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Tutti i contenuti di Graziani
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Io non mi riferivo alla spesa per la DIFESA, ma su i conti pubblici sistemati dal BAMBOCCIONE!!!!! ALMENO LA MIA PARTE E' QUELLA GIUSTA!!!!!!!!!!
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Per me non c'è problema, puoi fare quello che vuoi!!!!!
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Almeno il popolo italiano vivrà meglio!!!! Prima facciamo ripartire l'Italia e poi si pensa alle FREMM!!!
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Visita del Pontefice alla Sapienza
Graziani ha risposto a paperinik nella discussione Discussioni a tema
vorthex non è BACCHETTERE ma BACCHETTARE -
QUELLO che ho riportato è la triste verità!!!!! VIVA IL NUCLEARE
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GRAZIE, GRAZIE!! TENIAMO DURO, ORMAI CI SIAMO, SENTO PROFUMO DI ELEZIONI E DI VITTORIA SCHIACCIANTE!!! MAGARI AVREMO 150 DEPUTATI IN PIù
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Visita del Pontefice alla Sapienza
Graziani ha risposto a paperinik nella discussione Discussioni a tema
Abbasso i professori ex sessantottini e viva il PAPA!!!!! -
Dieci motivi per licenziare Pecoraro Scanio La parola che accompagna la politica ambientale di Pecoraro Scanio è “no”. Se fosse per lui l’Italia anziché competere con l’Europa dovrebbe tornare indietro, ai tempi in cui si viaggiava in carrozza e si accendevano le candele. E la sua politica del “non fare” è già costata al Paese qualcosa come 70 miliardi di euro. Una cifra destinata a crescere se il responsabile non viene “licenziato”. No alle grandi opere Lo scorso novembre, l’Unione Europea ha stanziato 671 milioni di finanziamenti per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione. Un miracolo, visto che il governo aveva stralciato il progetto, non apprezzato dal Ministro che si conferma contrario al progetto lasciando ancora i cantieri fermi. Due ministeriali “stop” anche per il Mose di Venezia perchè, secondo il ministro, i cantieri non avrebbero ottenuto l’autorizzazione paesaggistica e per il Ponte di Messina definita un’opera “faraonica e inutile”. E a questo punto anche “costosa” perché, oltre a perdere il finanziamento, lo Stato dovrà pagare una “robusta” penale con le imprese appaltatrici. No ai termovalorizzatori e discariche ferme L’ineffabile ministro si è sempre dichiarato contro i termovalorizzatori anche se quello di Acerra avrebbe senz’altro impedito che la Campania venisse coperta dalla spazzatura. Ma oggi si svela essere contrario anche alle discariche. Per fronteggiare il problema dei rifiuti nel napoletano, il consiglio dei ministri ne istituisce quattro: Pecoraro Scanio non firma il provvedimento e va a Serre a portare la sua solidarietà ai cittadini contrari. No al nucleare L’Italia importa l’85% del gas e del greggio necessari per il nostro fabbisogno (la media dell’Unione Europea non supera il 50%). Una dipendenza energetica dall’estero che provoca gli aumenti delle bollette per i cittadini: con il 2008, l’autorità per l’energia prevede un rincaro del 3,8% per l’elettricità e del 3,4% per il gas. Nonostante questo, il ministro si è ancora una volta dichiarato contro l’energia nucleare definita “costosa e pericolosa” e non gli importa di verificare che invece la Francia soddisfa serenamente e felicemente il 76% del suo fabbisogno energetico con il nucleare e i Paesi dell’Est con quote che vanno dal 40 al 50%. No ai rigassificatori Tali impianti permetterebbero un più facile approviggionamento di gas e di conseguenza un abbattimento del costo sulla bolletta. Ma nove rigassificatori su dieci non riescono ad aprire battenti per i “no” del ministro dell’Ambiente. No al carbone Anche le centrali al carbone non piacciono al leader dei Verdi perché è il combustibile con maggior livello di emissione e quindi inquinante. A rischio le centrali di Civitavecchia e di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. No agli Ogm L’Unione Europea ha confermato che gli Ogm (organismi geneticamente modificati) non determinano alcun inquinamento genetico liberalizzando di fatto la sperimentazione. Il ministro dell’Agricoltura, Paolo De Castro, aderendo alle indicazioni europee, mette a punto un disegno di legge in materia ma Pecoraro Scanio si oppone e non firma i protocolli determinando il mancato rispetto delle direttive europee e un ennesimo ritardo nella ricerca e sulle nuove tecnologie. Sì a tanti consulenti Nel bilancio dello Stato il ministero dell’ambiente è quello che incide maggiormente per i costi provocati dalle consulenze: Pecoraro Scanio gode di ben 344 consulenti, impegnati in studi di “Qualità della vita” (7), “Protezione della natura” (54), “Ricerca ambientale”(107), “Difesa del suolo” (138), “Salvaguardia ambientale” (14) più altri destinati al gabinetto del ministro e a disposizione dei sottosegretari. Viene da chiedersi: cosa fanno tutti gli impiegati del ministero? No alle commissioni Il 27 luglio scorso, il ministro azzera le due commissioni, Via e Vas, deputate a rilasciare il nullaosta per progetti infrastrutturali nel settore energetico-ambientale. Molte società, penalizzate dal provvedimento, minacciano di fare ricorso al Tar tanto che il ministro le ricostituisce dopo appena 15 giorni. Rivoluzione al Ministero Per razionalizzare la struttura, il ministro ha provocato le ire di tutti: dei sindacati che lamentano di non essere stati ascoltati, dal Consiglio di Stato secondo cui le modifiche umiliano “l’apporto partecipativo del personale” e persino dalla compagine di centrosinistra. L’unico soddisfatto è il ministro perché questa operazione gli permette di assumere più e nuovi dirigenti. No alla legge Matteoli Con una serie di stop and go, di violazione delle regole procedurali, l’impegno principale di Pecoraro Scanio è stato lo smantellamento del decreto legislativo messo a punto dal suo predecessore, Altero Matteoli. Un’iniziativa che a lui ha fatto collezionare rimbrotti e bacchettate da parte degli organi istituzionali ma ha lasciato tutto il settore e le imprese nel caos più totale, senza una normativa chiara di riferimento.
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AMEN!!!
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Mastella: «L'Udeur lascia la maggioranza» 21 gennaio 2008 «Lasciamo la maggioranza», «è finita un'esperienza». Lo ha detto l'ex ministro Clemente Mastella nel corso della conferenza stampa tenuta dopo la riunione dell'ufficio politico dell'Udeur. Mastella ha quindi risposto con un «no» quando gli è stato chiesto se allora l'Udeur darà l'appoggio esterno al governo. L'orientamento del partito - ha detto Mastella - è stato comunicato a Romano Prodi con una lettera. L'ex guardasigilli ha precisato: «ora lavoriamo per andare alle elezioni». FORSE L'INCUBO E' FINITO
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Sul Tonchino, sperduto altopiano del Vietnam del Nord, in 56 giorni di strenua resistenza contro soverchianti forze nemiche, i battaglioni coloniali francesi e i proscritti della Legione straniera scrivono una delle più fulgide pagine di eroismo della storia militare. «Legio patria nostra» Motto della Legione Straniera Verso la fine del 1953 il comandante in capo delle forze francesi in Indocina, il generale Henri Navarre, decise di installare un campo fortificato, rifornito unicamente da un ponte aereo, nel cuore del territorio dei vietminh sull’altopiano del Tonchino: la valle di Dien Bien Phu, che si trova a ben 350 km dal delta del Mekong, e quindi lontanissimo dalle più vicine basi francesi. Il campo avrebbe dovuto fungere da punto di appoggio per i gruppi di commando che operavano sul confine con il Laos e da base di partenza per gli attacchi di grosse unità appoggiate dall’artiglieria e dall’aviazione che aveva le proprie basi nella enclave. Anche se ben presto l’ipotesi di lanciare qualsiasi operazione offensiva si rivelò assolutamente velleitaria, il campo fu mantenuto e, anzi, progressivamente rinforzato. Lo Stato maggiore francese pensava infatti di poterlo usare come “incudine” contro cui il “maglio” dell’aviazione e dell’artiglieria avrebbe potuto schiacciare le divisioni del generale Vo Nguyen, detto Giap. Ma le implicazioni di questo nuovo ruolo del campo non furono valutate con sufficiente lucidità. In particolare, furono costantemente sottovalutate le dimensioni dell’artiglieria vietminh, la capacità che le forze di Giap avevano di muovere i cannoni e le munizioni per centinaia di chilometri e la loro straordinaria attitudine a mimetizzarsi e quindi a sfuggire al fuoco francese; inoltre, la particolare morfologia della valle - stretta e lunga - comportava per la guarnigione serie difficoltà nel mantenere il controllo delle colline circostanti. I materiali di costruzione erano palesemente insufficienti a proteggere sia l’area centrale sia il perimetro difensivo da un attacco prolungato; infine i francesi non sapevano che i vietminh si erano dotati di un regolare reggimento di contraerea. La valle fu conquistata fra il 20 e il 22 novembre del 1953: durante l’operazione Castor furono lanciati sei battaglioni di parà, tra i quali il I Bep (Battaglione paracadutisti della Legione straniera); questa unità fu uno dei reparti di parà che rimase a Dien Bien Phu quando il resto delle forze tornò nelle retrovie, rimpiazzata da dieci battaglioni di fanteria aerotrasportata: quattro della legione, tre algerini, uno marocchino e due thailandesi. Il campo fu dotato di dieci carri M24 di fabbricazione statunitense, una trentina di pezzi d’artiglieria di vario calibro e sei cacciabombardieri Bearcat. La guarnigione giunse a comprendere più di 10 mila uomini, ma solo una parte era composta da truppe di prima linea. Giap accettò la sfida e, fra il novembre del 1953 e il marzo del 1954, riuscì ad ammassare sulle colline circostanti circa 50mila uomini appartenenti alle sue migliori divisioni, appoggiate da circa trecento bocche da fuoco; riuscì anche a schierare il suo reggimento di contraerea da 37mm appositamente addestrato dai cinesi. Le sortite tentate in dicembre dalla guarnigione dimostrarono che tre battaglioni di parà, nonostante il supporto pesante, non riuscivano ad uscire per più di qualche chilometro dalla valle senza essere impegnati in pesanti scontri. In particolare, tra il 10 e il 15 dicembre, il I Bep perse ben 52 uomini in un’azione locale verso l’imboccatura nord della vallata. A breve anche le pattuglie nella valle stessa vennero impegnate in giornalieri scontri a fuoco: erano le prime avvisaglie di quanto stava per accadere. Il 13 marzo 1954, si abbatté sul campo un massiccio ed estremamente preciso sbarramento di artiglieria: si inaugurava così la battaglia vera e propria. Durante la prima notte Beatrice fu travolta, il giorno seguente Gabrielle: in soli due giorni vennero dunque persi due importanti sistemi di postazioni difensive a nord. La forza aerea francese si dimostrò assoluta-mente incapace persino di individuare l’artiglieria nemica, magnificamente posizionata e mimetizzata in modo efficacissimo; allo stesso tempo l’artiglieria del campo non solo non riusciva a mettere a tacere le armi dei vietminh, ma anzi veniva costantemente logorata nella lotta senza alcuna possibilità di essere sostituita o adeguatamente rinforzata. Il fuoco della contraerea raggiunse livelli da Seconda guerra mondiale, e la pista d’atterraggio fu colpita con micidiale precisione. L’ultimo Dakota con a bordo un carico di feriti da evacuare riuscì a decollare il 27 marzo. Da quel momento in poi rifornimenti e rinforzi dovettero essere paracadutati in un perimetro sempre più ridotto, per lo più di notte, da aerei che dovevano attraversare un micidiale tunnel di fuoco antiaereo. La situazione della guarnigione si fece ancor più disperata dopo l’arrivo delle piogge monsoniche: sotto la pioggia e fra i bombardamenti ininterrotti, bunker e trincee si dissolsero in un mare di fango rosso. Sotto il fuoco martellante dell’artiglieria vietminh le unità combattenti del tenente colonnello Langlais e del maggiore Bigeard tennero, persero, ripresero e ripersero una serie di collinette e di buchi nel fango di importanza strategica contro gli attacchi notturni delle maree umane del nemico. I vietminh scavarono trincee sempre più vicine, da tutte le direzioni: una rete capillare che permise loro prima di raggiungere, poi di isolare e infine di strozzare una postazione dopo l’altra. Si susseguirono scene epiche di coraggio quando i parà, tenuti come riserva per i contrattacchi, barcollanti per la stanchezza e a corto di ogni rifornimento, si lanciarono in attacchi suicidi, anche all’arma bianca, per riconquistare le postazioni perse o per ristabilire il collegamento con una compagnia isolata. Vari battaglioni di reclute di parà e centinaia di volontari si lanciarono durante l’assedio in questo piccolo inferno sulla terra, e vi rimasero fino al crollo finale. In particolare il II Bep della Legione straniera si lanciò tra il 10 e il 12 aprile, in tre ondate successive, proprio sulla linea del fuoco, in un’azione rimasta nella storia del paracadutismo militare. Il 23 aprile vi fu uno degli ultimi tentativi di ristabilire il perimetro originale con un violento contrattacco sulle posizioni Huguette. A nulla varrà l’eroismo dei legionari contro la pioggia di fuoco con cui li accolse il nemico. Il tenente Garin del II Bep, ferito durante questa azione e rimasto indietro, si uccise per non cadere vivo nelle mani del nemico e per evitare ai suoi di esporsi ad ulteriore pericolo nel tentativo di metterlo in salvo. Alle ore 17.30 del 7 maggio 1954 il generale de Castries, ufficiale comandante, dopo 56 giorni di estenuanti combattimenti, dichiarò il cessate il fuoco dopo la caduta dell’intera metà orientale del campo. Su 635 uomini del I Bep della Legione, 575 risultarono morti o dispersi; il 7 maggio rimanevano solo una cinquantina di uomini del II Bep: questi indomiti guerrieri erano per lo più proscritti reduci della II guerra mondiale. Quando i vietminh vittoriosi entrarono nel campo trincerato e fecero uscire i sopravvissuti, non trovarono tra questi nessuno che portasse la mimetica dei parà: nessuno di loro si arrese; gli unici prigionieri furono i para feriti o quelli fatti prigionieri sulla linea del fuoco più avanzata. Fra coloro che furono catturati, molti non sopravvissero alla “marcia della morte” e alle spietate condizioni dei campi di concentramento. Dopo circa i tre mesi dalla resa, la Francia accettava il cessate il fuoco generale: tramontava così il suo sogno coloniale in Indocina.
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Benvenuto!!!!
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Pensavo che atterrassero a SILVI MARINA!!!!
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Armi, contese e diplomazia nel Pacifico orientale
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è davvero un addio per l'unità?
Graziani ha risposto a Leviathan nella discussione Discussioni a tema
Sono del parere che un giornale che in qualche modo rappresenti un pezzo di storia italiana debba continuare ad esistere!!!! Ps: viva il POPOLO D'ITALIA -
è davvero un addio per l'unità?
Graziani ha risposto a Leviathan nella discussione Discussioni a tema
Speriamo -
BENVENUTO!!!!!!!
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Per conquistare la cina servirebbero metodi "brutali" e parecchio sanguinari, ricordiamoci che sono oltre 1 miliardo di persone!!!!!!!!!!!
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Royal Navy - discussione ufficiale
Graziani ha risposto a Graziani nella discussione Marina Militare
Puoi dirlo forte!!!!!!! La ROYAL FLEET AUXILIARY è straordinaria così come lo è tutta la marina Britannica!!!!! Da questo si vede l'enorme abisso che c'è tra la nostra marina e la loro!! STRAORDINARIO -
Israele, nuovo missile per testate atomiche di Redazione - venerdì 18 gennaio 2008, 07:00 Stampa Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota1 2 3 4 5 Risultato da Gerusalemme È mistero sul nuovo sistema d’arma collaudato ieri dall’esercito israeliano in una base missilistica a sud di Tel Aviv. Secondo un annuncio trasmesso dalla radio militare in mattinata (poi curiosamente scomparso nelle edizioni successive) sarebbe stato «testato con successo» un nuovo sistema di propulsione, per missili in grado di portare «testate non convenzionali», definizione generalmente usata per indicare testate nucleari. Osservatori occidentali hanno collegato il comunicato delle autorità militari alle affermazioni rilasciate nei giorni scorsi dal premier Ehud Olmert, secondo cui «Israele non esclude nessuna opzione» nei confronti dell’Iran. Immediata è giunta la reazione del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, il quale ha dichiarato che Israele «non oserà attaccarci». «Il regime sionista non oserà attaccare l’Iran - ha detto Ahmadinejad all’emittente araba Al Jazeera - perchè la risposta iraniana sarebbe tale da farli pentire, e questo loro lo sanno bene». In realtà non è affatto certo che il sistema d’arma collaudato dagli israeliani sia effettivamente destinato ad un eventuale conflitto con l’Iran. Secondo il ministero della Difesa, l’esperimento condotto in mattinata è stato attuato «nel quadro di un programma di difesa stratificata per neutralizzare diversi tipi di minacce: da aerei e razzi a missili balistici». Israele, che mantiene una politica di studiata ambiguità circa il suo asserito arsenale nucleare, secondo analisti militari stranieri, già dispone di missili «Gerico» in grado di portare testate atomiche a una distanza che, nella versione a lungo raggio chiamata «Gerico III», possono colpire obiettivi distanti da 4.400 a 6.500 chilometri (secondo diverse stime). Il lancio di ieri avrebbe perciò permesso di collaudare una versione potenziata, grazie a un nuovo sistema di propulsione, del «Gerico III». È tuttavia possibile che l’esperimento vada invece visto nel quadro degli sforzi che Israele sta attuando per sviluppare sistemi di difesa capaci di neutralizzare i razzi a corto e medio raggio in possesso di Hamas e degli Hezbollah. Sin dalla guerra di due anni fa con il Libano la pioggia di missili Katiusha (come in questi giorni quella di Qassam lanciati da Gaza) ha rivelato una clamorosa falla nei sistemi di difesa ai quali Israele sin da allora sta tentando di porre rimedio. Ieri il bombardamento su Sderot, la città nel mirino dei terroristi che operano da Gaza è continuato e in serata il ministero della Difesa israeliano ha annunciato la decisione di chiudere tutti i valichi di frontiera con la Striscia.
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Royal Navy - discussione ufficiale
Graziani ha risposto a Graziani nella discussione Marina Militare
HMS Illustrious Leads Orion 08 Deployment -------------------------------------------------------------------------------- The aircraft carrier HMS Illustrious departs Portsmouth on Monday 21st January 2008 to lead a multi-national Task Group to the Indian Ocean region for exercises over the next four months. The Task Group incorporates more than 2,500 personnel, 13 ships, a nuclear powered submarine and fixed wing and rotary wing aircraft. Orion 08 is an element of the UK’s continued commitment to boosting peace and stability in the area by exercising with a number of navies in the region. During its deployment the Task Group will be visiting 20 ports in the Mediterranean, Africa, Middle East, South Asia and the Far East. The deployment is part of the RN’s regular operating pattern, repeating a similar deployment to the Indian Ocean in 2006. It will exercise deploying a maritime strike force for a prolonged period away from the home base and working with allies. During the deployment, the ship will carry Ground Attack Harriers flown by Royal Navy and RAF pilots from the Naval Strike Wing and No 1 (Fighter) Squadron Royal Air Force, both part of the UK’s Joint Force Harrier. Also on board will be Merlin Anti-Submarine Warfare Helicopters from 814 Naval Air Squadron. Units in the group include the Air Defence Destroyer HMS Edinburgh, the multi-role Frigate HMS Westminster, the nuclear powered submarine HMS Trafalgar, and Royal Fleet Auxiliaries Wave Knight, Fort Austin, Diligence and Bayleaf (carrying fuel, ammunition, stores and food). Also working with the Task Group are USS Cole (an American Arleigh Burke Destroyer), SNS Mendez Nunez (Spanish F100 class Aegis Frigate), FS Jean Bart (French air defence destroyer), supported by UK Mine Countermeasures Vessels HM Ships Chiddingfold and Atherstone. -
Afghanistan, Peacereporter: a novembre italiani in azioni di guerra -------------------------------------------------------------------------------- Pagine di Difesa, 17 gennaio 2008 -------------------------------------------------------------------------------- In Afghanistan l'Italia non svolge solo compiti di peace-keeping ma sta combattendo al fianco di americani e inglesi: e l'ultima battaglia cui hanno partecipato i nostri soldati, con l'ausilio degli elicotteri d'attacco Mangusta, i veicoli blindati Dardo e gli aerei spia Predator, risale a novembre scorso. Lo sostiene un dossier sull'Afghanistan realizzato da Peacereporter e pubblicato il 15 gennaio sul sito dell'agenzia telematica vicina ad Emergency. Secondo i dati in possesso di Peacereporter, quello che si è appena concluso è stato l'anno più sanguinoso dalla caduta del regime talebano: "circa settemila morti, di cui almeno 1.400 civili uccisi in gran parte dai bombardamenti della Nato e 232 militari dell'Alleanza Atlantica". Un rapporto del Senlis Council, inoltre, sottolinea che nonostante gli sforzi degli alleati, il 54% del territorio afgano è in mano ai taleban, che sono attivi in un altro 38% del paese, compresa la zona di Herat sotto il controllo italiano. In questo quadro, sostiene Peacereporter, opera "dall'estate 2006 nell'ovest dell'Afghanistan la Task force 45 - la più grande unità di forze speciali mai messa in campo dall'Italia dai tempi dell'operazione Ibis in Somalia, come afferma l'esperto di questioni militari Gianandrea Giani - di cui fanno parte ranger del 4° reggimento alpini, incursori del Comsubin, il 9° reggimento Col Moschin e il 185° Rao della Folgore". In tutto 200 uomini impiegati nell'operazione 'Sarissa' e "impegnati a combattere i taleban assieme a Delta Force e Sas". "L'ultima battaglia a cui gli italiani hanno partecipato - sostiene il dossier di Peacereporter - risale al novembre scorso per la riconquista del distretto del Gulistan, quando sono entrati in azione i Mangusta e i cingolati da combattimento Dardo in dotazione ai Bersaglieri. Sarissa inoltre può contare sull'appoggio dei nostri aerei spia Predator e degli elicotteri d'assalto Sh-3d". Nel dossier si afferma infine che "durante il governo Prodi l'impegno militare italiano in Afghanistan è costantemente aumentato sia numericamente (oggi l'Italia ha 2.350 soldati, 550 in più di quelli schierati durante il governo Berlusconi), che qualitativamente (con truppe e mezzi da combattimento". La senatrice del Prc Lidia Menapace ha preannunciato la presentazione di un'interrogazione al ministro della Difesa per sapere se rispondono a verità le notizie riportate da alcuni quotidiani in base alle quali "vi sarebbe un distorto impiego dei militari italiani in Afghanistan impegnati in missioni segrete di guerra". Menapace ha invitato l'agenzia Peacereporter ad inviare i materiali raccolti anche ai componenti delle commissioni parlamentari Difesa. "Certamente - ha aggiunto - non è più possibile mantenere il contingente militare con regole di ingaggio ben precise in una situazione che è peggiorata, anche a motivo dell'ambiguità delle stesse regole. La richiesta fatta in senato al momento del rifinanziamento di avere un costante monitoraggio non è stata rispettata. Perciò ci mancano notizie precise, ma non ci vuole molto a capire che nessuna situazione può rimanere a lungo in equilibrio senza che si intervenga di continuo per favorire la riduzione dei conflitti - conclude Menapace - e l'avvio di una piena sovranità dell'Afghanistan sgombrato dagli occupanti". Fonte: Ansa