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Gian Vito

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  1. Bombe nucleari della Francia. A differenza delle armi impiegate dall’Unione Sovietica e dalla Cina, i dati delle bombe francesi sono facilmente reperibili. Anche se, a volte, contraddittori. La AN-11 (denominata anche AS-2 Gamma) è stata la prima bomba entrata in servizio, nel 1964. Sperimentata nel 1962 con una potenza dichiarata di “meno di 150 kt” ma stimata attorno a 20 kt, era una bomba ad implosione al plutonio 239. Il lancio era previsto ad alta quota da parte del Mirage IV e, forse, dal Vautour. Pesava 1500 kg ed aveva una potenza nominale di 60 kt. La testata era in realtà disponibile in diverse varianti, da 18 , 60 e 60-80 kt. Lunga 6,6 metri era dotata di spoletta a tempo per lancio da alta quota e di spoletta radar per lancio (teorico) a quote basse. Ma la spoletta radar non era a punto e non dava alcuna garanzia di funzionamento. La produzione, iniziata nel 1963, terminò nel 1968 con 40 unità. Dal 1967 venne sostituita dalla AN-22. La AN-22 (denominata anche MR-22) era una bomba a caduta libera derivata o convertita dalla AN-11. Nata per rimediare agli inconvenienti di quest’ultima era prevista per il lancio a bassa quota, considerato essenziale visti i progressi nelle difese aeree sovietiche. Molto simile nel peso e nelle linee generali, era anch’essa al plutonio, con una potenza ufficiale indicata in 60-70 kt (in realtà almeno 75 kt). Era dotata di migliorati dispositivi di sicurezza. Dopo il 1973 i progressi nella miniaturizzazione consentirono, mantenendo inalterata la potenza, di diminuirne il peso da 1400 a 760 kg e ridurne le dimensioni. L’arma aveva un parafreno ritardante ed era dotata di spoletta a tempo per lanci da alta quota o di spoletta radar per le basse quote (finalmente funzionante). Ne vennero prodotte 36. Entrata in servizio nel 1967 venne ritirata nel 1988 con l’arrivo dell’ASMP. La AN-52 (MR-50) era una bomba tattica, anch’essa al plutonio, e condivideva la testata MR-50 CTC (charge tactique commune) del missile Pluton, provata nel 1966 con uno scoppio da 30 kt. La AN-52 era un ordigno a basso potenziale lanciato da Mirage IIIE, Jaguar A, Super Etendard. Sperimentata nel 1973, entrò in servizio lo stesso anno. Aveva due opzioni di potenza, 6-8 kt e 25 kt (ma qualche fonte indica 14-18 kt ed un peso di 600 kg) . Pesava 455 kg ed era lunga 4,2 metri con un diametro di 0,6m. L’altezza ottimale di scoppio era prevista in 150 metri. Il parafreno utilizzato precedentemente si attivava solo quando il velivolo iniziava la salita per il lancio (toss bombing), venne poi sostituito con quello attuale per lancio orizzontale. Fino al 1991 ne vennero costruite un centinaio. Dal 1992 venne sostituita anch’essa dall’ASMP. E’ interessante osservare che la Francia ha deciso, in quel periodo, di non sviluppare bombe termonucleari a caduta libera. Non fanno eccezione alla regola le B28 americane, impiegate dagli F100D francesi dal 1961 al 1966, fornite solo con testate da 70 kt sotto controllo americano e situate in Germania ovest.
  2. Al seguente sito, http://www.militarypictures.info/nuclear/C...r_bomb.jpg.html appare la foto di una bomba nucleare cinese imprecisata (anzi, la versione da esercitazione), apparentemente di tipo piuttosto vecchio:
  3. Un bel disegno del Bloodhound, apparso come inserto su una rivista degli anni’60. Notare che la velocità massima è indicata in 4200 km/h (mach 4), un dato che appare in molte pubblicazioni del periodo. P.S.: ho provato CTRL+C ecc…Non succede niente…Sigh!
  4. Benvenuto ! E auguroni per il futuro. E subito qualche consiglio: 1) prima di ogni altra cosa, leggi il regolamento. Dopo averlo letto, rileggilo. 2) se ti viene una bella idea per un nuovo argomento...La stessa idea è già venuta a qualcun'altro ! Così, prenditi una settimana libera e leggiti tutte le pagine del forum...Non rischierai che i cattivissimi moderatori ti diano un 10% e...Troverai moltissimi dati sulla tua passione preferita ! 3) Non cercare di diventare "generale"in due mesi...Come nella realtà, non sempre il grado rappresenta le capacità o la preparazione di un individuo. 4) Usa sempre, come hai già fatto, modi cortesi. Rispetta i membri del forum; evita litigi in diretta, puoi inviare messaggi privati se lo ritieni opportuno. 5) ...E non dimenticare che tutto ciò che scrivi rimane per sempre nella rete. In eterno. Non farti ricordare per qualcosa di brutto... Saluti Gian Vito.
  5. Abbiamo detto più volte, parlando di missili aria-aria, che la gittata effettiva dipende da molti fattori. Tra questi, uno dei più rilevanti è la quota di lancio. Perché l’aria densa a bassa quota tende a frenare il missile molto più rapidamente. Una nave da guerra lancia i missili a quota 0. E non può neppure impartire al missile una certa velocità iniziale perché, sostanzialmente, è ferma. Così, benché armi come l’Aspide o lo Sparrow ad alta quota possano anche superare i 40 km, la portata utile navale si aggira tra i 15 e i 20 km. Ed anche la velocità massima e la quota raggiungibile ne risentono. Sono classificate infatti come armi per “difesa di punto”.
  6. Durante la ricerca dei dati ho trovato un solo episodio...Mancato (per fortuna!). Un Boeing 707 di linea aveva spento il transponder ed aveva invertito la rotta, picchiando per perdere quota velocemente. Venne rilevato come un bersaglio non identificato in avvicinamento a media quota a quasi mach 1. L'episodio si è verificato a Cipro, dove erano stati dislocati i Bloodhound. A soli 10 secondi dal lancio, la riattivazione del transponder ha evitato il peggio. Volevo farvi un copia e incolla, ma non si può. Ecco il sito dove trovare il testo: http://www.bloodhoundmkii.org.uk/112s_FH.htm
  7. In rete si può trovare qualcosa, ma occorre una ricerca approfondita. A questo indirizzo, verso la fine, si possono vedere due filmati tratti da Youtube (in tedesco) che riguardano proprio l'impiego del missile in Svizzera, e si può leggere qualche dato. http://forum.keypublishing.co.uk/showthread.php?t=76842
  8. Ecco altre immagini del missile e di uno statoreattore Thor.
  9. Bristol-Ferranti “Bloodhound” Frutto di un progetto del 1949 denominato Red Duster, il Bloodhound fa parte della categoria dei missili “a statoreattore”. L’arma, realizzata dalla Bristol Aeroplane e dalla Ferranti (il sistema di guida), è entrata in servizio in due modelli. E’caratterizzata da una insolita disposizione dei booster che non si trovano dietro il missile (come nei Nike o nei Sa-2) ma attorno, perciò è estremamente compatta. La prima versione divenne operativa nel 1958, dopo un intenso ciclo di prove e numerosi centri “in pieno”contro Meteor e Canberra a quote fino a 15000 metri, ottenendo una SSKP del 66%. Il Bloodhound Mk 1 venne dislocato in postazioni fisse a difesa delle basi dei bombardieri V. L’Mk 1 è lungo poco meno di 8 metri, compresi i 4 booster Gosling. Pesa al decollo 2040 kg. I booster accelerano a oltre mach 2 il missile e si sganciano dal corpo principale dopo 4 secondi. Ed entrano in azione i due statoreattori Bristol Thor BT 2. La velocità di crociera raggiunge i 2,2 mach e permette l’intercettazione a quote tra i 300 ed i 18-21000 metri. Il raggio d’azione operativo è di 56-64 km. Quello massimo raggiunge i 96 km. Il missile è dotato di guida semiattiva radar a impulsi tramite il radar di acquisizione e di illuminazione Type 83 Yellow River. Il radar opera in banda S a 4 Ghz e passa alla banda X a 10 GHz in fase di illuminazione. Il difetto principale del sistema è costituito proprio dal radar ad impulsi, facilmente disturbabile con varie tecniche di guerra elettronica e sensibile al “clutter”nelle intercettazioni a bassa quota. Consapevole dei difetti del primo modello, la Bristol tentò un netto miglioramento col progetto Blue Envoy che avrebbe dovuto portare ad un missile a lungo raggio, più veloce, con “mid course update” e nuova guida SARH ad onda continua (CW). Per ottenere tutto ciò vennero sviluppati nuovi statoreattori da 18 pollici. Ma nel 1957, ritenendo il traguardo irraggiungibile, Blue Envoy fu cancellato. Dato che la sostituzione degli Mk 1 era comunque necessaria, la Ferranti decise di sviluppare un nuovo missile , migliorando gli statoreattori : l’Mk 2. In origine avrebbe dovuto comprendere due varianti, la A a guida Command e testata nucleare (poi divenuta il Bloodhound 3) e la B a guida CW, convenzionale. Gli studi iniziarono nel 1957 sulla versione a guida semiattiva CW e portarono alla capacità operativa iniziale (IOC) nel 1964. L’Mk 2 è più lungo : 8,45 metri compresi i 4 booster Bristol Aerojet Gosling. Pesa 2270 kg. Dopo lo sgancio dei booster, subentrano i due statoreattori Bristol Siddeley BT 3 Thor da 2930-3395 kg/sp ognuno. La velocità di crociera è indicata in 2,7 mach. L’Mk 2 può intercettare bersagli aerei tra 45 e 23000 metri. La portata operativa è di 80 km a bassa quota e 140 km ad alta quota, quella massima teorica è di 185 km, mentre la portata minima a bassa quota è di 11 km. Il sistema può intercettare velivoli a mach 2 ad alta quota. è aviotrasportabile e teoricamente mobile. Le rampe sono ricaricabili in meno di 5 minuti. Il missile ha ricevuto continui aggiornamenti nel corso della lunga carriera. Lo sviluppo di altri modelli non fece molta strada. Il Bloodhound Mk 3 (RO166) era destinato all’intercettazione di bombardieri e missili ICBM. Per ottenere il risultato, avrebbe dovuto montare due nuovi ramjet BS 1009 Thor e nuovi, più potenti, booster. Venne scelta la guida “Command” e una testata nucleare Indigo Hammer da 6,5 kt oppure una Gwen da 0,5-2 kt (quest’ultima si sospetta potesse essere montata anche sui Bloodhound Mk 1 e Mk 2). L’intercettazione degli ICBM nemici (fino a 5 km/sec di velocità) sarebbe avvenuta tra i 9000 ed i 15000 metri di quota. L’idea era di sfruttare l’effetto R1: il flusso neutronico generato da una piccola testata nucleare da 1 kt avrebbe reso inoffensive le testate termonucleari nemiche o ne avrebbe ridotto enormemente la potenza entro un raggio di 720 metri. Si studiarono anche diverse varianti potenziate, come il Progetto 29 con ali più larghe e nuovi statoreattori ed il Progetto 36 da mach 9 bistadio. Ma tutto venne cancellato nel 1960. Anche il Bloodhound Mk 4, versione mobile per l’esercito, il similare Bloodhound 21 con minori ECCM per esportazione, ed il Bloodhound navale, con nuova cellula, non ebbero fortuna. Vediamo adesso perchè il Bloodhound è stato uno dei migliori missili terra-aria mai realizzati. Quando i radar di primo allarme Type 84 o Type 85 Blue Yeoman hanno localizzato i bersagli, passano i dati al controllo batterie (LCP) che calcolano rotta, velocità e quota dei bersagli. I radar di illuminazione (TIR) Ferranti Type 86 Firelight su torri alte 9 metri oppure i Type 87 Scorpion iniziano il tracciamento. Sono sistemi che operano in banda I/J a 10GHz in onda continua (CW). La potenza emessa è molto elevata : si dice che a 200 metri possano “friggere” più di un microonde! Ogni “Bloodhound Flight” (il missile era trattato come se fosse un aereo) è formato da 2-4 sezioni. Ogni sezione, dal Launch Control Post (LCP), controlla 4-8 lanciatori e un illuminatore. Ogni illuminatore controlla 4-8 rampe che ruotano contemporaneamente nella direzione del bersaglio, asservite tramite antenne sul retro del lanciatore. Ogni sezione può lanciare fino a 4 missili contro lo stesso bersaglio, all’interno della zona “senza scampo”. Il controllore al lancio verifica il livello del segnale (signal to noise). Quando il riflesso è sufficientemente forte, avviene l’”aggancio” e i computer danno il segnale di `free to fire'. Un istante dopo viene selezionato e lanciato il primo missile. L’accelerazione in partenza è elevatissima. Il Bloodhound supera il muro del suono subito dopo aver lasciato la rampa. Dopo 4 secondi i quattro booster Gosling a propellente solido con spinta totale di 45360 kg si sganciano, aprendosi a ventaglio, accelerando l’arma a 2,5 mach: velocità minima di efficienza dei due statoreattori BT 3 Thor a propellente liquido della durata di 80 secondi. Il consumo dei Ramjet è un sesto di quello di un equivalente missile a razzo. Il missile a questo punto pesa solo 1814 kg. Così il rapporto spinta/peso arriva a quasi 4 a 1. Il TCU (Thrust Control Unit) aumenta o riduce il flusso di kerosene fino al raggiungimento della quota e della velocità di crociera di 2,7 mach (Climb/Cruise mode). Diverse fonti indicano, però, una velocità massima di mach 3,6 in fase di attacco. Il missile riceve il riflesso radar del bersaglio ma non vi si dirige contro direttamente: l’antenna ricevente rimane puntata durante il volo ad alta quota finchè, giunto in prossimità del bersaglio, il missile si dirige in picchiata seguendo un sistema di navigazione proporzionale modificata che lo dirige in rotta di collisione. Il centro di controllo di lancio (LCP) può in qualunque momento, analizzando il comportamento del bersaglio, comandare variazioni di rotta. In presenza di ECM si può inserire il missile su una traiettoria differente ed attaccare prima il disturbatore. Il bersaglio può tentare una manovra di disimpegno. Sfortunatamente il Bloodhound non manovra come un missile standard. La configurazione è Canard. Le ali anteriori di 2,8 metri di apertura e 2,27 metri quadrati si muovono nello stesso senso o in senso inverso (Twist and Steer). Ed il missile vira piegandosi come un aereo, cosa che assicura una minor perdita di velocità. Inoltre possiede intatta tutta l’energia: gli statoreattori sono ancora in funzione (l’Hercules dopo 30 secondi procede per inerzia, perdendo progressivamente velocità e capacità di manovra). In caso di manovre violente il TCU interrompe l’afflusso di combustibile per evitare problemi di compressione o flame-out negli statoreattori (cosa che capitava nell’Mk 1). Manovre di lock-break nel caso di guida CW sono controindicate: l’illuminatore non è un pulse-doppler. Se vi sono diversi bersagli in formazione stretta il Bloodhound attacca quello previsto. Oppure si può tentare il disturbo radar. Ma il “Dog” è realizzato per operare in ambiente elettronicamente saturo . E’ insensibile al Chaff. Un’antenna ausiliaria nei radar Scorpion di illuminazione (uguale a quella ricevente nel missile) è utilizzata per determinare cosa sta osservando il ricevitore nel missile. Denominata "Jamming Assessment aerial" (antenna di valutazione disturbo), è utilizzata per comparazione in presenza di ECM. Inoltre gli Scorpion hanno un raggio elevato di “Burn-through”. Ma se il disturbo è particolarmente potente? Non basta, è necessario che sia pure sofisticato, perché il Bloodhound è dotato di guida ausiliaria “Home-on-Jam”. La precisione aumenta in fase di avvicinamento finchè la spoletta di prossimità attiva la testata “continuous rod” di 320 kg (rispetto ai 250 dell’Mk 1) che si espande fino a un diametro di 36 metri, disintegrando il bersaglio. L’SSKP stimata varia tra il 40 ed il 65%. Il Bloodhound, prodotto in circa 800 esemplari, rimase in servizio fino al 1991 nel Regno Unito e fino al 1999 in Svizzera (come BL 64). Conobbe un certo successo di esportazione (era offerto come “caccia senza pilota a decollo verticale”!) visto che, oltre alla Svizzera, venne esportato in Svezia (come RB 65 e RB 68), in Australia e a Singapore. La prevista vendita ad Israele e a molti altri paesi venne impedita dagli…Stati Uniti ! E per due motivi: le ottime prestazioni dell’arma, paragonabili o superiori a quelle degli Hawk e degli Hercules ed i contenuti tecnologici (Ramjet) di proprietà americana: una certa somiglianza col Bomarc non era casuale. Il prezzo dei Bloodhound, infine, non era concorrenziale, visto che i Nike Hercules venivano praticamente “regalati”ai paesi Nato ! Ed ora un bel modellino…
  10. L’impiego del cannone nel tiro aria-aria è in disuso. E non da oggi. Fin dai tempi del Vietnam e delle guerre arabo-israeliane i missili hanno giocato un ruolo sempre più importante, anche a fronte di percentuali di successo per nulla esaltanti. Per motivi precisi. Il cannone ha una portata massima molto limitata, una portata minima di sicurezza di 300 metri, richiede un buon addestramento, non garantisce l’abbattimento e, con le capacità di manovra dei caccia moderni, è difficile ottenere una raffica utile di durata superiore a 0,5-1 secondo. Non è neppure un’arma con un Pk altissimo. Cosa che ha richiesto, spesso, più di una raffica per ottenere un “kill”. Queste considerazioni avevano spinto gli inglesi ad interrogarsi sulla convenienza di un cannone sul Typhoon. Perché il cannone aveva ancora un senso quando i missili mancavano il bersaglio nell’80% dei casi. Oggi invece lo centrano con la stessa percentuale. Naturalmente rimane “l’ultima arma”(come la pistola per il fante), potente, precisa. Ma, onestamente, ve la sentireste di affrontare un F15 israeliano con missili Python e casco di puntamento, col vostro caccia armato di cannone ? Solo in circostanze eccezionali un caccia, lanciate tutte le armi, resterebbe in zona d’operazioni armato solo di cannone. Non si rischiano 100 milioni di euro (più il pilota) per attaccare “alla sciabola”gridando “Banzai!”. Il cannone rimane una ottima, economica arma per bersagli facili o per l’attacco al suolo o per raffiche di “avvertimento”in tempo di pace. P.S.: Anche se, in esercitazione, è proprio quello che ha fatto un F22.
  11. Gian Vito

    AIR 2 Genie

    Altre immagini del Genie:
  12. Gian Vito

    Mighty Mouse

    La carica era di 2,7 kg e veniva paragonata ad un proiettile da 90mm in pieno sul bersaglio. In altri termini, sufficiente per abbattere con un singolo razzo qualunque bersaglio aereo.
  13. Gian Vito

    AIR 2 Genie

    Douglas Air 2 Genie La necessità di affrontare la minaccia dei bombardieri sovietici armati di testate nucleari, aveva visto, inizialmente, lo sviluppo dei razzi aria-aria Mighty Mouse, da lanciare in gran numero e saturare così l’area bersaglio. La probabilità di colpire era data dal numero elevato di razzi. La limitata portata e la scarsa precisione non consentivano, però, una efficace difesa. I primi missili aria-aria, invece, muovevano ancora i primi passi ed erano tutt’altro che a punto. Come soluzione al problema la Douglas pensò così di sviluppare un’arma a carica nucleare. La miniaturizzazione delle testate consentiva già allora di realizzarne una in grado di essere alloggiata in un missile. Ci si accontentò di un razzo, e si risparmiò così lo sviluppo di un sistema di guida che avrebbe ritardato la disponibilità dell’arma. Lo sviluppo iniziato nel 1954, portò all’arma definitiva nel 1956, entrata in servizio nel 1957. Al progetto vennero dati diversi nomi in codice, Bird Dog ,High Card, Ding Dong. Alla fine l’arma venne adottata come MB-1 Genie ed in seguito ridenominata AIR-2A (da Air Intercept Rocket). In servizio fino al 1985-86 ne sono stati fabbricati 3150 assieme ad alcuni razzi da esercitazione (ATR-2A). L’unico altro paese ad impiegarlo è stato il Canada, con testate a “doppia chiave”, dal 1965 al 1984. Operativo solo sugli F89J, F101B e CF101B ed F106, era compatibile con l’F4 e con l’F104, anche se venne proposto pure per gli F102 ed i Lightning. Il suo obiettivo era la distruzione di intere formazioni di bombardieri nemici. Il razzo Air 2A Genie è lungo 2,95 metri, ha un diametro di 44 cm (a parte la testata), una apertura alare di 1 metro e pesa 373 kg. Il motore Thiokol SR49-TC-1 (mod. TU289) a propellente solido da 16556 kg/sp, assicura 3,3 mach a fine combustione e 9,6 km di raggio d’azione, raggiunti in 12 secondi. La quota massima di impiego è sui 15-17000 metri. E’ immune alle ECM. Impiega la testata a fissione Los Alamos W25 da 1,7 Kt e 99 kg di peso (mod.0 e 1), entrata in servizio col Genie nel 1957, dopo diversi esperimenti nel Nevada e nel Pacifico . Il primo lancio reale di un Genie avvenne nel luglio del 1957 da un F89J Scorpion a 5600 metri di quota. Dopo aver percorso 4200 metri in 4,5 secondi, la testata venne fatta detonare con un comando da terra. Cinque osservatori volontari a terra permisero di dimostrare la non pericolosità dell’arma su aree abitate. La radiazione risultò trascurabile (si usava fare così, a quel tempo!) Come avveniva un attacco col Genie ? Il sistema di controllo del fuoco dell’intercettore, diretto in rotta di collisione a tutto postbruciatore, pochi minuti prima del lancio armava l’arma, calcolava velocità, distanza e “aspetto” della formazione nemica ed inviava i dati al razzo attraverso un cavo. Nel caso dell’F106 l’arma veniva sganciata dalla stiva. La tensione su un cordoncino attaccato al motore del razzo in caduta attivava una batteria termica che dava un impulso elettrico all’innesco del motore. Il razzo, stabilizzato per rotazione grazie a quattro piccole alette inclinate nello scarico, aveva una spoletta a tempo che non armava la testata fino allo spegnimento del propulsore, poi iniziava il conteggio alla rovescia a cui seguiva la detonazione. Questo per dare tempo all’intercettore che, subito dopo il lancio, effettuava una rovesciata o virava stretto e picchiava allontanandosi verso il basso, per sfuggire all’onda d’urto. Ogni 6 mesi i razzi venivano smontati, ispezionati e testati. Il propellente era incline a fessurarsi a bassissime temperature, cosa frequente in molte parti degli Stati Uniti. Così il motore aveva un sistema di riscaldamento per mantenere la temperatura adatta. Era sigillato contro le intemperie, ma inizialmente il rivestimento protettivo, in caso di lancio, tendeva a frammentarsi e finire nelle prese d’aria del caccia. Il razzo, pur non dotato di “permissive action link”, disponeva comunque di alcuni circuiti di sicurezza elettronici per la testata inseriti a partire dal modello 1 (il mod.0 è stato ritirato nel 1961-65). Una versione migliorata, l’MMB-1 Super Genie, non venne realizzata. Ma la sigla Air 2B Super Genie venne attribuita, dopo il 1975, ad una nuova versione del peso di 400 kg prodotta dal 1965 al 1978, con maggiore vita operativa, minori problemi di temperatura, e dotata di un nuovo motore a più lunga durata di combustione in grado, forse, di accelerare l’arma a Mach 4 e di aumentarne la portata a 13-15 km. Le fonti non sono concordi al riguardo. Ed ora vediamo gli effetti dell’arma. Molte fonti riportano un raggio di distruzione di 300 metri, decisamente inferiore alla realtà, altre di 600, altre ancora parlano di 1 miglio cubico. Proviamo a calcolare. La W25 sviluppava 1,7 Kt. Circa 9 volte meno della bomba di Hiroshima (15 Kt), che è stata in grado di distruggere muri in mattoni a 2,4 km dal punto zero, causato danni lievi fino a 4 km e la rottura delle finestre a 12 km. Ma un bombardiere è molto più fragile. Dobbiamo utilizzare i dati ricavati durante le esplosioni nel Nevada, con bombe da 20 Kt e bersagli predisposti. I velivoli risultarono pesantemente danneggiati già con sovrappressioni di 0,1 kg/cmq. Contro aerei parcheggiati all’aperto a 2 km di distanza, i danni furono gravissimi, lievi fino a 4 km. Il raggio di distruzione istantanea di un Genie risulta così di oltre 800 metri (a meno di 300 i velivoli saranno vaporizzati o sbriciolati). Ma oltre questa distanza l’onda d’urto riuscirà a danneggiare ancora gravemente, strappando letteralmente parti del velivolo, provocando lo spegnimento dei propulsori, la rottura di eliche, piloni di sostegno di motori e armi, superamento dei limiti strutturali locali, scardinamento dei tettucci, ecc. fino ad una distanza di oltre 1600 metri. E non è ancora finita. Una sovrappressione di 0,035 kg/cmq è sufficiente per rompere i vetri delle finestre. Così fino a 6-8 km di distanza i tettucci risulteranno danneggiati con possibile conseguente decompressione. Onda termica: il lampo ha una durata di 3 decimi di secondo, la palla di fuoco un raggio di 40 metri. Entro 200-300 metri è in grado di fondere i metalli leggeri. Provocare ustioni di 3° ed accendere materiali come la gomma ad almeno 800 metri. Può accecare all’istante i piloti entro diversi km e fondere o far perdere consistenza a materiali come gomma, plastica e simili. E’ facile immaginarne l’effetto su un radome o sul plexiglass. Effetto EMP: a distanze ancora superiori l’impulso elettromagnetico farà “saltare”ogni genere di dispositivo elettronico non protetto, come radar e radio e potrebbe rendere inattive le armi trasportate. Infine le radiazioni ionizzanti, fatali entro 900 metri che, a questo punto, sono l’ultimo dei problemi… Insomma, anche nel caso in cui il bombardiere fosse sopravvissuto avrebbe dovuto abbandonare la missione e probabilmente sarebbe precipitato nei minuti successivi. Un’arma, quindi, in grado di garantire il 100% di Kp. Però, già le dottrine del tempo prevedevano, in caso di previsto uso di armi nucleari, la dispersione delle forze attaccanti come contromisura. In altri termini, ben difficilmente un gruppo di bombardieri avrebbe attaccato in formazione serrata. Non è un caso se, successivamente, sia stato introdotto l’M61 Vulcan sull’F106. Progetti abortiti: Big Q , Seekbat e Tiger II Il progetto finale avviato per la sostituzione del Genie, venne denominato AIM 68 Quetzalcoatl. Denominato per brevità “Big-Q”. Un missile di 65 km di portata e 4 mach, con una testata nucleare W30 da 0,5 Kt, dotato del motore del Bullpup e a guida SARH-IR. Purtroppo abbandonato già nel 1966 dopo poche prove. La stessa fine fece l’AIM 97 Seekbat, un derivato dello AGM 78 Standard Arm, che univa alle capacità antiradar del precedente la guida terminale IR. Un altro progetto interessante e sfortunato, il Tiger II, sarebbe stato invece una Stand-off bomb, una modifica della B61, dotata del motore del Genie.
  14. In effetti il distacco, in decollo, era persino inferiore ! Stiamo parlando dei decolli MITO (minimum interval take off). Ecco un esempio:
  15. L’articolo dice la verità: riuscire a far decollare un terzo della forza in 15 minuti era un risultato, per i tempi, eccezionale. Le singole unità, peraltro, garantivano tempi di gran lunga inferiori, naturalmente con aerei già riforniti ed armati. Apposite gare ed esercitazioni, rappresentate anche in alcuni film storici, consentivano una elevatissima disponibilità di velivoli unita ad una prontezza operativa tale da consentire ai bombardieri di sfuggire ad un attacco preventivo di ICBM. In termini generici, il decollo di un bombardiere non differisce molto, come tempi, da quello di un caccia. Vi sono però alcune precauzioni inevitabili. Si richiede una certa “separazione” in decollo, per evitare che il B52 che segue possa incappare in pericolose scie. Ma lo stesso decollo in successione di una ventina di bombardieri richiede parecchi minuti: il primo decollerà magari in 5 minuti, ma venti bombardieri a 30 secondi di distacco l’uno dall’altro? Ecco spiegati i 15 minuti.
  16. No, per dire il vero, Tom Clancy cita proprio il “bottone di allarme” a proposito del B-2. Il sistema consente ai B-1 e B-2 di “presentarsi al decollo” in soli 3 minuti e mezzo. Per quanto riguarda i velivoli pronti al decollo su allarme, già nel 1987 erano ridotti a un singolo B-1 per base, armato e rifornito, stazionato in prossimità della pista. A proposito dell'effetto EMP concordo con Gianni: i materiali radar-assorbenti avrebbero un effetto irrilevante, viste le energie in gioco nel caso di una esplosione nucleare, e comunque limitato ad una parte relativamente ristretta dello spettro elettromagnetico. Decolli su allarme in tempi eccezionalmente brevi erano già stati conseguiti durante la guerra fredda dai B52 e dai Vulcan con tempi di 3 minuti e dai Victor con 4 minuti (vi sono varie stime).
  17. Gian Vito

    Mighty Mouse

    Mighty Mouse: il razzo aria-aria FFAR da 2,75” Concepito come arma principale di molti intercettori degli anni ’50, il razzo da 70 mm era concettualmente un derivato dei razzi R4M utilizzati dai tedeschi nella seconda guerra mondiale, razzi che sicuramente avevano impressionato gli americani. I primi prototipi del nuovo razzo (Mk1) pare siano stati realizzati alla fine del 1945, con testate inerti. Solo verso il 1948 si arriverà al modello finale Mk4, realizzato dal Naval Ordnance Test Station e prodotto su larga scala dal 1949. Il razzo, presto soprannominato “Mighty Mouse” (dal personaggio di un cartone animato), avrebbe dovuto superare le limitazioni delle armi automatiche, sempre meno adeguate al compito di abbattere bersagli sempre più veloci. Soprattutto nel tiro frontale, la velocità di avvicinamento relativo non consentiva di puntare e sparare un numero sufficiente di proiettili. Il razzo, ad alette pieghevoli (la sigla FFAR sta per Folding Fin Aerial Rocket) e stabilizzato per rotazione, veniva lanciato da contenitori aerodinamici o da razziere retrattili o direttamente da contenitori all’interno della fusoliera degli intercettori. Lungo 1,2 metri e pesante 8,4 kg, era dotato di una spoletta a impatto e di una carica di 6 libbre (2,7 kg). Il motore in soli 1,3 secondi accelerava il razzo ad una velocità variamente indicata in 2,5-3 mach, a seconda della velocità del vettore. La portata non era elevata. Teoricamente si potevano raggiungere i 6000 metri. In pratica la velocità decrescente (dopo 3000 metri si dimezzava), il calo di traiettoria e la dispersione elevata non consentivano di superare i 3400-4100 metri. Naturalmente, nel caso di attacco contro bersagli in avvicinamento frontale, si poteva effettuare il lancio da maggiore distanza. Benchè fosse possibile il tiro di singoli razzi, l’impiego era previsto in salve, di solito a multipli di sei (6-12-18-24 ecc.) utilizzando degli intervallometri e un sistema di dispersione incorporato nei contenitori. Era possibile anche il lancio dell’intero carico in 2-3 salve o in una singola salva (ben 104 razzi, sugli F89, lanciati in 0,4 secondi !). Fino a 9000 metri di quota la dispersione era contenuta in limiti accettabili e si riteneva possibile colpire il bersaglio anche con una salva di 6-12 razzi. A 12000 metri si consigliava il lancio di tutti i 24 razzi. L’intercettazione ideale avveniva con la tecnica della “rotta di collisione”. L’intercettore veniva guidato, da terra, fino a 30 miglia dal bersaglio, sul fianco della formazione nemica. Qui il radar di bordo localizzava i bombardieri e l’aereo si dirigeva verso il “punto futuro”, la zona dove si sarebbero trovati i bersagli nei minuti successivi. L’”aggancio” avveniva ad 8 km di distanza e 30 secondi dal lancio. Il pilota selezionava il numero di razzi, premeva il bottone di lancio e restava in attesa: i razzi sarebbero partiti automaticamente al momento migliore, calcolato dal computer, per assicurare l’abbattimento. La dispersione era alta: la “rosa” copriva un settore della grandezza di oltre “un campo di football” alla distanza di impatto prevista. Considerato che un Tu 95 è lungo una cinquantina di metri, la probabilità di colpire era discreta. Naturalmente era possibile, anche se sconsigliato, il lancio manuale. Dopo il lancio l’intercettore rompeva il contatto salendo o picchiando. Vantaggi: l’attacco su rotta di collisione, rendeva invisibile l’intercettore fino al momento del lancio dei razzi, poiché presentava la sezione frontale. I bombardieri invece avrebbero presentato il fianco, con una eccellente traccia radar ed ottica, in movimento trasversale. E questo avrebbe, inoltre, messo fuori gioco le grandi quantità di chaff sganciate nel settore posteriore dai bombardieri, che avrebbero invece messo in difficoltà un caccia costretto ad attaccare in coda. Svantaggi: i razzi, in realtà, non garantivano l’impatto. Anche lanciati in gran numero, erano efficaci solo contro grandi bombardieri, poco manovrabili. Come dimostrato in molte esercitazioni, i piccoli aerobersagli Firebee sfuggivano regolarmente alla distruzione. Questa storiella è illuminante: http://209.157.64.200/focus/f-vetscor/1511880/posts L’esempio americano venne seguito da molti paesi, come il Regno Unito (razzi RN da 2”) o la Francia (68mm SNEB) che dotarono di razziere i loro intercettori. Declassato poi all’attacco al suolo, il razzo ritrovò nuova vita. Prodotto in milioni di pezzi, è ancora oggi un’arma apprezzata. circa a metà filmato: l’F89 Scorpion qui, invece, l’F94 Starfire.
  18. Gian Vito

    Aerei da Caccia QUIZ!

    Mi ricorda il Sack AS-6.
  19. Ho trovato una fonte, nel mio archivio, che indica proprio una versione da 75mm del pezzo LG40 impiegata a Creta.
  20. La storia degli F-117 armati con missili Aim-9 deriva da alcune sibilline affermazioni a proposito dell’armamento del bombardiere, dichiarato compatibile con la maggior parte delle armi impiegate dall’USAF. Una delle frasi suonava così: “…Ma potrà nascondere nella stiva un paio di Aim-9”. In realtà l’F-117 è un aereo da attacco, con limite di soli 6G in manovra. L’armamento tipico è costituito unicamente da un paio di bombe guidate. Anche l’ipotesi di impiegare missili Agm-88 come aria-aria in funzione anti-AWACS non regge ad un serio esame.
  21. Gian Vito

    Sukhoi Su-33

    La corsa di decollo del Su27 standard al massimo carico è indicata in 450 metri. Ma con un carico leggero è probabile che sia inferiore ai 300 metri (l’F15 può decollare in 275 metri, il Mig29 in 250 ed il Typhoon meno di 300). Questo già consentirebbe, data la velocità di una portaerei ed il vento relativo che ne consegue, il decollo senza catapulta (come ai tempi della seconda guerra mondiale, in molte occasioni). Se a questo aggiungiamo le alette canard e la rampa a prua, non vi è nulla di strano nelle capacità dimostrate dai Flanker navali. Tratto da questo sito: http://www.aviastar.org/russian-aircraft/f.../flanker_2.html In 1981, the carrier fleet development programme was corrected once more. That time it was decided that only VTOL aircraft were to stay. So, the take-off catapult was cancelled too. However, considering the backlog of experience in developing the fourth-generation ship-borne fighters featuring high thrust-to-weight ratio, Sukhoi and Mikoyan's brass supported by LII and Air Force's representatives suggested the Su-27K and MiG-29K fighters be not removed from the carrier and promised to provide them with catapultless take-off via a take-off ramp to be installed at the nose of the carrier. The Su-27 and MiG-29's catapult-assisted take-off capability was to be confirmed by ground tests at the ground-based Nitka training facility which had been built by then in the Crimea. In 1982, Sukhoi prepared the T10-3 prototype fighter for the Nitka facility testing. On 28 August, 1982, test pilot N.F.Sadovnikov performed the first take-off from the T-1 experimental jump-off ramp. The 18.2-tonne aircraft run made up 230 m with a lift-off speed of 230 km/h. Later on, the run was reduced down to 140 m with a lift-off speed of 180 km/h, max take-off speed of the T10-3 having been made 22 tonnes during the ramp take-off.
  22. Confesso di non aver mai sentito nulla a proposito di un missile "L" a forma di bara (ma lo lanciavano gli artiglieri o le pompe funebri? ... Scherzavo, mi è sfuggita). Ho trovato qualcosa a proposito dello sviluppo iniziale di armi del genere in Israele: http://faculty.biu.ac.il/~steing/arms/missiles.htm
  23. Gian Vito

    USS ALABAMA

    On 19 April 1989, an explosion of undetermined origin ripped through her No. 2 turret, killing 47 sailors. The turret remained inoperable when Iowa was decommissioned for the last time in 1990. (da Wikipedia) Adoro la maestosa Yamato che, a parte la presenza di una inutile batteria secondaria, ha rappresentato l’unico esempio di supercorazzata realizzata. Non vi è dubbio che se vi fosse stato “sentore” della presenza di una classe di navi dotate di pezzi da 18 pollici, la corsa ai supercalibri sarebbe continuata. Però non posso non condividere la classifica che vede al primo posto le Iowa. I loro cannoni, nonostante il calibro inferiore, erano pari nelle capacità ma condotti da una direzione di tiro decisamente superiore. Navi più moderne, più veloci, ben protette e molto eleganti. Si sostiene che la corazzatura delle navi dell’asse fosse superiore per estensione e spessore, cosa vera solo in parte. E’ facile ritenere che una Iowa avrebbe fatto a pezzi una Bismarck. Il Vanguard, invece, non mi ha mai convinto, nato tardi e nato vecchio, una via di mezzo tra una King George V e una Bismarck, una soluzione di ripiego con torri e cannoni recuperati e una linea meno elegante. Con una disposizione dei cannoni ormai superata. Stendiamo poi un velo pietoso sulle francesi e sui loro 8 pezzi tutti a prua…
  24. Gian Vito

    Attacco elettronico

    No, certo, era solo un esempio di cosa si può trovare in rete. Le valvole sono state utilizzate estesamente proprio per le elevate potenze generate, utilissime in questo campo. Solo da poco si sono trovati metodi alternativi efficaci. Ed anch'io darei non so cosa per poter parlare con qualche esperto del settore. Perchè vi sono molti punti oscuri, in quel che ho scritto. Un tecnico sicuramente potrebbe riscontrare diverse incongruenze. Ma è quanto di meglio sono riuscito a reperire, quasi sempre in inglese. Per fortuna, ogni tanto, qualcosa viene "declassificata"e la rete è un pozzo da cui attingere. La ricerca continua...
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