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Il muro del suono - Charles Elwood Yeager
Dave97 ha risposto a Dave97 nella discussione Eventi Storici
I Piloti tedeschi ce la mettevano tutta per salvarsi la pelle durante i combattimenti aerei. Picchiate a tutto gas e verticali, in un disperato gioco d'azzardo per scrollarci via dalle loro code. Più di una volta li seguii quasi fino a terra. Quando scendevo in picchiata a oltre ottocento chilometri orari, il mio Mustang tremava tutto e i comandi s'impuntavano. Quasi piegai quella maledetta cloche, tirandola a me nelle richiamate. Per fortuna i Mustang resistevano un po' meglio degli aerei tedeschi alle onde d'urto che si formano alla velocità del suono. L'aria viaggia più veloce lungo la superficie superiore curva di un ala che lungo quella piatta inferiore, creando la portanza. In picchiata quasi verticale la turbolenza dell'aria si manifestava dietro le mie ali a 1100 chilometri orari o più, mentre le onde d'urto battevano contro i piani di coda e gli alettoni. Al livello del mare la velocità del suono è di 1223 chilometri orari; a dodicimila metri è di 1062. Quegli sbattimenti nelle picchiate col motore al massimo erano chiamati «compressibilità », e portarono alla convinzione largamente diffusa che esistesse un « muro del suono», una barriera invisibile di aria che avrebbe stritolato qualsiasi aereo avesse cercato di attraversarla alla velocità di Mach 1. I primi aviogetti da caccia che avevo pilotato erano tutti subsonici; ma dopo che fui uscito dalla scuola piloti collaudatori volai su un caccia nuovo e più potente, il P-84 Thunderjet, un monoposto concepito per portare una bomba nucleare. In volo dritto e livellato alla velocità di Mach 0,82, il Thunderjet cominciava a tremare violentemente, mentre il muso si alzava. Capita l'antifona, riducevo il gas. Era difficile credere che li fuori non ci fosse un muro. Ma tutte le principali ditte aeronautiche erano in competizione per progettare motori sempre più potenti e velivoli dalle linee sempre più aerodinamiche, che ci avrebbero spinto proprio contro quella barriera nel cielo. Tuttavia un gran numero di ingegneri cervelloni erano convinti che le leggi della natura avrebbero punito severamente chiunque fosse stato sorpreso a volare a una velocità superiore a Mach 1. Il famoso collaudatore britannico Geoffrey De Havilland jr andò in pezzi mentre cercava di farlo. Il suo aereo sperimentale senza coda, chiamato « The Swallow», si disintegrò alla velocità di 0,94 Mach. Fu agli inizi del 1947, durante un tuffo in picchiata di prova nel corso dei tentativi di infrangere il muro del suono. Da allora gli inglesi rinunciarono agli esperimenti supersonici. Infrangere il muro del suono era un'impresa molto complessa di cui io non sapevo quasi nulla. Due volte, durante rapidi viaggi a Muroc per ritirare gli aerei da portare al Wright, avevo visto l’ X-1 che veniva agganciato sotto un bombardiere B-29 prima del decollo. Era un aereo piccolo, dipinto di uno squillante color arancione e aveva la forma di un proiettile da mitragliatrice calibro 12,7. Qualcuno mi disse che aveva un motore a razzo con una spinta di 2700 chilogrammi ed era progettato per raggiungere il doppio della velocità del suono. Era più di quel che potessi capire e mi bastava. Chuck Yeager Vivere per volare -
La storia dei velivoli sperimentali e degli aero-razzi in particolare è ricca di episodi interessanti e, purtroppo, anche di gravi incidenti che hanno costellato il cammino del progresso aeronautico. Il 14 ottobre 1947 l'aero-razzo Bell X-1 fece epoca sfrecciando nel cielo più veloce del suono, pilotato dal capitano Charles E. Yeager: a 13.000 metri di quota raggiunse infatti Mach 1,06, pari a 1.126 km/h. Otto mesi più tardi, quando questo exploit fu reso di pubblico dominio, fu acclamato come l'impresa più importante della storia dell'aeronautica dopo il primo volo dei fratelli Wright , avvenuto nel lontano 1903. Commissionato alla Bell Aircraft Corporation nel 1944 dall'Aviazione dell'Esercito degli Stati Uniti in collaborazione con la NACA (National Advisory Committee for Aeronautics), l' XS-1, che in seguito verrà chiamato semplicemente X-1, era stato ideato in origine come un compromesso tra l'aero-razzo e l'aviogetto, in modo da utilizzare un turbogetto per il decollo e il volo a velocità di crociera, ed il motore a razzo unicamente per accrescere la spinta una volta raggiunta la quota prefissata o per raggiungere questa quota. Questa soluzione fu accantonata in sede di progetto il 13 dicembre 1944, quando ci si rese conto che la propulsione a razzo, benchè dispendiosa, assicurava una velocità ascensionale molto più elevata di quella ottenibile con un turbogetto. Fu quindi deciso di ricorrere all'uso di una piattaforma volante ricavata dopo alcune modifiche da un bombardiere Boeing B-29 di serie, onde eliminare il consumo dei propellenti sull' aero-razzo nella fase di decollo e di salita attraverso gli strati più densi dell' atmosfera. Fra tutte le combinazioni possibili di combustibili fu scelta una miscela di alcool, acqua ed ossigeno liquido che risultava tra le meno pericolose. L'X-1 aveva dimensioni molto ridotte, era più piccolo di qualunque aereo da caccia dell' epoca. Nella configurazione esterna non si discostava troppo dalla linea degli aviogetti esistenti, ad eccezione del muso, completamente privo di prese d' aria. Identiche erano le ali, diritte, e gli impennaggi di coda, e non molto diversa l' architettura d'insieme. Tuttavia, la robustezza dell'aero-razzo, che per primo riuscì a varcare la «barriera del suono» ed effettuò preziose ricerche sul volo supersonico, era assolutamente superiore alla media. Nelle prove statiche alle quali l'X-1 fu sottoposto prima dell'inizio dei voli, fu in grado di sopportare l'applicazione di carichi che superavano di 18 volte il suo peso. Naturalmente, l' eccezionale resistenza delle strutture finì per imporre all'aereo un carico alare tre volte più elevato dei più moderni velivoli allora in servizio. Per altro, all'atto del rientro, per effetto del consumo della scorra di propellenti, il carico alare tornava ad essere normale, consentendo al pilota un atterraggio abbastanza agevole. Le ali, diritte, erano state costruite espressamente per il volo supersonico cui l'X-1 era destinato. Contrariamente a tutti gli aerei costruiti sino ad allora, esse erano state ricavate da un blocco solido di lega d' alluminio con lavorazione a macchina, e non con centine, longheroni e lamiera di rivestimento Il propulsore a razzo, ideato e costruito dalla Reaction Motors Corporation di Rockaway, New Jersey, pesava appena 95 chili, ma riusciva a sviluppare per due minuti e mezzo, con tutte e quattro le sue camere di combustione in funzione, una spinta massima di circa 2.720 chilogrammi. Il motore, designato «6000C4», riusciva a sviluppare spinte dell' ordine di 680, 1360, 2040, 2720 chilogrammi secondo il programma di volo, rispettivamente con una, due, tre o quattro camere di combustione accese. In tal modo, il pilota era in grado di regolare, sia pure in maniera piuttosto elementare, la velocità dell'aero-razzo nelle diverse fasi del volo. Al massimo regime del motore, l'ossigeno liquido e la miscela alcool-acqua affluivano nelle camere di combustione in ragione di 14,7 litri al secondo, per effetto della pressione sviluppata con l'emissione di azoto ultracompresso in bombole. Pilotato dal collaudatore della Bell Aircraft, Jack Woolams, l'X-1 effettuò nel cielo della base aerea dell'Esercito di Pinecastle, in Florida, una serie di voli planati, in attesa della messa a punto del motore a razzo, a partire dal 19 gennaio 1946. Le prove miravano ad accertare la funzionalità dei comandi, le caratteristiche all' atterraggio e la stabilità dell' aereo. Nell'autunno del 1946, con il montaggio del motore E-6000C4, i primi due esemplari dell'X-1 lasciarono lo stabilimento di Niagara Falls alla volta dell' aeroporto di Muroc in California, dove da qualche settimana era in attività il primo nucleo di una dozzina di tecnici del NACA giunti dal Laboratorio Studi «Langley» di Hampton, Virginia. Il secondo prototipo dell'X-1 effettuo il primo volo a motore, pilotato dal collaudatore della Bell, Chalmers H. Goodlin, l'8 dicembre 1946. Staccatosi dal B-29 che lo aveva portato a 9.000 metri di altitudine dentro il vano ricavato in fusoliera, l'X-1 raggiunse la velocità di 885 chilometri l' ora Apertura alare : 8.53 m Lunghezza complessiva : 9.45 m Altezza : 3.30 m Superficie portante : 12,10 mq Carico alare : 490 kg/mq Peso a pieno carico : 6354 kg Peso a vuoto : 1980 kg Carico utile (strumenti da ricerca) : 160 kg Disponibilità massima propellenti ossigeno liquido : 1310 l acqua-alcool : 1360 l Velocità massima di progetto : 1.1 mach Velocità massima raggiunta : 1.45 mach
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E.B. (Jepp) Jeppesen nasce nel 1907 in Louisiana a Lake Arthur. Il padre è un architetto danese immigrato, con la famiglia, dall'Europa agli Stati Uniti d' America. A 14 anni il battesimo dell'aria: dieci minuti al prezzo di cinque dollari su un velivolo in legno e tela condotto dal liutenent Briggs, un «barnstormer» cioè un pilota girovago. Più che mai convinto che il volo sarebbe stato la sua vita, cinque anni più tardi, terminate le scuole inferiori e spendendo cinquecento dollari guadagnati consegnando giornali a domicilio, Jepp acquista un Curtiss JN4 Jenny iniziando così la carriera di pilota professionista. Assunto da una società di aerofotogrammetria di Dallas, la Fairchild Aerial Surveys, il compito iniziale è fotografare l'intera zona del delta Mississippi vicino a New Orleans. Inviato, per un anno e mezzo, in Messico con un fotografo professionista, Sidney Bounick, per un lungo quanto impegnativo lavoro commissionato all'azienda texana dalla Royal Dutch Shell Oil Company, Jepp, nel 1930, cerca e trova un nuovo impiego. Vola, infatti, prima alla Varney Airlines e quindi per la Boeing Air Transport, vettori la cui fusione darà luogo all'United Airlines, come copilota sui B40, biplani trimotori utilizzati per il trasporto della posta, principalmente sulle rotte Salt Lake City-Cheyenne e Salt Lake City-Reno. Volare, all'epoca, è difficile e rischioso. Non c'e radio ne strumenti di radionavigazione, solo un atlante stradale della Rand McNally e le istruzioni, in caso di maltempo, di seguire a vista i binari dell'Union Pacific. A 23 anni Jepp decide di fare qualcosa nell'intento, soprattutto, di salvaguardare se stesso. Acquistato, con dieci cent, un taccuino, con la copertina in pelle nera e a fogli mobili, inizia così, volo dopo volo, a scrivere ogni possibile informazione utile a volare più sicuro. Annota la pianta delle piste, dimensioni, pendenza, posizione rispetto al più vicino centro abitato, rilievi naturali, ostacoli artificiali, possibilità di rifornimento ed anche i numeri telefonici di contadini capaci di fornire notizie sulla meteorologia locale. Nel tempo libero compie, poi, in auto, il percorso Salt Lake City-Cheyenne misurando l'altezza dei fumaioli incontrati lungo la strada e salendo sulle montagne per stabilire l'altitudine della cima più elevata come, ad esempio, la Montagna Nera, ad est di Salt Lake City, sulla quale si reca portando tre altimetri alla cui lettura viene, successivamente, aiutato da scienziati dell'Università dell'Utah. lnsieme alle annotazioni cresce l'interesse dei colleghi per il taccuino ed i preziosi appunti; nasce così la richiesta di copie, inizialmente soddisfatta ricopiando, manualmente, quanto annotato senza alcun compenso. Decide quindi di stampare, da un amico tipografo, tutte le pagine del block-notes in cinquanta copie vendendone la raccolta completa a dieci dollari. il successo non si fa attendere ed ottenuto un prestito bancario di quattrocento dollari, il comandante Jeppesen da il via, nel seminterrato del palazzo dove vive a Cheyenne, ad una concreta attività commerciale svolta nei ritagli di tempo e nei giorni di riposo dal volo. Nel 1934 pubblica, così, il primo Airway Manual, le cui carte, qualche anno più tardi, indicano, tra l'altro, i primissimi radioaiuti aeronautici, i radiofari a quattro bracci o radio-range. Lasciata nel 1936 Cheyenne per Salt Lake City e per un nuovo seminterrato, coinvolge nel lavoro anche la moglie Nadine, hostess di bordo all'United Airlines, e studenti della facoltà di ingegneria dell'università cittadina impiegati come disegnatori. Acquistato già nel 1940 da più di una aviolinea, inclusa la stessa United, che ad una precedente proposta di vendita di Jepp dell'avviatissimo business per la somma di cinquemila dollari aveva risposto con un immediato e netto rifiuto, l' Airway Manual è adottato, allo scoppio della seconda guerra mondiale, dall'US Navy malgrado l'esistenza di carte direttamente realizzate dal governo statunitense. Egualmente all'inizio del conflitto, alla cui vittoria Jepp contribuisce producendo sempre per la marina militare americana la mappa delle lsole Aleutine, l'United Airlines lo trasferisce a Denver. Nella capitale del Colorado, in un piccolo ufficio sulla Colfax Avenue, nasce quindi la Jeppesen & Company con due dipendenti, una segretaria ed un disegnatore, ed un obiettivo preci¬so: coprire, cartograficamente, l'intero territorio nord-americano compreso l' Alaska. Le informazioni necessarie sono ottenute scrivendo e telefonando a piloti, agricoltori, sindaci, sceriffi, funzionari statali ed a chiunque possa rappresentare una potenziale fonte di notizie. Dopo la Marina è l'US Air Force ad acquistare, nel 1948, l' Airway Manual, arricchito nello stesso anno della prima carta di avvicinamento strumentale lLS, seguita dall'Esercito degli Stati Uniti; consistenti ordini giungono anche da un numero crescente di operatori civili. A 47 anni, non potendo continuare ad occuparsi a tempo pieno e simultaneamente di due attività estremamente impegnative, Jepp, su consiglio del medico personale, si dimette dall'United Airlines. Ha al suo attivo 10.000 ore di volo totalizzate solo sui DC-3, aereo pilotato dopo il Boeing 247 e prima del DC-6. Agli albori degli anni sessanta l' azienda ha duecento dipendenti e gli uffici in una palazzina all' aeroporto di Denver-Stapleton. Nel 1957 nasce un secondo ufficio in Europa seguito da un terzo, nel 1958, a Washington DC di collegamento con gli enti federali, la FAA innanzitutto; il fatturato annuo diviene superiore ai cinque milioni di dollari USA. Nel 1961 Jeppesen vende la societa al gruppo editoriale californiano Times Mirror di Los Angeles che, acquisita la proprietà nel 1968 della Sanderson Films, ditta specializzata nella realizzazione di materiale audiovisivo (diapositive, pellicole e nastri sonori) e stampato (manuali) per l'addestramento al pilotaggio, crea nel 1974, unificando le due aziende, l'attuale Jeppesen-Sanderson Inc. Ulteriori momenti importanti sono il 1983, con l'introduzione del computer nel processo grafico di redazione delle carte, ed il 1989 quando la Jeppesen-Sanderson Inc. assume il controllo, sia finanziario che tecnico-operativo, della Bottlang, casa tedesca con sede a Hildesheim e ventidue impiegati, impegnata dal 1964 nella produzione ed aggiornamento di una serie di carte per il volo a vista, o VFR, raccolta nel Bottlang Airfield Manual, suddiviso in più volumi ed utilizzato, oggi, da diciottomila piloti metà dei quali all'estero soprattutto in Francia e nel Regno Unito. Massimo Dominelli JP4, dicembre 1989
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Bah! Proporrei Teoria del volo : Rizzardo Trebbi. Manuale di volo : Jeppesen Sicuramente non è la scelta più economica! Ma è la combinazione base per il brevetto PPL. La prima costituisce una buona base teorica per : Aerodinamica, Navigazione, Motori e Strumenti, Medicina Aeronautica, Fonia, Meteorologia,Diritto Aeronautico. La seconda è una valida base pratica, si parte dai controlli esterni e si finisce con la descrizione di alcune semplici manovre tipo lazy eight, chandelle, Dutch roll
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Il Ponte Finisce Benché l'inverno del 1948-49 si rivelasse - come previsto - di un rigore tremendo, il ponte proseguì senza soste raggiungendo livelli di efficienza insospettati. Ben 12.000 tonnellate giornaliere di merci affluivano a Berlino agli inizi del '49 ed ormai si poteva cominciare a costituire le prime scorte, poichè i rifornimenti eccedevano già le distribuzioni. Quasi tutto il cibo veniva disidratato onde risparmiare peso e volume. La vita a Berlino, pur con le inevitabili carenze, stava riprendendo e la città - impegnata nella ricostruzione - stava riacquistando lentamente l'aspetto di laboriosa metropoli di dieci anni prima. I sovietici a quel punto, si era agli inizi di maggio, capirono di aver perso su tutta la linea, e l' 11 maggio, un minuto dopo la mezzanotte tolsero il blocco. Berlino aveva vinto ... ma aveva vinto soprattutto l'aviazione che, uscita dalla guerra come un formidabile strumento bellico, aveva dimostrato quali fossero le sue possibilità pacifiche per favorire il progresso e le comunicazioni. Inutile anche dilungarsi in aride cifre. Basti pensare, comunque, che dal 26 giugno 1948 all' 11 maggio dell'anno successivo americani ed inglesi trasportarono a Berlino rispettivamente 1.200.000 e 350.000 tonnellate di materiale e che gli aerei percorsero qualcosa come 80 milioni di chilometri. Si deve per obiettività dire che l'operazione costò cifre assolutamente pazzesche. Doveroso tributo infine, per concludere, alle persone - in verità sorprendentemente poche in rapporto al numero che ne era coinvolto, alla complessità e alla pericolosità dell'impresa - che persero la vita per consentire a Berlino di scegliere il proprio futuro. A quei 75 uomini 31 americani, 39 inglesi e 5 tedeschi tra aviatori e personale a terra è dedicato un monumento all'aeroporto Tempelhof: tre archi di cemento rivolti a occidente da dove, attraverso i tre corridoi aerei, giungeva la « linfa » vitale per la città. Gianni Saccardi JP4, luglio 1979
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I Civili al Ponte E’ opportuno a questo punto esaminare più in dettaglio la presenza civile, cui si è già accennato, perchè oltre che alla R.A.F , prima con i Dakota e poi con i più capienti Avro York - in grado di trasrortare fino a 4.500 Kg. - cui si aggiunsero anche due Squadron, il 47° e 297°, su Handley Page Hasting, un ruolo di primo piano fu affidato alle compagnie civili. Dopo breve tempo non solo si constatò che queste erano in grado di svolgere efficacemente i compiti loro affidati, ma offrendo un altissimo standard di efficienza ed affidabilità, furono loro affidati compiti molto delicati, come il trasporto di quasi tutti i rifornimenti liquidi. Conosciuto come « Wet Lift » (ponte bagnato), numerosi velivoli convertiti in cisterne caricavano tonnellate di olio combustibile, petrolio, kerosene per le esigenze industriali e dei mezzi di trasporto. Gran parte degli operatori civili (tutti britannici) era basata ad Amhurgo-Fuhlsbuttel - allora principale scalo delle linee provenienti dall'Europa dove le operazioni erano dirette da personale della BEA. Da qui partivano i Bristol Freighter della Silver City e della Airwork (tre e due rispettivamente) che, grazie al muso apribile potevano stivare facilmente e in breve carichi ingombranti e si rivelarono, assieme ai Fairchild C-82 Packet, fra gli aerei più efficienti. Unico neo era la mancanza del radar (gli Halton possedevano i « Rebecca », riminescenza del precedente servizio militare) e una tale installazione avrebbe comportato troppo tempo, per cui furono limitati ai voli VFR. Il carico pagante del Freighter da Amburgo a Berlino era sulle 5 tonnellate, leggermente di più al ritorno, costituite da alimentari, giornali, pezzi meccanici grezzi che ritornavano dalla città sotto forma di manufatti industriali quali trasformatori, materiale elettrico, turbine, cavi. Fra la « merce» di ritorno sono da annoverare anche migliaia di bambini e anziani che furono evacuati da Berlino onde preservarli dai rigori di un inverno che si annunciava severo: i Dakota della R.A.F. fecero per un certo tempo la spola con Lubecca portando farina all'andata ed una ventina di bimbi al ritorno. Il trasporto di sale, prima di essere completo appannaggio degli Halton, era affidato agli idrovolanti Sunderland della R.A.F. e ai due Hythe della Aquila Airways, i quali partivano da Finkenwerder, sui fiume Elba nei pressi di Amburgo, usando le installazioni della ormai chiusa Fabbrica di idrovolanti Blohm und Voss. Il resto dei « civili » era di stanza a Wunstorf, assieme agli Hasting della R.A.F. e comprendeva gli Avro Lancastrian - versione civile del leggendario Lancaster e i Tudor. I primi erano presenti in 4 esemplari coi colori della Flight Refuelling e trasportavano carburante. I Tudor, dapprima solo cargo, erano stati trasformati in cisterne tramite l'installazione di 5 serbatoi in fusoliera: questi furono progettati, costruit, piazzati e collaudati in soli sei giorni e permisero di portare a Berlino 10.000 Kg.di olio combustibile per viaggio. Le operazioni di scarico erano semplicissime perchè bastava travasarlo direttamente in una autocisterna sottobordo oppure nei serbatoi sotterranei. Si è già detto in precedenza che il mezzo più impegnato dagli americani fu il C-54 - preceduto dal C -47 -ma non si deve dimenticare l'apporto dato da aerei forse ancora più adatti ma presenti in numero troppo limitato, quali il Fairchild C-82 Packet ed il Douglas C -74 Globemaster . Il Packet, grazie alla fusoliera apribile era in grado di ospitare carichi impossibili ad aerei più convenzionali, per cui fu utilissimo per il trasporto di particolari attrezzature e macchinari ingombranti. Con due motori Pratt & Whitney R-2800 da 2.100 Hp aveva un carico massimo di 6 tonn. Ben superiore era invece il carico pagante dell'enorme C-74 - circa 25 tonn. - ma a causa della scarsa resistenza delle piste non fu mai possibile sfruttarlo appieno, per cui questi aerei più pesanti furono soprattutto impiegati per il « ponte esterno » dall'Europa e USA verso la Germania. Propulso da quattro Pratt & Whitney Wasp Major da 3.500 Hp. il Globemaster era comunque l'ideale per beni pesanti quali bulldozer, trattori e gruda impiegarsi nella ricostruzione della città e per l'allestimento dei nuovi aeroporti. Non dimentichiamo, infine, il contributo dei francesi che, sebbene limitata a non più di sei-sette voli la settimana, fu di grande sollievo alla provata popolazione berlinese ed alle truppe ivi stanziate in quanto basata prevalentemente su alimenti. Il minimo di « extra » in una situazione in cui tutto va ridotto all'osso
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Sediamoci ora metaforicamente su uno degli Halton delle svariate compagnie inglesi impegnate nel ponte in partenza da Schleswigland, a 10 Km. dalla città omonima, verso l'aeroporto berlinese di Tegel attraverso il corridoio settentrionale. L’Halton, versione da trasporto del bombardiere Halifax, era presente coi colori di numerose compagnie britanniche in contratto col governo: la Bond Air Services,Eagle Aviation e British American Air Services avevano rispettivamente 6, 2 e 4 Halton mentre la Lancashire Aircraft Corp. ne aveva 12. Questi potevano trasportare, grazie al contenitore ventrale applicato esternamente, il sale, pericoloso per la corrosione e quindi non trasportabile da altri aerei se non dagli idrovolanti Sunderland e Hythe (gli idro erano specializzati in tale trasporto utilizzando lo specchio d'acqua dei laghi Havel presso Gatow - e Wansee. ma furono ritirati a dicembre causa il pericolo di formazioni di ghiaccio sui laghi). Dunque, dicevamo, dopo aver scaldato i quattro Bristol Hercules da 1.650 H P ed essersi portato in posizione attesa. il « nostro » Halton inizia a muovere le sue 30 ton. e si alza, mentre l'aereo successivo è già pronto in testata pista. Mentre si sale al livello assegnato, il navigatore fornisce al pilota i dati necessari basati sulle sue osservazioni se la visibilità lo consente oppure sui calcoli in base al vento stimato in caso di maltempo. Dopo due successive virate in modo da imboccare e proseguire lungo il corridoio, l'Halton giunge sul radiofaro di Frohnau, ultimo punto su cui il pilota riporta rotta, quota e specifica il carico trasportato. Il volo può dirsi regolare se i punti fissi sono raggiunti entro più o meno 30 secondi dall'orario stabilito, al contrario si deve rallentare o accelerare leggermente. Il messaggio viene ricevuto dal terminale e, onde poter individuare ciascun aereo, si ordina di compiere successive virate a 45° per 30 secondi per effettuare l'identificazione. Controllati da terra, gli aerei sono quindi condotti all'atterraggio e, dopo le operazioni al suolo, si riparte attraverso il corridoio centrale puntando verso Brunswieh, su cui si vira per dirigersi alla base. Su di un C-47 vengono caricate centinaia di bottiglie di latte fresco destinato ai bambini di Berlino. Gli addetti alla pulizia trovarono sotto al pavimento di un aereo quasi 10 cm, di formaggio formatosi dal latte perduto nel corso dei precedenti voli. (U.S.A.F.)
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IN VOLO VERSO BERLINO Per illustrare la meticolosità con cui erano condotti i voli « seguiamo» due diversi aerei in rotta verso Berlino: un C-54 americano in parrtenza da Rhein-Main ed un Halton civile proveniente da Schleswig nel Nord della Germania. Il C-54 Skvmaster è la versione militare del DC 4, uno dei primi veri confortevoli « liners » il cui primo volo risale al giugno 1938 e dopo aver servito « in divisa » durante la guerra ha iniziato in vesti civili nel '46. Propulso da 4 Pratt & Whitney R-2000 da 1.450 HP, può trasrportare fino a 9.500 Kg. su tratte di 1.800 Km. Il « nostro » C-54. dopo la «clearance» della torre di Rhein-Main. decolla e raggiunge i 300 metri di quota passando in successione sui radiofari di Darmstadt e Aschaffenburg e continua a salire fino al livello assegnatogli. Punta poi sulla stazione di Fulda, al confine dell'area U.S.A .. che è l'ultimo « punto » verso Berlino; durante questa fase il pilota controlla accuratamente il proprio orario e quello dell'aereo immediatamente davanti onde potersi regolare di conseguenza. Su Fulda riporta posizione e orario ed inizia l'ultimo tratto di 240 Km.verso Tempelhof, il quale deve essere percorso nello stretto corridoio all’esatta velocità di 270 Km/h. Quaranta minuti esatti dopo aver lasciato Fulda il pilota chiama Tempelhof da cui viene ragguagliato sui dati neccessari all’avvicinamento e punta poi sul beacon di Wedding (già in Berlino). Dopo aver ridotto a 225 Km/h vira a destra e scende in finale. Col bel tempo l'avvicinamento avviene naturalmente a vista. Mentre in caso di maltempo l'aereo viene preso sotto controllo dal GCA e guidato via radio. Dopo aver raggiunto la piazzola di sosta l'aereo e immediatamente circondato dai mezzi di rampa e dagli autocarri destinati a raccogliere le 9.5 tonnellate di rifornimenti che reca a bordo. Nel frattempo l'equipaggio si rifocilla presso uno dei caratteristici bar mobili in sosta presso gli aerei in in quanto, per evitare spreco di tempo, è proibito lasciare i piazzali. (Questi snack-bar semoventi diventarono una simpatica caratteristica di tutti gli aeroporti del ponte: conosciuti come « Malcom Clubs » dagli inglesi consentivano un reale e necessario momento di « relax » agli equipaggi stressati dal volo. Le operazioni di carico (gli Skymasler portavano per lo più carbone che veniva scaricato tramite scivoli fino ai camion sottostanti) duravano sui 15 minuti, dopodichè mentre il carico era avviato ai depositi in vista della successiva distribuzione si caricava eventuale merce o manufatti di ritorno oppure semplicemente i sacchi vuoti per accogliere nuovo carbone e allo scadere dei 30 minuti concessi, si ripartiva. Se il tempo era superiore l'aereo poteva essere bloccato e magari perdere un viaggio onde non interferire col traffico già programmato. I C-54 dell’U.S.A.F . costituirono la spina dorsale del ponte aereo: già 150 all'inizio di settembre, divennero alla fine ben 319 su un totale di 400 allora in servizio nel MATS. Una settantina erano normalmente in manutenzione e 19 erano impegnati da una Squadron speciale di addestramento situato a Great Falls, nel Montana, nell'ottobre del "48. Tutti gli altri volavano gionno e notte. Vi furono enormi problemi operativi causa l'affaticamento strutturale generato dal continuo operare al peso massimo: solo la manutenzione ordinaria poteva essere fatta a Berlino. Le ispezioni delle 50 ore avvenivano nelle oasi alleate. Per le 200 ore fu scelta Erding, la base britannica di Burtonwood ed il deposito aereo di Oberpfaffenhofen - località bavarese il cui nome impronunciabile fu subito abbreviato dagli americani in Obie - mentre per le grandi ispezioni delle 1.000 ore i velivoli ritornavano negli U.S.A. presso officine specializzate.
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....finalmente, i bimbi sono a nanna
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La figura 1 illustra il funzionamento del variatore del passo dell'elica di un mono-motore. Un pistone idraulico situato nel mozzo dell'elica è collegato a ognuna delle pale attraverso uno stelo, collegato a sua volta a due forcelle che scorrono quindi avanti e indietro con il movimento del pistone. Nelle forcelle si innestano le spine che sporgono dalla radice delle pale (una per pala), cosicchè esse assumono calettamenti diversi per ogni posizione del pistone. Quando è necessario un calettamento maggiore, olio ad alta pressione viene inviato al cilindro attraverso il foro ricavato lunge l'asse dell'albero motore e delle stelo del pistone. Come s'e detto, provvede a ciò il regolatore che apre opportunamente la valvola di passaggio. La pressione dell'olio sposta il pistone verso la parte posteriore del cilindro, facendo così muovere all'indietro anche lo stelo e le forcelle, le quali a loro volta spingono indietro le spine delle pale, con conseguente rotazione delle pale stesse verso un angolo di calettamento maggiore. Quando invece necessita un calettamento minore, il regolatore apre una seconda valvola che permette all'olio del cilindro di defluire attraverso un apposito condotto che lo riporta al motore. La diminuita pressione nel cilindro fa ritornare il sistema pistone-forcelle-stelo verso l'avanti, sotto l'azione della forza aerodinamica che spinge le pale verso il passe minimo. Il regolatore gradua dunque la pressione dell'olio mandato al variatore del passo dell'elica in modo da mantenere l'equilibrio tra la forza aerodinamica, che tende a portare l'elica al passo minima, e la forza oleodinamica, che tende a portarla al passo massimo, per mantenere il valore di giri al quale il pilota l'ha tarato. I meccanismi di variazione del passo delle eliche dei bimotori sono fatti in modo un po' diverso, in quanto le eliche devono poter essere messe "in bandiera", cioè le loro pale devono poter essere portate a un angolo di calettamento massimo di 90° perchè offrano la minor resistenza al moto, in caso il motore debba essere fermato durante il volo. E’ evidente che con il motore fermo non si può avere olio in pressione per mandare l'elica al passo massimo e quindi, se si usasse lo stesso sistema di variazione usato per i mono-motori, con il motore piantato l'elica si porterebbe al passo minimo e continuerebbe a girare "a mulinello" trascinata dal vento relativo, generando una notevole resistenza. Allora vengono applicati alla radice delle pale delle eliche dei plurimotori dei contrappesi che, ruotando con le pale, generano su di esse una forza sufficiente a vincere la forza aerodinamica e a portarle al passo massimo. La forza oleodinamica all'interno del cilindro del variatore viene poi fatta agire in senso opposto a quanto visto in figura 1, cosicchè la pressione dell'olio agisce in modo da portare le pale al passo minimo. Pertanto, se il motore si ferma, cessa completamente l'azione della forza oleodinamica, la forza centrifuga generata dai contrappesi porta le pale al passo massimo di 90° e anche l'elica si ferma. Le eliche dei turboelica sono dotate di sistemi di variazione del passo più sofisticati di quelli visti fin qui, sia per la presenza del riduttore di giri, sia per le maggiori potenze che sono chiamate a trasformare, anche se il principio di funzionamento rimane lo stesso. Queste eliche possono essere portate ad angoli di calettamento maggiori di 90°, cosi da generare una trazione negativa che si oppone al moto. Quando l'angolo di calettamento supera i 90°, si dice che l'elica è "in reverse" e in questa condizione viene utilizzata per frenare l'aereo dopo l'atterraggio, o in caso di decollo abortito, e qualche volta anche in volo, se ciò è previsto dal manuale d'impiego. Quando è ai comandi di un aereo equipaggiato con elica a passe fisso, il pilota riceve le informazioni relative alla potenza erogata dal motore principalmente dal contagiri. E’ ovvio, però, che quando al motore è accoppiata un'elica a giri costanti, il contagiri non può più essere usato da solo come indicatore dela potenza, in quanto le variazioni di manetta (entro certi limiti) non danno luogo a variazioni di giri. Gli aerei equipaggiati con elica a giri costanti devono quindi essere muniti di un secondo strumento che indichi al pilota i vari regimi di potenza ai quali il motore sta funzionando.
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L’Organizzazione Il 29 luglio divenne operativa l'Airlift Task Force ai comandi del gen. Magg Willian Tunner - veterano della guerra di Cina ed allora comandante del MATS - che divenne poi la l' Airlift Task Force e fu affiancata da metà ottobre dalla Combined Airlift Task Force, incaricata di dirigere gli sforzi, già coordinati ma fino allora indipendenti, di americani e britannici. Questi si servivano di due organizzazioni, la FASO (Forward Air Supply Organisation) e la RASO (Rear Air Supply Organisation): la prima si occupava, com'è logico, di coordinare il trasporto VERSO Berlino, mentre alla seconda spettava il trasporto delle merci e dei manufatti che USCIVANO dalla città, la quale anche durante il blocco non smise mai del tutto le attività produttive, seppur a ritmo ridotto. Il Quartier Generale del ponte era nello Schloss di Buckeburg, un imponente edificio in stile barocco una volta residenza dei principi di Schaumburg- Lippe, circondato da parchi e laghetti che la guerra aveva miracolosamente risparmiato. La R.A.F. aveva pianificato il proprio intervento in due fasi: la prima dal 30 giugno, giorno della mobilitazione di tutti i reparti, fino al 3 luglio in cui si prevedeva il trasporto di 400 tonnellate al giorno; la seconda dal 7 luglio quando, con l'arrivo degli York, la capacità sarebbe salita a 750 tonnellate. Gli aerei si servivano degli aeroporti di Lubecca e Wunstorf sgombrati da tutti gli altri reparti, dove erano confluiti i Dakota degli Squadrons 30, 46, 56, 77, 238 e del 420° OCU. Gli York, giunti a Wunstorf furono spostati a Fassberg il 2 luglio e di qui iniziarono la spola con carbone, elemento primario da cui Berlino dipendeva dal lato energetico. Nel frattempo i C-47 americani facevano lo stesso da Wiesbaden. Tutti i voli U.S.A.F. partivano da Rhein-Main e Wiesbaden ma, quando il traffico sia in aria che al suolo divenne colà eccessivo trasferì una parte dei velivoli a Fassberg, in agosto e poi anche a Celle nel dicembre 1948. Da qui le rotte erano anche più brevi, in quanto queste basi erano prossime all'imbocco dei corridoi e vicino ai punti di arrivo dei rifornimenti. Se infatti il ponte aereo costituisce l'aspetto più appariscente, non si deve dimenticare che esso non fu che la punta emergente dell'enorme « iceberg » sottostante, fallo di organizzazioni, governi, migliaia di uomini e mezzi, tutti tesi all'unico scopo di mantenere Berlino in vita. Le navi facevano capo ad Amburgo con il carburante necessario all'operazione: merci e passeggeri giungevano a Francoforte tramite un altro ponte aereo Europa- U SA, cui prendevano parte Douglas C-74 Globemaster, C-97 Stratocruiser, C-121 Constellation più vari aerei civili. All'interno dei rispettivi settori berlinesi, gli inglesi usarono inizialmente l'aeroporto Gatow. ad una ventina di chilometri ad ovest del centro. Concepito come aeroclub fu poi trasformato in centro di addestramento per i cadetti della Luftwaffe da Goering, e poi in base per caccia notturni. Tempelhof invece - nella zona U.S.A. -era un enorme aeroporto progettato per ospitare la base d'armamento della Deutsche Lufthansa e la sezione civile del Ministero dell'Aria germanico, tant'è che possedeva circa 5.000 uffici. Ancora in costruzione allo scoppio della guerra, presentava una stupenda aerostazione semicircolare cui potevano accostarsi ben 26 aerei contemporaneamente: le operazioni a terra erano fatte al riparo dalla pioggia grazie ad un grande terrazzo proteso verso il piazzale fin sopra gli aerei parcheggiati. Oltre ai mezzi del ponte era allora usato anche dalle linee regolari dell'American Overseas Airlines (poi TWA). Nonostante le dimensioni Tempelhof diventò presto congestionato per cui si pose impellente la costruzione di un nuovo scalo, per il quale fu scelta la zona di Tegel, nel settore francese. Grazie alla collaborazione della popolazione berlinese, al lavoro giorno e notte, in breve tempo il nuovo aeroporto nacque dalle rovine pronto per essere ufficialmente aperto il 7 dicembre del '48. Tutti gli aeroporti berlinesi presentavano continuamente gravi problemi di manutenzione causa il traffico di aerei a pieno carico, ma se a terra avevano i loro problemi in aria non si era da meno, ed i centri di controllo del traffico dovevano svolgere incombenze enormi. Causa la ristrettezza dei corridoi e il numero enorme di aerei, i voli verso Berlino dovevano essere condotti sotto stretta sorveglianza e dopo accurati briefing e piani di volo. Le aerovie erano controllate da Francoforte per la zona U.S.A. e da Bad Eilsen per quella britannica, mentre a Berlino era l'Air Safety Control Center in cui anche i russi erano rappresentati. In seguito fu stabilito un ulteriore Joint Traffic Control Center a Tempelhof. Dapprima furono fissati sei livelli di volo, ogni 300 metri di quota da 1.500 fino a 3.000 metri, e la separazione fra gli aerei era stabilita in base alla capacità ricettiva del terminale. In seguito sulla base dell'esperienza i livelli furono ridotti a due e l'intervallo fra due aerei volanti alla stessa quota fu stabilito in 6 minuti il che significava 3 minuti di intervallo ai decolli. Gli aerei da Wiesbaden e Francoforte dovevano incanalarsi nello stesso corridoio verso Tempelhof, per cui fu necessario alternare le partenze dai due scali in modo da incanalare successive ondate . Vi erano 4 ore a testa per i decolli, ma questo comportava - come si constatò poi - l'allineamento presso le testate pista di decine di aerei coi motori in moto, con penalizzazione nelle possibilità di utilizzo e inutile consumo di carburante. Si decise allora di alternare gli aeroporti ogni ora, il che si rivelò decisamente meglio. I piloti dovendo seguire per filo e per segno rotta e tempi assegnati, potevano contare su tutte le radioassistenze possibili all'epoca, comprese le vecchie stazioni GEE usate dal Bomber Command per i raids sulla Germania nazista: stazioni radar furono installate in modo da coprire tutta l'area interessata. Radiofari nei punti nevralgici e sui punti di virata lungo le rotte, infine GCA (Ground Control Approach) per gli atterraggi strumentali guidati dal suolo, che a Berlino assursero la definitiva consacrazione in quanto di insostituibile utilità.
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Il ponte Inizia Non del tutto impreparati, gli alleati cominciarono lo stesso 18 giugno a far affluire all'aeroporto Gatow i primi carichi di rifornimenti. Trasporti Dakota della R.A.F. di stanza a Wunstorf che, assieme ai C-47 U.S.A.F. basati a Francoforte (Rhein-Main) e Wiesbaden, iniziarono a portare oltre 60 tonnellate giornaliere. Il 25 giugno i primi due B-17 americani, adattati al ruolo cargo, giunsero all'aeroporto Tempelhof nella zona U.S.A , quale avvisaglia della massiccia « invasione» che sarebbe scattata all'alba del giorno dopo. Era domenica, ed il generale Curtiss LeMay, comandante dell'aviazione americana in Europa (U.S.A.F.E.) diede ordine alla prima ondata di 97 bimotori C-47 di decollare da Wiesbaden alla volta di Berlino con 80 tonnellate di viveri: l'operazione Vittles (per gli americani) o Plainflare (per gli inglesi) era iniziata. I C-47, pur ineguagliabili in quanto a robustezza e affidabilità, erano pochi e con scarso carico utile (3,5 ton.) rispetto alle 3.000 tonnellate giornaliere richieste dal settore americano (più le 1.500 di quello inglese) col persistere del blocco. Il gen. LeMay richiese quindi in giornata l'invio di altri e più veloci aerei - i quadrimotori C-54 SkyMaster in grado di caricare 8 tonnellate - e altri uomini che l'U.S.A.F. richiamò da tutti i continenti. Fu costituita una « task force» ai comandi del gen. di brigata Joseph Smith per le operazioni al suolo ed entro il 20 luglio furono in azione 105 C-47 e 55 C-54 con una capacita di 1.500 ton. giornaliere. L'apporto britannico - con Avro York e Dakota - era di 750 ton. ma il tutto era ancora lontano dal « tetto » minimo indispensabile. Il 23 il gen. Vandenberg ordinò allora l'invio dell'8° Squadron di C-54, 72 aerei più altri 2.500 uomini con cui costituire l'ossatura di supporto dell'intero ponte. Inviati oltre l'Atlantico al ritmo di due alla settimana i nuovi reparti iniziarono verso la fine del mese ad operare ed il 31 luglio furono per la prima volta superate le 2.000 tonnellate giornaliere.
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E qui comincia l' enigma della morte di Nowotny: Clostermann ha scritto che l' aereo del pilota tedesco era stato preso di coda, in fase finale di atterraggio, da un «Tempest V» della sua squadriglia che sfidando il fuoco della Flak era riuscito a cogliere l' asso tedesco nell'unico momento critico in cui era impossibilitato a difendersi. Sotto le raffiche ravvicinate del «Tempest», il «Me.262» si sarebbe incendiato ed il pilota, gravemente ustionato, sarebbe morto nell'ospedale di Osnabruck due giorni dopo, e cioè il 17 marzo 1945. Stranamente questa versione dei fatti che è discordante anche sulla data del decesso è stata in seguito ripresa anche da autorevoli riviste specializzate. Grazie alla testimonianza del generale Galland e a quelle dei compagni di squadriglia, oggi sappiamo che l'aviatore ustionato non poteva essere Nowotny perchè questi era caduto circa 4 mesi prima in circostanze del tutto diverse. A meno che non si vogliano mettere in dubbio le dichiarazioni di tutti questi testimoni e non si pensi che i tedeschi abbiano di proposito falsato i fatti per uno scopo che a noi sfugge, non dovrebbero sussistere dubbi sul modo come questo grande pilota ha trovato la morte: nel lanciarsi dal suo «Me.262» in avaria, il paracadute si impigliò nei piani di coda precludendogli ogni possibilità di salvezza. Quello che invece è a tutt'oggi ancora ignoto e se le turbine dell' aviogetto tedesco si fermarono da sole, per uno dei tanti guasti di cui si lamentavano così spesso i piloti di questi velivoli ancora sperimentali, o se invece furono danneggiate dal fuoco difensivo dei mitraglieri del «Liberator» fatto precipitare dall'asso germanico pochi secondi prima nel corso del suo penultimo attacco. Malgrado siano trascorsi quasi sessanta anni dagli avvenimenti narrati, non è stato possibile avere la certezza sullo svolgimento dei fatti. Ancor oggi una qualificata pubblicazione ufficiale tedesca, dedicata ai cacciatori tedeschi decorati con la croce di cavaliere, fissa come data del decesso del maggiore Walter Nowotny l'8 novembre 1944, ma aggiunge subito: «Cadde durante un attacco contro bombardieri, cadde vicino all' aeroporto di Achmer e rimase ucciso. Le esatte circostanze sono rimaste sconosciute». Chi seguendo gli itinerari che noi abbiamo battuto per ricostruire i suoi ultimi giorni, si avventurasse nella solitudine di un sentiero di campagna ad Epe-Malgarten nelle vicinanze del vecchio campo di Achmer, troverebbe un cippo marmoreo che segna il luogo dove l'aviatore tedesco precipitò. Sulla lapide scolpita dallo scalpellino Hans Haiden si legge testualmente: «Qui cadde l'8 novembre 1944, dopo 258 vittorie per la Patria il maggiore Walter Nowotny, insignito della croce di Ferro con Fronde di quercia, spade e brillanti. Nato il 7 dicembre a Gmund, Niederdonau». I funerali del maggiore Walter Nowotny si svolsero a Vienna in forma solenne e la salma fu esposta all'omaggio della popolazione nell'Hofburg. Le autorità della città vollero che egli Fosse sepolto nel cimitero d'onore accanto a scienziati, poeti, musicisti, celebri uomini di stato. Più tardi, quando l' Armata Rossa occupò Vienna, i soldati russi distrussero queste tombe illustri e in quel luogo sacro ai viennesi fecero pascolare le mucche. Diversi anni più tardi quando i sovietici lasciarono Vienna la tomba di Walter Nowotny venne ritrovata intatta e i viennesi continuarono per molto tempo a coprirla di fiori. Giorgio Evangelisti 36 storie scritte nel cielo
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Alla fine della 2a Guerra Mondiale, con tutta la popolazione mondiale intenta a ricostruire e a dimenticare gli orrori appena vissuti, nel cuore della Germania occupata, a Berlino, un nuovo focolaio di tensione cominciava a covare sotto le ceneri di una convivenza che si andava facendo sempre più difficile. Dopo due anni dal « cessate il fuoco» la ex capitale del Reich era stata spartita fra gli occupanti in quattro settori dei quali uno - destinato a divenire poi la Berlino Est - in mano ai sovietici e gli altri tre alle truppe inglesi, americane e francesi. Il tutto come un'isola nella Germania orientale sotto il controllo russo, con una sola via autostradale, una ferrovia e canali navigabili per raggiungere la città e far giungere agli oltre due milioni di berlinesi e alle truppe alleate le 13.500 tonnellate giornaliere di rifornimenti necessari. In base ai trattati stipulati, vi erano tre corridoi aerei larghi 20 miglia - in cui all'inizio non si poteva volare a più di 3.000 metri - riservati agli alleati i quali si diramavano da Berlino, due verso il settore inglese a est e nord-est ed uno verso la zona U.S.A. a sud-est. Questi si sarebbero poi rivelati provvidenziali « cordoni ombelicali» attraverso cui la città bloccata avrebbe tratto tutto il nutrimento necessario alla sopravvivenza. Quale fosse però la pericolosità di questi corridoi, causa la loro strettezza, è facile immaginarlo ed in effetti il 5 aprile 1948 un Viking della BEA entrò in collisione con uno Yak-9 sovietico in perlustrazione nel cielo circostante, con la morte di tutti gli occupanti. Nell'ambito del crescente impegno, sia dei sovietici che degli americani, per consolidare il rispettivo potere ed influenza in Europa (gli statunitensi avevano da poco varato i piani di assistenza Marshall, etc ... che riscossero vivo successo) il possesso di Berlino giocò un ruolo primario. Il « calcolo» sovietico puntava a costringere gli alleati - leggi gli americani - ad abbandonare la città, perdendo così enormemente in prestigio e credibilità. Iniziò così una graduale escalation nei controlli e nelle perquisizioni a treni ed automezzi, compromettendo gravemente la regolarità delle comunicazioni finchè,- dopo aver tentato invano nel marzo '48 di abolire i diritti di traffico aereo - alla mezzanotte del 18 giugno 1948 fu posto il veto all'ingresso nella città per via terrestre e fluviale. Il 22 giugno Berlino era virtualmente isolata dal resto del mondo. A quel punto gli alleati avevano due scelte: abbandonare la città in mano ai russi oppure rimanervi mantenendola in vita con l'unica via ancora aperta, il cielo. Un'impresa mastodontica, quasi impensabile, con gravissime difficoltà e col rischio di andare incontro a clamorosi fallimenti con ripercussioni disastrose dal lato politico. Eppure la posta in gioco era troppo alta e ciò che i russi non si sarebbero mai aspettati accadde: in un lampo fu messa in piedi la più colossale organizzazione di trasporto aereo mai vista ed iniziò quello che, dopo essere passato attraverso la storia,è entrato nella leggenda come il ponte aereo su Berlino.
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Walter Nowotny è stato ucciso! Il nostro avversario dei cieli di Normandia e di Germania è morto l'altro ieri. La Luftwaffe di cui era l'eroe non sopravviverà alla sua morte, che è come il punto fermo di questa guerra aerea. Stasera il suo nome ricorre spesso nelle conversazioni alla mensa. Ne parliamo senza rancore e senza odio. Ciascuno evoca i ricordi, che gli si riferiscono con rispetto, quasi con affetto. E’ la prima volta che assisto ad una conversazione su questo tono alla R.A.F. ed è anche la prima volta che sento esprimere apertamente questa strana solidarierà fra i piloti da caccia, al di sopra di tutte le tragedie e di tutti i pregiudizi. Questa guerra avrà visto spaventevoli eccidi d'esseri umani, città crollate sotto le bombe, i massacri di Oradour, le rovine di Amburgo. Noi stessi abbiamo sentito qualche volta un senso di nausea nel vedere le nostre granate esplodere nelle vie di un placido villaggio, falciando, intorno al carro armato che attaccavamo, donne e bambini. Al confronto i combattimenti con Nowotny e i suoi «Messerschmitt» erano roba pulita, molto superiori ai combattimenti delle unità di terra, nel fango e nel sangue, tra il frastuono degli autoveicoli cingoli arrancanti e puzzolenti. Combattimenti del cielo: graziosi arabeschi d'una danza di coleotteri argentei, trina diafana delle scie di condensazione. «Focke Wulf» scivolanti come giocattoli, nell'infinito. Certo, anche per noi vi sono combattimenti meno nobili: quei mitragliamenti di treni nell' alba grigia dei mattini d'inverno, in cui si cerca di restare sordi alle urla di terrore di non vedere le nostre granate fracassare il legno, mandare in frantumi i vetri, non vedete i macchinisti che si contorcono fra getti di vapore bollente e tutta quella umanità atterrita presa in trappola nei vagoni. Lavoro inumano, immorale, che dobbiamo eseguire perchè siamo soldati e perchè la guerra è Così. Oggi è una rivincita per noi salutare un nemico valoroso appena morto, proclamare che Nowotny ci appartiene, ch'egli fa parte del nostro mondo, nel quale non ammettiamo ne ideologie, ne odi, ne frontiere. Questo cameratismo non ha nulla a che vedere col patriottismo, con la democrazia, col nazismo o con l'umanita. Tutti questi ragazzi, stasera, lo comprendono per istinto. E se qualcuno alza le spalle, vuol dire che non è veramente pilota da caccia. La conversazione è caduta, i bicchieri di birra sono vuoti, la radio tace perchè mezzanotte è passata. Bruce Cole, che non è ne poeta ne filosofo, lascia cadere queste parole: « Il primo che ha osato dipingere una coccarda sull'ala d'un velivolo era•un porco!» Più volte in Normandia, con il 602, ci aveva dato del filo da torcere. Egli aveva mitragliato la nostra pista il mattino del ventun giugno, aveva abbattuto sopra a Bazenville tre Dakota che trasportavano benzina e qualche giorno dopo aveva attaccato su Arromanches una formazione mista di Thunderbolt americani e Spitfire norvegesi, che aveva perduto tre P.47 e due Spitfire, mentre un 109 si fracassava a cento metri dalla nostra mensa. A quell'epoca Nowotny era già il grande asso della Luftwaffe e comandava i tre gruppi da caccia di Dreux. Le sue sortite si identificavano facilmente perchè guidava sempre i suoi Messerschmitt pilotando di persona un Focke Wulf 190. Bruce Cole, Clark, Brooker ed io ci attardiamo a guardare, in una rivista d'aviazione Der Adler, che abbiamo trovata a Gorch, un articolo illustrato su Nowotny. Ecco il suo ritratto, preso il giorno stesso in cui gli era stata conferita la croce di ferro con spade, diamanti e foglie di quercia, la più alta onorificenza militare tedesca. Un viso di fanciullo sciupato, un po' triste, bocca e mento che rivelano la volontà. « Bene», dice improvvisamente Brooker. « E’ ora d'andarcene a letto ... Però, che peccato che un tipo simile non abbia indossato la nostra uniforme! Sarebbe stato un buon compagno.» Pierre Clostermann La grande Giostra
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Si giunse così al 7 novembre 1944: quel giorno il generale Galland, accompagnato dal colonnello generale Keller, comandance del NSFK (corpo aviatori nazionalsocialisti), inviato personale del maresciallo Goering, visitò fugacemente la squadriglia annunciando che sarebbe tornato nel pomeriggio seguente per parlare più a lungo dei problemi connessi alla difesa del Reich. Puntualissimi, i due generali si presentarono l'indomani alla base di Achmer accolti con la dovuta deferenza dal maggiore Nowotny che, nella sua veste di comandante, fece gli onori di casa. Nell'ufficio del comando, Galland confidò a Nowotny che Goering era convinto e lo aveva affermato in pubblico giustificando se stesso e le sconfitte dell'arma aerea tedesca, che gli assi dei primi anni di guerra erano diventati dei vigliacchi e non avevano più il coraggio necessario per affrontare il nemico. A queste affermazioni Nowotny protestò energicamente criticando aspramente e senza timori la direzione della Luftwaffe. Chiese quindi ancora una volta il permesso di volare per dimostrare che le affermazioni di Goering sulla viltà dei vecchi piloti erano false. Ma Galland gli rinnovò la proibizione dicendogli che era destinato ad alti incarichi direttivi a terra. Fu un Nowotny mortificato ed insolitamente serio quello che discusse con i due generali le tattiche migliori di impiego dei velivoli a reazione. Il colloquio ebbe però breve durata perchè fu interrotto da un allarme aereo. La radio annunciò l'avvicinarsi di formazioni di bombardieri nemici e Nowotny dette ordine al suo reparto di decollare e di portarsi in quota. Poi con i due ospiti si recò nella sala operazioni per seguire l' azione dei suoi piloti Dagli altoparlanti giungevano le voci dei cacciatoti in volo di avvicinamento agli aeroplani nemici. Dopo un primo Fortunato passaggio durante il quale diversi velivoli alleati furono colpiti, i «Me 262», effettuata una larghissima virata, tornavano all'attacco. Il secondo contatto non fu altrettanto Fortunato: il sottotenente Schall, che guidava la squadriglia, fu abbattuto presso Bramche, un secondo aviogetto fu costretto a tentare un atterraggio di fortuna per noie alle turbine, un terzo ebbe la sfortuna di essere preso nel fuoco incrociato di due «Mustang» e di un «B.24» e precipitò schiantandosi al suolo nelle vicinanze del campo. Al posto di comando a terra Nowotny non poteva stare fermo, nervosissimo si spostava da un operatore all'altro mentre stava certamente pensando che i suoi più vecchi camerati si facevano uccidere lassù nel cielo ed egli era costretto a starsene al sicuro, ma più di tutto forse gli bruciavano le parole di Goering, la qualifica di vile sapeva bene di non essersela mai meritata. Improvvisamente si fermò come se avesse preso una decisione, poi corse fuori dalla sala operazioni, saltò sulla sua macchina e gridò verso Galland: «Signor generale, mi dispiace di non poter obbedire al suo ordine, ma ora volerò e le dimostrerò che non sono un vile e che, per quanto difficile, è ancora possibile ottenere dei successi». Poi l' automobile scattò in avanti e a nulla valsero i richiami del generale Galland per fermarlo. Attraverso il campo, giunse alla piazzola dove era decentrato il suo velivolo che recava il distintivo della sua vecchia 54a, un cuore verde in campo bianco, fece mettere in moto e pochi minuti dopo saettava nel cielo verso la seconda ondata delle formazioni alleate che stavano sorvolando il campo. L' asso tedesco si portò in quota sopra ai bombardieri, poi picchiò decisamente verso un B-24 «Liberator», sparando con i cannoncini da 30 millimetri. Da terra videro il quadrimotore perdere un' ala e precipitare in fiamme nei campi vicino alla base. Ma Nowotny era gia al secondo attacco, si portò in coda ad un «Mustang» di scorta e quando stava per aprire il Fuoco fu visto diminuire velocità e perdere quota mentre per radio si udì la sua voce: «Le turbine non funzionano più!». Il «Me 262» cominciò a precipitare sempre più velocemente, il pilota sganciò il tettuccio, che carambolò luccicando nell'azzurro, poi dalla cabina si vide sbocciare un paracadute che apertosi troppo presto, si impiglio nei piani di coda trascinando nell' abisso il giovane ufficiale. I rottami dell' aviogetto furono ritrovati nei pressi di Epe-Malgarten ai margini di una radura; accanto ad essi giaceva il corpo esanime di Walter Nowotny. Il suo aiutante Schnorrer, il suo autista Gedecke e il pastore Schwegmann composero quel corpo martoriato ponendogli sul petto il cappello da ufficiale che egli soleva portare molto inclinato, dopo averlo schiacciato nel mezzo, fuori ordinanza come per sfida. Giorgio Evangelisti 36 storie scritte nel cielo
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Nowotny non aveva ancora un'idea precisa dell'aereo che la sua nuova unità avrebbe dovuto sperimentare, ma quando a Rechlin fu davanti al suo Messerchmitt «Me.262» e soprattutto quando fu in grado di portarlo personalmente in volo, il suo entusiasmo non conobbe limiti. Da cacciatore si rese conto delle eccezionali possibilità del modernissimo aviogetto e comprese che, impiegandolo in gran numero di esemplari, la guerra nel cielo avrebbe subito una svolta decisiva a favore del suo Paese. La velocità del «Me.262» richiedeva, però piste in cemento di una lunghezza di almeno due chilometri e l'atterraggio ed il decollo, anche a causa del non sempre regolare funzionamento delle turbine, rappresentavano troppo spesso un'incognita. Il suo impiego in combattimento aveva rivoluzionato le tattiche degli scontri aerei. I piloti dei «Me.262» non si perdevano in singoli duelli con i caccia nemici, per essi non era più necessario effettuare delle figure acrobatiche per sfuggire o per sorprendere l'avversario, ma si portavano invece altissimi nel cielo piombando poi giù, a grande velocità, sulle formazioni nemiche in un passaggio fulmineo, con tutte le armi in funzione, che rendeva vano qualsiasi difesa. Sparivano quindi verso terra per risalire e ripetere la manovra, molto spesso anche in cabrata, grazie alla grande spinta impressa dai due motori a reazione Junkers Jumo. Nowotny chiese ed ottenne di poter scegliere gli uomini che avrebbero costituito il nuovo reparto, riuscì così a mettere insieme un'unità combattente di prim'ordine formata da ottimi piloti, molti dei quali avevano già servito ai suoi ordini sul fronte russo. Si trattava di aviatori che avevano già abbattuto parecchi velivoli nemici a testa e che si preparavano con entusiasmo ad affrontare le formazioni aeree alleate, consci di avere a disposizione il miglior aeroplano da caccia del mondo. L'addestramento del personale, però, avveniva fra mille difficoltà, sia per la situazione materiale dei rifornimenti, che ormai arrivavano in misura troppo scarsa, sia per le deficienze stesse del velivolo in dotazione che non era stato possibile mettere a punto con la dovuta calma. Le due turbine rappresentavano nello stesso tempo la forza e il tallone d'Achille del «Me.262»; spesso per difetto di costruzione, per surriscaldamento o per altre difficoltà derivami dall' alimentazione del carburante si inceppavano, e l'aereo, che non era fatto per planare e atterrare senza motore, precipitava come un sasso. In questo caso erano pochissimi i piloti che riuscivano a salvarsi lanciandosi col paracadute. Già nella fase d'addestramento, Nowotny perse alcuni dei suoi più cari e più preziosi collaboratori. Il giovane comandante pose tutta la sua energia nel tentativo di prevenire gli incidenti eliminando gli inconvenienti che il nuovissimo aviogetto, che come si è detto, non aveva potuto esser messo a punto con la consueta precisione teutonica e per il tempo necessario, fatalmente portava con se. Nonostante i difetti del «Me.262» e le lacune dell' ormai provatissima organizzazione della Luftwaffe, l'apparizione nel cielo degli uomini del reparto sperimentale comandato da Nowotny gettò lo sgomento nei comandi alleati e il terrore nelle sempre più numerose formazioni che bombardavano quotidianamente la Germania. I pochi aviogetti usati in combattimento colsero importanti successi saettando fra i quadrimotori alleati senza che i mitraglieri riuscissero ad inquadrarli ed eludendo con facilità l'intervento dei più lenti caccia di scorta. La squadriglia registrò tuttavia alcune perdite nel corso degli scontri a cui prese parte, ma esse erano addirittura irrisorie se confrontate al gran numero di aerei nemici abbattuti. Nowotny stesso, benchè gli fosse nuovamente stato proibito di volare in azioni di guerra e quindi di guidare i suoi uomini in combattimento, durante un'incursione contravvenne all'ordine e, salito a bordo di un «Me.262», decollò, fece quota portandosi in coda ad un bombardiere Boeing «B. 17» ritardatario e con un solo colpo di cannoncino lo abbattè in fiamme. Dopo questo facile successo fece pressioni sul comando della Luftwaffe per tornare a volare, ma il permesso, come era da aspettarsi, gli fu negato. Goering stesso, per quanto già in disgrazia, non osò concedere la necessaria autorizzazione per timore di incorrere una volta di più nelle ire di Hitler. La guerra per la Germania era comunque irrimediabilmente perduta, e l'intervento di piloti come Nowotny, anche se a bordo dei nuovi caccia a reazione, non sarebbe valso certamente a mutarne le sorti; ormai era troppo tardi, si poteva soltanto vendere cara la pelle.
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Superati i postumi di questa brutta avventura, Nowotny rientrò al reparto e riprese a volare conseguendo nuove vittorie. Ormai stava diventando un cacciatore famoso e le sue imprese venivano riportate dai giornali e dai bollettini di guerra. Nel cielo di Leningrado, il 2 agosto 1942 Nowotny abbattè sette aerei russi in un solo giorno portando il totale delle sue vittorie oltre le cinquanta, ottenendo così la croce di cavaliere. In un'azione successiva, con una pattuglia del 54° Jagdgeschwader al suo comando, affrontò 60 aeroplani russi riuscendo a distruggerne tre prima di essere costretto ad atterrare con il velivolo in fiamme per il gran numero di colpi ricevuti. Nei tre anni che seguirono egli divenne il pilota più famoso di questo reparto. Nel gennaio 1943 l'intero Jagdgeschwader 54 «Grunherz», cuore verde, iniziò a fare il passaggio dai suoi vecchi Messerschmitt Me.109 ai Foche Wulf Fw.190 con motore radiale. Con questo nuovo aeroplano da caccia, Walter Nowotny riuscì a dare il meglio di se e compì le sue più grandi imprese. Tenente, ebbe il comando di una squadriglia nel gruppo del famoso maggiore Philipp. Le sue vittorie aumentarono in maniera vertiginosa: nel solo mese di giugno 1943 caddero sotta le precise raffiche delle mitragliatrici del suo Focke-Wulf Fw. 190 ben 41 aeroplani nemici. Il 15 giugno 1943 aveva al suo attivo 100 velivoli abbattuti, due mesi dopo erano già 150 e gli fu affidato il comando dell'intero 54° Jagdgeschwader. Il 4 settembre 1943 i suoi successi salirono a 200, quindici giorni dopo raggiunsero la cifra record di 220. Oltre alle Fronde di quercia, sulla croce di cavaliere gli furono concesse le spade e ricevette la promozione a capitano. A soli 22 anni, dopo oltre 400 missioni di guerra, era diventato l' asso degli assi della caccia tedesca: nessuno, in quel momento, poteva vantare un numero così alto di aerei nemici abbattuti. Ancora primo fra tutti i piloti da caccia del mondo, il 19 ottobre 1943 egli colse la 250a vittoria: quando rientrò da questa azione la Flak, il distaccamento di artiglieria contraerea della sua base a Wilna, sparò salve di benvenuto e razzi da segnalazione per festeggiare l'avvenimento. Quella stessa sera, nel bar Ria di Wilna, mentre si festeggiavano le 250 vittorie aeree conseguite dal capitano Walter Nowotny, poco prima di mezzanotte suonò il telefono. Il barista che si affrettò a rispondere, assunse subito un'espressione tesa e preoccupata e con una certa concitazione chiamò : «Il capitano Nowotny al telefono, è il centralino del Quarrier generale del Fuhrer» Nowotny buttò via di colpo la sigaretta che stava fumando, ma mentre si avvicinava al telefono non potè far a meno di pensare che forse i suoi «Cuori verdi» del 54° Jagdgeschwader gli avevano fatto uno scherzo. Ma la voce che uscì dall'apparecchio fugò subito ogni dubbio: era senza alcuna ombra di dubbio quella di Hitler che voleva congratularsi con lui e comunicargli la concessione di una nuova prestigiosa decorazione, unitamente all'ordine di presentarsi al Quarrier generale il più presto possibile. Il giorno dopo Nowotny volò al Quartier generale dove Hitler volle premiare personalmente il giovane asso con la più alta decorazione tedesca: la croce di Ferro con Fronde di quercia, spade e brillanti. Ormai per la Luftwaffe e per il Terzo Reich, Nowotny rappresentava qualcosa di più di un pilota eccezionale, costituiva una bandiera, un esempio vivente di dedizione e di eroismo che era necessario preservare dalla morte in combattimento. Come già era stato per Galland, per Molders e per diversi altri assi della caccia, Hitler nel febbraio del 1944 emanò un ordine che proibiva a Nowotny di volare e, poiche sapeva per esperienze precedenti, fatte con altri aviatori, che ben difficilmente sarebbe stato obbedito, tolse Nowotny dal fronte destinandolo come comandante alla 101° Squadra Scuola Caccia di stanza a Pau nei Pirenei Francesi. Al giovane, di temperamento brillante, amante della compagnia, dispiacque profondamente di rinunciare al volo, di dover abbandonare il suo gruppo, i camerati con i quali da tempo condivideva le ansie ed i rischi dei combattimenti aerei, ma, sia pure a malincuore, dovette adattarsi al nuovo incarico. A toglierlo dalla monotonia della scuola caccia giunse opportuno, dopo 5 lunghi mesi, l'ordine del generale Galland di prendere il comando di un nuovo reparto sperimentale in formazione sulla base aerea di Achmer e di Hesepe, vicino a Osnabruck, il «Kommando Lechfeld» o più semplicemente il «Kommando Nowotny».
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Walter Nowotny era nato il 7 dicembre 1920 a Cmund, una ridente cittadina austriaca sul Danubio dove trascorse gli anni della sua infanzia fino al giorno in cui il padre, impiegato delle ferrovie, per motivi di lavoro si trasferì a Waidhofen. In quest' ultima località il piccolo Walter frequentò il ginnasio ed il liceo giungendo felicemente alla maturità. Non ancora diciottenne, Walter Nowotny si arruolò nella Luftwaffe come allievo ufficiale pilota. L' aspirazione del giovane era quella di diventare pilota di «Stuka», ma dopo aver conseguito brillantemente il brevetto militare il 1 ° ottobre 1939, il suo istruttore alla scuola di volo.,viste le sue doti. naturali,pensò bene di farlo assegnare alla caccia. Egli fu perciò inviato all'Erganzungs-gruppe Merseburg e successivamente alla base aerea di Breslau-Schongarten, dove in conseguenza dello stato di guerra della Germania, effettuava lunghi e noiosi voli di protezione sulla parte industriale della città. Questa attività di routine ebbe termine il 23 febbraio 1941 con il suo trasferimento al 54° Jagdgeschwader «Grunherz», cuore verde, unità da caccia comandata dal maggiore Hannes Trautloft, dove il 1° aprile gli giunse la nomina a tenente. Fu quello l'inizio di una carriera rapidissima, giustificata e caratterizzata dagli eccezionali successi che Nowotny seppe ottenere in combattimento. Il 19 luglio 1941 sul Fronte russo colse la sua prima fulminea vittoria, la vittima fu uno sfortunato «Jak 18» sovietico il cui pilota non ebbe neppure il tempo di abbozzare un tentativo di difesa e cadde in fiamme, crivellato di colpi, mentre il suo assalitore spariva nell' accecante riverbero di quel luminoso pomeriggio estivo. Tre giorni dopo si scontrò presso l'isola Gsel, nel Baltico, con tre velivoli russi e nel corso di un mortale carosello riuseì ad abbatterli tutti. Quando l'ultimo aeroplano sovietico cadde senza controllo lasciandosi dietro una lunga scia di fumo nero, Nowotny virò per rientrare alla base. Il combattimento però si era protratto troppo a lungo e ora nel serbatoio del suo velivolo non rimaneva carburante sufficiente per raggiungere un qualsiasi aeroporto tedesco. A questo punto non c'erano che due alternative: tentare un ammaraggio di fortuna o lanciarsi con il paracadute. Quando il motore cominciò a perdere colpi e l' elica rallentò il folle rincorrersi delle sue pale che sussultando finirono con l'arrestarsi, Nowotny sfruttando gli ultimi istanti di velocità del suo Focke-Wulf «Fw 190» cabrò l'aeroplano fin quasi allo stallo e quindi si lanciò nel vuoto. Per tre giorni rimase in balia delle onde a bordo del battellino pneumatico, stremato dalla stanchezza e dal freddo giacque infine svenuto sul fondo del canotto. Quando riprese i sensi si trova nel letto di un pescatore che lo aveva salvato con la sua barca e che, viste le sue condizioni, si era affrettato a portarlo a terra prestandogli le prime cure e strappandolo ad una sicura morte.
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Mamma mia………. che bestemmia! Mi piacerebbe continuare , ma siamo OT ^ 10.000.000
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Ora può cominciare a rilassarsi; riconosce località che gli sono familiari e sa che non è lontano da Kenley. Dichiarerà una vittoria sicura, una probabile e un aereo danneggiato, dopo avere sparato su quattro avversari in tutto; oggi non è stato nemmeno colpito anche se, dopo l'ultimo attacco, vi è andato molto vicino. (Lacey aveva dovuto atterrare fuori campo o lanciarsi col paracadute tante volte, negli ultimi tempi; ma quel giorno, dopo l'atterraggio, dovrà soltanto fare pochi passi.) Facendo un po' di quota ogni tanto per dare un'occhiata al paesaggio, corregge la rotta in modo da dirigersi esattamente su Kenley e il verde del grande aeroporto gli appare alla vista come un invitante benvenuto quando entra in circuito per prepararsi all'atterraggio. Ricevuta l'autorizzazione riduce il motore, abbassa i flap e, appena la velocità e sufficientemente ridotta, abbassa il carrello planando a centoventi miglia orarie; appena si trova ai margini del campo alza un po' il muso e la velocità scende a cento. Alle 12.35 il caccia, tutto sporco d'olio per colpa del volo rovescio che ha fatto, è a terra e « Pinetree tre Rosso» è a casa sano e salvo. Frena lentamente poi gira verso il decentramento; i suoi specialisti lo stanno aspettando e Lacey, col tettuccio aperto, arresta definitivamente l’ Hurricane e chiude la manetta; il motore è al minimo e allora sposta la leva di contatto dei due magneti che è sull'alto del cruscotto e il Rolls-Merlin tace di colpo. Si toglie il casco ed esce dall'abitacolo cominciando a rispondere alle domande. Deve raccontare tutta la storia: un aereo sicuramente abbattuto, uno probabile, un terzo attaccato e una raffica a un bombardiere ! Le congratulazioni piovono da tutte le parti dal personale che gli si era raccolto intorno; intanto giunge l'autobotte del rifornimento e il motorista comincia il riempimento dei serbatoi di carburante. Lacey se ne va alla baracca del decentramento dove si sono riuniti i piloti, rientrati dall'azione, per discutere sul volo effettuato. Dopo un po' di tempo l'ufficiale che conduce l'interrogatorio chiede, come per caso: « Nessuno ha niente da riferire? » Lacey è l'unico che abbia qualcosa da raccontare e non lo aveva nemmeno detto, fino a quel momento! Scrive la sua relazione sul combattimento e poi va a far colazione. Dopo mangiato torna ai velivoli ... e si ritrova in servizio di allarme! Prende una comoda poltrona e cerca di dormire un po' anche se ha il pensiero fisso al caccia nemico al quale sparava in volo rovescio. ******** Nel tardo pomeriggio il gruppo venne mandato in volo di nuovo; ancora una volta Lacey andò all'attacco, intercettando una formazione di bombardieri. I 109 di scorta si buttarono contro gli Hurricane prima ,che potessero arrivare a tiro dei « pesanti» e, in un combattimento con uno di essi, Lacey gli staccò di netto la coda con una raffica ben piazzata dal traverso. Poco dopo si scagliava contro uno dei bombardieri, uno He 111, abbattendolo: era la sua seconda vittoria del pomeriggio: nello stesso giorno aveva distrutto, successivamente, un Me 109 al mattino e forse un’ altro adesso vi aggiungeva due abbattimenti in questo secondo volo! Quattro vittorie in un giorno. ******** Lacey venne abbattuto di nuovo il 17 settembre, su Ashford, salvandosi la vita ancora una volta col paracadute. Il 27 abbattè un altro 109, il che portò il totale delle sue vittorie a diciannove (poco dopo venne decorato con 1l Medaglia della Distinzione di Volo, DFM). In ottobre abbattè altri tre 109 e fu costretto a un atterraggio di fortuna scampando la vita, anche questa volta, per un pelo. Dopo questo mese le cose si calmarono e, in riconoscimento dei suoi meriti e della sua abilità, Lacey venne promosso ufficiale, nel gennaio successivo. Quando nell'estate del 1941 ricominciarono le azioni della caccia, Lacey era sempre con il 501°, adesso col grado di sottotenente, impegnato nell'esecuzione di crociere sulla Francia. In quel periodo abbatte altri tre Me 109 prima di essere trasferito a una scuola di addestramento in qualità di istruttore: era un'abitudine della RAF quella di togliere dalla prima linea i cacciatori che avevano conseguito notevoli risultati o avevano prestato a lungo servizio di combattimento. Nel 1942 aveva appena cominciato un altro ciclo operativo con il 602° Gruppo, danneggiando tre FW 190, quando venne trasferito in un ufficio e, nel 1943, inviato in India. Fu solamente verso la fine della guerra che tornò in operazioni, al comando del 17° Gruppo della Birmania. Il 19 febbraio 1945 si scontrò con un Oscar II, un formidabile caccia giapponese, abbattendolo e raggiungendo così le ventotto vittorie confermate: quella fu la sua ultima vittima. Dopo la guerra rimase in servizio in aviazione e quando gli feci visita a Hull, era sul punto di andare in pensione dopo aver fatto tutta la sua carriera nella RAF; Quasi nessuno sa, quando si mette a parlare con lui, che si tratta del più grande vincitore della battaglia d'Inghilterra ancora in vita e questo atteggiamento calmo e tranquillo si riscontra in molti dei più grandi piloti della guerra. Parla ,con nostalgia dell’ Hurricane del quale dice: « Era un insieme di cose ,che non avevano importanza: lei mi capisce; potevano sparargli contro senza mai colpire qualcosa di vitale. Ma picchiava bene e saliva bene. Poteva stare in volo anche se era ridotto a pezzi ... » La ferma tenacia e la calma di Ginger Lacey rappresentavano l’essenza dello spirito britannico che vinse la battaglia d'Inghilterra, ma lui aveva qualcosa di più e forse non c'erano altri piloti nella RAF che fossero cosi sicuri in volo e ugualmente perfetti nelle acrobazie; queste altissime capacità permisero a Lacey di divenire anche un magnifico tiratore. Ci si può domandare quanti nemici avrebbe abbattuto se fosse rimasto più a lungo in linea, dato che alla fine del 1940 aveva già più di venti vittorie. Sfide nei Cieli Edward H. Sims
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Takumi !!!!!!! Il manuale di volo lo SCRIVONO i collaudatori
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Difatti!!! Decollati, decentemente, imposto la salita a 1000m e chiedo se posso scattare qualche spot durante questa fase. Ottenuto l’Ok, estraggo la macchina e tenendo la cloche con la sinistra inizio a scattare , timidamente qualche spot. Scatto qualche spot avanti, ma l’assetto in salita mi impedisce di inquadrare qualcosa di significativo. Un mix tra orizzonte sporco e mare! Quindi ripiego su una inquadratura laterale. Dopo qualche secondo sento Tom che mi dice di inquadrare l’ala, si impossessa dei comandi e tira un fieseler a sinistra. Mi perdo (o meglio è male inquadrata, la fase vertical up Ma prendo una fase della rotazione. Iniziamo a volteggiare, e intanto sento l’istruttore che mi dice: Si!, questo è il modo migliore per star male! Qualche altro volteggio! Si, il panorama sottostante è abbastanza monotono! Ma è la fortuna della zona acro di Ravenna. Solo campi coltivati, nessuno che si lagna del rumore! Sento Tom che mi chiede se ho stretto le cinghie Rispondo di si! Eh bam, in rovescio. …e mega craniata contro il canopy del sottoscritto! Mi affretto ad azionare il crick per un serraggio maggiore delle cinghie. Il vantaggio del nuovo sistema di cinture. Ah non è una foto capovolta!! Infatti !!! Dopo qualche minuto in rovescio, decidiamo che è arrivato il momento di iniziare a fare sul serio. Lo scopo del volo non è quello di fare foto. Però che casino fare le foto a testa in giù! Ottenuta l’autorizzazione ad usare la display line del campo, ci dirigiamo sulla verticale! E qui l’istruttore, ridacchiando , mi dice: Dai, giù ci sono i nuovi , fagli vedere chi sei! In gergo vuol dire, fai un repertorio di manovre esotiche, non le solite tradizionali da scuola! Infatti, ho una mezza intenzione di provare una nuova variante di una manovra che avevo “inventato” lo scorso anno. Il wing over con roll all’interno. Mi presento perpendicolare alla pista, a buona velocità, superata la pista, in modo che la manovra sia ben visibile da terra! (eh eh, certi trucchi li ho imparati anche io) Cabrata energica in virata e come l’ala è a coltello, via un roll seguito subito da un altro. Stop a coltello dopo due roll esatti! E chiusura della manovra! La soddisfazione di sentir sbottare all’istruttore: Grande!, due Roll! Poi il programma, continua con una serie di manovre da voltige, tipo Roll a botte in sequenza, quadrifogli per cambio asse, avalanche, fieseler, etc etc. Dopo circa 20 minuti, inizio a sentire il classico sapore amaro dell’inizio nausea e capisco che è arrivato il momento di smettere! Come al solito sono un bagno di sudore! Ci dirigiamo all’atterraggio, opto per un touch & go di allenamento che non guasta mai! A terra, mi circondano i nuovi per avere lumi sulle manovre! Lascio la parola all’istruttore, meglio che li dettagli lui! Alcune non esistono sul catalogo Aresti della Sport !!!!!!! Dopo pranzo, un arrivederci ad agosto, dove abbiamo prenotato un’intera settimana di full acro! Non vedo l’ora!!!!(difatti ho messo gli occhiali!)
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Ravenna, li 19/07/2008 Lasciati a casa tutti i problemi della vita quotidiana, ci siamo concessi un bel week end Akro. E’ la prima uscita dell’anno e abbiamo tutti di che preoccuparci. Chissa se ci ricordiamo ancora qualcosa ? Scommettiamo che al primo decollo andiamo per prati ? Gli argomenti di discussione non mancano, per fortuna !! L’autostrada è murata (che strano), e decidiamo di procedere per le stradine alternative. Arriviamo a Ravenna alle 14.00! In tempo, il primo volo è alle 15.00 (nav), 17.00 (Fox), mik (18.00) Per domenica l’ordine di partenza sarà al contrario ( 9.30 (mik) 10.30 (nav), 11.30 (fox). Dopo aver salutato l’istruttore (Tom), che non vedevo da quasi un’anno, e dopo le solite battute del caso, mi fanno notare che la famiglia è cresciuta, si è aggiunta una nuova macchina. Afferro la fotocamera e parto subiro con un Walk around Si tratta di un Cap 10b su cui è stata installata l’ala del 10C L’abitacolo, infatti,è quello del più familiare 10B. Con la variante dei flap elettrici del 10C, Blahhh preferivo la leva tipo freno a mano del 10B. Il sistema di cinghie è quello del 10C, meno male è più pratico! Il nominativo, Delta- India Xray mi sembra poco pratico! Mi si intreccia la lingua a pronunciarlo! Motore ed elica sono rimasti invariati! Come direbbe Nav, L’elica c’è , il motore pure, sembra funzionante quindi tutto Ok La livrea mi sembra piacevole. Il colore dei paracadute (rosso) si intona perfettamente con il resto dell’aerobobile…. …e con la mia fascia antisudore, che di colore rosso, mi fa somigliare a saburo sakai. Nav ha preso posto ed è pronto per iniziare l’avventura! Per oggi non sono previste foto in volo! Siamo troppo impegnati (preoccupati) a sondare il livello di ruggine che dobbiamo rimuovere. Anche perchè non so come la prenderà l’istruttore, quando si tratta di coreografie, gadgets e accessori inutili, diventa alquanto indisponente! (giustamente!!!,) Intanto familiarizziamo subito con altri allievi - piloti, che stanno terminando l’abilitazione acro. I piloti acro sono, per definizione, persone simpatiche! Tanto più che gli argomenti di discussione non mancano affatto! (generalmente basati sulle difficoltà di una macchina che sembra stata progettata per andare da tutte le parti fuorché nella direzione più semplice e cioè dritta!) A fine giornata, siamo tutti abbastanza soddisfatti! E’ andata molto meglio di quanto ognuno di noi avesse preventivato! Tranne un leggero senso di nausea, abbastanza comune quando si è fuori allenamento da lungo tempo, e che la maglietta è madida di sudore tanto che potrebbe essere strizzata, per il resto sembra che la rugine da rimuovere sia poca! A parte qualche sbavatura in alcune manovre, ce la siamo cavata decentemente, soprattutto in quella che è considerata più la più difficile, decollare dritti e atterrare senza cangurare o andare per prati. Mentre Hangariamo l’aereo, con un discorso che parte da molto lontano, inizio ad accennare la mia idea di scattare qualche spot in volo. L’idea sembra non disturbare più di tanto l’istruttore.
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tratto da Aerobatics - Neil Williams Nessun problema! A volte non mi capisco neanche Io!