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Calderoli: "Si vota il 13 aprile per salvare le pensioni della Casta" Roma - Il vice presidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli, ha una sua spiegazione sul perché la scelta del governo per le elezioni è caduta sul 13 aprile anzichè sul 6: votando il 6 aprile, infatti, i parlamentari alla prima legislatura non rieletti non avrebbero maturato la pensione, votando invece come stabilito dal Consiglio dei Ministri il 13 aprile, ovvero una settimana dopo, acquisiranno la pensione. "E poi parlano di voler fare l’election day per ridurre i costi della politica. Ben altri saranno i costi di queste pensioni, non solo in meri termini quantitativi, ma anche per il messaggio dato al Paese, perchè questo è il tipico esempio di come fatta la legge viene subito trovato l’inganno. Quando il governo deve schierarsi dalla parte del cittadino o della 'casta' a parole - conclude Calderoli - dice di essere con il cittadino ma nei fatti sta sempre con la casta". La spiegazione tecnica Tutto corre sul filo delle interpretazioni, spiega Calderoli. Per aver diritto alla pensione i parlamentari devono stare in carica almeno due anni, sei mesi e un giorno. Ma il requisito "ha un'interpretazione rigida soltanto per quanto riguarda il Senato, dove pure si adotta una norma interpretativa per cui quando è stata superata la metà dell'anno questo viene considerato come un anno intero. Per i senatori la dead-line sarebbe stata dunque il 15 giugno. Alla Camera, mi dicono, a causa dell'interpretazione che viene data la pensione matura invece dopo due anni e un giorno". I due anni e un giorno dell'attuale legislatura (iniziata il 28 aprile 2006) scatterebbero il 29 aprile. La prima seduta del nuovo parlamento deve essere convocata entro venti giorni dal voto, e quindi - se si votasse il 6 aprile - entro il 26 aprile. Facendo slittare di una settimana le elezioni, e ipotizzando la prima seduta il 29 aprile in avanti, il diritto alla pensione sarebbe invece raggiunto. Il Governo, guarda caso, ha stabilito che la prima riunione del prossimo parlamento sarà proprio il 29 aprile. COMPLIMENTI VERAMENTE ALLA FINE FORSE RIUSCIRANNO AD INTASCARE IL BOTTINO!!!!
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Guarda che il discorso sulli'inflazione non è propaganda ma l'ho dicono anche il CORRIERE DELLA SERA e il TG5 SIGNOR Rick86!!!!!!!!!!!! http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economi...i_consumo.shtml CONTENTO!!
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Lo so Leviathan che speri che i tuoi compagni comunisti possano trovare la soluzione per non finire in un ghetto politico!!!!
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typhoon lo dicono tutti i giornali e telegiornali, purtroppo è la realtà!!!!
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BELLE PAROLE MA L'INFLAZIONE VOLA AL 2,9 %!!!!!!! NAPOLI: La Corte dei Conti certifica il fallimento del centrosinistra "La relazione annuale della Corte dei Conti e’ la migliore certificazione tecnica del fallimento politico del centro sinistra al Governo". Lo ha affermato Osvaldo Napoli deputato di Forza Italia. "La magistratura contabile e’ stata impietosa nella sua documentata denuncia contro lo scasso della finanza pubblica nei due anni del Governo Prodi. E’ aumentata la spesa corrente, e’ stata drasticamente ridotta la spesa per investimenti e molte amministrazioni pubbliche non sono neppure piu’ in condizione di lavorare. Peggio ancora e’ andata sul fronte dei rifiuti: la Corte dei Conti ha elencato ben sette infrazioni commesse dall’Italia e rilevate dall’Unione Europea per le quali ci attendono multe pesantissime. La Magistratura contabile ha cosi’ evidenziato il disastro provocato dal centro sinistra in due anni di non-governo. E’ da qui che il centro destra deve partire per costruire un programma di risanamento e di rilancio del Paese e dell’economia italiana".
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Afghanistan, civili uccisi durante un raid militare Gli italiani smentiscono le voci: noi non c'eravamo ROMA (4 febbraio) - Un attacco dei militari afgani e internazionali contro una presunta base di talebani, nel distretto di Bakwa, nell'Afghanistan sud-occidentale, ha provocato la morte di una decina di persone, tra cui un numero imprecisato di civili. Alcuni organi di stampa hanno affermato che il blitz sarebbe stato condotto anche da militari italiani. Immediata, però, la smentita dal comando di Herat: «E' falso». E il ministro Parisi, pur «rassicurato sulla totale infondatezza» di quanto riportato dai media, ha disposto accertamenti sui fatti. Le affermazioni riportate da Peace Reporter. L'agenzia telematica vicina ad Emergency cita il governatore della provincia di Farah, Ghulam Mohaidun Balouch. Dichiarazioni, preciserà in un secondo momento PeaceReporter, fatte all'Afp. «L'esercito afgano e gli italiani della forza Isaf della Nato - ha detto il governatore - hanno condotto un'operazione contro una presunta cellula di talebani, riunita nell'abitazione di un comandante talebano di nome Namanat. Dieci persone sono state uccise, di cui otto taleban e la moglie e il figlio del comandante». PeaceReporter cita anche le parole, dal contenuto diverso, del governatore del distretto di Bakwa, Khan Agha: «Il raid ha causato nove morti, tra cui due donne e due bambini. Solo uno dei nove era un taleban. Le vittime sono state uccise da colpi d'arma da fuoco». Versioni diverse. All'agenzia Reuters il governatore di Farah ha detto che il comandante talebano è riuscito a scappare con altri quattro combattenti, mentre altri due talebani sono stati uccisi, assieme a sei civili. Secondo il comandante provinciale della polizia, Khialbaz Sherzai, invece, nell'operazione «sono stati uccisi sette civili, tutti membri di una stessa famiglia, tra cui una donna e due bambini». Dall'Isaf fanno intanto sapere che le truppe Nato non sono coinvolte nel raid nella provincia di Farah, mentre la coalizione a guida Usa ha detto di stare «verificando». Gli italiani. La smentita arriva dal Regional Command West, il comando Nato per la regione occidentale del Paese a guida italiana, ad Herat. La notizia riportata da PeaceReporter, si legge in un comunicato, «è falsa e priva di ogni fondamento. In particolare, nessun militare delle Forze armate italiane ha partecipato ad alcuna operazione la scorsa notte nel distretto di Bakwa». PeaceReporter intanto ricorda che nel distretto di Bakwa «operano le forze speciali italiane della Task Force 45» e, in situazioni di emergenza, anche i bersaglieri della Forza di reazione rapida, dotati di elicotteri da combattimento Mangusta e carri armati Dardo. «Già un anno fa, nel febbraio 2007 - scrive l'agenzia vicina ad Emergency - le forze italiane presero parte a un'offensiva per la riconquista di Bakwa». Parisi dispone accertamenti. Dalla Difesa, con una nota diffusa in serata, fanno sapere che il ministro è «rassicurato sulla falsità e totale infondatezza» di quanto riferito a proposito della partecipazione di soldati italiani alle operazioni svoltesi nella zona di Bakwa. Tuttavia «ha impartito disposizioni allo Stato maggiore della Difesa affinché venga comunque accertato nel dettaglio lo sviluppo dei fatti». Le reazioni. «Non vorrei che tutto questo fosse finalizzato a condizionare la discussione sul decreto di rifinanziamento delle missioni che inizia domani in commissione Difesa», dice il sottosegretario alla Difesa, Lorenzo Forcieri, ribadendo che gli italiani non sono stati coinvolti nel raid. Analoga la dichiarazione di Andrea Papini, capogruppo del Pd in commissione Difesa, ma la discussione di domani sul decreto si annuncia movimentata, con i Verdi, il Pdci e la Sinistra Democratica che chiedono un voto separato per la missione in Afghanistan, dove «il peso delle vittime civili è sempre più insopportabile». La magistratura militare. La coincidenza è casuale, ma di vittime civili «non tutelate» ha parlato oggi anche il presidente della Corte militare d'appello, Vito Nicolò Diana, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Citando il caso dell'ambulanza di Nassiriya, fatta saltare in aria dai militari italiani e con a bordo «innocenti e inermi cittadini iracheni», Diana ha detto che «è doveroso prevedere meccanismi e congegni che consentano un'efficace ed effettiva tutela di tutte le vittime, specie quelle che non hanno voce». La legge attuale «rischia di lasciare senza effettiva tutela le vittime; coloro, cioè, che per il fatto di vivere e morire in un paese martoriato e sfortunato non sono in condizioni di far valere le loro legittime aspettative di tutela».
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Rifondazione al Pd: «Accordo tecnico al Senato» ROMA (5 febbraio) - Rifondazione comunista è disponibile, in vista delle elezioni, a un «accordo tecnico, limpido e pulito» per il Senato con il Partito democratico che ha annunciato correrà da solo. Questo, ha detto il segretario del Prc, Franco Giordano, consentirebbe di «evitare un vantaggio smodato per Berlusconi». Insomma Giordano propone «un'autodifesa dal porcellum». Dopo la rinuncia del presidente del Senato Franco Marini di formare un governo per condurre in porto la riforma elettorale, si attende intanto lo scioglimento delle Camere da parte del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Giordano sottolinea poi che «se il Pd decide di andare da solo noi non possiamo spaventarci. Vuol dire che ci sarà una novità vera: una forza unitaria a sinistra. Non si può morire tra una destra aggressiva e il neocentrismo». E per quanto riguarda la Sinistra arcobaleno che oggi riunisce le diverse anime e le possibili frizioni interne su chi candidare a premier del nuovo soggetto, Giordano ribadisce che «per noi quella di Bertinotti è naturalmente la candidatura migliore. Oggi comunque c'e un confronto unitario e ne discuteremo tutti insieme». Anche Diliberto per accordo con Pd. «Il Pdci insiste perché vi sia un ultimo tentativo di fare un accordo con il Partito democratico, sia alla Camera che al Senato, per provare ad avere maggioranza ed evitarela certezza di una vittoria di Berlusconi. E perchè gli elettori di centrosinistra sappiano che il responsabile della sconfitta sarebbe, in quel caso, Veltroni». È quanto afferma il segretari del Pdci, Oliviero Diliberto. «Restiamo contrari - ha aggiunto Diliberto - a ogni ipotesi che in nome di un astratto nuovismo, figlio diretto della cultura liquidatoria della Bolognina, snaturi la nostra alleanza. Con queste posizioni affronteremo la riunione di questo pomeriggio con spirito unitario ma senza escludere alcuna ipotesi». Chiti: accorpare politiche e amministrative. Sarà una delle prossime riunioni del Consiglio dei ministri a fissare le date delle elezioni nel caso in cui il capo dello Stato sciolga le Camere. Lo ha detto il ministro per i rapporti con il Parlamento Vannino Chiti, aggiungendo: «Amato e io siamo d'accordo: sarebbe opportuno far coincidere le elezioni politiche con le amministrative». PRATICAMENTE LA SINISTRA RIPROPONE L'ARMATA BRANCALEONE DEL 2006 IN NOME DELL'ANTIBERLUSCONISMO ANZICHE' IN NOME DEL PAESE.
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L'inflazione vola al 2,9% E' record negativo dal 2001 Roma - L’indice dei prezzi al consumo, secondo le stime provvisorie di Istat, ha registrato in gennaio un aumento su mese dello 0,4% e del 2,9% su anno (in dicembre +0,3%, +2,6%). La variazione tendenziale, spiega Istat, è la più alta da luglio 2001. Già ieri Antonio Lirosi, neo garante dei prezzi, aveva parlato di un avvio d’anno negativo per l’inflazione a causa degli incrementi tariffari. La nuova accelerazione dell’indice, spiega Istat, è dovuta a spinte inflazionistiche diffuse, dovute soprattutto al comparto alimentari ed energia. Prezzi su Il prezzo del pane, per esempio, è aumentato del 12,5% su anno, quello della pasta del 10%. I prodotti energetici regolamentati (le tariffe) segnano un incremento del 3,9% su mese e del 2,1% su anno. Le tariffe elettriche, in particolare, aumentano del 3,4% su mese e del 5,3% su anno, quelle del gas del 3,9% rispetto a dicembre e dello 0,7% in termini tendenziali. Aumento a due cifre a gennaio per i prezzi dei carburanti. Secondo le stime dell’Istat sull’inflazione del primo mese dell’anno, il prezzo della benzina verde è aumentato del 12,5% rispetto a gennaio 2007, mentre quello del gasolio è cresciuto del 15,8%. Rispetto a dicembre, invece, la benzina ha registrato un +0,5% e il gasolio un lieve calo dello 0,1%. Europa L’indice armonizzato Ue ha registrato nello stesso periodo una variazione di -0,8% su mese e +3,1% su anno (dal +0,3%, +2,8% del mese precedente). In questo caso, il tendenziale è il più elevato almeno dall’inizio delle serie storiche nel 1997.
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Ciao e benvenuto!!
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Partito democratico / della libertà
Graziani ha risposto a VittorioVeneto nella discussione Discussioni a tema
Giovanardi lascia l'Udc per il Pdl L'ex ministro si dimette assieme a Barbieri: «Aderiamo al nuovo progetto di Berlusconi» ROMA - Carlo Giovanardi rassegna le dimissioni dall'Udc: «La nostra lista dei popolari liberali aderisce al progetto di Silvio Berlusconi. Non entriamo in Forza Italia ma nel Partito del Popolo della Libertà». L'ex ministro per i Rapporti con il Parlamento nell'ultimo congresso centrista ha preso il 14%, ma fa osservare che «il 72% degli elettori dell'Udc - secondo un sondaggio di Mannheimer - è disposto ad entrare nel Pdl». «In due anni e mezzo - spiega in una conferenza stampa - abbiamo dissentito su tutta la linea. Ora vediamo che nell'Udc si torna a mettere in discussione Berlusconi e prevediamo che torneranno tutti i distinguo, le perplessità che hanno segnato» il governo del centrodestra. Per questo motivo, «proprio mentre dall'altra parte c'è la novità del Pd, noi andiamo in un partito in cui confluiranno tutti quelli che vogliono che l'Italia diventi un Paese normale». Per Giovanardi non «ha più senso un partito che abbia il 4 o il 5%. Invitiamo - aggiunge - i tantissimi amici che ci hanno seguito in questi anni a venire con noi. Con la nostra storia vogliamo essere una componente della costola del Ppe che nascerà in Italia». GLI ALTRI - L'ex ministro spiega di essere sicuro che il progetto di Berlusconi non si arenerà: «Consideriamo Berlusconi una persona seria, è evidente che ci sarà. Come graficamente si presenterà il progetto alle prossime elezioni è solo una questione tecnica». Insieme a Giovanardi esce dal partito anche un altro deputato centrista, Emerenzio Barbieri. -
BERLUSCONI: La parola al Paese, nessun patto con Veltroni "La cosa migliore per affrontare i gravi problemi dell’Italia e’ quella di dare il piu’ presto possibile al paese un governo legittimato dal voto popolare, nel pieno del suo potere. Ci auguriamo, ma crediamo che sara’ cosi’, che terminate questa consultazioni, il capo dello Stato possa indire subito le elezioni. È un’esigenza del paese avere un governo operativo che possa risolvere problemi veramente gravi". Lo ha affermato, al termine del suo colloquio con il presidente del Senato, Franco Marini, il presidente Silvio Berlusconi. "Abbiamo confermato la nostra disponibilita’ a un dialogo con l’altra parte, con le persone di buonsenso e di buona volonta’: e’ una cosa che sta nel nostro sentimento e che anche dopo le elezioni potra’ trovare conferma da cio’ che noi faremo. La persona con cui e’ piu’ facile andare d’accordo e’ il presidente Berlusconi. Sono una persona concava e convessa, a secondo dell’interlocutore che ho davanti. Con noi e’ sempre possibile trovare soluzioni di buonsenso". Uscendo da Palazzo Giustiniani, Berlusconi ha definito "plausibile" l’ipotesi che in caso di vittoria elettorale, la presidenza di un ramo del Parlamento vada all’opposizione. Quanto alla legge elettorale, rispondendo alle domande dei cronisti, Berlusconi ha spiegato: "Quella attuale ha consentito la governabilita’ alla Camera, dove il centrosinistra ha vinto per 24 mila voti. Al Senato ha avuto la maggioranza la coalizione che ha preso addirittura 250 mila voti in meno. Nessuna legge elettorale avrebbe assicurato, in quel caso, la governabilita’. Soltanto la decisione che aveva preso il centrodestra di divisione nella campagna elettorale all’estero, ha consentito al centrosinistra di avere una maggioranza di due senatori. Quindi questa legge puo’ dare ottimi risultati, e lascia anche liberta’ agli schieramenti nell’attuale situazione, che vede una distanza importante tra il centrodestra e la sinistra, una distanza che alcuni sondaggisti stimano in 10 punti, e altri addirittura in 16. Questo da’ liberta’ ai partiti piu’ importanti delle coalizioni, di decidere con chi vogliono presentarsi alleati, e immagino che se cio’ che viene detto dal leader del Pd sara’ nei fatti, di chi sottoscrive un preciso e concreto programma". Quanto alla possibilita’ di un accordo in extremis col Pd, rilanciata stamani da ’il Giornale’, Berlusconi ha ribadito: "E’ un’ipotesi che non esiste. Per quanto ci riguarda potrebbe essere un’utopia ma significherebbe che il Pd cambia veramente pelle, tutto, i contenuti, rinuncia al suo passato, fa autocritica, dicendo che vuole essere un partito socialdemocratico europeo e occidentale".
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E' assolutamente vero, la GERMANIA all'inizio della guerra stava stravincendo e mai poi mai ci si sarebbe aspettati che la situazione si ribaltasse. La Francia era capitolata insieme a mezza Europa, la Gran Bretagna era sul punto della resa e inoltre l'armata rossa era allo sbando e Mosca sembrava presa e per finire gli USA si ciondolavano nel loro isolazionismo con il Giappone in agguato.
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Si è vero la nostra Nazionale e tutto il movimento in generale del rugby stà crescendo ogni anno che passa, il nuovo tecnico sudafricano speriamo che faccia bene come ha fatto il Francese Pier Berbizier che l'anno scorso ci ha fatto vincere in casa della Scozia Si può dire che il mondo della palla ovale è radicato fortemente solo in veneto però se la nostra Nazionale conseguirà dei bei risultati credo che possa sfondare ancora di più nel cuore di tutti gli Italiani. pablo FORZA ITALIA
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Per favore in questo momento eviterei di insultare Silvio Berlusconi visto il grave lutto che lo ha colpito oggi all'ora di pranzo con la scomparsa di sua mamma Rosa!! CONDOGLIANZE
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Purtroppo Moratti ha detto una cavolata, li abbiamo perso perchè completamente rimbabiti!!! Cavolo oggi che ho giocato la schedina la Roma mi va a perdere e la Juve mi pareggia quando invece dovevano vincere
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Concordo in pieno con tutto quanto detto da vorthex sulla guerra
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Come sbagliata, PERCHE'?????????????
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Italia, una meta non basta L'Irlanda s'impone 16-11 A Croke Park gli azzurri lottano alla pari con i padroni di casa per lunghi tratti: dal 10-0, rimonta fino al -5 con la meta di Castrogiovanni. Decisivi gli errori di Bortolussi nei calci. All'esordio, gli uomini di Mallett pagano la precisione nei piazzati di O'Gara Gonzalo Canale in azione solitaria contro l'Irlanda. Ap DUBLINO (Irlanda), 2 febbraio 2008 - Gli italiani si guadagnano una birra, ma non si regalano il piacere di offrirla agli irlandesi. Mai come stavolta si poteva conquistare Dublino. Una meta loro, una meta noi. A scavare 5 punti tra il trionfo e la solita, onorevole, amara sconfitta sono stati i calci. E un'Irlanda ancora malata batte un'Italia convalescente. Gli applausi dei tifosi italiani, un festoso esodo ovale, promuovono la voglia e il coraggio, quello che Mallett aveva chiesto agli azzurri. Purtroppo voglia e coraggio non bastano. AVANTI L'IRLANDA - La nuova coppia di mediani Travagli-Masi comincia bene il match: l'apertura del Biarritz con un calcio in touche e un placcaggio duro, il mediano del Parma con un pallone recuperato in difesa. Il resto cercano di giocarlo in sicurezza. Invece l'Irlanda si affida ai calci in diagonale di O'Gara, che tagliano il campo e anche la nostra difesa. Mauro Bergamasco placca uno dopo l'altro. L'Irlanda passa con un piazzato di O'Gara al 12’, poi spreca una meta, due contro uno, con un passaggio sciagurato, ma la successiva azione è un capolavoro: O'Gara calcia ancora a seguire, il pallone è pennellato, rimbalza fra le mani di Trimble che, placcato, lo regala a Dempsey, ed è meta. Trasformata da O'Gara: 10-0 al 18'. UNO MENO, TRE PUNTI - Gli azzurri sono in difficoltà. Al 24' Canavosio, infortunato e insufficiente in difesa, è sostituito da Galon. Esce anche D'Arcy, fratturato all'ulna dopo un placcaggio fallito su Masi, sostituito da Kearney. Al 30' un momento decisivo: l'Italia guadagna un calcio, rinuncia e calcia in touche ai 5 metri, poi perde il pallone e Dellapè viene beccato mentre tira un pugno. Cartellino giallo e fuori 10'. Qui, invece di cedere, gli azzurri reagiscono, tengono il campo, e finalmente segnano 3 punti con un piazzato di Bortolussi: 10-3. MOVIOLA E META - Ripresa. Esce Sole per Zanni, rientra Dellapè, fuori 10' Easterby per falli ripetuti da terra. Al 12' Bortolussi calcia fuori un piazzato da quasi metà campo. L'Italia deve conquistare il territorio con il possesso del pallone, l'Irlanda lo tiene con la potenza e la precisione dei calci. Mallett dà ossigeno alla prima linea: fuori Lo Cicero e Ghiraldini, dentro Perugini e Festuccia. Ma è ancora O'Gara, con un piazzato, a dare 3 punti ai verdi (13-3), finché la mischia dell'Italia irrompe a valanga nell'area irlandese, 4' per decidere se sì o no, è sì, meta di Castrogiovanni (mistero svelato poi in conferenza stampa, anche se il sito ufficiale la attribuisce al capitano azzurro Parisse), ma Bortolussi non trasforma (13-8). O'GARA E BORTOLUSSI - La differenza non è tanto fra i calci tattici di O'Gara e Masi, che gioca alla mano e non al piede, ma fra i calci a punti di O'Gara e Bortolussi. Al 26’ altri 3 punti di O'Gara (16-8), stavolta pareggiati da 3 di Bortolussi (16-11). Finisce con l'Italia in attacco, alla ricerca di una vittoria solo sfiorata. GRANDISSIMO SPORT IL RUGBY VERAMENTE FANTASTICO, PECCATO CHE IN ITALIA ABBIA POCO SPAZIO!! IO COMUNQUE LO SEGUO DA PARECCHI ANNI ED OGNI ANNO CHE PASSA L'ITALIA E' SEMPRE PIU' FORTE E LA PARTITA DI IERI LO HA DIMOSTRATO PERCHE' PER CHI NON LO SAPESSE L'IRLANDA E' UNA DELLE SQUADRE PIù FORTI AL MONDO. sETTIMANA PROSSIMA SU La7 UNA BELLISSIMA PARTITA: ITALIA-INGHILTERRA
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Concordo con Venon84!!! Comunque Grillo se va va da solo e per il centrosinistra sarebbe una tragedia visto che la maggiorparte dei sostenitori del comico sono da quella parte!!
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Io non sto giustificando nessuno, ho semplicemente riportato un post che parla della storia del fascismo che comunque non è stato assolutamente sanguinario, se vuoi vedere i regimi sanguinari vai in Russia e in Cina. Io non cambio l'avatar se non me lo dicono i moderatori perciò respingo il tuo invito, piuttosto pensa che in Italia c'è ancora molta gente che sventola la bandiera con falce e martello simboli non del lavoro ma del sangue!!! Io non sono un nostalgico infatti non sono della Fiamma Tricolore o tantomeno di Forzanuova, ma però sono uno che apprezza le tante cose buone fatte da Mussolini ma sono anche uno che riconosce i grandissimi errori commessi da quest'ultimo che hanno portato l'Italia nella tragedia della Seconda guerra mondiale! Ti posso dire che anche parecchi partigiani sono stati degli assassini!!!
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IO nel post ho semplicemente fatto vedere la storia del fascismo e la sua essenza, per far capire che FASCISMO non è LEGGI RAZZIALI o GUERRA perciò è sbagliato dire che il ventennio è stato un periodo tragico per l'Italia perchè non è vero. Poi è chiaro ci sono state le leggi razziali, la guerra e la gente si è dimenticata di tutto quello che c'è stato prima!!
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Retromarcia di Montezemolo Anche Confindustria si sfila da Marini: non perdiamo tempo Margini, aperture, buchi, varchi, fessure, pertugi, orifizi. Dal punto di vista lessicale, la crisi è tutt’altro che chiusa, visto che Franco Marini vede «ancora degli spiragli» e rimanda «la valutazione conclusiva» a domani sera, quando a Palazzo Giustiniani saranno sfilati anche Fini, Berlusconi, Veltroni e gli ex capi di Stato. Ma da quello politico i giochi sembrano ormai fatti, dopo le parole di Luca di Montezemolo all’uscita delle consultazioni: «Purtroppo non ci sono le condizioni per una riforma elettorale e per un governo che possa prepararla». Marini sperava che il presidente di Confindustria gli desse una mano, associandosi al generale appello a Silvio Berlusconi a cambiare la legge elettorale prima di votare. In questa maniera il centrosinistra puntava a raggiungere almeno l’obiettivo minimo, dimostrare che è il Cavaliere a rompere il dialogo a dispetto di tutti, pure di sindacati e imprenditori. Invece Montezemolo non offre sponde. «Apprezza» gli sforzi dell’esploratore, prende atto «dei tempi strettissimi che si è dato» e chiarisce che in caso di mancato accordo è inutile indugiare: «Se non si trovano le condizioni per lunedì o martedì, e noi crediamo che non ci siano, non perdiamo tempo. La classe politica italiana ha dato un pessimo esempio. Siamo preoccupati, perché da troppi anni nel nostro Paese c’è incapacità di governare e di decidere e c’è una frammentazione incredibile». Servirebbe una semplificazione: «Credo che sia impossibile trovare un altro Stato al mondo che ha quaranta forze politiche rappresentate. Chiediamo da mesi un nuovo sistema elettorale ma in questo periodo i partiti non sono stati in grado di accordarsi su tre semplici cose. Dare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, ridurre il numero dei partiti, garantire la governabilità». Da Montezemolo dunque una secchiata gelata sul tentativo di Marini. Il presidente di Confindustria invita già a pensare al dopo. «Auspichiamo fin d’ora che, chiunque vincerà le elezioni, si guardi alla prossima legislatura come costituente». Per il futuro le priorità «sono la crescita e la stabilità», visti anche i venti di crisi previsti per l’economia, che «vivrà una situazione molto complicata» e richiederà «una classe politica responsabile e in grado di fare delle scelte». Sulla stessa linea Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio. «Se le condizioni per fare in breve tempo una riforma elettorale ci sono, bene. Ma se non ci sono, e mi pare oggettivamente che i margini siano ristrettissimi, si vada alle elezioni anticipate». Di tutt’altro avviso i leader sindacali. Per Guglielmo Epifani «occorre andare alle urne con una legge elettorale più rispettosa». E cita i motivi per i quali sarebbe meglio tenere in vita il Parlamento: «L’Italia ha problemi che non possono aspettare, come i redditi di lavoratori e pensionati, i decreti attuativi delle leggi approvate e i sei decreti delegati che decadrebbero in caso di scioglimento». Quanto alla Cisl, dice Raffaele Bonanni, «noi sosteniamo l’iniziativa di Marini perché il nuovo governo non deve occuparsi solo del sistema elettorale ma anche dei temi economici». E per Luigi Angeletti «la vera esigenza è ridurre le tasse sui salari, serve un esecutivo che compia questo primo atto e che poi si occupi di correggere questo bipolarismo malato». Marini si prepara a una domenica di decantazione. Pessimista, dopo le parole di Montezemolo? Niente affatto, giura, «tutti hanno concordato sulla necessità di una riforma elettorale». E poi dal presidente degli industriali «non è arrivata nessuna chiusura, ha espresso una posizione in linea con le altre organizzazioni». Conclusione: «La situazione complessiva ce l’avrò lunedì. C’è il weekend di mezzo, voi potrete divertirvi e io riflettere».
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STORIA Le vicende del Fascismo italiano sono strettamente connesse con gli eventi storici che coinvolsero il paese nel periodo intercorrente fra le due grandi guerre mondiali. La data di nascita ufficiale del Fascismo è ormai da tutti riconosciuta nel 23 marzo 1919, quando Benito Mussolini, durante una riunione tenuta nella sala del circolo degli interessi industriali e commerciali in piazza S. Sepolcro a Milano (onde poi i pochi presenti furono insigniti del titolo di “sansepolcristi”), annunciò ai suoi seguaci e simpatizzanti la costituzione dei Fasci italiani di combattimento. Sotto questa battagliera impostazione, Mussolini intendeva dar vita ad un movimento più che ad un partito (creato infatti soltanto il 7 novembre 1921), avente lo scopo di valorizzare con l'azione il contributo offerto dall'Italia alla vittoria degli Alleati e di porre ordine nell'assetto statale della nazione che, se pure uscita vittoriosa dalla Guerra, ne risentiva le gravose conseguenze, esasperate dal disaccordo dei vari partiti politici. Si trattava però, di un programma piuttosto vago e generico, in quanto, come vedremo in seguito, solo assai più tardi si passò ad una vera e propria elaborazione della teoria del Fascismo. Basta infatti accennare che il movimento si sperdeva in molte affermazioni anche contrastanti fra loro, oscillando tra il repubblicanesimo e la tolle¬ranza monarchica, tra un sindacalismo che non tradiva le origini socialiste mussoliniane e la difesa degli interessi borghesi e capitalistici, dai cui ceti il Fascismo fu indubbia¬mente e notevolmente aiutato, tra un dichiarato anticlericalismo da un lato e un prolungato intento di difesa delle tradizioni cattoliche dall'altro. Nello stesso anno 1919 il movimento fascista fece il suo primo tentativo elettorale, ma ne riportò una clamorosa sconfitta, di fronte alle pur sempre valide forze liberali, socialiste e del giovane ma agguerrito Partito popolare. La prevalenza di questi partiti fu però effi¬mera: lo stato liberale-giolittiano, ancorato su posizioni nettamente superate dalla naturale evoluzione dei tempi, andava infatti disgregandosi logorato dalle polemiche interne e dalla mancanza di quel prestigio e di quella autorità necessarie a tener testa ad un delicato periodo di crisi economica e sociale quale era quello del dopoguerra. E' dunque spiegabile come, in quel momento, il Fascismo, con le sue demagogiche promesse facenti leva sul sentimento romantico di una resurrezione patriottica, potesse acqui¬starsi una certa simpatia e nei ceti sostenitori dello stato ordinario e legalitario e nei gruppi agrari e industriali, che vedevano in un indirizzo autoritario la migliore difesa dei loro interessi, minacciati soprattutto dalle correnti ugualitarie e livellatrici marxi¬ste e specialmente dalle rivoluzioni comuniste. Ebbe cosi inizio un periodo partico¬larmente triste per il paese, durante il quale il Fascismo — che aveva ben compreso la possibilità di superare con pochi elementi decisi (gli squadristi, che si fregiavano di nere insegne ornate di teschi) i molti raziocinanti avversari dei partiti — passò ad una azione intimidatrice di violenza e costrizioni, quasi sempre incoraggiate dall'incer¬tezza e dalla tolleranza dell'autorità costituita, anche con manifestazioni particolar¬mente disgustose come quelle delle abbondanti «manganellature» e delle sommini¬strazioni di olio di ricino. Si arrivava in tal modo al paradosso di un movimento che, propugnatore della legalità, cercava di aprirsi la strada del potere servendosi della più evidente illegalità, e creando un doloroso disordine mentre si prefiggeva di “norma¬lizzare” la situazione. Sarebbe assurdo negare che, ciò nonostante, il Fascismo non abbia raccolto un certo seguito, mentre gli oppositori, se pure dignitosi, non potevano in verità suscitare molte simpatie, per crescente dimostrazione di una impotente debo¬lezza tale da rasentare l'inettitudine. I partiti marxisti, che avrebbero potuto costitui¬re un ostacolo difficile per il Fascismo, dispersi da troppe scissioni in altrettante correnti sempre in urto tra di loro, furono quelli più violentemente colpiti, cosicché, elimina¬ta la loro concorrenza, il nuovo movimento, per di più organizzato quasi militarmen¬te colse l'occasione, e promosse la nota marcia su Roma delle colonne fasciste (28 ottobre 1922). Mentre gli avversari peccavano ancora una volta di indifferenza e di incredulità nelle conseguenze dell'avventura, la marcia ebbe il potere di impressiona¬re fortemente la monarchia e gli uomini più eminenti dello stato. Infatti, re Vittorio Emanuele III, rifiutando la proposta del capo del governo Facta di proclamare lo stato d'assedio, per il timore di una deprecata guerra civile, nella speranza effettiva di migliorare la situazione, ed a seguito del rifiuto degli esponenti delle diverse correnti politiche di assumere il mandato governativo, chiamò al Quirinale Mussolini, giunto a Roma con i «quadrumviri» Bianchi, De Bono, Balbo e De Vecchi, e gli offerse l'incarico di formare il gabinetto. L'ordine tanto auspicato non si verificò: per parec¬chio tempo i contrasti di piazza angustiarono il paese, anche perché l'appoggio gover¬nativo all'azione delle squadre fasciste non poteva che inasprire le opposizioni, or¬mai presaghe di quella che tra poco sarebbe stata la loro completa soffocazione. In questo clima vennero indette le elezioni politiche del 1924, con il preordinato scopo di rendere legale lo stato di cose che certo imbarazzava gli stessi esponenti fascisti. Si introdusse uno speciale sistema elettorale basato sul «premio di maggioranza», capa¬ce di dare praticamente tutto il Parlamento in mano alla lista che avesse ottenuto una maggioranza relativa; maggioranza relativa che infatti il Partito nazionale fascista (PNF) ottenne, impostando la sua campagna elettorale sulla intimidazione e sulla violenza. Si formò così un Parlamento che non rispecchiava affatto le forze politiche italiane; tuttavia le opposizioni parlamentari, sia pure sparute e non bene organizza¬te, dimostrarono in quella occasione un alto spirito battagliero. Tra i più tenaci oppositori si rivelò subito il deputato socialista Giacomo Matteotti, il quale, mentre si riprometteva di documentare in piena Camera i soprusi e le soperchierie mediante i quali il Fascismo aveva raggiunto il successo, venne rapito da sicari fascisti e barbaramente assassinato nei pressi di Roma. Il martirio di Matteotti, uomo di alta statura morale e di indiscussa probità politica, coincise con il momento di crisi del Fascismo, che, aspramente attaccato per la responsabilità del crimine, personalmente attribuita allo stesso Mus¬solini, rasentò l'orlo della caduta, anche per l'indignazione suscitata nel paese da tale misfatto. Sennonché, ancora una volta le opposizioni commisero l'errore di agire sul piano simbolico anziché sul piano concreto, e, rifiutandosi di mettere piede nella Camera fascista, si ritirarono dall'attività parlamentare, dando luogo alla secessione: detta dell'Aventino (giugno 1924), dal nome del colle romano che aveva visto la secessione dei plebei. Questa ritirata rimase fine a se stessa, senza alcun seguito pratico, invano sperato ed atteso da parte della stessa monarchia. Mussolini, assai più tempista e sicuro di sé, ebbe pertanto il tempo di sollevarsi dallo stato di disagio in cui era venuto a trovarsi e riprese l'iniziativa, presentandosi il 3gennaio 1925 alla Camera per dichiarare di assumersi tutta la responsabilità politica, morale e storica di quanto era accaduto e annunciare in termini draconiani le sue contromisure, consistenti in una serie di provvedimenti che sopprimevano in Italia ogni forma di libertà e rendevano impossibile ogni opposizione che non fosse soltanto clandestina. Il naufragio degli aventiniani trovava conferma l'anno successivo con la legge che dichiarava decaduti dal mandato i deputati che dal giugno 1924 si erano astenuti dal partecipare ai lavori parlamentari. Da allora, il Fascismo rimase padrone del campo e sop¬presse le fondamentali guarentigie costituzionali (libertà di stampa, di riunione, associazione, ecc.), mirò a consolidare la sua forza, basandosi soprattutto, da un lato, su di una efficiente organizzazione poliziesca, e dall'altro, su una crescente propaganda di valorizzazione nazionale, ricca di suggestioni derivate dall'antico prestigio della romanità. Inoltre, dal punto di vista economico, giocando sulla blandizia verso le classi operaie e allo stesso tempo seguendo una politica protezionistica verso i maggiori industriali, lanciò il postulato della indispensabilità della autosufficienza economica dell'Italia, la cosiddetta «autarchia», al fine di sottrarsi ad ogni eventuale vassallaggio straniero. In realtà, questa politica sempre più esaltatrice di un amor patrio inteso più che altro come superiorità della nostra nazione sulle altre, unitamente alla campagna per l'incremento demografico e alla volontà di potenza, non tendeva che a dare dimostrazioni bellicose di una forza esistente più sulla carta che nei fatti, come per esempio nel campo militare. D'altra parte, alcune ammissioni fatte da alcune delle stesse grandi potenze, ingenerarono in Mussolini e in molti Italiani l'illusoria opinione di essere veramente più forti di quanto non fossero e sfortunatamente anche uomini saggi e consapevoli non osarono in quei tempi, se non in casi eccezionali e comunque timidamente, ammonire sul pericolo in cui il Fascismo stava gettando l'Italia. Per non dire della criminale ipocrisia di coloro che, mentre a parole esaltavano il regime, lo andavano sabotando nella speranza di liberarsi con poca fatica di un sistema ormai alquanto imbarazzante per loro. Così, quando Mussolini concepì l'impresa di conquistare all'Italia il famoso «posto al sole» con la vittoriosa, per quanto piena di sacrifici, campagna d'Etiopia (3ottobre 1935- 9maggio l936) – il coro delle lodi sali alle stelle, esasperando l'utopia imperiale dell'Italia, la quale in effetti, non aveva trovato altra opposizione all'infuori delle sterili deplorazioni della Società delle nazioni. Malgrado tutto, fu questo il periodo migliore del Fascismo: la stessa oppressione poliziesca e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato davano segni di rilassamento, e il popolo italiano, disavvezzandosi gradatamente alla democrazia poteva sperare in tempi piuttosto tranquilli. Sennonché Mussolini, non soddisfatto dei successi conseguiti, entrò nell'orbita della Germania di Hitler, tesa alla conquista dell'Europa. Sopravvalutazione della propria forza e sopravvalutazione della forza germanica: ecco il fatale errore del Fascismo che, dal momento dell'entrata in guerra dell'Italia (10 giugno 1940) inizia la sua parabola discendente. La guerra infatti mostrò subito le deficienze di un regime composto da illusi, da arrivisti e da inesperti consi¬glieri, destinato pertanto alla rovina, malgrado le pagine eroiche ancora una volta scritte dai soldati italiani, spinti al combattimento sui vari fronti di guerra in condi¬zioni di spaventevole inferiorità in mezzi e materiali. Mentre la monarchia tentava di sganciarsi dal Fascismo, subito dopo lo sbarco degli Anglo-Americani in Sicilia, Mussolini cadeva nella storica seduta del Gran consiglio del 24-25 luglio 1943, per opera dei suoi stessi collaboratori, che gli negavano la fiducia. Di qui il suo arresto da parte della monarchia e lo scioglimento del partito da parte del governo Badoglio. E questa può essere veramente considerata la data di morte del Fascismo mussoliniano, in quanto la triste appendic¬e del Partito fascista repubblicano, creatosi nell'Italia del Nord durante l'occupazione tedesca, non fu che un sanguinoso fantasma, alimentato dal feroce ex alleato, che si agitò nel periodo doloroso della guerra civile (settembre 1943- aprile 1945), periodo che conobbe il sacrificio di tante vite e gli strazi e le sofferenze della popolazione civile, e culminato infine nella fucilazione di Mussolini (28 aprile 1945). >su IDEE FONDAMENTALI I Come ogni salda concezione politica, il fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente una dottrina, e dottrina che, sorgendo da un dato sistema di forze storiche, vi resta inserita e vi opera dal di dentro. Ha quindi una forma correlativa alle contingenze di luogo e di tempo, ma ha insieme un contenuto ideale che la eleva a formula di verità nella storia superiore del pensiero. Non si agisce spiritualmente nel mondo come volontà umana dominatrice di volontà senza un concetto della realtà transeunte e particolare su cui bisogna agire, e della realtà permanente e universale in cui la prima ha il suo essere e la sua vita. Per conoscere gli uomini bisogna conoscere l'uomo; e per conoscere l'uomo bisogna conoscere la realtà e le sue leggi. Non c'è concetto dello stato che non sia fondamentalmente concetto della vita: filosofia o intuizione, sistema di idee che si svolge in una costruzione logica o si raccoglie in una visione o in una fede, ma è sempre, almeno virtualmente, una concezione organica del mondo. II Così il fascismo non si intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione, come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di concepire la vita. Modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l'individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo. Dunque concezione spiritualistica, sorta anche essa dalla generale reazione del secolo contro il fiacco e materialistico positivismo dell'Ottocento. Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in generale le dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell'uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. Il fascismo vuole l'uomo attivo e impegnato nell'azione con tutte le sue energie: lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità. Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme - arte, religione, scienza - e l'importanza grandissima dell'educazione. Quindi anche il valore essenziale del lavoro, con cui l'uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale). IV Questa concezione positiva della vita è evidentemente una concezione etica. E investe tutta la realtà, nonché l'attività umana che la signoreggia. Nessuna azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita «comoda». V Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero. VI Il fascismo è una concezione storica, nella quale l'uomo non è quello che è se non in funzione del processo spirituale a cui concorre, nel gruppo familiare e sociale, nella nazione e nella storia, a cui tutte le nazioni collaborano. Donde il gran valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale. Fuori della storia 1'uomo è nulla. Perciò il fascismo è contro tutte le astrazioni individualistiche, a base materialistica, tipo sec. XVIII; ed è contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine. Esso non crede possibile la «felicità» sulla terra come fu nel desiderio della letteratura economicistica del `700, e quindi respinge tutte le concezioni teleologiche per cui a un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione definitiva del genere umano. Questo significa mettersi fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire. Il fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica; praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria soluzione. Per agire tra gli uomini, come nella natura, bisogna entrare nel processo della realtà e impadronirsi delle forze in atto. VII Antiindividualistica, la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l'individuo in quanto esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell'uomo nella sua esistenza storica. E' contro il liberalismo classico, che sorse dal bisogno di reagire all'assolutismo e ha esaurito la sua funzione storica da quando lo Stato si è trasformato nella stessa coscienza e volontà popolare. Il liberalismo negava lo Stato nell'interesse dell'individuo particolare; il fascismo riafferma lo Stato come la realtà vera dell'individuo. E se la libertà dev'essere l'attributo dell'uomo reale, e non di quell'astratto fantoccio a cui pensava il liberalismo individualistico, il fascismo è per la libertà. E' per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello Stato e dell'individuo nello Stato. Giacché, per il fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato. In tal senso il fascismo è totalitario, e lo Stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo. VIII Né individui fuori dello Stato, né gruppi (partiti politici, associazioni, sindacati, classi). Perciò il fascismo è contro il socialismo che irrigidisce il movimento storico nella lotta di classe e ignora l'unità statale che le classi fonde in una sola realtà economica e morale; e analogamente, è contro il sindacalismo classista. Ma nell'orbita dello Stato ordinatore, le reali esigenze da cui trasse origine il movimento socialista e sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel sistema corporativo degli interessi conciliati nell'unità dello Stato. IX Gli individui sono classi secondo le categorie degli interessi; sono sindacati secondo le differenziate attività economiche cointeressate; ma sono prima di tutto e soprattutto Stato. Il quale non è numero, come somma d'individui formanti la maggioranza di un popolo. E perciò il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito, come dev'essere, qualitativamente e non quantitativamente, come l'idea più potente perché più morale, più coerente, più vera, che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e volontà di tutti. Di tutti coloro che dalla natura e dalla storia, etnicamente, traggono ragione di formare una nazione, avviati sopra la stessa linea di sviluppo e formazione spirituale, come una coscienza e una volontà sola. Non razza, nè regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un'idea, che è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità. X Questa personalità superiore è bensì nazione in quanto è Stato. Non è la nazione a generare lo Stato, secondo il vieto concetto naturalistico che servì di base alla pubblicistica degli Stati nazionali nel secolo XIX. Anzi la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un'effettiva esistenza. Il diritto di una nazione all'indipendenza deriva non da una letteraria e ideale coscienza del proprio essere, e tanto meno da una situazione di fatto più o meno inconsapevole e inerte, ma da una coscienza attiva, da una volontà politica in atto e disposta a dimostrare il proprio diritto: cioè, da una sorta di Stato già in fieri . Lo Stato infatti, come volontà etica universale, è creatore del diritto. XI La nazione come Stato è una realtà etica che esiste e vive in quanto si sviluppa. Il suo arresto è la sua morte. Perciò lo Stato non solo è autorità che governa e dà forma di legge e valore di vita spirituale alle volontà individuali, ma è anche potenza che fa valere la sua volontà all'esterno, facendola riconoscere e rispettare, ossia dimostrandone col fatto l'universalità in tutte le determinazioni necessarie del suo svolgimento. E perciò organizzazione ed espansione, almeno virtuale. Cosi può adeguarsi alla natura dell'umana volontà, che nel suo sviluppo non conosce barriere, e che si realizza provando la propria infinità. XII Lo Stato fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell'uomo. Non si può quindi limitare a semplici funzioni di ordine e tutela, come voleva il liberalismo. Non è un semplice meccanismo che limiti la sfera delle presunte libertà individuali. È forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la volontà come l'intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale dell'umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore dell'uomo d'azione come del pensatore, dell'artista come dello scienziato: anima dell'anima. XIII Il fascismo insomma non è soltanto datore di leggi e fondatore d'istituti, ma educatore e promotore di vita spirituale. Vuoi rifare non le forme della vita umana, ma il contenuto, l'uomo, il carattere, la fede. E a questo fine vuole disciplina, e autorità che scenda addentro negli spiriti, e vi domini incontrastata. La sua insegna perciò è il fascio littorio, simbolo dell'unità, della forza e della giustizia. >su DOTTRINA POLITICA E SOCIALE I Quando, nell'ormai lontano marzo del 1919, dalle colonne del Popolo d'Italia io convocai a Milano i superstiti interventisti-intervenuti, che mi avevano seguito sin dalla costituzione dei Fasci d'azione rivoluzionaria - avvenuta nel gennaio del 1915 -, non c'era nessuno specifico piano dottrinale nel mio spirito. Di una sola dottrina io recavo l'esperienza vissuta: quella del socialismo dal 1903-04 sino all'inverno del 1914: circa un decennio. Esperienza di gregario e di capo, ma non esperienza dottrinale. La mia dottrina, anche in quel periodo, era stata la dottrina dell'azione. Una dottrina univoca, universalmente accettata, del socialismo non esisteva più sin dal 1905, quando cominciò in Germania il movimento revisionista facente capo al Bernstein e per contro si formò, nell'altalena delle tendenze, un movimento di sinistra rivoluzionario, che in Italia non uscì mai dal campo delle frasi, mentre, nel socialismo russo, fu il preludio del bolscevismo. Riformismo, rivoluzionarismo, centrismo, di questa terminologia anche gli echi sono spenti, mentre nel grande fiume del fascismo troverete i filoni che si dipartirono dal Sorel, dal Lagardelle del Mouvement Socialiste , dal Péguy, e dalla coorte dei sindacalisti italiani, che tra il 1904 e il 1914 portarono una nota di novità nell'ambiente socialistico italiano, già svirilizzato e cloroformizzato dalla fornicazione giolittiana, con le Pagine libere di Olivetti, La Lupa di Orano, il Divenire sociale di Enrico Leone. Nel 1919, finita la guerra, il socialismo era già morto come dottrina: esisteva solo come rancore, aveva ancora una sola possibilità, specialmente in Italia, la rappresaglia contro coloro che avevano voluto la guerra e che dovevano «espiarla». Il Popolo d'Italia recava nel sottotitolo «quotidiano dei combattenti e dei produttori». La parola «produttori» era già l'espressione di un indirizzo mentale. Il fascismo non fu tenuto a balia da una dottrina elaborata in precedenza, a tavolino: nacque da un bisogno di azione e fu azione; non fu partito, ma, nei primi due anni, antipartito e movimento. Il nome che io diedi all'organizzazione, ne fissava i caratteri. Eppure chi rilegga, nei fogli oramai gualciti dell'epoca, il resoconto dell'adunata costitutiva dei Fasci italiani di combattimento, non troverà una dottrina, ma una serie di spunti, di anticipazioni, di accenni, che, liberati dall'inevitabile ganga delle contingenze, dovevano poi, dopo alcuni anni, svilupparsi in una serie di posizioni dottrinali, che facevano del fascismo una dottrina politica a sé stante, in confronto di tutte le altre e passate e contemporanee.«Se la borghesia, dicevo allora, crede di trovare in noi dei parafulmini si inganna. Noi dobbiamo andare incontro al lavoro... Vogliamo abituare le classi operaie alla capacità direttiva, anche per convincerle che non è facile mandare avanti una industria o un commercio... Combatteremo il retroguardismo tecnico e spirituale... Aperta la successione del regime noi non dobbiamo essere degli imbelli. Dobbiamo correre; se il regime sarà superato saremo noi che dovremo occupare il suo posto. Il diritto di successione ci viene perché spingemmo il paese alla guerra e lo conducemmo alla vittoria. L'attuale rappresentanza politica non ci può bastare, vogliamo una rappresentanza diretta dei singoli interessi... Si potrebbe dire contro questo programma che si ritorna alle corporazioni. Non importa!... Vorrei perciò che l'assemblea accettasse le rivendicazioni del sindacalismo nazionale dal punto di vista economico»... Non è singolare che sin dalla prima giornata di Piazza San Sepolcro risuoni la parola «corporazione» che doveva, nel corso della Rivoluzione, significare una delle creazioni legislative e sociali alla base del regime? II Gli anni che precedettero la marcia su Roma, furono anni durante i quali le necessità dell'azione non tollerarono indagini o complete elaborazioni dottrinali. Si battagliava nelle città e nei villaggi. Si discuteva, ma - quel ch'è più sacro e importante - si moriva. Si sapeva morire. La dottrina - bell'e formata, con divisione di capitoli e paragrafi e contorno di elucubrazioni - poteva mancare; ma c'era a sostituirla qualche cosa di più decisivo: la fede. Purtuttavia, a chi rimemori sulla scorta dei libri, degli articoli, dei voti dei congressi, dei discorsi maggiori e minori, chi sappia indagare e scegliere, troverà che i fondamenti della dottrina furono gettati mentre infuriava la battaglia. È precisamente in quegli anni, che anche il pensiero fascista si arma, si raffina, procede verso una sua organizzazione. I problemi dell'individuo e dello Stato; i problemi dell'autorità e della libertà; i problemi politici e sociali e quelli più specificatamente nazionali; la lotta contro le dottrine liberali, democratiche, socialistiche, massoniche, popolaresche fu condotta contemporaneamente alle «spedizioni punitive». Ma poiché mancò il «sistema» si negò dagli avversari in malafede al fascismo ogni capacità di dottrina, mentre la dottrina veniva sorgendo, sia pure tumultuosamente dapprima sotto l'aspetto di una negazione violenta e dogmatica come accade di tutte le idee che esordiscono, poi sotto l'aspetto positivo di una costruzione che trovava, successivamente negli anni 1926, `27 e `28, la sua realizzazione nelle leggi e negli istituti del regime. Il fascismo è oggi nettamente individuato non solo come regime ma come dottrina. Questa parola va interpretata nel senso che oggi il fascismo esercitando la sua critica su se stesso e sugli altri, ha un suo proprio inconfondibile punto di vista, di riferimento - e quindi di direzione - dinnanzi a tutti i problemi che angustiano, nelle cose o nelle intelligenze, i popoli del mondo. III Anzitutto il fascismo, per quanto riguarda, in generale, l'avvenire e lo sviluppo dell'umanità, e a parte ogni considerazione di politica attuale, non crede alla possibilità né all'utilità della pace perpetua. Respinge quindi il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta e una viltà - di fronte al sacrificio. Solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le energie umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla. Tutte le altre prove sono dei sostituti, che non pongono mai l'uomo di fronte a se stesso, nell'alternativa della vita e della morte. Una dottrina, quindi, che parta dal postulato pregiudiziale della pace, è estranea al fascismo cosi come estranee allo spirito del fascismo, anche se accettate per quel tanto di utilità che possano avere in determinate situazioni politiche, sono tutte le costruzioni internazionalistiche e societarie, le quali, come la storia dimostra, si possono disperdere al vento quando elementi sentimentali, ideali e pratici muovono a tempesta il cuore dei popoli. Questo spirito anti-pacifista, il fascismo lo trasporta anche nella vita degli individui. L'orgoglioso motto squadrista «me ne frego», scritto sulle bende di una ferita, è un atto di filosofia non soltanto stoica, è il sunto di una dottrina non soltanto politica: è l'educazione al combattimento, l'accettazione dei rischi che esso comporta; è un nuovo stile di vita italiano. Così il fascista accetta, ama la vita, ignora e ritiene vile il suicidio; comprende la vita come dovere, elevazione, conquista: la vita che deve essere alta e piena: vissuta per se, ma soprattutto per gli altri, vicini e lontani, presenti e futuri. IV La politica «demografica» del regime è la conseguenza di queste premesse. Anche il fascista ama infatti il suo prossimo, ma questo «prossimo» non è per lui un concetto vago e inafferrabile: l'amore per il prossimo non impedisce le necessarie educatrici severità, e ancora meno le differenziazioni e le distanze. Il fascismo respinge gli abbracciamenti universali e, pur vivendo nella comunità dei popoli civili, li guarda vigilante e diffidente negli occhi, li segue nei loro stati d'animo e nella trasformazione dei loro interessi né si lascia ingannare da apparenze mutevoli e fallaci. V Una siffatta concezione della vita porta il fascismo a essere la negazione recisa di quella dottrina che costituì la base del socialismo cosiddetto scientifico o marxiano: la dottrina del materialismo storico secondo il quale la storia delle civiltà umane si spiegherebbe soltanto con la lotta d'interessi fra i diversi gruppi sociali e col cambiamento dei mezzi e strumenti di produzione. Che le vicende dell'economia - scoperte di materie prime, nuovi metodi di lavoro, invenzioni scientifiche - abbiano una loro importanza, nessuno nega; ma che esse bastino a spiegare la storia umana escludendone tutti gli altri fattori, è assurdo: il fascismo crede ancora e sempre nella santità e nell'eroismo, cioè in atti nei quali nessun motivo economico - lontano o vicino - agisce. Negato il materialismo storico, per cui gli uomini non sarebbero che comparse della storia, che appaiono e scompaiono alla superficie dei flutti, mentre nel profondo si agitano e lavorano le vere forze direttrici, è negata anche la lotta di classe, immutabile e irreparabile, che di questa concezione economicistica della storia è la naturale figliazione, e soprattutto è negato che la lotta di classe sia l'agente preponderante delle trasformazioni sociali. Colpito il socialismo in questi due capisaldi della sua dottrina, di esso non resta allora che l'aspirazione sentimentale - antica come l'umanità - a una convivenza sociale nella quale siano alleviate le sofferenze e i dolori della più umile gente. Ma qui il fascismo respinge il concetto di «felicità» economica, che si realizzerebbe socialisticamente e quasi automaticamente a un dato momento dell'evoluzione dell'economia, con l'assicurare a tutti il massimo di benessere. Il fascismo nega il concetto materialistico di «felicità» come possibile e lo abbandona agli economisti della prima metà del `700; nega cioè l'equazione benessere=felicità che convertirebbe gli uomini in animali di una cosa sola pensosi: quella di essere pasciuti e ingrassati, ridotti, quindi, alla pura e semplice vita vegetativa. VI Dopo il socialismo, il fascismo batte in breccia tutto il complesso delle ideologie democratiche e le respinge, sia nelle loro premesse teoriche, sia nelle loro applicazioni o strumentazioni pratiche. Il fascismo nega che il numero, per il semplice fatto di essere numero, possa dirigere le società umane; nega che questo numero possa governare attraverso una consultazione periodica; afferma la disuguaglianza irrimediabile e feconda e benefica degli uomini che non si possono livellare attraverso un fatto meccanico ed estrinseco com'è il suffragio universale. Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze talora irresponsabili e segrete. La democrazia è un regime senza re, ma con moltissimi re talora più esclusivi, tirannici e rovinosi che un solo re che sia tiranno. Questo spiega perché il fascismo, pur avendo prima del 1922 - per ragioni di contingenza - assunto un atteggiamento di tendenzialità repubblicana, vi rinunciò prima della marcia su Roma, convinto che la questione delle forme politiche di uno Stato non è, oggi, preminente e che studiando nel campionario delle monarchie passate e presenti, delle repubbliche passate e presenti, risulta che monarchia e repubblica non sono da giudicare sotto la specie dell'eternità, ma rappresentano forme nelle quali si estrinseca l'evoluzione politica, la storia, la tradizione, la psicologia di un determinato paese. Ora il fascismo supera l'antitesi monarchia-repubblica sulla quale si attardò il democraticismo, caricando la prima di tutte le insufficienze, e apologizzando l'ultima come regime di perfezione. Ora s'è visto che ci sono repubbliche intimamente reazionarie o assolutistiche, e monarchie che accolgono le più ardite esperienze politiche e sociali. VII «La ragione, la scienza - diceva Renan, che ebbe delle illuminazioni prefasciste, in una delle sue Meditazioni filosofiche - sono dei prodotti dell'umanità, ma volere la ragione direttamente per il popolo e attraverso il popolo è una chimera. Non è necessario per l'esistenza della ragione che tutto il mondo la conosca. In ogni caso se tale iniziazione dovesse farsi non si farebbe attraverso la bassa democrazia, che sembra dover condurre all'estinzione di ogni cultura difficile, e di ogni più alta disciplina. Il principio che la società esiste solo per il benessere e la libertà degli individui che la compongono non sembra essere conforme ai piani della natura, piani nei quali la specie sola è presa in considerazione e l'individuo sembra sacrificato. E' da fortemente temere che l'ultima parola della democrazia così intesa (mi affretto a dire che si può intendere anche diversamente) non sia uno stato sociale nel quale una massa degenerata non avrebbe altra preoccupazione che godere i piaceri ignobili dell'uomo volgare». Fin qui Renan. Il fascismo respinge nella democrazia l'assurda menzogna convenzionale dell'egualitarismo politico e l'abito dell'irresponsabilità collettiva e il mito della felicità e del progresso indefinito. Ma, se la democrazia può essere diversamente intesa, cioè se democrazia significa non respingere il popolo ai margini dello Stato, il fascismo poté da chi scrive essere definito una «democrazia organizzata, centralizzata, autoritaria». VIII Di fronte alle dottrine liberali, il fascismo e in atteggiamento di assoluta opposizione, e nel campo della politica e in quello dell'economia. Non bisogna esagerare - a scopi semplicemente di polemica attuale - l'importanza del liberalismo nel secolo scorso, e fare di quella che fu una delle numerose dottrine sbocciate in quel secolo, una religione dell'umanità per tutti i tempi presenti e futuri. Il liberalismo non fiorì che per un quindicennio. Nacque nel 1830 come reazione alla Santa Alleanza che voleva respingere l'Europa al pre-'89, ed ebbe il suo anno di splendore nel 1848 quando anche Pio IX fu liberale. Subito dopo cominciò la decadenza. Se il `48 fu un anno di luce e di poesia, il `49 fu un anno di tenebre e di tragedia. La repubblica di Roma fu uccisa da un'altra repubblica, quella di Francia. Nello stesso anno, Marx lanciava il vangelo della religione del socialismo, col famoso Manifesto dei comunisti. Nel 1851 Napoleone III fa il suo illiberale colpo di Stato e regna sulla Francia fino al 1870, quando fu rovesciato da un moto di popolo, ma in seguito a una disfatta militare fra le più grandi che conti la storia. Il vittorioso è Bismarck, il quale non seppe mai dove stesse di casa la religione della libertà e di quali profeti si servisse. E' sintomatico che un popolo di alta civiltà, come il popolo tedesco, abbia ignorato in pieno, per tutto il sec. XIX, la religione della libertà. Non c'è che una parentesi. Rappresentata da quello che è stato chiamato il «ridicolo parlamento di Francoforte», che durò una stagione. La Germania ha raggiunto la sua unità nazionale al di fuori del liberalismo, contro il liberalismo, dottrina che sembra estranea all'anima tedesca, anima essenzialmente monarchica, mentre il liberalismo è l'anticamera storica e logica dell'anarchia. Le tappe dell'unità tedesca sono le tre guerre del `64, `66, `70, guidate da «liberali» come Moltke e Bismarck. Quanto all'unità italiana, il liberalismo vi ha avuto una parte assolutamente inferiore all'apporto dato da Mazzini e da Garibaldi che liberali non furono. Senza l'intervento dell'illiberale Napoleone, non avremmo avuto la Lombardia, e senza l'aiuto dell'illiberale Bismarck a Sadowa e a Sedan, molto probabilmente non avremmo avuto, nel `66, la Venezia; e nel 1870 non saremmo entrati a Roma. Dal 1870 al 1915, corre il periodo nel quale gli stessi sacerdoti del nuovo credo accusano il crepuscolo della loro religione: battuta in breccia dal decadentismo nella letteratura, dall'attivismo nella pratica. Attivismo: cioè nazionalismo, futurismo, fascismo. Il secolo «liberale» dopo aver accumulato un'infinità di nodi gordiani, cerca di scioglierli con l'ecatombe della guerra mondiale. Mai nessuna religione impose così immane sacrificio. Gli dei del liberalismo avevano sete di sangue? Ora il liberalismo sta per chiudere le porte dei suoi templi deserti perché i popoli sentono che il suo agnosticismo nell'economia, il suo indifferentismo nella politica e nella morale condurrebbe, come ha condotto, a sicura rovina gli Stati. Si spiega con ciò che tutte le esperienze politiche del mondo contemporaneo sono antiliberali ed è supremamente ridicolo volerle perciò classificare fuori della storia; come se la storia fosse una bandita di caccia riservata al liberalismo e ai suoi professori, come se il liberalismo fosse la parola definitiva e non più superabile della civiltà. IX Le negazioni fasciste del socialismo, della democrazia, del liberalismo, non devono tuttavia far credere che il fascismo voglia respingere il mondo a quello che esso era prima di quel 1789, che viene indicato come l'anno di apertura del secolo demo-liberale. Non si torna indietro. La dottrina fascista non ha eletto a suo profeta De Maistre. L'assolutismo monarchico fu, e così pure ogni ecclesiolatria. Cosi «furono» i privilegi feudali e la divisione in caste impenetrabili e non comunicabili fra di loro. Il concetto di autorità fascista non ha niente a che vedere con lo stato di polizia. Un partito che governa totalitariamente una nazione, è un fatto nuovo nella storia. Non sono possibili riferimenti e confronti. Il fascismo dalle macerie delle dottrine liberali, socialistiche, democratiche, trae quegli elementi che hanno ancora un valore di vita. Mantiene quelli che si potrebbero dire i fatti acquisiti della storia, respinge tutto il resto, cioè il concetto di una dottrina buona per tutti i tempi e per tutti i popoli. Ammesso che il sec. XIX sia stato il secolo del socialismo, del liberalismo, della democrazia, non è detto che anche il sec. XX debba essere il secolo del socialismo, del liberalismo, della democrazia. Le dottrine politiche passano, i popoli restano. Si può pensare che questo sia il secolo dell'autorità, un secolo di «destra», un secolo fascista; se il XIX fu il secolo dell'individuo (liberalismo significa individualismo), si può pensare che questo sia il secolo «collettivo» e quindi il secolo dello Stato. Che una nuova dottrina possa utilizzare gli elementi ancora vitali di altre dottrine è perfettamente logico. Nessuna dottrina nacque tutta nuova, lucente, mai vista. Nessuna dottrina può vantare una «originalità» assoluta. Essa è legata, non fosse che storicamente, alle altre dottrine che furono, alle altre dottrine che saranno. Così il socialismo scientifico di Marx è legato al socialismo utopistico dei Fourier, degli Owen, dei Saint-Simon; cosi il liberalismo dell'800 si riattacca a tutto il movimento illuministico del `700. Così le dottrine democratiche sono legate all'Enciclopedia. Ogni dottrina tende a indirizzare l'attività degli uomini verso un determinato obiettivo; ma l'attività degli uomini reagisce sulla dottrina, la trasforma, l'adatta alle nuove necessità o la supera. La dottrina, quindi dev'essere essa stessa non un'esercitazione di parole, ma un atto di vita. In ciò le venature pragmatistiche del fascismo, la sua volontà di potenza, il suo volere essere, la sua posizione di fronte al fatto «violenza» e al suo valore. X Caposaldo della dottrina fascista è la concezione dello Stato, della sua essenza, dei suoi compiti, delle sue finalità. Per il fascismo lo Stato è un assoluto, davanti al quale individui e gruppi sono il relativo. Individui e gruppi sono «pensabili» in quanto siano nello Stato. Lo Stato liberale non dirige il giuoco e lo sviluppo materiale e spirituale delle collettività, ma si limita a registrare i risultati; lo Stato fascista ha una sua consapevolezza, una sua volontà, per questo si chiama uno Stato «etico». Nel 1929 alla prima assemblea quinquennale del regime io dicevo: «Per il fascismo lo Stato non è il guardiano notturno che si occupa soltanto della sicurezza personale dei cittadini; non è nemmeno una organizzazione a fini puramente materiali, come quello di garantire un certo benessere e una relativa pacifica convivenza sociale, nel qual caso a realizzarlo basterebbe un consiglio di amministrazione; non è nemmeno una creazione di politica pura, senza aderenze con la realtà materiale e complessa della vita dei singoli e di quella dei popoli. Lo Stato così come il fascismo lo concepisce e attua è un fatto spirituale e morale, poiché concreta l'organizzazione politica, giuridica, economica della nazione, e tale organizzazione è, nel suo sorgere e nel suo sviluppo, una manifestazione dello spirito. Lo Stato è garante della sicurezza interna ed esterna, ma è anche il custode e il trasmettitore dello spirito del popolo così come fu nei secoli elaborato nella lingua, nel costume, nella fede. Lo Stato non è soltanto presente, ma è anche passato e soprattutto futuro. E' lo Stato che trascendendo il limite breve delle vite individuali rappresenta la coscienza immanente della nazione. Le forme in cui gli Stati si esprimono, mutano, ma la necessità rimane. E' lo Stato che educa i cittadini alla virtù civile, li rende consapevoli della loro missione, li sollecita all'unità; armonizza i loro interessi nella giustizia; tramanda le conquiste del pensiero nelle scienze, nelle arti, nel diritto, nell'umana solidarietà; porta gli uomini dalla vita elementare della tribù alla più alta espressione umana di potenza che è l'impero; affida ai secoli i nomi di coloro che morirono per la sua integrità o per obbedire alle sue leggi; addita come esempio e raccomanda alle generazioni che verranno, i capitani che lo accrebbero di territorio e i genii che lo illuminarono di gloria. Quando declina il senso dello Stato e prevalgono le tendenze dissociatrici e centrifughe degli individui o dei gruppi, le società nazionali volgono al tramonto». XI Dal 1929 a oggi, l'evoluzione economica politica universale ha ancora rafforzato queste posizioni dottrinali. Chi giganteggia è lo Stato. Chi può risolvere le drammatiche contraddizioni del capitalismo è lo Stato. Quella che si chiama crisi, non si può risolvere se non dallo Stato, entro lo Stato. Dove sono le ombre dei Jules Simon, che agli albori del liberalismo proclamavano che «lo Stato deve lavorare a rendersi inutile e a preparare le sue dimissioni»? Dei Mac Culloch, che nella seconda metà del secolo scorso affermavano che lo Stato deve astenersi dal troppo governare? E che cosa direbbe mai dinnanzi ai continui, sollecitati, inevitabili interventi dello Stato nelle vicende economiche, l'inglese Bentham, secondo il quale l'industria avrebbe dovuto chiedere allo Stato soltanto di essere lasciata in pace, o il tedesco Humboldt, secondo il quale lo Stato «ozioso» doveva essere considerato il migliore? Vero è che la seconda ondata degli economisti liberali fa meno estremista della prima e già lo stesso Smith apriva - sia pure cautamente - la porta agli interventi dello Stato nell'economia. Se chi dice liberalismo dice individuo, chi dice fascismo dice Stato. Ma lo Stato fascista è unico ed è una creazione originale. Non è reazionario, ma rivoluzionario, in quanto anticipa le soluzioni di determinati problemi universali quali sono posti altrove nel campo politico dal frazionamento dei partiti, dal prepotere del parlamentarismo, dall'irresponsabilità delle assemblee, nel campo economico dalle funzioni sindacali sempre più numerose e potenti sia nel settore operaio come in quello industriale, dai loro conflitti e dalle loro intese; nel campo morale dalla necessità dell'ordine, della disciplina, dell'obbedienza a quelli che sono i dettami morali della patria. Il fascismo vuole lo Stato forte, organico e al tempo stesso poggiato su una larga base popolare. Lo Stato fascista ha rivendicato a sé anche il campo dell'economia e, attraverso le istituzioni corporative, sociali, educative da lui create, il senso dello Stato arriva sino alle estreme propaggini, e nello Stato circolano, inquadrate nelle rispettive organizzazioni, tutte le forze politiche, economiche, spirituali della nazione. Uno Stato che poggia su milioni d'individui che lo riconoscono, lo sentono, sono pronti a servirlo, non è lo Stato tirannico del signore medievale. Non ha niente di comune con gli Stati assolutistici di prima o dopo l'89. L'individuo nello Stato fascista non è annullato, ma piuttosto moltiplicato, cosi come in un reggimento un soldato non è diminuito, ma moltiplicato per il numero dei suoi camerati. Lo Stato fascista organizza la nazione, ma lascia poi agli individui margini sufficienti; esso ha limitato le libertà inutili o nocive e ha conservato quelle essenziali. Chi giudica su questo terreno non può essere l'individuo, ma soltanto lo Stato. XII Lo Stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare religione positiva che è il cattolicismo italiano. Lo Stato non ha una teologia, ma ha una morale. Nello Stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo Stato fascista non crea un suo «Dio» così come volle fare a un certo momento, nei deliri estremi della Convenzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo; il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio cosi come visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo. XIII Lo Stato fascista è una volontà di potenza e d'imperio. La tradizione romana è qui un'idea di forza. Nella dottrina del fascismo l'impero non è soltanto un'espressione territoriale o militare o mercantile, ma spirituale o morale. Si può pensare a un impero, cioè a una nazione che direttamente o indirettamente guida altre nazioni, senza bisogno di conquistare un solo chilometro quadrato di territorio. Per il fascismo la tendenza all'impero, cioè all'espansione delle nazioni, è una manifestazione di vitalità; il suo contrario, o il piede di casa, è un segno di decadenza: popoli che sorgono o risorgono sono imperialisti, popoli che muoiono sono rinunciatari. Il fascismo è la dottrina più adeguata a rappresentare le tendenze, gli stati d'animo di un popolo come l'italiano che risorge dopo molti secoli di abbandono o di servitù straniera. Ma l'impero chiede disciplina coordinazione degli sforzi, dovere e sacrificio; questo spiega molti aspetti dell'azione pratica del regime e l'indirizzo di molte forze dello Stato e la severità necessaria contro coloro che vorrebbero opporsi a questo moto spontaneo e fatale dell'Italia nel secolo XX, e opporsi agitando le ideologie superate del secolo XIX, ripudiate dovunque si siano osati grandi esperimenti di trasformazioni politiche e sociali: non mai come in questo momento i popoli hanno avuto sete di autorità, di direttive, di ordine. Se ogni secolo ha una sua dottrina, da mille indizi appare che quella del secolo attuale è il fascismo. Che sia una dottrina di vita, lo mostra il fatto che ha suscitato una fede: che la fede abbia conquistato le anime, lo dimostra il fatto che il fascismo ha avuto i suoi caduti e i suoi martiri. Il fascismo ha oramai nel mondo l'universalità di tutte le dottrine che, realizzandosi, rappresentano un momento nella storia dello spirito umano. Benito Mussolini >su LE OPERE ACQUA: per tutta la vita cercò acqua potabile e creò acquedotti, i più famosi Pugliese e Peschiera AGRICOLTURA: la sua prima occupazione che continuò per tutta la vita fu l'agricoltura AEREONAUTICA: la trovò quasi inesistente e la portò tra le migliori d'Europa ALBERI: istituì la Forestale AMMINISTRAZIONE: non sapeva amministrare i suoi soldi ma per quelli dello Stato fu modello ANALFABETISMO: eravamo i primi in Europa,siamo diventati ultimi nell'Analfabetismo ARCHIVI: dal 1923 istituì gli Archivi Statali ARTIGIANATO: dopo la cura dell'agricoltura ci fu per il Duce quella dell'artigianato ASFALTO: centuplicò le strade, fu il primo ad utilizzare l'asfalto ASSEMBLEA: amava le assemblee con gli stranieri, fondò la FAO ASSISTENZA: creò l'opera per la Maternità e per l'infanzia per l'assistenza di tutti : piccoli e grandi. ATLETICA: ci volle tutti atleti, iniziò con la ginnastica dall'asilo fino alla maturità AUTARCHIA: siamo vissuti alcuni mesi in perfetta autarchia.I primi nel mondo AUTOMOBILE: la volle per tutti. vedi : Balilla, Topolino BIBLIOTECA: volle in tutti i paesi d' Italia la biblioteca a disposizione di tutti. BONIFICHE: bonficò milioni di ettari di terreno, rendendoli da incolti ,fertilissimi BRIGANTAGGIO: la Mafia e la Camorra furono completamente eliminate in Europa CALCIO: fece del gioco del Calcio il gioco nazionale, l'Italia vinse due titoli mondiali. CARBONE: fece scavare carbone in tutte le regioni d'Italia, Carbonia ne è la prova. CASA: forse la preoccupazione più grande del Duce fu la casa per tutti, costruì le Case popolari. CHIESE: costruì migliaia di chiese, solo nelle paludi Pontine ne costruì 126 (es. Aprilia ) CINEMA: amò il cinema, fece costruire CINECITTA' CIRCEO: un borgo antico abbandonato fatto rinascere come Parco Nazionale. COLONIALISMO: definito il più grande colonizzatore, perchè fece come Roma, volle le colonie. CONSORZI: il Duce fondò i consorzi agrari al servizio degli agricoltori CONTADINI: tra tutti i lavoratori amava i contadini, i più utili d'Italia. COSTRUZIONI: per tutta la vita fece costruire case, palazzi, ministeri DEMOCRAZIA: se tra tutti i politici c'è un Democratico è il Duce, seguiva il popolo. DITTATURA: quella del Duce non fu dittatura ma democrazia popolare DISCIPLINA: è vero, però, che il Duce voleva completa disciplina e guai se.... DIGHE: ne fece costruire molte per raccogliere le acque DOPOSCUOLA: fondò i Doposcuola per completare la preparazione degli alunni DESERTO: fece del deserto libico zona di altissima produzione agricola DISOCCUPAZIONE: la maggior preoccupazione per il Duce fu sempre la disoccupazione FINANZE: altro Corpo istituito dal Duce, prima non era militarizzato ILLUMINAZIONE: al Duce piaceva la luce, illuminazione in città e paesi INTERNAZIONALISMO: volle avere contatti con tutti gli Stati della Terra LAGO DI NEMI: il Duce nel 1930-31 prosciugò il lago per riportare alla luce le navi romane LIBERTA: parola fatidica per il Duce: libertà completa , controllata e civile. LIRA: aumentò il valore della Lira MONZA: questo circuito venne ideato da Mussolini OSSERVATORI: i suoi capolavori : Trieste, Genova, Merate, Brera, Campo Imperatore ENCICLOPEDIA: il Duce è l'autore della più grande e completa Enciclopedia del mondo. ESPORTAZIONE: un altro punto fisso del Duce: esportare i nostri prodotti agro-industriali ETIOPIA: è questo l'Impero coloniale sospirato dal Duce per il popolo FERROVIE: moltiplicate dal Duce FORO: il foro era per il Duce il centro dell' Impero GELA: cambiò il nome ( era Terranuova ) e ne fece una moderna città italiana GIORNALE: creò 7 giornali GOVERNO: il vero governo fu il suo, rimasto al potere 20 anni. GUARDIE: fondò la Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, la Guardia di tutti PREVIDENZAA SOCIALE: in ogni città vi è il palazzo della Previdenza Sociale PINO, PIOPPO, ABETE: piante predilette dal Duce che distribuiva in tutta Italia RADIO: Mussolini amava la radio e il suo inventore aiutato da lui REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA : fu un bene operato dal Duce per la salvezza della Patria RISPARMIO: era scrupolosamente risparmiatore nelle spese dello Stato RIVOLUZIONE: se rivoluzione vuol dire trasformazione, il Duce ha vinto PANE: per avere il pane per tutti vinse la battaglia "del grano" RICERCHE: fondò l'istituto delle Ricerche RIFORMA: ha riformato tutto, scuola, politica, Parlamento, vita stessa RIMBOSCHIMENTO: uno dei motivi della Forestale rimboscare tutto: monti, piani. RINASCIMENTO: il fascismo vero moderno Rinascimento di tutto e di tutti. TEMPO LIBERO: voleva che i giovani utilizzassero il tempo libero nella ginnastica. TERME: il Duce amante dei romani li imitò in tutto e quindi anche nelle Terme TREBBIATRICI: ne comprò molte ai contadini.. TRIBUNALE DEL POPOLO: volle istituire il Tribunale del popolo per la difesa di questo. TUBERCOLOSI: era come la sifilide, inguaribile. Costruì il Forlanini per la sua cura UNIVERSITA': ha costruito innumerevoli università, anche la Città Universitaria a Roma URBANISTICA: la scienza che ha maggiormente eseguita, infatti, ecco le città VACCINAZIONE: ordinò la vaccinazione di tutti i bambini anche i più piccoli VELA: divenne sport al tempo del Duce come altri sport non esistenti allora VIGILI DEL FUOCO: istituiti dal Duce Le provincie che furono volute dal Duce: PROVINCIE Furono 72, ne fondò altre sedici: Agrigento, Enna, Latina, Frosinone, Massa, Matera, Pistoia, Ragusa, Rieti, Terni, Savona, Varese, La Spezia ecc.. CITTADINE E COMUNI COSTRUITI DAL DUCE IN 10 ANNI Latina, Aprilia, Sabaudia, Pomezia, Guidonia, Ardea, Ostia Lido, Fregene, Palo, Ladispoli, Maccarese, S.Michele, Carbonia, mille e piu' borghi e sobborghi sparsi in tutta Italia, migliaia di case colonihe. BORGHI OGGI VERE CITTADINE DELL'AGRO ROMANO Faro di Torre, Cervia, S.Donato, Grappa, Torre di Fagnana, Lido di Latino, Isonzo, Foce Verde, Sabotino,Sirene, Marechiaro, Cincinnato, Gigli, Campoverde.