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Il Mig25, come tutti gli altri aerei, è in grado di raggiungere la massima velocità in volo rettilineo. E' in grado di superare mach 3 con i problemi che avete detto. Il raggio di virata a mach 2 si dice sia di 15 km. A mach 3 non si sa, ma il buon vecchio Sr71 aveva un raggio di virata di un centinaio di miglia, a quella velocità.
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Si, certo Pablo! Era proprio quello che volevo dire: intendiamoci, qualunque bombardiere o silurante non è stato progettato per duellare con i caccia. Non è il suo mestiere (anche al giorno d'oggi). Scrivo come appassionato di aerei giapponesi, tra i migliori mai progettati. Certo, pretendere che un progetto resti valido per anni, è chiedere troppo. Proviamo però a confrontare i "Kate" con gli Swordfish o, appunto, i Devastator o ancora i Battle! (E la lista può continuare a lungo...).
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Una analisi comparativa completa dei due velivoli richiederebbe molto tempo: anno per anno, modello per modello. Un F15C con gli ultimi aggiornamenti è un aereo decisamente diverso dal vecchio predecessore F15A; la stessa cosa ovviamente vale per l’Su 27. In linea di massima il Flanker sotto i 10 km è sempre stato superiore all’F15, grazie non tanto alla sua eccezionale agilità, superiore ma non troppo a quella del rivale, quanto al casco di puntamento associato agli eccellenti R73 (escludendo gli ultimissimi aggiornamenti dell’F15). La superiorità era netta, come dimostrato dagli scontri simulati con gli F15 israeliani (dotati del casco e di missili Python), che hanno battuto i colleghi americani con largo margine. A distanze superiori, il vantaggio è sempre stato dell’F15, visti i ritardi nello sviluppo dell’R77, un vantaggio oggi risicato. Ma i resoconti di esercitazioni in cui i Su 27 avrebbero strapazzato gli F15 con facilità, si sono rivelati alquanto “ritoccati”. Inoltre buona parte della stampa americana, ha favorito la credenza di una supposta inadeguatezza dell’F15 nei confronti del rivale, allo scopo, malcelato, di favorire il successore F22, i cui finanziamenti erano in pericolo. In realtà, ancora oggi l’F15 è un caccia decisamente superbo. Conclusione ? Il Su 27 alla fine ha raggiunto l’F15…Nel frattempo sostituito dall’F22. I sistemi di contromisure possono fare la differenza, in termini generali degradano sempre le prestazioni dei sensori. E’ pericoloso dare per certa una superiorità occidentale; i sistemi russi non sono meno sofisticati. Secondo me sarebbe ora di aprire una sezione “guerra elettronica” (mi sembra che manchi). Nota sul P51: il Mustang è stato uno dei migliori esponenti dei cosiddetti “energy fighter”, caccia a più elevato carico alare, dal raggio di virata un po’ più elevato ma velocissimi in orizzontale, salita, picchiata. Una tendenza generalizzata che ha dimostrato che un raggio di virata strettissimo è solo una dote difensiva, che non può mai sostituire prestazioni elevate in altri settori. Confronto Su 27- F18E ? 10 mq Rcs contro 0,1 mq? L’F18E vedrà prima il bersaglio e sceglierà da quale parte e quando attaccare. Da oltre 100 km lancerà un Aim120D, a quella distanza potrebbe essere visto ed attaccato da un Su 35, troppo tardi però…( Ho fatto un esempio che si presta a mille critiche, i dati reali di portate radar e prestazioni delle armi e dei velivoli sono ancora stimati, prendetelo per quel che vale). Ma se il sistema difensivo cross-eye dell’aereo russo riesce a deviare lo Slammer?
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Sono ritornato dalle ferie, così dico la mia. Vorthex ha ragione sulla sorte degli aerosiluranti giapponesi, soverchiati numericamenti e spesso inviati senza scorta ad attaccare bersagli dotati di contraeree da paura. Però la stessa sorte è toccata anche ad altri velivoli alleati del tempo. Qualcuno ricorda la strage dei Devastator alle Midway?
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Ciao Vorthex! Beato te! Io sto cercando di modificare un vecchio Ki46-II airfix in un Ki46-III, perchè non trovo da nessuna parte un modello del III in scala 1/72! Lo confesso, gli aerei giapponesi, mi affascinano. Ho appena terminato un raro N1k1-J Shiden (quello ad ala media)...Purtroppo reperire i velivoli giapponesi meno conosciuti è un'impresa, ormai li trovo solo all'estero...
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Parlare di tutti gli aerei giapponesi prodotti e dei prototipi sfortunati, come i potenti A7M Reppu e Ki-83, sarebbe bello, ma richiederebbe molto tempo. Comunque appena posso, dopo le ferie, vedrò di scrivere qualcosa. Intanto parlerò di due ricognitori (uno, il Ki46-III, è visibile nelle foto di Blue Sky) Il Nakajima C6N Saiun (nuvola dipinta, Myrt in codice), comparso molto tardi si sarebbe rivelato uno dei migliori ricognitori imbarcati (anche se di portaerei non ce n’erano più). Di linea essenziale, pulita, raggiungeva i 610 km/h in quota, cosa che potrebbe apparire non eccezionale. In realtà, a quel tempo, intercettare un aereo a quota elevata a 600km/h non era la cosa più semplice di questo mondo. Occorreva una buona copertura radar e molto, molto tempo. La salita a soli 6000 metri di quota poteva richiedere 5-7 o più minuti (l’ F6F Hellcat: 7’30”) . Ed intanto il bersaglio si sarebbe spostato di 50-75 km. Non parliamo poi di salire a 10000 metri…Ed inseguire il bersaglio, con un vantaggio su di lui di , magari, solo 50 km/h! Punto di forza del velivolo, l’eccezionale autonomia: oltre 5000 km. Famoso il commento dopo una missione: “nessun Hellcat ci può prendere!” Curiosità: l’ultimo aereo giapponese abbattuto è stato proprio un Saiun. E se questo può sembrare poco, che dire dell’eccellente Mitsubishi Ki-46 (Dinah, in codice), un bel bimotore, accuratamente profilato, il cui progetto venne inutilmente richiesto anche dai tedeschi. Difficilissimo da intercettare, costantemente potenziato, si sviluppò attraverso tre versioni principali, l’ultima delle quali abbandonò l’originale tettuccio anteriore per un altro a curvatura continua, raccordato splendidamente alla fusoliera. La velocità dai 605 km del Ki46-II, aumentò a 630 nel Ki-46-III, rendendolo invulnerabile agli F6F ed alle prime versioni dell’F4U. I Dinah poterono, fino alla fine della guerra, sorvolare impunemente le basi dei B29. Negli ultimi mesi di guerra, due Shitei dell’ultima variante (solo prototipi) Ki-46-IV raggiunsero i 700 km/h di media, anche se con l’aiuto di vento in coda (la velocità effettiva era superiore ai 640). Anche in questo caso le velocità sono viziate dal tipo di carburante: durante le prove eseguite dagli americani i Ki-46-III raggiunsero i 690km/h! Si tentò di ricavarne un caccia, ma il peso del cannone obliquo dorsale da 37mm (…se ricordo bene era da 37) e delle 2 armi da 20 mm nel muso, ne peggiorò le prestazioni a tal punto da renderlo totalmente inefficace, ad alta quota, contro i B29. Anche per i Ki46-III, l’autonomia era notevole: oltre 4000 km (con serbatoio ausiliario).
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Ho trovato per caso l'argomento. E' un po' vecchio, comunque... La velocità massima dell'F14A è di 2,4 mach,vero. Quella dell'F14D è di 1,88 mach. Strano ma vero. Pare dipenda dalla conformazione delle prese d'aria dei nuovi motori. Non influisce sulle prestazioni reali, visto che anche l'F14A "armato" ha più o meno la stessa velocità.
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L’armamento dello Zero, ad inizio guerra, era perfettamente adeguato alle esigenze. Ricordo che era sostanzialmente lo stesso del Me109E. E’ vero che le differenze balistiche nelle armi di bordo possono creare problemi. E’ anche vero che le 8 armi da 7,7 dello Spitfire I erano decisamente insufficienti contro i bombardieri. Non è un caso che gli inglesi, per i successivi Spit, abbiano preferito 2 armi da 20mm e 4 da 7,7 (e le due dello Zero erano sincronizzate!), guarda caso non troppo impensieriti dalle differenze balistiche di armi diverse. E che dire dei vari Buffalo, P 36, i primi P 40 o peggio il P39 (1 da 37mm, 2 da 12,7 e 4 da 7,62?) ? Certo una batteria di 6 mitragliatrici da 12,7 (non 4, come il Wildcat iniziale o i primi P51) è sicuramente più efficiente, ma , se è per questo, meglio ancora 4 cannoni da 20mm (Shiden-Kai, Fw190A, Tempest, ecc… E moltissimi altri, anche nel dopoguerra). Aprire il fuoco con le mitragliatrici e poi proseguire con i cannoni era pratica comune, anche tra i piloti tedeschi, tanto più visto che le munizioni per i cannoni assicuravano pochi secondi di fuoco. La velocità in picchiata era il punto dolente dei primi caccia giapponesi, persino gli A6M5 Zero 52 non superavano, se ben ricordo, i 660km/h in picchiata, contro gli 800 di molti caccia americani. La possibilità di cedimenti strutturali era temuta da tutti i piloti (basti pensare ai tedeschi sui Me109), anche alleati. Lo Zero poteva sopportare solo 6G (solo?), certo meno di un P51 (+8 e -4G), ma alla pari col P38 (+6 e -3,5G). Le ali possono cedere nel caso di richiamo troppo violento da una picchiata, i piloti del tempo lo sapevano e sapevano, in genere, fin dove potevano spingersi. La robustezza della struttura dopo aver incassato decine di proiettili, invece, è qualcosa di diverso. Ma non ha a che vedere con le capacità acrobatiche.
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Per dire il vero, mi risulta che la temperatura sviluppata sia molto più elevata, ma devo andare a vedere. Già utilizzate dai tedeschi contro il forte di Eben Emael e poi contro i bunker della Maginot, le cariche cave ed i loro effetti sono stati studiati estesamente. La difesa è elementare: un qualsiasi spessore, anche modesto, d’acciaio a qualche centimetro di distanza dalla corazza principale, ne riduce l’energia vistosamente. L’applicazione di reti metalliche o lastre leggere laterali sui carri tedeschi aveva appunto questo scopo. Anche le corazze spaziate sono efficacissime. Non a caso, molti missili anticarro usano cariche cave in tandem.
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Il Nakajima Ki100 Goshikisen nacque per caso. Erano rimaste disponibili 275 cellule di Ki61 Hien, senza motore, perché la produzione di quest’ultimo andava a rilento. A qualcuno venne l’idea di provare a montare un radiale al posto del motore in linea. Dopo aver studiato l’installazione del motore del FW190 tedesco, i progettisti giapponesi riuscirono a raccordare splendidamente la sottile fusoliera dello Hien al grosso motore radiale disponibile. Il risultato fu un caccia potente, veloce e senza i difetti di scarsa affidabilità che avevano afflitto il predecessore. Buono anche ad alta quota. Nella seconda serie, riveduta e corretta, la fusoliera venne modificata ed il tettuccio sostituito con uno a visibilità migliorata. L’armamento era lo stesso del Tony, la velocità simile, con 590 km/h. Il più famoso caccia pesante nipponico è stato il Kawasaki Ki-45 Toryu (ammazza-draghi, Nick nel codice alleato). Veloce (sui 550 km/h) manovrabile e ben armato, con armi da 20 e 37 mm. Utilizzato inizialmente come assaltatore ed in missioni antinave, venne costruito in 1700 esemplari. Sul finire della guerra, munito di armi dorsali a tiro obliquo (simile alle installazioni equivalenti sui caccia tedeschi), divenne un efficacissimo, letale, distruttore notturno di B29. Ma nel compito di migliore caccia notturno, la palma spetta al potente Nakajima J1N Gekko (chiaro di luna, Irving). Concepito come caccia pesante a lungo raggio, poi passato al ruolo di ricognitore, divenne infine un potente caccia notturno. Dotato di due coppie di cannoni da 20mm in installazione obliqua, una puntata verso l’alto, l’altra verso il basso, i Gekko dotati di radar si rivelarono efficacissimi contro i B24. Nota sulla pronuncia: G si legge Gh, anche davanti a E ed I, Shi=Sci, Sho=scio, W=U, J=gi. Y=I, H sempre aspirata, Ch=Ci,Tsu=zu Così Kawanishi Shiden si legge Cauanisci Sciden. Le doppie consonanti si pronunciano leggermente staccate, es.: Gekko= Ghec-co.
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Ed ora gli intercettori. I giapponesi non vedevano di buon occhio questa categoria. Le loro valutazioni privilegiavano sistematicamente gli aerei lenti ma molto manovrabili. Così, l’elevato carico alare era visto come il fumo negli occhi. L’arrivo dei bombardieri ad alta quota scortati, dimostrò presto l’errore di impostazione, costringendo a correre ai ripari. Solo due aerei erano disponibili: il Mitsubishi J2M Raiden (fulmine, Jack) ed il Nakajima Ki44 Shoki (demonio, Tojo). Meno manovrabili dei contemporanei (ma non così scarsi come, alle volte, descritti) , godevano di eccellente velocità di salita, buona velocità orizzontale (605-615 km/h) ed adeguato armamento (4 cannoni da 20mm il primo, 4 mitragliatrici pesanti il secondo,poi sostituite con armi da 20, 37 e 40mm (!) con munizioni senza bossolo). Facile preda dei caccia alleati , erano però letali per i B29. Arrivati solo nella seconda parte del conflitto e costruiti solo in pochi esemplari (500 Raiden e 1200 Shoki) non poterono far valere le loro doti. Febbraio del 1945: il tenente Kinsuke Muto, asso giapponese, incontra 12 caccia Hellcat , li affronta da solo, ne abbatte 4 e costringe gli altri ad allontanarsi! Il suo aereo: il potente Kawanishi N1K2-J Shiden-Kai (in codice George). La storia di questo aereo risale all’idrocaccia Kiofu che non aveva avuto molto successo. La prima versione di serie N1K1-J si rivelò fin dal primo momento un pericoloso avversario non solo per gli F6F Hellcat a cui era superiore, ma anche per gli F4U Corsair. Con un armamento finalmente adeguato (4 cannoni da 20mm e 2 mitragliatrici da 7,7mm) lo Shiden (lampo violetto) era velocissimo in salita, virava molto stretto grazie ad ipersostentatori automatici, e con 585 km/h reggeva il confronto con gli avversari meglio dello Zero. E finalmente la capacità di incassare colpi non era inferiore a quella dei nemici. La successiva versione (Kai=modificato) aumentò la velocità a 595-605 km/h. L’ala da media diventò bassa, e vennero eliminate le due mitragliatrici, ormai inutili. Non potè far sentire il suo peso, a causa dei bombardamenti che limitarono la produzione a soli 1400 esemplari. Il Nakajima Ki84 Hayate (Tempesta, Frank) aspira al titolo di miglior caccia giapponese della seconda guerra mondiale. Il più veloce, con 630 km/h , maneggevolissimo, ben armato, Con ottima velocità di salita e picchiata. Un degno successore per il Ki43. Superiore anche alle prime versioni dell’F4U e del P38, dava il meglio di se’, come tutti i caccia giapponesi, alle quote medie e basse alle quali, a differenza del teatro europeo, avveniva la maggior parte dei duelli. Finalmente robustezza, corazzature, armamento, velocità, erano alla pari con gli avversari. Curiosità: a qualcuno non sarà sfuggita la scarsa velocità orizzontale dei caccia nipponici, rispetto ai vari P38, P47, P51, F4U. Ebbene, quando gli americani vennero in possesso di vari caccia catturati li sottoposero a prove comparative, ovviamente utilizzando la loro benzina ad elevatissimo numero di ottano equivalente. I risultati furono sbalorditivi. Il Ki84 Hayate raggiunse i 687 km/h a 6000 m di quota, velocità leggermente superiore a quella del P51 alla stessa quota!
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Molti appassionati di aerei da combattimento tendono a sottovalutare ampiamente gli aerei prodotti dal Giappone nel secondo conflitto mondiale. Questo è dovuto a molti fattori, la difficoltà nel reperire libri e riviste sull’argomento, il fatto che gli storici tendano a trascurare i teatri bellici lontani dall’europa, la pessima pubblicità orchestrata a danno dei giapponesi dai vincitori e così via. Molti conoscono lo“Zero”, ma ritengono tale velivolo inferiore ai vari P47, P51, F4U, F6F ecc. ecc. Pertanto lo liquidano in breve come di scarso interesse. E non vanno oltre. Cerchiamo allora di fare una analisi, se possibile obiettiva, di tutti i caccia giapponesi più famosi. E non dimentichiamo che hanno dominato il Pacifico per mesi, seminando il panico tra i piloti alleati. Partiamo dai due aerei che hanno affrontato per primi gli alleati: il caccia della marina imperiale Mitsubishi A6M Reisen (tipo zero) (nel codice alleato Zeke) ed il caccia dell’esercito imperiale Nakajima Ki43 Hayabusa (falco pellegrino, Oscar) Il celeberrimo zero è l’aereo da caccia giapponese costruito in maggior numero di esemplari, 11000. Caratterizzato da una estrema leggerezza, aveva tra i suoi punti di forza l’armamento (2 cannoni da 20mm e due mitragliatrici da 7,7mm), una buona velocità di salita, una autonomia eccezionale, un raggio di virata ridottissimo e prestazioni a bassa velocità insuperate. Tra i difetti: la pessima velocità di rollio ad alta velocità, la mancanza di qualsiasi protezione per il pilota ed i serbatoi, la scarsa velocità in orizzontale (da 535 a 565 km/h) e in picchiata. Allo scoppio del conflitto lo Zero era superiore ai vari F2 Buffalo, F4F Wildcat, P36 Hawk, P39 Airacobra, Hurricane e solo il P40 Warhawk o lo Spitfire potevano affrontarlo ad armi pari. Si tentò di migliorare la versione iniziale A6M2 attraverso varie versioni (tra le principali: A6M3 ad ala squadrata e A6M5) introducendo qualche corazzatura, armi da 20mm migliorate, mitragliatrici da 13,2mm, motori più potenti. L’aggravio di peso, col tempo, rese l’aereo meno manovrabile e questo, unito al pessimo addestramento ed alla soverchiante superiorità numerica americana degli ultimi anni di guerra, ne decretò la fine. I progetti finali A6M6 e 7 conclusero la carriera in attacchi kamikaze, l’A6M8 non vide la luce. Ma, fino alla fine della guerra, in mano a piloti esperti lo Zero si sarebbe rivelato sempre un osso duro. Saburo Sakai riuscì a sopravvivere contro 16 caccia Hellcat! Gli americani poterono studiare accuratamente il velivolo quando venne rinvenuto un esemplare intatto, e vennero svelati i suoi segreti. I successivi F6F Hellcat ne fecero tesoro. La migliore difesa contro lo Zero? Mantenere alta la velocità, rollare in posizione capovolta e picchiare. Curiosità: lo Zero aveva anche una versione idrovolante, il Nakajima A6M2-N (Rufe nel codice alleato). Il Nakajima Ki43 Hayabusa era più pericoloso dello Zero. Poco conosciuto, benché simile sotto molti aspetti, pur essendo più lento (495-535 km/h) e armato con due sole mitragliatrici (da 7,7 poi da 12,7mm), lo superava in rollio, salita, picchiata ed accelerazione e virava persino più stretto grazie ad ipersostentatori “a farfalla”particolarmente efficaci. Costruito in 6000 esemplari, venne migliorato attraverso tre versioni, con l’aggiunta di corazzature e motori più potenti. L’ultimo modello (con 560km/h) rimase sperimentale. Non subì trasformazioni sostanziali ma, a differenza dello Zero, costituì la base per il successore, il micidiale Ki84 Hayate. Ancora oggi viene ricordato con terrore dai piloti che hanno avuto la ventura d’incontrarlo. Completamente diverso dai contemporanei caccia giapponesi a motore radiale, l’elegantissimo Kawasaki Ki61 Hien (rondine), con motore in linea, venne ritenuto inizialmente un progetto d’origine italiana o tedesca , da cui il nome in codice Tony. Il caccia venne messo a confronto , nel 1942, con il Me109E, il Ki43-II Hayabusa, il Ki44-I Shoki (poi lo descriverò) ed un P40E catturato, risultando il migliore. Con una velocità variabile tra 560 e 610 km/h soffriva di un armamento insufficiente, solo 4 mitragliatrici. Su alcuni velivoli si installarono 2 cannoni da 20mm MG151/20 importati dalla Germania, poi sostituiti con armi Ho5 da 20mm, armi arrivate a 4 sulle ultime versioni o cannoni da 30mm. Veloce sia in salita che in picchiata, rendeva vane le tattiche difensive alleate, rivelandosi sempre un eccellente avversario. Costruito in 3000 pezzi soffrì per la scarsa affidabilità dell’unità motrice.
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D'accordo su tutto. P.s.: i due combattimenti successivi li ha vinti lui...
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Devo dar ragione a Marvin. Pratico il Karate ed ho praticato il Judo ed il Ju-jitsu. Le tecniche di lotta “da strada” sono decisamente più efficaci, non si perdono in preamboli, mirano dritto allo scopo: neutralizzare l’avversario. L’Aikido è molto valido e così il Krav-maga. Poi, certo, qualunque disciplina può risultare letale se ben applicata. Il peso maggiore dell’avversario , invece, non è una garanzia: ho steso, al primo incontro, un poliziotto con 15 anni meno di me e oltre 20 kg in più (io sono una piuma, 65 kg), che ha praticato per 6 anni Thai-boxe. Mi aveva sottovalutato.
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Dunque. Partiamo dalla traccia radar originale dell’F16. In genere è valutata 3 mq ( ma si trovano anche valori più alti, 5 mq, forse per i motivi già detti). Non è dato sapere pubblicamente quale sia il contributo della sola vernice alla riduzione della traccia radar. Però l’applicazione della pellicola conduttiva (quella specie di colore ambrato) sul tettuccio, la verniciatura radar assorbente e l’applicazione sui bordi della presa d’aria di materiale RAM , ha ridotto la traccia di oltre il 50%, fino ad un valore di solito indicato in 1,2 mq. Per andare oltre, è necessario progettare appositamente il velivolo. Ma già l’F18E dopo ripetuti interventi pare abbia una RCS valutata in soli 0,1-0,3mq, ponendosi sullo stesso piano dei vari semi-stealth come Typhoon, Rafale, Gripen ecc. , velivoli tutti al di sotto di 1mq di RCS. Ed i russi non sono da meno, visti i risultati dichiarati, per esempio, per il Su47 Berkut : 0,3mq. Ottimi risultati ha dato anche la riduzione della traccia dell’enorme Tu160 o del Tu22M .Certo non si possono fare miracoli sulle strutture preesistenti, ma anche una riduzione di 3-5 volte può dare un vantaggio tattico.
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Giustamente, sono dati solo indicativi. La RCS varia (e parecchio) a seconda della banda di frequenza impiegata dal radar localizzatore e dell’ ”aspetto” del bersaglio. Passando dalla banda S alla X, per esempio, la traccia può variare anche di 10 volte per una superficie piana e di 3 volte per una forma cilindrica. Così anche i rapporti RCS tra un aereo e l’altro possono risultare falsati. Se un’aereo ha una traccia doppia rispetto ad un altro nella banda S, magari ne avrà una tripla in un’altra banda! Le dimensioni contano solo per certe frequenze (per lunghezze d’onda pari o superiori alle dimensioni del bersaglio, si ha effetto “scattering” o “risonanza”) in genere sono ininfluenti. La traccia considerata è frontale. E può variare di molto scostandosi anche solo di 1°. Così, ma devo averlo già scritto altrove, un F15 può avere una RCS di 400 mq o di 11mq soltanto (in genere si parla di 10-25mq). Non parliamo poi di quella laterale. Un F15 carico di bombe ha, lateralmente, una traccia di 270mq. Il valore RCS del Tu160 (si trova quasi ovunque indicato tra 10 e 15mq) è molto buono, pari a quello di molti caccia. Quello dell’F18E è inferiore ad 1mq, almeno secondo Rivista Difesa (90% meno di un F18C con RAM). Pertanto è inutile effettuare calcoli troppo complicati sulle capacità stealth o sulle portate dei radar nei confronti di bersagli a bassa RCS. I fattori di variabilità sono troppo numerosi.
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Forse avete ragione tutti e due. Però i Mig 15, 17 e 19 hanno un limite di 8G. Il carico di rottura è di 12G (1,5 volte). Tra 8 e 12G si hanno deformazioni strutturali di vario livello. (fonte: aeronautica ungherese)
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C’è dell’altro. A causa di una scellerata politica di “autarchia”, unita alla mancanza di minerali strategici, ad appalti disinvolti, a carenza totale nei controlli di qualità…E si potrebbe continuare a lungo, le munizioni navali erano totalmente inadatte allo scopo. Le differenze ponderali nei proiettili erano tali che la dispersione delle rosate avrebbe reso il tiro , a dir poco, aleatorio. I cannoni erano buoni ma con prestazioni inutilmente elevate, con gittate eccessive e pressioni in camera di scoppio troppo elevate. La velocità , nelle navi,è un fattore importante ma anch’essa, nelle unità italiane, era eccessiva. Sul perché del ritardo nell’installazione dei sistemi radar, andrebbe aperta una discussione a parte. Ma non bisogna neppure sopravvalutarne l’importanza: i sistemi radar inglesi (almeno fino alla metà della guerra) erano mediocri e poco affidabili. Certo di notte potevano dare un vantaggio, ma, se ricordiamo gli scontri nel pacifico, i giapponesi, maestri nel combattimento notturno, hanno ottenuto molti successi senza l’ausilio dei radar.
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Vi ho trovato un sito che chiarisce molte cose (se non l’avete già visto): http://www.wvi.com/~sr71webmaster/mig25.html Le difficoltà sono oggettive: anche aerei particolarmente prestanti o sistemi superficie-aria avanzati troverebbero arduo intercettare un Blackbird.
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Bravo Pablo! In effetti la storia è più complicata. Per primo è venuto l’FJ1 ad ala diritta, utilizzato in solo una trentina di pezzi da un unico squadron. Da lui è stato derivato l’F86 con ala a freccia. Dall’F86 è derivato in linea diretta l’F1 Fury (come lo conosciamo) , all’inizio quasi identico, poi via via modificato: ho un bel modellino dell’AF1E ancora da costruire (sigh! Vai a trovare il tempo!), un aereo ormai notevolmente modificato rispetto al vecchio ’86. Grazie per la precisazione.
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C-17 LANCIAMISSILI
Gian Vito ha risposto a sgurglio nella discussione Aerei da Trasporto, AWACS e Aerocisterne
Non ha commentato perché la possibilità esiste già! L’idea sembra assurda ma non lo è. Già nella metà degli anni ‘70 si effettuò sperimentalmente il lancio di un Minuteman dal portellone posteriore di un C5 Galaxy. Scaricato all’esterno e appeso a vari paracadute, il missile attivò regolarmente il primo stadio, per pochi secondi (gli altri stadi non erano operativi e, ovviamente, non aveva testata), dimostrando la fattibilità di un lancio da una” base volante”. -
Onore ai caduti, certo. Viva l’Italia? Erano necessari quei morti? Una volta ho sentito una frase : “è triste il paese che ha bisogno d’eroi”. Provate a sentire l’opinione di qualche militare sull’accaduto e resterete sorpresi. Ricordo ancora l’intervista al comandante la guarnigione italiana che si esprimeva, più o meno, in questi termini: “noi non facciamo come gli americani, che si trincerano fuori città…Vogliamo essere vicini alla popolazione, tra la gente.” Che un camion imbottito d’esplosivo potesse entrare all’interno della base come si entra al casello dell’autostrada, non era prevedibile, no? E’ stata una sfortunata coincidenza! Si dice che i nostri militari debbano telefonare a Roma per autorizzare lo sparo di un colpo da 105mm da una Centauro. Proteggere i propri uomini dovrebbe essere tra le priorità di qualunque comandante…Anche a costo di rischiare la carriera. Gli italiani sono stati capaci di azioni valorose, in passato…Morire così, non è da eroi. E’ solo inutile.
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Più strani sono e più mi piacciono! Il Ka50 è decisamente più elegante. Comunque,nel settore ala rotante, resto legato ad un progetto sfortunato: l'AH56 Cheyenne.
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La carica di Isbuschenskij del "Savoia Cavalleria"
Gian Vito ha risposto a picpus nella discussione Eventi Storici
Solo un piccolo commento: qualcuno in passato, a corto di argomenti e di studi, ha cercato di dimostrare l’impreparazione italiana, nella seconda guerra mondiale, portando ad esempio episodi come la “carica di Isbuschenskij”, facendola passare come un tentativo di folle suicidio collettivo, sul tipo della “carica dei 600” a Balaclava. Nulla di più lontano dalla verità storica. L’azione fu un successo. La stessa presenza di reparti di cavalleria, visto il particolare settore di operazioni, era più che giustificata. E lo stesso esercito tedesco, definito erroneamente come estesamente meccanizzato, faceva ampio uso di cavalli per gli usi più disparati. Grazie per aver ricordato l'episodio! -
Ovviamente, non era un missile agile quanto un Aim9. Però, se ricordo bene, durante un tiro di prova riuscì a tirare 17G contro un QF86 in manovra. Ho letto che il limite era sui 25G ma non ho trovato conferme. Certo, visto il peso e le superfici aerodinamiche, era in grado di conservare l’energia più a lungo di altre armi. Non era comunque l’arma ideale per intercettare un caccia agile. I russi indicano per il loro R33 (AA9 Amos), simile per configurazione al Phoenix, la capacità di intercettare bersagli in manovra a 4G (contro 8G per gli R27). Peraltro anche un caccia, ad alta quota, ha precisi limiti di manovra. A medio raggio era previsto l’uso degli Aim7, contro i caccia avversari. Al Phoenix erano lasciati i bersagli lontani, poco manovrabili e ad alta quota.