Berlusconi e Frattini danno lezioni
di politica estera a D'Alema
E’ indicativo il silenzio tombale di Massimo D’Alema dopo i successi registrati dal governo nelle ultime 24 ore sulla scena internazionale. Silenzio sigillato dalla svolta a 180 gradi che D’Alema ha dovuto dare alla sua stessa politica estera, giudicando “pienamente giustificato il no italiano a incontri ufficiali con Mohammed Ahmadinejad”.
Nei suoi due anni alla Farnesina, D’Alema ha invece fatto di tutto, assolutamente di tutto per offrire al governo iraniano una “sponda” italiana che si defilasse dalla compattezza dei “5+1” contro Teheran. Ancora 24 ore dopo la caduta del governo Prodi aveva in agenda un incontro - saltato all’ultimo - con emissari iraniani, mentre Romano Prodi, in occasione dell’ultima assemblea generale delle Nazioni Unite aveva addirittura stretto la mano ad Ahmadinejad in un incontro bilaterale a New York, tanto clamoroso quanto inspiegabile, se non in una logica di dissociazione italiana dal fronte Onu.
D’Alema è uso insolentire Berlusconi accusandolo di portare il prestigio dell’Italia ai suoi minimi storici sulla scena mondiale e ora, a fronte delle più palesi smentite, lui che è stato eletto a Napoli, tanto per non pensare malignità, tace. Pure, ieri il presidente francese Sarkozy ha mostrato tale e tanta stima per il governo Berlusconi da dichiarare pubblicamente di essere favorevole all’ingresso dell’Italia nei “5+1” (mai aveva preso questa posizione quando al governo c’era D’Alema), mentre lo stesso José Luis Zapatero, socialista, ha fatto una clamorosa marcia indietro rispetto alle accuse di xenofobia rivolte dai suoi ministri e ha dichiarato piena e totale solidarietà europea con l’Italia sul tema immigrazione.
Quello che D’Alema non può digerire è l’evidenza di un suo governo che ha consegnato al mondo l’immagine di un Italia affogata sotto i rifiuti campani, mentre invece Berlusconi e Frattini hanno immediatamente mostrato un piglio, un decisionismo e una capacità di raddrizzare le quotazioni dell’Italia che l’hanno evidentemente steso. La fissazione di una imminente visita di Bush a Berlusconi (Prodi è l’unico premier italiano a non essere mai stato ricevuto alla Casa Bianca) ha sigillato questa nuova eccellente collocazione internazionale.
Frattini, forte della esperienza e delle relazioni acquisite durante l’esperienza di Commissario europeo, ha subito mostrato ai suoi colleghi Ue il volto dell’arme, non appena questi tentavano il vecchio trucco - ci ricordiamo tutti del ’94 - di delegittimare il “governo con i fascisti” (come scrive il corrispondente da Roma del Times), vuoi che si trattasse di Alitalia, di rifiuti, di immigrazione o di deficit.
Tremonti ha fatto egregiamente la sua parte ed è più che significativa la chiusura, sempre di ieri, della procedura di infrazione Ue per l’eccesso di deficit. Il tutto, accompagnato da una voglia di protagonismo, di impegno in prima linea sui fronti di crisi internazionale - implicita nella richiesta di entrare nel pacco di mischia con Teheran - opposta a quella di un tandem Prodi-D’Alema che si faceva riprendere da Blair e Merkel (e da 6 ambasciatori dei principali paesi europei), per le aperture ad Hamas e per lo scarso impegno militare in Afghanistan.
Le prime mosse messe a segno da Frattini (e La Russa) hanno semplicemente capovolto l’andreottismo dalemiano e tolto l’Italia dalla misera posizione di “osservato speciale” in cui si era cacciata in sede Nato con i nostri ridicoli caveat che davano a Roma 72 ore prima di poter rispondere a una richiesta di intervento militare a Kabul. 72 ore, si badi bene, necessarie a Prodi e D’Alema per concordare la risposta con Pecoraro Scanio, Bertinotti e Diliberto.
Ribaltata la posizione su Afghanistan e Nato, Iran e Medio Oriente, date bacchettate sulle dita ai socialisti europei e ai loro “al lupo-al lupo” sulla xenofobia in Italia, Berlusconi e Frattini si preparano ora a giocare in attacco il G8 del 2009 alla Maddalena che avrà presidenza italiana, mentre tentano di togliere le nostre truppe dall’ imbroglio libanese in cui le hanno cacciate la superficialità e gli errori di Prodi e D’Alema.
Si delinea finalmente, un quintetto Francia-Germania-Inghilterra-Spagna-Italia che si prepara - come è sempre più chiaro - a costituire di fatto il nocciolo duro dell’Europa. Una concreta alternativa al ridicolo asse Cipro-Slovenia-Malta-Lituania-Grecia che Massimo D’Alema aveva ramassato per sviluppare la sua politica andreottiana nel Mediterraneo.