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L’ Intercettore e l’intercettato Un'evenienza che per fortuna si verifica raramente, ma che ogni pilota deve mettere in conto di dover, prima o poi, fronteggiare, e l'intercettamento da parte di aeromobili militari. E’ noto che ogni nazione riserva parte del proprio spazio aereo a impieghi particolari, in genere di natura militare e che l'attività aerea civile entro tali spazi aerei viene totalmente proibita, o assoggettata all'osservanza di regole particolari. L'insieme di questi spazi aerei, chiamati appunto "spazi aerei riservati", deve essere presa in esame con particolare attenzione da tutti i piloti prima di intraprendere ogni volo, specialmente se condotto in zone poco conosciute, o sul territorio di Paesi retti da regimi poco inclini al fair play (faccia testa il caso limite del Jumbo sud-coreano abbattuto dai caccia sovietici). Oltre agli spazi aerei riservati, molti Paesi, fra i quali il nostro, hanno istituito delle "Zone di identificazione della difesa aerea", indicate con la sigla ADIZ (dalle iniziali delle parole inglesi Air defense identification zone). Tali zone vengono in genere istituite su quelle porzioni del territorio nazionale e delle acque comprese nelle FIR nazionali, la cui ubicazione geopolitica è ritenuta particolarmente delicata per la sicurezza nazionale. Gli aeromobili che intendono entrare e sorvolare tali zone devono sempre essere in grado di fornire prontamente la loro identificazione e la loro posizione, cosi da poter essere tenuti costantemente sotto controllo. Per esempio, l'obbligo di presentare un piano di volo, imposto a tutti gli aeromobili che intendono operare nella regione a est del fiume Tagliamento, che è probabilmente considerata la più "calda" entro l'ADIZ italiana, deriva dalla necessità delle autorità militari italiane di essere a conoscenza di tutti i voli programmati, cosi da ridurre al minimo le probabilità di dover effettuare intercettamenti di aerei sconosciuti. E’ evidente che a qualunque pilota può succedere di entrare inavvertitamente in uno di questi spazi aerei per errore e/o per cause di forza maggiore: si pensi all'avaria degli apparati radio di bordo, alla perdita della posizione per motivi meteorologici o per avaria delle radioassistenze di bordo, alle infinite possibili situazioni di emergenza, o alla concomitanza di tanti piccoli errori di valutazione del pilota, che sommati fra di loro lo possono portare fuori rotta di svariate decine di miglia. Il pilota che si trovasse in una di queste situazioni non si dovrebbe meravigliare al vedere un caccia militare prima comparire sulla sua sinistra a una certa distanza, poi avvicinarsi per leggere il nominativo dell'intruso e successivamente allontanarsi, oppure eseguire determinate manovre. L'ICAO, nell'Annesso 2, pur raccomandando alle autorità aeronautiche dei Paesi membri di ricorrere all'intercettamento di aerei civili solo in casi estremi, prevede che l'operazione possa avere luogo e ne suggerisce le modalità di esecuzione così che l'intercettamento sia fatto nella massima sicurezza possibile. E’ chiaro che, affinchè ciò possa avvenire, sia i piloti intercettori, sia i piloti intercettati, devono conoscere il codice di comportamento da seguire durante l'operazione. Pensiamo che prima di descrivere il comportamento che devono tenere i piloti degli aerei intercettati, sia utile e interessante descrivere brevemente il comportamento che deve essere tenuto dal o dai piloti intercettori. Ciò può infatti facilitare i piloti civili a comprendere ciò che viene loro richiesto dai piloti militari. Gli intercettori devono innanzitutto evitare di creare qualunque situazione di pericolo per l'aereo intercettato, dalle collisioni alla turbolenza di scia, a tutte le manovre che possono anche solo spaventare il pilota o i passeggeri. Il primo obiettivo degli intercettori è in genere quello di identificare l'aereo sconosciuto. L'operazione deve essere eseguita nelle seguenti tre fasi: 1) L'intercettore deve avvicinare l'intercettato da dietro, portarsi sulla sua sinistra alla stessa quota e a una distanza non inferiore ai 300 metri allo scopo di farsi vedere dal pilota. Eventuali altri aerei intercettori devono rimanere dietro e più in alto dell' aereo intercettato. L'intercettore può procedere con la fase 2 solo dopo che si sia stabilizzato alla stessa quota e alla stessa velocità dell'aereo intercetato. 2) L'intercettore può cominciare ad avvicinarsi lentamente all'intercettato, mantenendo la stessa quota, fino alla distanza ritenuta la minima indispensabile per ottenere le informazioni necessarie. L'intercettore deve evitare qualunque manovra brusca che possa spaventare gli occupanti dell'aereo intercettato, tenendo presente che la valutazione dell'accentuazione delle manovre può essere molto diversa da parte di un pilota militare e di un pilota civile. Tutti gli eventuali altri intercettori devono continuare a rimanere ben distanti dall'intercettato. A identificazione ultimata, l'intercettore si deve allontanare dall'intercettato nel modo descritto nella fase successiva. 3) L'intercettore deve allontanarsi lentamente dall'intercettato con una leggera affondata. Nel caso in cui l'intercettore, a identificazione ultimata, ritenga di dover intervenire sulla navigazione dell'intercettato, deve riportarsi sulla sinistra di quest'ultimo, leggermente più avanti per consentire al pilota di vedere i segnali visivi. (Se le condizioni meteorologiche o orografiche lo impongono, l'intercettore si può affiancare sulla destra dell'intercettato). I segnali visivi da usare, e il loro significato, sono riportati a parte. L'intercettore, oltre a eseguire correttamente i segnali, deve prestare molta attenzione agli eventuali segnali dell'intercettato, indicanti che l'aereo stesso si trova in situazioni di pericolo, emergenza, o urgenza. A intercettamento avvenuto, l'ente che controlla l'operazione da terra (in genere militare), deve cercare di mettersi in comunicazione radio con l'aereo intercettato sulla frequenza di emergenza di 121.50 MHz, o su qualunque altra frequenza suggerita dagli enti ATS, in cooperazione con i quali l'operazione dovrebbe essere condotta. I nominativi di chiamata da usare durante queste comunicazioni sono i seguenti: "Controllo di intercettamento" per la stazione a terra, "Intercettore + nominativo" e "Aeromobile intercettato" per le stazioni di aeromobile. Qualora l'intercettore debba provvedere alla guida dell'intercettato verso una determinata destinazione, egli deve fare in modo da non condurlo verso condizioni meteorologiche pericolose e comunque non al di sotto delle minime VMC. Se lo scopo della guida e di portare l'intercettato all'atterraggio, l'intercettore deve provvedere a scegliere un aeroporto che sia adatto alle caratteristiche dell'aereo intercettato. L'intercettore deve tenere presente che quando si richiede a un aeromobile civile di atterrare su un aeroporto sconosciuto, è essenziale che al pilota venga concesso il tempo necessario per preparare la manovra. L'intercettore non deve inoltre dimenticare che la valutazione dell'idoneità dell'aeroporto scelto per "atterraggio è interamente demandata al pilota dell'aereo intercettato.” Vediamo ora quali sono i doveri del pilota intercettato. Non appena si accorge di essere stato intercettato, egli deve: a) Seguire le istruzioni dategli dall'intercettore, interpretando e rispondendo ai segnali visivi che sono riportati qui a parte; b) Se possibile, notificare l'avvenuto intercettamento all'appropriato ente ATS; c) Cercare di stabilire il contatto radio con l'aereo intercettore o con l'ente che controlla l’intercettamento da terra, eseguendo una chiamata generale sulla frequenza di emergenza di 121.50 MHz, durante la quale deve dare la propria identificazione e la natura del volo che sta conducendo; d) Se dispone del transponder a bordo, selezionare il codice 7700 modo A, a meno che non sia stato diversamente istruito dall'appropriato ente ATS. Qualora il pilota intercettato riesca a stabilire il contatto radio con l'aereo intercettore, ma le comunicazioni mediante una lingua comune non siano possibili, egli deve tentare di scambiare le informazioni essenziali e di dame il ricevuto usando le frasi convenzionali. Infine, nel caso che qualche istruzione ricevuta via radio, da qualunque fonte provenga, sia in conflitto o in contraddizione con le istruzioni date dall'intercettore mediante segnali visivi o mediante comunicazioni radio, il pilota dell'aereo intercettato deve immediatamente chiedere i debiti chiarimenti e nel frattempo deve continuare a seguire le istruzioni che gli vengono impartite dall'intercettore. R.Trebbi - Sicurezza del volo
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Un Cessna sfida i Mig Sono passati i tempi in cui si verificavano, abbastanza frequentemente, casi di sconfinamento aereo. La cronaca, in passato,si occupò di un evento, divenuto noto come la «beffa di Mosca»; un piccolo Cessna 172 con ai comandi il giovane pilota tedesco Rust, privo di qualsiasi piano di volo autorizzato e, incurante della minacciosa presenza dei vari MiG e Sukhoi, ha sfidato quella che, fino al giorno prima, era giudicata la più impenetrabile difesa missilistica atterrando in prossimita del Cremlino. Prendiamo in esame un caso di cui, a suo tempo, si era parlato molto poco, e forse, sconosciuto per qualcuno di voi. Riportiamo alla luce un caso verificatosi negli anni sessanta ad un Cessna 310, noleggiato da un gruppo di giornalisti televisivi partito dalla Germania Ovest ed in viaggio per Berlino. La rotta aerea tra Germania Ovest e Berlino usufruisce di un corridoio aereo controllato per permettere il raggiungimento della ex-capitale ed è proprio qui, in questo corridoio, che si è svolto il fatto. Terminate a terra le consuete pratiche che precedono un volo, comprese, in questa caso, le necessarie autorizzazioni diplomatiche, l'equipaggio del «Three-ten» iniziò il viaggio. A 2.900 m di quota, direzione Francoforte, il comandante dava la sua posizione al centro di controllo di Francoforte che rispondeva: «Roger . Qui Francoforte, riportate su Fulda». «Roger, Francoforte. Riporteremo». Con una virata per prua 055, il Cessna 310 G-AGOK si trovò di li a poco sulla citta di Fulda, dandone comunicazione all'ATC: «Roger, Oscar Kilo. Raggiungete il corridoio di Mansbach, cambiate frequenza e chiamate Berlino Controllo. Buon viaggio». Il volo che si sviluppava normalmente non faceva presagire i fatti che stavano per accadere. Il pilota del Cessna riportò a Berlino Controllo di trovarsi a 8 km ad Ovest di Mansbach dove inizia il corridoio aereo e dato che esso è largo solo 32 km chiese a Berlino una posizione radar per evitare di sconfinare nello spazio aereo della Germania Orientale. «Roger - rispose Berlino - siete sulla mezzeria del corridoio e vi diamo istruzioni di procedere per l'aeroporto di Gatow a 2.900 m di quota secondo il piano di volo». «Roger, Berlino». Di li a poco il Cessna richiese nuovamente il controllo radar della posizione: «Roger, Oscar Kilo. Per vostra informazione abbiamo sullo schermo radar in rapido avvicinamento da ore cinque». Il pilota si voltò all'indietro guardando leggermente a destra della coda dell'aereo ma non vide altro che, circa ad 1 km di distanza, cuscini di nuvole bianche. Improvvisamente, però, uscì dalle nuvole un MiG-21 che, tagliando la strada al Cessna, battè le ali virando velocemente sulla destra. La radio di bordo era aperta e Berlino Controllo ascoltò la conversazione in cabina intervenendo: «Roger, Oscar Kilo: lo abbiamo sul nostro schermo radar, ma voi siete sempre al centro dell'aerovia ed autorizzati a procedere per Berlino a 2.900 m». Intanto, mentre stava avvenendo questa comunicazione, il MiG battè nuovamente le ali per indicare nel codice ICAO, «Seguitemi ed atterrate» mentre minacciosamente il caccia dell'Est arrivò molto più vicino al Cessna , sballottandolo con la sua turbolenza. Il MiG-21 F, con un 360•alla destra del Cessna, a velocita più moderata, si riavvicinò al piccolo bimotore che altro non poteva fare che tenere informato Berlino controllo. Il tallonamento da parte del Fishbed, continuava con l'estrazione di carrello e aerofreni per un volo più lento e per sottolineare l'ordine di atterrare mentre il pilota, con la mano sinistra, faceva cenno di seguirlo a scendere. Berlino, intanto, continuava con tono impersonale a ripetere: «Siete sulla mezzeria del corridoio, autorizzati a procedere a 9.500 piedi». Grazie alla «biancheria fuori» il MiG riuscì anche a farsi distanziare dal Cessna di circa 500 m ed il giornalista seduto davanti vide il muso del caccia arrossarsi per il fuoco del cannone da 30 mm e proiettili traccianti affiancarono pericolosamente il Cessna sorpassandolo. Intervenne a questo punto la torre di controllo di Berlino dicendo al piccolo aereo di passare sulla frequenza dell'ATC militare che rispose: «Si fa presente a Oscar Kilo che l'autorizzazione preliminare prevede che proceda per Berlino. Siete sempre al centro dell'aerovia». Ma le cose già sufficientemente complicate andavano a complicarsi ancora. «Oscar Kilo: abbiamo sul radar un altro aereo che si avvicina da ore 9 » E l'aereo che apparve era più grosso, un intercettatore Yakovlev Yak-25 (Flashlight) che salì fino a 1.500 m circa sopra il Cessna per poi lasciarsi cadere in una decisa picchiata. Un violento scossone investì il piccolo bimotore che sfuggì di mano al pilota rischiando di trovarsi in volo rovescio mentre, a causa dei g negativi incamerati e l'arresto del flusso della benzina, si spegneva anche un motore. Grazie alla sua abilità, il pilota riprese l'aereo dopo aver perso però 600 m di quota. Mentre il MiG era sempre «pronto al fuoco» Berlin ATC parlò con il Cessna in questi termini; «Oscar Kilo, siete autorizzati a procedere per Berlino alla quota attuale, ma agite a discrezione riguardo ai segnali degli aerei russi». Le disavventure del 310 non erano affatto terminate , anzi andò anche in stallo a causa di un'ulteriore raffica molto vicina sparata dallo Yak-25. «Berlin ATC, Oscar Kilo ha deciso di seguire i russi fuori dal corridoio. Non possiamo combattere con due jets». «Roger, Oscar Kilo, abbiamo capito. Vi abbiamo sui radar leggermente fuori dalla mezzeria». Il pilota inglese, ormai esausto per tutte queste difficoltà, cercò di manifestare al caccia sovietico l'intenzione di seguirlo, uscendo dal corridoio con una leggera virata a destra. «Per vostra informazione» disse Berlino «attualmente siete a soli 43 km da Berlino». Dopo di che l'inglese, cambiando idea, virò a sinistra per riprendere la prua dando «tutta manetta» Gli aerei russi intanto giravano in tondo a circa 2,5 km di distanza per segnalare il punto di inizio di discesa al Cessna il quale invece, giocando sulla sorpresa, abbassò il muso per sfruttare una maggiore velocità andando anche oltre i limiti consentiti mentre, a circa 15 km da Berlino, fu nuovamente circondato da raffiche di cannone. Sfruttando le nubi e rimanendovi «attaccato» per usufruire di una parziale protezione dai caccia sovietici, il 310 cominciò ad intravedere le luci di Berlino-Gatow: «Oscar, Kilo effettua un atterraggio diretto a Gatow. Buona giornata e grazie». «Buona fortuna Oscar Kilo. Avete fatto un buon lavoro. Berlino chiude con voi». E con la chiusura del comunicato radio da Berlino si era anche conclusa questa avventura notevolmente drammatica ma con un risultato positivo fino all'ultimo insperato. Tratto da Aerei, Novembre 1987
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Un' Aereo sconosciuto Vola Nell' ADIZ Alcuni minuti dopo le quattro pomeridiane del 9 gennaio 1983, i radar del NORAD, North American Air Defense, avvistarono la traccia di un aeromobile, che si muoveva a velocità relativamente modesta, al largo della costa del Sud Carolina, all'interno della zona di identificazione della difesa aerea (ADIZ). Poichè la traccia non potè in alcun modo essere messa in relazione con gli aerei presenti o previsti nella zona, essa fu attribuita a un "traffico sconosciuto". Due Phantom furono immediatamente fatti decollare dalla base aerea di Seymour Johnson, nel Nord Carolina per intercettare e identificare l'intruso. I militari contattarono subito la FAA per avere notizie in merito, ma risultò che né il Centro di controllo di Washington, nè quello di Jacksonville aveva con sè alcun traffico che potesse corrispondere alla traccia dell'aereo sconosciuto. Sette minuti dopo il primo avvistamento, i due Phantom stavano salendo per livello 250, vettorati da terra verso la traccia da intercettare. I piloti dovevano avvicinare l'aereo da dietro e mantenersi a non meno di 500 piedi da esso. Il traffico sconosciuto era riportato a 9.500 piedi, su una rotta di 010°, e con una ground speed di 200 nodi. Obiettivo dell'intercettamento era di scoprire quale tipo di aeromobile fosse. Mentre attraversavano i 13.000 piedi in discesa, i due intercettori (JL25 e JL26) entrarono in uno spesso banco di nubi sottostante. Nessuno dei due navigatori di bordo, fu in grado di avvistare il bersaglio sui radar di bordo, per cui da terra ordinarono di virare e di riposizionarsi per un secondo tentativo di intercettamento. Nel frattempo, il Centro di Washington aveva informato i militari di aver ricevuto il messaggio di un Beechcraft Baron che volava in VFR a 9.500 piedi, 56 miglia a sud-est di Wilmington. Il Centro di controllo diede il nominativo del Baron e suggerì che probabilmente si trattava del traffico sconosciuto. L'ufficiale superiore in servizio al NORAD considerò la situazione. Durante l'anno precedente, i caccia intercettori erano stati lanciati in volo per identificare circa 160 traffici sconosciuti al largo della costa fra la Virginia e la Florida: dieci aerei erano risultati appartenere al blocco sovietico. Poichè il Centro di Washington non aveva ancora identificato il Baron sui propri schermi radar, l'ufficiale non ritenne l'identificazione sufficientemente probante e comandò la continuazione dell'intercettamento. In quel momento, i Phantom avevano livellato a 14.000 piedi in condizioni IMC. Dopo aver avvistato la traccia del Baron sui radar di bordo, il JL26 cominciò la discesa per l'intercettamento. Il pilota fu nuovamente istruito di non avvicinarsi a meno di 500 piedi. Il JL25 rimase a 13.000 piedi, circa due miglia in coda al compagno. Mentre il JL26 continuava l'avvicinamento, fra il pilota del Baron e il Centro di Washington si svolgeva il seguente dialogo: A/V - "Ci avete in contatto radar?" R - "Affermativo. Attualmente siete all'interno di una zona di allerta militare e due caccia sono stati mandati a intercettarvi. State procedendo diretti verso Norfolk?" A/V - "Stiamo risalendo la Rotta atlantica n° 3, ma abbiamo fatto alcune deviazioni per evitare delle cellule temporalesche". R - "Ricevuto. Comunque vi informiamo che avete due Phantom in coda. Vi è possibile dirigere su Norfolk via New Bern?" La richiesta lasciò il pilota del Baron alquanto confuso poichè gli veniva chiesto di deviare a sinistra di soli 5° dalla rotta seguita e non ne vedeva la ragione. L'intento del controllore era quello di portarlo al più presto fuori dalla zona di allerta W-122. Contemporaneamente, avuta conferma da Washington radar che il Baron corrispondeva alla traccia non identificata, l'ufficiale del NORAD ordinò l'interruzione dell'intercettamento. Ma, mentre l'ordine veniva ritrasmesso ai Phantom, il JL26 entrava in collisione col Baron. Il pilota del Phantom, più volte avvertito di non avvicinarsi a meno di 500 piedi, in considerazione del fatto che le condizioni di volo erano IMC, aveva fatto programmare dal navigatore il radar di bordo così da ottenere da esso il segnale di "disimpegno" a una distanza minima di 1.500 piedi. Il pilota dell’ JL26 non aveva in vista il Baron. Egli stava regolando la potenza per "chiudere" sul bersaglio con una velocità relativa di 50 nodi e stava seguendo le istruzioni del navigatore, che gli comunicava le correzioni di prua necessarie per mantenere il bersaglio 15° sulla destra. Quando sui radar apparve il segnale di disimpegno, il navigatore ordinò al pilota di eseguire una virata accentuata sulla sinistra. Il pilota diede tutta manetta e cominciò una virata in cabrata sulla sua sinistra. Egli non poteva sapere che in quel momento anche il Baron aveva cominciato una virata a sinistra per seguire le istruzioni del Controllo di Washington e mettersi in rotta per New Bern. Il pilota del Phantom disse poi che quando senti il "Tump", egli stava cercando di vedere il Baron guardando sulla sua destra. Il Phantom stava volando a una velocità di 127 nodi superiore a quella del Baron; gli angoli di inclinazione laterale dei due aerei, al momento della collisione, erano pressochè uguali; il Phantom stava salendo, mentre il Baron era in volo livellato a 9.300 piedi. L'ala sinistra del Phantom urtò il Baron prima nell'impennaggio verticale e quindi continuò a squarciarlo lungo la fusoliera e la cabina. Sebbene danneggiato, il Phantom riuscì a tornare alla base coi due occupanti illesi. Dopo lunghe ricerche, del Baron non furono trovate che tracce di rottami. Per i sette occupanti fu dichiarata la morte presunta. Nel rapporto sulla collisione, l'NTSB ha messo in evidenza come ci siano stati errori da parte di entrambi i piloti. Quello del Phantom non mantenne la corretta velocità di avvicinamento e la distanza di sicurezza durante l'intercettamento, mentre quello del Baron mancò nell'osservanza delle regole riguardanti la penetrazione delle ADIZ. Il pilota del Baron aveva presentato due piani di volo VFR. Con il primo, aveva scelto la Rotta atlantica n° 3 fino a Wilmington e quindi la rotta diretta per Norfolk. Quando però il piano non venne accettato perchè, secondo le regole statunitensi, chi proviene dalle Bahamas deve sbrigare le formalità doganali in uno dei cinque aeroporti della Florida allo scopo indicati, il pilota presentò il secondo piano di volo, che prevedeva lo scalo a Fort Pierce, Florida, e quindi il volo diretto a Norfolk. Una volta decollato, però, il pilota non attivò il piano di volo e si mise in rotta come aveva originariamente deciso di fare. Egli entro nell' ADIZ della costa atlantica senza comunicare a nessuno chi egli fosse, nè dove stesse andando. Quando finalmente contattò il Centro di controllo di Washington, lo fece più per farsi dare dei vettoramenti che gli permettessero di evitare i temporali che non per farsi identificare. R.Trebbi - Sicurezza del volo
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L' ing. Longhi e i caccia Reggiane a reazione
Dave97 ha risposto a S939 nella discussione Eventi Storici
………..Ma non se ne era già parlato ? Tratto dal sito delle REGGIANE ….Tra le fonti citate mancano le sole veramente indispensabili: i testi di Sergio Govi e la biografia di Tullio De Prato; se l'Autore di certi articoli avesse consultato tali fonti che, ripetiamo, sono le uniche veramente documentate, non sarebbe incorso in un simile incidente. Ciò che è curioso è che anni or sono, e noi quarantenni non l'abbiamo scordato, si scatenò un putiferio sul caso "RE 2007", un parapiglia a livello nazionale che coinvolse personaggi Reggiane, giornalisti, storici e ricercatori con il risultato finale che la leggenda del jet Reggiane ne uscì a pezzi. Evidentemente l'Autore di certi articoli è troppo giovane per aver vissuto, seppur da spettatore, tale querelle. Cosa resta dunque di questa colossale e ben architettata bufala? Sicuramente il dubbio sulle ragioni che portarono l'Ing. Longhi ad architettarla. Per certo l'Ing. Longhi doveva aver conoscenza dei progressi tedeschi nel campo del volo a reazione, magari prima che i vari Me. 262 divenissero operativi. Certamente la sua mente fervida e dinamica avrà accarezzato l'idea di realizzare il "suo" aviogetto e magari l'aveva anche idealmente impostato ma da qui al sostenere che il "RE 2007" fu una realtà…. Di positivo vi è che una grande lezione fu impartita a tutti noi; nel campo della ricerca storica pazienza, accuratezza, diffidenza ed umiltà sono doti indispensabili. Comunque sia, se il "RE 2007" esistette veramente solo il tempo lo potrà dire ma solo ed unicamente se emergeranno prove documentali ed in quel caso noi saremo il team più felice al mondo. Piccolo OT Sempre tratto dal sito delle REGGIANE Abbiamo letto di come i tedeschi, visto il progetto del 2007, sarebbero caduti in preda ad un fenomeno di "amore a prima vista". Perché mai, in tale fase del conflitto, i tedeschi avrebbero dovuto provare un "amore a prima vista" per il reattore italiano quando in Germania progetti altrettanto validi erano in fase di più o meno avanzata realizzazione? Di tutte le bischerate lette e rilette sul conto del 2007 questa mi sembra l’unica (paradossalmente parlando) sensata. Visto il periodo storico, e le armi della disperazione sviluppate dai tedeschi, non ci sarebbe da stupirsi se avessero preso in seria considerazione anche una super fornitura di Tappeti Volanti ……….. -
Le Sensazioni Illusorie Durante il volo strumentale, o durante il volo a vista condotto in determinate condizioni di scarsa visibilità, come per esempio di notte, si può andare soggetti a un certo numero di sensazioni illusorie, o di false impressioni, che in genere si manifestano quando le informazioni ricevute dai nostri organi sensoriali sono insufficienti o vengono male interpretate. Alcune di queste sensazioni illusorie portano a valutare non correttamente la posizione o il moto dell'aereo rispetto alla superficie terrestre e, quindi, inducono a errori di manovra particolarmente pericolosi durante la fase di avvicinamento e di atterraggio. Altre, molto più insidiose, portano invece al cosiddetto disorientamento spaziale, o alle vertigini e, quindi, alla perdita totale del controllo dell'aereo. Come è stato ampiamente dimostrato dall'analisi delle statistiche relative a determinati incidenti di volo e da particolari esperimenti condotti con la cooperazione di piloti “cavia", le sensazioni illusorie colpiscono prevalentemente i piloti non addestrati al volo strumentale, o comunque quelli che mancano del necessario allenamento. Inoltre, è stato dimostrato che i piloti adeguatamente addestrati e allenati, che vanno soggetti alle sensazioni illusorie, sono in grado di contrastarle e di neutralizzarne gli effetti, fidandosi completamente delle indicazioni degli strumenti, mentre i piloti inesperti o mancanti di allenamento vanno inevitabilmente incontro alla repentina perdita di controllo dell'aereo. - Sensazioni illusorie Le ragioni per cui chi vola in assenza di visibilità esterna senza avere la dovuta esperienza, pur con tutti gli strumenti necessari a bordo, perde irrimediabilmente il controllo dell'aereo nel giro di pochi minuti sono principalmente due, l'una conseguenza dell'altra. La prima è che il pilota non sa osservare gli strumenti in modo appropriato e non sa interpretarne correttamente le indicazioni, per cui interviene sui comandi nel modo e nel tempo sbagliati. La seconda è che, quando si accorge che l'aereo ha raggiunto assetti non desiderati, applica correzioni eccessive e scoordinate. Sollecitati dalle accelerazioni indotte dalle manovre, gli organi dell'equilibrio mandano al cervello dei segnali che, non potendo essere integrati dai riferimenti visivi mancanti, creano sensazioni non aderenti alla realtà chiamate, appunto, sensazioni illusorie. Il pilota inesperto asseconda queste sue sensazioni, aprendo cosi la porta al disorientamento spaziale e alla perdita di controllo dell'aereo. La vista è l'organo principale che ci permette di mantenerci in equilibrio e seri casi di vertigine si hanno normalmente solo quando alla vista vengono a mancare i normali riferimenti. L’organo vestibolare o dell'equilibrio è situato nell'orecchio interno ed è costituito da due parti: i canali semicircolari e l’organo statico. I canali semicircolari sono tre, e sono pieni di liquido. Mentre uno giace nel piano orizzontale, gli altri due sono situati verticalmente ortogonali fra loro. All’interno dei canali, nella zona vicina alla loro confluenza, ci sono numerose cellule peduncolari , chiamate cilia , che sono attaccate alle pareti dei canali, e si trovano immerse nel fluido. La seconda parte dell'organo 'vestibolare, l'organo statico. è quella che permette di percepire le accelerazioni. Esso è costituito da minuti depositi di carbonato di calcio, detti otoliti, che sono immersi in una sostanza gelatinosa, entro la quale ci sono anche delle cellule peduncolari collegate al sistema nervoso. I dati generati dall'organo vestibolare, così come le sensazioni di gravità raccolte dai nervi degli arti, dei muscoli e delle giunture, vanno a integrare le informazioni raccolte dalla vista. Alla fine, il cervello deve sintetizzare tutte queste informazioni, assegnare agli stimoli le dovute priorità a seconda della loro qualità e quindi effettuare le debite scelte cosi da permetterci di percepire nel modo corretto il mondo che ci circonda. Dato, però, che l'uomo cammina sulla terra da millenni, ma vola solo da decenni, madre natura ha 'progettato' l’apparato vestibolare così da adattarlo alla prima attività e non alla seconda. Ne deriva l’organo dell’equilibrio percepisce correttamente tutti i movimenti della persona, mentre non avverte, o avverte in modo non aderente alla realtà, i movimenti relativi alla spazio cui va soggetta la persona durante il volo. Per esempio, si supponga di essere in volo nelle nubi e di iniziare una virata verso sinistra: il liquido si muove nei canali dell’apparato vestibolare e la virata viene avvertita correttamente; però, una volta che la virata è stabilizzata a un rateo costante, il fluido si ferma e genera perciò la sensazione errata di essere, anzichè in virata, in volo rettilineo. Durante la rimessa dalla virata, avviene il contrario: il fluido torna a circolare e si avverte nuovamente la sensazione corretta del moto verso destra; quando pero si ferma il rollio con le ali orizzontali, il fluido continua a circolare per inerzia e fa sorgere la sensazione illusoria di proseguire la virata verso destra. Pertanto è facile capire come il pilota non sufficientemente addestrato che cede alla sensazione illusoria e trascura le indicazioni degli strumenti, possa presto giungere alla perdita di controllo dell'aereo. - Il disorientamento spaziale Oltre alle due già descritte, ci sono diverse altre situazioni di volo senza visibilità esterna che inducono le sensazioni illusorie e che perciò possono portare al disorientamento spaziale. Facciamo qui di seguito una rapida rassegna di quelle che si verificano più comunemente . - L'aereo viene lentamente portato in virata con un'inclinazione laterale dell'ala scarsamente accentuata, per cui il liquido del canale "di rollio" non riesce a eccitare le proprie cellule peduncolari e il pilota non avverte di avere abbandonato il volo rettilineo. D'un tratto, però, osservando gli strumenti, se ne rende conto e corregge bruscamente l'assetto, facendo entrare in circolazione il fluido dalla parte della correzione, e avvertendo cosi la sensazione di essere in virata dal lato opposto. A questa punto, il pilota può commettere l'errore di riportare l'aereo nell'assetto precedente alla correzione, nel tentativo illusorio di livellarlo. - L'aereo è in virata a rateo costante. Per una ragione qualsiasi, il pilota fa un brusco movimento con la testa che porta il liquido a circolare in più di uno dei canali semicircolari. Il risultato è la sensazione di essere in virata e di accelerare in direzioni completamente diverse da quella reale. Nuovamente, il pilota che "ascolta" le sensazioni illusorie porta l'aereo in assetti da cui difficilmente lo potrà rimettere. - L'aereo è lentamente, ma progressivamente entrato in virata fino a raggiungere una inclinazione laterale pronunciata e una notevole velocità di discesa senza che il liquido dei canali semicircolari si sia mosso, con la conseguenza che il pilota si sente in volo livellato. Quando, guardando l'altimetro, si accorge di essere in perdita di quota, non avendo la sensazione della virata, il pilota tira a se il volantino per fermare la discesa. Però, cosi facendo, non fa che aumentare il rateo di discesa e stringere la paurosa spirale che lo porterà fino al suolo, se non riuscirà a capire di dover prima portare l'ala in assetto livellato. - Il pilota riduce bruscamente la potenza, generando quindi una notevole decelerazione. Gli otoliti si spostano in avanti, dandogli l'impressione di essere in una picchiata accentuata. La reazione del pilota disorientato è quella di portare l'aereo in cabrata, nel tentativo di livellarlo. - Un livellamento brusco dopo una salita può nuovamente far si che gli otoliti inducano la sensazione di essere in assetto forte mente cabrato, per cui il pilota può essere portato a spingere il volantino tutto avanti, mandando l'aereo in picchiata verticale -La presenza di un falso orizzonte formato da un banco di nubi degradante o, di notte, dal confondersi delle stelle con luci al suolo, o da certe figure geometriche formate da luci al suolo, fornisce informazioni visive errate, basandosi sulle quali il pilota può portare l'aereo in assetti pericolosi. La stessa cosa può succedere per il fenomeno cosiddetto di "autocinesi", che si manifesta quando di notte si fissa lo sguardo su un punto luminoso immobile (a esempio una stella o una luce al suolo), che dopo alcuni secondi sembra invece essere in movimento. Tutte queste sensazioni illusorie sono reazioni fisiologiche naturali che non possono essere eliminate completamente e alle quali può andare soggetto chiunque. Come abbiamo pero avuto modo di dire in apertura di capitolo, le sensazioni illusorie, e soprattutto il disorientamento spaziale che può seguire il loro verificarsi, colpiscono il pilota con frequenza e intensità tanto minore quanto maggiore e il suo allenamento a volare in condizioni IMC. L'esperienza gli insegna infatti a manovrare l'aereo in modo dolce e progressivo, senza correggere in eccesso, e a evitare i bruschi movimenti del capo, specialmente durante le manovre. E gli insegna inoltre a fidarsi completamente delle indicazioni degli strumenti, guardando i quali come se fossero riferimenti visivi esterni, le sensazioni illusorie spariscono rapidamente. R. Trebbi
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MiG-3 Primo caccia dell'ormai famoso studio di progettazione Mikoyan-Gurevich a operare con successo al fronte, il MiG-3 era un apparecchio molto complesso da pilotare in tempo di pace e a maggior ragione in combattimento. Uno dei piloti che fu mandato a combattere a bordo di un MiG-3 fu Aleksandr Pokryshkin, che descrisse sinteticamente il caccia con queste parole: «Mi piacque subito. Lo si sarebbe potuto paragonare a un vivace, focoso cavallo: in mani esperte correva come il vento, ma se ne perdevi il controllo finivi sotto i suoi zoccoli». Il mezzo impiegato da Pokryshkin il 22 giugno 1941 era uno dei 1.289 esemplari del modello che erano stati consegnati alla VVS già all'epoca dell'invasione. Anzi, esso fu il più prolifico dei tre caccia della nuova generazione allo scoppio della guerra, e se a metà del 1941 rappresentava soltanto il 10 per cento della forza al fronte, questa cifra era salita al 41,2 per cento entro la fine dell'anno. Essenzialmente una versione perfezionata in tutta fretta del MiG-1, il MiG-3 era stato il risultato di un lavoro di progettazione condotto da Artem I. Mikoyan e Michail Y. Gurevich, ex componenti del gruppo di progettisti di Polikarpov, all'OKB (Studio di Progettazione Sperimentale). Se Mikoyan e Gurevich erano i direttori del progetto, esso coinvolgeva altri specialisti: i progettisti Brunov, Andriyanov e Seletsky e l'aerodinamico Matyuk. Dopo una riunione del gennaio 1939 al Cremlino, ancora una volta presieduta da Stalin, nel corso della quale furono emanate le nuove specifiche per gli aerei da caccia, fu creato un nuovo OKB che sarebbe stato diretto da A. I. Mikoyan presso la GAZ (Fabbrica statale di aerei) n° 1 nell'aeroporto di Vnukovo, a Mosca. lnizialmente denominati I-200, i prototipi del MiG-1 furono guidati da una schiera di piloti collaudatori tra cui A. N. Yekatov, S. P. Suprun, P. M. Stepanovsky e A. G. Kochetkov; anche se Yekatov morì per un incidente causato da un guasto al motore di uno dei primi MiG, gli altri sopravvissero al collaudo alquanto movimentato del MiG-1 e raggiunsero i loro colleghi al1'Istituto Scien¬tifico e delia Ricerca dell'Aviazione Sovietica (NII VVS) nei reparti 401 e 402 IAP, dotati di MiG-3. Anzi, Stepan Suprun e Petr Stepanovsky sarebbero poi divenuti comandanti di questi reggimenti, che dipendevano direttarnente dal Comando Supremo sovietico (VGK): Suprun fu poco dopo abbattuto nei dintomi di Tolochin, presso Vitebsk, e venne sostituito come comandante da K. K. Kokkinaki. Dal 30 giugno alla fine di ottobre del 1941, il 401 IAP rivendicò la notevole cifra di 54 aerei nemici abbattuti da MiG-3; successivamente il reggimento fu sciolto. La prima preda di un MiG-3 durante la grande guerra patriottica fu un Domier Do 215 rivendicato dal tenente D. Kokorev la mattina del primo giomo dell' operazione "Barbarossa", seguito poco dopo da uno Henschel Hs 126 da ricognizione che fu abbattuto dalle mitragliatrici del tenente Mironov. Più tardi, quello stesso giorno, il capitano Karmanov, ai comandi di un MiG-3, rivendicò tre vittorie nel cielo di Kishinev, in Moldavia: tutti e tre i piloti provenivano dal disciolto 401 IAP. Il 402.IAP di Petr Stepanovsky duro più a lungo del reggimento di Suprun. Esso fu nel pieno dei combattimenti dall'inizio di luglio: i primi successi toccarono al capitano Afanasij Grigorevich Proshkov, che abbattè un Do 215 a Velikije Luki, e al tenente M. S. Chenosov, che rivendicò la distruzione di un Bf 110 nel cielo di Nevel. A metà di luglio Stepanovsky fu trasferito dal 402.IAP e nominato comandante della sezione caccia della difesa contraerea del settore occidentale di Mosca, che aveva in linea dieci reggimenti caccia: due di essi, dotati di MiG-3, erano di stanza sull'aeroporto di Tushino. Molti leggendari piloti della VVS furono "svezzati" in questa sezione caccia, tra cui il futuro pilota collaudatore dell'NII (Istituto di sperimentazione scientifica) Mark Gallai, che avrebbe poi pilotato il primo Me 262 caduto in mani sovietiche. Durante la difesa di Mosca il MiG-3 fu usato anche come caccia notturno. Pur non essendo più comandato da Stepanovsky, il 402.IAP continuò ad avere un ruolo significativo negli scontri fra caccia sia diurni che notturni, e per l'inizio di agosto il reggimento era stato annesso alla 57a Divisione aerea mista. Come componente di questa forza, esso partecipò a operazioni nei cieli di Stara Russa e Novgorod, prima di partecipare all'azione sui Fronte nord-occidentale durante il duro inverno del 1941-42. Gli ultimi giorni dell'era del MiG-3 videro il 402.IAP attaccare la testa di ponte nemica nella penisola di Taman, all'inizio del 1942. Con i suoi sfiancati mezzi, che ora cominciavano a mostrare gravi segni di obsolescenza di fronte ai nuovi caccia della Luftwaffe, il reggimento abbandono i suoi MiG-3 verso la fine dell'estate del 1942 e si rifornì di altri modelli. Il 402.IAP avrebbe continuato a combattere nei cieli di Magnushev, Stargard e Pila, prima di finire la guerra pattugliando il cielo di Berlino a bordo di Yak-9: a quell'epoca i suoi piloti avevano rivendicato più di 800 vittorie. Venne fuori che l'onnipresente MiG-3 era in grado di operare in tutte le condizioni climatiche estreme che si trovavano nell'URSS, dalle steppe temperate dell'Ucraina sud-occidentale al "deserto" polare che circondava il porto strategico di Murrnansk. Anche se alla fine i MiG- 3 erano stati ritirati dalle unità operative entro i primi mesi del 1944, questo modello resto in servizio fino alla fine della guerra nei reggimenti caccia della Difesa contraerea (PVO). Aereo dotato di pregi e difetti, il MiG-3 provocò questo commento da parte di Aleksandr Pokryshkin: «I suoi progettisti raramente riuscirono a conciliare le caratteristiche di volo del caccia e la sua potenza di fuoco ... i vantaggi operativi del MiG-3 sembravano essere oscurati da certi suoi difetti. Comunque, questi vantaggi potevano essere indubbiamente essere sfruttati da un pilota che avesse saputo scoprirli». Gli assi Sovietici della II guerra mondiale.
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La nascita di un'asso Negli anni '30, le gesta di Chkalov con i suoi voli da primato, l'enorme pubblicita data al salvataggio dei sopravvissuti del Chezvuskin (operazione per la quale venne creata e conferita per la prima volta, il 20 aprile 1934, l'onorificenza di Eroe dell'Unione Sovictica) e gli esempi proposti da aviatrici che fecero epoca, come la navigatrice (e poi pilota) Marina Raskova, furono di ispirazione per tutti quei volontari che si arruolarono nell'arma più prestigiosa dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. I piloti assegnati ai reggimenti caccia nel 1941 venivano addestrati molto sommariamente al combattimento aereo, mentre tutta l'attenzione era rivolta all'apprendimento delle tecniche di volo in formazione: le dure lezioni della Spagna e della Finlandia furono praticamente ignorate. Questa situazione non migliorò fino al 1942: fu solo allora che alcuni validi comandanti di caccia ebbero finalmente la possibilità di condividere con i loro inesperti colleghi ciò che avevano appreso nel corso dei combattimenti aerei. Ancora traumatizzati dalla decimazione loro inflitta dalla Blitzkrieg (guerra lampo) tedesca, iniziata il 22 giugno 1941, i piloti da caccia sovietici che erano riusciti a sopravvivere alle tremende perdite subite, grazie a una combinazione di pura fortuna e naturale abilita, cominciarono ben presto ad accumulare vittorie: i bersagli offerti dalla Luftwaffe non mancavano di certo in quella prima cruenta estate sui Fronte orientale. L’ influenza dei "veterani" sulle tattiche di combattimento cominciò lentamente a farsi sentire mentre l'aviazione sovietica entrava nel secondo anno di guerra contro la Luftwaffe. Piloti esperti cercarono di porre rimedio alla totale inadeguatezza dell' addestramento al combattimento influenzando l'istruzione impartita nelle unità operative, e tra la fine del 1941 e gli inizi del 1942, comandanti come Safanov e Savitsky si guadagnarono una solida reputazione come istruttori di piloti più giovani. Forse il migliore in assoluto fra loro, fu il tre volte Eroe dell'Unione Sovietica Aleksandr Pokryshkin, al terzo posto fra gli assi dell'aviazione sovietica per vittorie conseguite, che aveva combattuto fin dal primo giorno dell'invasione tedesca. Quando istruiva i piloti novellini sulle tattiche di combattimento, sottoponeva loro a raffica dei casi ipotetici, che avrebbero dovuto risolvere da soli. All'inizio della grande guerra i piloti da caccia sovietici pilotavano aerei lenti e armati in modo inadeguato, utilizzando tattiche statiche e difensive, elaborate allo scopo di fornire il massimo supporto alle forze di terra. Il tipo di formazione maggiormente utilizzata in combattimento era quella serrata, orizzontale e a tre aerei chiamata zveno, e a causa di essa gli obsoleti biplani I-IS e I-152 e monoplani I-16 diventavano facile preda dei Bf 109 tedeschi. Una manovra difensiva costituita da volteggi, chiamata krug samlotev, veniva usata dai piloti della VVS per garantirsi una copertura reciproca, sfruttando pienamente i pregi degli agili caccia I-16 e I-153. Mentre i piloti sovietici acquisivano rapidamente esperienza, le tattiche venivano modificate in modo da soddisfare l'esigenza di contrattacchi più aggressivi, cosi da contrastare il dominio dei cieli sovietici da parte della Luftwaffe. Oltre che dalle tattiche inadeguate, i piloti da caccia della VVS erano intralciati anche dalla scarsa familiarità con i loro velivoli. Per esempio, durante i primi 18 mesi del conflitto, l' addestramento operativo sul proprio aeroplano era limitato a un'ora o due sullo Yak I o sui LaGG-3, e i piloti che avessero avuto dieci ore di addestramento sul proprio aereo prima di essere abilitati al volo operativo erano una minoranza. Per questa motivo non costituì una sorpresa l'alto numero di perdite fra i nuovi piloti nelle squadriglie, che comportò poi un ulteriore carico di lavoro per le riserve di aviatori e aviatrici esperti che riuscirono a sopravvivere a quella iniziale carneficina. Questa situazione non era più tollerabile e perciò, parallelamente all'insegnamento individuale impartito ad hoc dai veterani al fronte, notevoli sforzi vennero compiuti dallo stato maggiore della VVS per migliorare innanzitutto l'efficienza globale in combattimento. Il perno attorno a cui ruotavano queste nuove tattiche era rappresentato dall'adozione di nuovi tipi di formazioni aeree: anche i sovietici seguirono l'esempio delle altre aeronautiche nazionali volando in coppie. Il 14 settembre 1942 fu ordinato alle divisioni da caccia di creare delle coppie, o "cacciatori", per pattugliare in prossimità degli aeroporti nemici e intercettare gli aerei in fase di decollo o di atterraggio. Qualche tempo prima, quella stessa estate, era stata usata per la prima volta in azione contro il nemico la picchiata verticale ad alta velocità, in conformità a un'ordinanza emanata il 17 giugno che suggeriva ai piloti della VVS di sfruttare il vantaggio dell'altezza quando si impegnava in combattimento la Luftwaffe. Durante la battaglia di Kharkov, nell'estate del 1942, nacque la formazione dell' etazherka ("scaffalatura" o "mensola"). Questa tattica prevedeva che coppie di aeroplani volassero a quote diverse e a una certa distanza fra loro: il 16.Gv.IAP fu il primo a utilizzare questa nuova tecnica. In questa estratto, Pokryshkin descrive la prima volta in cui impiegò la etazherka, sui Kuban, nella primavera del 1943: Il comandante del reggimento mi ordinò di guidare una sortita di sei caccia per ripulire lo spazio aereo in cui operavano i nostri bombardieri. Il gruppo era composto da giovani piloti, e così io volevo che la missione fosse per loro anche un esempio pratico, da un punto di vista tattico. Dopo aver formato la nostra «scaffalatura» di tre coppie, passammo al setaccio velocemente l'area in cui si trovavano i nostri bombardieri. I piloti del mio gruppo mantenevano una formazione serrata, seguendo ogni mia mossa. Apparvero dei Me 109. «Lasciateli perdere», avvisai via radio. Volevo che ogni azione avesse la massima comprensibilità per i miei ragazzi. Dopo aver fatto passare i Me 109 (non costituivano alcuna seria minaccia per i nostri bombardieri, che non erano ancora a portata di tiro), attaccai all'improvviso l'aereo numero uno, che faceva parte di una delle coppie nemiche di testa, con un «colpo del falcone» (in russo sokoliny udar, era un attacco a sorpresa condotto con una picchiata quasi verticale). Il suo gregario, vedendo levarsi delle fiamme azzurre dal caccia del suo comandante, pensò bene di ritirarsi. Uno dei nostri piloti azzardò il suo inseguimento, il che, a prima vista, poteva sembrare un'ambizione legittima. Questi, comunque, si ricordò subito che, solo in caso di estrema necessità e soltanto a un mio preciso segnale, un gregario poteva intraprendere un'azione offensiva, e perciò rientrò subito nei ranghi. Il suo compito, in questo caso, era di coprire il suo numero uno, osservare e valutare la situazione intorno a lui, tenendosi pronto per qualunque evenienza. Questa disciplina nel combattimento permise la continuazione della nostra lezione. Un gruppo di caccia nemici si lanciò all'inseguimento dei nostri bombardieri mentre si stavano ritirando dal loro bersaglio, avvicinandosi a noi. Era impossibile attendere, come avevamo fatto prima. Detti l'ordine via radio : «Attaccate». Scendemmo in picchiata e il nemico ruppe la forrnazione. Io abbattei un gregario e la nostra seconda coppia ebbe la meglio sul suo comandante. L’esempio pratico aveva funzionato. Vennero elaborate anche altre manovre in combattimento. Ancora Pokryshkin: "Quando scortavamo dei bombardieri, il nostro reggimento attuava una tecnica chiamata nozhnitsy (forbici). Essa consisteva essenzialmente in questo: una coppia (o alcune coppie) di caccia che scortavano i bombardieri si davano il cambio avvicinandosi e poi allontanandosi l'uno dall'altro senza perdere velocità, dandosi in tal modo reciproca copertura. Allo stesso tempo i piloti potevano tenere sotto controllo un'ampia zona dello spazio aereo. Se si illustrasse lo schema di volo con un diagramma, questo avrebbe l'aspetto di una serie di otto incatenati. La tecnica più disperata adoperata in un duello aereo da qualsiasi aviazione militare nel corso della guerra in Europa fu lo speronamento (taran), adottato inizialmente dalla VVS nei giorni bui del 1941-42. Quest'ultima conosceva in sostanza tre modi diversi per eseguire un taran, e cioe: 1) Attaccare di coda, affondando l' elica dell' aereo sovietico nei piani direzionali dell'aereo nemico, che con il timone verticale e/o quelli orizzontali danneggiati si sarebbe schiantato al suolo. 2) Speronare con un'ala i piani di¬ezionali dell'aereo nemico, o sfiorare (a bassa quota) con la propria ala quella dell'avversario, così da fargli perdere il controllo. 3) Dirigere direttamente l' aereo contro il nemico: questa tattica finale era adoperata soltanto come extrema ratio. Gli assi Sovietici della II guerra mondiale.
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ALEKSANDR IVANOVICH POKRYSHKIN Per gli occidentali Aleksandr Ivanovich Pokryshkin è forse il pilota da caccia sovietico più famoso. Sotto certi punti di vista enigmatico, era un pilota di caccia estremamente intelligente e fuori del comune, in possesso di una brillante mentalità tattica e delle qualità di un comandante astuto. Pokryshkin era tanto leale quanta franco, qualità che gli valsero un grande rispetto da parte dei suoi colleghi e del pubblico sovietico in generale, ma anche l'ostilità dei capi politici, tra cui Josif Stalin. Nato il 6 marzo 1913 a Novonikolaevsk (ora Novosibirsk), Pokryshkin si arruolò nell'esercito sovietico nel 1932. L’anno seguente si diplomò presso la scuola aeronautica di Perm per tecnici dell'aviazione, e dopo un periodo trascorso come meccanico, un incontro occasionale con il grande pilota di caccia sovietico Suprun lo portò a frequentare un corso di pilotaggio. Pokryshkin si diplomò presso l'accademia aeronautica di Kacha nel 1939. Nel corso di una carriera operativa che lo vide compiere oltre 600 sortite, Pokryshkin prese parte a 156 battaglie aeree e si vide accreditare 59 vittorie personali, anche se la lista degli assi della V.V.S. di Ivanov Sultanov (1993), basata sulla documentazione sovietica, gli accredita 6 vittorie di gruppo nel suo bottino finale. Il primo aereo operativo di Pokryshkin fu il MiG-3 e poi egli passo a pilotare i P-39 Airacobra americani, conseguendo notevoli successi durante la guerra aerea sul Kuban nel 1943. La sua prima esperienza di combattimento ebbe luogo il primo giorno dell'operazione "Barbarossa"; continuò a prestare servizio durante tutta la grande guerra patriottica prima come vice comandante e poi come comandante di squadriglia; divenne in seguito vice comandante e quindi comandante del 16.Gv.IAP. Nel maggio del 1944 Pokryshkin fu posto al vertice del 9.Gv.IAD e guidò la divisione nelle grandi battaglie aeree che divennero una caratteristica dei combattimenti sia sul Fronte meridionale che su quello settentrionale del Caucaso, come pure sul Primo, Secondo e Quarto Fronte ucraino. Nel 1948 "Sasha" Pokryshkin terminò il corso dell'accademia militare di Frunze, e nove anni dopo anche quello dell' accademia dello stato maggiore, ricoprendo infine diversi incarichi nella PVO (Comando della Difesa Aerea). Pokryshkin continuò la sua carriera occupando la posizione di vice comandante in capo della Difesa aerea nazionale, nella seconda meta degli anni '60, e nel 1972 venne promosso al grado di maresciallo dell'aria. Infine, nel novembre 1981, Pokryshkin "abbandono" gli incarichi operativi, diventando consulente ispettivo assegnato presso l'Ispettorato generale del Ministero della Difesa. Quattro anni dopo morì in seguito a una lunga malattia. Gli assi Sovietici della II guerra mondiale.
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Sulla Luna nel ’68 ? L'uomo ha appena varcato le soglie dello spazio, la più recente e grande frontiera davanti alla quale si sia trovato. Ben poche sono per ora le cognizioni sui viaggi umani in questo ambiente; per sino per quanto riguarda la Luna, le nostre cognizioni sono scarse. La struttura della superficie della Luna è probabilmente la più grande incognita del progetto APOLLO, il programma della N A:SA che tende a far scendere un uomo sulla Luna. Osservazioni dalla Terra, da 385.000 km., hanno prospettato varie e contrastanti ipotesi: secondo alcune la superficie lunare, sopra uno strato roccioso, è ricoperto da pochi centimetri di polvere cosmica, mentre secondo altre il veicolo spaziale sprofonderà completamente nella sabbia. Contiamo di raccogliere informazioni definitive grazie alle fotografie del RANGER VII prima che gli astronauti vi discendano con il loro LEM, il Modulo per Escursione Lunare. Problemi da risolvere Il viaggio verso la Luna è difficile e pericoloso per il gran numero e la varia natura dei problemi che occorre risolvere. Oltre che ai problemi di ordine tecnico, è di essenziale importanza riuscire a mantenere sani tre uomini durante il viaggio attraverso un ambiente per il quale essi non sono stati creati. Le radiazioni, i meteoriti e le eruzioni solari rappresentano per loro altrettanti pericoli. I sovietici, disponendo di vettori di lancio più potenti, sono riusciti a lanciare carichi utili molto superiori di quelli degli Stati Uniti. Nonostante i progressi compiuti nel campo dei vettori, abbiamo dovuto eseguire un numero di lanci quattro volte superiore di quello dei sovietici per raggiungerli. L'esigenza della NASA di un vettore di gran lunga più potente di quelli finora impiegati, verrà soddisfatta dalla famiglia dei razzi SATURN, attualmente in fase di messa a punto presso il George Marshall Space Flight Centre di Huntsville. Il Centro Marshall ha una triplice missione: sviluppo di vettori di lancio, lo svolgimento delle relative ricerche e l'effettuazione degli studi preliminari per il perfezionamento dei principi d'ingegneria dei trasporti spaziali del futuro. Anche se il personale del nostro centro conta anni di esperienza nei razzi, dipendiamo in modo massiccio dall'industria privata per l'assistenza. Infatti,per l'esercizio finanziario 1964, il 92% delle somme ricevute verranno passate agli appaltatori. La missione principale affidata al Marshall Centre per i prossimi anni è di fornire vettori SATURN per il Progetto APOLLO. In questo programma della NASA sono direttamente impegnati tre centri sperimentali: il nostro che fornisce il vettore di lancio; il Centro Veicoli Pilotati di Houston, che addestra gli astronauti e fornisce il veicolo spaziale; e il Centro Operazioni di Lancio John F. Kennedy di Cape Kennedy, che assicura gli impianti per il lancio e provvede al funzionamento del « Porto Lunare » della NASA. I vettori « Saturn » I tre membri della famiglia SATURN sono: il SATURN I, il SATURN I-B, e il SATURN V. Questi razzi saranno i « Cavalli da tiro» per missioni pesanti, nell'ambito del programma NASA di esplorazione spaziale per il prossimo decennio. Per dare un'idea della loro capacità di « sollevamento pesi », mi si consenta di confrontarli con gli attuali vettori di lancio. Il più potente razzo attualmente impiegato è l'ATLAS-AGENA B, che può portare in orbita terrestre 2.200 kg. Il veicolo spaziale MERCURY di John Glenn, che pesava circa 1.360 kg., fu lanciato con un vettore modificato ATLAS D. Il SATURN I è in grado di piazzare in orbita terrestre un peso corrispondente a sette capsule di John Glenn; il SATURN I-B solleverà un peso corrispondente ad 11 capsule di Glenn, mentre il SATURN V, il più grande vettore di lancio della NASA in fase di realizzazione, sarà in grado di sollevare un carico utile equivalente al peso di 80 veicoli spaziali MERCURY. Fra i tre tipi di SATURN quello più avanzato per quanto riguarda la sua realizzazione è il SATURN I. A Cape Kennedy sono gia stati effettuati i primi cinque lanci, nell'ambito della fase di studi ed esperienze. Il veicolo spaziale "Apollo" Il carico utile dei vettori SATURN sarà costituito dal veicolo spaziale APOLLO, fornito dal Centro Veicoli Pilotati di Houston. Questo veicolo spaziale comprende tre moduli distinti ad ognuno dei quali sarà assegnata una funzione specifica. Il « Modulo di Comando », che trasporta l'equipaggio di tre uomini, seguirà come centro di controllo per le operazioni del veicolo spaziale. E' la sola parte del veicolo spaziale che rientrerà sulla Terra dopo avere varcato l'atmosfera ad una velocità di 40.000 km/h., di ritorno dalla Luna. Il «Modulo di Servizio » conterrà parecchi dei sistemi biologici del veicolo spaziale ed un sistema principale di propulsione per interrompere il volo, le correzioni a meta rotta e l'iniezione dentro e fuori dall'orbita lunare. Il « Modulo di Escursione Lunare» (LEM) o « cimice» è una specie di « micro-bus» per i due uomini che effettueranno l'atterraggio lunare. Il primo collaudo in volo della conformazione provvisoria del veicolo spaziale APOLLO è stato fatto in settembre da Capo Kennedy, per mezzo del vettore SATURN I. I primi voli orbitali terrestri con uomini a bordo, realizzati anch'essi con l'impiego del SATURN I, sono previsti per il 1965. In occasione dei primi voli con uomini a bordo, il SATURN potrà trasportare i moduli di comando e di servizio. A bordo di quest'ultimo sarà posto un modesto quantitativo di combustibile per consentire agli astronauti di esercitarsi. sulle manovre. Si potrà inoltre collaudare il rientro del Modulo di Comando da un'orbita terrestre ravvicinata. L'intero veicolo spaziale APOLLO, compreso il « Modulo di Escursione Lunare », sarà collocato in orbita terrestre per mezzo di un vettore di lancio intermedio realizzato appositamente: il SATURN I-B. Il SATURN I-B consta di un primo stadio del SATURN I e del terzo stadio del SATURN V. Questo conta un unico motore J-2, che sviluppa 90.700 kg. sp. mediante la combustione di idrogeno ed ossigeno liquidi. Ad esso si deve se il vettore potrà piazzare in orbita circa 16 tonn., invece delle 10 tonn. del SATURN I. Saturn V: Il razzo lunare Per missioni verso la Luna, il veicolo spaziale APOLLO dovrà raggiungere la velocità di 40.000 km/h. per superare la forza gravitazionale della Terra. Nel 1958, uno JUNO II, il cui primo stadio aveva una spinta di 72.575 kg., riuscì a scagliare un « carico utile» oltre la Luna. Tuttavia, il nostro PIONEER IV pesava appena 6 kg., mentre il veicolo spaziale APOLLO peserà quasi 41.000 kg. E' facile concludere perchè occorrano razzi più grandi e dotati di motori così eccezionalmente potenti. Il SATURN V, vale a dire il vettore di lancio in corso di realizzazione per l'atterraggio sulla Luna, sarà azionato da motori F-1 e J-2. Il razzo lunare SATURN V APOLLO a tre stadi, con i suoi 159 m. di altezza, potrà scagliare 45 tonnellate in vicinanza della Luna. Contiamo di lanciare il primo SATURN V entro 5 anni dal giorno in cui si otterrà l’approvazione per la sua realizzazione. Il primo volo riguarderà un vettore con il primo stadio funzionante, due stadi superiori inerti, ed un veicolo spaziale sperimentale privo di equipaggio. Nel secondo volo si utilizzeranno il primo e il secondo stadio attivo e si effettuerà la separazione degli stadi. Tutti e tre gli stadi saranno funzionanti a partire dal terzo lancio. Con il quarto lancio, avranno inizio gli esperimenti sul veicolo spaziale, come il rientro ad alta velocità. Il primo volo con uomini a bordo del SATURN V avrà luogo in occasione del settimo lancio, di cui attualmente è prevista l’effettuazione nel 1967. Destinazione: Luna Un ascensore portera i tre astronauti in tuta spaziale al piano dove è disposto il « Modulo di Comando », a circa 100 m. al disopra della base del vettore di lancio SATURN V. Essi entreranno nel veicolo per disporsi ai loro posti, mentre trascorrono gli ultimi minuti e secondi del conteggio alla rovescia. Con l'accensione, i cinque motori F-1 del primo stadio daranno fiammeggianti segni di vita, sviluppando 3.400.000 kg. sp .. Il vettore si innalza secondo una traiettoria ad arco al disopra dell'Oceano. Un'accelerazione crescente inchioderà gli astronauti sulle rispettive cuccette con una gravità apparente circa quattro volte e mezza superiore a quella che avvertivano sulla Terra. Subito dopo l'arresto dei motori, il primo e secondo stadio si staccano, mentre il terzo stadio con il veicolo spaziale montato in cima entrerà in un'orbita terrestre inclinata. Il vettore effettuerà intorno alla Terra un giro e mezzo lungo l'orbita di sosta, mentre gli astronauti ed il personale a terra, questi mediante i circuiti telemetrici, provvederanno ad un controllo del veicolo spaziale e del terzo stadio. Se tutti gli apparati risulteranno in perfetta efficienza, il terzo stadio entrerà nuovamente in funzione in un istante stabilito al millesimo dal sistema di guida. Bruciando per circa 5 minuti il propellente, esso riuscirà a raggiungere la velocità di fuga. Gli astronauti risentiranno, a questo punto, la gravita zero. Viene sganciato l'adattatore che avvolge il « Modulo di Escursione Lunare» o « cimice». Quindi, verranno distaccati i moduli di comando e di servizio, lasciando la « cimice» attaccata al terzo stadio. Servendosi del sistema propulsivo del « Modulo di Servizio» gli astronauti faranno capovolgere « Moduli di Comando e di Servizio », saldandoli prua contro prua alla « cimice». Infine, completata la saldatura delle strutture, il terzo stadio verrà sganciato. Circa 72 ore dopo aver lasciato la Terra, entrerà in funzione sul « Modulo di Servizio » il motore da 10.000 kg. sp. per circa sei minuti. Il motore ridurrà la velocità del veicolo spaziale in maniera da consentirgli di entrare in un'orbita ad un centinaio di chilometri dalla superficie della Luna. Dopo un altro controllo, se tutti gli elementi del veicolo spaziale saranno trovati in perfetta efficienza, due astronauti passeranno attraverso un boccaporto dal « Modulo di comando» al « Modulo di Escursione Lunare ». Questo si staccherà infine dal « Moduli di Comando e di Servizio». L' atterraggio sulla Luna Si porrà in funzione per circa mezzo minuto il motore delle stadio per l'atterraggio della « cimice » in modo da piazzare la « cimice» in un'orbita che la portera a 16 km. dal terreno prescelto per l'atterraggio, in corrispondenza del punto più basso dell'orbita. Da questa altitudine inferiore, gli esploratori potranno osservare la località di atterraggio. Se, per una ragione qualsiasi, essi decideranno di non tentare l'atterraggio l'orbita che seguono gli garantirà la possibilità di un « rendez-vous» con il veicolo spaziale-madre ogni due ore. Nel raggiungere l'altitudine minima di 16 km. della sua orbita di avvicinamento, la « cimice » si troverà a viaggiare ad una velocità di circa 6.400 km/h. rispetto alla superficie della Luna. Se, in base alle osservazioni, non risulterà nessun elemento sfavorevole per l'atterraggio, verrà riacceso il motore per rallentare il « Modulo di Escursione Lunare» e farlo scendere sulla superficie del satellite naturale della Terra. Il motore del razzo, potrà essere regolato in maniera da sviluppare una spinta compresa tra 4.000 kg. e 500 kg., permettendo così al veicolo di volteggiare sulla località di atterraggio per un breve tempo. Esso è in grado di spostarsi in senso orizzontale entro un raggio di circa 300 m., sino a trovarsi direttamente al disopra del punto previsto per l'atterraggio. A questo punto, il veicolo discenderà lentamente sulla superficie e vi atterrerà ad una velocità inferiore ad 11 km/h Durante la manovra di atterraggio il « Modulo di Comando», in orbita intorno alla Luna con il terzo astronauta ai controlli, si troverà sempre a portata d'occhio della « cimice». Quando il primo astronauta uscirà dal « Modulo di escursione Lunare» e porrà piede sulla Luna, l'avvenimento superera per importanza la scoperta di qualsiasi oceano o continente sulla Terra. Portate a termine le indagini e dopo essersi ristorati con un buon sonno, i due esploratori inizieranno il conteggio alla rovescia per il lancio dalla Luna, che verrà effettuato quando il « Modulo di Comando » verrà a trovarsi sulla linea di mira al disopra dell'orizzonte. Lo stadio di ritorno del « Modulo di Escursione Lunare» si separerà e decollerà dallo stadio utilizzato per l'atterraggio che verrà abbandonato sulla Luna. Con sei minuti di funzionamento del motore da 1.360 kg. sp., il veicolo spaziale potrà essere spinto sino alla quota di 16 km. I radar a bordo del « Modulo di Comando» e della « cimice» si terranno costantemente in contatto per il reciproco rilevamento. Il motore della « cimice » effettuerà eventuali correzioni di rotta che si rendessero necessarie per garantire l'appuntamento in orbità. Il Ritorno sulla terra Dopo circa un'ora dal decollo, quando entrambi i veicoli avranno coperto per inerzia mezzo giro intorno alla Luna, si troveranno abbastanza vicini, mentre la differenza nelle rispettive velocità sarà di circa 113 km/h .. Quando entrambi verranno a trovarsi a circa 8 km. di distanza, il sistema di guida della « cimice» ordinerà al motore del veicolo di accostare maggiormente al veicolo madre. Quando la distanza sarà stata ridotta ad un centinaio di metri i due astronauti a bordo della « cimice» riprenderanno i comandi direttamente e completeranno la manovra di attracco. Una volta rientrati a bordo del « Modulo di Comando » gli astronauti, la « cimice » verrà sganciata e abbandonata in orbita lunare. Quindi, il motore del « Modulo di Servizio» verrà acceso per circa due minuti e mezzo al fine di acquisire una velocità addizionale di circa 3.200 km/h., che porterà il veicolo spaziale fuori dell'orbita lunare e sulla strada del ritorno. Nel ritorno sulla Terra, si dovrà seguire una traiettoria molto precisa, in maniera che il veicolo spaziale si porti nella posizione giusta per un rientro a 40.000 chilometri orari. Basta che l'avvicinamento sia troppo piatto perchè la Terra venga mancata completamente. Un avvicinamento troppo ripido e il veicolo spaziale piomberà direttamente nell'atmosfera. Una volta completate le correzioni a meta rotta e le variazioni della traiettoria finale di volo allo scopo di rendere sicuro l'ingresso nel « corridoio di rientro» di 65 chilometri, il « Modulo di servizio» sarà sganciato e quello di comando verrà orientato per il rientro. L'angolo di attacco al rientro sarà di circa 30 gradi. Si potranno incontrare tassi di riscaldamento diverse volte superiori a quelli sperimentati durante il Progetto MERCURY. Conseguito la decelerazione aerodinamica, nonchè il rallentamento del « Modulo di Comando» , saranno aperti tre paracadute da 26 metri di diametro. Ad essi verrà demandato il compito di riportare lentamente sulla superficie della Terra il « Modulo di Cornando ». Durante il rientro, il rapporto tra potenza e resistenza del « Modulo di Comando » si aggirerà sul valore di 0,5. Questo consentirà di manovrare il modulo di comando durante una parte della discesa attraverso l'atmosfera. Ben presto accorreranno le squadre di recupero per prelevare i tre eroici esploratori. A questo punto, si avvicinerà il momento di uno dei più formidabili pericoli del viaggio: la conferenza stampa. Mr. Wernher von Braun INTERCONAIR Aviazione e Marina Ottobre 1964
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F18 La missione affidatami per il volo consiste nell'orbitare attorno a un punto e a una quota stabiliti per intercettare eventuali incursori in avvicinamento alla Coral Sea. Volerò sotto il controllo di un E2C Hawkeye, che mi chiamerà e mi guiderà su di loro. Effettuati i controlli a terra, salgo a bordo, e mi allaccio al seggiolino. Con l'alimentazione elettrica estema eseguo i check alle apparecchiature e avvio la piattaforma inerziale, che impiegherà circa 4 minuti ad allinearsi (cioè immagazzinare ed elaborare i parametri relativi alla missione che le sono stati immessi, n.d.r.). E’ il momento di accendere i motori; aiutato dalla turbinetta ausiliaria avvio prima il motore di destra, poi quello di sinistra. Chiudo il canopy e mi concentro sugli strumenti: i tre CRT a mia disposizione mi permettono di scegliere e visualizzare tutte le informazioni nel modo che preferisco; la loro grafica è così semplice che basta uno sguardo per inquadrare la situazione. Il tempo è ottimo, il mare è relativamente calmo, la portaerei ha solo un leggero beccheggio. Ma la mia missione durerà circa 90 minuti e al mio ritorno le condizioni meteorologiche potrebbero essere cambiate. Il "taxi-director" con un segnale convenzionale ordina ai suoi uomini di rimuovere le catene che ancorano il mio aereo al ponte; allaccio la maschera dell'ossigeno, così posso già utilizzare la radio nel caso di un'emergenza, come un guasto ai freni. Il rullaggio di un aereo di 22 tonnellate su un ponte in movimento, reso sdrucciolevole dagli spruzzi d'acqua salmastra, dalle perdite di fluidi idraulici e di cherosene e spazzato da raffiche di vento, non è mai un'impresa facile. A tutto questo bisogna aggiungere la notevole inerzia che l'Hornet accusa durante le sterzate a causa del muso così lungo e della gamba anteriore del carrello troppo arretrata (è uno dei pochissimi difetti di questo velivolo). Oggi, comunque, il rullaggio è breve, perchè vengo subito diretto sulla catapulta di lancio. Il peso del mio aereo, che è stato segnato col gesso sul portello del carrello, viene segnalato all'addetto ai comandi della catapulta, il quale regolerà di conseguenza la pressione del vapore. Mi preparo, ripassando mentalmente le procedure di emergenza per l'eventualità di una piantata dei motori o di un malfunzionamento della catapulta: allora non c'e che il ricorso al seggiolino eiettabile. Ci siamo. Ricevo l'ordine di dare massima potenza: per la missione di intercettazione, che richiede l'imbarco di due Sparrow e di due Sidewinder, non è necessario usare il post-bruciatore. Faccio un rapido controllo degli strumenti dei motori, saluto il "catapult officer" e, con la nuca contro il poggiatesta, mi preparo ad assorbire la violenta accelerazione. In pochi attimi la sequenza si completa: il "catapult officer" controlla il mio aereo, volge lo sguardo ai suoi uomini i quali, terminati i controlli, gli fanno segno, con il pollice in su, che è tutto a posto. Volgendosi verso prua, da il segnale di "sparo". La corsa della catapulta è breve, ma "intensa". L'aereo decolla senza che io debba intervenire sui comandi. Sono in aria, tiro su il carrello e non appena sono livellato a 200-300 piedi, accendo il radar e lo seleziono sul modo aria-aria; preparo i missili ed eseguo un rapido check degli strumenti. Noto immediatamente che il radar si è agganciato automaticamente a un aereo che mi precede di 3-4 miglia. E’ uno dei nostri, decollato prima di me Salgo a 20.000 piedi e, selezionata la frequenza radio dell'Hawkeye, mi faccio identificare e dirigere alla mia area di pattugliamento. L 'F / A 18 è molto agile e la cosa mi stupisce ancora, anche se ho ormai al mio attivo circa 650 ore di volo su questo aereo, dopo averne fatte 1.500 sull'F 4 Phantom. Ma l'Hornet non è solo un velivolo di nuova generazione, e un sogno concretizzatosi nella realtà.: il profilo delle ali si modifica automaticamente per compensare la velocità, la quota e i carichi; e con un rapporto spinta/peso superiore a 1 si può tirare indietro con forza la cloche, spingere a fondo le manette, inserire il post-bruciatore e salire verticalmente con un'accelerazione che mozza il fiato. E’ trascorso qualche minuto e l'Hawkeye mi chiama, dirigendomi verso un obiettivo in arrivo da nord. Accelero, scendo per raggiungere la quota del mio target ed ecco che il radar lo aggancia, fornendomi tutte le informazioni che mi serviranno per stabilire quale tecnica mi converrà adottare per il combattimento. La Coral Sea è impegnata in un'esercitazione con la portaerei francese Foch, che è il nostro avversario di turno. E infatti, l'aereo che mi preparo ad affrontare è un velivolo della Marine Nationale, un Super Etendard. Quando lo raggiungo, il suo pilota mi vede troppo tardi e cerca di guadagnare la sua prua su di me con una virata a sinistra. Accendo la videocamera per registrare tutto il combattimento (simulato, s'intende): essa è posta proprio di fronte a me e riprende, in sovrapposizione, anche i dati dell'HUD. Così, durante il de-briefing, potrà dimostrare il successo della mia missione. Eccolo, è nel mirino. Seleziono il cannone e cerco di collimare proprio sul suo abitacolo. Il francese cerca di farsi sorpassare tirando al massimo la cloche, vira a destra e comincia a scaricare combustibile, per alleggerirsi. A questa punto, comincio a preoccuparmi del fatto che il mio "avversario" possa ritrovarsi in un assetto pericoloso (uno stallo, bassi come ci troviamo, potrebbe essere fatale) per cui decido di interrompere questo duello simulato. E’ il momento di rientrare. Raggiungo una cisterna KA 6D per rifornirmi: ho consumato parecchio JP 5 durante il combattimento con l'aereo della Foch. Poi, mi aggrego ad altri due Hornet della mia squadriglia e voliamo in formazione; raggiunta la nave, abbassiamo il gancio e ci inseriamo nel circuito di atterraggio. Siamo a 600 piedi, passiamo sulla nave e siamo in apertura. Giù flap e carrello, veloce ripasso mentale delle procedure di emergenza. In questo momento, mi devo concentrare su tre cose: sull'HUD, che mi indica la velocità, la direzione, la quota e l'angolo di attacco, e attraverso il quale vedo man mano ingrandirsi la nave; sulla striscia centrale della pista e sulle lenti Fresnel, che mi segnalano l'inclinazione del sentiero di discesa. Impostato un rateo di discesa di 700-800 piedi al minuto, agisco sulle manette e sulla cloche per mantenere il mio aereo sul sentiero, tenendo conto, nel frattempo, che la nave si muove allontanandosi da me a circa 30 nodi di velocità e che la pista sulla quale mi poserò è angolata sulla sinistra di 10 gradi: si sposta, cioè, lentamente verso destra. Ormai sono all'altezza delle funi di arresto. Spingo al massimo le manette per essere in condizione di riattaccare immediatamente nel caso il gancio dovesse mancarle tutte e quattro. E’ andata bene: ho agganciato la terza fune. La frenata è violentissima, l'aereo si schiaccia tutto in avanti, poi si ferma. Mi viene segnalato di sollevare il gancio e di ripiegare le semiali, poi vengo diretto verso l'area di parcheggio. Per dieci minuti sarò impegnato negli ultimi controlli e a discutere con gli specialisti delle anomalie eventualmente riscontrate durante la mia missione. Ho appena portato a termine una missione di intercettazione. Questo pomeriggio, dovrò farne una di attacco. Niente di strano: il bello dell'Hornet è proprio questo. Volare, Marzo 1986
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Diversi anni fa mi capitò di portare in volo un mio carissimo amico pilota sul cap 10B, diciamo per un battesimo acrobatico. Una bravissima persona ma con un grandissimo difetto: è un ingegnere aeronautico. (Chiedo scusa prima di incappare in qualche scomunica….) A seconda di quale delle due personalità prevale, può essere simpaticissimo e modesto (l’amico) , oppure arrogante e logorroico (l’ingegnere). Avevo adottato tutti gli accorgimenti possibili per evitare di farlo star male: selezionando le manovre , intervallandole in modo da permettergli di rilassarsi tra una figura e l’altra , spiegandogli dove guardare in modo da fissare i punti all’esterno che si muovono meno, come ruotare la testa per tenere lo sguardo fisso sui riferimenti esterni, etc.etc.. Dopo una ventina di minuti di volo , quasi seccato mi fa : Beh, tutto qua!! A sentire te, avrei dovuto star male, vomitare etc,etc. Uhmmm!!.Bene! Guardo la velocità 230km/h, altimetro 900m ok Tirone e virata in salita a dx; aspetto che la velocità scenda a 160Km/h e tutto piede sx e strattone alla cloche per innescare lo snap a sx. 1 giro e ¾ ed usciamo paralleli all’asse pista 29 Lascio correre l’aereo in modo da uscire a circa 240 km/h e gli piazzo subito L’avalanche; esco ed imposto un bel wing over poco accentuato come figura di rientro, solo che nel bel mezzo , tanto per gradire un bel roll. PS: quest’ultima manovra era estremamente disorientante perché con il 10B, a causa della minor velocità di rollio rispetto al 10C, il roll degenerava in autorotazione Riprendo l’asse pista , faccio correre l’aereo e su in verticale, ¼ roll in piedi a sx , Fiesler e ¾ di snap a sx in discesa chiusura della manovra, mi volto e noto che il genio sta provvedendo a riempire il sacchettino che preventivamente gli avevo imposto di tenere a portata di mano… Fingendomi seccato gli dico : e che ca@@o !! avevo appena iniziato a divertirmi!!! E lui imbarazzatissimo : mi sa che me la sono cercata!!! PS: Da allora, è ritornato a volare con me sul 10B, ma non l'ho più sentito dire: Beh! tutto qua!!!
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L'aria calda al carburatore Nei normali carburatori a galleggiante, del tipo di quelli che equipaggiano ancora la maggior parte dei monomotori e un buon numero di bimotori dell'aviazione generale, durante il funzionamento si verificano sempre due fenomeni fisici che inducono un raffreddamento dell'aria che li attraversa. Quando il raffreddamento è sufficiente a portare la temperatura dell'aria contemporaneamente sotto al punto di rugiada e sotto allo zero termico, l'umidità contenuta nell'aria condensa e ghiaccia, e aderisce alle pareti del carburatore e della valvola a farfalla. Se il fenomeno si protrae nel tempo, l'accumulo di ghiaccio restringe vieppiù la sezione del condotto di aspirazione. Il motore comincia così a perdere progressivamente potenza, finchè, quando ai cilindri non arriva più miscela in quantità sufficiente, si ferma. Vediamo quali sono i due fenomeni che si verificano all'interno del carburatore durante il suo funzionamento. Nel punto in cui avviene la carburazione (cioè la miscelazione a livello molecolare dell'aria con la benzina), la sezione del condotto di aspirazione si restringe e forma quella parte del carburatore che è conosciuta come tubo di Venturi. Il restringimento del tubo di Venturi ha lo scopo di far accelerare l’aria aspirata dai pistoni e quindi di farne diminuire la pressione (per il principio di Bernoulli). La minor pressione dell'aria serve per aspirare la benzina dalla vaschetta e per favorirne l'evaporazione, necessaria affinchè la benzina e l'aria si mescolino uniformemente. La depressione che si forma nel tubo di Venturi, fra le altre cose, costringe l'aria a espandersi. L'espansione dell'aria, così come quella di ogni altro gas, provoca un raffreddamento adiabatico, che è tanto maggiore quanto maggiore è la diminuzione della pressione. Contemporaneamente all 'espansione dell'aria, avviene l'evaporazione della benzina così, come per qualunque altra sostanza, anche l'evaporazione della benzina sottrae all'ambiente nel quale avviene una grande qauntità di calore, nota come calore latente di vaporizzazione. Il raffreddamento provocato dall'insieme dei due fenomeni può far scendere la temperatura all’interno del carburatore anche di oltre 30° centigradi rispetto alla temperatura dell'aria esterna. Fra i vari regimi ai quali può funzionare un motore, quello più pericoloso ai fini delle formazioni di ghiaccio al carburatore è il funzionamento al minimo, o comunque alle basse potenze. Ciò è dovuto al fatto che, quanta meno potenza eroga il motore, tanto più chiusa deve essere la valvola a farfalla nel carburatore, e quindi, tanto più stretta diventa la luce attraverso la quale è costretta a passare l'aria diretta verso i cilindri. Trovandosi a dover attraversare una sezione più piccola, l'aria è costretta ad accelerare maggiormente, per cui la sua pressione diminuisce ancora; l'espansione conseguente fa aumentare il raffreddamento e quindi le probabilità di formazioni di ghiaccio. La formazione del ghiaccio Abbiamo stabilito che in un carburatore si verifica sempre e comunque una diminuzione di temperatura. I fattori esterni, che concorrono a creare le condizioni necessarie perchè nel carburatore si possa formare ghiaccio, sono la temperatura, il punta di rugiada e l'umidità relativa dell'aria esterna. Le probabilità di formazioni di ghiaccio al carburatore, ai diversi regimi di funzionamento del motore in planata si possono incontrare anche quando la temperatura dell'aria esterna è superiore a 90°F (+ 32°C), e quando l'umidità relativa è anche solo del 40 per cento. Ora che abbiamo visto come si generano le formazioni di ghiaccio al carburatore, vediamo come è possibile combatterle quando si è ai comandi di un aereo equipaggiato con un motore a carburatore. (I motori a iniezione possono essere considerati praticamente immuni dal pericolo, dato che la benzina viene iniettata direttamente a monte delle valvole di aspirazione.) Come sappiamo, i costruttori muniscono tutti gli aerei con motore a carburatore di un comando posto in cabina che immette aria calda nel carburatore e previene o elimina le eventuali formazioni di ghiaccio. Azionando il comando dell'aria calda, si cambia la posizione di un'apposita valvola, che va così a chiudere il normale condotto di accesso dell'aria esterna e ne apre un altro attraverso il quale passa l'aria che è stata preventivamente riscaldata in uno scambiatore di calore montato sui condotti di scarico del motore. Gli effetti collaterali che l'invio dell'aria calda al carburatore ha sul motore sono una diminuzione della potenza e un arricchimento della miscela, entrambi dovuti al fatto che l'aria calda è meno densa di quella fredda. Prima di passare ad analizzare come e quando usare il comando dell'aria calda al carburatore, è bene richiamare alcune raccomandazioni date ai piloti dalla casa costruttrice di motori Avco-Lycoming, tramite la sua pubblicazione tecnica Flyer (la Avco-Lycoming spartisce con la Continental il monopolio mondiale dei motori aeronautici a pistoni). - Azionando a fondo il comando dell'aria calda al carburatore, il motore perde circa il 15% della potenza e la miscela si arricchisce. Il ripristino della potenza può essere ottenuto con un aumento di 2 pollici della pressione di alimentazione, o di 100 giri del motore. Applicando l'aria calda in crociera, è sempre bene rifare la correzione della miscela. - L'uso dell'aria calda al carburatore, quando il motore eroga il 75 per cento o meno della potenza massima, può essere prolungato indefinitamente senza danno per il motore. - L'aria calda al carburatore non va mai usata quando la temperatura esterna è al di sotto dei -30°C. A tali temperature, l'umidita dell'aria è infatti già allo stato solido e l'uso dell'aria calda potrebbe favorirne lo scioglimento e, quindi, il successivo ricongelamento all'interno del carburatore. - Poichè nelle scuole di volo vengono impiegati svariati tipi di aeromobili equipaggiati con diversi motori, sarebbe utile e auspicabile standardizzare l'istruzione dell'uso dell'aria calda al carburatore durante la fase di avvicinamento e di atterraggio con tutti gli aerei che impiegano motori a carburatore a galleggiante. La Avco-Lycoming non ha perciò alcuna obiezione alla più ampia diffusione di tale standardizzazione. L'uso dell'aria calda Passiamo quindi a considerare l'uso dell'aria calda al carburatore nelle varie fasi del volo. - Crociera lenta e avvicinamento per l'atterraggio. Poichè non è sempre facile determinare se le condizioni sono o meno favorevoli alle formazioni di ghiaccio; poichè il motore non soffre applicando l'aria calda anche per periodi prolungati; poiché durante l'avvicinamento la perdita di potenza causata dall'uso dell'aria calda al carburatore non ha alcuna rilevanza: prima di ridurre la manetta per eseguire il rallentamento alla velocità di avvicinamento, tirare sempre a fondo il comando dell' aria calda al carburatore, qualunque sia la stagione dell'anno. Dato che non ci sono controindicazioni, e infatti certamente preferibile dare l'aria calda anche quando non ce ne sarebbe bisogno, piuttosto che correre il rischio di non darla quando serve. Qualora si preveda di rimanere a lungo in volo alla velocità di avvicinamento, come a esempio durante le attese, è conveniente smagrire la miscela, ricordando però di ri-arricchirla prima dell'atterraggio, in vista di una possibile riattaccata. Crociera normale. Durante la crociera normale in condizioni di volo VMC, le probabilità di fare ghiaccio al carburatore sono generalmente poche; esse aumentano invece notevolmente quando si vola in condizioni IMC, specialmente in nube o in presenza di precipitazioni, allorchè l'umidità relativa dell'aria e più alta. Anche in crociera, il concetto informatore circa l'uso dell'aria calda al carburatore è fondamentalmente lo stesso: è meglio prevenire le formazioni di ghiaccio che non doverle eliminare, col rischio di rimanere senza motore. Quando si ritiene prudente immettere aria calda nel carburatore, a meno che a bordo non si disponga del termometro della temperatura dell'aria nel carburatore, il comando dell'aria calda va tirato a fondo. Un riscaldamento dell'aria parziale e di intensità sconosciuta potrebbe infatti favorire lo scioglimento degli aghi di ghiaccio, presenti nell'atmosfera quando la temperatura esterna è sotto zero, ma contemporaneamente non consentire di alzare la temperatura nel carburatore al valore che permette di prevenire le formazioni di ghiaccio. E’ consigliato l'uso continuo Quando si vola in nube o sotto la pioggia, è sempre prudente lasciare in continuazione l'aria calda al carburatore e seguire i consigli dei costruttori di motori; ripristinare la potenza e correggere la miscela. Quando invece si vola in condizioni VMC, ma si ha il dubbio che si possa fare giaccio al carburatore, è consigliabile tirare il comando dell'aria calda per una decina di secondi a intervalli di alcuni minuti e osservare il comportamento del contagiri e/o del manometro della MAP. Se, con "aria calda tirata, si nota il tradizionale calo di potenza, significa che nel carburatore non c'e ghiaccio; se, invece, dopo un iniziale calo della potenza, si nota che i giri o la MAP aumentano, vuol dire che nel carburatore si è formato del ghiaccio: in questo caso l'aria calda va lasciata in continuazione, oppure l'operazione va eseguita con maggiore frequenza. A volte può succedere che, tirando l'aria calda al carburatore, il motore cominci a funzionare irregolarmente o a perdere colpi. Ciò è in genere dovuto al ghiaccio formatosi nel carburatore, che, ingerito dal motore sottoforma di acqua, ne provoca il borbottamento finchè non è stato completamente eliminato. In questi casi bisogna resistere alla tentazione di riportare il comando dell'aria in posizione fredda finche il motore non torna a funzionare regolarmente, perchè altrimenti si tornerebbe a riempire di ghiaccio il carburatore e si rischierebbe l'arresto del motore. - Decollo. In decollo l'aria calda non va mai usata. L'uso dell'aria calda quando il motore eroga la potenza di decollo, o comunque una potenza elevata, potrebbe provocare la detonazione nei cilindri. Inoltre, con la farfalla completamente aperta, le probabilità di fare ghiaccio sono minime. - Riattaccata e touch-and-go. Quando si deve dare piena potenza dopo una pla¬ata con l'aria calda tirata, onde evitare che il carburatore tardi a rispondere, e quindi che il motore manchi l'erogazione della potenza, è consigliabile dare prima la manetta e subito dopo portare l'aria in posizione fredda. La manetta deve però essere sempre portata avanti gradualmente, anche se in modo deciso. Naturalmente non bisogna dimenticare di portare il comando dell'aria in posizione fredda, perchè altrimenti il motore potrebbe subire dei danni da detonazione e potrebbe mancare la potenza necessaria per portare felicemente a termine la riattaccata. - Rullaggio. Durante le operazioni al suolo, il comando dell'aria al carburatore deve sempre rimanere in posizione fredda: in tal modo l'aria, prima di giungere al motore, è costretta a passare attraverso l'apposito filtro che ne trattiene le impurità, una delle cause principali dell'usura delle parti interne dei motori. Quando il comando è in posizione calda, l'aria giunge invece al motore senza passare per il filtro e porta con se tutte le eventuali impurità, la cui quantità è sempre maggiore al suolo che non in quota. Ciò ovviamente non implica che non si debba fare la prova dell'aria calda al carburatore prima di andare in volo, anzi! Se durante la prova motore alla posizione di attesa, non si nota il tradizionale calo di giri nel momento in cui si tira il comando dell'aria calda al carburatore, si deve tornare al parcheggio e consegnare l'aereo agli addetti alla manutenzione. R.Trebbi Volare , marzo 1987
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IRAQ II 25 novembre 1936 aveva volato un secondo S.79B (NC.351O), questa volta con motori FIAT A.80 RC 41, destinato a fungere da dimostratore per il mercato iracheno. Non senza difficolta, fu ottenuto un ordine per quattro S.79B/A.80 di serie (101-104), consegnati tra l'8 e il 15 ottobre 1938. Alla crisi anglo-irachena del maggio 1941 sopravvisse un solo S.79B di cui si conosce un volo effettuato l'8 giugno, poi si perde ogni documentazione. Gli aerei sono stati consegnati in Bianco Avorio. Tratto da Speciale S79 di Nico Sgarlato PS : Chiedo scusa ,ma lo scanner e relativo OCR qualche errore di conversione lo commettono!!!
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Come si pianifica un volo ? Beh a parte che lo chiedi alla persona sbagliata, il 65% delle mie ore di volo , prossime a 450, le ho passate sulla verticale del campo a fare capriole…. Comunque, potrebbe essere un utile bel ripasso... innanzi tutto si sceglie l’itinerario. Esempio, supponiamo di voler pianificare un voletto semplice tipo R.E. --> Lugo ( così gioco in casa) Per iniziare dobbiamo avere a portata di mano tutti gli strumenti che possono consentirci lo svolgimento di questo compito:. - Carta aeronautica 1:500.000 della zona interessata. - Goniometro Jeppsen per rilevare angoli di rotta e distanza in NM (Nautical Miles) - Righello graduato con al velocità di crociera del nostro aeromobile, che ci facilita il calcolo del tempo stimato di percorrenza delle varie tratte in cui suddivideremo la rotta. 4) Un modulo chiamato Pianetto di Volo, dove riportare tutte le info che potranno tornarci utili durante il volo, da fissare sul cosciale. Dopo una prima rapida occhiata alla carta aeronautica, notiamo che la nostra rotta interesserà il CTR di Bologna e di Romagna. Quindi dobbiamo procurarci le cartine topografiche Jeppsen relative a - CTR di Bologna, - CTR di Romagna, - Aeroporto di Ravenna (eventuale alternato) - Aeroporto di Lugo di Romagna. Tali cartine, sono disponibili presso qualsiasi scuola di volo. La tratta da pianificare comprenderà Aeroporto di Partenza, Aeroporto di Destinazione, Eventuale Aeroporto Alternato dove dirigersi se , per motivi a noi sconosciuti, dovesse risultare impossibile atterrare sull’aeroporto di destinazione. Questi dati ci serviranno anche per stabilire l’autonomia necessaria al nostro volo. Mettiamoci all’opera.. Il nostro aeroporto di partenza sarà Reggio Emilia. Consultiamo la cartina relativa al CTR di Bologna e scopriamo che , per l’attraversamento in VFR dell’area è prevista su una rotta obbligata a 1000ft AGL che , movendosi da Ovest verso Est, prevede l’entry point sulla zona ad ovest di Modena, un secondo punto di riporto è localizzato su Spilamberto, il terzo su Casalecchio di Reno, l’exit point è su S.Lazzaro di Savena. Usciti dal CTR di Bologna, entriamo in quello di Romagna. Consultiamo la relativa cartina e scopriamo che per una rotta S.Lazzaro – Imola – Raccordo Autostrada per Ravenna – Lugo non vi sono particolari disposizioni e/o controindicazioni se si rimane sotto i 1500 ft..AGL La scelta di una rotta leggermente più lunga come quella descritta sopra ,rispetto ad un diretto Imola-Lugo, è che offre molti riferimenti al suolo, quindi semplifica sia la pianificazione che i riporti di posizione. Non dimentichiamo che stiamo volando a vista. Infine consultiamo la cartina topografica dell’aeroporto di Lugo e apprendiamo che la pista ha un’orientamento 03- 21. Il circuito di traffico per la pista 03 è a 1000ft AGL, standard a sinistra, mentre per la pista 21 è a destra. Questo vuol dire che in entrambi i casi, l’aeromobile dovrà rimanere a ovest della pista, infatti a est è presente il box acro, quindi vietatissimo al traffico aereo. Da evitare assolutamente. Ora, arrivando dal raccordo dell’autostrada per Ravenna, dobbiamo prevedere che - se la pista in uso sarà la 03, avremo la possibilità di chiedere il lungo finale ed iniziare la procedura di atterraggio, in caso contrario dobbiamo portarci sul punto di ingresso al circuito di traffico per pista 03, che dobbiamo localizzare e segnare sulla carta. - Se la pista in uso sarà la 21, possiamo entrare direttamente in sottovento destro 21. A questo punto abbiamo tutti gli elementi per tracciare la rotta sulla cartina Aeronautica e compilare il pianetto di volo. Prendiamo Nota di tutte le frequenze necessarie . R.E = Twr 127.15 MODENA = Twr 119.55 BOA App = 120.10 BOA VOR-DME = 112.20 BOA NDB = 413 Romagna App = 118.15 Lugo Twr = 119.65 Ravenna Twr = 123.50 Chioggia VOR = 114.10 Supponiamo di utilizzare un PA28 Archer II e stabiliamo una velocità di crociera di 105 Kts Iniziamo a tracciare la rotta: 1) R.E. --> Entry Point Modena ( che sulla cartina è indicato con un triangolo marrone) Con il goniometro rileviamo la rotta : 105 , distanza 8 NM, E.time 5’ + 2’ ( i due minuti vengono aggiunti empiricamente, tenendo presente decollo, salita a 1000ft ed uscita standard dal circuito di traffico di R.E.) 2) MO --> Spilamberto : Rotta 145 , distanza 11 NM , 7 min 3) Spilamberto --> Casalecchio di Reno : Rotta 110 , distanza 11 NM , 7 min 4) Casalecchio --> S.Lazzaro : Rotta 095 , distanza 6 NM , 3.5 min 5) S.Lazzaro --> Imola : Rotta 120 , distanza 15 NM , 9 min 6) Imola --> Lugo : Rotta 065 , distanza 6 NM , 3.5 min + 2 min ( aggiungiamo 2 min. in modo empirico per tener conto del circuito di traffico standard) 7) Lugo --> Alternato Ravenna : Rotta 095 , 18 NM , 10 min Durata del volo da RE a Lugo = 5+2 + 7 + 7 +3.5 +9 +3.5 + 2 = 39 min Autonomia minima da dichiarare 39 + 10 (per l’alternato) + 30 (riserva) = 79 min circa 1.5h Qui termina la Pianificazione Teorica. Adesso dobbiamo considerare che non tutti i punti di riporto, che abbiamo tracciato sulla rotta, potrebbero essere facilmente riconoscibili, soprattutto se è la prima volta. Segue quindi un’attento esame delle cartine disponibili per rintracciare qualche particolare che possa consentirci di riconoscere in modo inequivocabile i punti di riporto. Ad esempio, Spilamberto è caratterizzato da un’incrocio tra il fiume Panaro e la ferrovia che da Modena va verso Vignola. Casalecchio di Reno è riconoscibile dallo svincolo autostradale che porta verso Firenze. Etc.Etc. Se a bordo abbiamo il VOR – DME, possiamo fare il Fix dei punti di riporto riferito al VOR –DME di Bologna e se lo riceviamo, con il VOR-DME di Chioggia. Esempio : Spilamberto--> BOA 090 TO : 11 NM CHIOGGIA 055 TO : 62 NM A questo punto siamo pronti per mettere in pratica il Volo. ---------------------------- E Allora Proviamo a Farlo Supponiamo di essere allineati con i 1400m della pista 11 di R.E. Il nostro Velivolo è un PA 28 Archer II con marche I-IKIM Decollo, continuiamo lungo asse pista fino a 500 ft. Viriamo in controbase 11 e usciamo ( in modo poco ortodosso ) dal circuito di traffico di R.E. A/V : Reggio, India – Mike lascia la zona ------ Predisponiamo COM 1 = frequenza del BOA Radar COM 2 = Frequenza di Modena ( passiamo accanto all’aeroporto di marzaglia, quindi meglio ascoltare eventuali traffici) NAV 1 : BOA VOR-DME NAV 2 : CHIOGGIA VOR-DME Prua verso l’Entry Point di Modena ----------- In prossimità di Modena , attendiamo il nostro turno, siamo già in ascolto di BOA Radar e facciamo la nostra chiamata. A/V = Bologna Radar, Buon Giorno da India-India Kilo India Mike BOA = India-India Mike, Buongiorno, Avanti A/V = India-India Mike è un Papa Alpha due otto da Reggio Emila a Lugo di Romagna senza Piano di Volo. Prossimi a Modena, 1000 piedi, Richiesta attraversamento Zona secondo Standard VFR BOA=India-India Mike autorizzato, riporti spilamberto , QNH uno zero due uno (in mbar), sette zero zero uno su trasponder , squock ident. Impostiamo 7001 sul Trasponder , spostiamo il selettore da Stand By a ALT, in questo modo il trasponder invia l’identificatico e la quota altimetrica e premiamo il pulsante IDENT che permette di intensificare il segnale trasponder sul radar, regoliamo un'altimetro sul QNH 1021. BOA= India-India Mike, Ident OK, Ci conferma volo No Fly Plan A/V = Affermativo ------------- Rotta per Spilamberto e facciamo partire il cronometro (sono necessari 7 min) Impostiamo la radiale di riferimento sul VOR BOA e selettore DME su NAV 1 Arriviamo su spilamberto, riconosciamo il fiume panaro e la ferrovia, i dati VOR-DME ci confermano l’esattezza del punto di riporto. Impostiamo la rotta per casalecchio, azzeriamo il cronometro e informiamo il Radar -------- A/V = Bologna Radar, India India Mike su spilamberto, inbound Casalecchio. BOA: Ricevuto, Riporti Lasciando San Lazzaro per la chiusura. ( c’è poco traffico, siamo visibili sul radar, quindi ci lasciano tranquilli fino a San.Lazzaro) Impostiamo la radiale To di Casalecchio di Reno sul NAV 1 Arriviamo su Casalecchio di Reno, lo riconosciamo, i dati VOR-DME corrispondono. --------------- Impostiamo la prua per S.Lazzaro, e i relativi dati VOR-DME.; azzeriamo il cronometro. Mentre procediamo verso S.Lazzaro, impostiamo su COM2 la frequenza di Romagna Radar. (quella di Modena non ci serve più) Dopo 3.5 minuti siamo su S.Lazzaro , lo riconoscerebbe anche un cieco e puntiamo verso Imola. Qui i riferimenti non ci mancano. Autostrada , ferrovia, via emila. A/V: Bologna Radar, India-India Mike su S.Lazzaro, inbound Imola. Chiude con voi BOA: India-India Mike chiusura alle 10.30, cambi con Romagna Radar sulla uno uno otto decimale uno cinque buon giorno- A/V: uno uno otto decimale uno cinque , buon giorno e a risentirci Verifichiamo di avere impostato correttamente la frequenza di romagna Radar sulla COM 2, giriamo il selettore Com su COM 2 e ci mettiamo in contatto con il Radar ----------- A/V : Romagna Radar , Buon Giorno da India-India Kilo India Mike RMG: India-India Mike, Buon giorno Avanti. A/V : India-India Mike è un Papa Alpha due otto da Reggio Emila a Lugo di Romagna senza Piano di Volo. Lasciato S.Lazzaro, inbound Imola che stimiamo tra 15 minuti circa , 1000 piedi, sette zero zero uno sul trasponder. RMG: Ricevuto, QNH uno zero due due, trasponder sette zero uno uno (c’è un’altro traffico a cui hanno gia assegnato il nostro precedente identificativo) riporti in vista di Lugo per la chiusura. Riportiamo il selettore trasponder su Stand By, selezioniamo il nuovo codice, e riportiamo il selettore su ALT. A/V: Ricevuto, sette zero uno uno su trasponder, riporteremo in vista di Lugo. Arriviamo su Imola, riconosciamo il circuito auto sulle colline del Santerno,ed impostiamo la rotta per Air field di Lugo. Impostiamo la frequenza della TWR lugo sulla COM 1. Azzeriamo il cronometro, e attenzione perchè ci vogliono solamente 3 ,5 minuti. ----------- Dopo due minuti, vediamo davanti a noi la pista di Lugo. A/V=Romagna Radar, India-India Mike in vista di Lugo, chiude con voi. RMG= India-India mike, chiusura alle 51, Buon giorno A/V= Buongiorno --------------- Veloce Cambio del Selettore su Com su COM 1 Selettore trasponder su Stand By, non ci serve più. A/V=Lugo Radio, Buon Giorno da India-India Kilo India Mike - Nessuna Risposta Dopo qualche secondo ripetiamo la chiamata A/V= Lugo Radio, Buon Giorno da India-India Kilo India Mike - Nessuna Risposta ------------- Evidentemente alla radio non c’è nessuno. Non è una torre, quindi le comunicazioni radio sono demandate a qualche volontario che si trova nei pressi della radio. Dobbiamo quindi adottare la procedura relativa alla mancanza di assistenza radio Cioè effettuare le chiamate all’aria, passare sulla verticale del campo a 1500ft per guardare la manica a vento e scegliere la pista di conseguenza.. A/V: Lugo Radio, India-India Mike, è un Papa Alpha due otto da Reggio Emila a Voi, lasciato Imola , in vista del campo, riporterà verticale a 1500 ft. Raggiungiamo la verticale del campo a 1500ft, passiamo sulla manica a Vento, e vediamo che la T indica pista in uso 03. A/V: Lugo, India-india Mike lascia verticale campo e si porta in sottovento sinistro 03. A questo punto non ci rimane che completare il braccio di sottovento 03 , base , finale 03 ed atterrare. Fine
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Una carta aeronautica è una particolare carta geografica che ha lo scopo di permettere al pilota, o al navigatore, di poter eseguire le OPERAZIONI DI CARTEGGIO prima di andare in volo e durante il volo, nonchè di permettergli di calcolare e riconoscere la sua posizione relativamente al terreno mentre il volo procede. Le operazioni di carteggio sono essenzialmente quattro: - dato un punto, trovarne le coordinate geografiche, - date le coordinate geografiche di un punto, localizzarlo sulla carta, - dati due punti, misurarne la distanza reciproca, - una volta uniti con una linea che si chiama ROTTA il punto di partenza e il punto di arrivo relativi a un certo volo, misurare l’ "ANGOLO DI ROTTA, cioè l'angolo che la rotta forma con la direzione del nord. Una carta aeronautica dovrà pertanto possedere tutti gli elementi per poter fare le suddette operazioni, e dovrà inoltre rappresentare la superficie della terra con tutti i suoi,elementi caratteristici, quali fiumi, laghi, coste, città, strade, ferrovie, aeroporti, ecc. Le scale più comunemente usate per costruire carte aeronautiche adatte al vola a vista su brevi distanze sono 1: 1.000.000, e 1:500.000. Esistono carte in scala 1: 10.000.000, 1 :5.000.000, 1 :2.000.000 adatte ai voli intercontinentali o a grande distanza, oppure carte 1:100.000; 1 :50.000, 1:25.000 dette anche TOPOGRAFICHE, e vengono usate per rappresentare le zone aeroportuali o le loro adiacenze per le fasi di avvicinamento. CARATTERISTICHE Di UNA CARTA Quando una carta mantiene invariati gli angoli rispetto agli stessi angoli sulla sfera di proiezione si dice che la carta è ISOGONA. Quando essa mantiene invariate le distanze, si dice che è EQUIDISTANTE. Quando la carta mantiene invariate le aree,si dice che è EQUIVALENTE. Nessuna carta geografica può mai possedere tutte e tre queste caratteristiche, in quanto, è impossibile rendere piana una superficie sferica senza deformarla. Una carta aeronautica o nautica DEVE essere almeno ISOGONA, per permettere di rilevare la rotta. La Carta di Lambert La carta di Lambert è la carta ormai quasi universalmente usata per navigare fino alle latitudini di 80°. E' ottenuta da una proiezione conica diretta secante o tangente centrografica modificata per ottenere l'isogonismo mediante le formule elaborate dal matematico francese Lambert. Dato però che per le carte in scala 1: 1.000.000 e 1:500.000, i paralleli di secanza sono molto vicini l'errore di equidistanza e praticamente trascurabile. Pertanto i fogli della carta di Lambert in uso per il volo a vista in scala 1: 1.000.000 e 1 :500.000 vanno considerati equidistanti. Le carte in scala 1:1.000.000 e 1:500.000 sono prodotte dai paesi aeronauticamente più avanzati,con l’intento di svolgere le funzioni previste per le World Aeronautical Chart ICAO. Nel nostro paese, la produzione di tali carte è demandata all’Istituto Geografico Militare. Lo spazio aereo Italiano è suddiviso in 10 fogli, ciascuno dei quali porta almeno una linea isogona che consente di rilevare la declinazione magnetica. Le tinte e le linee isometriche, di colore marrone variano di intensità con il crescere dell’altitudine che è espressa in metri. Gli spazi aerei sono ben evidenziati. Possono essere acquistate presso qualsiasi scuola di volo o presso la Bancarella Aeronautica.
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La Passione Per il Volo La passione per il volo è molto difficile da definire e soprattutto in molti casi difficile da condividere. Nella cerchia di amicizie e conoscenze che ognuno di noi si trova a frequentare quotidianamente difficilmente si incontrano persone animate da questo tipo di passione. Personalmente ho avuto la fortuna di condividere questa passione con un gruppo di persone straordinarie,uniche, che mi hanno insegnato tantissimo e alle quali sono legato da un profondo senso di amicizia. Il nostro gruppo, nel periodo migliore e cioè prima che alcune care persone, per ovvi motivi anagrafici venissero a meno, era composto da circa una ventina di individui, dall’età più disparate, si andava dallo sbarbatello di 20 anni all’ex pilota RSI ultrasettantenne, tutti uniti da un’unica grande passione “IL VOLO”. Il nocciolo del nostro gruppo, formato da 4 Fratelli, perché definirli amici mi sembrerebbe troppo riduttivo, si era forgiato durante il corso per il conseguimento del brevetto da pilota Privato tenutosi presso l’aero club di Reggio Emilia nel lontano 1991. Io,(Mik) JP,Nav, e Fisher Appassionati di volo acro, avevamo adottato uno schema originalissimo e che trasgrediva a quello che era stato , da sempre , il cliché dell’aeroclub che prevedeva che il pilota novellino completasse la sua formazione portando in giro piloti più esperti. Il nostro schema , invece, prevedeva : - il volo singolo con l’istruttore per affinare o approfondire concetti di assetti inusuali, rudimenti di volo in formazione, infarinature di procedure IFR. (per la serie se dobbiamo imparare tanto vale farlo dal miglior pilota disponibile, tanto più che in quel periodo ,a Reggio, volare con l’istruttore non comportava costi addizionali, quindi….) - oppure voli di trasferimento in coppia, due per aeroplano secondo il principio logico che mettendo insieme 4 mezzi pilotini, doveva pur saltar fuori un Pilota. E questo, ovviamente, creava qualche malumore sul piazzale dell’aeroclub, popolato di tanti piloti Experten , tutti rigorosamente brevettati a Miramar, che si sentivano trascurati e che noi classificheremo con termine bonario( ma non tanto), i piloti con la Valigia, coniando un termine che definiva lo stereotipo del pilota che per un trasferimento da Reggio E a Modena (5 min di volo) si porta in volo la valigia degli attrezzi,e cioè Carte cartine, goniometro,regolo Jeppsenn, Botlang e magari una volta in volo accende tutti gli apparati Com, Nav, VOR , ILS, e dato che c’e anche il DME e se disponibile anche il TCAS (non si sa mai). Low Pass Dopo circa un annetto di maturazione, forti delle nostre esperienze (si fa per dire), ma sostanzialmente consapevoli di aver seguito un trainig decente, venne il periodo in cui divertivamo a sobillare il piazzale con dei bassi passaggi lungo pista e tirone a fondo pista. Praticamente aspettavamo le ore più fresche della giornata, e nel tardo pomeriggio, saltavamo sui nostri P66C e iniziavamo una specie di giostra che comprendeva decollo, circuito di traffico, finale a palla (115-120Kts in configurazione pulita), asse pista percorso a bassa quota, e chandelle a sinistra o a destra per riprendere quota, e nuovo giro. Ovviamente tutto questo creava dei seri motivi di attrito sul piazzale, perche quasi tutti i piloti con la valigia, non gradivano questo modo di volare indisciplinato e pericoloso, secondo il loro metro di giudizio. Noi, dal nostro canto, cercavamo di passare inosservati come potrebbe passare inosservato uno che cerca di spegnere un principio d’incendio con delle secchiate di benzina. Lo scherzo Una volta, dopo l’ennesima serie di Low Pass, ero il navigatore di JP, e ci venne in mente uno stratagemma che aveva il chiaro scopo di appiccare l’incendio delle polemiche sul piazzale. Subito dopo l’atterraggio, sfruttando il fatto che la via d’uscita era molto distante dal piazzale, di comune accordo , ci siamo fermati subito dopo aver imboccato il raccordo, sono saltato giù dall’aereo, ho sradicato alcune piantine e le ho piazzate sul carrello, curando la sistemazione in modo che non potesse arrecare danno all’aereo durante il rimanente rullaggio e con indifferenza ci siamo diretti versi il piazzale. Chiaramente, arrivati sul piazzale dove potevamo parcheggiare l’aereo se non davanti al gruppetto di piloti con la valigia, eppure il piazzale dell’aeroclub di Reggio è enorme. E’ altrettanto evidente che i fascetti d’erba sono stati notati immediatamente, se è vero che i primi rimproveri ci sono arrivati via radio quando stavamo ancora parcheggiando l’aereo. Smontiamo giù con apparente disinvoltura, in mezzo ad un capannello di persone che ha circondato l’aereo; la cosa inizia ad essere preoccupante, e i rimproveri anche molto pesanti. In genere non sono il tipo molto adatto a combinare degli scherzi, perché non riesco proprio a rimanere serio ma in quel momento mi rendo conto che forse l’abbiamo combinata troppo grossa ed inizio ad essere seriamente preoccupato, tanto più che qualcuno dei Piloti va ad informare dell’accaduto il meccanico e l’istruttore. Mentre JP cerca di minimizzare la cosa discutendo con alcuni piloti, scorgo l’istruttore ed il capo meccanico che si stanno dirigendo verso di noi con un’espressione tutt’altro che rassicurante, intanto il capannello di persone attorno al nostro aereo è aumentato e tutti dicono la loro. Avrei la tentazione di rimuovere i fasci d’erba, ma forse è meglio non peggiorare la situazione. Il capo meccanico, un signore di settant’anni, ex motorista su S.79 delle reggiane è il leader carismatico del nostro aeroclub, anche l’istruttore gli porta grande rispetto ,ed è una persona molto severa ma anche molto leale. L’istruttore poi, è una persona con un curriculum vitae che farebbe impallidire chiunque, basti pensare che è un Ex istruttore Militare. Arrivano vicino all’aereo, ed iniziano ad ispezionare la gamba del carrello, in un silenzio quasi irreale; qualcuno dei presenti abbozza , timidamente, qualche provvedimento disciplinare nei nostri confronti, ed io e JP ci guardiamo ripetutamente con espressione che non lascia adito a dubbi: ma chi ca@@o ci ha detto di fare sta stron@@ta !!! L’epilogo di questa vicenda è tutta un programma. L’istruttore ,impassibile, da un’occhiata alla gamba del carrello, confabula con il capo meccanico , ci guarda con espressione mista tra il severo e il divertito, accenna ad un leggero sorriso e va via scuotendo il capo senza dire una sola parola. Il capo Meccanico,Walter, invece ci affronta a brutto muso e ci dice testualmente : Ma chi volete prendere in giro , voi due ? Scuote la testa anche lui, e va via. Si ferma dopo pochi passi, si gira verso di noi, e sfoggiando un sorriso a 40 denti ci urla di rimuovere l’erbacce dal carrello , munirci di stracci e ripulire l’aeromobile… E poi rivolto ai piloti con la valigia aggiunge, solamente dei fessi potevano abboccare ….. Le riattaccate Tattiche Oramai è evidente che il nostro gruppo, che nel frattempo ha acquistato nuovi elementi, è l’anima dell’aeroclub di R.E. ed è altrettanto evidente che il piazzale è suddiviso in almeno tre fazioni: Noi, i nostri nemici (i piloti con la valigia) e i non so, cioè la maggior parte dei soci piloti che non si schiera ne da una parte ne dall’altra, anche se sotto sotto, tifano per noi se non altro perché siamo più divertenti. Un bel sabato pomeriggio, arrivo in aeroclub alle 14.00, entro nella saletta briefing , e noto un capannello di piloti che staziona davanti alla bacheca dove è esposto un comunicato Importante che dice più o meno : A tutti i Sig. Piloti A partire da oggi, sabato (data che non ricordo) sono proibiti i bassi passaggi lungo l’asse pista Per motivi di sicurezza non saranno più tollerati atteggiamenti di volo indisciplinati. I trasgressori saranno puniti con la sospensione della licenza di volo per un mese.. Firmato : il direttore delle scuola. Ma che palle!!! Ovvio, il direttore della scuola è il leader dei piloti con la valigia… Iniziano le discussioni sul concetto molto soggettivo della sicurezza. E cioè, quanto può essere indisciplinato e pericoloso un pilota che preferisce uno schema di volo poco ortodosso, ma solo dopo aver affinato certe tecniche con l’istruttore, piuttosto che il classico pilota che non fa un check con un’istruttore da più di 5 anni e che magari certe ca@@ate le fa di nascosto, e in auto-apprendimento. Il nostro schema, che comporta voli frequenti e della durata di 20 min, ci porta ad essere più allenati del pilota che fa un volo di trasferimento lungo, magari ogni due mesi. Se consideriamo l’inversione dei ruoli tra pilota e navigatore , la rotazione degli equipaggi , i voli turistici che ci affibbiano, ciascuno di noi è in volo dalle 4 alle 5 volte per week end. Consideriamo che spesso, per i motivi detti precedentemente, continuiamo a volare con l’istruttore per affinare gli assetti inusuali. Il provvedimento ci sembra l’autentica ca@@ata all’italiana. Cioè, dato che non possiamo discriminare chi è capace di eseguire un low pass, dato che non possiamo impedire a chi non è capace di eseguirlo mettendo così a repentaglio la sicurezza del volo, allora proibiamo a tutti di farlo. Come è ovvio, il provvedimento ha come unico risultato immediato quello di scatenare un putiferio di polemiche. Il nostro gruppo, si riunisce attorno al nostro istruttore per cercare di capire le motivazioni di un tale provvedimento; il quale altro non può dirci che per quanto non sia d’accordo è comunque una direttiva del direttore della scuola e come tale deve essere rispettata. Però lui stesso nutre dei seri dubbi sulla validità di un tale provvedimento. Tra l’altro, sogghignando aggiunge: Allora le riattaccate a scopo didattico come devono essere considerate? Inutile dire che appena terminata la frase, le nostre menti quasi diaboliche, avevano trovato la soluzione al problema. Come tutti i sabati, aspettiamo il tardo pomeriggio per dare inizio alla giostra. Anche perché a quell’ora, sul campo ci sarà anche il direttore della scuola. Difatti, come lo vediamo arrivare, io e Nav chiediamo al meccanico se possiamo prendere lo I-IABX (P66C) , subito dopo Fox e Fisher prendono lo I-IADF (P66C) e DON e Pluto si impossessano dello I-IABI (P66C). Decollo e inizio un giro lungo per dare tempo agli altri di decollare ed predisporsi per la giostra. Lo scopo del gioco è quello di distanziarci in modo tale che sul capo sia presente sempre un aereo in Low pass. Dopo aver completato il circuito di traffico, mi presento in finale a 115 Kts, dichiarando un touch & Go,alla radio. Il direttore della scuola, (oohpsss ma guarda che caso ) mi da nr° 1 all’atterraggio… Arrivo velocissimo ed altissimo sulla soglia pista ed ovviamente dichiaro alla radio la riattaccata… E dato che in finale è presente il DF di Fox e Fisher libero immediatamente a sud ( con una chandelle ) per consentire il touch & Go dell’aeromobile che segue. Ovviamente Il P66C che segue adotta il medesimo accorgimento, ed io ho stretto il circuito a sud in modo tale da portarmi subito alle spalle del terzo P66C in modo da fornire anche a lui la scusa di liberare immediatamente a sud per consentire il touch & go del sottoscritto. Siamo andati avanti così per una 15 di minuti, intanto questo nostro problema ad atterrare decentemente ha fatto il giro dell’aria e diversi altri equipaggi in volo, scherzano via radio sul questa nostra improvvisa incapacità . Continuiamo, imperterriti in questo giochino, per altri 10 minuti, dopodiché sentendo che altri aerei si stavano avvicinando al nostro circuito di traffico per il rientro, decidiamo di togliere le tende e atterrare onde evitare di creare problemi. Stiamo rullando verso il parcheggio , quando io e nav sentiamo alla radio che uno dei PA28 dichiara una riattaccata, mi volto verso la pista e noto che il pilota esegue praticamente un low pass con chandelle a sud, esattamente come noi, che scoppiamo a ridere .. Nel frattempo arrivano in circuito, rispettivamente, l’istruttore con allievo sull’ultimo P66C della nostra flotta, l’altro PA28 ed il C172. Tutti e tre si cimentano nella riattaccata tattica… Incredibile, oramai siamo all’anarchia completa. Arriviamo sul piazzale e dopo aver parcheggiato l’aereo ci dirigiamo con indifferenza verso la postazione radio, dove è presente il direttore della scuola. Ora, è vero che è il leader dei piloti con la valigia, ma è anche vero che è stato il nostro istruttore di teoria; ci conosce benissimo e da una vita; sa perfettamente che non siamo né dei pivelli e né degli incoscienti, conosce il nostro iter addestrativo e quindi si limita a guardarci con espressione mista tra l’incazzato per aver chiaramente disubbidito ad una sua precisa direttiva, e allo stesso tempo divertito per l’escamotage trovata. Si limita a rimproverarci che la nostra punizione sarà quella di fare un check con l’istruttore per rivedere la procedura di atterraggio. La settimana successiva, il foglio con le direttive riguardanti i low pass era sparito, sostituito da un’altra disposizione secondo la quale: i bassi passaggi erano consentiti solamente sull’area aeroportuale a patto che le condizioni di traffico lo consentissero e previo check con l’istruttore . firmato : il direttore della scuola Tratto dal nostro diario, che stiamo ancore scrivendo i prossimi capitoli, se troviamo tempo di scriverli: - Volo in formazione - La nostra PAN - Rally Aereo - Abilitazione Acrobatica - Le prime gare - L'ultimo volo
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Scramble-Scramble ... mentre sto cenando penso che domani mattina, dopo esser smontato, potrò finalmente andare a pesca sul lago e provare la nuova canna che ho comprato la settimana scorsa. Sto giusto assaggiando il contorno quando l'ululato della sirena di allarme si diffonde per tutta la palazzina. Con rammarico interrompo il pasto ed insieme al mio gregario mi fiondo verso lo shelter assegnato; mentre corro penso che prima o poi devo smettere di fumare perchè i cinquanta metri che mi separano sembrano cinquanta chilometri. Finalmente salgo sul velivolo: «starter, manetta su idle e piattaforma inerziale». Comincio a legarmi aiutato dal capo velivolo. Un'occhiata alla temperatura della turbina mi dice che la messa in moto procede regolarmente. Dopo cinquanta secondi sono già legato con il motore "idle", il mio capo velivolo toglie le spine dal mio Martin Baker, da una rapida occhiata per controllare che in cabina sia tutto OK e infine allontana la scaletta. Mi metto il casco e chiamo la torre di controllo che prontamente risponde con le istruzioni per il rullaggio. Via i tacchi, Motore, e dalla luce dello shelter piombo nella oscurità notturna. Mentre rullo speditamente, attenuo le luci cabina e faccio un rapido giro di controlli: tutto OK. Arrivato alle spine di armamento missili, la torre mi da le istruzioni di «scramble»: « uscita n° 4, vettore 220°, angeli 39, crc lupo, canale 27, missione per identificazione. » Ripeto i dati via radio e li scrivo sui cosciale, chiedo l'autorizzazione di entrata in pista per decollo immediato e ricordo al n 2, il mio gregario, di effettuare i controlli predecollo. Mentre il velivolo entra in pista do uno sguardo in cabina: flaps su t-off , pressioni idrauliche nei limiti, spine seggiolino rimosse, tettuccio chiuso e bloccato, OK posso andare. Motore military, giri 100 %, post bruciatore ed incomincio la corsa di clecollo facendo un controllo incrociato tra le luci pista e gli strumenti. Stacco il velivolo dalla pista a 200 kts (360 Km/h), carrello su, spie spente, flaps su. Molto presto raggiungo la velocità di salita e porto l'assetto a cabrare a circa 35° sull'orizzonte artificiale. Entro dentro le nuvole a 3.000 piedi e mi concentro maggiormente sugli strumenti onde evitare di andare in vertigine dato l'assetto molto accentuato di salita e contemporaneamente penso al n° 2 che ha non poche difficoltà a seguirmi su radar di bordo; a sciogliere questi dubbi interviene la sua voce confermandomi di essere in contatto radar con il mio velivolo. Intanto l'altimetro sta girando come un forsennato, 10.000 piedi, 15.000, 25.000, passando per i 36.000 incomincio ad attenuare il rateo variometrico, finalmente livello a 39.000 piedi (12.000 metri) prossimo a mach 1, levo il post-bruciatore e faccio un rapido giro di controlli: tutto OK. Chiamo il CRC dandogli il livellamento a 39 angeli e subito mi conferma che siamo sotto controllo positivo del radar di terra. Chiedo informazioni sui target e risponde che la distanza attuale che ci separa e di 80 miglia, che la sua velocità è di mach 0.8 e che la curva di attacco sarà una curva Beam Stern (attacco a 90° con conversione sulla rotta del target). Controllo di avere l'armamento in sicura e passo il radar di bordo su aria-aria. Mentre mi avvicino al target incomincio a pensare a cosa mi troverò davanti dato che con questa notte senza luna sarà molto problematico riuscire a stabilire la matricola dello sconosciuto. Finalmente ho una traccia sui radar in corrispondenza della posizione passatami dal CRC; «contact con il target» esclamo via radio e contemporaneamente eseguo una accostata di venti gradi poichè sono un po' anticipato rispetto ai novanta gradi della curva di attacco. La distanza che mi separa diminuisce rapidamente e finalmente alzando gli occhi vedo in lontananza due Strobe Lights bianche che si avvicinano a novanta gradi rispetto alla mlia rotta. L'esperienza mi dice di continuare l'intercettazione sui radar in quanto facendola a vista di notte si rischia di sbagliare la curva di caccia perchè il senso della distanza e degli angoli viene notevolmente falsato. Arrivato finalmente al punto di inizio virata inclino il velivolo a 45° e mantenendo il target al centro del radar faccio il Lock-on trasmettendolo al CRC. Dato che la mia velocità di chiusura sul target è elevata incomincio a ridurre un po' di motore controllando ulteriormente che l'armamento sia in sicura (m viene in mente il B.747 Sud Koreano). Completata la curva di attacco finalmente posso alzare la testa e vedere il mio target: accidenti ha due strobe lights che sembrano due flash da fotografi tanto mi abbagliano. Cautamente incomincio ad avvicinarmi mantenendo una velocità di chiusura bassa ed ordinando al gregario di posizionarsi in range sul target. Finalmente sono a poche centinaia di metri e dalle luci accese poste in fusoliera posso intravedere il tipo di velivolo: un Boeing 707 della Air France: non soddisfatto devo avvicinarmi ulteriormente per leggere la matricola, con notevoli sforzi nel passare con gli occhi dall'oscurita della notte alla luce soffusa degli strumenti, ma finalmente giungo abbastanza vicino da pater leggere F-ANSA. Comunico le mie osservazioni al CRC chiedendo un recovery (rientro alla base) di minimo consumo. Il Tacan stranamente dice che mi trovo a 180 miglia dalla base ed il carburante a disposizione non è certo abbondante. Comunico al mio gregario di venire in coppia stretta e dopo un rapido calcolo chiedo al CRC un livello di volo compreso tra 280 e 300 che mi permetterà di consumare meno del dovuto. Finalmente dopo circa sedici minuti di volo incominciamo il GCI , controlli pre-discesa OK, lentamente l'altimetro incomincia a diminuire ed io penso nuovamente alla cena lasciata a metà, ma in fondo non ho più fame. Siamo a poche miglia dalla base ed il carburante mi consiglia di effettuare un atterraggio in coppia per non scendere sotto il bingo (carburante necessario per raggiungere l'aeroporto alternato). L'altimetro segna 2.000 piedi, QNH inserito, flaps T/O, carrello giù, flaps land, ed il mio gregario esegue fedelmente i miei ordini. Incominciamo il sentiero di discesa a circa 200 nodi dietro la voce amica dell'operatore GCA: faro acceso e via concentro sull'atterraggio. A destra 155°, sul sentiero, ... sentiero, a sinistra 150, allineati sull'asse pista, ... sentiero, ... sentiero, minime GCA: alzo la testa e la pista illuminata mi viene incontro. Allineandomi sulla mia mezzeria sorvoliamo la testata n° 2 aerofreni.., ora!, richiamo dolcemente diminuendo lentamente il motore, tocchiamo a 160 nodi, parafreno, freni, steering ingaggiato, faro di rullaggio. Lasciamo la pista e ci avviamo alla piazzola di disarmo missili: pochi minuti dopo al parcheggio compiliamo il libretto e ci avviamo al gruppo per il rapporto post-missione. Accendo una sigaretta e penso che anche se stanco posso andare a riposarmi soddisfatto del mio lavoro. JP4, Maggio 1984
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Il comandante è volato fuori Un volo di normale routine per presentare l'aeroplano, un Cheyenne II, a un probabile acquirente. Da Ginevra a Digione e ritorno, poco più di un'ora di vola in tutto. A bordo, oltre il comandante e proprietario del velivolo, salgono quattro passeggeri, due dei quali sono piloti professionisti, ma non abilitati al pilotaggio di quella macchina: uno è il comandante Guido.G., italiano (6.000 ore di volo), l'altro è il comandante Jerry S. inglese (16000 ore di volo). Senza storia il volo fino a Digione. Per il ritorno, al posto di pilotaggio di sinistra siede il comandante Guido assistito, nel posto di pilotaggio di destra, dal comandante responsabile del volo. Il tempo è molto brutto, si entra in nube appena dopo il decollo, c'e turbolenza e ghiaccio; passando i diecimila piedi, si accende il segnale di "cabina non pressurizzata". I due piloti non fermano la salita e continuano fino a 130, che è il livello richiesto nel piano di volo. Si cerca di individuare le cause dell'inconveniente, anche se non c'e da preoccuparsi più di tanto perchè la quota richiesta consente di volare senza pressurizzazione per qualche tempo. Tutto si svolge con calma assoluta; in pratica, non si tratta di una vera e propria emergenza. Ma il proprietario del velivolo e pilota in comando vuole accertare la causa della mancata pressurizzazione (non gli era mai accaduto prima) e, dopo aver fatto tutti i controlli suggeriti dal manuale, pensa di verificare la chiusura della porta di entrata che lui stesso, salendo per ultimo sull'aeroplano, aveva accostato. Si rivolge a Jerry S., seduto insieme ai due passeggeri, e gli chiede di verificare se la porta è chiusa. Jerry guarda e riferisce che la maniglia è in posizione verticale. Quando la porta è chiusa la maniglia deve essere in posizione orizzontale; l'inconveniente, dunque, nasce dalla porta. Il proprietario dell'aereo chiede allora a Jerry di girare la maniglia, ma quest’ultimo risponde che lui, in volo, la porta non la tocca. Anche Guido si rifiuta di toccare quella dannata maniglia. A questo punto, visto che i due non intendono assumersi la responsabilità di rimediare alla sua disattenzione, si alza egli stesso,lascia il suo posto di "secondo" e si dirige verso la porta nella parte posteriore del velivolo. L'aereo è sempre in nube, la temperatura esterna è di meno 25 gradi centigradi. Dice Jerry: "Ho visto quel signore avvicinarsi alla porta e provare a girare la maniglia che, però, non si muoveva. L'ho visto poi osservare i bordi laterali per qualche secondo; poco dopo, con una mano, ha toccato il pomello di sgancio e con l'altra ha tentato di girare la maniglia. A questo punto, in una frazione di secondo, l'ho visto uscire dall'aereo come un razzo. E’ volato via non verso il basso, ma verso l'alto. Sparito!! Sono andato avanti e ho detto a Guido: "He's gone". Guido, mi ha guadato sbalordito e mi ha detto: "che cosa vuol dire gone?" "Vuol dire che è sparito, che è uscito fuori dell'aereo, che non c'e più!". Dice Guido: "A un tratto avevo sentito un gran botto e contemporaneamente un vento fortissimo e entrato nell'aereo che subito ha imbardato. Poi è venuto verso di me Jerry e mi ha detto della scomparsa del proprietario. Non ci volevo credere. Ho chiesto a Jerry di entrare in cabina al posto di pilotaggio di destra e lanciare il Mayday. Io intanto mi trasferivo nella parte centrale dell'aereo sia per calmare i due passeggeri, sia per cercare di richiudere la porta che così aperta rappresentava un gravissimo pericolo. Le cerniere che la tenevano vincolata alla struttura potevano cedere da un momento all'altro e finire sui piani di coda". Ma, avvicinandosi alla porta, Guido fa una scoperta sbalorditiva: un piede, il piede del comandante scomparso nel vuoto, è incastrato nella parte sinistra in basso dell'apertura. Chiede a Jerry di ridurre la velocità (al momento dell'apertura della porta, l'aereo volava a 180 Kts) e, aggrappandosi ai lati dell'apertura, si spinge appena fuori e vede una scena raccapricciante: il proprietario dell'aereo è, attaccato al cavo che sostiene la porta quando è aperta, completamente sospeso nel vuoto. E’ quasi nudo, cianotico, i vestiti sono stati strappati, ha la faccia deformata dal vento. Per metà è ricoperto di ghiaccio. Jerry ha lanciato intanto il suo messaggio di soccorso; da terra chiedono il motivo del Mayday. "Il nostro comandante è volato fuori dell' aereo", dice Jerry. Da terra, rispondono impassibili: "Copiato, mantenete il livello 130 e restate in attesa di istruzioni" . Guido, incastrandosi tra i due sedili posteriori, è, intanto, riuscito ad afferrare il piede del comandante. Attraverso un passeggero riesce a comunicare con Jerry, che ha ridotto la velocità a 95 Kts, flap fuori. Il vento e il rumore nell' aereo non permettono ai due piloti di parlarsi direttamente; Guido da le istruzioni a uno dei passeggeri (una signora) che le riferisce in cabina di pilotaggio. Si tratta, ora, di inclinare l'aeroplano e fare opportune manovre per facilitare il recupero del comandante. Jerry, volando in nube, da destra, senza conoscere i parametri dell'aereo su cui sta volando per la prima volta, ottempera perfettamente alle richieste di Guido. Lo stesso Guido, continuando a lavorare davanti alla porta con eccezionale sangue freddo, riesce così a recuperare lo sfortunato comandante che viene adagiato lungo il corridoio, semi assiderato. Ma l'emergenza non è finita. La porta, malgrado la velocità ridotta, sembra non poter resistere ancora molto; Guido, lasciato il passeggero alle cure degli altri, cerca di trattenere il cavo della porta in qualche modo. Jerry, intanto, riceve le informazioni per l'avvicinamento; ma non conoscendo l'impianto radio, non cambia la frequenza su cui era sintonizzato. E su quel a frequenza viene istruito fino a terra. L'atterraggio avviene con la porta aperta. Appena a terra, l'aereo è circondato da pompieri e ambulanze. Non è stato facile spiegare non tanto l'uscita del comandante dall'aereo quanto il suo rientro. A terra i tecnici hanno poi controllato la porta; avrebbe resistito si e no due minuti; poi, si sarebbe staccata e non ci sarebbe stata salvezza per gli occupanti del Cheyenne. E questa storia non avremmo potuto raccontarla. Volare ,Maggio 1987
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Non è per andare controcorrente ma , secondo me, la ragione di questo incidente sta tutta qui: E per usare un’espressione estremamente cinica, usata da qualche istruttore acro per scoraggiare qualsiasi tipo di pirlata a bassa quota dei propri allievi: Il pilota era già morto quando ha deciso di chiudere il loop. Purtroppo, questo vuol dire poco. Consideriamo che il loop è la prima manovra acro che viene insegnata, perché è la più semplice. Eppure il numero di PILOTI ,che hanno perso la vita sbagliando questa manovra è impressionante. Perché ? Innanzitutto perché il loop eseguito partendo da una quota bassa, esempio dopo un basso passaggio, non è un loop ma deve essere una virgola, come viene definita in gergo. Cioè richiede una velocità d’ingresso notevolmente superiore alla velocità di manovra. Tanto per fare un semplice esempio, con un 10c la velocità di manovra è 220Km/h, un loop basso viene iniziato con un’affondata e una velocità di 300-310 km /h. Secondo punto, la manovra deve essere impostata in modo completamente differente; I primi 4/8 richiedono una esecuzione il cui scopo è quello di raggiungere la MASSIMA quota possibile sacrificando la rotondità della figura base. Il punto critico di decisione è ovviamente il top. Li è necessario valutare attentamente la quota e decidere eventualmente di chiudere il loop oppure modificare la figura in una via di mezzo tra L’Immelmann (potremmo non avere la velocità per eseguire la rotazione e quindi rischiamo di finire in vite) ed un Half Cuban Eight (potremmo non avere la quota per eseguire correttamente l’intero sentiero di discesa a 45°). Quasi sempre si opta per lasciare l’aereo in volo rovescio su un sentiero di discesa leggero, 5° – 10° per acquistare la velocità necessaria alla rotazione senza perdere molta quota. Scontato che queste informazioni fanno parte del bagaglio culturale di un pilota esperto, dove potrebbe essere l’errore ? Diversi anni fa, discutendo proprio di questo caso con un pilota espertissimo di acrobazia e presente a Salgareda,venne fuori che una delle ipotesi di errore poteva essere ricercata nella scarsa familiarità di molti piloti (soprattutto di Jet) con la display line offerta dalla pista corta dei piccoli aeroporti e/o aviosuperfici. Cioè, una pista corta offre la sensazione illusoria di essere alti, soprattutto quando si è abituati ad una display line di dimensioni maggiori, perché il pilota è indotto a valutare la sua altezza da come vede la pista. Ammetto che la cosa sul momento mi è sembrata un’autentica fesseria, come penso molti di voi stanno pensando in questo momento, ma con gli anni e con più esperienza ho avuto modo di rendermi conto di quanto sia vera questa cosa. Anche se ,personalmente, ho avuto modo di sperimentare l’esatto contrario. Cioè dopo aver volato diversi anni nel box acro di Lugo che ha come display line una pista di 800m per 10m, le prime volte che mi sono ritrovato a volare nel box Acro di Reggio E con una display Line di 1400m x 15m provavo la sensazione di essere basso, nonostante l’altimetro indicasse la quota di lavoro di 1000m. Ora, tutto questo discorso ha , ovviamente , lo scopo di fornire solamente qualche semplice informazione e non la pretesa di voler insegnare. Resta il fatto che , purtroppo , quando si sbaglia una figura a bassa quota le possibilità di rimediare all’errore sono sempre pochissime…. PS:…e a scanso di equivoci ribadisco che non sto criticando il pilota, ma semplicemente sottolineando , semmai ve ne fosse bisogno, che tutti possono incappare in qualche errore, anche i grandi piloti.
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Scrivere il racconto del primo volo quando si è appassionati è cosa relativamente semplice, farlo quando non si è del settore è decisamente più complesso. Questa è la storia di un giovane collega , la cui età è in sintonia con la maggior parte degli utenti di questo forum, che ha deciso di provare a fare un volo su un’ aereo da turismo. -------------------------------------------------------------- Ciao, mi chiamo Francesco e quella che stò scrivendo è la storia del mio primo volo.(battesimo dell’aria) Qualche anno fa ho avuto modo di conoscere,per motivi di lavoro, una persona un pò particolare! Mi spiego meglio; Stò parlando di un signore di mezza età, apparentemente di poche parole e molto concentrato sul lavoro(Michele alias Mik). Dalla descrizione potrebbe sembrare il classico "SECCHIONE" con gli occhiali che stà seduto di fronte alla Professoressa ad ascoltare solo lui la lezione...invece si tratta di una persona semplice con la quale si può discutere facilmente e su qualsiasi tipo di argomento! Pensate che le nostre prime chiacchierate riguardavano la "Conquista dello Spazio e l'esplorazione di MARTE"... Non è difficile intuire che sia un appassionato di volo, perché sui suoi pc portatili imperversano sfondi di aeroplani. In circostanze che non ricordo sono venuto a conoscenza che fosse ADDIRITTURA un pilota ! La cosa mi ha lasciato un pochino perplesso ma anche incuriosito ! Un giorno di settembre, mentre ci stavamo sfottendo a vicenda ( argomento F1..) su chi fosse il pilota più bravo tra KIMI ed ALONSO è nata l'idea di fare un volo! Da grande tifoso di RAIKKONEN feci una scommessa con Mik: se Kimi avesse vinto il mondiale lui mi avrebbe portato in volo! Mancavano 3 GP alla fine del mondiale ed i punti da recuperare erano tantissimi! Sembrava impossibile ed invece…..! Da lì al giorno in cui avrei messo piede sull'aeroplano però è passato un pò di tempo. Infatti tra impegni vari, condizioni metereologiche avverse e cambi di programma dell'ultimo momento , sono trascorsi un paio di mesi. Pensate che un giorno in cui le condizioni di visibilità erano ottime (Ndr: non erano ottime, ma superlative! di giornate così limpide, nella padana ne capitano 10 in tutto l’anno) dovetti rinunciare al volo per andare a vedere la mia squadra del cuore prendere 4 papine dal Bologna (CHIEVO)! Dovetti aspettare un'altro mesetto prima che il tempo si decidesse a venirci incontro ma poi finalmente il D.Day!!! Sabato 22 dicembre Già dal mattino la giornata non mi sembra un gran che. Una leggera foschia e la copertura nuvolosa molto alta, la fanno assomigliare ad una delle tante grigie giornate invernali, tipiche delle nostre parti. Ormai sono rassegnato, e da un momento all’altro mi attendo la telefonata del mio (amico?) pilota che mi rifilerà l’ennesimo rinvio per motivi metereologici. Ci sentiamo al telefono intorno alle 11.00 e … Radevouz alle 15.00 presso l’aeroporto di Modena Marzaglia. E’ difficile descrivere il mio attuale stato d’animo; Da un alto sono contento che finalmente , dopo varie peripezie, sia arrivato il giorno tanto atteso ma allo stesso tempo mi sento stranamente irrequieto. Cerco di non pensarci. Arrivo a Modena Marzaglia alle 15.30, tanto per non smentirmi in ritardo!!! Anche perché trovare la strada per raggiungere l’aeroporto di Modena, la prima volta, non è proprio semplicissimo. Non ho neanche il tempo di fumarmi una sigaretta per scaricare l’emozione, che il pilota , mi sollecita a seguirlo; in inverno viene buio presto. Con curiosità, mi avvicino all’aeromobile un Piper Pa 28 Archer II e noto che la sua matricola I-IKIM, è l’anagramma del nome del mio pilota preferito in F1. La cosa mi sembra di buon Auspicio - Giuro che su un’aero con Marche I-ALNS non ci sarei salito!!!! Intanto Mik ha iniziato il giro di ispezione esterna, lo osservo mentre controlla, muove, scanchera intorno a piani di coda, flaps, alettoni, elica; insomma un giro completo attorno all’aeroplano. Mi verrebbe di fare qualche battuta, anche per scaricare la tensione nervosa , ma mi rendo conto che forse è meglio evitare di deconcentrarlo,anche perché è un tipo che non reagisce molto bene a questo tipo di provocazioni. Dato che il Pa 28 ha una sola portella ed è sul lato passeggero, quindi io sarò l’ultimo a salire, Mik mi spiega dove mettere i piedi e soprattutto come chiudere la portella una volta salito a bordo. Finalmente a bordo!!! L’abitacolo è un pò strettino. Cerco la cintura di sicurezza, e dopo qualche minuto mi rendo conto di esserci seduto sopra!! Mik, nel frattempo, ha iniziato la procedura di avviamento,seguendo la check list. Iniziamo a rullare verso la pista, e noto con dispiacere che l’altezza del mio sedile non mi consente di vedere benissimo davanti! Fa niente!!! Completate prove motore e ultimi controlli, iniziamo il Back track per allineamento e decollo da pista 11. Man mano che ci dirigiamo verso il fondo pista comincio a rilassarmi sempre di più anche se non mi sento proprio a mio agio, sempre per la posizione del sedile e penso la prossima volta mi porto un cuscino! Comunque cerco di non pensarci e godermi al massimo il momento del decollo perché penso sia la cosa più eccitante! Completato il back track, siamo allineati con gli 800m della pista di Modena, ultimi controlli e tutta Manetta. L'aeroplano inizia la corsa di decollo, acquistando sempre più velocità e circa a metà pista si stacca da terra. Siamo in volo!! All'inizio provo delle leggere sensazioni di vuoto che però spariscono subito. Mik, Tramite radio, informa Modena che rimaniamo nel circuito di traffico per un touch & go! Mi spiega che in questo modo , avremo la possibilità di verificare la visibilità orizzontale, visto che la giornata non è gran che e allo stesso tempo gli servirà come allenamento. Sono troppo distratto dalle tante novità per potermi rendere conto di quello che stiamo facendo, quindi mi limito a guardar fuori. Effettivamente la giornata non è delle migliori. Sta di fatto che dopo un po’, rivedo la pista davanti a noi e Mik mi spiega cosa sta facendo. Tocchiamo terra in modo molto Soft, Mik spinge avanti la manetta, l’aereo riprende la sua corsa per il decollo. Sento Mik sbuffare : Uhm ! Non c’è male. La cosa più bella però doveva ancora arrivare. Mik informa Modena, tramite radio, che lasciamo il circuito. Mi spiega che , sempre a causa della visibilità non buona, ci piazzeremo su una zona di lavoro tranquilla tra Campogalliano e la periferia Ovest di Modena ad una quota di circa 1500ft. Una volta raggiunta la zona di lavoro , sento Mik che mi dice di prendere i comandi di volo e provare a pilotare l’aeroplano cercando di rimanere in questa zona. Una figata eccezionale!!! Una sensazione indescrivibile…. Ero letteralmente spaesato , timoroso , affascinato …. All'inizio ho provato timidamente a direzionare l'aereo a destra e poi a sinistra, con angoli di bank piccoli. Dopo qualche manovra, fatta assieme e con angoli di bank prossimi a 20°, ed aver capito come dovevo sostenere l’aereo in virata, per evitare di perdere quota, ho notato che Mik aveva lasciato i comandi di volo e si limitava a dirmi solamente dove dirigere l’aereo e quali correzioni apportare. PS: anche se era sempre pronto ad intervenire in caso di errore.. Ero talmente concentrato nelle mie manovre che ho iniziato a sentire parecchio caldo, tanto che ho chiesto a mik di spegnere il riscaldamento.(……..che non era attivato!!!!!). Dopo un po’ che circuitavamo su questo percorso, a mik è venuta la grande idea di mostrarmi una manovra chiamata WING OVER che consisteva nell' impennare l'aeroplano per poi virare immediatamente e scendere in picchiata. Sarà anche una manovra che rientra nella formazione da pilota ma in quelle circostanze credo di aver perso più o meno 15 Kg, ma è stato veramente eccitante. Abbiamo continuato a circuitare nell’area di manovra e poi ci siamo diretti verso il circuito di traffico per l’atterraggio. Ovviamente i comandi li ha ripresi Mik! Una volta a terra, ci siamo diretti verso la segreteria, dove mi ha compilato il diplomino di Battesimo dell’Aria. Lo so che è per i bambini, ma in questo caso per me ha un significato particolare, sarà un bel ricordo di una giornata speciale. Beh che dire: Credevo che a parte il decollo il resto sarebbe stato un semplice giretto su Modena ed invece mi sono dovuto ricredere!!! E stata una sensazione unica, mi sono divertito un sacco e tutt'oggi ringrazio Mik per la possibilità concessami. Un grandissimo regalo di Natale!!! Ps: chissà se per Pasqua mi porta a fare qualche capriola sul Cap10C ? Note di Mik!! Allora, in primis ringrazio Franz per il racconto, ha mantenuto la promessa. Devo dire che se da un lato mi dispiace che il suo battesimo dell’aria sia avvenuto in una giornata poco adatta, dall’altro il rimanere in un circuito stretto come quello descritto lo ha costretto ad un tour de force per quello che riguarda la pratica di pilotaggio perché si è dovuto sobbarcare una ventina di minuti di virate e contro-virtate , quindi ha avuto modo di godersi l’aeromobile per più tempo rispetto ad un giro più lungo e quindi più “statico”. Ultima Considerazione, prima che qualcuno decida di stracciarsi le vesti e di gridare all’incoscienza: E’ normale prassi che un pilota decida, a seconda delle circostanze, di lasciare il solo volantino nelle mani di un’aspirante pinguino, dopo le necessarie spiegazioni del caso. Soprattutto, come nel mio caso, quando si conosce perfettamente la persona in questione e si è sicuri che abbia recepito perfettamente il significato dell’ordine “Molla i comandi”.
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Beh, quantomeno dovrà offrirci un caffe !!! Però adesso rischiamo OT
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OK, almeno abbiamo animato questa discussione
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Questa è una domanda alla quale non so come rispondere. Ma penso che valga la tua affermazione circa gli ufo tedeschi Edit: OK! non lo metto in dubbio, però io non le posseggo. posso basarmi su quanto riportato da Tullio De Prato e da Govi.
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Eh e non capisco la tua incredulità ? Cioè, se fosse esistito un progetto RE2007, vuoi che il capo collaudatore delle Reggiane ne fosse all'oscuro tanto da non menzionarlo minimamente nella sua biografia ? Idem per GOVI. non vedo cosa ci sia di così strano.. Stavo appunto dicendo che il progetto RE2007, molto probabilmente non è mai esistito. Ma non ho le prove per poter fare una tale affermazione!
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Beh, quando le fonti si chiamano Tullio De Prato, capo collaudatore delle Reggiane, e sopratutto GOVI non penso che rimangano tante alternative...... (ovviamente parlando delle Reggiane)