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10 JAN 1954 Comet G-ALYP left Rome-Ciampino Airport (CIA) at 09:31 UTC on a flight to London. After taking off the aircraft was in touch with Ciampino control tower by radio telephone and from time to time reported its position. These reports indicated that the flight was proceeding according to the B.O.A.C. flight plan and the last of them, which was received at 09:50, said that the aircraft was over the Orbetello Beacon. The Captain of another B.O.A.C. aircraft, Argonaut G-ALHJ, gave evidence of communications which passed between him and G-ALYP. The last such message received by the Argonaut began " George How Jig from George Yoke Peter did you get my " and then broke off. At that time, approximately 09:51, the aircraft was probably approaching a height of 27,000 feet. The Comet descended and crashed into the sea off the Island of Elba. 5 maggio 1972 – Un Dc8 dell'Alitalia si schianta contro la montagna Longa a Carini, a pochi metri dall'aeroporto di Palermo-Punta Raisi. 115 persone (108 passeggeri e sette membri d'equipaggio) perdono la vita. La Commissione ministeriale affermò che le cause determinanti dell'incidente furono la mancata osservanza da parte dei piloti del circuito di traffico aeroportuale e la mancata osservanza delle manovre previste dal manuale d'impiego. 23 dicembre 1978 – Un DC9 dell'Alitalia (AZ4128) in volo da Roma a Palermo precipita in mare a poche centinaia di metri dalla pista di Punta Raisi. Muoiono 108 persone, tra passeggeri e membri dell'equipaggio. 27 giugno 1980 Alle ore 21 esatte, i radar di Fiumicino cessavano bruscamente di registrare le battute dell'Itavia 870, un Dc-9 in volo tra Bologna e Palermo con a bordo 81 persone. L'aereo sembrava scomparso, ma dopo alcune ore spese in frenetiche quanto disordinate ricerche, si raggiungeva la certezza che era caduto in mare a nord di Ustica. Nessun superstite. Quel momento segnava l'inizio di uno di più grandi misteri Italiani. PERCHE ?????? -------------------------- Quello che mi ha sempre lasciato perplesso nel caso Ustica, è l’atteggiamento assunto subito dopo l’incidente (a caldo) dai vari addetti ai lavori. I primi a soffrire della terribile sindrome da Missile e/o collisione aerea sono proprio i nostri militari e cioè proprio coloro che fino al momento della scomparsa, avevano seguito sullo schermo radar di campino la sola traccia del DC9 Itavia e che oggi sbandierano lo slogan “Nessun aereo nel raggio di 50 km dal DC9”. Non vi sembra alquanto strano ? Cioè proviamo ad immedesimarci nella parte. Stiamo seguendo un tranquillo e solitario volo Itavia da Bologna a Palermo Punta Raisi, perdiamo il contatto radar e che pensiamo: a) problema tecnico b) bomba a bordo c) collisione aerea (con chi visto che sul radar non c’è altra traccia che il DC 9) d) Missile (lanciato da chi ? ) E invece ? Il Giornalista Purgatori ha sempre dichiarato di aver ricevuto una telefonata, subito dopo l’incidente, da un suo conoscente che prestava servizio presso il centro radar di ciampino che testualmente diceva : Lo hanno tirato giù, … è stato un missile… Ok , ma Purgatori fa parte dei cospiratori .. Benissimo!! E la frenesia da phantom che si è impossessata degli addetti al controllo radar di ciampino ? Esistono le registrazioni , quindi… Ma una giustificazione a questo strano atteggiamento potrebbe esistere ! Nei rapporti all’ispettorato per il traffico aereo, le near collision di classe “A”, (oggi Serious Incident) cioè le più gravi, negli ultimi due anni erano state una decina!!! E tutte nel triangolo Palermo-Ponza-Napoli, provocate dai cosiddetti Oggetti volanti non identificati e solo ufficiosamente attribuite ai veri responsabili: I caccia della Us Navy. (tratto da “A un passo dalla guerra”) Ma il radar non indicava solamente la traccia del DC9 ? E le conversazioni, sempre registrate, tra gli addetti ai lavori presso il centro di Grosseto, e del centro di Martina Franca ? Possibile che questa sindrome abbia contagiato così tante persone nel breve lasso di tempo intercorso tra l’incidente e le stesse registrazioni.(stiamo sempre parlando di reazioni a caldo, quindi più istintive che premeditate) - ALLARME A GROSSETO - Il capitano Giovanni Bergamini ha dismesso i gradi da un bel po' e ora è un pilota civile. Nel giugno 1980 era in forza allo stormo di Grosseto, precisamente al 20° gruppo istruttori. Ricordo di avere saputo del DC9 la mattina successiva, e ricordo che tra noi si ragionava che l'aereo era caduto mentre noi eravamo su». Resta la sgradevole impressione che intorno a Grosseto, al suo aeroporto e al suo centro radar Poggio Ballone, si concentrino parecchi misteri. L'elenco rende miglior giustizia di tante chiacchiere: Nutarelli e Naldini (morti a Ramstein), il maresciallo radarista Dettori (suicida), il comandante dell'aeroporto Tedoldi (morto in un incidente stradale), il capo controllore di Poggio Ballone, Gari (morto d'infarto a trentasette anni). Agli atti dell'inchiesta giudiziaria sono finite una decina di testimonianze di altrettanti avieri di leva, che si sono detti sicuri di un allarme scattato all'improvviso nella base. Qualcuno ricorda il periodo, qualcuno si avvicina a ricordare il giorno. Nel complesso, raccontano di un allarme grave, tanto che venne ordinato di chiudere la base e sospendere le libere uscite. Raccontano che dall'alto fu suggerito di non impicciarsi, e dimenticare. Qualcuno ricorda che una coppia di caccia italiani si alzò. Qualche Curiosità Ufficialmente, questo è il primo documento americano su Ustica, consegnato grazie al «Freedom of Information Act». L'allora sottosegretario di Stato, Warren Christopher, si preoccupa, alle 23 del 27 giugno, (le 5 del mattino del 28 giugno in Italia) di sollecitare l'invio di tutti i dettagli sull'incidente del DC9 Itavia? Esattamente cosa vuole sapere e perché si interessa di un "normalissimo" incidente aereo accaduto in Italia ? Nessuna nave francese è entrata in Adriatico nei giorni precedenti il 27. La Foch era in rada a Tolone e la Clemenceau in esercitazione davanti all'Ile du Levant. E che pensare della testimonianza di un capitano del soccorso aereo italiano, il quale è certo di aver sentito, via radio, ripetuti tentativi di contattare la Clemenceau sul canale internazionale di emergenza. Il capitano faceva parte degli equipaggi arrivati nella zona dell'incidente nella notte fra il 27 e il 28 giugno. Chi tentava di contattare la Clemenceau, in quelle ore, in Inglese? Un articolo pubblicato il 6 luglio 1980 dall'Unità. Era una domenica, una decina di giorni dopo l'incidente. L 'Unità se ne esce con una tesi forte ma molto precisa. La sera del 27 giugno un Phantom era in volo da Verona a Sigonella, scrive il quotidiano del Pci, ma il caccia non è mai arrivato a destinazione. E, in aggiunta, i due piloti, di cui fa i nomi, sarebbero scomparsi Il capitano Reinhold e il sergente Davitt. Cavolo, si sono inventati anche i nomi ? Ora premesso che non ho nessuna intenzione di accusare qualcuno. La mia sensazione è come se 5 indiziati di omicidio si fossero adoperati per disseminare di indizi la scena del delitto per poi sfoggiare alibi di ferro. Veniamo all’ipotesi bomba. A bordo sono state rilevate piccole tracce di C4, e non essendovi buchi derivanti da schegge l’ipotesi missile risulta non più sostenibile. Discorso molto logico, non fa una piega! Però mi sono sempre chiesto come mai i periti non concordano con questa semplice logica ? Forse perché i suppellettili (water e lavabo) della toilette , punto in cui si ipotizza la collocazione dell’ordigno,non presentano segni da esplosione ? Ipotizziamo che si sia utilizzata una piccola carica di esplosivo, sufficiente ad aprire una falla nella struttura dell’aereo, demandando il lavoro sporco alla violenta depressurizzazione e alla elevata velocità dell’aria. Un’operazione quasi chirurgica. Domanda: E da quando i terroristi si preoccupano di organizzare un’operazione del genere ! L’aereo che si inabissa nel punto più profondo del tirreno, e quando riesci a dimostrare che si è trattato di un’attentato e non di un cedimento strutturale!
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Capitano Carlo Faggioni L'isola di Rodi era la perla del possedimento italiano nell'Egeo. L'aeroporto di Maritsa, poco distante dalla città, era bastato per il traffico normale fino al 1940, ma allo scoppio della guerra la Regia Aeronautica aveva costruito un secondo campo di volo presso la costa orientale dell'isola, vicino alla penisoletta dove si trovano gli antichi resti della città dorica di Lindos, ai bordi di un uliveto di piante vecchissime che davano olive grosse come prugne: Gadurrà. Intorno al campo le solite baracche di legno per il personale, le mense, i circoli ricreativi, gli uffici dei reparti e, tra gli ulivi, le piazzole di decentramento per gli aerei. Il campo di volo era in leggera discesa verso il mare e finiva a pochi metri dalla riva, dall'altra parte stavano colline piuttosto elevate e, quando il vento spirava dall'interno, il decollo a pieno carico puntando alle alture risultava alquanto difficoltoso. Il possesso italiano dell'Egeo, stretto tra la costa turca e le isole greche, aveva assunto con la guerra una particolare importanza strategica. La posizione nel Mediterraneo Orientale era di prima linea sia per l'offesa come per la difesa, avendo a tiro Cipro, le coste siriane e palestinesi, il Canale di Suez e Alessandria; vale a dire la zona delle principali riserve petrolifere inglesi, un passaggio fondamentale per alimentare il fronte dell' Africa Settentrionale, la base della Mediterranean Fleet. Il punto debole del Dodecaneso stava nella sua lontananza dall'Italia, che rendeva complesso e dispendioso il rifornimento logistico. Nel marzo 1941, l'aviazione italiana schierava negli aeroporti di Maritsa e Gadurrà due gruppi da bombardamento, uno montato su SM 79 e uno su SM 84, e alcune squadriglie da caccia su CR 42 e 32. Nella vicina isola di Lero erano stanziate le squadriglie della ricognizione marittima con idrovolanti Cant Z 501 e 506. Reparti dell'esercito e dell'artiglieria contraerea provvedevano alla protezione delle isole; a Lero la Marina aveva dislocato alcune torpediniere, sommergibili e mas. Comandava l'Aeronautica dell'Egeo il Gen. Ulisse Longo, era Governatore di Rodi e del Dodecaneso l'Amm. Inigo Campioni. La campagna di Grecia isola ancor più Rodi e vi portò l'intensificarsi delle incursioni aeree inglesi; l'aviazione italiana vi fu rafforzata nell'intendimento di molestare i rifornimenti inglesi al corpo di spedizione in Grecia. Nell'ambito di questi provvedimenti, lo Stato Maggiore Aeronautica nel mese di marzo 1941 destina a Gadurrà la 281 a Squadriglia Aerosiluranti con quattro equipaggi: Cap. Carlo Emanuele Buscaglia, Ten. Pietro Greco, Giorgio Sacchetti, Giuseppe Cimicchi. La specialità degli aerosiluranti non esisteva all'inizio della guerra nell'aviazione italiana, e la sua nascita ebbe una spinta un po' precipitosa dalla delusione che, dopo i primi combattimenti aeronavali, aveva colpito le alte sfere militari constatando gli scarsi risultati del bombardamento aereo in quota contro le formazioni navali inglesi. Così, con la fretta imposta dalla necessità, vennero riprese idee precedenti che non s'erano ancora concretate in chiare esperienze. Inutile ripercorrere oggi la penosa via crucis di progetti e tentativi e polemiche negli anni che avevano preceduto il conflitto, inutile tentar di spiegare la lunga ostilità al siluro aereo che, vista in prospettiva, appare semplicemente assurda. Poichè non si era pensato a progettare e produrre un velivolo per il siluramento, fu necessario cercare fra gli apparecchi già esistenti. Non c'era molto da scegliere, visto che quell'aereo doveva essere in grado di portare i 900 kg del siluro con una buona velocità e una larga autonomia, e inoltre doveva essere dotato di ottime doti manovriere per un rapido puntamento sul bersaglio e il successivo disimpegno. Questo velivolo poteva essere solo il trimotore 79 della Savoia Marchetti. L'aereo era stato nel periodo prebellico l'asso dei primati e dei prestigiosi voli transatlantici, ed era allora, all'inizio della guerra, largamente impiegato nel bombardamento. La scelta, benchè obbligata, si rivelò buona, anche se il 79 aveva in se due caratteristiche in contrasto col nuovo impiego: anzitutto una mole eccessiva che ne faceva un agevole bersaglio per l'antiaerea e la caccia avversaria, e poi la necessità di un equipaggio di cinque uomini, troppi per il caso, da prevedersi non infrequente, della perdita di apparecchi. A guerra finita si potè concludere che l'SM 79 era stato un ottimo silurante, cosi come prima si era distinto nel bombardamento, nella scorta ai convogli, nella ricognizione e anche nella caccia ai sommergibili, con una versatilità che non ha visto l'eguale fra tutti gli apparecchi impiegati nei cieli della seconda guerra mondiale. Gli equipaggi lo apprezzarono e lo stimarono superiore a tutti gli altri aerei che nel frattempo si tentò di adattare al ruolo di siluranti. Anche gli avversari gli dimostrarono stima, e ne ebbero quella paura che si condensò nel soprannome di «Gobbo maledetto», suggerito dalla marcata protuberanza dorsale dov'era alloggiata una mitragliera Breda Safat 12,7 mm che fece spesso sudar freddo i caccia attaccanti. Un capo equipaggio che con SM 79 compì la maggior parte delle sue azioni di guerra così lo tratteggia: «Tanto gobbo e sgraziato a terra, tanto aitante e bellicoso in volo. Esso aveva una grinta di rapace e una delicatezza generosa di nobile destriero. In attacco un'aquila, in fuga un gentil beccaccino, in mare un'amorosa materna papera». Sotto l'impulso della fretta, il 25 luglio 1940 venne costituito a Gorizia un Reparto Speciale Aerosiluranti, al quale nelle settimane seguenti furono assegnati alcuni piloti e specialisti, oltre a due osservatori della Regia Marina. Il 12 agosto, dopo una preparazione sommaria, cinque aerei partirono per l' Africa Settentrionale: i pochi lanci eseguiti avevano dato un'idea approssimata dei problemi connessi allo sgancio del siluro, al suo infilamento in acqua e al percorso che poteva compiere; avevano anche permesso di fissare qualche norma empirica sulla quota e sulla velocità necessaria per l'attacco. I velivoli erano gli stessi del bombardamento con l'aggiunta del dispositivo per l'aggancio di due siluri, ma si capì subito che l'aereo poteva portarne solo uno. Non esisteva alcuna apparecchiatura per il puntamento. La prima azione fu ispirata dal bisogno di un'affermazione qualsiasi atta a sollevare il morale del fronte interno fino a quel momento alquanto depresso. Come tutte le azioni improvvisate, non potè avere buon esito. Il 14 agosto decollarono dalla base di El Adem presso Tobruch cinque velivoli con capiequipaggio i Magg. Dequal e Fusco, i Ten. Buscaglia e Copello, il S.ten. Robone, che attaccarono le navi alla fonda nel porto di Alessandria. Il lungo volo ai limiti dell'autonomia, la direzione obbligata da nord-ovest per lo sgancio dei siluri oltre il frangiflutti, i bassi fondali del porto costituirono gli elementi negativi per l'azione, che si concretizzò nel lancio di due siluri senza alcun danno per le navi inglesi. Tre aerei atterrarono fuori campo per esaurimento del carburante e due di questi furono recuperati, l'equipaggio del Magg. Fusco fu fatto prigioniero. Nessun successo, dunque, ma pure era un inizio e anche la dimostrazione di una volontà. Buscaglia scrisse più tardi: «Con esattezza forse non si saprà mai ciò che accadde quella notte, si capi però che un nuovo mezzo potente e micidiale era in mano nostra per portare la distruzione e l'annientamento nella flotta mercantile nemica». Fu principalmente chiaro che i piloti e gli specialisti degli aerosiluranti avevano bisogno di una lunga e complessa preparazione, che doveva essere condotta sulla base di studi adeguati. Nei mesi seguenti, ai quattro aerei e ai quattro equipaggi fu lasciata una certa liberta operativa. Su segnalazione dei ricognitori partivano in sezioni di due apparecchi o anche isolatamente; dopo una serie di voli infruttuosi e qualche tentato siluramento dall'esito incerto, si cominciarono a registrare risultati concreti. Il primo successo fu quello del 17 settembre, quando il Ten. Buscaglia e il S. ten. Robone in sezione silurarono insieme, allargo della costa cirenaica, l'incrociatore KENT che poco prima aveva bombardato Bardia. Poichè non s'era potuto distinguere quale dei due siluri fosse andato a segno, l'onore del primo siluramento aereo fu attribuito ad ambedue gli equipaggi. La nave venne colpita a poppa presso le eliche «e assai ardua fu l'impresa di rimorchiare il KENT ad Alessandria», dopo di che l'incrociatore restò in riparazione per dodici mesi. Il reparto aveva intanto assunto la denominazione ufficiale di 278a Squadriglia Aerosiluranti e s'era imposto lo stemma scanzonato dei quattro gatti arrabbiati sul siluro - due bianchi per propiziare fortuna sugli attaccanti, due neri per mandare iella sugli attaccati - col motto che polemicamente sintetizzava la situazione «Pauci sed semper immites» che si può tradurre «Pochi ma sempre aggressivi». Il giorno 14 ottobre il Cap. Erasi, che aveva sostituito il Magg. Dequal passato a comandare un reparto di bombardieri a tuffo, attaccò al crepuscolo l'incrociatore LIVERPOOL che scortava un convoglio a sud-est di Creta. La nave fu colpita nella parte anteriore ed ebbe la prua asportata «proprio a proravia della plancia»; potè essere rimorchiata e rimase ai lavori per dodici mesi. Anche gli inglesi diedero in questa periodo la chiara dimostrazione dell' efficacia del siluro aereo, ed inflissero gravvissime perdite alla nostra flotta ancorata a Taranto. Il 3 dicembre Erasi e Buscaglia segnarono un altro punto al loro attivo andando a visitare la baia di Suda nella parte settentrionale dell'isola di Creta. Gli aerei, arrivando dall' Africa, avevano scavalcato i monti dell'isola ed erano piombati sugli ancoraggi dalla parte di terra. La via di attacco fu tanto inaspettata che i due siluri avevano già colpito l'incrociatore GLASGOW prima che le navi alla fonda e le batterie di terra aprissero il fuoco contraereo. L'Amm. Cunningham, principale interessato come comandante della Mediterranean Fleet, commenta: «Ma questo fatto non diminuisce il valore degli attaccanti e l'ottima qualità dei siluri italiani». Visto che la nuova specialità dimostrava di essere vitale e prometteva altri consistenti successi, il 28 ottobre 1940 veniva costituito sull'aeroporto di Merna (Gorizia) il 1° Nucleo Addestramento Aerosiluranti al comando del Ten. Col. Carlo Unia, col compito di scuola addestramento dei piloti e degli specialisti di volo per allestire nuovi reparti della specialità. Il nucleo si assunse anche l'impegno di mettere a profitto gli insegnamenti che potevano derivare dall'attività che si stava svolgendo. Alla fine dell'anno una nuova squadriglia era pronta e veniva destinata ai campi della Sicilia per le operazioni del Mediterraneo Centrale. Intanto la squadriglia pioniera, quella dei «Quattro gatti», cedeva alcuni equipaggi ai nuovi reparti in costituzione. La 281a Squadriglia al comando di Buscaglia, promosso nel frattempo Capitano, cominciò ad operare ai primi di marzo 1941 dall'aeroporto di Grottaglie (Taranto) e venne quindi spostata, come gia si è visto, a Gadurrà, dove fu aggregata al 34° Gruppo B.T. (bombardamento terrestre) del Magg. Vittorio Cannaviello, che gia contava nelle sue squadriglie due sezioni di due aerosiluranti ciascuna. La vita all'aeroporto di Gadurrà si era fatta dura da quando l'osservazione aerea inglese aveva qui localizzato il centro dell'attività che dava tanto disturbo al traffico navale della zona: le incursioni con bombardamenti, spezzonamenti e mitragliamenti si erano fatte quasi quotidiane. Il collaudo operativo della squadriglia si ebbe alla mattina del 2 aprile in un'azione combinata di siluramento e bombardamento diretta a intercettare un convoglio inglese in navigazione a sud di Creta. Vi parteciparono due aerei della 281a (Ten. Cimicchi e Sacchetti con l'osservatore Pardini) e una sezione del 34° Gruppo (Magg. Cannaviello e Ten. Barbani) oltre a tre bombardieri in quota. Cimicchi affondo il piroscafo HOMEFIELD di oltre 5.000 tonn., e tre altri piroscafi furono colpiti, come più tardi ammise anche l'Ammiragliato di Sua Maestà. Al crepuscolo della stessa giornata, il Cap. Buscaglia attaccò lo stesso convoglio colpendo un grosso piroscafo. La specialità si stava facendo le ossa, i piloti e gli specialisti (motoristi, marconisti, armieri, siluristi, elettricisti, montatori) accorrevano numerosi - tutti volontari - al Nucleo Addestramento di Gorizia e al 2° Nucleo presto istituito a Capodichino. Ai primi di aprile si sparse a Gadurrà la notizia che la squadriglia avrebbe ricevuto il rinforzo di due nuovi aerei coi capi equipaggio Ten. Mario Spezzaferri e Carlo Faggioni, che dovevano arrivare il 5 aprile nelle prime ore del pomeriggio. Il comandante Buscaglia non conosceva personalmente Faggioni, che arrivava preceduto dalla fama di espertissimo istruttore alla Scuola Bombardamento di Aviano. Cimicchi, che l'aveva avuto compagno alla Scuola di Applicazione di Firenze, ne parlò a mensa come di un pilota insuperabile. Buscaglia aveva dimostrato a tutti di sapere il fatto suo come aerosiluratore e come comandante, ma sapeva anche di non essere un grande pilota. Forse pesava ancora su di lui il giudizio negativo col quale un suo superiore, agli iniizi della carriera, lo aveva proposto per l' esonero dal pilotaggio; poi lo scoppio della guerra aveva sanato tutto perchè anche un pilota mediocre poteva servire. E adesso si trovava a comandare la più attiva tra le squadriglie degli aerosiluranti italiani. Dovette provare un qualche fastidio nel pensare di trovarsi accanto un asso del volo; il pensiero, segreto ma trasparente, poteva essere: «Vedremo. La guerra è un'altra cosa dalla scuola». I velivoli di Spezzaferri e Faggioni arrivarono puntuali volando in sezione stretta ala contro ala. Buscaglia e Cimicchi osservano la manovra che è condotta ad alta velocità portando gli aerei in leggera picchiata fino a sfiorare l'erba del campo per poi prendere quota e scomparire oltre le colline. La sezione torna ancora e punta fin quasi a toccare gli ulivi, cabra e vira stretta come se fosse un velivolo solo, inizia il planeed escono i carrelli apprestandosi all'atterraggio; è chiaro che lo spettacolo vuol essere il biglietto di presentazione. Buscaglia non dice parola ma ha i muscoli del viso tirati. Gli aerei toccano terra assieme; Faggioni, gregario di destra, è forse troppo veloce e tenta la frenata, ma l'apparecchio mal bilanciato comincia a imbardare e gli prende la mano, esce di pista sulla destra dove stanno alcuni caccia CR 42 appena arrivati, con l'ala abbatte e capovolge il primo, investe il secondo sul muso e lo trascina con se facendolo a brandelli mentre la gamba destra del carrello cede, l'ala fa perno e scava il terreno mettendo l'aereo di traverso, le tre eliche macinano un altro biplano. Buscaglia ha uno scatto incollerito: «Piloti del genere nella mia squadriglia non ne voglio», Quando Faggioni si presenta, pallido e teso, nell'ufficio del comandante, Buscaglia lo investe con parole di fuoco. Solo dopo che l'ira è un po' sbollita, s'intromette Cimicchi: «A quel che mi risulta, e il più bravo pilota che io conosca. Dagli modo di riabilitarsi», Buscaglia non dice ne si ne no. Tratto da Carlo Faggioni e gli aerosiluranti italiani
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La prima gara Siamo verso la fine di settembre del 1994, ed abbiamo superato la metà delle ore necessarie al conseguimento dell’abilitazione acrobatica. Sia io che Fabio (fisher) abbiamo sbrigato la formalità del solo acro che consiste in un volo da solista nel quale è necessario cimentarsi in tutte le figure positive, base della categoria sportman, sotto stretta sorveglianza dell’istruttore che da terra, tramite radio portatile, richiede e supervisiona l’esecuzione di tutte le manovre studiate fino a quel momento. Loop, roll dx e sx, fiesler, cuban eight, reverse cuban eight, Immelann, 2 giri di vite sx e dx, snap roll. A questo punto del corso, l’iter seguito del nostro istruttore prevede qualche “ora” da solista in cui affinare quanto appreso, per poi ritornare al doppio comando per approfondire lo studio del volo rovescio e della vite piatta. Visto che tra qualche settimana, come di consuetudine in quel di Lugo, si disputerà l’annuale gara sociale tra tutti i piloti acrobatici, l’istruttore ci chiede se ce la sentiamo di parteciparvi. Preso atto delle nostre perplessità, ci tranquillizza spiegandoci in poche parole che si tratta di una gara molto semplice, il cui scopo è solo quello di movimentare l’ambiente. Programma unico per tutte le tre categorie Sport-Intermedia-Avanzata che ovviamente comprende solo figure di categoria sport. E per invogliarci a partecipare all’evento ci informa che in questa gara per vari motivi finiscono per trionfare quasi sempre i nuovi allievi, che sono quelli più precisini nel fare le figure base dell’acrobazia; (Nrd: anche perché i piloti senior fanno di tutto per contribuire alla causa ) Vabbè, non abbiamo niente da perdere, al massimo saremo i fanalini di coda, ma abbiamo sempre la scusante delle 7 ore scarse di acrobazia sulle spalle. Però non ci siamo mai allenati per una sequenza di gara… Visto che il programma (la sequenza delle figure) la disegna sempre l’istruttore e dovrebbe essere uno imposto sconosciuto, cioè consegnato al pilota 1h prima dell’inizio gara, nel nostro caso farà una piccola eccezione fornendoci il programma ufficiale in anteprima in modo da poterlo provare. Il programma- La sequenza delle figure è ovviamente semplice, lo scopo della gara è solo quello di far baldoria tutti assieme ed è composto da : 1) Immelmann 2) 2 giri di Vite 3) Reverse Half cuban eigth 4) Looping 5) Fiesler 6) Roll a Sx 7) Half cuban eight 8) Roll a Sx con esecuzione in due tempi Come eseguire il programma. La procedura di gara, prevede che: Subito dopo il decollo si vira per portarsi in una zona (A) , fuori dalle scatole, e spiralando si fa quota. Raggiunta la quota di lavoro di 1000m – 1100m, se il box acro è libero, si chiede l’accesso per le figure di prova che vengono definite dai giudici prima della gara. Sono semplici figure, quasi sempre un Reverse half cuban eight, un roll e un loop, il cui scopo è quello di verificare che a bordo del velivolo sia tutto a posto. Eseguite le figure di prova, si esce dal box, ci si riposiziona nella zona A per riprendere la quota. Raggiunta nuovamente la quota di inizio programma, si chiede l’ingresso nel box per l’esecuzione del programma di gara, ottenuta la quale, ci si posiziona sull’ asse d’inizio, quasi sempre lo stesso asse utilizzato per il decollo, si entra nel box, e si batte le ali tre volte per comunicare ai giudici l’intenzione di iniziare la sequenza . Si raggiunge il punto stimato per l’esecuzione della prima figura e si esegue il programma di gara. La scelta del punto iniziale richiede esperienza in quanto sbagliandolo, si rischia di finire fuori box durante l’esecuzione delle successive manovre. Terminato il programma, si batte nuovamente le ali per tre volte, si lascia il box acro e ci si porta nel punto B per smaltire la quota in esubero; raggiunti i 1000ft si entra nel circuito di traffico per l’atterraggio. Tutto chiaro No ? Decidiamo che è meglio fare un sopraluogo del campo di gara in compagnia dell’istruttore per fissare bene alcuni punti fondamentali come ad esempio il punto di inizio e le estremità del box acro. Abbiamo ancora un sabato per allenarci alla grande avventura e visto che non ci teniamo a fare la figura dei fessi, decidiamo di prenderci un giorno di ferie e venire ad allenarci anche il venerdì prima della gara. In una di queste sessioni di prova, l’istruttore nota la mia faciloneria nell’utilizzare lo schema del programma di gara che in genere viene ripiegato attorno ad un cartoncino che funge da spessore e fissato tramite una clip sul lato dx del cruscotto come promemoria e mi rimbotta seriamente. Mai andare a Memoria Io gli replico che oramai le 8 figure che compongono la sequenza del programma me le sogno anche di notte, le ricordo perfettamente e trovo fastidioso dover consultare il promemoria mentre volo. Mi replica che l’errore più comune nel quale si può incappare, è proprio quello di saltare, dimenticarsi, l’esecuzione di qualche figura. E questo vale anche per i grandi campioni. Quindi il buon senso impone che il programma sia eseguito leggendo le figure man mano che si vola. La mia risposta è un Ok di circostanza, per la serie tanto poi faccio come ne ho voglia. Che diamine sono solo 8 figure … Il grande giorno. Arriviamo a Lugo , intorno alle 10.00 del mattino, bella giornata di sole, La gara è iniziata da poco, e qualche concorrente ha già volato. Ci fiondiamo presso l’organizzazione per confermare la nostra presenza e ottenere l’ordine di partenza. Alcuni piloti più mattinieri ci precedono per il cui motivo disponiamo di circa 1 ora per prepararci spiritualmente al grande evento.(almeno per noi era tale) Il primo sarò io, poi c’è un pilota con il cap21 e successivamente sarà il turno di Fabio. Inizio a vestire il paracadute, e Fabio da amico controlla che l’abitacolo sia in ordine,e mi aiuta a cinturarmi sul cap 10. Pian piano comincio ad avvertire una sensazione di nervosismo, strano perché fino a quel momento avevamo affrontato la cosa in modo disinvolto,come un gioco anche se , sotto sotto, ci tenevamo a fare bella figura. Primo sintomo di questo crescente nervosismo è che , tanto per cambiare, dimentico il foglio con il programma non so dove, l’istruttore inizia a sbraiare ancora co’ sto cacchio di programma, il povero Fabio mette fine a questa discussione prestandomi il suo. Ricevo Ok dall’organizzatore per la messa in moto. Chiudo il canopy, eseguo la procedura di start, e vengo autorizzato al rullaggio punto attesa per le prove pre-decollo. Durante la fase di rullaggio, mi accorgo di un certo tremore agli arti inferiori e mi impongo di cercare di rimanere calmo altrimenti rischio di fare qualche caz@ata. Completo il rullaggio, controlli Ok, allineamento e decollo. Il box acro è impegnato da un altro concorrente quindi devo portarmi nella zona A per fare quota. Cerco di ingannare l’attesa della salita, scandendo tutta la procedura di gara , manovre comprese. Finalmente raggiungo la quota dei 1000m e l’altro concorrente ha lasciato il box acro. Chiedo l’ingresso nel box per le figure di prova. Ottenuta l’autorizzazione, mi ci fiondo dentro a velocità supersonica, eseguo in rapida successione il reverse half cuban eight, il roll, e il loop e lascio il box. Non riesco assolutamente a fare le cose con la giusta calma, è come se fossi pervaso da uno strano desiderio di finire e subito. Rifaccio quota, e mi accorgo che l’adrenalina deve aver raggiunto livelli da record. Chiedo l’ingresso nel box acro per la gara. Mi allineo per l’ingresso, entro sempre in regime supersonico, (da terra lo noteranno tutti), batto le ali tre volte e cerco di raggiungere l’estremità opposta del box per iniziare con la prima figura in programma : l’Immelmann. Inizio la manovra a circa 1000m ed oltre 250 Km/h, è la mia figura preferita e mi riesce anche bene. Per un’attimo mi distraggo a pensare che invece Fabio sembra avere un contenzioso tutto personale con questa figura che proprio gli riesce male. Ricordo che all’inizio del corso riusciva nell’impresa ardua di uscire fuori asse anche di 60° rispetto alla prua originale, tant’è che di comune accordo con l’istruttore avevamo coniato il nome di una nuova manovra : la Fisher-mann. Anche se ultimamente aveva migliorato l’esecuzione, comunque rimaneva sempre il suo tallone d’achille, insomma non riusciva proprio ad apprezzarla questa manovra elegante. Ridacchio al sol pensiero, e finalmente noto che il nervosismo iniziale sembra sparito. Che sia l’effetto taumaturgico dell’Immelmann ? Ritorno a concentrarmi sul programma, guardo l’anemometro che indica 200 Km/h , lascio correre l’aereo in leggerissima picchiata per prendere almeno i 230 km/h che mi permettano di eseguire il reverse half cuban eight e cabro per prendere l’assetto dei 45°. Verifico i traguardi laterali , ½ Roll, verifico la posizione dei 45 rovesciati, sostengo questa posizione per qualche secondo ed eseguo il dive out di rientro. Esco a 240 km/h , lascio corre l’aeroplano per raggiungere il centro box, ed eseguo il loop. Esco dal loop facendo correre l’aereo prima di iniziare il fiesler, che costituisce la figura di rientro. Esco dal fiesler e come sempre avevo fatto nelle prove controllo l’altimetro per verificare la quota minima di sicurezza. Strano, l’altimetro indica quasi 900m, in tutte le precedenti prove a questo punto del programma ero attorno ai 750. Mentro cerco di raggiungere il centro box per eseguire il roll a sx, un’improvvisa folgorazione, una autentica doccia fredda che fuga tutti i miei dubbi sulla quota. La Vite!!!!!!! Porta Trota ! – por*a Trota ti sei scordato la vite!!! Alzo il muso dell’aereo e schiaffeggio la barra tutta a sx, eseguo il roll in preda alla collera e mentalmente continuo a ripetere cose che non possono essere scritte. Richiamo energicamente, anche troppo, l’aereo per eseguire half cuban eight, prendo i 45 negativi, sostengo l’aereo e rischiaffeggio la cloche a sx insieme ad una serie di Vaff.., l’aereo ruota come una trottola e per poco non rischio l’overshoot. E mentre sto per posizionarmi per l’ultima manovra, sento una voce interna che mi ammonisce severamente: Ehi Cog-Bip-ne se continui così finisci col farti male seriamente!! Oramai il casino l’hai fatto, evita di peggiorare la situazione. E’ vero – ha ragione! Mi ripeto. Eseguo mestamente l’ultima manovra, sto per uscire dal box e mi ricordo in estremis di battere le ali tre volte. Sono completamente demoralizzato, procedo nel volo quasi con distacco e rassegnazione. Risento la voce che mi dice: Ehi , l’atterraggio con un cap 10 non è una manovra da prendere alla leggera. Stai concentrato sul volo. Atterro e mi dirigo verso il piazzale. Sento l’istruttore che, con il portatile, mi dice di parcheggiare vicino alla pompa di benzina. Penso subito : grande Mik, giornata fortunata- Prima ti sei bevuto la vite rovinando tutto il programma e adesso rimediamo un bel cazziatone. Bene!!!! Alzo lo sguardo e noto che assieme all’istruttore c’è anche Fabio : Meno male, almeno avrò una spalla su cui piangere!!! Mi fermo davanti alla pompa di benzina, per il rifornimento. Spengo tutto , apro in canopy, e inizio a slacciarmi cinghie e imbragatura paracadute; sono già preparato psicologicamente per una bella lavata di testa. L’istruttore inizia l’operazione di rifornimento senza dire niente, e Fabio idem; mi aiuta a scendere dall’aereo e non dice una parola. Strano!!Non avevo preventivato questo atteggiamento; Tutto questo silenzio, questa falsa indifferenza mi fa sentire molto a disagio, quasi mi irrita e di conseguenza dato che la miglior difesa è l’attacco, decido di attaccare e subito: Ok ! Ok! Sono un pirla ! mi sono scordato la vite!!. Fabio insiste nel suo silenzio. L’istruttore termina di rifornire l’aereo con assoluta indifferenza e poi si decide a sbottare!!! Vorrei proprio sapere come ca@zo si fa a passare da un’Immelman che ha una velocità di uscita di 150Km/h a un reverse half cuban eight che ha una velocità d’ingresso di almeno 230 km/h. Ma non ti è venuto in mente che ci mancava una figura in mezzo ? Eppoi come hai fatto a prendere i 230 Kk/h senza picchiare l’aereo ?, Perché questo vorrei proprio saperlo! Rispondo che non lo so! Mi sono accorto della figura mancante quando sono uscito dal fiesler, solo perché la quota era più alta che nelle prove. Intanto Fabio ha iniziato a vestire il paracadute e cerco di dargli una mano verificando che all’interno dell’abitacolo tutto sia in ordine. Lo aiuto a tirare le cinture e visto che continua nel suo mutismo, gli do una pacca sulla spalla e gli dico : Dai, vorrà dire che vincerai tu!!!! Mi guarda serioso e sbotta: Si! Con la mia Immelmann da 3!!! E rincara la dose! Sei proprio un Fesso!! Hai volato benissimo. Senza quello stupido errore avresti vinto la gara.. Replico che oramai non ha più importanza, che spero solo di non arrivare ultimo e gli rinnovo l’imbocca al lupo per la sua prova! Lascio Fabio alle prese con la procedura di start e mi dirigo verso la sede della giuria dove sono disponibili i risultati delle singole prove. Prendo la mia, chiamiamola , pagella ed inizio a scrutare i voti. Non credo ai miei occhi.. Sono voti alti, almeno per le mie aspettative da principiante. Addirittura sull’Immenlann spicca un tris di 9 (i tre giudici) che conferma la mia simpatia per la manovra in oggetto. Il resto è molto buono , non fosse altro per quel maledetto tris di ZERO che capeggia la casella Spin e che va a fare media con tutto il resto. Il risultato finale è un’incoraggiante 7.750 che mi lascia abbastanza soddisfatto visto che è necessario una media del 7 per ottenere il passaggio alla categoria intermedia. Al termine della competizione, quando verrà stilata la classifica generale, scoprirò di essermi classificato 7°su 18, nonostante una figura mancante… Fabio arriverà 5°. Ma il più grosso motivo di rimpianto sarà notare che il vincitore ha la media di 8.250, e se io avessi preso almeno un 7 nella vite lo avrei scavalcato ,aggiudicandomi la gara…. La morale di questa storia è molto semplice e quindi evito di riportarla. Comunque sia, nella mia sciagurata esibizione d’esordio, la fortuna ha voluto che i giri di vite tra una figura e l’altra fossero 2, quindi senza comportare un cambio asse! La penalità nella quale sono incappato è stata la sola Figura Mancante, se i giri di vite fossero stati 1 e ½ avrei rischiato di invalidare tutto il programma a causa dell’errato asse di esecuzione delle successive manovre. E allora si che sarai finito, inesorabilmente, ultimo.
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2° Scontro a fuoco Improvvisamente, nella mattina del 4 aprile, apparvero cinque B. 17 che, sorvolando a bassa quota la pista di Capodichino, sganciarono bombe, spezzoni ed effettuarono mitragliamenti. A terra i caccia della sezione d'allarme stavano rullando verso la pista di decollo. Alla prima formazione ne seguirono altre cinque. Al termine dell'attacco l'intero campo era cosparso di buche che impedivano la circolazione dei mezzi. L'aviorimessa, con tutte le attrezzature della 359a Squadriglia, era in fiamme. I danni risultarono subito gravissimi: tre specialisti erano morti; altri dieci erano feriti gravi e innumerevoli quelli leggeri. Anche un pilota, il Ten. Eugenio Omicini, perse la vita. Era riuscito a decollare tra le bombe che esplodevano sulla pista. Le schegge di una di queste, esplosa molto vicino al velivolo in decollo, colpirono seriamente il caccia che poco dopo ebbe un arresto motore. Omicini riuscì a gettarsi col paracadute, che, colpito a sua volta dalle schegge, non si sfilò regolarmente e provocò un duro impatto del pilota col terreno, causandone il decesso. Gli aerei crivellati a terra furono circa una ventina e, da un primo sommario esame, pare che non se ne potessero recuperare molti. In realtà, sette risulteranno distrutti, quattro riparabili in ditta e gli altri riparabili presso le officine aeroportuali. Pure riparabili erano la pista e l'intera rete di telecomunicazione. L' operazione venne compiuta a tempo di primato: il 10 giugno 1943, sei giorni dopo l'attacco, il campo venne dichiarato nuovamente agibile e "inaugurato" con una partenza su allarme. Nel frattempo vennero assegnati al gruppo altri 11 Macchi C. 202, in sostituzione di quelli distrutti, e un secondo RE 2005 (MM 092343, il primo esemplare della serie "zero"). All'imbrunire del giorno 11, nuovo allarme aereo con partenza di 10 Macchi e di un RE 2005, pilotato, questa volta, dal Ten. Armando Moresi. Il "Sagittario", come era gia successo a Minguzzi, distanziò gli altri caccia nella fase di salita e attaccò da solo la formazione nemica. Il Fuoco concentrato dei B. 24 si accanì su Moresi che, dopo aver effettuato qualche puntata, ebbe un'improvvisa sbandata. Il velivolo, colpito in parti vitali, stava precipitando. Il pilota riuscì, con malta fatica a causa del a forza centrifuga che lo inchiodava al sedile, a gettarsi col paracadute e a cadere in mare dove un'imbarcazione, che aveva seguito tutta la scena, lo recupero prontamente. Le partenze su allarme proseguirono nei giorni successivi, ma sempre senza incontrare il nemico: due allarmi il 12, uno il 13, il 14, il 15 e il 21 aprile 1943. Tra il 21 e il 25 aprile 1943, Napoli venne attaccata anche di notte da velivoli inglesi. Vennero tentate intercettazioni notturne, ma senza risultato; in seguito a questi tentativi si richiese il montaggio di un faro più potente, per eliminare le difficoltà riscontrate in atterraggio per la maggior velocità del RE 2005. Il 24 aprile 1943 vennero consegnati al reparto altri due RE 2005: il 22° Gruppo sarà l'unico ad avere in dotazione il caccia Reggiane. Queste assegnazioni non supereranno mai le due o tre unita al mese; la 362a Sq. non disporrà mai di un numero superiore a 10 - 12 aerei efficienti. Il 28 aprile, alle ore 13, venne avvistata una formazione nemica in avvicinamento. Il 22° decolla con 13 velivoli, di cui, per la prima volta, ben tre RE 2005 (Magg. Minguzzi, Cap. La Ferla e Sergio Donati). Anche per quest'altro scontro lasciamo la parola al diario di Minguzzi: "L'allarme è stato tempestivo e quando viene avvistata la formazione avversaria abbiamo già raggiunto la quota di 7000 metri. La formazione nemica, costituita da due cunei in linea di fila, ciascuno con tre pattuglie di cinque aerei, è ancora sul mare, lontana dalla costa. Rotta di attacco, affondata, avvicinamento in lieve cabrata contro l'aereo al centro del primo cuneo. Mi sento in giornata di grazia, difficile dirsi perchè, è solo una sensazione. Quando il quadrimotore è perfettamente centrato nel reticolo apro il fuoco con tutte le armi, insistendo fino alla minima distanza possibile. Una scia di tracciati mi segue lungo la rotta di scampo, la vedo affiancarsi sulla sinistra, superarmi, incurvarsi sotto l'aereo. Il B. 24 lascia la formazione, derapando vistosamente; non c'e un filo di fumo; due ... quattro paracadute ... e l'aereo continua la sua corsa verso il mare. Sull'abbrivio della picchiata torno rapidamente alla quota base, ripetendo le puntate sui quadrimotori. Il RE 2005 evoluisce con sicurezza; non ci sono problemi a riprendere contatto con la formazione nemica; l'unica difficoltà è mantenere la calma per impostare con la necessaria freddezza ogni nuovo attacco. E’ praticamente impossibile sbagliare la mira; vedo le raffiche mordere le ali, sparire nella carenatura dei motori, sconquassare la cabina di pilotaggio, risalire la fusoliera. Bisogna avvicinarsi molto, troppo per mantenere la calma, e non c' e mai tempo sufficiente per una ragionata azione di fuoco. Nuova affondata, la velocità sale e il RE 2005, improvvisamente comincia a sussultare; la cloche mi salta nella mano per l'intensità delle vibrazioni: - "che cosa accidenti sta succedendo?" - attimo di panico, uno sguardo febbrile agli strumenti e agli indicatori del cruscotto. Sono stato colpito al motore da una raffica che ha messo fuori uso l'impianto di raffreddamento. La mia meraviglia è unicamente legata all'inusitato e inatteso comportamento dell' aereo; so benissimo che mi stanno sprando contro ma non è una cosa a cui si può pensare troppo e del resto nessuno si aspetta di essere colpito. La raffica, tuttavia, risparmiandomi è stata molto intelligente. Il RE 2005 si dimostra però allergico a quei "contatti". La temperatura sale bruscamente oltre il limite di sicurezza e tolgo immediatamente motore per scongiurare pericolo di incendio. Saggio quindi i comandi per uscire dalla picchiata. L'aereo sembra ubbidire, inizialmente poco convinto ma poi in modo accettabile, sempre più accettabile. "Che cosa fare?", nemmeno pensare di lanciarsi con il paracadute e poi la situazione non e così critica. Decido di rientrare veleggiando; ho quota sufficiente, la costa è vicina, e non posso certo sbagliare rotta; se le cose dovessero peggiorare ... Il RE 2005 non mi tradisce portandomi sul cielo dell' aeroporto; spiralando dolcemente mi porto alla quota della virata base, faccio uscire il carrello e vado all'atterraggio. "Accidenti! sono troppo veloce!" Nel timore di arrivare corto e di "scassare", come mi è già successo con il CR. 32, atterro "tenendomi dalla parte dei bottoni", cioè più allegramente del necessario. " C'e poco da fare, senza motore non posso richiamare l'aereo; quindi giù e speriamo in Dio. Tutto fuori, freno con disperazione, cercando in ogni modo di costringere l'aereo a rallentare la sua corsa. Al termine della pista, per evitare di andare a sbattere contro la palazzina della RUNA, che è a fondo campo proprio nella direzione di atterraggio, faccio deviare a sinistra l'aereo con un colpo della pedaliera. Il RE 2005 descrive un perfetto semicerchio e, ballonzolando, si avvia in direzione opposta a quella di arrivo, smaltisce la velocità e si arresta tranquillamente. Non riesco a credere ai miei occhi! La fortuna mi ha aiutato in modo sfacciato impedendo che l'aereo.subisse ulteriori danni. Questo, anzi, è riparabile SRAM e rientrerà in linea a distanza di giorni Scendo dalla cabina che mi tremano ancora le gambe; "ma guarda che razza di modo di rischiare di accopparsi!" Mi si fanno intorno, spiego come stanno le cose, mi guardano con aria ammirata. Le mie "azioni" di pilota sono salite ... " cari miei, se sapeste quanta ne sono sorpreso io! Torno quindi in linea di volo ad attendere gli aerei impegnati nell'azione. Poche decine di minuti, assieme agli specialisti, ... un'eternita! Per la prima volta mi rendo veramente conto di quello che si può provare nell'attesa del "nostro" rientro. Quell'ansia spasmodica che torce le budella e che non si riesce a sopire in alcun modo, quel senso di assoluta impotenza. Rientrano alla spicciolata ... ne mancano due. Due B. 24 sono stati abbattuti (Donati e Minguzzi) e altri tre sono stati dichiarati probabilmente abbattuti. L'azione viene citata nel bollettino di guerra (del giorno successivo) che conferma la distruzione di quattro quadrimotori. Napoli non è stata risparmiata". Il 10 maggio 1943 venne aggregata al 22° Gruppo ( che intanto era entrato a far parte del 42° Stormo anche la 150a Squadriglia, proveniente dal 2° Gruppo, che sostituì, nella difesa di Napoli, la 371a Sq. trasferita a Reggio Calabria. Il 15 maggio altri due RE 2005, ritirati alle Reggiane da piloti della 362a, entrano a far parte del Gruppo. Allarmi aerei, senza contatti col nemico, vennero effettuati il 20, il 27 e il 28 maggio 1943. Il 30, invece, tutti gli aerei disponibili si gettarono nella mischia. Napoli subì, quel giomo, uno dei maggiori bombardamenti dell'intero conflitto. L'attacco costa agli americani la perdita di tre B. 17 e altri due furono probabilmente abbattuti. I primi giorni di giugno vennero caratterizzati da continui allarmi, a cui parteciparono anche i RE 2005, ma senza prendere contatto con il nemico. Il.13 giugno 1943 il M.llo Tullio Arduini incidentò in atterraggio il suo RE 2005 (MM092344). Per evitare la collimazione con un altro velivolo, Arduini fu costretto ad imbarcare leggermente a destra con conseguente perdita della ruota. La gamba si pianto nel terreno, facendo perno, mentre l'ala del velivolo sbatteva contro il suolo. Entrambe le gambe del carrello si piegarono, e così le pale dell' elica. Il Ministero avviò subito un'inchiesta, condotta dal Cap. G.A.r.i. G. Battista Nicolò, per appurare l'eventuale debolezza del carrello. Nicolò, d'accordo con i tecnici Reggiane, convenne che le ghiere di ritegno dovevano essere sostituite con altre di maggiore spessore. Il velivolo venne riparato presso lo SRAM dell'aeroporto Tratto da Dal RE 2002 al RE 2005 di Sergio Govi
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Allora, proviamo a chiarirci un attimo. Lo scopo di questo topic,almeno secondo le mie intenzioni, era quello di raccogliere quante più informazioni (spero attendibili) circa il Sagittario, aereo che costruivano a circa 900m in linea d’aria da casa mia. In nessuno dei post da me riportati, il Sagittario viene definito come il migliore aereo italiano e/o dell’asse, e/o del mondo. Era un buon aereo, con i sui difetti, e questo lo si evince dai report dei vari piloti che hanno avuto modo di provarlo nei test e in battaglia. Che fosse inferiore al G55, sta scritto nei test comparativi fatti a Guidonia. Quello che mi irrita è leggere dispregiativi gratuiti come . bidone , cesso etc. Perché: In primis, da persone competenti come te, mi aspetterei una critica più costruttiva. Secondo così si offende gratuitamente il lavoro di persone che non hanno neanche la possibilità di poter replicare. Terzo, la qualità del forum scade. Questo è solamente il mio punto di vista, quindi opinabilissimo…
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Beh cosa ci vuoi fare, non tutto è perfetto.. Semmai vi fossero basta leggere le tue risposte, per fugare qualsiasi dubbio in materia
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un bidone ???? Ma ti rendi conto di quello che scrivi ????
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Il battesimo del fuoco I voli continui, la conoscenza sempre più approfondita del mezzo, l'impressione di potenza suscitata dalle prove di tiro, accrescono la curiosità circa il comportamento in combattimento del RE 2005. Sono convinto che ogni pilota sarebbe disposto a fare carte false per avere il privilegio della "prova del fuoco", e io non mi sottraggo alla regola. Malgrado cerchi di "dovere essere il primo", perchè la responsabilità di condurre in combattimento un " prototipo "non può essere scaricata su altri, onestamente mi sembra una scusa falsa anche alle mie orecchie. L' occasione parve presentarsi il 24 marzo 1943; una grossa formazione nemica era segnalata in avvicinamento. Partì la sezione d'allarme composta dal RE 2005, pilotato da Minguzzi, e da due D. 520 Il materiale di volo del 22° Gruppo, oltre al prototipo del RE 2005, era composto da Macchi C.200 e C.202, da Reggiane RE 2001 e da alcuni Dewoitine D.520 francesi, di preda bellica, che erano stati assegnati alla 359a Squadriglia il 22 febbraio 1943. Il maltempo non permise l'avvistamento della formazione nemica, che per le stesse ragioni, rinunciò ad effettuare l'attacco. Nessun contatto con il nemico, anche durante le partenze su allarme dal 25 e del 27 dello stesso mese. Il 28 marzo 1943, in occasione della Festa per l' anniversario della fondazione dell' Aeronautica, Minguzzi presento alle autorità il RE 2005, effettuando quattro passaggi alla quota di 2000 metri sul campo di Furbara. Un'altra partenza su allarme avvenne il 30 marzo e, finalmente, il primo combattimento il giorno 2 aprile 1943. Ecco come lo descrive lo stesso Minguzzi, nel suo diario: "2 aprile; sul far della sera, poco dopo le ore 18, la DICAT telefona l'avvistamento di una formazione di aerei non identificati. "Sono tanti?" – "si" – "quindi non sono nostri!" (spiritosissimi). Allarme generale a tutte le Squadriglie. Decollo alle 18,45 con il RE 2005 avendo come sezionari tre Macchi 202. Segue il resto del Gruppo con tre D. 520, otto Macchi 202 e 6 Macchi 200. Inizio subito a fare quota su Napoli e mi porto in rotta di intercettazione. Avvisto la formazione nemica quando si trova sulla verticale di Ischia; si tratta di 24 quadrimotori del tipo Liberator. Decido di attaccare immediatamente, anche a costo di distanziare i sezionari nella speranza (dovrei dire presunzione?) di impegnare la formazione nemica prima che esegua la sua missione. Conto molto sulle capacita offensive del RE 2005 e sulla sorpresa che potrei provocare nel nemico. In fondo è il primo combattimento che il RE 2005 sostiene, "loro" non possono conoscerlo, se riesco a piazzare un colpo Fortunato ... Sono a quota superiore e quindi giù ... in affondata sulla solita rotta 110°. Non mi avvistano, o Forse non si curano di un aereo solitario, e la cosa non mi dispiace affatto. Il RE 2005 acquista sempre più velocità nell'affondata, richiamo per andare in rotta di attacco, via la sicura, collimatore accesso. Il B.24 ingrandisce sempre più nel reticolo, a 400 metri l'immagine diventa perfetta e apro il fuoco con tutte le armi. Il RE 2005 sussulta, scosso da un tremito convulso. Attraverso la maschera filtra l'odore della cordite, la cabina si riempie di un fumo azzurrognolo, mi prude il naso. Vedo i colpi infilarsi fumando nei motori, appena qualche secondo di fuoco e devo impegnarmi per evitare la collisione. Il Sagittario tende a prendermi la mano, evidentemente non mi rendo conto della velocità che raggiungo nella picchiata. Con una brusca virata, che mi porta quasi a sfiorare l'aereo nemico, comincio a riprendere quota. Soltanto a questo punto la formazione avversaria comincia a far fuoco nella mia direzione, ma è stata completamente sorpresa e non riesce ad aggiustare il tiro. Il Liberator che ho attaccato prosegue per breve tratto lasciando un sottile filo di fumo, poi una scia biancastra, un'esplosione. L'aereo sbanda, scivola d'ala uscendo dalla formazione ... tre .. , quattro paracadute e l'aereo precipita verso il mare. Sono ormai fuori tiro, respiro ad ampie boccate per snebbiarmi dall' oppressione della manovra. Ho ancora negli occhi la visione di un'ala sconnessa su cui girano vorticosamente le eliche dei motori. La formazione del 22° sta serrando sotto, e ormai a contatto con i quadrimotori. Torniamo in ballo! ... lieve pressione sulla pedaliera, con un quarto di giro metto l'aereo a coltello sulla formazione avversaria e affondo decisamente. Centinaia di fiammelle si accendono sui bombardieri nemici, una pioggia di tracciati si avventa contro di me, ma non riescono ad inquadrarmi. Sono sempre più avanti delle scie fumose. Manovro nuovamente per pormi a 110° e spingo nuovamente il motore in regime allegro. Ho dosato in maniera eccellente la velocità e ho tutto il tempo per collimare con calma e attenzione. Apro il Fuoco con tutte le armi quando l’aereo nemico è perfettamente inquadrato. Ancora una volta i colpi vanno a segno: sul bordo di attacco dell' ala, nella cabina di pilotaggio; ma il B. 24 incassa con disinvoltura. Ho condotto un attacco teoricamente perfetto, ma l'aereo avversario non ha dato segni di accorgersene. Lo stesso "risultato" conseguo negli attacchi successivi che pure sono sempre ben "centrati". La formazione nemica effettua ugualmente il bombardamento; sono così impegnato che quasi non me ne accorgo. Quindi via dirigendo verso il mare aperto, sempre inseguito dai caccia. Malgrado il Fuoco decisamente "pesante" del Sagittario, che pure ha ottenuto un risultato tangibile soltanto pochi minuti prima, "quelli" incassano disinvoltamente e non riesco a ripetere il colpo Fortunato. Ci sarebbe da restare ammirati dalla disciplina e dal sangue freddo di quei piloti, dal loro procedere cosi composti, insensibili ai nostri colpi. A me, però, quel serrare le fila fa venire voglia di urlare, e non sono affatto nelle migliori condizioni di spirito per apprezzare la loro professionalità, ne tanto meno la robustezza dei loro mezzi. Rientriamo alla base a sera inoltrata, alla 19 e 50. Diversi caccia sono stati colpiti dalla reazione nemica, nessuno in modo grave. L'incursione nemica non ha avuto successo, la gran parte delle bombe si è dispersa in mare, qualcuna soltanto è caduta su terra senza provo care danni. Un B. 24 è stato abbattuto, altri due sono dichiarati probabili, quattro infine sono stati "efficacemente e ripetutamente mitragliati". A notte inoltrata ci viene comunicato che altri due bombardieri sono stati visti precipitare in mare. L'esordio del RE 2005 è stato brillante, e io mi sento quasi invidiato per avere avuto l'onore del suo battesimo del fuoco. Anche se il merito di una vittoria aerea è di quanti hanno partecipato all'azione, sono sicuro che nessuno, me stesso in prima linea, mi avrebbe perdonato se non avessi ottenuto un risultato concreto. L'averlo ottenuto mi risparmia del dubbio che forse altri avrebbero ottenuto risultati migliori". Tratto da Dal Re2002 al Re2005 di Sergio Govi
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RE 2005 – In Action 22° Gruppo caccia Il Gen. Ilari, comandante la 3a Squadra Aerea, convocò il Magg. Vittorio Minguzzi in seguito ad alcune note che il comandante del 22° Gruppo Caccia aveva inviato al suo superiore. Al termine dell'incontro, il Gen. Ilari promise l'invio di altri Macchi C. 202 e aggiunse: "Minguzzi, non fare il furbo con me. Se volevi una conferma dell'assegnazione del nuovo aereo, potevi dirlo chiaramente. Comunque ti confermo quanto volevi: al 22° Gruppo verrà assegnato il RE 2005." Io sono già lanciato e lui si è sbilanciato un po' troppo con le parole, chiedo quindi che ci venga assegnato il prototipo attualmente presso il Centro Sperimentale di Guidonia. Rimane un po' sconcertato dalla richiesta, ma c' e un precedente proprio con lui, ci pensa un po' e poi sbotta: oh insomma! se non altro potete cominciare ad abituarvi e poi, accidenti!, è ai reparti che si completa la messa a punto operativa Il 7 marzo 1943 il Magg. Minguzzi, che si era portato sul campo di Guidonia, effettuò il primo volo sul nuovo velivolo. La prima impressione, già favorevolissima, si trasformò in entusiasmo nelle prove di valutazione che il pilota effettuo il 14 e il 15 marzo a Guidonia e nelle successive prove di tiro (21 marzo 1943 sul poligono di Furbara). Minguzzi, nel suo diario, annotò con precisione anche le sensazioni registrate durante queste prove. La proponiamo interamente per il loro particolare interesse: Il RE 2005 ha tutte le carte in regola per entusiasmare! Finalmente abbiamo il mezzo che ci serve! Sebbene la formula di base del progetto sia quella tipica delle Reggiane, sono diversi i particolari costruttivi originali. Gli stessi tecnici Reggiane, che assistono il personale militare nella messa a punta del velivolo, evidenziano la cosa con soddisfazione. Soprattutto ci tengono a far notare le soluzioni modulari, adottate dai progettisti, che consentono un assiemamento assai più semplice e rapido. Il carrello è del tipo a triciclo con appoggio posteriore come tutti i mezzi precedenti, gli elementi anteriori si chiudono verso l'esterno scomparendo negli alloggiamenti alari, anche l'elemento di coda è retrattile, ma non è fissato interamente per cui nelle manovre in volo sbatte sulle pareti. Nessuna preoccupazione .. , dopo che si è scoperto la causa di quei "terrificanti" rumori! La struttura è interamente metallica (sono ricoperte in tela soltanto le parti mobili); gli elementi interni degli ipersostentatori si estendono fin sotto la fusoliera. L'esterno appare levigato, rifinito a stucco, e tirato a lucido in maniera fin troppo ricercata per un aereo da guerra. La cabina è chiusa e il posto di pilotaggio è un po' arretrato verso la coda, limitando la visibilità nelle manovre a terra. Il tettuccio ha i vetri laterali scorrevoli, due pannelli sul cielo, e si apre per ribaltamento a destra. Il Magg. Borzoni, che partecipa attivamente alla messa a punto di questi prototipi essendo in forza al Centro di Guidonia, ricorda che il tettuccio ha subito continue e importanti modifiche dovute al fatto che il parabrezza era troppo distante dal pilota, provocando cosi fastidiose distorsioni ottiche. Il seggiolino è corazzato ed è inserito in un castelletto destinato a proteggere il pilota in caso di "cappottata". Un particolare di non trascurabile importanza, vista l'elevatissima velocità di atterraggio, ben 160 km/h, che ciascun pilota andava a controllare misurando attentamente l' altezza del pilone di protezione rispetto al bordo della carlinga. Una delle principali preoccupazioni di un pilota era, ed è, quella di rimanere bloccato nell'aereo in caso di incendio. Imponente l'armamento, finalmente all'altezza delle necessità. Tre cannoncini da 20 mm: uno spara attraverso il mozzo dell' elica; gli altri due sono incorporati in ciascuna semiala. Due mitragliatrici da 12,7 mm, in caccia, sincronizzate con l'elica, a testimonianza di una tradizione che non muore. Il comando di sparo è incorporato nella leva di comando: un pulsante dotato di sicura per i cannoni, una leva per le mitragliatrici. Con una manovra unica è possibile accendere il collimatore, togliere la sicura, innestare il sincronizzatore. Le armi da 20 mm e quelle da 12,7 mm hanno conta-colpi separati. I serbatoi della benzina sono tre, semapizzati, e allocati nelle ali. La particolare sistemazione elimina quel persistente e fastidioso puzzo di benzina che aleggia nella cabina di aerei con serbatoio principale alle spalle del pilota. In compenso "si sentono" molto di più sia gli scarichi del motore che circolano liberamente nella cabina, sia l'acre odore della cordite quando entrano in azione le armi. Il cambio non è affatto favorevole costringendo all'uso della museruola, quell' infernale aggeggio di tortura che è la maschera dell’ ossigeno. La strumentazione di cabina è abbastanza ricca (per l'epoca). Sulla sinistra del cruscotto l'impianto radio e il radiogoniometro; sul pannello centrale il collimatore, il contacolpi delle mitragliatrici, la telebussola Patin, l'altimetro, il girorizzonte e il variometro; sulla destra la dinamo e il comando elettropneumatico di riarmo. Particolarmente interessante il collimatore, del tipo a riflessione con croce luminosa, punteria diretta, e senza limitazione del campo visivo. Una sorgente luminosa proietta su una lastra opaca la luce filtrata da un reticolo costituito da una serie di cerchi concentrici di diametro via via minore. I cerchi luminosi e l'immagine esterna vengono riflessi su uno schermo traslucido posto di fronte al pilota, sulla destra del cruscotto. La collimazione è quindi piuttosto semplice: basta allineare il centro del cerchio luminoso più interno con il bersaglio. Su questo cerchio appaiono tre punti luminosi che corrispondono alle dimensioni di massima del bersaglio, tengono conto della velocità dell'aereo attaccante e di quella dell'attaccato, e della velocità iniziale dei proiettili delle armi di bordo. Circa queste ultime, le due mitragliatrici e i due cannoncini alari sono piuttosto sicuri, il cannoncino centrale invece tende ad incepparsi. L'inconveniente non verrà mai completamente risolto, almeno a mia conoscenza. Anche il vano di accesso per la manutenzione a terra dall'arma centrale è poco comodo essendo piuttosto angusto. A seguito delle nostre richieste ne verranno aumentate le dimensioni, rendendo più agevoli le operazioni a terra. Le qualità di volo dell'aereo, infine, sono veramente ottime. Il decollo è estremamente regolare e l'aereo non mostra alcuna tendenza ad imbardare. In atterraggio, con l'uscita del carrello e abbassando gli ipersostentatori, l'aereo tende a puntare il muso, ma la tendenza è facilmente contrastabile con la manovra del flettner del timone di profondità. La velocità di atterraggio è effettivamente elevata, ma sia in atterraggio che in rullaggio non si avverte alcuna tendenza ad imbardare. Ottimi i freni, molto efficaci ed equilibrati. In volo tutte le manovre sono estremamente agevoli, particolarmente ad alta quota. All'aumentare della velocità i comandi divengono un po' duri, particolarmente il timone di profondità. La stabilita rimane comunque eccellente In virata si può stringere tranquillamente; non c' e verso di fare entrare l'aereo in autorotazione. Provo più volte la manovra insistendo fino ad avvertire i caratteristici scuotimenti, questi, però, malgrado la loro violenza, non si ripercuotono sui comandi. Ottima l'accelerazione, buona l'agilità in tutte le manovre acrobatiche. L'uscita dalla vite comandata è estremamente facile: basta riportare al centro la pedaliera. I dati tecnici di prestazione sono di tutto rispetto. La velocità massima è superiore ai 600 Km/h, ma supererà addirittura i 650 Km/h quando verrà montato il motore originale tedesco DB 605, che ha dato origine a tutti i caccia della serie 5. La quota di tangenza è intorno ai 12.000 metri, la quota operativa è inferiore, ma si arriva a 8000 metri in meno di 10 minuti. A questa quota l'aereo manovra con estrema agilità senza presentare nemmeno l'accenno a fenomeni di “galleggiamento". Il primo prototipo del RE 2005 (MM 494), dopo le prove di Minguzzi a Guidonia e a Furbara, fece parte della 362a Squadriglia del 22° Gruppo. Il velivolo venne provato da tutti i piloti del reparto che, alla fine, diedero quei suggerimenti che, soltanto con la loro pratica di impiego, potevano essere evidenziati. Le richieste avanzate furono: lo spostamento del quadro di comando RT sul fianco destro della cabina; la sostituzione della barra dotandola di impugnatura più comoda e di comando sparo contemporaneo per tutte le armi; la modifica del dispositivo di riarmo dotandolo di scatto per sole mitragliatrici e di un altro scatto per tutte le armi; lo spostamento dell'orizzonte artificiale delle armi cal. 12,7; l'installazione di un faro di atterraggio per il volo notturno. Tutte le richieste verranno evase con sollecitudine, sia sui velivoli già in carico che su quelli di nuova assegnazione. Tratto da Dal Re2002 al Re2005 di Sergio Govi
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The Last Year of the Luftwaffe: May 1944-May 1945
Dave97 ha pubblicato una discussione in Libri & Riviste Aeronautiche
A classic story of a once all-conquering force struggling to stave off inevitable defeat. This superbly written book gives a complete account of Luftwaffe offensive and defensive operation between May 1944 and the end of World War II. It is a comprehensive examination of Hitler's air force, a frank and illuminating look at a crucial year of aerial combat and a fresh analysis of the odds stacked against Germany's daring pilots. Dr. Price, author of a number of works on air power during the Second World War, makes – and supports -- a number of important and surprising conclusions. Thus, he demonstrates not only that Hitler’s decisions to turn the Me-262 into a fighter-bomber delayed its introduction into combat not at all, but also that this was in fact an excellent notion. A valuable book for anyone interested in the air war, 1939-1945. 224 pgs., 58 B&W illustrations, 6"x 9", softcover. Price: $19.95 -
- Prime Impressioni - La postazione di pilotaggio è buona e offre una buona visibilità complessiva. Indossare il paracadute e stringere le cinghie a 5 punti + la safety blue richiede una tecnica tutta particolare. I freni sono due piccoli pedali appena sopra la pedaliera principale, trovarli è un’impresa. Contrariamente agli altri aerei, possono essere attivati simultaneamente al direzionale semplicemente allargando le piante dei piedi verso l’esterno. Durante decollo e atterraggio, i piedi vanno posizionati opportunamente verso il lato interno onde evitare di toccare accidentalmente il freno e trovarsi a fare una bella escursione nel prato adiacente la pista. Il rullaggio, in assenza di vento , non è particolarmente impegnativo, almeno a me è sembrato tranquillo, certo la macchina ha la tendenza a dirigersi a sentimento ma anticipandola un pò si riesce ad andare dritti. Con vento è necessario imparare a tenere la cloche sempre controvento altrimenti il rischio di girarsi o peggio ancora di metterlo in piedi, è alto. Le manovre a terra, con un biciclo , sono tutte un programma. Il ruotino posteriore ha un’escursione limitata da un blocco meccanico a molla, durante l’operazione di rullaggio offre una discreta direzionalità, appena si cerca di ruotare l’aero per un’inversione di direzione , azionando direzionale + freno , si nota una certa difficoltà iniziale dell’aereo a seguire la manovra, poi all’improvviso si sente un sinistro clock, il blocco ruotino si sgancia e via… yeahhh l’aereo parte a ruotare come una trottola, infatti è necessario arrestare questo movimento anticipando e di molto l’attivazione del freno contrario onde evitare di compiere un bel loop orizzontale!!! Alla prima manovra è facile andare in overshoot.. In decollo la macchina va dritta finchè non si abbassa il muso, a quel punto inizia a tirare a sx come un somaro e richiede una buona dose di piede contrario. Però i comandi di volo sono sensibilissimi, motivo per cui la prima impressione è quella di dirigere l’aereo da tutte le parti fuorché dritto. Al primo decollo, se l’istruttore non ti aiuta, è facile andare per prati.... In volo è una macchina estremamente filante e dinamica. Basta una leggera oscillazione sulla cloche che l’aereo segue il comando, infatti la prima cosa che l’istruttore vi dirà è : smettere di fare la polenta. Che in gergo vuol dire, evitare di muovere in tondo la cloche, anche di poco, perché l’aereo segue il movimento impresso. In sottovento, come niente ci si ritrova a 240Km/h, ma per fortuna i controlli da fare sono pochi. Finale; questa macchina molto filante, in configurazione full flap si trasforma in un qualcosa di molto simile ad un ferro da striro. Assume un rateo di discesa molto alto. Durante il primo avvicinamento, adottando gli stessi parametri del P66C, avevo la sensazione di essere altissimo, e l’istruttore continuava a dirmi di dare motore perché continuando così avrei posato le ruote nel campo che precede la pista. Aggiungiamo che basta un alito di vento frontale, che sto benedetto transformer inizia a saltare come un puledro selvatico. E la flare.. Uhmmm – Impostare la richiamata per toccare su i tre punti. Atroce- Sei li con l’aereo a muso alto che galleggia, galleggia per effetto suolo e sembra non decidersi mai a toccare . Poi all’improvviso si affloscia , sprofonda, e sbatti a terra, rimbalzi e ti risollevi, ovviamente storto, Questo perché, appena toccato con i tre punti, l’istruttore ti urla di tenere la cloche alla panza. Ma è sufficiente che tiri un tantino più energicamente che l’aereo tende a staccarsi nuovamente da terra, tu restituisci la cloche e lui si risiede alla meglio, poi ritiri e lui si rialza. Insomma hai la netta sensazione di essere sopravvissuto ad un disastro annunciato, quando l’istruttore ti dice, OK, non c’è male !! ( ma che film ha visto ?) Flap su take off, e li ti incasini perché devi prendere la cloche con la sinistra ed abbassare la leva dei flap con la destra, motore e via per un altro circuito. La più efficace definizione, spetterà ad Athos (Spin) che si aggiungerà al nostro gruppetto qualche mesetto dopo, pilotare il cap 10 è come cercare di pescare a mani nude.
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Lugo lì, 8 Maggio 1994 Eccoci finalmente qui, dopo un lunghissimo periodo di gestazione, abbiamo deciso di realizzare quello che per me e fisher (per ora siamo solamente noi due), potrebbe essere il coronamento di un lungo sogno: L’abilitazione acrobatica. Non è stata affatto una decisione facile, tant’è che di molti papabili ci ritroviamo ad essere solamente noi due, gli apri-pista. I motivi potrebbero essere tanti, ma sostanzialmente quello che più scoraggia è il fatto di doversi iscrivere ad un altro aeroclub e soprattutto gli oltre 200Km tra andata e ritorno che ci dobbiamo sobbarcare compreso l’attraversamento del nodo di Bologna, da sempre autentico calvario della nostra rete autostradale. D’altronde l’organizzazione della scuola di Lugo ci sembra ottima e per quanto riguarda la sicurezza, che trattandosi di volo acro è un’aspetto da non sottovalutare, è assolutamente intransigente. Poche regole e severissime. Inoltre la possibilità di poter usufruire di quello che viene definito all’unisono il miglior istruttore acro d’italia (e anche il miglior pilota) rendono la cosa molto appetibile. L’alternativa potrebbe essere quella di frequentare i corsi di volo acro presso un’aeroporto abbastanza vicino a Reggio, ma questa soluzione non ci esalta affatto perché la cosa ci sembra un tantino improvvisata, anche se questa è un’analisi molto superficiale. Approfittando della nostra visita informativa presso i nostri cugini modenesi , ci siamo tolti però lo sfizio del battesimo acro, su una macchina fantastica lo Zlin526 biposto. In realtà morivamo dalla voglia di conoscere la nostra reazione a determinate sollecitazioni. Ci sembrava una cosa stupida iscriversi ad un corso acro, per poi scoprire che saremmo stati male dopo 10 minuti di lezione. Il pilota che ci ha battesimato non è andato tanto per il sottile se è vero che quando sono sceso il G.metro segnava +5,5 / –3 Ma, non siamo stati male , ..e a parte un gran mal di testa e lo scoramento per non averci capito un’ acca , l’unica consolazione derivante da questo tipo di esperienza è stata la consapevolezza, maturata poi con l’esperienza, sulla sua assoluta inutilità!!!! Da cui mi permetto di aggiungere un piccolo consiglio spassionato per tutti coloro che intendono cimentarsi in questa splendida disciplina: Evitate!!!!! Fare il sacco di patate e farsi massacrare a suon di G non serve assolutamente a niente, ed è un’esperienza assolutamente inutile. Ma torniamo a noi. Siamo in quel di Lugo, e stiamo attendendo il nostro turno per iniziare la grande avventura. L’iter prevede circa 4h di passaggio macchina, stiamo parlando di un biciclo e nessuno di noi possiede tale abilitazione e successivamente 12 h di sola acrobazia. Ad essere sinceri, tutte le informazioni che siamo riusciti a mettere insieme, per sentito dire, circa il Mudry / AkroTech Cap10B sono tutt’altro che rassicuranti. C’è chi lo dipinge come una macchina assolutamente cattiva, estremamente nervosa, e soprattutto a terra ha la pessima fama di voler andare da tutte le parti fuorché dritta. Il commento di un pilota- istruttore , recentemente, è stato : Il Cap 10 è una macchina che ti fa rimpiangere il fatto che la pista non sia fatta a forma di banana. Cerchiamo conforto facendo qualche domanda , con molta discrezione, a qualche pilota presente sul piazzale. Il risultato è lo stesso: Per cui decidiamo di non continuare nel sondaggio onde evitare di innervosirci inutilmente. Il responso del nostro primo volo è condensato nell’atteggiamento assunto da noi due nel viaggio di rientro a Reggio. In un silenzio quasi irreale, ad un certo punto , ci siamo detti : - Non ce la faremo MAI!!!! Era molto peggio di quanto avessimo potuto immaginare.
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Il mio era solo un modo di dire.
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Sono proprio curioso di vedere un Hornet in Autorotazione!! E a proposito di repentini cambiamenti di assetto nose up – nose Down Per la serie : Adoro questa macchina….e anche il suo cugino più grande!!!!
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La Passione Per il Volo 2° Parte Vi siete mai chiesti qual’è il limite a cui può essere spinto una persona, in pieno possesso delle proprie facoltà di intendere e di volere ( si fa per dire), da una profonda passione? Un leit motiv che spesso angustia i sodalizi aviatori specialmente nel periodo che va da novembre a febbraio (qui da noi) quando il perdurare di giornatine nebbiose , e/o uggiose, altro non fa che tenere a terra l’intera flotta aerea con conseguente alterazione meteopatica dell’umore generale. Così ci si ritrova tutti confinati nella sala riunioni dell’aeroclub, ad ingaggiare assurde discussioni, a rinfacciarsi fatti e misfatti, insomma a litigare per le ragioni più svariate. C’è quello che ha la pretesa di rinfacciarti che nell’ultimo roll , lui ha notato che hai dato troppo piede (ma figuriamoci, non lo notano neanche i giudici internazionali!!!!). Un altro che inizia un’improbabile discorso sullo stallo in virata… E questo dura finchè a qualcuno non viene in mente di cercare dei vecchi modelli in balsa, con motore ad elastico. Chissa se esistono ancora! Si forma lo squadron e si parte. Destinazione un negozio di aeromodelli , ben fornito. Il proprietario ci conosce bene, perché alcuni di noi erano modellisti da piccoli e lui stesso quando può , frequenta l’ aeroclub. Appena ci vede, ha l’istinto di chiuderci fuori. In genere gli mettiamo a soqquadro il negozio e non compriamo niente. Questa volta è differente, siamo alla ricerca di un’articolo ben preciso. Gli spieghiamo il tutto e dopo averci guardato con molta circospezione, ci informa che forse nel retrobottega ha qualcosa che potrebbe fare al caso nostro. Sparisce per qualche minuto, tanto che noi iniziamo ad ironizzare sulla cosa, mettendo in seria difficoltà gli altri clienti presenti. Ritorna con 6 confezioni tipo- rivista e relativo dvd- Sono dei semplici modelli,costituiti da un’ asse di legno come struttura portante a cui è fissata un’elica di plastica. All’estremità opposta c’è il gancio a cui ancorare l’elastico che funge da propulsore. Un’ala già intagliata in balsa sottilissima di colore neutro, (bellissimo così possiamo sbizzarirci anche con la livrea) e relativi piani di coda; il tutto solo da incollare e pronto per il decollo. (quando si dice ready to take off) Il modello, una volta terminato avrà le dimensioni (circa) di 400mm x 300mm. Stupendo!!!! Solo 6!!!!! Iniziamo a fare due conti… Se ci presentiamo in aeroclub dove, inclusi noi, saremo una ventina, gli altri ci massacrano per impossessarsi del modello. Iniziamo ad insultare il proprietario del negozio, perché non si possono tenere solamente 6 esemplari di quello che a noi sembra un’autentico Gioiello. Lui cerca di scusarsi dicendo ( Grave Errore) che è parecchio tempo che li ha in carico, che non sono più richiesti, insomma le solite cose… Risposta secca: - Allora ce li regali, visto che ti facciamo il favore di portarceli via. - Veramente costano 10.000 lire cadauno. - Ehhhh!! Ecco perché non li compra nessuno… - Vabbè ragazzi, 50.000 e sono vostri. - Facciamo 30.000 e sono già nostri anche perché è il massimo che riusciamo a mettere assieme.. Alla fine riusciamo a spuntarla per 40.000 e gli freghiamo il pacchetto di sigarette che aveva incautamente lasciato sul bancone del negozio. Però abbiamo risolto solamente un parte del problema. Adesso bisognerà impedire di essere violentati dagli altri.. Optiamo per formare dei gruppi di lavoro. Ovviamente il prezzo dei modelli, durante il tragitto di rientro, è più che decuplicato Arriviamo in club, e come ipotizzato si scatena una autentica bagarre. Tutti vogliono un modello. - Allora tanto per cominciare ciascun modello costa 10.000 L. - QUINDI PAGARE!!!! -Secondo , sono solamente sei, quindi è necessario formare dei gruppi di lavoro. Dopo circa un quarto d’ora, si è riusciti a definire i vari gruppi, ciascuno ha il suo modello da costruire. La sala riunioni sembra un’aula di applicazioni tecniche. Ciascun gruppo si è chiuso attorno ad uno dei piccoli tavoli disponibili, come a celare segretamente lo sviluppo e l’assemblaggio del proprio modello. Io sono in gruppo con l’inseparabile Nav , e il nostro l’istruttore di volo che si è auto coinvolto e si è impossessato dell’ala , oltre che di tutti i colori, matite, evidenziatori, disponibili in segreteria con lo scopo di disegnare la livrea del nostro modello. Nav inizia subito a delirare che la forma dell’ala, molto semplice e diritta con le estremità ripiegate verso l’alto , è più adatta ad un bombardiere che ad un’aereo high performance acro, quindi è necessario sagomarla ed una forma più appropriata. L’istruttore, dal canto suo, ribadisce che il piano di coda necessita di modifiche, altrimenti sarà impossibile far eseguire un loop all’aereo. Mi permetto di far presente che non abbiamo ancora assemblato l’aereo, e che prima di modificarlo sarebbe opportuno vedere come vola… OK. Ci rimettiamo all’opera. L’istruttore ha optato per una livrea tipo frecce tricolori ( e te pareva…) Sulle marche, l’ho spuntata io con I-IZAK che è il Cap 21 di Lugo. Nel frattempo la segretaria , che è una specie di bull-dog ha iniziato a urlare che le sono spariti tutti gli evidenziatori e che alla fine della Operazione se non ritorneranno tutti integri in segreteria per ogni evidenziatore mancante saranno malmenati 10 piloti a caso (strano mi sembra di aver già sentito qualcosa del genere). Visto che nessuno dei presenti le presta molta attenzione, decide di ritirarsi.. Dopo circa ½ ora, il nostro modello è pronto ( bella forza bastava incollare ala e piani di coda alla struttura e dipingere alla meglio la nuova livrea) Bellissimo!!! Sembra un’aereo PAN!!! L’istruttore ha fatto i miracoli per dipingere la bandiera italiana sul dorso dell’ala, slanciata come quella disegnata sui 339. Certo, i colori sono un tantino sgargianti. Ma fa niente. Un’aereo acro è bello quando è sgargiante!!!! Non rimane altro che andare fuori, caricare la molla e lasciar volare il modello. Ci assale un’atroce dubbio circa il bilanciamento dello stesso. E se una volta lanciato, il modello punta il muso in basso e si pianta sull’asfalto del piazzale? Sai che figura di M…. Ripassiamo velocemente le istruzioni del montaggio, verifichiamo di aver incollato l’ala nel punto suggerito , proviamo a mantenerlo in equilibrio dove stimiamo il baricentro. Boh!! Sembra tutto a posto. Dai si va a provare!!! Noto che tutti scelgono un differente punto di prova, quasi a celare eventuali cavolate di assemblaggio. Molla Caricata. Via… Whowwww!! Il modello percorre quasi 60m in volo più o meno livellato poi plana sull’erba (in realtà sdelfina leggermente). Bellissimo…..Siamo contenti tutti e tre. Se qualcuno controllasse i nostri documenti, stenterebbe a credere ai propri occhi. In tre facciamo 124 anni - 34(io)-33(nav)-57(l’istruttore) Riproviamo tendendo l’elastico un po di più!! Identico risultato!!!! OK Vola, adesso vediamo quali modifiche sono necessarie per eseguire un bel loop. La velocità base del modello non sembra adatta allo scopo, sono convinto che non riusciremo a fargli eseguire un loop.. Iniziamo a studiare come piegare all’insù il timone di direzione.. Riproviamo!!! Uhmmmm!!!! Sdelfina maggiormente ma niente di più!!! Forse imprimendogli una velocità iniziale maggiore, lanciandolo!!! Proviamo!!!! Yeassssssssssss … Non è proprio un loop ! è una virgola terrificante!!! ma il nostro fiammante I-IZAK ha appena compiuto la sua prima manovra acrobatica. Intanto, ridendo e scherzando, è sopraggiunta la sera, e gli impegni personali ci riportano alla realtà quotidiana. Però abbiamo trascorso un bel pomeriggio…
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Proposta per i Moderatori. Perché non spostare il topic dedicato ad Ustica in una sezione più appropriata come quella degli eventi storici, nella quale potrebbe beneficiare di una maggior visibilità. Magari eliminado l'altro topic che diventerebbe superfluo. Ne approfitto per aggiungere qualcosa. Ho acquistato , in edicola, l’ultimo dvd dedicato alla strage di Ustica. Bellino, ma non aggiunge assolutamente niente a quanto si sappia già, o se preferite a quanto non si sappia già. L’unica cosa che mi ha veramente irritato, tanto per cambiare, è il modo di rispondere a determinate domande, più che lecite secondo me, da parte degli EX vertici AMI, che anziché approfittare dell’occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe e dire finalmente le cose come stanno, si sono ancora una volta trinceati dietro litanie degne di filmini tipo I CARABBBINIERI- Che senso Ha : NESSUN AEREO PRESENTE NEL RAGGIO DI 50 KM DAL DC9 E soprattutto . che cosa vuol dire ? Dico io, Lo sai o no perché è caduto quel DC9 ? Se lo sai , limitati a raccontare la versione dei Fatti. Detto questo, preciso che sono contento dell’assoluzione dell ‘AMI, la nostra più prestigiosa forza armata non meritava una gogna simile. Ma certi personaggi, io li avrei sbattuti in carcere e buttata la chiave…
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Oh finalmente !! pensavo di morire di solitudine nel mio attuale esilio in terra di Francia. Mi fa piacere che vi sia una ricoperta delle manovre acro. Infatti ! Tra le poche , una che può iniziare con un ½ Barrel roll è una forma di rovesciamento, molto elegante, tramandatomi dal mio “vecchio” (si fa per dire) istruttore. Partendo da volo livellato, e con una velocità di manovra tipo 220-230 Km/h tiri la cloche , imposti una leggera virata sfogata a dx, e la raccordi con ½ barrel roll lento a sx. Lo scopo è quello di arrivare al top della salita, capovolto e con una velocità compatibile con il dive out. Garantisco che oltre che piacevolissima, vista da terra è elegantissima. Tra l’altro è l’unico modo per eseguire un rovesciamento con una macchina semi-acro o con macchine che mal sopportano il volo in negativo. Una variante alla suddetta manovra, che esegue il grande Sergio Dallan quando vola per fare spettacolo, è composta da una fase iniziale nella quale l’aereo viene posizionato su 1/8 di eight point roll a dx, tenuto in quella posizione per qualche secondo , seguito da un ½ di barrel roll a sx e relativo dive out per il rientro sull’asse pista. Un’altra bella manovra per eseguire il rovesciamento consiste nell’impostare un rateo di salita a 45° , togliere motore, attendere che la velocità scenda a qualche chilometro sopra la Vs, tutto piede Sx e stappone alla cloche per innescare lo snap a Sx. Appena l’aereo parte in autorotazione, centralizzare la cloche, spuntatina di motore per velocizzare la rotazione, e tutto piede dx per arrestarsi dopo ½ snap a testa in giù; eseguire poi il normale dive out. Una sola precisazione. Lo spit S, se intediamo la figura da gara e non le sue varianti , inizia sempre da volo livellato, si esegue il ½ roll, si mantiene l’aereo livellato in negativo per un leggero tratto (circa 1s ) e si esegue il relativo 4/8 di loop come chiusura, cioè esattamente l’immelmann al contrario. Ciao.
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Tranquillo!!! Sapevo dove andavo a parare nel momento in cui ho fatto l’affermazione di cui sopra. Il mio Istruttore basico era un’ex istruttore Militare. Rovesciamento, penso sia la traduzione sporca di Half Roll & dive out che però guarda caso è il nomignolo del Reverse Half cuban eight. Il termine rovesciamento è un termine generico, e a seconda degli ambienti viene associato ad una manovra piuttosto che un’altra. In realtà bisognerebbe specificare anche l’assetto di partenza e la modalità di esecuzione. Es. inizio con un’assetto a 45° ed eseguo il rovesciamento con ? : ½ roll ; ½ snap roll, ½ Barrel Roll; ¼ roll a dx e ¾ a Sx ????? Ecco perchè è sempre bene specificare il corretto nome Aresti della figura. Penso che la cosa nasca dalle differenti esigenze: Un militare toverà sicuramente più utile una tecnica tipo Spit S, difficilmente userà un reverse half cuban eight. In Acrobazia., lo Split S è veramente un’Immelmann al contrario e richiede una velocità d’ingresso bassa, compatibile con il ½ Roll e allo stesso tempo , con il seguente Dive Out - Altrimenti il rischio di andare in autorotazione durante il ½ roll (vstart troppo bassa) o di uscire alla velocità della luce (vstart troppo alta) è altissimo.. Ciao
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Un bel Sito dove è spiegato in modo semplice il funzionamento del VOR-DME VOR-DME
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Dopo aver rivisto il filmato ripetutamente, sono sempre più convito dell’errore di valutazione sulla quota. Guardate attentamente il primo video.. La mia sensazione è che , superato il punto decisionale (top) , il pilota sia convinto di riuscire a chiudere il loop, e difatti lascia correre l’aereo dal 4/8 al 6/8 per poi rendersi conto che era troppo basso (7/8) e difatti la richiamata è più energica e nell’ultimo tratto (8/8) il suo Su27 sembra un ferro da stiro. (si nota benissimo negli ultimi fotogrammi del video 3) Ci tengo a precisare che : Trattasi solamente di una mia sensazione e quindi Opinabilissima. Sarei un tantino scettico sul mal funzionamento di uno dei due propulsori perché se è vero che alcuni dei presenti lo hanno notato , non capisco perché debba essere sfuggito al pilota, ragione in più per abortire la manovra. Sul fatto che il velivolo fosse troppo silenzioso sull’ abbrivio, direi che anche in questo caso dipende dalla velocità di uscita della manovra precedente. Cioè se esco velocissimo da una manovra, non è necessario che inserisca tutta potenza per raggiungere (in sicurezza) il top di un looping. L’importante è raggiungere la quota che ci siamo prefissati e che garantisca abbondantemente la chiusura del loop. Poi se i problemi di propulsione si manifestano durante gli ultimi 3/8 , beh allora non ho più niente da dire…. …..se non che con una macchina acro negli ultimi 3/8 il motore è al minimo, quindi il loop lo si chiude ugualmente, e dopo pensiamo a dove poggiare le ruote cercando di limitare i danni…
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Da iper-appassionato di acrobazia, mi permetto di darti un consiglio. Se c’è una cosa che irrita gli appassionati del settore sono le traduzioni “ forzate “ delle manovre acro che hanno già un nome Aresti. Tanto più che definire rovesciamento lo “split S” sarebbe scorretto in quanto è un termine spesso associato al reverse half cuban eight. Personalmente, lascerei il nome originale della figura che tra l’altro è anche molto bello!!! Ciao!!!
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L' ing. Longhi e i caccia Reggiane a reazione
Dave97 ha risposto a S939 nella discussione Eventi Storici
Risposta pubblicata su JP4 del Maggio 1976 Il problema sollevato nella rubrica lettere di JP 4 del febbraio 1976 non ha tardato a sollevare l'interesse degli appassionati da cui ci sono pervenute numerose precisazioni; tra queste abbiamo scelto quella dello storico Nino Arena autore di numerose eccezionali opere sulla nostra aviazione: Come cultore di argomenti storici ed in particolare del periodo 1943/45 su cui ho acquisito specifici elementi, desidero aggiungere due righe di precisazione alla lettera del comandante Tullio De Prato di cui condivido pienamente l'impostazione, ed aggiungo: secondo le notizie in mio possesso avute da persona degna di fede purtroppo deceduta da tempo, il famoso disegno del Re.2007 a reazione, di cui tanto si parla a sproposito, venne "accennato brevemente " su richiesta della persona suddetta, in una camera d'albergo a Milano nel dopo guerra , tecnicamente secondo le sommarie indicazioni ricevute ed in tal modo il progetto del Re.2007 venne "ufficializzato" ed iniziò a fare il giro del mondo aeronautico nazionale acquisendo autorevoli consensi, aperti dissensi, scetticismo, perplessità e per i più acuti e preparati esperti del settore, la convinzione che si trattava di un bluff. Il motore Jumo 004 destinato effettivamente al Re2007, non venne venduto dai militari tedeschi come comunemente si dice, ma venne recuperato a fine guerra terminando alle officine aeronautiche della S.A.I. di Passignano sul Trasimeno dove si trovava fino al 1974 allorchè venne trasferito dall'acquirente a Milano, in attesa di donarlo al Museo Aeronautico dell 'A.M. I. Circa il Re.2006, escludendo l'esemplare di cui parla il Com.te De Prato, 3 velivoli Re.2005 vennero condizionati per conto del RLM con motori DB.603 e prelevati da piloti tedeschi che li trasferirono in Germania. Di tali notizie posseggo la relativa documentazione avuta dagli Uffici Federali della Germania. Il Re.2006 trasportato a Taliedo venne preso in carico dall'Aviazione del C.L.N. (non rida è realmente esistita) i cui responsabili chiesero nel 1946 agli alleati se nulla ostava circa l'utilizzazione del velivolo ed avuta risposta negativa, non sapendo cosa fame, finirono per cederlo al Politecnico di Milano. Credo che sia tutto. NINO ARENA -
Semplificando il discorso.. I pedali per i freni, sono disposti sopra la pedaliera che comanda il direzionale. Normalmente, con i talloni che poggiano sul pavimento, si azionano i pedali di direzione; sollevando i piedi di qualche centimetro, si riesce ad azionare entrambi i comandi;(freno + direzionale sx e freno + direzionale dx) azione , quest’ultima, necessaria durante il rullaggio per compiere delle rotazioni consistenti, come ad esempio l’inversione di direzione. Questa disposizione ha lo scopo di impedire l’attivazione accidentale dei freni durante le delicate fasi di decollo ed atterraggio. Ciao
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L’ Operazione Reunion Per proseguire nello sforzo bellico, agli alti comandi tedeschi era ben presente l'importanza della Romania quale principale paese europeo produttore di petrolio e, in particolare, l'area di Ploesti che da sola comprendeva otto grandi complessi petroliferi con ben 42 raffinerie. Il giugno 1942 gli Stati Uniti entravano in guerra contro la Bulgaria, l'Ungheria e la Romania, alleate orientali del Reich. Per il colonnello statunitense Bonner F. Fellers, distaccato al comando britannico al Cairo, il bombardamento aereo dell'area di Ploesti era da considerarsi d'importanza strategica, ma molteplici erano i problemi legati alla ragguardevole distanza tra le basi alleate e i principali obiettivi. I velivoli, infatti, decollando dall' Africa Settentrionale avrebbero dovuto compiere un tragitto, tra andata e ritorno, di ben 4.200 chilometri! La prima missione su Ploesti, effettuata il 12 giugno 1942 , non fu certamente un successo, anche se la propaganda statunitense non mancò di magnificame i risultati. Era infatti necessario un radicale miglioramento della situazione strategica per poter agire più incisivamente e, in effetti, si dovette attendere un altro anno prima che potesse essere lanciato dagli aeroporti libici un ulteriore e più pesante attacco, l' operazione "Tidal Wave" . Dopo quel noto raid del 1943, passarono alcuni mesi prima che l’ USAAF, ora massicciamente presente anche in Italia (aeroporti della zona di Foggia), raggiungesse una forza adeguata per sostenere un'impegnativa campagna contro i centri di produzione di Ploesti mentre affrontava altri pesanti impegni sull'Europa centrale. Tra il 4 aprile ed il 19 agosto 1944, i bombardieri della 15th Air Force colpirono il grande complesso petrolifero 19 volte, tanto che si stimò una riduzione nella produzione di idrocarburi dell'80%, ma le locali difese antiaerei, nel loro complesso, rimanevano assai efficaci, avendo abbattuto nel periodo citato ben 223 bombardieri oltre a numerosi dei loro caccia di scorta. Fu stimato inoltre che più di 1.100 uomini fra piloti ed equipaggi dei bombardieri e dei caccia fossero caduti in mano tedesca. Il 23 agosto 1944, la Romania si arrese alle forze sovietiche che, provenendo da est, erano avanzate in profondità nel paese. In quei giorni, tuttavia, avvenne una delle più strane "avventure" della seconda guerra mondiale. Tutto ebbe inizio il 17 agosto quando 248 bombardieri B-24 H "Liberator" della 15th AF, guidati in quell'occasione dal Lieutenant Colonel James A. Gunn , comandante del 454th Bomb Group (304th Bomb Wing), raggiunsero l'obiettivo principale della loro missione in territorio rumeno. Poco prima di sganciare il carico bellico, però, quattro degli otto apparecchi in testa al gruppo, fra cui quello del comandante, furono abbattuti dalla Flack tedesca. Tutti i membri degli equipaggi riuscirono a lanciarsi con i paracadute, ma il colonnello Gunn, come altri, fu subito catturato dai rumeni. Dopo il formale interrogatorio, fu trasferito in un campo di prigionia a Timisul (Bucarest), dove risultò l'ufficiale di grado più elevato tra quelli presenti. Nonostante i prigionieri non subissero maltrattamenti fisici, le condizioni generali di vita erano spaventose. Il 23 agosto, con il diffondersi della notizia della resa, improvvisamente le guardie rumene del campo scomparvero. Il primo intervento del colonnello Gunn fu per mantenere l' ordine, onde evitare che qualche prigioniero si disperdesse nel parapiglia che ovviamente si era generato. Al fine di garantire l'incolumità a tutti gli ex prigionieri di guerra alleati, dispose che questi sarebbero rimasti a disposizione nella capitale o nelle immediate vicinanze. La ritirata tedesca diede però inizio ad un pesante bombardamento di rappresaglia sulla città che si aggiunse al generale terrore per la prospettiva di un'imminente occupazione sovietica. Con qualche sforzo il colonnello statunitense rintracciò alcuni ufficiali rumeni di grado elevato e, dopo alcuni colloqui, fu raggiunto un accordo che permetteva di riunire tutti gli ex prigionieri in un sicuro e vicino aeroporto, pronti per essere trasbordati. Poichè un diretto contatto con gli Alleati era impossibile da stabilire, dal momento che mancavano installazioni radio o telegrafi funzionanti, fu organizzato il trasferimento nell'Italia occupata dello stesso Gunn, anche al fine di recapitare alle autorita anglo-americane un messaggio di re Michael di Romania che richiedeva, tra l'altro, l'intervento della 15th AF sulle zone limitrofe alla capitale ancora occupate dai tedeschi. In breve tempo fu organizzato un trasferimento con un vecchio bimotore, ma, dopo soli venti minuti di volo, il velivolo dovette rientrare per problemi ai motori. Dopo l'atterraggio, il colonnello Gunn fu avvicinato dal capitano Constantin "B?zu" Cantacuzino, che si offri di portarlo in Italia "alla maniera tedesca", ovvero nella fusoliera di un Messerschmitt Bf 109. Cantacuzino era comandante del 9° Gruppo da caccia rumeno e aveva volato per la Luftwaffe oltre ad essere un membro della famiglia reale. Il rischio di un simile volo, che Gunn accettò subito di compiere, non era però lieve. Se fossero stati abbattuti da aerei tedeschi, dalla Flack, dagli stessi Alleati o avessero avuto problemi al motore, ci sarebbero state comunque serie conseguenze per l' americano, rinchiuso nel retro della fusoliera. Non essendo disponibili mappe dell'Italia, Gunn ne disegnò una, a memoria, della costa italiana sud-orientale e vi indicò gli elementi per l'avvicinamento alla propria base di S. Giovanni, una delle numerose piste di volo che gli Alleati avevano riattato o realizzato ex novo nella piana di Foggia. Inoltre, consigliò il pilota rumeno di volare basso per evitare i radar, ma quello, forse per motivi di eccessivo consumo di carburante, insistette per una quota di 6.000 metri, cosa che avrebbe certamente messo a dura prova la tolleranza al freddo e alla scarsità d' ossigeno del povero passeggero occasionale! L' aereo questa volta fu scelto tra i più nuovi: era un Bf 109 G-6, matricola W. nr. 166133, codice 31 bianco, con appena 7 ore e mezza di volo. Come precauzione addizionale, a scopo identificativo furono dipinte sui lati della fusoliera due vistose bandiere statunitensi e, mentre ciò era in fase di realizzazione, Cantacuzino trasse Gunn da parte e gli confessò che il piano stava diventando troppo conosciuto in giro, tanto da poter essere compromesso e che, quindi, era necessario affrettarsi. Appena la nuova verniciatura dell' aereo fu terminata, il pilota rumeno fornì una pesante tuta di volo all' americano e lo aiutò ad inserirsi nella fusoliera del velivolo dal lato sinistro, attraverso lo stretto portello quadrato d'accesso all'apparato radio, che per l'occasione era stato rimosso. Bloccato il portello, decollò quindi immediatamente: erano le 17.20 del 27 agosto. Dopo due ore e mezza di volo svoltosi senza incidenti, attraversato l'Adriatico e raggiunta la costa italiana, atterrarono indisturbati sul campo pugliese di S. Giovanni di Foggia. Dapprima vi fu qualche incomprensione fra gli statunitensi e il pilota rumeno, nonostante questi cercasse di spiegare in un fluente inglese la particolare situazione, ma alla vista dell'ufficiale americano che usciva con qualche affanno dal velivolo, tutto si risolse al meglio fra saluti e abbracci cordiali. I due ufficiali furono subito trasferiti al comando della 15th Air Force a Bari dove le autorità militari statunitensi conobbero l'esatto numero degli aviatori già prigionieri e presenti in Romania. Riponendo poca fiducia nella pronta collaborazione dell'alleato sovietico, quella stessa notte furono pianificati i richiesti bombardamenti sugli aeroporti ancora in mano tedesca vicini a Bucarest, mentre all'evacuazione dei prigionieri si sarebbe provveduto con dei bombardieri quadrimotori B-17 "Flying Fortress" rapidamente adattati al trasporto di personale. L' operazione fu denominata "Reunion" e si concluse con un pieno successo in pochi giorni, nella migliore tradizione statunitense di compiere sempre ogni sforzo per il recupero dei propri aviatori. In sole cinque missioni - condotte nei giorni 31 agosto, 1, 3, 6 e 8 settembre 1944 - 1.161 prigionieri alleati furono trasferiti fuori dalla Romania mediante voli-navetta Bari-Palese/Bucarest e quando i russi completarono l'occupazione dell'intero territorio rumeno, nessun militare alleato era più presente nel paese. L'asso rumeno rientrò in patria il giorno dopo del suo arrivo, a bordo di un caccia P-51 "Mustang" poichè il suo Messerschmitt non potè essere subito rifornito con benzina adatta al suo motore. Fino al 25 settembre Cantacuzino effettuò alcuni voli di collegamento con l'Italia; poi ritornò al comando del proprio reparto da caccia per combattere i tedeschi in Transilvania. Quanto al Bf 109 con il quale aveva raggiunto il Foggiano, il velivolo venne messo fuori uso pochi giorni dopo a seguito della bravata di un pilota statunitense che aveva tentato "alla chetichella" di farlo volare. Tratto da Storia Militare, giugno 2004
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Constantin "B?zu" Cantacuzino Nacque a Bucarest , l' 11 novembre 1905 in una famiglia della nobiltà rumena. Nel 1933 frequentò la scuola di volo "Mircea Cantacuzino" pagando una somma considerevole per l'epoca, brevettandosi pilota nello stesso anno. Successivamente volò molto in Europa anche come pilota personale del principe G.V. Bibescu. Nel 1939 fu il vincitore, con un velivolo Bu133, del campionato nazionale rumeno di vola acrobatico. All'inizio del 1941 diventa capo pilota della compagnia di trasporto aerea rumena LARES, ma poco dopo raggiungere il fronte come pilota da caccia in seno al 53° Gruppo dell'Aviazione rumena su "Hurricane" MK 1. Dal 5 luglio 1941 al 31 ottobre successivo, quando passò nella riserva ritornando alla LARES, aveva ottenuto 4 vittorie aeree più due probabili. Nel 1943 rientrò in servizio al 7° Gruppo Caccia, equipaggiato con Messerschmitt Bf 109 G, il 26 aprile 1943 al comando del 58° Squadron. In breve tempo (dal 29 giugno al 5 agosto 1943) il suo "punteggio" salì a quota 27 vittorie aeree e il 28 agosto dello stesso anno ricevette la croce di ferro di 1a classe. In autunno si ammalò e venne ricoverato in ospedale rientrando al suo reparto solo il 10 febbraio del 1944. Il 15 aprile successivo, con un gregario, attaccò una forrnazione di "Liberator" riuscendo ad abbatterne uno. Il 31 maggio passò al 9° Gruppo Caccia: a quell'epoca aveva raggiunto 36 vittorie in combattimenti aerei. Il 6 giugno 1944 fu il primo pilota rumeno ad abbattere un P-51 "Mustang" e , più tardi, due P38 "Lightning". Il 18 agosto successivo divenne comandante il 9° Gruppo Caccia. Con l'occupazione sovietica della Romania, dopo l'audace volo in Italia a cui segui l'operazione "Reunion" oggetto di questo articolo, la sua attività operativa si ridusse alquanto. L'ultimo combattimento aereo lo sostenne il 25 febbraio 1945 quando, in coppia con il tenente Darjan, ingaggiò 8 FW 190 F abbattendone uno. Impegnati nel cercare il punto di caduta dell'avversario per convalidare la vittoria, i due piloti rumeni non si accorsero di due Bf 109 tedeschi, nel frattempo sopraggiunti, che li abbatterono di sorpresa entrambi. Darjan perse la vita ma Cantacuzino sopravisse allo scontro. Al terrnine del conflitto, nel maggio 1945, con un totale di 56 vittorie aeree certe più 13 probabili - ottenute nel corso di 608 missioni di guerra contro aerei sovietici, statunitensi e tedeschi - risultò il maggiore asso dell' Aeronautica rumena. Morì in Spagna il 26 maggio 1958.