made possible the B-1, B-2 and F-117 A. In North AmerIcan XB-70 ValkyrIe, aviation historian Steve Pace tells the complete story of this ill-fated aircraft, from its development as the most promising successor to the 8-52 to its eventual abandonment 15 years later in the face of changing military priorities. Explore the XB-70A's high-speed, high-temperature design. Meet the people behind the airplane: engineers, officers, designers, pilots, and more. See new photographs of everything from cockpit to landing gear. And learn about a third XB-70 prototype that was never completed. You'll find all of this and more, in this new edition of North American XB-70 Valkyrie.
  13. Dave97

    ALI D'ITALIA

    Beh visto che oramai siamo anche OT North American XB-70 Valkyrie - Steve Pace ISBN 0-8306-8620-7
  14. Dave97

    Volo rovescio

    Lasciando agli esperti aerodinamici la disquisizione circa profilo-calettamento-diedro la cui scelta finisce per fornire determinati vantaggi ed inesorabilmente svantaggi. Non dimentichiamo che anche il propulsore deve avere determinate caratteristiche che possono consentire alla macchina di poter sostenere il volo negativo per un tempo limitato o continuo. Premettendo una piccola ma necessaria precisazione e cioè che spesso confondiamo l’assetto rovesciato (upside down) con il volo negativo . Cioè essere a testa in giù non implica essere in negativo, vedi sommità del loop, dell’avalanche, del barrel roll. E analogamente essere a testa in su non vuol dire essere in positivo, vedi top del reverse Loop, top del vertical S, top del vertical Up. Quella che sembra una banalissima precisazione in realtà è molto importante nel momento in cui si sale su un acro, soprattutto come passeggeri. A quanti di noi, la prima volta verrebbe in mente di svuotare tasche e taschini di oggetti come, monete, monetine, accendini, chiavi, portachiavi,penne matite etc. Tutti oggetti comunissimi ed innocui, presenti nelle tasche di qualsiasi persona. E innocui finche si rimane in G +, ma che sotto G- possono trasformarsi in pericolosissimi oggetti contundenti spesso origine di fastidiosi, quando non pericolosi, incidenti. Esagerazione !!!! Può darsi, Ma proprio qui a R.E. c’è un pilota (ex) che ha perso l’uso dell’occhio sx proprio per un incidente causato da un oggetto suddetto. Non a caso, le macchina Acro, vengono ripulite periodicamente con aspiratore, proprio per evitare che in volo Negativo, il pilota si ritrovi il volto bersagliato da sassolini e terriccio. Alla prossima le sensazioni del volo negativo.
  15. First flown on 1st October 1947 at Muroc, this first of three North American XP-86 Sabre aircraft poses above the base. Optimized from the start to be a daytime air-superiority fighter, the swept-wing Sabre was just that during the Korean War, flown by thirty-nine of the forty American aces (five or more kills) of that war. Powered by one non-afterburning 4,000lb thrust General Electric or Allison J35 turbojet engine, the XP-86 has a top speed of 618mph at 14,000ft. Production F-86s, powered by single, afterburning 5,900lb-thrust General Electric J47 turbojets, were able to attain 690mph speeds at sea level. The single-seat XP-86 (XF-86 after 10 June 1948) has a wingspan of 37ft 1 in, a length of 37ft 6in, a height of 14ft 9in, and a gross weight of 13,800lb. First flown by North American chief test pilot George Welch, the XP/XF-86 led to the ultimate production of more than 6,200 Sabre Jets in seven different versions-the F-86A, F-86D, F-86E, F-86F, F-86H, F-86K, and F-86L. The A, E, F, and H models were fighters, and the D, K, and L versions were interceptors. Rockwell X-Planes at Edwards -------------------- The second prototype or S-02 was equipped with small rocket engines beneath the wings to counter any spin intentional or not, which could prove risky during test flight. The antispin rocket used for the Mig 15 tests MiG-15 / I-310 By 1947 every avenue that promised to increase the thrust of the RD-10 turbojets had been explored. The TR-1 was not fully developed and therefore could not power a fighter prototype. A liquid-propellant rocket engine (ZhRD) like that of the I-270 (Zh) could not be used in a combat aircraft because of its short operating time. Thus there was an urgent need for a powerful and reliable turbojet. A year earlier sixty Rolls-Royce turbojets were ordered from Great Britain. Halfwere Derwent Vs (1,158 daN / 1,590 kg st), while the others were Nene Is (2,185 daN /2,230 kg st) and Nene IIs (2,225 daN/2,270 kg) For their relatively lightweight fighters the Yakovlev and Lavochkin OKBs chose the Derwent V, a lighter engine (565 kg ) that would later be built in the Soviet Union as the RD-500. But for his projects A. I. Mikoyan selected the Nene I, a more powerful but also at 720 kg a much heavier engine. It too was later produced in the Soviet Union, where it was referred to as the RD-45. A.G. Brunov, deputy general designer, and A. A. Andreyev, chief engineer, were entrusted with the management of the program. Several TsAGI experts also took part in the preliminary research effort: S. A. Khristianovich, G. P. Svitshchev, V. V. Struminskiy, and P. M. Krassilshchikov. Several types of wing shapes-swept wing, straight wing, and even forward-swept wing-were tested in the TsAGI wind tunnels. At that time the swept wing was not favored for fast aircraft, as is shown by German and English jets designed between 1943 and 1946. As early as March 1947 wind-tunnel tests indicated that a swept wing with fences was probably the right answer. The TsAGI engineers quickly discovered how to control the transverse stability and master the airflow breakdown. The optimum sweep angle for the wing of the future fighter was calculated to be 35 degrees at 25 percent chord with a 2-degree anhedral from the wing roots. The four upper-surface wing fences solved the problem of airflow straightening. From the start, pilot comfort was made a high priority. The cockpit was pressurized and air-conditioned, with a canopy that offered an excellent all-around view. The mechanical flying controls were statically and aerodynamically balanced at a time when hydraulic servo-controls did not yet exist. The aircraft was fitted with an ejection seat. seat (the canopy was jettisoned first) The armament included three cannons: one N-37D and two N8-23s arranged at first like those of the 1-305 (FL) with all three muzzles on the same horizontal plane near the engine air intake. For the first time on a Soviet fighter, fire warning and extinguishing systems were standard. Also for the first time on a fighter, the aircraft was fitted with an OSP-48 instrument landing system that included an ARK-5 automatic direction finder with a range of 200 km (125 miles), an RV-2 two-level radio-altimeter, and an MRP-48 marker receiver. Mating the two sections of the fuselage at the no.13 bulkhead allowed for easy access to the engine, its accessories, and its exhaust nozzle, facilitating engine removal or installation. Mating the fuselage to the wings by means of attachment fittings meant that the aircraft could be assembled or disassembled quickly in field maintenance conditions and that, once taken apart, it could be transported in containers carried by ship, train, or another aircraft. Assembly of the S-O1 was stopped without notice as unexplained flameouts continued to hamper the development of the MiG-9. Engineer N. I. Volkov, with the cooperation of MiG armament specialists, proposed a revolutionary rearrangement of the cannons. He built a single tray for the three cannons, ammunition boxes, cartridge cases, and link outlet ports. This tray was embedded under the nose and could be lifted or lowered by four cables controlled by a hand crank,a drive shaft, and four pulleys-like a small service elevator. The idea seemed so inspired that it was immediately approved for use on the I-310. The system made the cannons easier to load and service and also reduced the aircraft's turnaround time when missions had to be flown at close\ intervals. The front part of the S-O1 was modified to accommodate this tray. Finished at last, the S-O1 was rolled out on 27 November 1947 and made its maiden flight on 30 December with test pilot V. N. Yuganov at the controls. The second prototype or S-02 joined the test program before long and flew for the first time on 27 May 1948, powered by a 2,225 daN (2,270 kg st) Rolls-Royce Nene II. The state trials of the S-01 and S-02 were carried out at the GK NII VVS in two stages, from 27 May to 25 August and from 4 November to 3 December. The report concluded, "The I-310 has passed its state acceptance trials; its performance was in accordance with calculations; and the preparation of the preliminary design for a two-seat version for pilot training [the UTI MiG-15] is recommended." Test pilots who flew the I-310 were unanimous in their praise of the aircraft's handling characteristics while taking off, climbing, and landing as well as its steadiness in flight and its maneuverability. In August 1948 the council of ministers of the USSR decided to order the I-310 for the VVS. It was given the military designation MiG-15. The S-03 prototype was built in March 1948 within the context of the test program. Nearly all of the shortcomings found in the first two prototypes were eliminated on the S-03 under the supervision of chief engineer A. A. Andreyev, who was in charge of the program. Like the S-02, the S-03 was powered by a Nene II. But it differed from the S-02 in many other respects: -it was equipped with hydraulically powered airbrakes hinged on the fuselage tail section. -the stabilizer was moved 150 millimeters (5.9 inches) aft to improve its efficiency (this change necessitated a modification of the tail fin) -the elevator was fitted with balance weights - the canopy was attached by a new latch mechanism -two store points were added beneath the wing for auxiliary fuel tanks or bombs. -The efficiency of the aileron was improved by increasing the area from 0.96 m2 to 1.17 m2 and with the first hydraulic servo-control unit ever installed on a MiG aircraft, in this case a B-7 model developed by TsAGI While the S-03 was chosen as the master aircraft, a few engineering modifications were still necessary before the production standard-the SV-was ready. The Nene II engine was replaced by a RD-45F. In reality it was the same engine, but manufactured in factory no. 45 in Moscow. As the MiG-15 was mass-produced in several factories, its structure, armament, and equipment were continuously updated. During an acceptance test, the engine flamed out when the pilot started to fly upside down. Other aerobatic maneuvers such as rolls also seemed to cause flameouts. To solve this problem OKB engineers developed a small tank inside the fuel system that could feed the engine in all negative-g situations. This feeder tank was fitted with a fuel connector that swiveled according to gravitational acceleration (g) and provided a continuous flow to the engine for up to ten seconds whatever the aircraft's attitude in space (including zero-g or negative-g conditions). After special tests, this tank was installed on all MiG-15s on the assembly line and retrofitted on those that had left the factories. MiG - Fifty years of secret aircraft design
  16. Dave97

    la Naja

    Bene , vediamo di incentivare gli amarcord militari Luglio dell’79, Maddaloni (CE), caserma Rispoli. Due mesi di CAR sotto le grinfie di un tenente addestratore Parà con brevetto Americano, piccolo particolare che a sua detta lo rende più “Cattivo”. Fin dai primi giorni, sembra di essere ad un Full Immersion per marines più che ad un CAR. Ore ed ore per imparare a marciare ben inquadrati, con quei cacchio di anfibi che da nuovi fanno un male cane; e poi montare e smontare il GARANT M1 , esercitazioni di tiro al poligono,corsi di mimetizzazione . La cosa buona è che non esiste nonnismo, Primo perché i più anziani hanno si e no due mesi di naja in più sulle spalle, gli effettivi sono tutti A.U.C. o sottoufficiali di carriera. Secondo perché gli ufficiali, non tollerano e puniscono severamente qualsiasi cosa che vada al di la della semplice goliardia; e su questo sono stati chiarissimi fin dal primo giorno. Un bel giorno , di pomeriggio, noi del 4° siamo schierati nel cortile della caserma per una lezione sull’utilizzo delle bombe d’assalto. In tenente si è munito di un certo numero di simulacri e li ha distribuiti ai vari gruppi. Ci spiega dettagliatamente il suo funzionamento soffermandosi sui dispositivi di sicurezza. La sicura a levetta che deve essere rimossa prima del lancio e quella a paracadute che si rimuove automaticamente dopo il lancio. Si sofferma sulla corretta tecnica di lancio che richiede una determinata parabola che consenta alla sicura a paracadute di sfilarsi, armando di fatto la bomba. Dopo la teoria , si passa alla pratica. Prende un simulacro, sfila la linguetta ed esegue un lancio apparentemente perfetto. .....peccato per la presenza degli alberi La bomba prima di raggiungere il culmine della traettoria parabolica, sbatte contro il ramo di uno dei tanti alberi presenti nel cortile della rispoli e ,come accade solamente nei cartoon dello sfigatissimo coyote, torna verso il mittente. Il risultato è un tenente che bestemmia ….e un gruppo di “spine” piegato in due dalle risate
  17. Dave97

    World War II Aces

    Lugari e Morosi Lugari s'è buttato dietro a un B. 17 e non lo molla, raffiche su raffiche. E una« fortezza volante» della 15a Air Force, di base nei campi attorno a Foggia. .. Ormai le riconosciamo dal loro colore (verde oliva superiormente e verde azzurro inferiormente), inoltre sul timone hanno una grande Y nera su•un quadro bianco; a quanto sappiamo, appartengono al 97° ed al 301° Bomber Group americano. Poi, di colpo abbiamo addosso la caccia ed il combattimento si fraziona in mille duelli. Abbiamo lasciato Trieste alle spalle da un pò, tre Thunderbolt P. 47 mi sono piombati addosso dall'alto; scarto di fianco e tiro a cabrare di lato, vedo la squadriglia di Tomaselli che impegna un gruppo di Lightning P. 38. Sento urla nella radio: tutto il 1° Gruppo é impegnato contro la caccia di scotta americana. Dio, quanti sono! Thunderbolt, Lightning, Lightning, Thunderbolt. Ne hai sempre addosso qualcuno; un P. 47 mi sfila velocissimo sulla sinistra. In picchiata, cloche in avanti, istintivamente sto per buttarmi all'inseguito, quando un'ombra enorme sfiora il mio tettuccio, e un 205 che si è incollato alla coda del Thunderbolt. Poco avanti i caccia virano, riconosco dal numero in fusoliera dipinto sul Macchi l'aereo di Cartosio. Appena il P. 47 accenna ad accentuare la virata, Cartosio stringe; richiama un attimo l'aereo, fa mezza rovesciata e fa partire le raffiche. Vedo le traccianti segare il tettuccio del Thunderbolt, graffiarlo lungo tutta la fusoliera: una fiammata violenta e pezzi di lamiera che volano dappertutto; l'aereo americano rotola verso il basso. Urlo di gioia, come se fossi stato io l'abbattitore; sopra di il grosso ventre di due P. 47 che volano in sezione. Tiro lentamente la leva a cabrare, ho lo stomaco contratto, le mascelle indurite, senso di nausea. Il mio 205 drizza di nuovo e punta sui due americani, ho l'occhio fisso sul collimatore, il dito pronto sullo sparo; si sono accorti di me, s'inclinano di lato e buttano giù il muso in candela; per reazione nervosa faccio partire una raffica che si perde ormai inutilmente nel cielo. Tolgo manetta, cloche a sinistra, mi giro un attimo per vederli, di nuovo barra al centro, tutta avanti, manetta ... sono sudato, ..non vedo niente davanti a me, molto in basso due punti neri,forse sono i miei due P. 47. E chi li piglia piu? Raddrizzo il 205; il combattimento continua, le orecchie cominciano a ronzare, le idee diventano confuse, attraverso gli auricolari urla, richiami, parolacce, qualche frase in tedesco; ci devono essere in giro anche i Me.109. Un 205 vira alla mia destra; mi butto dietro a lui, non so chi possa essere, lo seguo; di nuovo nella mischia, di fronte musi ovali di Thunderbolt. Manovro violentemente con l'aeroplano, poi sparo ancora, non so contro chi, ... ho solo intravisto una sagoma sul collimatore, sono ubriaco, ubriaco di combattimento. Un aereo americano fuma leggermente; non possiamo continuare nell'attacco, la benzina diminuisce rapidamente; i comanti di squadriglia chiamano per il rientro. In alto, B. 17 che dirigono al Nord; non possiamo farci nulla, dobbiamo rientrare. Atterriamo alla spicciolata a Campoformido al limite dell'autonomia e portiamo gli aerei al decentramento; siamo tutti stravolti, qualche aereo è pieno di buchi, noi eravamo circa quaranta, loro saranno stati trecento. Mancano Lugari e Morosi; nessuno li ha visti andar giù. Nella baracca Guidi, comandante di squadriglia,si sta sfogando. Attorno, Tomaselli, Ligugnana, Cartosio, Di Cecco, Visconti, Salvatico ed altri. « Si sarà fatto fregare dai B. 17 all'inizio! Quante volte glielo avevo detto di non mettersi in coda a quei bestioni ... e così vicino! Se ti fai troppo sotto di coda, quelli ti fregano, ma lui no! …e butta il caschetto sul tavolo. La morte di Lugari lo ha scosso, ma Guidi ha ragione. I B. 17, le « fortezze volanti ,hanno un armamento tale che il settore di coda è troppo protetto:sono sei armi da 13 mm. fra la torretta estrema di poppa,quella ventrale e quella dorsale, che sviluppano una massa• di fuoco enorme.; ... se poi volano in formazione serrata veramente sono rogne. L'unico attacco che abbia probabilità di successo contro quei quadrimotori, va portato di fianco, trequarti avanti, con rotta opposta alla loro, così da sfruttare l'angolo morto di tiro delle armi, nella zona delle ali e dei motori ;oppure si può tentare un attacco frontale, ma per questo tipo di attacco ci vuole un fegato così... Lugari di fegato ne aveva fin troppo; per lui non esisteva la paura: attaccava d'impeto, buttandosi addosso all'avversario; la posizione non contava, il numero dei bombardieri non contava, lui andava diritto e sparava,ed oggi l'hanno beccato! E’ ormai sera, sono stanco e nervoso, .mi butto sul lettino, ma non riesco a prendere sonno. Penso a tante cose, confusamente, penso ai combattimenti, alla guerra in. generale. Sono momenti in cui ti senti demoralizzato; ti senti un niente•e ti vien voglia di gridare,di piantare tutto, ... poi, a poco a poco, la stanchezza ti aiuta a dimenticare tutto, le idee si fanno sfocate, e ti addormenti pensando a domani, al prossimo allarme, ai tuoi compagni, agli aeroplani, a quelli che non sono più rientrati. Allora ti accorgi che sono le paure di semnpre, i pensieri di sempre, di prima dell'armistizio,di Malta, dell'Africa, della Sicilia, sono i pensieri di un pilota da caccia italiano, da quattro anni. Solo ti brucia per Lugari e Morosi; non dovevano morire. Oggi, 6 aprile 1944, sui fogli del diario storico del 1° Gruppo Caccia, due nuove crocette nere vicino ai nomi di due piloti. Meglio non guardare più quei fogli. Tratto da Ali nella Tragedia
  18. Dave97

    Tecnica del Volo

    L'Elica L’elica è l'organo impiegato quasi universalmente sugli aerei leggeri dell'aviazione generale per ottenere la trazione necessaria ad accelerare la macchina alla velocità di volo e per vincere la resistenza aerodinamica che si oppone al moto e che tende in ogni istante a far decelerare il velivolo. Il fenomeno fisico in forza del quale l'elica genera la trazione è lo stesso sfruttato dall'ala per generare la portanza ma che, nel caso dell'elica, si traduce nell'accelerazione di una determinata massa d'aria in senso opposto al moto. Così come l'ala, anche le pale dell'elica, per generare la trazione, devono essere sagomate con un determinato profilo, nonché muoversi rispetto all'aria con un determinato angolo di incidenza e con una certa velocità. Osservando la figura 1, si può notare che il profilo della sezione della pala dell'elica è simile a un profilo alare; si può anche notare che la corda del suo profilo forma col piano di rotazione un certo angolo, chiamato angolo di calettamento. Quando l'elica funziona a punto fisso, cioè quando ruota senza avanzare (aereo fermo al suolo), l'angolo di calettamento coincide con l'angolo di incidenza. Ricordando che la trazione, così come la portanza, varia al variare dell'angolo di incidenza e della velocità al quadrato, risulta evidente che se tutte le sezioni della pala avessero lo stesso angolo di calettamento, la trazione generata dalle sezioni situate all'estremità della pala sarebbe enormemente maggiore di quella generata dalle sezioni situate vicino al mozzo: la velocità periferica di rotazione aumenta infatti con l'aumentare della distanza dal mozzo. Poichè un'elica siffatta offrirebbe un rendimento molto basso e andrebbe soggetta a sollecitazioni inaccettabili, i costruttori provvedono a svergolare le pale, così da dare alle varie sezioni degli angoli di calettamento via via decrescenti dal mozzo verso le estremità. Inoltre, per ragioni strutturali, le sezioni esterne delle pale vengono fatte molto più sottili di quelle interne. Poichè ogni pala ha un angolo di calettamento diverso da sezione a sezione, all'elica viene convenzionalmente assegnato l'angolo di calettamento posseduto dalla sezione che si trova a 7/10 del raggio. L'angolo di calettamento è il parametro che serve a definire il passo geometrico dell'elica, vale a dire la distanza di cui l'elica avanzerebbe in un giro se si "avvitasse" in una "madrevite solida" (figura 2). Le eliche più semplici, che hanno le pale applicate al mozzo in modo fisso, per cui non è possibile variare il loro angolo di calettamento, sono chiamate eliche a passe fisso, mentre le eliche a cui è possibile far variare l'angolo di calettamento sono chiamate eliche a passe variabile. L'elica, durante il suo funzionamento normale, oltre a girare nel piano di rotazione, trasla anche in avanti con la velocità che tornisce all'aereo. La distanza effettivamente percorsa dall'elica in un giro viene chiamata passo reale, o avanzo, e la differenza tra il passo geometrico e l'avanzo viene chiamato regresso (figura 3). Quando l'elica funziona a punta fisso, l'avanzo è nullo e il regresso è uguale al passo geometrico; man mano che l'aereo acquista velocità, l'avanzo aumenta e il regresso diminuisce. Se si continuasse a far aumentare la velocità dell'aereo, si arriverebbe a un certo valore in corrispondenza del quale l'avanzo diventa uguale al passe geometrico e il regresso diventa nullo. Se poi si aumentasse ulteriormente la velocità, il regresso comincerebbe ad aumentare con segno contrario e l'avanzo diventerebbe maggiore del passo geometrico. Poichè il valore del regresso determina l'angolo di incidenza col quale sta funzionando l'elica, è importante che il regresso stesso possa mantenersi a un valore positivo, altrimenti l'elica, mancando di incidenza, non è più in grado di generare trazione. Per chiarire questa concetto molto importante, serviamoci delle figure 4 e 5. La figura 4 illustra i vari parametri dell'elica in una determinata situazione di funzionamento e vi si può notare che l'angolo di incidenza è molto minore dell'angolo di calettamento a causa della velocità del velivolo. La pala dell'elica, infatti, invece di scendere verticalmente nella direzione del vettore "velocità di rotazione" come faceva a punta fisso, scende ora obliquamente nella direzione del vettore "velocità risultante della sezione", per cui quella è la nuova direzione con la quale il vento relativo investe la pala: per definizione, la direzione del vento relativo forma con la corda del profilo l'angolo di incidenza. La figura 5 riproduce invece quattro diverse situazioni relative a una sezione di elica a passo fisso che ruota con una velocità periferica costante di 300 nodi (velocità che si può riscontrare in corrispondenza di una sezione posta a 60 centimetri dal mozzo quando l'elica gira a circa 2.450 giri al minuto. Nella situazione 1 l'elica gira a punta fisso, e quindi la velocità di avanzamento dell'aereo è nulla; l'avanzo è perciò uguale a zero, il regresso è uguale al passo geometrico e l'angolo di incidenza è uguale all'angolo di calettamento; essendo l'angolo di incidenza al suo valore massimo, la trazione generata dall'elica è pure massima. Nelle situazioni 2 e 3 la velocità di avanzamento dell'aereo e rispettivamente di 100 e 150 nodi; l'avanzo aumenta all'aumentare della velocità, mentre il regresso, e quindi l'angolo di incidenza, diminuiscono in conseguenza; con l'angolo di incidenza diminuisce man mano anche la trazione generata dall'elica. Nella situazione 4 la velocità di avanzamento dell'aereo è di 250 nodi; l'avanzo ha superato il passo geometrico, per cui il regresso, e con esso l'angolo di incidenza, hanno assunto valori negativi; la trazione generata dall'elica non è pertanto più rivolta nel senso del moto, bensì in senso contrario e quindi si comporta come una resistenza. L'andamento della trazione dell'elica a passo fisso in funzione della velocità di avanzamento dell'aereo è illustrato dal diagramma della figura 6, il quale conferma quanto è stato detto più sopra: - la trazione è massima quando la velocità di avanzamento dell'aereo è zero; - essa diminuisce gradualmente all'aumentare della velocità fino ad annullarsi in corrispondenza di un certo valore di quest'ultima; - portando la velocità di volo oltre tale valore, la trazione assume valori negativi e l'elica genera resistenza. La bontà del funzionamento di un'elica, però, non può essere giudicata dalla quantità di trazione che essa è in grado di generare. Come per ogni altra macchina o dispositivo che trasforma energia da uno stato all'altro, cosi anche per l'elica bisogna tener conto del rendimento che essa è in grado di fornire. Il rendimento dell'elica è dato dal rapporto fra la potenza che l'elica stessa è in grado di mettere a disposizione per la trazione dell'aereo, chiamata appunto potenza disponibile (Wd), e la potenza motrice (Wm) fornita all'elica dal motore. La potenza resa disponibile dall'elica è ottenuta moltiplicando fra di loro i valori della trazione e i valori della velocità di volo riportati dal diagramma della figura 6. Il diagramma della figura 7 illustra l'andamento della potenza resa disponibile dall'elica in funzione della velocità di volo, e quindi illustra l'andamento del rendimento dell'elica (ή e), sempre in funzione della stessa velocità. Questo diagramma ci dice che a velocità zero, pur essendo massima la trazione, la potenza fornita dall'elica è zero: essendo infatti la potenza disponibile il prodotto della trazione per la velocità, quando V = 0, per quanto grande possa essere la trazione, il prodotto rimane zero. Al crescere della velocità, nonostante la diminuzione della trazione, la potenza disponibile cresce stabilmente fino a un valore massimo (Wd max), che si riscontra in coincidenza di un determinato valore V' della velocità. Dopo, tale valore la curva della potenza disponibile scende bruscamente e viene generalmente interrotta (perchè il suo andamento non è più di alcun interesse) prima che ritorni a zero. Sullo stesso diagramma della potenza disponibile e del rendimento dell'elica si può portare anche la curva che illustra l'andamento della potenza motrice in funzione della velocità di volo: dato che la velocità ha sulla potenza motrice un'influenza trascurabile, la curva ha un andamento rettilineo a valore costante. L'area tratteggiata del diagramma della figura 7 rappresenta quindi la potenza che viene sprecata dall'elica a causa del suo basso rendimento, il quale raggiunge come massimo il valore di 0,85 quando la curva e al picco in corrispondenza di V'. Qualora si debba equipaggiare un aereo con un'elica a passo fisso, si sceglierà il passo in modo tale per cui l'elica fornisca la maggior potenza disponibile, cioè abbia il miglior rendimento, in corrispondenza della velocità di volo più consona alle caratteristiche da conferire all'aereo. Per aerei acrobatici o a decollo corto, per i quali è necessario avere il massimo rendimento durante le salite e alle basse velocità, si sceglieranno eliche a passo corto il cui rendimento massimo si trova vicino alla velocità minima di sostentamento. Per aerei destinati invece principalmente a voli di trasferimento, si sceglieranno eliche a passo lungo, il cui rendimento massimo si trova vicino alla velocità di crociera. La soluzione migliore consiste comunque nell'equipaggiare l'aereo con un'elica a passo variabile (e a giri costanti). Queste eliche sono in grado di cambiare il proprio angolo di calettamento, e quindi il loro passo geometrico, durante il volo, cosi da mantenere alle varie velocità di volo un angolo di incidenza ottimale. In tal modo le eliche possono fornire il rendimento massimo per campi di velocità molto estesi, dalla velocità di decollo alla massima di crociera. Il grafico del rendimento e della potenza disponibile in funzione della velocità, relativo a queste eliche, è illustrato dalla figura 8. Le cinque curve rappresentate, visualizzano i rendimenti di altrettante eliche, aventi ognuna l'angolo di calettamento indicato sotto; la prima curva appartiene certamente a un'elica da montare su un velivolo acrobatico e a decollo corto; le due centrali possono essere adatte per aerei con caratteristiche miste; mentre le ultime due sono senz'altro da impiegare su velivoli da sfruttare in velocità. L'inviluppo delle cinque curve (linea tratteggiata) è invece la curva di rendimento di un'elica a passo variabile che può assumere valori di calettamento compresi tra 15° e 35°. L'area scura rappresenta il guadagno di rendimento ottenuto con quell'elica nei confronti di due eliche a passo fisso con calettamenti rispettivamente di 15° e di 35°. Concludiamo ora l'argomento con alcune considerazioni sull'impiego delle eliche a passo fisso. Per far ruotare l'elica, il motore deve sviluppare una certa potenza, in quanto l'aria crea sulle pale una resistenza che si oppone al loro movimento. La resistenza incontrata dall'elica, cosi come quella incontrata dall'ala, varia in modo direttamente proporzionale all'angolo di incidenza e al quadrato della velocità delle pale. Per ogni posizione della manetta, e quindi per ogni valore della potenza motrice erogata, il motore si stabilizza a quel determinato regime di giri per il quale la coppia motrice è equilibrata dalla coppia resistente dell'elica: se la coppia resistente aumenta, i giri diminuiscono e viceversa. Quando, per esempio, si da tutta manetta al decollo, la coppia resistente incontrata dall'elica è massima, essendo massimo l'angolo di incidenza delle pale, per cui il motore si stabilizza a un numero di giri che è notevolmente più basso del massimo consentito (la linea rossa del contagiri). Man mano che l'aereo accelera dopo il rilascio dei freni, all'aumentare della velocità l'angolo di incidenza delle pale diminuisce, per cui diminuisce anche la coppia resistente incontrata dall'elica e i giri del motore aumentano. Come conseguenza della scelta del costruttore di impiegare un'elica con un determinato passo, il motore sviluppa i suoi giri massimi quando, con tutta manetta, l'aereo vola alla velocità massima in volo orizzontale. Se si porta l'aereo a velocità maggiori, realizzabili solo in discesa, la coppia resistente incontrata dall'elica diminuisce per la diminuzione dell'angolo di incidenza delle pale e di conseguenza il motore aumenta ulteriormente la sua velocità di rotazione andando in fuori-giri. Sono queste le ragioni per cui, pilotando un aereo equipaggiato con elica a passo fisso, se si vogliono mantenere costanti i giri del motore bisogna continuamente intervenire sulla manetta in modo da aumentare la potenza quando diminuisce la velocità di volo e in modo da diminuirla quando la velocità aumenta. Particolare attenzione va posta nel ridurre la manetta durante le discese ad alta velocità, quando cioè il motore tende ad andare in fuori-giri con molta facilità. Rizzardo Trebbi
  19. Dave97

    World War II Aces

    ...e pubblicare qualche bel racconto estratto dal suddetto libro ????
  20. Dave97

    World War II Aces

    ten. col.Aldo Quarantotto tenente Carlo Seganti Il 12 luglio 1942 il ten. col.Aldo Quarantotti, alla testa di tutto il suo Gruppo, rientrava alla base dopo uno snervante volo di scorta ai bombardieri che avevano effettuato un ennesimo bombardamento su Malta. Le condizioni atmosferiche quel giorno erano molto cattive: forti raffiche di vento e fitti strati di nuvole, sia in quota, sia bassi sul mare. Cumuli nembi sospinti dal vento si rompevano in più parti per riformarsi poi più neri e più minacciosi di prima. Improvvisamente da una di queste formazioni nuvolose saettò fuori uno Spitfire inglese che si avventò su un nostro velivolo. Il pilota italiano, ten. Francesco Vichi, sorpreso dall'attacco, fece comunque in tempo a buttarsi in picchiata nello strato di nuvole sottostanti tentando di seminare l'inseguitore che a sua volta lo seguì nelle nubi. Con l' aereo colpito, il ten. Vichi fu poi visto dal Cap. Salvatore Teja dello stesso reparto lanciarsi con il paracadute, a circa 15 chilometri dalla costa siciliana. Il ten.col. Quarantotti, al quale non era sfuggita la scena, cercò di calcolare la zona dove era avvenuto l'attacco e con tutto il Gruppo, ai limiti d'autonomia, proseguì verso la base. La mancanza di carburante non aveva consentito al comandante di gettarsi a capofitto nelle nuvole per cercare di aiutare il suo pilota, come invece avrebbe voluto. Ora procedeva verso il campo, certo di aver preso la decisione migliore anche se dolorosa. Appena atterrato, Quarantotti fece immediatamente rifornire quattro aeroplani, parlò con gli altri piloti per avere un quadro il più possibile esatto del luogo dove era avvenuto l'attacco, poi salì al posto di pilotaggio di un Reggiane Re-2001 della 150a Squadriglia Caccia e seguito dagli altri tre velivoli pilotati rispettivamente dal ten. Seganti, ten. Gasperoni, M.llo Patriarca, tutti offertisi volontari per quell' azione, decollò e si allontanò verso il mare. In volo i quattro aeroplani si disposero in due sezioni, l'una davanti all' altra. Il tempo in tanto era peggiorato fino a diventare proibitivo: le nuvole formavano ormai una massa compatta molto bassa sul mare in tempesta che ogni tanto si intravedeva flagellato dal vento e dalla pioggia. Il ten. col. Quarantotti, incurante delle condizioni atmosferiche, guidava la sua pattuglia a tutto motore verso il punto dove erano scomparsi nelle nuvole il Re-2001 italiano e lo Spitfire inglese. Gli aeroplani volavano ormai in piena bufera, il mare non si scorgeva più neppure a tratti, il cielo si era oscurato, sembrava che le forze della natura congiurassero per rendere impossibile l'altruistica azione di soccorso. Quando Quarantotti giunse nella zona dello scontro, fece distanziare la seconda sezione sia per aumentare il campo di ricerca che per evitare collisioni in volo, poi, seguito dal suo gregario, picchiando s'immerse nelle nubi per volare a pelo d'acqua sotto di esse nel tentativo di trovare qualche segno dell'aviatore mancante. Gli altri due piloti rimasti in quota videro il Re-200 1 del ten. col. Quarantotti bucare le nuvole verso il mare tallonato dall' altro velivolo pilotato dal ten. Carlo Seganti, e poi dopo aver perlustrato per qualche tempo la zona, non vedendoli riapparire e pensando che fossero rientrati, fecero rotta verso la base. Al campo il personale si affollò intorno ai due aeroplani per aver notizie: tutti insieme attesero lungamente il ritorno del Comandante e del suo gregario, ten. Carlo Seganti, ma non tornarono. Scomparvero così il ten. col. Aldo Quarantotti già decorato con quattro medaglie d'argento al valor militare e il suo gregario ten. Carlo Seganti Da quell'ormai lontano 12 luglio 1942 nessuno ha mai avuto notizie della loro sorte. Furono abbattuti da velivoli nemici, o dall' ostilità degli elementi atmosferici? Si urtarono in volo a causa della poca visibilità e precipitarono? Oppure, cosa probabile anche in considerazione del loro silenzio radio, nel forare le nubi che forse erano a pochi metri dalle onde, essi si infilarono in mare? Nulla è mai stato ritrovato dei due aerei e dei loro piloti, la verità quindi non si saprà mai con certezza. A quanto affermano invece Cristopher Shores e Brian Cull con la collaborazione di Nicola Malizia, alle pagine 405-409 del loro libro Malta: the Spitfire year 1942, pubblicato nel 1991, il ten col. Quarantotti e il ten. Seganti sarebbero stati abbattuti dallo Spitfire BR565/U del serg. canadese George Beurling del 249° Squadron. Beurling e il suo comandante, Flg. Off. Hetherington, stavano effettuando una perlustrazione alla ricerca del collega Berkeley-Hill che non era rientrato da una missione precedente, quando sotto di loro videro passare due aeroplani italiani che identificarono come Macchi. In realtà, se si trattava di Quarantotti e Seganti, i due velivoli erano due Reggiane Re-2001. Coperto da Hetherington che volava un po' più in alto, Beurling si portò alle spalle dei due velivoli italiani, i cui piloti, del tutto ignari, volavano a pochi metri dall'acqua ed erano palesemente impegnati a cercare un naufrago in mare. A suo dire, fu un gioco abbatterli entrambi: sparai una raffica di un secondo sull' aereo più arretrato che si incendiò e precipitò subito, poi mi avvicinai con un angolo di 15° al caccia di testa, fino a circa 30 metri. Potevo vedere ogni dettaglio del viso del pilota, si voltò verso di me proprio mentre lo inquadravo e sparavo. Cadde in mare come il suo collega. Dal primo colpo sparato al primo aeroplano, erano trascorsi non più di sei o sette secondi». Non sappiamo se tutto ciò corrisponda al vero e se questa fu effettivamente la fine del ten. Col. Quarantotti e del ten. Seganti. Ma se questa è la verità, non possiamo non commentare che colpire alle spalle due piloti ignari, impegnati a cercare di localizzare un naufrago in mare, non richiedeva nè grande coraggio ne tanto meno eroismo. Certo non era un'azione di cui vantarsi, due vittorie di cui gloriarsi. Alla memoria del ten. col. Aldo Quarantotti e a quella del ten. Carlo Seganti venne concessa la Medaglia D'Oro con le seguenti motivazioni: ten. Col. Aldo Quarantotti: Comandante di gruppo da caccia portava il suo reparto, ogni giorno, al combattimento sul mare e sul cielo di munita base nemica. Sempre primo ad attaccare, conseguiva personalmente ed in collaborazione numerose vittorie. Animatore instancabile, capo audace ed esperto, incurante del pericolo, destava l'ammirazione dei gregari e dei nemici, per l'impeto e la perizia dei suoi attacchi. Appena rientrato da una vittoriosa azione di guerra, ripartiva in volo, in un supremo tentativo di salvare un gregario caduto in mare, e, con ammirevole spirito di abnegazione e di sacrificio, insisteva nelle ricerche, nonostante le proibitive condizioni atmosferiche. Non faceva ritorno alla base, sopraffatto, non dal nemico, ma dall'avverso destino. Espressione purissima di eroismo e di fede, riaffermava le sue altissime virtù militari lasciando un retaggio luminoso di sublime ardimento. Maggio-Luglio 1942 ten. Carlo Seganti Audacissimo ed eroico combattente dell' aria sempre cercava la lotta ed il combattimento lì dove il nemico era più numeroso ed aggressivo. Benchè cacciatore, si offriva volontario per un reparto di bombardamento a tuffo nell'intento di colpire più duramente il nemico riuscendo, in ben cinquanta azioni in picchiata, a portare i suoi colpi micidiali su terra e sul mare. Rientrato nella specialità caccia in immutato ardore combattivo e destinato sul più duro fronte aeromarittimo, sosteneva combattimenti nel corso dei quali abbatteva personal mente 5 avversari e molti altri in collaborazione. Anima ad esempio dei compagni del suo Gruppo non desisteva dalla lotta nemmeno con l'apparecchio gravemente colpito. Rientrato da un aspro combattimento, nel corso del quale un suo compagno era caduto in mare, partiva alla sua ricerca, nonostante le avverse condizioni del tempo, ma dal generoso tentativo non faceva ritorno. Esempio fulgidissimo di eroismo cosciente, di inflessibile volontà di lotta e di sublime spirito di sacrificio. Giugno 1940-Luglio 1942 36 storie scritte nel cielo - Giorgio Evangelisti
  21. Dave97

    World War II Aces

    Ten. Saieva Il Lightning viene giù in picchiata, i suoi due Allison girano al massimo dei giri; dietro, un nostro 205 gli sta addosso come un falco fa con la sua preda: 5000, ... 4000, ... 2500 ... 2000 metri; i due aeroplani si avvicinano velocissimi alla terra. Su in alto, sugli 8000 m., continua il gran « calderone» fra gli americani e gli italiani del 1° Gruppo Caccia. Il P. 38 americano comincia a raddrizzare il muso, davanti al lui il delta del Po è ormai a pochissimi chilometri. Il tenente Saieva, che lo insegue, tira dolcemente la cloche verso di se, il Macchi diminuisce l'angolo di incidenza, e si allinea di nuovo inesorabile dietro il velivolo nemico. Il pilota americano lo vede o meglio, lo sente dietro le spalle; il suo apparecchio è già stato colpito e non è in grado di manovrare con agilità; attende la scarica fatale poichè nella posizione in cui si trova non può più far nulla: se raddrizza o vira per tentare di tirare in quota si presenterà comodo bersaglio ai cannoncini dell'italiano; se continua a picchiare si infila nelle valli di Comacchio. Per lui è finita ... a meno che ... Fuori il carre1lo, giù i flaps, motori al minimo, ed il P. 38 si inclina or su un lato or sull'altro; sta cercando un terreno adatto , per poter atterrare alla meno peggio, sempre che quell'altro gli dia sufficiente tempo per farlo. Saieva ha visto la manovra, riduce a sua volta il motore e tallona vicinissimo l'aeroplano americano. Ora potrebbe sparare tranquillamente: in quelle condizioni, sarebbe un gioco abbattere il Lightning, ma la sua mano non preme il pulsante delle armi. Qualche chilometro dopo, il caccia statunitense striscia disordinatamente sul terreno molle, sobbalza in aria, rotea quasi su se stesso, striscia ancora, rallenta, sobbalza di nuovo, si inclina su di una semiala e finalmente si ferma con il muso un po' infosato nel fango e le due eliche contorte. Il 205 come un fulmine ,passa a pochi metri dal tettuccio, poi tira in quota, « spara » una vitata a coltello e punta di nuovo sul caccia americano. Il pilota sta ribaltando all'indietro il tettuccio, si butta fuori dell'abitacolo lasciandosi scivolare a corpo morto verso terra; i suoi occhi sono ipnotizzati da quel caccia che ingrandisce velocemente e che sta per arrivargli addosso. Istintivamente si rannicchia su se stesso in un'illusoria speranza di sicurezza: e in attesa delle raffiche da 20 mm. La sua vita è nelle mani dell'italiano; ma le raffiche non arrivano. Il Macchi ripassa basso in virata; raddrizza, sbatte le ali in segno di saluto e si allontana. Incredulità di ritrovarsi vivo! Le mani slacciano la cerniera del giubbetto di pelle, annaspano, slegano, strappano il fazzolettone di seta stretto attorno al collo, ed è subito un agitarlo frenetico verso l'alto, verso quel pilota italiano che ora sta tirando su in quota, rimpicciolendo velocemente. Tratto da Ali nella Tragedia PS: Ma il 205 non è un monoposto ?
  22. Il primo italiano oltre il muro del suono E’ il 4 dicembre 1956, sull' aeroporto di Pratica di Mare un aviogetto rulla fino a testata pista e si allinea per il decollo. Ottenuta l' autorizzazione dalla torre di controllo, il pilota, ten. col, Giovanni Franchini, porta il motore al massimo dei giri. Sotto la spinta del propulsore l' aereo, trattenuto dai freni, si abbassa comprimendo gli ammortizzatori del carrello. Constatata la regolarità di funzionamento del reattore, il collaudatore inizia la corsa di decollo. L'argentea e snella sagoma del prototipo sperimentale si avventa lungo la pista dalla quale, dopo solo 450 metri, si stacca con facilità salendo poi rapidamente in quota. A 13.500 metri, quando ormai l' aereo ha quasi raggiunto il suo plafond, il Ten. Col. Franchini, avuto il benestare dal controllo aereo, mette il velivolo in picchiata a pieno motore sulla verticale del campo. L' aviogetto perde quota velocemente in un'affondata vertiginosa fino a seimila metri e, quando ormai la terra si sta avvicinando pericolosamente, il collaudatore lo rimette in linea di volo e sfreccia sull'aeroporto con un boato. In cuffia gli giungono le congratulazioni del controllore di volo che ha udito i caratteristici due «bang» supersonici. E un momento molto importante, non solo per il pilota, ma per tutta l'industria aeronautica italiana: il «Sagittario 2°», così si chiama l' aviogetto, è il primo aereo italiano a superare il muro del suono e il ten. col, Giovanni Franchini è il primo pilota italiano ad infrangere questa invisibile barriera con un aviogetto progettato e costruito in Italia. Pochi minuti dopo, con manovra perfetta, il «Sagittario 2°» atterra e in brevi istanti si porta alla zona di parcheggio. Spento il motore, il pilota scende a terra dove riceve le felicitazioni delle autorità presenti e l' abbraccio commosso dell'ingegnere Sergio Stefanutti, progettista di questo prototipo. Ma ecco come lo stesso pilota collaudatore, ten. col, Giovanni Franchini, descrisse quella sua impresa: Ho volato su molti dei velivoli progettati dall'lng. Stefanutti e posso dichiarare che erano tutti aerei brillantissimi con caratteristiche molto elevate nel loro ruolo; erano molto facili e sicuri purchè messi nelle mani di piloti appena superiori alla media. Fui incaricato dei collaudi del «Sagittario 2°» dopo un incidente occorso ad un altro pilota: le premesse non erano quindi buone, ma avevo fiducia nell'lng. Stefanuni e conoscevo le caratteristiche teoriche dell' aereo e quelle ricavate sui modelli nei tunnel aerodinamici svizzeri. Il velivolo aveva elevatissime qualità di volo e notevoli possibilità di impiego, sia come aereo scuola di 2° periodo che per l' appoggio tattico. Era facile, maneggevole, ben controllabile, sia alle più basse che alle più alte velocità ed aveva ottime qualità di stabilità sui tre assi. Essendo ancora allo stadio di prototipo, poteva essere migliorato, sia nelle attrezzature, sia nell' avionica, sia montando un reattore con compressore assiale: questi miglioramenti potevano essere effettuati senza modificate strutturalmente il velivolo. Si verificarono, è vero, alcuni incidenti, a proposito dei quali vi fu anche chi parlò di sabotaggio: certo, gli interessi in gioco erano grandi. L'aereo aveva un limite contrattuale di Mach 0.93, ma, da approfonditi colloqui con l'lng. Stefanutti avevo appreso molto sulle sue caratteristiche costruttive ed aerodinamiche e mi ero convinto che si potesse andare oltre il muro del Suono. Il 3 dicembre 1956, dunque, partii da Pratica di Mare alle 10,30 per una prova di salita e ricerca del numero di Mach limite: mi recai sul mare a 12.800 metri e picchiai. Mi accorsi subito che intorno a Mach 0,96-0,98 avevo qualche inversione nei comandi, controllabile usando i comandi stessi alla rovescia: perciò nella successiva affondata superai Mach 1: non essendo stato autorizzato, avevo interrotro il funzionamenro degli strumenti registrarori. Atterrato alle 11,25, ripartii alle 15,50 per un altro volo di prova: salii a 9.500 metri ed arrerrai alle 16, 15. Il giorno seguente, 4 dicembre, decollai alle 10,40 e salii a 13.500 metri, una quota notevole per un aereo con compressore radiale: quando mi resi conto che non guadagnavo più quota, chiesi alla torre di controllo il permesso di affrontare un' affondata supersonica. Ottenuto il consenso, feci a tutto motore un rovesciamento sulla verticale del campo, dopo di che mantenni il velivolo quasi in verticale fino a 6.000 metri circa, quindi richiamai il più rapidamente possibile, perchè la terra si stava avvicinando un po' troppo in fretta. Prima dell'atterraggio la torre di controllo mi comunicò che aveva sentito due «bang» supersonici. Durante il tentativo non avevo avuto paura, ma un po' di apprensione sì perchè, nonostante un meticoloso studio preventivo, non potevo essere cerro di quanto poteva succedere. Perciò non ebbi indecisioni e, una volta iniziata l' affondata, ero quasi del tutto tranquillo. A cose fatte, poi, ero curioso di sapere come l' avrebbero presa i responsabili dell' Aerfer, dai quali non ero stato autorizzato. Quando arrivai al parcheggio, la mia soddisfazione per aver effettuato il primo volo supersonico di un aereo italiano fu accresciuta dalla festosa accoglienza di numerose personalità: anche l'lng. Stefanutti, persona abitualmente riservata, mi abbracciò. Per quell'impresa, Franchini venne decorato con la sua quarta medaglia d'argento al valor militare: Ufficiale pilota, incaricato del collaudo di un aviogetto prototipo, ha dimostrato di possedere una eccezionale capacità tecnico-professionale, accompagnata da una fredda e ragionata determinazione che, sfruttando al massimo le possibilità della macchina, lo ha portato a superare la barriera del suono, per la prima volta con un velivolo di costruzione italiana. Roma 4 dicembre 1956 In seguito, con lo stesso aeroplano, il ten. col. Franchini superò il muro del suono anche in volo orizzontale. Informati di questo exploit gli americani, che già avevano messo in dubbio la precedente prestazione del «Sagittario 2°», inviarono My Murray, un asso della loro aviazione e pilota collaudatore dei primi supersonici statunitensi, per provare in volo il nuovo prototipo dell' Ing. Stefanutti e dell'Aerfer. Le autorità americane che, tramite l'IRI, finanziavano la nostra ricerca in questo settore, non credevano a questo successo italiano e volevano sincerarsene. Murray giunse a Pratica di Mare ed effettuò due lunghi voli con il «Sagittario 2°» ed entrambe le volte superò il muro del suono, eliminando ogni dubbio dei suoi mandanti. A detta di molti, questi voli e quelli del successivo caccia dell'Aerfer «Ariete», segnarono la fine prematura di tutto il programma di sviluppo di un caccia intercettore leggero italiano. 36 storie scritte nel cielo – Giorgio Evangelisti
  23. …io aggiungerei un bel External Box , magari TCP/IP , nel quale inserire un HD da 500 GB. (in rete si trova tanta bella roba!!!)
  24. Dave97

    Tecnica del Volo

    Segnali a terra Si può dire che il bisogno d'inviare da terra ai piloti le informazioni necessarie per una sicura condotta degli aeromobili sia nato contemporaneamente all'aviazione. Fino all'avvento e allo sviluppo delle radiocomunicazioni, questa necessità era soddisfatta, entro certi limiti, solo mediante segnalazioni visive. Nacque così una specie di codice di segnali di significato convenzionale, il quale, nonostante la diffusione generalizzata delle comunicazioni radiotelefoniche, in certe situazioni conserva ancora oggi tutta la sua validità. Tra segnali visivi che ogni pilota dovrebbe conoscere vi sono i segnali a terra posti nell'area aeroportuale, aventi lo scopo di dare ai piloti informazioni relative all'agibilità dell'aeroporto e/o al modo di impiegarne le strutture. Maniche a vento In un aeroporto deve essere disponibile almeno una manica a vento delle seguenti dimensioni minime: Le maniche a vento sono realizzate in tessuto, resistente al flusso dell’aria e alle intemperie. Esse sono di forma tronco-conica e colorate, in modo da risaltare rispetto allo sfondo circostante, così da essere visibili da almeno 300 m di altezza. I colori da adottarsi sono o il bianco o l’arancio, oppure una combinazione di bianco e arancio, o bianco e rosso, o bianco e nero. La combinazione è formata da cinque bande alternate, essendo la prima e l’ultima del colore più scuro. La posizione della manica a vento può essere evidenziata da una fascia circolare bianca, posta intorno al palo di sostegno, del diametro di 15 m e larga 1,2 m. Le maniche a vento su un aeroporto devono essere ubicate in modo tale da essere visibili nel corso delle procedure di avvicinamento a tutte le piste, senza essere oscurate da oggetti vicini. Inoltre da ogni posizione di decollo deve essere visibile almeno una manica a vento. Su aeroporti destinati ad attività aeronautica notturna le maniche a vento devono essere illuminate. In condizioni di buona visibilità atmosferica si ritiene accettabile una distanza di 1.000 m, che consenta di interpretare utilmente le informazioni ricavabili da una manica a vento illuminata. Pertanto, affinché un pilota possa utilizzare queste informazioni mentre è in avvicinamento, è opportuno ubicare la manica a vento entro 600 m dalla soglia pista, idealmente a 300 m dalla soglia e ad una distanza di 80 m rispetto all’asse pista. Ne consegue che solo gli aeroporti le cui soglie pista distano tra loro meno di 1200 m possono rispettare il requisito minimo con una sola unità,mentre gli aeroporti di Codice 3 e 4 necessitano, in genere, di più maniche a vento disposte in modo da fornire la miglior copertura possibile. La scelta finale del numero di unità e della loro posizione dipende da vari fattori, diversi da aeroporto ad aeroporto. In ogni caso la posizione più appropriata per una manica a vento è: - al di fuori della zona livellata e priva di ostacoli di piste e taxiway e sotto i piani di separazione degli ostacoli; - a non più di 200 m dal bordo pista; - fra 300 m 600 m dalla soglia pista, misurati lungo la pista; - su un‘area con bassi livelli d’illuminazione retrostante; - visibile dalle posizioni di decollo e di avvicinamento di tutte le piste ; - libera da effetti di disturbo dell’aria causati da oggetti vicini. Quadrato segnali Per aeroporti specificati dall’ENAC, sui quali si svolgono in prevalenza operazioni di volo a vista, occorre predisporre una superficie di forma quadrata, di 9 m di lato, destinata ai dispositivi di segnalazione indicati di seguito. Tale quadrato presenta una superficie piana, regolare ed è bordato da una striscia bianca o arancio di almeno 30 cm di larghezza, così da essere visibile in volo da tutte le direzioni, ad un’altezza di almeno 300 m. Se ritenuto necessario dall’ENAC per motivi operativi, l’area segnali sarà illuminata durante le ore notturne. Direzioni di atterraggio e di decollo. Una T bianca o gialla disposta orizzontalmente sul terreno indica la direzione da usare dagli aeromobili per l'atterraggio e il decollo. Le manovre devono essere eseguite nella direzione parallela all'asta della T e nel senso che porta verso la barra trasversale. Quando la T è impiegata di notte, essa viene convenientemente illuminata, oppure il suo contorno viene delineato da una serie di luci bianche. Nel momento di decidere in quale direzione usare la pista per l'atterraggio e il decollo, non si deve dimenticare che bisogna tener conto soprattutto della direzione di provenienza del vento e manovrare cosi da atterrare e decollare controvento, come prescritto dall' Annesso 2 ICAO, dedicato alle regole dell'aria. Il documento prescrive intatti che un aeromobile che si trova a operare su un aeroporto o nelle sue vicinanze, sia che si trovi dentro, sia che si trovi fuori di un'ATZ, deve: a) osservare il traffico aeroportuale al fine di evitare collisioni; b) uniformarsi o evitare il circuito di traffico seguito dagli altri aeromobili in volo; c) eseguire tutte le virate sulla sinistra, sia durante l'avvicinamento per l'atter¬raggio, sia dopo il decollo, a meno di non essere diversamente istruito; d) atterrare e decollare controvento, a meno che motivi di sicurezza, la configurazione della pista, o considerazioni inerenti la circolazione aerea, non determinino la convinzione che sia preferibile usare una direzione diversa. Se ci si appresta a operare su un aeroporto la cui T di atterraggio indica una direzione di manovra diversa da quella suggerita dalla manica a vento, dopo aver osservato tutte le misure di sicurezza necessarie, si deve decidere di atterrare e decollare controvento. Divieto di atterrare. Un quadrato rosso con due diagonali gialle, disposto orizzontalmente sul terreno all'interno del quadrato segnali, indica che gli atterraggi sono proibiti e che è previsto che il divieto si protrarrà nel tempo. Precauzioni durante l'avvicinamento e l'atterraggio. Un quadrato rosso con una diagonale gialla, disposto orizzontalmente sul terreno all'interno del quadrato segnali, indica che, a causa del cattivo stato dell'area di manovra,o per qualunque altra ragione, le manovre di avvicinamento e di atterraggio possono essere effettuate, ma devono essere eseguite con particolare cautela. Uso delle piste e delle vie di rullaggio. Un "manubrio" (dumb-bell) bianco disposto orizzontalmente sui terreno nel quadrato segnali indica che gli aeromobili devono effettuare le manovre di atterraggio, decollo, e rullaggio, esclusivamente sulle piste e sulle vie di rullaggio. In altre parole, tutte le aree aeroportuali disponibili al di fuori delle piste e delle vie di rullaggio sono considerate non idonee per il movimento degli aeromobili. Un manubrio avente le stesse caratteristiche del precedente, ma con in più due barre nere dipinte nelle porzioni rotonde e disposte perpendicolarmente all'asse maggiore, indica che gli aeromobili devono atterrare e decollare solo sulle piste, mentre non è necessario che le altre manovre siano strettamente confinate alle piste e alle vie di rullaggio. In altre parole, anche le aree al di fuori delle piste e delle vie di rullaggio possono essere usate per il rullaggio. Circuito di traffico con virate a destra. Quando si trova esposto nel quadrato segnali, o alla fine della pista in uso, una freccia di colore ben visibile orientata verso destra indica che le virate prima dell'atterraggio e dopo il decollo devono essere eseguite verso destra. Sede dell'ufficio aeroportuale dei servizi della circolazione aerea. Una C nera in campo giallo indica l'ubicazione dell'ufficio aeroportuale preposto ai servizi della circolazione aerea. La sigla con cui viene internazionalmente indicato tale ufficio è ARO (Air-traffic-services Reporting Offices).
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