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Non ho mai detto che gli AWACS non bisogna comprarli, ho solo detto che a parer mio all'ITALIA servirebbe prima possedere capacità di trasporto strategico per dispiagare al meglio le nostre truppe all'estero poi potremmo, anzi sarà un dovere dotarci di sistemi AWACS. Alla fine il succo è che l'ITALIA debba essere dotata di entreambe le cose tutto qua. BEN DETTO PABLO
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L'Attacco della Xa flottiglia MAS contro NEW YORK
Graziani ha risposto a Graziani nella discussione Eventi Storici
por*a eva è vero, non ci ho proprio pensato comunque almeno ha ricevuto un commento GRAZIE -
I cacciamine servono eccome in zona di guerra, infatti i task group britannici ed americani hanno portato con se un numero considerevole di cacciamine durante l'attacco portato all'IRAQ. Inoltre questi task group angloamericani avevano con se sommergibili, che poi questi abbiano operato lontano dalla squadra navale è un altro discorso. Purtroppo è vero anche che i nostri non sono battelli nucleari però non sottovaluterei tanto le nuove capacità AIP di questi nuovi sottomarini, in più aggiungo che questi possano pure ingaggiare altri sottomarini non nucleari certamente. "si parlava di un ipotetica guerra all'iran" perciò siamo sicuri di non incontrare SSN. l'italia può permettersi tutto se lo vuole, NUCLEARE O NO, però se tutti come te danno per scontato che è impossibile questa soluzione per l'ITALIA allora siamo a posto.
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Io sono del parere che due smg classe TODARO pur non essendo battelli nucleari possano in qualche modo contribuire alla difesa della squadra navale, non a caso gli SSK sono sommergibili killer, inoltre in un contesto di guerra possono depositare mine e far operare un gruppo di incursori. Sarebbe bello anche che venissero dotati con missili antinave o con missili appositi per colpire obbiettivi terrestri. Sono un forte sostenitore della guerra sottomarina e credo anche che l'Italia debba investire di più per il potenziamento della flotta sottomarina magari puntando su battelli nucleari. Ormai i sottomarini moderni sono molto polivalenti, possono bombardare obbiettivi terrestri ed aerei, tutto questo restando occulti e quasi invisibili al nemico.
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BUON NATALE A TUTTI VOI DEL FORUM E AI NOSTRI SOLDATI ALL'ESTERO
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L'Attacco della Xa flottiglia MAS contro NEW YORK
Graziani ha pubblicato una discussione in Eventi Storici
Per gran parte degli storici, le attività della Xa Flottiglia MAS si limitarono al Mediterraneo. Effettivamente, nei primi mesi della guerra, l'unità si concentrò solamente su obiettivi britannici entro il bacino del Mediterraneo. Sfortunatamente, il poco saggio ma audace attacco contro l’isola di Malta del 25 luglio 1941 distrusse un grande numero di ufficiali e sottufficiali altamente addestrati ed anche la maggior parte della struttura di comando dell'unità. La responsabilità di continuare l’attività della Xa Flottiglia MAS cadde sul comandante di una delle sue due divisioni: Junio Valerio Borghese. Questo ufficiale, che si era già distinto per la sua abilità di portare incursori e “maiali” in prossimità delle basi nemiche di Gibilterra e Alessandria, diventò il cuore e l’anima della Xa Flottiglia MAS. Dopo la guerra, il comandante Borghese narrò le gesta della Xa MAS nel suo ben noto libro. Dopo la capitolazione dell’8 settembre, il Comandante Borghese decise di continuare a lottare a fianco dei tedeschi nell’Italia Settentrionale, modificando la Xa Flottiglia MAS in una formazione in gran parte di terra e con funzioni anti-partigiane. Alla fine del conflitto, quando appariva sicuro il suo imprigionamento, nonostante la Medaglia di Oro al Valore Militare ricevuta durante il conflitto, Borghese decise di trasferirsi in Spagna in un esilio volontario che durò fino alla sua morte. Il ruolo di Borghese nella Xa Flottiglia MAS fu di grande importanza. Quest’uomo non solo era un ufficiale in comando, ma anche un leader. Borghese, come più tardi scrisse, intuì perfettamente il valore dell’ “effetto psicologico sugli americani che non avevano ancora subito guerra offensiva su loro proprio suolo”. Dal suo punto di vista, condurre un attacco fuori del Mediterraneo era di grande importanza. L'idea era audace, ma realistica. I tedeschi avevano preparato piani simili che contavano su sabotatori da infiltrare negli Stati Uniti per poi danneggiare la produzione industriale, ma il loro piano non ebbe successo. Questi attacchi furono resi vani dal sistema d’informazioni americano, che era già molto sviluppato, e dalla natura insulare del continente americano stesso. Dopo l'attacco di Pearl Harbor, I giapponesi inviarono un sommergibile a bombardare la costa della California provocando solamente danni di minima entità e tanta confusione. "l'azione avrebbe avuto un limitato valore militare in termine di danni inflitti, ma un enorme valore in termine di effetti psicologici" Borghese intendeva portare la guerra sul continente americano conducendo un'azione che sarebbe stata dimostrativa, che avrebbe avuto un limitato valore militare in termine di danni inflitti, ma un enorme valore in termine di effetti psicologici. Il piano, di cui oggi abbiamo solamente limitata documentazione, contemplava il trasporto di un'arma insidiosa nei pressi di “Fort Hamilton”, New York, per poi far si che questi navigasse con i suoi propri mezzi sul fiume Hudson, raggiungendo il porto di New York per istallare cariche esplosive sotto alcune delle navi ormeggiate lungo il pontile Ovest. A causa della natura del porto in questione, e la distanza di New York dall’oceano, l'uso di un S.L.C. (maiale) non era ne adatto ne pratico. Nel Mediterraneo, la Xa Flottiglia MAS aveva usato sommergibili vettore dotati di tre contenitori cilindrici montati sul ponte. In seguito, i cilindri divennero quattro e furono istallati sulle fiancate della carena. I cilindri furono usati per proteggere i S.L.C. dalle intemperie, ma rendevano la navigazione più difficile e, a causa delle loro dimensioni, estendevano il profilo del battello, aumentando, così, il rischio di essere localizzati. La Xa Flottiglia MAS avrebbe dovuto cercare un sistema diverso per l'attacco contro New York; un mezzo elaborato per missioni più lunghe che proteggesse il suo equipaggio dalle intemperie, piccolo di dimensioni e poco visibile. La soluzione sarebbe trovata in un deposito nel porto militare di La Spezia. Il mezzo in questione, noto come il CA, era l'invenzione della Caproni, ditta originalmente fondata da Giovanni Caproni noto per la costruzione di moderni aeroplani, vincitori di molte gare nel mondo. Durante la crisi del 1935, quando l’Italia era sull'orlo di una guerra con la Gran Bretagna e la Marina militare italiana istituì quello che più tardi diverrà la Xa Flottiglia MAS, alla Caproni fu chiesto di collaborare con la Regia Marina nella costruzione di una nuova arma d'assalto. Questa collaborazione tra la ditta aeronautica e la Marina militare era strana, ma permise l'introduzione di idee ingegneristiche nuove ed uniche nel campo tradizionale dell'ingegneria navale. Caproni cercò la collaborazione di un ingegnere navale e selezionò Vincenzo Goeta, un consulente navale indipendente con uffici a Genova. Il progetto Goeta-Caproni, come sarà conosciuto più tardi, fu presentato dopo alcuni mesi al Comitato del Disegno Navi della Marina militare, una comitato presieduto dal Generale del Genio Navale Umberto Pugliese, ufficiale di grande ingegno e ben conosciuto per l'invenzione di un sistema di protezione subacqueo che porta ancora il suo nome. Il progetto fu presentato alla Marina militare all’inizio del 1936 che fu approvato tre mesi più tardi; questa rapidità d’approvazione fu un grande incoraggiamento, specialmente considerando che le idee proposte dalla ditta Caproni erano insolite e molto innovative. Caproni chiamò questo mezzo “motoscafo sommergibile”, ma era in realtà un sommergibile. Nei piani della Caproni, questo piccolo mezzo era l'equivalente di un aereo da caccia; l’esperienza della ditta nel campo aeronautico era un fattore importante nel progettare il mezzo e la sua possibile utilizzazione tattica. Sfortunatamente, la Marina militare non era pronta ad abbracciare queste idee nuove e piuttosto originali, ma allo stesso tempo c’era abbastanza interesse nel proseguire con “il Progetto G.” La costruzione iniziò in un capannone alla fabbrica di Caproni di Taliedo, vicino a Milano. Questo minuscolo sommergibile aveva uno scafo resistente con cappelli semisferici ai due estremi. Casse di zavorra, lanciasiluri e altra componentistica furono istallati esternamente allo scafo resistente. Il progetto prevedeva un equipaggio di due uomini: l'ufficiale al comando avrebbe occupato un posto speciale dal quale aveva accesso al periscopio ed i controlli, soprattutto alla leva di controllo (cloche), come su un aeroplano ed anche alla strumentazione di navigazione che assomigliava più ad un caccia che ad una camera di manovra. L’altro uomo dell’equipaggio sarebbe invece stato nelle vicinanze del motore in posizione supina dato che non c’era abbastanza spazio per alzarsi in piedi. I primi prototipi furono consegnati alla Marina nel 1938 in segretezza totale. Caricati su speciali vagoni ferroviari e mimetizzati, questi strani battelli vennero trasportati sul Lago d’Iseo, vicino Brescia e Bergamo. Questo lago di modeste dimensioni raggiunge una profondità massima di circa 250 metri ed ha un perimetro di 60 chilometri.Il lago ha la forma di una esse con un’isola di piccole dimensioni al centro. I primi collaudi confermarono le buone qualità dei mezzi e consentirono la correzione di alcuni difetti e il miglioramento della componentistica. Naturalmente, a causa della mancanza di salinità, la riserva di spinta era differente dal mare, così i collaudi continuarono a Venezia. All’arsenale di Venezia, cantieri navali questi con una lunga ed illustre storia, tre giovani ufficiali iniziarono le prove ufficiali. Questi erano i Tenenti di Vascello Totti, Gatti e Meneghini. Gli ulteriori collaudi confermarono la presenza di problemi già noti, in gran parte aventi a che fare con la sensibilità dei controlli. Il sommergibile era in grado di navigare in superficie alla velocità di 7 nodi e sommerso alla velocità di 5 nodi. Inoltre, i due siluri da 450 mm furono lanciati molteplici volte senza alcun inconveniente. Completati i collaudi a Venezia, i due sommergibili vennero mandati a La Spezia, la più grande base navale italiana. L’esperienza acquisita durante le prove del CA 1 e del CA 2 indussero gli ingegneri ad aumentare il dislocamento di 4 tonnellate, raggiungendo così le 20 t.s.l. Successivamente i due prototipi furono abbandonati in un deposito, lo stesso deposito dove verranno trovati dalla Xa Flottiglia MAS. Dato che erano stati abbandonati da più di due anni, i due sommergibili non erano in buone condizioni e fu deciso di rimandarli in fabbrica per la revisione ed anche per apportare alcune modifiche. Una volta modificati, i due battelli sarebbero stati adatti per la Xa MAS; i due siluri furono rimossi e sostituiti da otto cariche esplosive da 100 Kg ciascuna. Queste cariche sarebbero state posizionate manualmente sotto la chiglia delle navi nemiche da incursori. Il motore diesel fu rimosso dato che questi battelli avrebbero dovuto operare come i maiali e, quindi, entro il raggio d’azione dei motori elettrici. Altre modifiche inclusero la rimozione della falsa torre e del periscopio. Con i motori termici rimossi, il secondo membro dell’equipaggio diventò l’operatore alle cariche esplosive. L’equipaggiamento per gli incursori fu lo stesso usato dagli operatori dei maiali; consisteva in una muta di gomma ed un respiratore a circuito chiuso ad ossigeno puro. Alla fine di questi lavori, i CA erano da considerarsi nuovi mezzi. Il raggio d’azione era limitato a 70 miglia, ma la velocità in immersione fu aumentata a 6 nodi, mentre la profondità massima fu collaudata a 47 metri; ottime prestazioni per un battello di così piccole dimensioni!. Ulteriori collaudi evidenziarono altri difetti, alcuni di grande importanza. Le cariche esplosive sistemate nelle cavità lasciate dalla rimozione dei tubi lanciasiluri nella parte inferiore dello scafo facevano si che il rilascio degli ordigni fosse alquanto macchinoso. Di conseguenza, le due cavità furono eliminate e le cariche esplosive furono poste quasi al livello con il ponte. La pompa Calzoni fu considerata troppo rumorosa (questo era un problema su tutti i sommergibili italiani) e, pertanto, fu rimossa per essere sostituita con una azionata manualmente da uno dei due membri dell’equipaggio. Durante i collaudi del CA 1 sul Lago D’Iseo, il battello ebbe una piccola avaria ed affondò per poi essere recuperato, ma il battello non sarebbe stato in grado di essere usato per un considerevole periodo di tempo. Quindi, alla Xa MAS non rimase che un battello pronto per l’uso: il CA 2. Prevedendo il ricondizionamento del CA 1 in un breve periodo di tempo, il Comandante Borghese prese in considerazione due attacchi in Atlantico: uno contro la base britannica di Freetown, ed uno contro New York. Per trasportate i mini sommergibili in loco, Borghese aveva bisogno di sommergibili vettori, ma quelli assegnati alla Xa MAS erano troppo piccoli per le operazioni oceaniche. Quindi, a detta del suo memoriale, Borghese cercò di ottenere sommergibili in prestito dalla Kriesgmarine, ma pare che l’Ammiraglio Doenitz, comandante delle forze sottomarine tedesche, non poteva farne a meno di nessuno. Se un sommergibile tedesco fosse stato disponibile, le probabilità di successo sarebbero state in gran parte superiori perché gli U-boot erano più nuovi, più manovrabili e meno soggetti ad avarie degli oramai vecchiotti battelli nazionali. Durante questo periodo, la Marina Italiana operava ancora in Atlantico dalla base navale di Bordeaux, e i battelli italiani erano adatti per la missione a causa del loro notevole dislocamento, ma purtroppo c’era pochissima disponibilità. Il comandante della base era il Contrammiraglio Romolo Polacchini, più tardi sostituito dal Comandante Enzo Grossi, famoso per aver sostenuto di aver affondato ben due navi da battaglia americane. Polacchini, si dice, mise i battelli all’immediata disposizione di Borghese, mentre più tardi Grossi incoraggiò e diede assistenza alla missione. Il sommergibile vettore selezionato fu il Leonardo Da Vinci, un battello oceanico della classe Marconi al comando del Tenente di Vascello Gianfranco Bazzana Priaroggia (il battello era in precedenza al comando del Comandante Luigi Longanesi-Cattani , un sommergibilista di grande talento le qui qualità furono certamente apprezzate dal Comandante Borghese. A detta degli autori Schofield e Carisella, durante le prove a mare Borghese stesso fu al comando del sommergibile. Anche se possibile, questo fatto sembra poco realistico dato che Borghese non aveva mai comandato un battello di queste dimensioni e complessità. Il Leonardo Da Vinci era uno dei battelli più attivi della flotta italiana. Il 1 luglio 1942, rientrò a Bordeaux dopo una lunga missione nella quale furono affondate ben 20.000 t.s.l. di naviglio nemico. Al suo arrivo a Bordeaux, il battello fu mandato in arsenale per essere trasformato in sommergibile vettore per il CA 2. Sotto la direzione del Maggiore Giulio Feno, capo del Servizio Genio Navale, il cannone prodiero fu rimosso e alla sua base fu costruita una culla tra la struttura resistente dello scafo e il ponte. Il mini sommergibile sarebbe stato alloggiato nella culla con circa un quarto dello scafo sotto il ponte ed il resto sporgente, ma senza ostruire la vista dal ponte comando della falsa torre. Due grandi ganci metallici a forma di tenaglia avrebbe assicurato il CA al battello. Anche se non si sa per certo, pare che il sommergibile vettore fosse in grado di erogare energia elettrica per la ricarica delle batterie a bordo del mini sommergibile. Le prove a mare cominciarono nel settembre del 1942. Il 9 settembre, il Da Vinci uscì in mare con il suo carico dorsale per prove di rilascio e riattracco. La stessa difficile e noiosa manovra fu ripetuta varie volte fino al 15 dello stesso mese quando fu accertato che tutto era in ordine. Il Da Vinci avrebbe potuto partire in pochi giorni, ma era ancora troppo presto. La missione era programmata per dicembre, quando la luce diurna è breve e le tenebre della notte danno agli operatori più tempo possibile per penetrare nel porto nemico e posizionare le cariche esplosive. In aggiunta, la Xa aveva poche informazioni circa la situazione in New York e si stava cercando di ottenere ulteriori notizie. Per ragioni che ci sfuggono, la missione fu spostata al dicembre del 1943, ma ciò non avvenne mai. Alcune fonti secondarie asseriscono che Borghese era in attesa della consegna dei CA 3 e CA 4, due mini sommergibili più nuovi ed avanzati. Nel frattempo, il 6 maggio il T.V. Bazzana Priaroggia fu promosso “per servizi in guerra” al grado di Capitano di Corvetta, ma pochi giorni dopo, il 22 maggio, il Da Vinci lanciò l’ultimo messaggio radio informando la base che stava iniziando la navigazione silenziosa. Il battello era atteso a Bordeaux entro una settimana, ma non arrivò mai. Nel 1945, l’Ammiragliato britannico confermò che il 23 maggio alle 11.35 (T.M.G.) il cacciatorpediniere “Active” e la fegata “Ness” avevano condotto un attacco al largo di Capo Finestrelle. Non ci furono sopravvissuti e la Xa Flottiglia MAS aveva perso l’unico sommergibile vettore e l’unico comandate addestrato al rilascio e riattracco del CA. Pochi mesi dopo, l’8 settembre 1943, l’Italia annunciò l’armistizio con gli alleati. La maggior parte della Marina aderì alle clausole dell’armistizio e, anche se ufficialmente ancora operante, Betasom cessò di esistere. Il CA rimase a Bordeaux sotto il controllo tedesco e quando la città fu evacuata nel 1944, questi fu abbandonato. Nel 1945, il CA 2 fu ritrovato a Bordeaux su un vagone ferroviario adagiato su blocchi di legno e incatenato. Lo scafo era quasi intatto, inclusa l’elica, ma i piani di controllo erano stati rimossi. Non si sa quando, ma il piccolo sommergibile fu demolito. Gli altri sommergibili della classe CA andarono anche loro persi, alcuni in circostanze ancora misteriose, e tutto quello che rimane sono alcune fotografie sbiadite. Dopo l’armistizio, sia la Royal Navy che la U.S. Navy si interessarono molto alla Xa MAS e ne studiarono le tattiche con grande scrupolosità. Le tradizioni di questo piccolo gruppo sono ancora vive nelle forze speciali di molte marine. -
La Battaglia dell'Atlantico descrive il prolungato confronto tra l'Impero britannico, ed in seguito le forze statunitensi, e le forze dell’Asse per il mantenimento delle vie d’approvvigionamento alla Gran Bretagna ed i suoi possedimenti. Al contrario, l’Italia combattette una simile battaglia nel Mediterraneo dove si trovò sul lato opposto, costretta a difendere piroscafi e petroliere dagli attacchi britannici. Questo confronto epico che incluse migliaia di navi e sommergibili, cominciò sin dal 1939 e terminò nei primi mesi del 1945. Molti storici hanno diviso questa battaglia in fasi distinte. L'autore Clay Blair, nel suo libro diviso in due volume e più di 1.800-pagine “Hitler’s U-Boat War”, definisce due fasi maggiori: “I cacciatori”, da 1939 a 1942, e “Le prede”, da 1942 alla fine del conflitto nel 1945. Il Grande Ammiraglio Karl Doenitz, comandante delle forze sottomarine tedesche durante la guerra ed autore di “Monografie, dieci anni e venti giorni”, usò una cronologia più particolareggiata in qui il confronto tra tattiche, tecnologia e strategie divengono più chiare. Una copiosa bibliografia, sia lavoro di autori che parteciparono direttamente al conflitto e di quelli che ne hanno fatto dello studio una carriera, ha creato molta informazione, ma allo stesso tempo ha offuscato l'accuratezza storica. In questa cacofonia di voci, spesso erronee come l’autore Clay Blair, il lavoro di Jurgen Rohwer rimane una delle fondazioni per la ricerca storica accurata. Lui è, oltre ad alcuni storici americani ed italiani, uno del poco che ha citato la partecipazione italiana, anche se minore, quale un importante aspetto della Battaglia dell'Atlantico. Il ruolo predominante delle U-boot tedesche è incontestabile. Ciononostante, alla fine dell’estate 1940, quando il numero delle U-boot operanti nell'Atlantico stava scendendo rapidamente alla singola cifra, l'arrivo dei più grandi, più lenti e meno manovrabili sommergibili italiani aiutò a risollevare il morale dei tedeschi nell’arma sottomarina e consentì la costruzione di nuovi battelli e la formazione di nuovi equipaggi. Mentre gli italiani avevano iniziato il conflitto con ufficiali più anziani, ma con maggiore esperienza, anche se non completamente capaci di resistere alla fatica di lunghe missioni nel confino di queste piccole unità, i tedeschi avevano un gran numero di giovani ed estremamente motivati ufficiali di relativamente poca esperienza. Eventualmente, i più giovani ufficiali italiani, avendo acquisito da ufficiali più anziani l'esperienza necessaria, condussero i pochi rimanenti sommergibili italiani ad ottimi successi, mentre gli U-boot tedeschi dovettero essere equipaggiati con ufficiali ed equipaggi di poca esperienza causando un numero sbalorditivo di perdite durante le loro prime missioni di guerra. Considerato che l’Italia entrò in guerra circa un anno dopo i tedeschi, e ne uscì nel 1943 a seguendo la capitolazione, l'analisi di operazioni militari si concentrerà soprattutto su questo periodo. In pratica, le forze sottomarine italiane conobbero molte fasi distinte: Il trasferimento dal Mediterraneo all'Atlantico (da giugno a dicembre 1940); Le prime operazioni wolf-pack (da ottobre a dicembre 1940); la collaborazione con le forze tedesche (da ottobre 1940 a maggio 1941); La cessazione di operazioni comuni ed il trasferimento del teatro di operazione dal all'Atlantico settentrionale al centrale (da dicembre 1940 a gennaio 1942); Operazioni lungo la costa americana (da febbraio ad agosto 1942); Operazioni nell'Atlantico meridionale (da settembre 1942 a maggio 1943); La trasformazione dei sommergibili italiani per missioni di trasporto in Giappone (dalla metà del 1943 in poi); e delle operazioni speciali. Il trasferimento di sommergibili italiani dal Mediterraneo all'Atlantico Nonostante la Marina avesse costruito una flotta oceanica di considerevoli dimensioni, il comando italiano era andato ad analizzare propriamente le implicazioni che circondano l'attraversare dello Stretto di Gibilterra, parte questa del Mediterraneo occidentale molto protetta dalla Marina britannica. I primi tre sommergibili mandati in Atlantico, il Malaspina, Barbarigo e Dandolo, attraversarono lo stretto nell’agosto del 1940 senza incidenti, affondando un totale di 13,593 tonnellate, e poiché la base sottomarina di Betasom era divenuta operativa, invece di ritornare in Italia, furono dirottati su Bordeaux. Nelle settimane susseguenti, un totale di 27 sommergibili italiani attraversarono lo stretto con solamente un’unità, il Bianchi, danneggiata dai britannici. Prima di giungere a Bordeaux, questi sommergibili furono schierati dell'ovest dello Stretto di Gibilterra, realizzando dei risultati trascurabili. Indicativo fu che nel primo gruppo inviato in Atlantico ci fossero anche il Tazzoli, Cappellini, e Glauco, ma nessuna di questi battelli fu in grado di arrivare allo Stretto di Gibilterra a causa di problemi meccanici. Avarie afflissero i sommergibili italiani per tutto il conflitto, ma mentre i motori diesel, le pompe, e l'altro equipaggiamento spesso si rompevano, i cannoni ed i siluri erano in generale piuttosto affidabili. Poco dopo, un gruppo nuovo di sommergibili che includeva l'Emo, il Faà di Bruno, Giuliani, Tarantini, Torelli, e Baracca lasciarono le basi nazionali per l'Atlantico. Un terzo gruppo, che includeva il Marconi, Finzi e Bagnolini parì all’inizio di Settembre, un quarto gruppo col il Da Vinci ed l’Otaria attraversò lo Stretto di Gibilterra alla fine di settembre, ed un quinto gruppo col il Glauco, Veniero, Nani, Cappellini, Calvi, Tazzoli, e l'Argo durante il novilunio seguente. Per evitare la scoperta, dopo che il primo sommergibile aveva attraversato sulla superficie ed aveva riportato sull'esperienza, fu deciso di procedere in immersione e durante un periodo di novilunio. Dei nuovi sommergibili, il Cappellini fece protagonista di un evento insolito. Dopo essere affondato il piroscafo Kabalo, il capitano ne portò l'equipaggio in salvo in un’operazione di carattere epico, ma la Battaglia dell'Atlantico non aveva spazio per le cavallerie. Il 30 settembre, Dönitz visitò Bordeaux per coordinare le operazioni militari. Perché Hitler non aveva voluto avere forze tedesche nel procinto di essere schierate in Africa Settentrionale sotto il comando di italiano, i sommergibili italiani in Bordeaux furono dislocati ufficialmente sotto il comando italiano. In sostanza, Dönitz intese di avere il pieno controllo di questi preziosi sommergibili, e l'ufficiale in comando Contrammiraglio Parona, era ben disposto ad accontentarlo. Fluente in tedesco, Parona aveva tradotto della letteratura militare tedesca nell'area di tattiche sottomarine ed era un sommergibilista estremamente rispettato. La collaborazione iniziale con le forze tedesche ed i primi successi All’inizio d’ottobre i primi quattro sommergibili italiani lasciarono Bordeaux per partecipare in un'operazione con le U-boot. Il Malspina, Dandolo, Otaria e Barbarigo in concomitanza con 11 sommergibili tedeschi intrapresero un'operazione contro convogli britannici. Altre missioni che involsero sommergibili italiani ebbero luogo fino all’inizio di dicembre. In tutto, 42 U-boot tedesche ed il 8 sommergibili italiani affondarono 74 navi. Sfortunatamente, alle 310,565 tonnellate affondate dai tedeschi ci furono solo un corrispettivo di 25,600 tonnellate affondate dagli italiani. Così, l’esultanza tedesca andò scemando e affiorò della recriminazione, nonostante gli italiani avessero perso gli equipaggi del Faà di Bruno e del Tarantini. Poco dopo, i tedeschi informarono gli italiani che operazioni congiunte sarebbero state riconsiderate. La colpa non era e non poteva essere messo pienamente accollata ai capitani italiani purtroppo inesperti. In vari casi, mancanza di propria comunicazione fu causata dalla indifferenza del Comando Alto tedesco a mettere personale di comunicazione tedesco a bordo dei battelli italiani. Dopo un avvistamento, un battello italiano avrebbe dovuto informare Bordeaux e questa base avrebbe più tardi informato Parigi. Nel migliore dei casi, la diramazione richiedeva un'ora, a meno che i Teletype che connettevano i due comandi non fossero in avaria. Inoltre, si riconobbe che i sommergibili italiani erano mal equipaggiati per le aspre condizioni dell’Atlantico Settentrionale. I motori, non avendo una tromba d’aspirazione, richiedevano che il portellone della torretta fosse mantenuto aperto causando così infiltrazioni d’acqua. I batteli italiani erano anche più lenti di quelli tedeschi, più grande di stazza, più facile da scoprire e non avevano il “computer” per calcolare il lancio dei siluri. La maggior parte di queste deficienze furono rimediate con l'assistenza dei tedeschi, alterando la struttura dei battelli. Il Contrammiraglio (E) Fenu, con l’aiuto del Comandante Hans Rösing e più tardi del Comandante Franz Becker, permise ai sommergibili italiani di acquisire un più grande livello di efficienza. Era, sotto tutti gli aspetti, un compito che richiese le fatiche di Ercole.In termini di approvvigionamenti, incluso il combustibile diesel, tutto l'equipaggiamento, l’ordinanza e l’approvvigionando furono inviati a mezzo vagoni ferroviari dall’Italia. Anche se ai capitani italiani in generale non fu permesso di condurre esercitazioni a bordo di sommergibili tedeschi, al Comandante Primo Longobardo fu permesso di completare una perlustrazione a bordo dell'U 99 di Otto Kretschmer. L'esperienza acquisita durante questa perlustrazione permise a Longobardo, come capitano del Torelli, di affondare quattro navi per un totale di 17.409 tonnellate in una sola perlustrazione. Ciononostante, la partecipazione delle forze italiane fu considerata marginale, e i battelli nazionali furono dirottati verso l’Atlantico centrale dove le condizioni climatiche erano considerate più adattate agli equipaggi e ai sommergibili. In questo periodo cruciale, i tedeschi furono avevano solamente 16 U-boot; 4 che operano nel nord Atlantico, 2 in viaggio di ritorni, e 10 in cantiere a Lorient. Secondo tentativo di collaborazione con le forze tedesche Il Gennaio 1941 fu il periodo più basso dell'attività tedesca nell'Atlantico. Come detto, c'erano solamente 16 U-boot disponibili. Questo costrinse Dönitz a riconsiderare operazioni in coordinazione con gli italiani, nonostante i fallimenti iniziali. Dopo le modifiche apportate ad alcuni dei sommergibili italiani, i tedeschi considerarono un secondo tentativo di operazioni congiunte. Tra il 19 febbraio ed il 23 marzo 1941 un totale di 47 U-boot e 16 sommergibili attaccarono 9 convogli britannici. I tedeschi persero 4 U-boot, gli italiani persero il Marcello. Alle 154.743 tonnellate affondate dai tedeschi ancora una volta non furono equiparabili i successi italiani con solamente 12.292 tonnellate affondate. Tutte le tre navi affondate dagli italiani erano unità disperse da un convoglio. Ci si rese conto così, che fra molte altre ragioni, la velocità e tonnellaggio dei sommergibili italiani li rendesse più adatti at operazioni indipendenti invece degli attacchi del tipo “branco di lupi”. Marzo 1941 fu un mese terribile per le forze tedesche. Dopo la perdita dell'U 47 di Gunther Prien, i due capitani con maggiori successi, Kretschtner e Schepke, scomparsero. La fiducia dei tedeschi fu scossa, ed allo stesso tempo gli italiani fallirono di dare molto appoggio, eccetto l'assistenza del Cappellini proposta ad U 97 durante la caccia dei piroscafi Camito e Sangro. Fine delle operazioni congiunte Con l'arrivo di nuovi sommergibili ed equipaggi dalla Germania, l’Ammiraglio Dönitz era pronto cessare operazioni congiunte con gli italiani. Nel frattempo, il crescendo di successi ottenuti dai britannici non era puro caso. Questi avevano riorganizzato le loro difese, mentre preparando una centrale operativa, e cominciarono ad integrare i “Liberatori, i grandi bombardieri quadrimotori che la Gran Bretagna stava ricevendo dagli Stati Uniti per le difese litoranee. Cinquanta vecchi cacciatorpediniere furono acquisiti dagli Stati Uniti tramite un accordo alquanto controverso orchestrato dal Presidente Roosevelt, equipaggiandoli con apparecchiature antisommergibile di nuova costruzione. Il 14 maggio, l’Ammiraglio Parona si rincontrò con Dönitz e si fu deciso che operazioni congiunte sarebbero state sospese e che i battelli italiani si sarebbero trasferiti ad occidente, perlustrando lo Stretto di Gibilterra e possibilmente la rotta per Freetown. Nel frattempo, il sommergibile Giuliani fu trasferito a Gotenhafen, nel Baltic0 alla scuola sommergibili tedesca dove ufficiali ed equipaggi italiani furono addestrati sulle tecniche d'attacco e le metodologie usate dai tedeschi. L'esperienza acquisita durante l’addestramento coi tedeschi fu molto prezioso e dimostrò che, se la collaborazione avesse cominciato ancor prima, avrebbe potuto produrre risultati molti migliori. In maggio i sommergibili italiani cominciarono a pattugliare l'Atlantico centrale ed i successi cominciarono coronare queste lunghe perlustrazioni. Operazioni continuarono fino a settembre con il Marconi, Da Vinci, Morosini Malaspina, Torelli e Barbarigo tutti battelli questi che realizzano buoni risultati. I successi italiani vennero ad un prezzo; il Baracca ed i Malaspina furono persi, seguì ad ottobre dal Marconi. Il 25 ottobre, il Ferraris fu autoaffondato dopo che bombardamento aereo a seguì da un attacco da parte del cacciatorpediniere britannico H.M.S. Lamerton ad est delle Isole di Azzorre. Operazioni speciali e missioni a largo di Freetown Il 30 settembre, 1940 Dönitz e Parona discussero la possibilità di mandare i più grandi sommergibili italiani nell'area a largo di Freetown. Queste missioni non ebbero luogo fino a marzo 1941, e due dei battelli ritornarono senza successi, mentre il Comandante Carlo Fecia di Cossato del Tazzoli affondò varie navi. nel frattempo l’Afdrica Orientale italiana stava cadendo ed i sommergibili ancora operativi furono mandati a Bordeaux. Durante il viaggio trasferimento, il Guglielmotti, Archimede e Ferraris navigarono senza fermarsi, rifornendosi di carburante solamente una volta a mare, mentre il piccolo Perla, un sommergibile costiero, si rifornì di carburante due volte. La missione richiese 64 giorni per i battelli più grandi, e 80 per il piccolo Perla e questa missione dovrebbe essere considerato un grande successo nautico per i comandanti italiani ed un segnale che la collaborazione coi tedeschi era ancora buona, dato che furono loro a provvedere ad rifornimento di carburante in mare aperto. Un'altra operazione speciale ebbe luogo nel tardo 1941 facendo seguire all'affondamento dell’Atlantis, il razziatore tedesco. Intercettato dall'incrociatore britannico Devonshire, dopo che la posizione della nave tedesca era stata scoperta da “l'Enigma”, l'equipaggio fu salvato dal Piton la nave appoggio che fu più tardi intercettata ed affondata dall'incrociatore Dorsetshire. Due sommergibili tedeschi presero 414 sopravvissuti a bordo e Dönitz immediatamente richiese assistenza agli italiani. I capienti Torelli, Tazzoli, Calvi e Finzi furono spediti a sud per incontrare le U-boot tedesche a piena velocità ed eventualmente presero a bordo 254 sopravvissuti. I quattro batteli arrivarono nel porto francese di Sant-Nazaire intorno a Natale, completando uno delle operazioni di soccorso più spettacolari della guerra ed allo stesso tempo guadagnandosi la gratitudine più profonda dell’alleato tedesco. Crisi nel Mediterraneo L' avventurosa entrata in guerra dell’Italia a fianco dei tedeschi cominciò ad avere i suoi effetti catastrofici e, agli inizi del 1941, la situazione nel Mediterraneo era quasi disperata. Il Comando Supremo, a seguito dell'intervento personale di Benito Mussolini informò i tedeschi che la base in Bordeaux sarebbe chiusa e tutti battelli sarebbero ritornati in Italia. Discussioni ebbero luogo a livelli molto alti ed eventualmente Dönitz fu in grado di convincere gli italiani a mantenere la loro presenza facendo ritornare in Mediterraneo un numero di sommergibili più piccolo. Il trasferimento ebbe luogo tra giugno ed ottobre 1941, ed uno dopo l'altro Argo, Brin, Dandolo, Emo, Guglielmotti, Torelli, Mocenigo, Otaria, Perla, Velella e Veniero furono rimpatriati meno il Glaucocce andò perduto durante il viaggio di ritorno. Nel frattempo, sei U-boot tedesche furono trasferite in Mediterraneo dove avrebbero realizzato successi straordinari, incluso l'affondamento di una nave da battaglia ed una portaerei. Operazioni lungo la costa americana Dopo il bombardamento di Perl Harbor del 7 dicembre 1941 e la susseguente dichiarazione di guerra della Germania e dell'Italia agli Stati Uniti, gli U-boot cominciarono l'operazione “Paukenschlag”, la guerra sottomarina senza restrizioni lungo la costa orientale degli Stati Uniti. Sin dal gennaio 1942, il Da Vinci, Torelli, Morosini e Finzi furono mandati nelle Antille, seguì a marzo il Calvi. Come hanno documentato il Comandante Mario Rossetto e Rohwer Jurgen, durante questo periodo i risultati ottenuti dal sommergibili italiano furono uguali a quelli degli U-boot tedeschi. Il divario era stato chiuso, ma mentre la Germania stava producendo un nuovo U-boot ogni giorno, la produzione della cantieristica Italiana era molto limitata e si concentrò più sulle piccole unità costiere che operavano nel Mediterraneo. Ancora una volta, poichè i battelli italiani avevano un raggio d’azione superiore ed inoltre Dönitz non avevano abbastanza sommergibili a lungo raggio del nuovo tipo IX, agli italiani fu chiesto di pattugliare la costa brasiliana. Cominciando ad aprile ed attraverso maggio, il Cappellini, Barbarigo, Bagnolini, Archimede e Da Vinci lasciarono Bordeaux per il lungo viaggio fino al Brasile. I successi furono buoni, nonostante la marina militare americana avesse cominciato a dare ai convogli scorte migliori ed avesse migliorato la ricognizione aerea. Il 19 maggio, il comandante del Barbarigo, Enzo Grossi, informò Betasom dell'affondamento di una nave da guerra americana, possibilmente una nave da battaglia del tipo Maryland o California. Poco dopo, nonostante dei dubbi già presenti a Bordeaux, il Comando Supremo pubblicò la notizia in un bollettino ufficiale di guerra; gli americani ne denunciarono la veridicità prontamente. Alcuni sostengono che lo stesso Mussolini, un giornalista di professione, ne abbia redatto l'annuncio. Questo sarebbe il primo di due affondamenti di navi da guerra fittizie dichiarati dal comandante Grossi. Questi episodi purtroppo screditarono la reputazione della forza sommergibili e dell’Italia. Un secondo gruppo di sommergibili fu inviato in Brasile e includeva il Torelli, Morosini, Giuliani e Tazzoli. Nonostante l’aumento delle scorte, questi sommergibili affondarono numerose navi, ma durante il rientro in francia, il Morosini andò perduto probabilmente vittima di una mina poco prima dell’arrivo a Bordeaux. Il Calvi dovette essere autoaffondato dopo un attacco da parte del cacciatorpediniere britannico H.M.S Lulworth avvenuto il 15 settembre a largo delle Azzorre. Operazioni a largo di Freetown e nell'Atlantico Meridionale Mentre le operazioni a largo del continente americano stavano procedendo, Betasom organizzò alcune perlustrazioni a largo di Freetown e più tardi nell'Atlantico Meridionale. Il Cappellini, a seguito dell’affondamento della nave di linea Laconia da parte del U 156, intervenne per salvare alcune della migliaia di prigionieri di guerra in parte salvati dal U-boot. L'affondamento del Laconia fu un evento triste e deplorevole ed una delle pagine più scure della seconda guerra mondiale. Nel frattempo, l'Archimede, al comando del T.V. Saccardo affondò il trasporto truppe Oronsay e di poco mancò il Nea Hellas ugualmente di grande stazza. Il 6 ottobre, Grossi come già menzionato dichiarò l’affondamento di un'altra nave da guerra immaginaria, questa volta una nave da battaglia della classe Mississippi. Per questo affondamento, Grossi ricevette onorificenze tedesche e la Medaglia d’Oro al valore, ricompense queste che più tardi dovrà riconsegnare. In ottobre, ancora una volta i battelli italiani si spinsero a largo della costa brasiliana. Questa volta il Da Vinci e Tazzoli fecero un buon bottino, mentre il Finzi ritornò senza alcun successo. Un quarto battello, il sommergibile Cagni, fu inviato fino a Città del Capo, ma dopo una lunga missione di 137 giorni a mare, ebbe solamente 5.840 tonnellate al suo credito. Un altro di gruppo di sei sommergibili seguì. Il Barbarigo, ora sotto nuovo comando affondò tre navi per un totale di 15.584 tonnellate; il Da Vinci affondò sei navi per una nota 58.973 tonnellate, incluso la grande nave di linea “Empress of Canada”. Questi furono risultati assoluti per una singola missione solamente ecceduti dal Comandante Henke del U 513. Anche il Finzi affondò navi, ma i successi della flotta sottomarina italiana vennero ad un prezzo molto alto. L'Archimede fu affondato in un aereo americano vicino l'isola del di Fernando di Noronha, a largo della costa brasiliana ed il Da Vinci non ritornò alla base, probabilmente affondato il 23 maggio 1943 dalle fregate Active e Ness 300 miglia a largo di Vigo, Spagna. Altri due battelli, il Torelli ed il Cagnolini ritornarono senza successi. Dopo tre anni di operazioni continue, i pochi battelli rimasti non furono più ritenuti adatti per le missioni di guerra e furono ritirati. Le Missioni di Trasporto in Giappone L’otto febbraio 1943 Dönitz propose agli italiani di trasformare i rimanenti sommergibili per il servizio di trasporto dalla Francia al Giappone. I tedeschi avrebbero trasferito in cambio all’Italia 10 U-boot del tipo VII-C e gli equipaggi e comandanti italiani cominciarono l’addestramento in Germania. Sotto la soprintendenza del Contrammiraglio (E) Fenu, i rimanenti battelli cominciarono il lavoro di ristrutturazione. I cannoni furono rimossi, i pozzetti delle munizioni trasformati in depositi del combustibile supplementari, il periscopio d'attacco fu rimosso, ed una gran parte della spazio fu adattato al carico, inclusa la rimozione di una delle latrine. I tubi lanciasiluri furono tagliati. Con la trasformazione di questi pochi battelli rimasti, la partecipazione italiana alla Battaglia dell'Atlantico in pratica si concluse. Il sacrificio era stato grande; i risultati realizzati alimenteranno un dibattito che ancora è in corso. Alle missioni di trasporto in Giappone furono assegnati 10 sommergibili, ma solamente sette erano ancora in servizio quando la trasformazione cominciò. Dopo l'armistizio italiano del 8 settembre 1943 solamente il Cappellini, Torelli e Giuliani lasciarono Bordeaux e, dopo un lungo e pericoloso viaggio, arrivarono a Singapore. Qui i battelli furono catturati dai giapponesi e trasferiti alla Marina militare tedesca. Dei vari battelli, la storia del Cappellini è probabilmente la più sorprendente. L’otto settembre, (in realtà la mattina dei 9), avendo ricevuto notizie dell'armistizio firmate dal governo italiano, i giapponesi immediatamente presero controllo del battello. L'equipaggio fu catturato ed internato in un campo di prigionia giapponese. In seguito, buon parte dell'equipaggio (non gli ufficiali) decise di continuare a lottare a fianco dei tedeschi, ed il sommergibile ricevette un equipaggio misto tedesco e italiano. Alla resa della Germania, il 10 maggio 1945, il battello fu incorporato nella marina militare giapponese col nominativo Io-503 dove continuò ad operare fino a la fine del conflitto con un equipaggio italiano, tedesco, giapponese. Il Cappellini, fu eventualmente catturato dagli Stati Uniti ed affondato a largo di Kobe il 16 aprile 1946. Conclusioni La base di Betasom rimase pienamente operativa fino al 8 settembre 1943 quando, dopo l'armistizio, fu occupata dai tedeschi. Da allora in poi parte del personale italiano optò di continuare a combattere a fianco dei tedeschi, ma il comando italiano non fu mai riattivato. I sommergibili del tipo VII assegnati all’Italia furono rapidamente reintegrati nella Kriesgmarine, ed i pochi sommergibili italiani rimasti a Bordeaux erano troppo logori per ogni uso pratico. Andrebbe essere notato che mentre i tedeschi costruirono bunker in cemento armato per proteggere i loro sommergibili a Bordeaux, i sommergibili italiani furono sempre alla mercé degli attacchi aerei. Nonostante questa debolezza, non un solo battello andò perduto in porto o lungo la Gironde a causa d’attacchi aerei. Così, anche se limitato nel numero di sommergibili schierati ed il tonnellaggio totale affondato, il contributo italiano alla Battaglia dell'Atlantico dovrebbe essere considerato non insignificante. Al contrario, nella prospettiva di questo confronto gigantesco che eventualmente vide l'ingegnosità britannica e il potere industriale americano prevalere sulle forse dell’Asse, si dovrebbe riconoscere che nonostante si sia combattuto per una causa ingiusta, i sommergibilisti italiani in Atlantico hanno scritto alcune delle pagine più epiche della guerra navale.
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Per orgoglio nazionale sono contento che noi abbiamo una portaerei, seppur di modeste dimensioni e i tedeschi no Io credo che la GERMANIA non si doterà di una portaerei ma come dici tu probabilmente si doterà di un paio di LPD ma non tanto perchè il BALTICO è insidioso ma perchè loro anno una cultura militare indirizzata più sul lato terrestre a differenza nostra che siamo un popolo di navigatori. Alfred von Tirpitz riuscì ad inculcare una mentalità marinaresca nelle menti dei vertici militari tedeschi dell'epoca come ci riuscì Karl Dönitz convincendo Hitler a destinare ingenti risosrse nella componente sottomarina. Ma come vedi si parla di corazzate e sommergibili, non di portaerei.
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IO rimango del parere che la componente del trasporto strategico nel nostro caso debba avere la priorità ciò non toglie che la componente AWACS non abbia la stessa importanza. Incominciamo ad avere una nostra autonomia di trasporto strategico poi penseremo a tutti quegli aerei che permetteranno alla nostra aviazione di essere allo stato dell'arte.
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Art. 139. La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.
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Io sono del parere che l'ITALIA possa schierare un solo task group degno di nome: PORTAEREI CAVOUR GARIBALDI 3 LPD 2 CACCIA 6 FREGATE 2 PATTUGLIATORI DI SQUADRA CLASSE SOLDATI 5 CACCIAMINE CLASSE LERICI II SERIE 2 NAVI DA RIFORNIMENTO ETNA-STROMBOLI 2 SMG CLASSE TODARO In questo modo a difendere la patria rimarrebbero: 2 CACCIA 4 FREGATE 2 PATTUGLIATORI DI SQUADRA CLASSE SOLDATI 7 CACCIAMINE CLASSE LERICI I E II SERIE 1NAVE DA RIFORNIMENTO 5 SMG CLASSE SAURO più tutto il naviglio minore. In poche parole io preferirei vista la situazione attuale concentrarsi in un'unica squadra navale in caso di guerra vera e propria si intende.
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No invece non serve un colpo di stato, basta abolire l'art.139 della costituzione che impedisce di indire un referendum istituzionale, in poche parole è un articolo non democratico perchè ci obbliga a farci andare bene la repubblica. Se non mi sbaglio solo i primi undici articoli della costituzione non sono abrogabili perchè costituiscono le fondamenta della costituzione.
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It's a Duty , Sir
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Anche io considero come erede al trono AMEDEO D'AOSTA viste anche le dichiarazioni che fece in passato RE UMBERTO II sulla questione della successione. Adesso non saprei neanche io quanti italiani sarebbero favorevoli ad un ritorno della monarchia in ITALIA però da parte mia posso dire che sarei onorato di servire la causa monarchica votando a favore di quest'ultima!! Viva il RE Viva l'ITALIA
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Si in effetti è un post comunista fuori ma dentro non ne sarei tanto convinto. Quindi anche voi due siete un pò filomonarchici?????
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Napolitano non mi piace primo perchè è comunista, secondo perchè sta li fermo mentre invece dovrebbe convocare prodi e mandarlo a casa e indire nuove elezioni e terzo perchè io sono convinto che questa repubblica sia stata istituita in maniera sporca ed illegale con un referendum falsato.
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Royal Navy - discussione ufficiale
Graziani ha risposto a Graziani nella discussione Marina Militare
MBDA: progressi nel programma PAAMS(S) per la difesa aerea dei caccia Type 45 della Royal Navy La piattaforma Longbow progettata per le prove in mare del sistema missilistico PAAMS(S) è arrivata alla base navale di Tolone per la preparazione della campagna di prove di tiro destinate a verificare le prestazioni del sistema PAAMS(S) integrato che equipaggerà i nuovi caccia inglesi, francesi ed italiani che svolgeranno il ruolo di Air Defence Ship nei gruppi navali. I tiri di prova saranno effettuati dal poligono di tiro del CELM (Centre d’Essais de Lancement des Missiles), vicino all’Ile du Levant, al largo delle coste mediterranee francesi. Il primo tiro completo sarà effettuato nel corso del primo semestre 2008 e la campagna globale dovrebbe concludersi entro il 2009. PAAMS è il sistema di difesa antiaerea di nuova generazione progettato per l’autodifesa, la difesa di zona e la difesa locale di una forza navale che equipaggerà i nuovi caccia Type 45 della classe Daring della Royal Navy, oltre ai caccia Horizon e Orizzonte rispettivamente della marina francese e italiana. Il sistema PAAMS (S) della Royal Navy si differenzia dal PAAMS (E) scelto dalla Francia e dall’Italia per l’impiego del recentissimo radar multifunzione (MFR) SAMPSON messo a punto da BAE Systems INSYTE. La Francia e l’Italia hanno invece selezionato l’MFR EMPAR (Foto in basso) per la configurazione PAAMS (E). I lavori effettuati sulla piattaforma Longbow per il PAAMS erano iniziati nel 2003, quando il sistema è stato rimorchiato fino al cantiere navale di Portsmouth. La piattaforma Longbow è stata utilizzata nell’ambito di un vasto programma d’integrazione del sistema che si è concluso con il successo di un programma di prove in mare, nelle acque territoriali britanniche, durante l’estate e fino all’inizio dell’autunno. In seguito seguiranno alcune attività d’integrazione "lungo il bordo" prima di procedere all’ormeggio del sistema al largo del poligono di prove del CELM, vicino all’Isola del Levante, il cui inizio è previsto nelle prossime settimane. Nick Neale, direttore del progetto PAAMS(S), ha spiegato che "il programma PAAMS (S) sta avanzando perfettamente, ed ora attendiamo con impazienza e con fiducia le prove che si svolgeranno l’anno prossimo". "Questa campagna di prove - ha continuato Neale - godrà di tutta l’esperienza che abbiamo acquisito nel corso delle attività di eliminazione dei rischi effettuate fino ad oggi nella sede d’integrazione PAAMS di MBDA di Bristol e nella sede di sviluppo di Eskmeals, nella regione di Cumbria, nel nord del Regno Unito, nel corso dell’integrazione e delle prove effettuate sulla piattaforma Longbow e dell’integrazione al sistema di combattimento imbarcato, effettuato al MISC (Maritime Integration & Support Centre di BAE Systems) di Portsmouth". Secondo Antoine Bouvier, il CEO di MBDA, "il PAAMS(S) potrà beneficiare di tutti i tiri di prova effettuati con successo sui missili Aster 15 e 30 di MBDA nell’ambito del programma di sistema di difesa antiaerea navale SAAM italo-francese, del programma di sistema di difesa antiaerea a terra SAMP/T e del sistema PAAMS (E), i cui ultimi tiri di qualifica sono stati realizzati nel maggio del 2007". "Ci stiamo avvicinando al momento in cui le due versioni del PAAMS entreranno in servizio - ha concluso Bouvier - e costituiranno quel che sarà indubitabilmente il miglior sistema di difesa antiaerea navale al mondo, nella sua categoria". Tutti i componenti del sistema PAAMS (S) sono stati sperimentati sul Daring (a destra e in alto), il primo caccia Type 45 della Royal Navy che nell’estate ha già effettuato le prime uscite in mare, mentre sono state già eseguite tutte le consegne di apparecchiature PAAMS per il secondo caccia della classe Daring, il Dauntless. Ricordiamo che MBDA è il prime contractor del programma PAAMS, un sistema omnidirezionale a 360° che garantisce l’autodifesa antiaerea multistrato di forze navali. Il sistema integra tre capacità di missione separate in un unico e stesso sistema di difesa antiaerea: l’autodifesa della nave per la protezione della nave da guerra PAAMS, la difesa di zona per proteggere le navi vicine e la difesa antiaerea a media e lunga distanza. Il PAAMS è stato progettato per garantire una protezione ottimale contro gli attacchi omnidirezionali e coordinati di missili subsonici o supersonici, di aerei e di droni ultrasofisticati. Il sistema PAAMS è dotato di un radar multifunzionale (MFR), di un sottosistema di comando e di controllo (C2) e di un sottosistema di doppio lancio verticale (VLS) che contiene una combinazione di 48 missili Aster 15 e Aster 30 pronti al lancio. Il PAAMS è supportato da un radar a lunga portata (LRR) per la sorveglianza su lunghe distanze. A seconda della minaccia, la combinazione dei missili Aster 15 e Aster 30 consente al PAAMS di tirare in qualsiasi tipo di configurazione, dal lanciatore PAAMS Sylver A50 fornendo una copertura di difesa aerea anche in presenza di contromisure elettroniche estreme e con qualsiasi condizione meteorologica. L’MFR SAMPSON del sistema PAAMS (S) che sarà imbarcato sui nuovi caccia Type 45 della Royal Navy, e l’MFR EMPAR per la configurazione PAAMS (E) che invece equipaggerà i caccia francesi e italiani classe Orizzonte, sono in grado di seguire centinaia di bersagli simultaneamente e contribuiranno alla difesa dell’area maritime in cui opera il gruppo navale in cui il caccia è inserito, rilevando tutti i tipi di bersaglio fino a una distanza di diverse centinaia di chilometri e trasmettendo messaggi in collegamento ascendente verso i missili Aster per neutralizzare qualsiasi minaccia. Ricordiamo che il primo caccia classe Orizzonte (a destra) della Marina Militare, l’Andrea Doria, sta effettuando le prove in mare da un anno, mentre la seconda unità della classe, il Caio Duilio, è stato varato da Fincantieri il 23 ottobre scorso. -
Marina USA: prove in mare per il North Carolina Il 12 dicembre scorso il sottomarino a propulsione nucleare americano North Carolina (SSN 777), quarto battello della classe Virginia, ha iniziato il suo primo ciclo di prove in mare lasciando gli ormeggi dai cantieri Northrop Grumman Newport News. Nelle prove in mare saranno testati tutti i sistemi e gli apparati di bordo, e sarà effettuata anche la prima immersione in assoluto del battello; sarà anche effettuata una serie di prove di navigazione ad alta velocità con il battello sia in immersione che in superficie.
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Ammetterai però che i francesi fanno un sacco di vacanze e lavorano poche ore al giorno, sono sempre a bere caffè e a mangiare cornetti. I tedeschi e i giapponesi, quelli si che lavorano.
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Per l'ITALIA bisogna prima pensare alla componente da trasporto strategico proprio perchè le nostre forze da bombardamento non vengono praticamente impiegate, la vedo difficile vedere i nostri caccia bombardare come fanno americani e britannici. Il pilota italiano sarà un ottimo pilota ciò non toglie che voli troppo poco. Se ci accontentassimo di soli 100 EFA vorrebbe dire essere come la spagna che ne ha 80 visto la piccola differenza. La RAF è sicuramente irraggiungibile però potremmo dire di possedere una forza aerea superiore a quella tedesca. IO credo che l'ITALIA la debba finire di avere complessi di inferiorità nei confronti di GRAN BRETAGNA E FRANCIA e debba smetterla di accontentarsi di poco ma invece dovrebbe essere ambiziosa. Basta dire:PER L'ITALIA 100 CACCIA VANNO PIU' CHE BENE, 10 FREGATE SONO PERFETTE, 200 ARIETE VANNO BENISSIMO E COSI' VIA. SE sarà sempre così allora saremo sempre due-tre spanne sotto francia e gran bretagna. Lo stesso vale per le capacità blue water, tutti che dicono che ALL 'ITALIA basta operare solo nel mediterraneo, CAVOLATA.
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Simpatico il filmato Almeno sul calcio la pensiamo uguale
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I FRANCESI CHE LAVORANO NON L'HO MAI SENTITA
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Le nostre FORZE DI PROIEZIONE DAL MARE pur essendo ottime non sono minimamente paragonabili alle forze da sbarco americane per quanto riguarda il numero di uomini e soprattutto per l'equipaggiamento. I nostri uomini hanno dotazioni da fanteria leggera, loro hanno equipaggiamenti da brigata corazzata ipergalattica con tanto di obici,lanciamissili e chi più ne ha più ne metta. Fai conto che solo le forze da sbarco spagnole hanno un equipaggiamento tre volte più pesante del nostro almeno credo.
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Non ci servono centinaia di aeroplani per far vedere che abbiamo una grande aviazione ma ci servono per proteggere al meglio il nostro spazio aereo!! Purtroppo è vero che i nostri piloti volano talmente poco che possono essere quasi considerati non idonei a pilotare un caccia, quindi oltre a dotarci di un buon numero di apparecchi la nostra classe politica dovrebbe destinare più soldi per l'addestramento oppure sistemare una volta per tutte questo casino del personale a cui va destinato il 70% delle risorse. 100 EFA e 90 F-35 sono veramente pochi, tanto vale smetterla di confrontarci con FRANCIA E GRAN BRETAGNA e rassegnarsi ad essere un paese qualunque al pari di spagna e olanda. Detto questo dico che l'AMI dovrebbe creare una componente da trasporto strategico visto che per quanto riguarda il trasporto tattico siamo a posto, dopo possiamo concentrarci sulla componente AWACS-SIGNT.