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Come macchina di difesa, risponderei che il Tifone gli e' superiore, non fosse altro che e' stato concepito innanzitutto come caccia (il Tifone, intendo). L'EF2000, inoltre, ha dimostrato di avere un'affidabilita' eccezionale ogni volta che e' stato impiegato, di essere, cioè, una piattaforma eccellente cui poter chiedere ancora molto, anche in ruoli di attacco/interdizione (come intendono fare i Tedeschi, che non mi pare siano stupidi). L'F35, al contrario, ha ancora così tanti e così gravi problemi da risolvere, che persino i militari dell'USAF (almeno qualcuno) sono stati sorpresi a "sparare" giudizi tutt'altro che lusinghieri nei suoi confronti. Pare che la Boeing, approfittando di questo massacro, stia intervenendo sui suoi "Super Hornet" per renderli ancora più longevi e appetibili. E, questo, non mi sembra un buon segno per il Lightening II. Ma quello che e' davvero importante, secondo me, e' l'aspetto tecnologico, industriale e politico, come dicevo sopra. Infine, per tutelare gli interessi di una media Potenza come l'Italia e, per dire, coprire nostre Forze di mare e di terra proiettate, per esempio, nel nord Africa o nei Balcani, non sono sufficienti Tifone, Tornado e AMX (col tempo questi due sostituiti coi Tifone) in numero sufficiente, ben condotti e in piena efficienza? C'e' davvero la possibilità di rimpiangere i nostri F35 non acquistati perchè dovremo bombardare Mosca o Pechino? se anche fosse, la mancanza di 90 F35 da utilizzare come bombardieri temo sarebbe un problema non così prioritario.
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E' vero che gli Americani hanno investito tanto, ma non mi sembra che abbiano molte alternative. Sull'efficacia del'F35, come forse voleva intendere vorthex, la risposta temo sia difficilissima, visto le variabili da considerare. L'articolo de "Il Fatto Quotidiano" sopra riportato, al di la' della imprecisioni tecniche, mi sembra che riassuma ottimamente lo stato della vicenda, almeno per quello che concerne il nostro Paese. Le valutazioni devono essere innanzitutto politiche ed economiche, alla luce della tutela degli interessi nazionali che anche le FF.AA sono chiamate a soddisfare. Purtroppo, allo stato attuale delle cose, tali interessi non sono tutelati. Non lo sono economicamente, industrialmente, tecnologicamente e anche sotto il profilo della politica del lavoro. Anzi, il programma in questione sottrae fondamentali risorse ad altri progetti più paganti (uno su tutti, appunto, il Typhoon). Quindi, pur con tutti i distinguo del caso, ti risponderei che il programma F35, allo stato attuale, per il nostro Paese, non solo non e' efficace, ma e' addirittura dannoso.
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Da "Il Fatto Quotidiano" del 21/06/2013 Alla vigilia del tanto atteso dibattito parlamentare sugli F-35, il ministro della Difesa Mario Maurorilancia l’ipotesi di acquistarne addirittura 131 invece dei 90 decisi dal suo predecessore Di Paola, nella speranza di far passare come rinuncia la quota già decisa. Come quei venditori di tappeti che provano a fregarti alzando il prezzo per poi farti lo sconto così da vendere a prezzo pieno. Ma di quei costosissimi 90 tappeti volanti l’Italia non ha alcun bisogno. Vediamo perché, attenendoci ai fatti e considerando le possibili alternative. Il mantra ossessivamente ripetuto dalla Difesa è che gli aerei da guerra in servizio sono ormai decrepiti e l’unico sostituto possibile è l’F-35. La nostra forza aerea attuale non solo basta e avanza a difendere lo spazio aereo nazionale (tanto che ci permettiamo addirittura il lusso di difendere pure i cieli di Albania, Slovenia e Islanda), ma consente anche di cimentarsi, in spregio all’articolo 11 della Costituzione, in campagne estere di bombardamento (basta pensare alla partecipazione della nostra aeronautica alla campagna di Libia del 2011, definita dal generale Bernardis “un contributo di prim’ordine, l’impegno più imponente dopo il secondo conflitto mondiale”). Queste invidiabili performance sono garantite da una flotta operativa ad oggi composta da 128 aerei da attacco (non 250 come continua a ripetere la Difesa) e 48 da difesa (i nuovissimi caccia Eurofighter Typhoon). I velivoli da attacco che si vuol sostituire con gli F-35 sono tutt’altro che rottami da buttare: i 58 Tornado aggiornati negli ultimi anni sono perfettamente operativi almeno fino al 2025/2030, gliHarrier fino al 2027/2030 (lo dice il comando dei Marines americani, certo non poco esigente) e gliAmx, se ammodernati come quelli che Alenia ha venduto al Brasile, potrebbero rimanere in servizio addirittura fino al 2032. Ma soprattutto – questo è il vero scandalo della questione – gli Eurofighter possono facilmente essere modificati in chiave multiruolo, diventando quindi utilizzabili anche come aerei da attacco al pari degli F-35 (salvo per l’invisibilità ai radar, che secondo gli esperti è una caratteristica inutile vista l’evoluzione dei sistemi di rilevamento): lo stanno facendo i tedeschi, che così possono fare a meno degli F-35, e gli inglesi, che hanno usato gli Eurofighter per bombardare la Libia. Scegliere di agganciarsi al programma di Berlino e puntare tutto sull’Eurofighter consentirebbe di risparmiare miliardi di euro. Come spiega in una recente intervista l’ex pilota ed ingegnere aeronautico di Alenia, Armando Armando, “avere una sola linea di velivoli da combattimento sarebbe un grandissimo risparmio nei costi di esercizio contro i costi esorbitanti che si avrebbero per mantenere la linea F-35. Il sistema Eurofighter ormai non ha più rischi tecnici e sarebbe garantita un’altissima efficienza di linea, contro il rischio di avere gli F-35 perennemente fermi per manutenzione, aggiornamento e incognite tecniche, oltre che per motivi di costi”. Un incremento di costi esorbitante e inevitabile a causa dell’assurdo sistema della ‘concurrency’ (consegna di velivoli non ancora testati), criticato l’anno scorso anche dall’allora capo del progetto americano F-35, il viceammiraglio David Venlet: “La concurrency ci costringe a consegnare questo nuovo jet con l’impegno di rimandarcelo indietro dopo un anno per apportare modifiche strutturali senza le quali l’aereo volerebbe solo per altri 3-5 anni”. Ma soprattutto, l’alternativa Eurofighter – rara concretizzazione della tanto auspicata integrazione europea della difesa – rappresenterebbe una scelta politica di indipendenza nazionale ed europea rispetto agli Stati Uniti, quando invece con gli F-35, come più volte ricordato dall’esperto militareGianandrea Gaiani, “saremo totalmente nelle mani di Washington perché acquisiremo sì alcune tecnologie, ma non l’hardware: il sistema computerizzato dell’aereo, il suo cuore elettronico, è accessibile esclusivamente agli statunitensi” e senza quello, semplicemente non funziona. Se quindi un giorno dovessimo usare questi aerei per operazioni sgradite agli Usa, a Washington basterebbe schiacciare un bottone per spegnere i nostri F-35. Concorda il già citato ingegner Armando, exAlenia: “Il controllo delle informazioni tecnico-operative segrete, necessarie all’impiego del sistema d’arma e al controllo della logistica, rimarrebbero prerogativa degli Usa: appare evidente il rischio di un forte quanto inammissibile condizionamento delle nostre scelte politico-strategiche”. E la Difesa italiana che fa? Decide di ridurre il numero di Eurofighter già ordinati e in servizio per far spazio al cacciabombardiere americano. Nel luglio 2010 l’allora ministro Ignazio La Russa cancellò l’ordine dell’ultima tranche di velivoli riducendo il programma Eurofighter da 121 a 96 aerei, dicendo che così si sarebbero risparmiati due miliardi. Ora la Difesa annuncia un’ulteriore riduzione a 72 caccia, derivante dal progetto di svendita – ancora non concretizzato – di 24 aerei già acquistati, che si vuole cedere alla Romania o ad altri nuovi membri Nato con la scusa che sono vecchi: stiamo parlando di aerei nuovissimi, entrati in servizio nel 2004. Conseguentemente, l’Italia decide di chiamarsi fuori dai progetti di sviluppo dell’Eurofighter Typhoon, una scelta criticata anche dagli esperi militari della rivista specializzata americana Defense News: “Nazioni come l’Italia hanno optato per l’F-35 come aereo da attacco, indebolendo i progetti per lo sviluppo di un Typhoon multiruolo”. Progetti, questi sì, che favorirebbero lo sviluppo tecnologico dell’industria italiana in quanto partner del consorzio Eurofighter e non semplice sub-fornitrice come lo è nel programma F-35, dal quale le nostre aziende non trarranno alcun beneficio in termini di ricaduta tecnologica: l’assemblaggio e la manutenzione che verranno svolte a Cameri, ha dichiarato ad Analisi Difesa l’ingegner Cesare Gianni, ex direttore responsabile dei velivoli militari di Alenia, sono “attività di mera esecuzione di processi e specifiche predeterminate, senza conferimento di valore aggiunto e senza la possibilità di ricavarne alcun vero know how, del resto fortemente protetto. Che la scelta F-35 favorisca l’industria italiana, per la quale il caccia americano rappresenterebbe un’occasione irrinunciabile, è un’affermazione che non si può assolutamente accettare e che va contestata con determinazione” poiché, al contrario, questa scelta avrà “conseguenze penalizzanti per l’industria”. Falsa anche la propaganda sui ricavi economici e le ricadute occupazionali. “L’Italia spende 11,8 miliardi di euro e ne ricaverà 15 miliardi, quindi ci guadagniamo 3,2 miliardi”, sentenziava giorni fa il ministro della Difesa con assoluta certezza. Peccato che secondo le stime fatte dagli stessi vertici di Finmeccanica – sempre molto ottimistiche e del tutto ipotetiche – il ricavo non supererà i 10 miliardi da qui fino al 2050, periodo nel quale gli F-35 ci saranno costati in tutto almeno cinque volte tanto. Un affare. Poi c’è il mito, di berlusconiana memoria, dei “diecimila posti di lavoro” che secondo la Difesa gli F-35 creerebbero nello stabilimento di Cameri e nelle piccole e medie aziende dell’indotto. Secondo le ultime previsioni di Finmeccanica, gli addetti di Cameri saranno al massimo 2.500: tutte risorse interne in esubero per il tagli al programma Eurofighter che verranno ricollocati sul nuovo progetto, non nuovi posti di lavoro (quelli, per ora, saranno solo ottanta); inverosimile immaginare che altri 7.500 posti verranno garantiti dalle quaranta aziende dell’indotto (oggi tutte sotto i 120 dipendenti) a botte di quasi 200 assunzioni per azienda. Più realistica l’ipotesi dei sindacati consultati dalla Rete Disarmo, che prevedono una media di 200 occupati a Cameri (con picchi di 600 nelle fasi di produzione intensa) più altri 800 nell’indotto. Alla luce dell’incertezza sulle prospettive occupazionali del programma F-35, risulta ancor più incomprensibile la decisione di uscire dal programma Eurofighter con la certezza di perdere migliaia di posti di lavoro, know how industriale e indipendenza politica. E per cosa? Per dotarsi di un aereo come l’F-35 che di cui lo stesso Pentagono in un recente rapporto denuncia gli incorreggibili difetti strutturali che ne fanno un aereo nato male e nato vecchio, inferiore non solo ai suoi futuri equivalenti stranieri, ma a tutti i caccia già oggi in servizio. “Proprio ieri il Gao (la Corte dei conti statunitense, ndr) in audizione di fronte al Senato americano ha definito il programma F-35 un metodo ‘rotto’ che comporta ritardi e risultati già obsoleti al momento della realizzazione” commentaFrancesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo. “Questo ci preoccupa molto in quanto contribuenti”. “Ma a parte i costi e i problemi – conclude Vignarca – la vera domanda da porsi è: a cosa ci serviranno gli F-35? Perché la Difesa li ritiene così indispensabili? In base a quali prospettive? Sarebbe necessaria una ridiscussione globale del ‘modello di Difesa’ di questo paese, anche con alternative non armate, prima di poter certificare con assoluta sicurezza cosa sia realmente indispensabile per la vita degli italiani”.
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Sperando di non postare un post doppione, non sarebbe meglio, per il nostro Paese, cancellare l'ordine per i 90 F-35 (cosa che mi parrebbe sensata, specie alla luce di un incremento futuro di EF-2000, alla luce del ritorno occupazionale e tecnologico che, invece, il JSF non garantirebbe) o, al limite, acquistare solo i 15/18 per la MM. E anche questi ultimi, non si potrebbero sostituire con (per dirne una) MiG-29K modificati? Bisognerebbe ricostruire mezza "Nave Cavour"? Non sarebbe meglio incrementare al massimo le capacità (e il numero) dei "nostri" Tifone? non sono stealth, vero, ma, se non già oggi, non credo che quel che è "invisibile" oggi lo sarà anche domani. I nostri interessi strategici (quando li vogliamo tutelare) non hanno bisogno degli F-35, specie quando Tornado, Amx e Harrier, se ben protetti, possono durare ancora qualche anno e dire ancora la loro egregiamente (specie i Tornado). Grazie
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grazie! lo stavo giusto cercando...
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Lo posto qui, i moderatori valuteranno dove è meglio metterlo http://www.difesa.it/Sala+Stampa/Rassegna+...amp;pdfIndex=10 In pratica, stiamo parlando di tagli: il 7% per il 2009 ed il 40% per il 2011 Ragazzi, se è vero...beh, io non trovo le parole... Insomma, non sono nemmeno 100 giorni ed il nano mafioso di Arcore e cricca varia ha già: 1) Smantellato (o, nei fatti, questi saranno gli effetti, con buona pace dei Fede di turno) il sistema giudiziario o quel (poco) che funzionava ancora decentemente (e lo chiamano "Decreto Sicurezza"!!!) per i suoi porci comodi (ancora!! ) 2) Coperto di ridicolo il Paese con un governo di Yesmen e mignotte da calendario (i Tedeschi, con noi sempre teneri, hanno riempito per quasi una settimana i loro giornali con le tette e il culo della nostra celebre neoministra...) 3) Garantito al Vaticano esenzioni fiscali, entrate extra ed immunità giudiziarie come mai dai tempi dello Stato della Chiesa 4) Garantito l'appoggio delle nostre truppe (a questo punto, però, mi viene da chiedermi "con quali mezzi?") per la tutela di non si capisce bene quali nostri interessi ed incassato il ""vaffanc*lo, grazie" a proposito del "5+1" per le questioni iraniane 5) Annunciato provvedimenti fiscali a dir poco inutili come la cd "Robin tax" 6) Confermato nelle sue linee più demenziali una legge già demenziale come la Bossi-Fini che, per un fine degno e giusto, utilizza mezzi e procedure assurde ed inattuabili che sortiscono, in definitiva, l'effetto di tener lontani i lavoratori stranieri e spalancare le porte ai delinquenti stranieri. 7) Riaffermare la necessità (???) di opere inutili o non prioritarie (Ponte sullo Stretto) quando non dannose (TAV) e utili solo per gli amici degli amici 8) Mi fermo solo perchè è tardi Insomma, con questi figuri dovremmo affrontare le varie crisi globali e quelle di casa nostra? :unsure: Che il cielo ci aiuti!
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Anch'io credevo (ma senza alcuna cognizione di causa) che per il "balzo" verso Marte fosse sensato partire da una base lunare. Invece leggo (sorry, ma non ricordo la fonte) che, da un punto di vista economico, sarebbe addirittura una fesseria. In pratica, si tratterebbe di allestire la spedizione in orbita e da lì partire. I costi, altrimenti, sarebbero enormi (persino per un consorzio internazionale) e, in fin dei conti, sarebbe uno spreco che nessuno potrebbe permettersi. La Luna (e, pare, ancor più gli asteroidi) sono una miniera di cui presto avremo assoluto bisogno: sulla Terra non è solo il petrolio in via di esaurimento. Inoltre, se davvero le future centrali saranno a fusione, per farle funzionare mi dicono serva l'elio3, elemento molto abbondante sulla Luna e praticamente inesistente qui.
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http://it.youtube.com/watch?v=rTt457Yxb50
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PRIMO: Non sono il clone di nessuno. SECONDO: Se sono fascista, a te non l'ho mai dichiarato. Di sicuro, non ho mai fatto apologia di fascismo. Insomma, se non capisci quanto leggi, prenditela solo con te stesso. TERZO: Se c'è qualcuno che assomiglia "ai comunisti", quello sei proprio tu. Al contrario di te, io non mi sono mai accontentato di spiegazioni superficiali in salsa "arrivano i nostri". Di sicuro, sono sempre stato pronto a modificare (o cambiare) le mie idee, arricchendole di nuove conoscenze e nuove informazioni. QUARTO: Comunque sia, io non devo rendere conto ad un bamboccio cresciuto a "guerra d'eroi". Fine della lezione.
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Non basta dare risposte troppo semplicistiche. E' inutile e pericoloso, oltre che sciocco. Hitler sarebbe divenuto Cancelliere se la Germania non fosse stata umiliata e rovinata nel '18? Se gli USA non avessero strangolato economicamente il Giappone, credi che Pearl ci sarebbe stata? Non ti piace pensare alla guerra? credi che "pippo" fosse in vacanza? credi che non fosse guerra? in effetti, certe azioni sono porcate. E le porcate ci sono state da tutte le parti. Ti piaccia o meno.
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Le isterie collettive nascono quando mancano fonti e testimonianze dirette. Personalmente, non conosco il modello di aereo utilizzato da "Pippo", nè la sua funzione tattica o strategica e, ai fini di quanto ho postato, nemmeno mi interessa. Quando ti capita di rovistare tra le macerie di una casa alla ricerca di cadaveri di gente con cui hai vissuto, bene: TU puoi definirti fonte diretta. Se a te piace pensare alla guerra come ad un vecchio film western dove i cattivi sono solo da una parte, questo è un problema tuo.
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A proposito di sollecitazioni strutturali, vado un momento OT per ricordare un piccolo aneddoto letto non ricordo più dove. Per quanto più moderno e migliore del Bf109, l' FW190 non incontrava il favore di tutti i piloti della Luftwaffe (Hartmann, per esempio, preferì sempre il Messerschmitt al gioiello dell'ing. Tank). Qualcuno, all'inizio, sospettava che non fosse neppure più robusto del me109. Per provare che i colleghi che denigravano il Focke Wulf avevano torto, un pilota Luftwaffe (già pilota Lufthansa, e per questo, ancora più incredibile nell'incoscienza...) portò il suo "190" alla massima altitudine consentita e, a tutta manetta, cominciò una pazzesca picchiata verso il suolo. Secondo quanto riportava il testo, se, quel giorno, non si arrivò a Mach 1 fu solo perchè l'elica, a quella velocità, opponeva un eccessivo freno aerodinamico!! Comunque, richiamatolo con un certo sforzo all'ultimo momento per evitare lo schianto col suolo, il pilota raccontò che mai avrebbe pensato che un aereo potesse gemere e scricchiolare tanto. Ma, comunque, vinse la pazzesca scommessa: una volta atterrato, insieme ai commilitoni esaminò l'aereo e tutti rimasero piuttosto stupiti nel constatare che non mancava nemmeno un bullone...
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Mah, non saprei... Ricordo un commento sulla struttura trapezoidale delle ali dello "Zero" (la versione A6M5, ad essere precisi) dove si parlava di "robustezza a tutta prova". In compenso, so che erano i Tedeschi sul Me-109 ad essere sempre sul chi vive per il problema di cui parli...
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Sul "kikka", si trattava di un caccia-bombardiere e, nonostante la somiglianza con il Me-262, era un prodotto nipponico quasi del tutto originale. Il ki-61 fu un caccia eccellente (diede origine al ki-100, da molti considerato il migliore insieme al ki-84), ma i Giapponesi ebbero sempre gravi noie al motore, un DB-601 costruito su licenza. Qualcuno ha parlato di una copia evoluta del He-112. In generale, come detto sopra, gli aerei giapponesi (specie all'inizio del conflitto) erano aerei molto agili, ben costruiti e aeronauticamente robustissimi, ma estremamente fragili (cioè pessimi incassatori) e, spesso, poco armati (il ki-43, per esempio, era armato con solo 2 mitragliatrici da 7,7 mm!)
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Vorrei solo puntualizzare una cosa. Si parla di Pippo, mi pare, come di un nemico, ma, fondamentalmente, simpatico rompiscatole. Sono, per metà, veneto (zona di Caorle, più o meno...) e in famiglia mi è capitato di sentire parlare di "Pippo" e delle sue imprese. E ne ho sentito parlare sempre con un certo livore, sicuramente mai con (diciamo così) rispetto. Questo perchè il soggetto in questione prendeva di mira tutto quello che gli capitava, facendo il tiro a segno non rischiando nulla anche perchè gli obiettivi erano quasi sempre case di contadini. Una famiglia di quasi 20 persone, per esempio, fu interamente massacrata. Donne e bambini compresi.
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INTERVISTA A LUIGI GORRINI Asso della Caccia della Areonautica Nazionale Repubblicana Andrea Benzi Abita ad Alseno, a ridosso della via Emilia, in piena pianura Padana. Luigi Gorrini, incredibile asso dell'aviazione, uomo energico e fiero, combattente audace, aderì alla repubblica Sociale Italiana e difese le case dei nostri padri e dei nostri nonni, uno contro cento, dalla furia devastatrice e dai bombardamenti terroristici dei cosiddetti liberatori. In questa intervista, una commovente e toccante carrellata sull'Italia in guerra, un'Italia che molti buonisti vorrebbero mai esistita oppure marginale, ma che loro malgrado e stata e sarà Domanda: Dove si trovava il 10 giugno del 1940? R. Il 10 giugno 1940, avevamo già avuto sentore che qualcosa stava succedendo. Io ero di base sull'aeroporto di Mondovì, dove era distaccato il 18° Gruppo, che era un gruppo del 3° stormo da caccia che propriamente era a Mirafiori, dove rientrammo per armare gli aerei quali non erano armati. Da lì la mia squadriglia andò a Novi Ligure e poi ad Albenga, per essere destinati contro i Francesi, dove vi era uno dei migliori aeroporti, migliore perché aveva la pista in cemento, laddove gli altri aeroporti avevano le piste erbose. Mi trovavo ad Albenga quando Mussolini stava facendo il famoso discorso vi fu subito un allarme per aerei nemici su Genova. Domanda: Che aerei avevate? R. Avevamo i CR 42, una macchina già superata, strasuperata all'epoca. Biplano di tela, senza corazze, senza apparecchi radio che funzionassero, con impianti d'ossigeno malfunzionanti. Era un gran bell'apparecchio in quanto a maneggevolezza, armato da 2 mitragliatrici da 12,7, mitragliatrici efficaci, ma se pensiamo alle otto da 8,7 di cui disponevano gli Spit e gli Hurricane...Vi furono alcuni combattimenti: siamo andati a fare mitragliamento sui loro aeroporti, vicino a Tolone. Il primo mitragliamento andò male: fu una cosa strana perchè raggiungemmo l'obiettivo, trovammo tutti i loro aeroplani, li mitragliammo, ma nessuno poté mettere a rapporto di aver visto incendi. Pensammo fossero le nostre pallottole difettose e facemmo al ritorno una prova: sparammo con un aereo in una latta di benzina che invece si incendiò subito. La nostra ricognizione che accertò che erano sagome: avevamo sparato su delle sagome e ci avevano fregati. Ma il giorno dopo li fregammo noi: piombammo su un altro aeroporto a mezzogiorno in punto, due squadriglie di protezione su e noi giù a fare mitragliamento. Avvenne un combattimento molto duro e per fortuna si alzarono in vola solo tre o quattro dei loro Dewoitine 520: ci tirarono giù due dei nostri, i due gregari del comandante di gruppo, il maggiore Mossilla, già comandante in Spagna delle squadriglie di mitragliamento a terra della guerra di Spagna (le famose tre frecce col fascio nero e "ocio che te copo") Domanda: Quale era l'atmosfera generale , qual era il morale all'entrata in guerra? R. Il morale era molto alto. Credevamo inoltre di averci degli aerei validi, ma quando abbiamo cominciato a vedere cosa aveva il nemico, in questo caso la Francia, parlo dei Dewotine e dei Morane, ci dovemmo ricredere. Io poi ho conosciuto quelle macchine in seguito, quando mi recai in Francia a prendere alcuni loro aeroplani che erano rimasti al Governo di Vichy (cominciavamo a scarseggiare dei nostri ed avevamo bisogno di tutto). Era come paragonare un triciclo ad una Ferrari... D. Come era lo stato della Regia Aeronautica? R. All'inizio della guerra avevamo due tipi di aeroplani: il CR 42 della FIAT, biplano, ed il Macchi 200, aeroplano noioso e da naso, i primi se si stringeva si partiva in rotazione; ma era un buon monoplano, una macchina che si adattava molto bene. Sapevamo però e ci avevano detto che erano pronti il 200 ed il 202, sempre della Macchi. La FIAT aveva ricevuto una cospicua commessa di produrre tanti CR42...penso che abbia continuato fino alla fine della guerra...i Macchi potevano andare meglio. D. Ed il Fiat G.50? R. Il Fiat G.50 era un monoplano, molto da naso, ...ha fatto molte vittime e quando è uscito era già abbondantemente superato. Una macchina strana, dovei stare molto attento in fase di decollo e di atterraggio. Noi pensavamo comunque di vincere la guerra, dopo invece...Guardi gli unici aerei competitivi che abbiamo avuto sono stati il Macchi 202 ed in particolare il 205: con questo potevamo tener testa agli Spitfire, agli Hurricane e persino agli americani con i loro Mustang, durante la Repubblica [sociale]. Certo che il Mustang era superiore, perché a 10000 metri i comandi con il 205 non li sentivi già più. Forse il migliore di tutti i nostri è stato il Fiat G.55, lì potevi andare anche a 10000 metri, ma ne produssero davvero pochi. D. Torniamo al primo impatto con gli aerei francesi. Che cosa provò? R. C'è da dire che la Francia era davvero allo sbando...Ma io ero un pivellino, ero entrato in aeronautica nel 1937 ed arrivai al reparto i primi mesi del 1939. Ero l'ultimo arrivato della mia squadriglia, quindi inesperto di guerra. Però con me vi erano piloti che avevano fatto la guerra di Spagna, e fu davvero una fortuna perché, arrivando al reparto fui affiancato a due anziani su disposizione del comandante di squadriglia; ogni squadriglia allora aveva la pattuglia acrobatica e mancava uno a fare il fanalino della pattuglia acrobatica. Fu così che mi venne assegnato il sergente maggiore Bortolotti Tullio come istruttore acrobatico e il sergente maggiore Rozzi, oggi generale, come addestratore bellico, simulavamo in volo la caccia. Io devo a lui, reduce della Spagna e membro della famosa squadriglia della Cucaracha, tanti preziosi insegnamenti. Mi ha insegnato tanto. D. Ma che cosa pensava del nemico che aveva di fronte? R. I primi combattimenti in Francia...non avevo il coraggio di sparare. A me, quel signore che mi stava di fronte non aveva fatto niente; durante la guerra, nonostante tutto, ho sempre cercato di non sparare sulle cabine, dove stava il pilota, ma cercavo di sparare sempre sull'aeroplano, alla macchina. Certo dovetti svegliarmi, perché nessuno scherzava: guardi quelle foto...una cannonata sul 205 che mi sfiorò la testa, fortuna che vi era una corazza difensiva, fu un colpo di un cannoncino da 20 mm...Insomma, in Francia, le prime volte avevo l'aeroplano d'avanti e non mi decidevo a sparare. Un bel momento il comandante, il maggiore Ussilla, mi affiancò e fece quello che avrei dovuto fare io. Poi a terra mi riprese: "Che caz*o aspettavi? Se devi fare la guerra in questo modo, è meglio che tu stia a terra!" Però sparare addosso ad una persona ...Ma posso dire di aver assistito, da parte dei Nostri nemici, ad episodi terribili: mitragliamenti di piloti nostri che abbattuti e che scendevano con il paracadute. Io li buttavo giù, li seguivo mentre scendevano con il paracadute, li ho persino buttato la borraccia dell'acqua...erano uomini come me. Comunque per me era una cosa nuova, mentre gli anziani della Spagna la sapevano già lunga. D. La guerra va avanti, il conflitto si inasprisce. Cosa successe dopo la campagna di Francia? R. Finita la Francia tornammo a Mirafiori e giungevano strane notizie dall'Africa. Perché, vede, se noi eravamo a terra sul territorio nazionale, in Africa erano sottoterra: avevano i CR 32, ancora quelli della Spagna, degli AB 1, dei Breda 64 e 65, facevano un po' di mitragliamento...Per rafforzare la situazione in Africa, un gruppo di 50 aeroplani del nostro stormo venne mandato in Libia. Il trasferimento si svolse senza problemi e potemmo subito rientrare in Italia dove ci consegnarono nuovi CR 42 prodotti dalla Fiat: nuovi, ma ancora identici ai vecchi, cioè senza corazze. Tanto è vero che, noi piloti avevamp adottato qualche piccolo accorgimento: uno era quello di riempire il portabagagli che avevamo dietro la testa (ci mettevamo gli effetti personali) con un sacchetto di sabbia che poteva fermare le pallottole. Il maresciallo Sozzi, che mi salvò la vita sul cielo d'Inghilterra, avevo lo Spit di dietro e non me n'ero accorto e lui si butto fra me e lo Spit, e ...prese la raffica lui. Una pallottola gli perforò i polmoni: riuscì ad attraversare, ferito, la Manica e atterrò di fortuna a Calais...i Tedeschi furono bravi a recuperarlo subito. Era stato proposto dal generale Fusi, comandante del corpo di spedizione, per la medaglia d'oro. Quando l'ho ritrovato un po' di tempo dopo..."E allora?" "Eh belin, belin-rispose da buon genovese- la medaglia me l'hanno data, ma d'argento...sai ho i gradi qui (e indicava la spalla dove stanno i gradi dei sottufficiali)". I sottufficiali erano discriminati nell'assegnazione di medaglie: per loro ci doveva essere la testimonianza in volo di almeno due persone. Gli ufficiali invece tornavano, raccontavano e ...venivano creduti sull'onore. Ma io, che ero sottufficiale, ho tutto a posto: verbali, rapporti, prove concrete, prigionieri. Ho 24 aeroplani abbattuti individualmente! Senza contare quelli che ho contribuito ad abbattere con altri e quelli che ho distrutto a terra...Un ufficiale tornava alla base, affermava di aver abbattuto un aereo ed era una medaglia d'argento. Io ho abbattuto 19 aeroplani prima dell'8 settembre, avevo diritto a tre medaglie d'argento che mi hanno commutato in una d'oro. D. Quindi partecipò anche alla Battaglia d'Inghilterra? R. Come le dicevo, tornato dal trasferimento in Africa, ci consegnarono nuovi aeroplani CR 42: senza corazze, impianti d'ossigeno malfunzionanti, salvagenti di marina troppo grossi che ci impedivano i movimenti. Da Torino partimmo ed atterrammo a Monaco dove facemmo rifornimento: ricordo che nevicava. Di lì ancora fino a Francoforte e poi da lì fino in Belgio, ad Ursell: una cosa assurda e incredibile, il campo proprio non si vedeva, anche il comandante era stupito. Un bel momento abbiamo visto degli alberi, pini, che si muovevano, delle mucche per terra. Era tutto mimetizzato e così bene che gli Inglesi non sono mai riusciti a trovare quel campo: c'era perfino una grande fattoria di cartone co porte e finestre, mucche di gomma gonfiabili e pini che una volta tolti venivano rimessi al loro posto per coprire i rifugi degli aerei a loro volta coperti da reti. Eravamo in braghe di tela: pensi che non avevamo riscaldamento sugli aerei, che peraltro erano aperti. Volavamo anche a trenta gradi sottozero a terra! Se si doveva partire alle 11 di mattina, i poveri specialisti si attaccavano alle eliche degli aerei che non riuscivano a far girare: l'olio era diventato duro. Il mangiare in un primo tempo non era buono, ma poi arrivò la logistica dell'intero corpo italiano e la musica cambiò. Fango da tutte le parti. Le operazioni venivano decise dai tedeschi e a noi spettava la scorta ai nostri bombardieri: era un macello. Erano venuti un sacco di piloti, figli di papà, a provare l'ebbrezza della guerra...questo fenomeno si era già visto in Spagna. Ma non era una guerra dei soldi: era una guerra del piombo e gli Inglesi non scherzavano affatto, sparavano sul serio. Facevamo la scorta ai bombardieri, ma tenerli uniti era un'impresa: uno andava giù perché i motori non ce la facevano. Erano BR 20, macchine anch'esse di tela, idonee a volare leggere e a partire su terreni secchi ed aridi. Qui invece si era carichi di bombe e le piste erano fangose, e poi i piloti mancavano d'addestramento. Le prime due azioni furono un disastro: i Tedeschi ci fermarono e si accorsero degli aeroplani che ci avevamo...ossigeno che si bloccava, senza radio, aeroplani di tela e come prima cosa ci diedero le stufe catalitiche per scaldare i motori e poi, nel giro di 48 ore ci applicarono corazze aggiuntive, ci hanno dato le loro combinazioni e in più guanti e caschi nuovi (avevamo ancora il caschetto di tela). Francamente , avevamo solo gli occhi per piangere, abbiamo fatto la guerra in queste condizioni; non avevamo neppure le carte, dal momento che già in Italia andavamo avanti seguendo le carte stradali del Touring Club. Immagini con le nebbie: dopo un combattimento rientrammo in 25 in quattro nazioni diverse, non si vedeva nulla se non i campanili. Sono atterrato avendo visto una pista ma era un'autostrada e prima di me, lo avevano già fatto in quattro: uno andò a finire in una piazza d'armi ad Amsterdam, Saddini, altri finirono fra i pini. Due furono abbattuti, o almeno dissero di esser stati abbattuti, ma poi in seguito si accertò che avevano avuto guasti tecnici: il povero Salvadori, e Lazzari. Uno aveva l'entrata dell'olio a 120 ed ebbe paura ad attraversare la Manica, a tornare indietro e tentò quindi un atterraggio in territorio inglese: nell'atterrare trovò una buca e l'aereo si mise "sull'attenti" (la foto è negli archivi inglesi) e venne fatto prigioniero. All'altro impazzì la bussola. Uno di questi aerei è all'Imperial War Museum, precisamente l'aeroplano di Salvadori. Giuntella, Rozzin, Lolli, Guglielmetti. Grillo, Mazza li perdemmo, più altri: ma non Lazzari e Salvadori. In pieno inverno arrivò quindi l'ordine di rientrare; nel frattempo erano arrivati anche i Fiat G.50, ma non parteciparono ad alcuna azione: essi non avevano autonomia, passata la Manica dovevano tornare subito indietro. Li schierarono quindi come difesa notturna degli aeroporti, in voli notturni isolati. Guardi la spedizione in Inghilterra fu tutta da dimenticare: bombardamenti male eseguiti, macchine inidonee. Il combattimento dell'11 novembre fu però un gran bel combattimento: pensi che ho avuto occasione di incontrare anni dopo chi vi partecipò dalla parte opposta, a Monaco, durante un raduno di ex-combattenti di tutte le nazioni belligeranti tranne i Russi. Io cercavo il francese Klostermann, il quale ha scritto alcuni libri: il primo molto interessante, ma il secondo pieno dei soliti luoghi comuni su noi Italiani, salvo poi dopo ammettere che non aveva mai avuto il piacere di incontrarci in volo. Mi avvicina un signore e mi chiede: "Tu sei Gorrini?" "Si" rispondo. Questo era Peter Towsend, l'asso della caccia inglese, il quale parlava perfettamente l'italiano poiché aveva studiato a Firenze. "Eri tu su quel CR 42 che mi sparò addosso, colpendomi nel tallone!" "Se sono stato io, tu allora eri quell'Hurricane che mi sparò ed i proiettili mi passarono attraverso le gambe" Siamo diventati amici e quando venavi in Italia lo andavo a prendere all'aeroporto: siccome era un appassionato di macchine e io conoscevo l'ingegner Ferrari, lo portai a Maranello dove gli fecero provare un muletto in pista...gli sembrò di toccare il cielo con un dito! D. E dopo la battaglia d'Inghilterra? R. Rientrammo, ma prima fecero togliere le carenature alle ruote dei CR 42 perché c'era troppo neve. Rientrammo perché le cose andavano molto male in Africa: c'era la ritirata di Graziani e, nel giuro di due giorni fummo a Sirte, atterrando con un tempo molto brutto. Pensi che mai, dico mai, in un trasferimento perdemmo aerei. Da Mirafiori atterrammo a Pisa, poi a Reggio Calabria, poi a Pantelleria, Zuare(?), Castelbenito e quindi Sirte, molto vicino al fronte. Vedevamo colonne infinite di soldati sbandati, scappavano, nessuno li fermava più; incominciammo subito a levarci in volo e a fare mitragliamenti sulle colonne inglesi, in particolare nella zona di Agedabia e riuscimmo a contenerli. Mi ricordo che il maggiore nostro con altri ufficiali e soldati si mise sulla Balbia, pistola in pugno, a fermare ed inquadrare gli sbandati e noi da Sirte non facevamo altro che partire e ripartire (tornavamo solo quando avevamo esaurito le munizioni). Davvero il nostro fu un intervento prezioso, e vi era anche l'VIII gruppo più altri. Rimanemmo giù alcuni mesi; le condizioni erano disastrose, mangiavamo gallette e scatolette, la galletta si gonfiava nello stomaco e ad alta quota provocava dolori e gonfiori...mancava acqua. pieno di mosche e scorpioni. Alla fine ci rimpatriarono per farci riposare e lasciammo gli aerei al gruppo di Vizzotto o di Bailo, non mi ricordo. Rimpatriammo, ci diedero venti giorni di licenza e poi ci portarono a Caselle dove ci fecero fare qualche giro sul Fiat G. 50 per poi consegnarci il Macchi 200, il "saetta", monoplano con motore stellare. Di lì quindi in Grecia ad Araxos il dicembre del 1941, vicino al mare: facevamo crociere di protezione. Mi ricordo che Argostoli e Cefalonia non potevano essere sorvolate da nessuno, per ordine del comando: ricordo di aver visto un aeroplano un giorno, insieme ad un gregario, un aeroplano scuro che volava verso Argostoli. Lo inseguii e stavo per sparargli quando vidi le croci tedesche: il mio gregario, un giovane sergente, credette che io lo avessi mancato e gli sparò: l'aereo era pieno di benzina ed andò giù. Vi fu un processo e, fortunatamente, il giovane venne assolto perché l'aeroplano era caduto a terra. Facevamo molte scorte navali, fino all'Egeo. Un bel momento ci fecero rientrare: il nostro, il XVIII, era un gruppo autonomo che poteva essere impiegato ora qui ora là. L'altro nostro gruppo, il XXIII, era su Malta. Ci mandarono ancora in Africa Settentrionale, questa volta con i Macchi 200. D. Il Macchi 200 era già un aereo migliore rispetto al CR 42? R. Si' era meglio, ma era ancora arretrato rispetto ai mezzi degli Inglesi. Aveva ancora la cabina aperta, che poi in Africa non era forse neppure il male peggiore...Atterrammo vicino a Bengasi, dove avevo in precedenza, con il CR 42, abbattuto due Blenheim che stavano per bombardare il porto e poi ne tirai giù un altro. Ne ho visti tanti sfilarmi e per un semplice motivo: erano più veloci di noi. Se si era in quota potevamo riuscire a prenderli, altrimenti era impossibile. Il Blenheim era un bombardiere leggero e veniva affiancato dal Beaufughter, caccia pesante: due gran belle macchine. Da Bengasi andammo a Ouadi- Tamed (?) e lì, poiché tiravamo la cinghia a furia di mangiare in continuazione gallette e scatolette, un giorno mi venne una bella idea: presi un CR42 e sorvolai l'Ouadi. Vi erano numerose gazzelle che andavano a bere e si nascondevano fra la vegetazione: al rumore dell'aereo fuggivano allo scoperto e ne buttai giù tre o quattro. Un camion dietro le raccolse e vi fu carne per tutti. Un'altra volta eravamo sul golfo di Bomba e dissi all'armiere: "Oggi mangiamo il pesce, togli le spolette dalle bombe da 50 Kg" Tolse le spolette e lanciammo le bombe in acqua: vennero a galla dei dentici di mezzo metro...Dovevamo soprattutto arrangiarci. Ero riuscito a dotare il reparto anche di automezzi, perché durante una caccia, meglio una ricognizione per intercettare gruppi di commandos che di notte attaccavano i nostri aeroporti, vidi in mezzo al deserto un mucchio di mezzi abbandonati. Al ritorno dissi al comandante di squadriglia, il capitano Giuntella, e mi feci dare un camion con alcuni specialisti: non avevamo mezzi. Con un 38 SPA, un fusto di benzina ed un fusto d'acqua, dopo aver piazzato una mitragliatrice sul cassone, tolta da un aereo scassato. partimmo. Trovammo i mezzi: non vi erano segni di colpi, non vi erano morti: tutti mezzi inglesi, più alcuni dell'esercito gollista. Vi erano persino alcune armi. Eravamo piuttosto eccitati e ricuperammo molta roba: alcuni funzionavano, altri potevamo trainarli con lo SPA. Stavamo per ripartire quando sentimmo un colpo di fucile isolato: non sapevamo da dove partiva quel colpo e rispondemmo al fuoco con la mitragliatrice, sparando in alto. Vedemmo uscire da dietro un mezzo un uomo lacero, sporco, con la barba rossa e lunga ed a mani alzate. Era l'armiere di un Blenheim che era stato colpito durante un bombardamento su Tobruk e che si era lanciato: aveva girato per il deserto finché non si era imbattuto in quel posto e lì era rimasto per quasi trenta giorni bevendo l'acqua dei radiatori. Capimmo inoltre perché quei mezzi erano stati abbandonati: si era in mezzo ad un campo minato. I miei compagni erano preoccupati, ma piano piano riuscimmo ad uscire indenni, con i Nostri aeroplani che ci stavano cercando: siamo rientrati con alcuni camion e pensi, con una Peugeot 405 francese che regalammo al comandante di squadriglia. Io avevo trovato una Guzzi con motore V targata Torino: quei mezzi ci furono utili dopo, durante la ritirata di quasi 5000 chilometri quando sfondarono ad El-Alamein. Eravamo ad Abu agad(?): nel frattempo avevano applicato ai nostri aerei delle rastrelliere che portavano delle bombe speciali, le bombe "Mazzolino": bombe potentissime ma in un involucro di alluminio. Con ordigni dello stesso tipo si diceva che i Tedeschi avessero espugnato la linea Maginot. Il problema era che se uno rientrava con alcune di queste bombe ancora attaccate alle rastrelliere, rischiava di saltare in aria: e così purtroppo fu in un paio di casi. Allora via le rastrelliere e ci misero due attacchi per le bombe da 50 KG: eravamo costretti quindi a fare anche i bombardieri, in particolare quando avanzammo fin dopo Marsa-Matruh dove potemmo ricongiungerci con l'altro nostro gruppo che era già stato dotato dei nuovi Macchi 202. Il fatto che eravamo costretti anche a fare da caccia-bombardieri spiega il nostro distintivo: una vespa incazzata con in mano un pugnale, che significa il caccia intercettore, e con nell'altra mano un guantone, che significa il caccia-bombardiere. D. Il Macchi 202 era un aereo decisamente migliore? R. Sicuramente era un aereo già competitivo: certo che quando ci gettarono, durante l'offensiva, addosso nugoli di P 40 e di Spitfire, anche questa macchina non poteva fare molto. D. Lo Spitfire era un osso duro? R. Lo Spit era un osso molto duro...aveva un mucchio di mitragliatrici, più due cannoncini da 20 mm ed era inoltre più veloce. Il 202 gli era decisamente inferiore i velocità ed armamento. Quindi un bel momento il 4° stormo, che sembrava il migliore stormo d'Italia, i suoi comandanti sono diventati in seguito Capi di Stato Maggiore, e che quindi veniva dotato sempre degli apparecchi migliori, quando ha cominciato ad esserci puzza di bruciato e cioè quando era chiaro che avrebbero sfondato, sono rimpatriati ed hanno lasciato i loro Macchi a noi, il XVIII Gruppo, e noi abbiamo dato in nostri 200 a quei poveracci dell'VIII stormo che avevano ancora i CR 42. Finalmente avevamo un aereoplano competitivo: era il finimondo, perché ci venivano addosso nuvole di caccia avversari. D. Ma quando vi rendeste conto di ciò che stava succedendo, dello sfondamento ad El-Alamein? R. Tutto sommato piuttosto tardi, anche se cominciarono a preoccuparci i sempre più frequenti bombardamenti, diurni e notturni. E da lontano vedevamo le prime linee che venivano martellate dalla loro artiglieria. Ma fino a quel momento il nostro campo era stato lasciato in pace: stavamo ad Abu AGad (?), un po' spostati e l'attendamento nostro era in riva al mare. Addirittura di notte tenevamo qualche luce accesa, ma i loro aerei ci passano sopra senza toccarci. Solo che una notte invece...un loro bombardiere fece due giri e sganciò due bombe dirompenti, per uccidere il personale e non tanto distruggere gli aerei. Non erano bombe per scoppiare in profondità: ci fecero fuori un mucchio di piloti: io quella notte era a letto in tenda, alcuni erano svegli e giocavano a carte. Luci accese fuori e dentro, e non c'erano rifugi: l'unica protezione era verso il mare perché avevamo paura degli incursori: una fila di bidoni vuoti con filo spinato ed una mitragliatrice pesante, a protezione della tenda. Dormivo sulla brandina, la tenda era chiusa: non mi ricordo chi la aprì, ma so solo che corsi fuori mezzo nudo. C'ero io davanti, Sandini e Scocchetti e la bomba cadde in mezzo a noi: mi gettai nella buca che utilizzavamo come latrina, che era già piena di gente. Sento urlare, gridare aiuto: ero nudo, perché quel poco di vestiti mi era stato strappato dall'esplosione. Scocchetti l'ho trovata che si teneva la pancia con l'intestino che fuoriusciva...Lambertini era stato ferito mortalmente alla schiena e mi morì vicino; un altro, che sembrava non avesse niente fu ucciso dallo spostamento d'aria. Abbiamo perso 12 fra piloti e specialisti: uno si amputò con un coltello da solo la gamba, povero Leo, mentre lo portavamo in ospedale. Incominciammo la ritirata: una scena indescrivibile, difficile da credersi cosa successe, cosa ho visto. Ci spostavamo con gli aerei rimasti, di base in base. o dove potevamo atterrare: aspettavamo che i Tedeschi ci portassero la benzina di notte, a volte ce la buttavano senza guardare troppo dove andava a finire: facevamo rifornimento agli aerei, gli armavamo e aspettavamo che il nemico si avvicinasse con i carri e quando erano quasi vicino all'aeroporto decollavamo per andargli incontro. Mitragliamenti e poi indietro verso un altro aeroporto: abbiamo fatto così 4000 chilometri. Arriviamo infine a Tripoli, alla Melaca (?) dove c'era un circuito automobilistico su cui correvano un gran premio: non avevamo da mangiare, non avevamo da bere. Le divise ed i pantaloni erano tenuti insieme dal filo d'ottone, sporchi. Ci si doveva spostare a Zuara, ma quattro piloti ricevettero l'ordine di restare lì con il tenente Speicher e con l'ordine di rotolare una volta che tutti erano partiti qualche fusto di benzina dentro i magazzini: dentro c'era l'ira di Dio. Montagne di caffé, di tè, divise, sahariane: dovevamo versare la benzina e poi sparare dentro per incendiare tutto quanto. Vi erano montagne di acqua di Ciampino imbottigliata, montagne di vestiti: ci divertimmo per un po' ad aprire un mucchio di casse, curiosi. Spaccavamo giù tutto: trovai una cassa piena di macchine fotografiche Leica e quattro me le misi al collo, ma le persi o distrussi per strada. Sparammo dentro e incendiammo tutto; poi arrivammo a Sfax e ancora Medelin e a Korba. Ormai eravamo stretti in Tunisia: mi ricordo che fregai le lenzuola del maggiore Camarda e feci in tempo a partecipare alla famosa battaglia di Kasserine (gli Americani le presero di santa ragione dai Tedeschi) e noi scortavamo i carri Tedeschi, come immortalato da un quadro fatto da un'associazione americana di assi dell'Aeronautica che dirige due importanti musei. So che in Arizona, a Mesa, esiste una mia grande fotografia, insieme con una del Maggiore Visconti; mi hanno invitato più volte in America, ma non me la sento di andarci. Mi hanno invitato anche a Londra, e neppure a Monaco: alla fine sono venuti qui da me e mi hanno fatto firmare un mucchio di quadri che hanno fatto fare da un pittore e che mi ritraggono, in qualità di esponente della caccia italiana, mentre scorto i Tiger tedeschi in Tunisia. Quel quadro compare a fianco di quadri raffiguranti le imprese di Klostermann, il francese, di Adolf Galland, il tedesco, di Towsend per l'Inghilterra: i più grandi assi dell'aeronautica. Me ne hanno fatti firmare 600 e poi so che gli hanno messi in vendita a più di mezzo milione! L'ha visto un mio amico che, dopo la guerra, se ne andò per paura in America: ve ne furono molti dei nostri che andarono in America e fecero là i piloti commerciali. D. Arriviamo al 1943: Tunisia, Sicilia, la guerra prende una brutta piega. Cosa provavate? R. Io in Sicilia non sono stato impiegato...comunque la guerra capimmo che era persa con El-Alamein. Vedevamo i mezzi che avevano: ne tiravamo giù dieci e, il giorno dopo, ci erano addosso il doppio. Noi invece non riuscivamo più a rimpiazzare le perdite e gli aeroplani cominciavano a scarseggiare; ripiegavamo e lasciammo gli aeroplani a chi rimaneva. D. Nell'estate del 1943, avvengono bombardamenti massicci sulle città italiane: quasi ogni città viene colpita ed in particolare le grandi: Napoli, Genova, Torino, Milano ed infine Roma. Che cosa facevate per difendere? R. Il III stormo rientrò in Italia, a Milano ed eravamo dotati di Macchi 202 e di alcuni Messerchmitt che i Tedeschi ci avevano dato: siccome eravamo un gruppo molto compatto ci schierarono alla difesa di Roma. Stavamo a Ciampino, ed eravamo comandati da Falconi, persona molto a posto ma che suscitava odio e invidia fin da quando era diventato campione mondiale di volo a rovescio; era un uomo che faceva di testa sua ed ignorava i burocrati del Ministero. Noi eravamo tutti schierati a CIampino sud, tutto lo stormo, e benché fossimo destinati a difendere Roma venivamo spesso chiamati a dare man forte a Napoli che era debolmente difesa da qualche squadriglia autonoma. Il nostro stormo era di sei squadriglie: più di sessanta aerei. Una notte, i Nostri bombardieri partivano da Ciampino nord in azioni isolate, i 79, uno ogni cinque minuti. Un Beaufighter si era accodato ad un S.79 e lo aveva seguiti per vedere da dove partiva: quando il nostro sparò il razzo di segnalazione per atterrare venne avvistato anche l'aereo inglese che venne abbattuto dalla contraerea tedesca. Il comandante Falconi disse: "Se quello ha comunicato via radio da dove avviene la partenza, domani ci distruggono l'aeroporto." Ormai piombavano addosso agli obiettivi con minimo duecento quadrimotori, formazioni imponenti. Falconi non aspettò l'ordine del Ministero, ma all'alba diede l'ordine a tutti gli apparecchi efficienti di dirigersi a Cerveteri, a Nord di Roma: partimmo. D. Quindi a difendere Roma non c'erano che una sessantina di aerei? R. Sì, c'eravamo solo noi con in più qualche aereo della notturna a Centocelle, ma poca roba. C'era Rotondi che volava con un Lighting che era stato catturato agli Americani e momenti lo buttavo giù io, sta testa di cavolo...A Cerveteri dovevamo aspettare l'ordine del Ministero per partire, ma Falconi, non appena giunse voce che la formazione nemica era su Roma, ci diede l'ordine di partire. Io avevo il 202, e ci dirigemmo al largo di Ostia: era il giorno del famoso bombardamento su Roma, il 18 luglio del 1943 e si era sparsa la notizia che a prender parte all'operazione degli americani vi era il famoso divo Clark Gable: cercai invano la figura che contraddistingueva il suo aereo. D. C'è un combattimento in particolare di cui vuole parlare? R. Ma...un giorno, appena dopo il bombardamento su Roma, arriva la notizia che volevano consegnare un nuovo Macchi alla nostra squadriglia, era un 205. Vi fu un conciliabolo su chi spettasse guidare la nuova macchina e, grazie al numero di abbattimenti gia' conseguiti, riuscii a spuntarla. Mi diedero un foglio di viaggio e mi recai al Nord per ritirare il nuovo apparecchio: quando lo vidi chiedi spiegazione e informazioni. "Che te devo spiegà?-mi disse il collaudatore , un romano, - questo è sempre il 202. Una sola cosa: se Ti capita di sparare, non sparare con tutte le armi contemporaneamente, altrimenti il rinculo è troppo forte. O spari con i cannoncini da 20 mm, oppure spari con le mitragliatrici 12 ,7" Ma io non ho mai seguito questo consiglio ed ho sempre sparato con tutte le armi: se la va, la va...Ma chiedevo ancora informazioni: "E' il 202, dai vai!..." Appena su mi accorsi che invece il motore era più potente: arrivo a Cerveteri e mi viene incontro il maggiore Camarga (?): "Gorrini, tu domani stai di riposo" Ed io:"Fin che non ho fatto un combattimento con questo, io monto di allarme tutti i giorni" Quell'aereo è durato 48 ore! Il comandante di squadriglia mi aveva ordinato di partire dopo tutti gli altri, poichè avevo l'aereo più potente e più armato e dovevo fare il suo primo gregario di sinistra, mentre gli altri stavano tutti sull'ala destra. Era il capitano Giuntella, oggi generale. Partono e parto anch'io per ultimo in mezzo ad un gran polverone; arriviamo al largo di Ostia e vediamo una grande formazione nemica da bombardamento. Non sapevamo dove si dirigevano, pensavamo ancora su Roma, ma poi apprendemmo che l'obiettivo era Sulmona, dove era accantonata la divisione corazzata tedesca Hermann Goering, nella foresta. Una grande formazione, lì sotto gli occhi: il comandante mi faceva segno di stare calmo, per radio non si poteva parlare, ma alla fine il capitano Giuntella, continuamente incalzato da me, mi diede il via libera. Sono andato su, e andando su attaccai l'ultimo loro gregario di destra e sparai fra l'attacco dell'ala e la fusoliera: era un B-17, una "fortezza volante". feci un looping e mi ripresentai addosso, appena per vedere la sua ala che letteralmente si staccava, con i due motori che giravano e questa che andava in vite. L'aereo cadde sull'aeroporto di Nettuno: ero a 7000 metri ma sentii lo spostamento d'aria e vidi due o tre paracadute lanciarsi e commisi la solita coglionata che fanno tutti i piloti quando abbattono un aereo avversario, cioè girarsi per vedere dove cade l'aeroplano. Mi è piombato addosso un loro caccia della scorta, un Lighting P38: mi son visto i suoi colpi passarmi sopra la testa, mi aveva mancato di un soffio e poi fece una cosa stupida entrandomi a tiro. Lo centrai in pieno, tanto che scoppiò: se non mi aggrappo ai comandi finisco dentro i pezzi dell'esplosione. Vidi che il pilota aveva fatto in tempo a buttarsi con il paracadute. Mi rigetto all'inseguimento della formazione, attraversando tutta l'Italia e la intercetto sull'obiettivo: mi scaglio contro l'ultimo dei B-17. Feci quattro attacchi e dopo un po' vidi ben 9 paracadute che scendevano: ma l'aereo seguitava nella sua corsa, normale. Lo riaffrontai e, forse fu una delle poche volte che lo feci, sparai in cabina: non c'era più nessuno ed avevano installato il pilota automatico. L'aereo cominciò a perdere quota e, ancora una volta, lo inseguii per vedere dove cadeva: mi arrivarono addosso 12 Lighting, 6 da una parte, 6 dall'altra. Tengo imbarcato l'aeroplano e, avendo sparato raffiche molto forte e continue, le armi si erano scaldate: mi scoppiò il cannoncino di sinistra, perforandomi l'ala. Mentre stavo cercando di fuggire, avevo una paura incredibile, verso i 3000 metri, mi saltò il tettuccio che volando via mi ruppe l'antenna e mi danneggiò i timoni di coda. In quelle condizioni, avevo una cartina che mi era stata portata via dal risucchio, tirai la cloche più che potevo, tanto che si piegò. Ero a 1500 metri e vidi sotto di me il mare: provai con la radio. Chiama, chiama, un bel niente: finalmente arrivò la risposta. Ero su Pescara, mi ricordo il porto; mi diedero indicazioni per orientarmi, ma la benzina cominciava a scarseggiare. In più mi dissero di non atterrare a Cerveteri perché era stato distrutto da un bombardamento. La formazione che avevamo intercettato prima era seguita da un'altra che puntò su Cerveteri. Mi dissero di atterrare alle Strisce, verso Ostia, vicino al torrione in cui fucilarono Salvo d'Acquisto. Cala la benzina, non vedo arrivare Cerveteri, non vedo arrivare le Strisce: finalmente ci sono sopra, ma questa volta è l'elica che va in croce (non c'era più un goccio di benzina). Ricordo i fili dell'alta tensione della linea ferroviaria e che puntai a terra per poi cercare di saltare i fili: fu la forza della disperazione a salvarmi, perché anche il carrello non funzionava più bene. Atterrai e mi venne incontro il maggiore, furente, credevo che mi mangiasse. L'aereo non era più riparabile. "Comandante, ci sono due quadrimotori ed un caccia!" "Non contare balle" questa fu la sua risposta. "Non sono balle: non sono caduti in mare, non sono un ufficiale e in più sono caduti al di qua delle nostre linee" Avevamo un Fieseler-Storch, un aereo tedesco da ricognizione, "Andiamo a controllare gli dissi" Partimmo (non l'avevo mai guidato): ed arrivammo a Nettuno. C'era una buca enorme: quelli della contraerea dissero che i due piloti che avevano fatto in tempo a lanciarsi li avevano portati via i Carabinieri insieme ai Tedeschi. "E uno!" Li andiamo a cercare e raccontano di esser stati attaccati da un aereo isolato, velocissimo e senza numeri e distintivi. "Andiamo" Cercavamo il Lighting: sul lago di Nemi...Finalmente atterriamo su un prato e due ragazzini ci dicono di aver visto un motore in un punto e che il pilota era stato portato via dal maresciallo dei Carabinieri. Andiamo da lui: il pilota era francese e disse che aveva anche lui avuto un combattimento con un aereo senza distintivi. C'era da andare a Sulmona, ed il maggiore titubava: bisognava attraversare gli Appennini ed entrammo dentro un temporale che ci fece ballare per quaranta minuti. Voleva tornare indietro, ma indietro faceva più buio che avanti: acqua che veniva dentro, ma arriviamo a Sulmona e ci rechiamo al comando tedesco dove stavano alcuni prigionieri, di cui uno enorme. Era il comandante della fortezza volante, un australiano. Anche lui disse quello che avevano detto gli altri: caccia veloce, senza distintivi, isolato. Mi piacerebbe conoscere il pilota aggiunse, ed il maggiore mi indicò: mi tese la mano e mi piantò una stretta di mano che stavo per dargli un calcio. Poi mi volle fare un regalo e, aprendo un calzare, tirò fuori una 7,65 che mi regalò. Qualche giorno dopo mi tirarono giù sopra Frascati, dopo che avevo tirato giù uno Spit e mi erano venuti addosso in quattro. D. Il 25 luglio cade Mussolini, si cominciò a capire qualcosa di quello che sarebbe successo? R. Guardi il nostro morale rimase sempre altissimo. Stavamo bene: alloggiavamo all'Hotel Margherita di Ladispoli, vicino a Cerveteri. C'erano un mucchio di artisti cinematografici di Cinecittà, sfollati da Roma: molte attrici. Alla sera, quando dopo aver cenato andavamo a prendere un caffè nell'unico bar sulla piazza principale, stavamo con loro. E a chi aveva abbattuto un aereo si offriva una bottiglia di spumante: era una baldoria, lei immagini... Quel che successe il 25 luglio non ci scalfì: continuammo come se niente fosse la nostra attività. Sapevamo che a Fregene, vicino a noi, stava Ettore Muti che, se fosse venuto da noi forse si sarebbe salvato ed invece poi lo fecero fuori. Un giorno c'è da andare a difendere Napoli, lo avevamo fatto diverse volte e arrivammo che il bombardamento era già avvenuto: ci lanciammo all'inseguimento della formazione alleata e ci piombarono addosso gli Spit. Mi arrivò dentro una cannonata secca, mi trovavo quasi sopra il Volturno e per fortuna che ero in quota sugli 8500; mi venivano dietro, ma il motore funzionava ancora e alla radio mi dicevano di stare calmo. Mi avevano colpito al radiatore e, mantenendo la velocità bassa riuscì a non fondere. Speravo di farcela ad arrivare se non a Cerveteri, che era stato riparato, almeno a Ciampino: ma non ce la facevo anche perché avevo paura di piantarmi sui Colli Albani. Alla radio continuavano a dirmi di stare calmo e, finalmente vidi alla mia sinistra un aeroporto che poi era quello di Pratica di mare, dove stavano i Tedeschi. Cominciai a perdere quota e misi fuori il carrello: il motore grippò in pieno e dovetti ritirare il carrello per passare la rete di recinzione. Passata questa, il carrello, che era collegato al motore non voleva sapere di scendere di nuovo, almeno interamente e dovetti azionare la pompa a mano di soccorso. Atterrai con un'ala, presi una botta tremenda e ...non mi ricordo più nulla se non il fatto che i Tedeschi furono molto veloci nel soccorrermi ed evitarono che l'aereo si capovolgesse. Mi portarono con un'ambulanza al Celio, che era pieno zeppo e mi rifiutò; mi portarono allora all'ospedale del Littorio, dove c'era ricoverato anche il tenente Cavatore che scontratosi di muso con un Lighting aveva rimediato una cannonata che l'aveva colpito alla mano sinistra e gli aveva strappato parte dei comandi, guidava un Messerschmitt e ci mise tre tentativi per atterrare, manovrando la cloche con le gambe e chiudendo il motore con la mano sana ed io gli avevo salvato la vita tirando giù il Lighting. Cavatore mi vide portare dentro in barella da due tedeschi che non fecero troppi complimenti e visto che c'era un posto mi mollarono lì. Non davo segni di vita e nessuno sapeva se ero italiano, tedesco, o anche inglese: la mia tuta era zuppa d'olio e non avevo alcuna piastrina di riconoscimento. Fu Cavatore a riconoscermi: "Quello è Gorrini, disse, mi ha salvato la vita dieci giorni fa..." E siccome dopo gli abbattimenti su Sulmona ero diventato famoso, mi aveva citato il bollettino di guerra ed ero finito sulla copertina della Domenica del Corriere disegnata da Beltrame, altri mi riconobbero. Mi hanno ingessato e ho avuto l'assistenza di Susanna Agnelli che era infermiera al Littorio: ci fu del tenero fra noi due e...dovevamo sposarci, ma io le dissi "Tu sei la Fiat, io sono un sergentino..." Siamo rimasti buoni amici, e a volte ci sentiamo ancora. D. E l'8 settembre? R. Quando è venuto l'8 di settembre, la Susanna che intanto mi aveva fatto avere una nuova divisa, mi propose di andare con lei a Rocca di Papa. Ma io volevo tornare a casa, lei un po' insisteva e, alla fine dispiaciuta e rassegnata, anche commossa, mi accompagnò al treno. Ci salutammo e proprio nel mio scompartimento si sedettero due ufficiali tedeschi: io portavo anche una decorazione tedesca, la croce di ferro di 2° classe e loro non sapevano come comportarsi a fronte di tutto quello che stava succedendo, ed io pure. Parlando e cercando di intenderci, con qualche parola in francese, tenemmo una conversazione fino ad Orvieto dove per fortuna scesero. Ad Orvieto salì una signorina e riuscimmo ad arrivare a Bologna che vidi tutta bombardata e la aiutai a portare le valigie: attraversammo Bolgna per giungere a prendere i treni che proseguivano verso Milano. Montati sul treno, a Reggio Emilia il treno fu bloccato e si vedevano soldati tedeschi impartire ordini: dicevano agli uomini di scendere, a tutti i maschi. "Lei stia qui" mi disse la signorina" Io sono bulgara" Salirono sul treno quelli con la piastra, la Feldegendarmerie: lei mi buttò il suo soprabito addosso e i Tedeschi ridendo passarono via. Mi sono salvato così: a Fidenza scese anche lei, bevemmo qualcosa in un bar e mi disse che abitava in Piazza Piemonte a Milano e mi diede l'indirizzo. Alla stazione chiesi qualcuno che mi accompagnasse a casa e trovai uno con una macchina a carbonella; la mia famiglia era mesi che non aveva notizie di me. Il tipo con la macchina aveva paura dei Tedeschi, ma riuscì a convincerlo. D. Come decise di scegliere di continuare a combattere nella RSI? R. Ero a casa da un paio di settimane, quando il comandante Falconi invitò tutti i suoi piloti, il III Stormo, a rientrare a Mirafiori, per radio. Un problema arrivare a Torino, perchè non funzionava più niente...Falconi era rimasto al III Stormo e dopo l'8 settembre, dopo che aveva dato l'ordine di rendere inservibili gli aerei per non farli catturare dai Tedeschi, riuscì ad ottenere da Kesserling una serie di garanzie e documenti bilingui. Riunì i piloti e disse loro se volevano continuare a combattere e se sì, di esser pronti a trasferirisi a Torino. Tutti accettarono, eccetto il tenente Melis che con tutti i sardi del gruppo preferirono andare in Sardegna con un 133. Me ne andai a Torino in bicicletta: partii alla mattina e alle cinque di pomeriggio ero arrivato. Mi aspettava, ero ancora ingessato e fatto venire un autista mi accompagnò alle Molinette. Lì accertarono che stavo bene e mi tolsero il gesso; fu ancora lì che mi presentò un capitano che io non conoscevo e non sapevo chi fosse: ""Questo è il comandante della prima squadriglia del primo gruppo dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana" Era il capitano Visconti. Falconi mi voleva mettere nella seconda squadriglia, ma quel capitano volle a tutti i costi prendermi con sè nella prima. Così tutti i piloti del III stormo finirono nella seconda, la Vespa, ma io finii nella prima, l'Asso di bastoni. Gli unici due piloti del Terzo stormo che non andarono nella seconda furono il povero Cavatore ed io. Abbiamo ricominciato tutto: Visconti era un uomo eccezionale...i più bei combattimenti li ho fatti con lui. Lui era tripolino. Non era sposato...Stiamo tentando di portarlo via da Musocco, ma Aniasi si è sempre opposto: è stato lui ad ucciderlo, con altri due...a cui adesso starà dando la colpa. La formazione partigiana Redi controllava la caserma dove stava Visconti, il quale aveva accettato la resa nelle mani dei partigiani previa garanzia di lasciapassare per tutti i suoi uomini e la mediazione dell'ingegnere Vismara. Stavamo a Gallarate ed eravamo armati fino ai denti: avevamo ancora alcuni aerei che avevamo diposto a raggiera pronti a sparare. I partigiani non potevano fare nulla, avrebbero potuto venirci addosso solo con i carriarmati. Visconti, nonostante molti altri ufficiali e comandanti di squadriglia gli avessero detto di non fidarsi, che ci si doveva arrendere solo agli Americani, fidandosi della parola. Gli intermediari, non appena vi fu la resa scritta se ne andarono ed egli rimase nella caserma con i partigiani, l'attuale caserma Montello ex Savoia-cavalleria, dove sto lottando perchè venga messa una lapide che ricordi il sacrificio di Visconti e di Stefanini. Tutti ci troviamo ogni anno, il 29 aprile a Musocco per onorare la sua memoria. Comunque andò così: nella caserma Montello, Visconti più altri ufficiali furono prima disarmati e poi dissero a Viscnoti che doveva andare in un posto per essere interrogato e Stefanini, che era il suo aiutante, lo seguì. Non appena furono nel cortile gli spararono alle spalle e fece in tempo ad urlare loro :"Vigliacchi!" Stefanini cercò di coprirlo con il corpo e morì subito, ma per lui fu necessario il colpo di grazia...Hanno fatto fuori l'uomo più a posto che esisteva, come uomo e come pilota. I più bei combattimenti li ho fatti con lui: non li abbiamo mai avuti in testa...facevamo 11000 metri con il 205. Pensi che fu uno degli ultimi a combattere, sul lago di Garda, forse il 20 aprile del 1945, si sparò frontalmente con un Mustang... Quello della RSI è stato il più bel periodo: avevamo un comandante che sapeva quel che voleva. Pochi aerei e i nemici venivano su con delle formazioni...Noi avevamo due gruppi operativi: l'intera Repubblica aveva tre gruppi da caccia, un gruppo trasporti, un gruppo aerosiluranti il Fagioni. Guardi che gli Americani erano contenti che noi eravamo pochi, perché seppur pochi gli abbiamo fatto dei danni mica da ridere: il I gruppo abbiamo buttato giù 112 aeroplani ed altrettanti il secondo gruppo. Certo abbiam perso quasi duecento piloti...ma la nostra pelle l'abbiamo venduta cara. Il I gruppo si è formato a Torino e poi, addestratici sotto il controllo dei Tedeschi che all'inizio non si fidavano di noi, ingaggiammo i primi combattimenti. Ricordo i primi abbattimenti quando gli Americani bombardarono Villar Perosa. Poi ci spostarono a Campoformido, vicino ad Udine. E lì fu incredibile: eravamo sempre su, sempre su, giorno e notte, anche quattro combattimenti al giorno. Ci gettavamo contro formazioni anche di cinquecento quadrimotori che andavano a bombardare in Germania: prima li intercettavamo noi e parte della caccia per fermarci era costretta a sganciare i serbatoi supplementari; succedeva quindi che i quadrimotori superavano le Alpi ma rimanevano senza scorta ed anche in Germania venivano assaliti dagli aerei Tedeschi. Tornati indietro, gli saltavamo addosso ancora noi, tanto che dovettero cambiare tattica: partivano da Foggia, bombardavano la Germania e si dirigevano direttamente in Inghilterra. Cimicchi, medaglia d'oro dell'aeronautica del sud, mi disse:"Gigi, io ero al sud, ma con il cuore stavo con voi e con me tanti altri! Voi non sapete veramente quanti aeroplani avete abbattuto: io li contavo quando partivano e li contavo al ritorno, lavoravo con un maggiore che comandava un gruppo di Lighting. Quando si trattava di andare contro i Tedeschi passava, ma quando sapevano che vi avrebbero incontrato, molti tiravano dietro il sedere sulla sedia...Ci credevano belve, persone disposte a tutto: guardi la nostra determinazione ed il nostro accanimento erano davvero tanti. Al ritorno vedevo scendere dai bombardieri morti e feriti." Tutti gli anni, la prima domenica di giugno vi è un raduno dell'Aeronautica nazionale repubblicana sul lago di Garda: sono io ad organizzarlo da quasi venti anni. Ci troviamo in diverse centinaia di persone: arrivano anche i Tedeschi. Veniva Neumann, che ora è morto, veniva Galland, viene Steinmann che mi ha regalato un porta sigarette, gli ho salvato la pelle sul cielo ad Udine...aveva già il Messerchmitt incendiato ed aveva addosso due Thunderboldt: sono riuscito a giostrare e ad incendiarne uno e a metter in fuga l'altro. Lui riportò ferite gravissime, era tutto bruciato...poi diventò il comandante della Luftwaffe della repubblica federale tedesca: mi ha insignito della croce di ferro di I classe. D. Quale fu il suo ultimo combattimento? R. Il mio ultimo combattimento fu quando venni abbattuto, era la V volta, a Reggio Emilia, con il 205. Ho sempre avuto nella RSI a disposizione il 205, qualche volta il Fiat G.55. Ci diedero l'allarme molto in ritardo e partimmo, ma non riuscimmo a fare quota a sufficienza e ci piombarono addosso: mi hanno abbattuto a Fogliano. Ho aperto il paracadute, ma nella caduta a terra ho battuto violentemente la schiena (mi fa ancora male) e persi conoscenza: intorno ci avevo icontadini con il forcone che forse mi credevano un inglese o un americano. Arrivò il maggiore Visconti a prendermi e con la sua auto mi portò dal nostro medico, il quale mi visitò e mi fece ricoverare all'ospedale a Reggio. Il medico a Reggio mi fece avere una licenza: ero ridotto male, vicino ad un esaurimento nervoso, e me ne andai a casa. Quando tornai stava tutto per finire. D. Come visse la fine della guerra? Dove si trovava il 25 aprile? R. Ero a Milano e feci in tempo a vedere Mussolini appeso...Insieme ad altri piloti avevamo affittato una camera in via Leoncavallo...ironia della sorte, all'angolo con Piazza Sire Raul. D. Incontrò mai i partigiani? R. Già quand'ero a Reggio...li incontrai una sera in macchina, un Balilla coppa d'oro che era di Villoresi un pilota della mille miglia. La comprai per 40000 lire, era mantenuta benissimo e rifinita. Quando Visconti i vide pensava l'avessi rubata o requisita a qualcuno...e poi l'adoperava anche lui per andare dalla Gianna, la sua ragazza, per non usare quella militare. Comunque successe così: abbatterono il povero Magnaghi mentre stava facendo la prova motore su Reggio Emilia e c'era anche una troupe del giornale Luce. Volevano che facesse anche qualche acrobazia...Magnaghi è andato su e non ha attaccato la spina della radio; quando stava per atterrare gli si sono piantati in coda 4 Lighting che gli hanno sparato addosso e lo colpirono in una gamba. Stava male e, una notte viene da me il dottore: "Gorrini, è finita la bombola, tu che hai la macchina vai alle Farmacie riunite di Reggio a prenderne uno..." Prendo la macchina e vado: arrivo all'altezza del manicomio e vedo una lampada rossa: era molto tardi, le due o le tre di notte..."Dove vai?" una voce secca di uno. Ero in divisa"Vado alle Farmacie riunite a prendere una bombola..." "E' per quello che hanno tirato giù?" "Sì" Mi lasciarono passare: e così tre giorni dopo. A Magnaghi gli tagliarono la gamba, ma la cancrena lo aggredì e non ci fu niente da fare... Vede i partigiani che conoscevano il gruppo Visconti, sapevano quello che facevamo: e ci lasciavano in pace. Fu quella brigata, quella che uccise Visconti, ad obbedire ad ordini che venivano dall'alto, dal CLN, in particolare da Pertini e probabilmente anche da Cadorna. Visconti faceva paura: era un uomo con un carisma eccezionale, un uomo scomodo... Tornando a Milano, iniziarono le grane: i giorni della "Liberazione", torniamo a casa e troviamo due brutti ceffi...due della Questura. "Dovete seguirci" Andiamo in Questura e poi di lì a Bresso, in una specie di campo di concentramento: ne vidi di tutti i colori. Un pezzettino di pane doveva bastarci tutto il giorno. Ci ha salvato la divisa, perché di notte quei poveri ragazzi della GNR o della X MAS...si mettevano dieci partigiani da una parte, dieci dall'altra e il facevano passare in mezzo e giù con i calci dei moschetti in testa, molti stramazzavano morti dopo i primi colpi. Oppure aspettavano che uno si recasse a fare i bisogni e dalla garritta, con una scusa, la sentinella sparava...Sono riuscito a salvarmi perché ho fatto uscire un biglietto e è venuto a prendermi una macchina con un blindato: ci hanno portato via in tre. Ci fecero riempire un questionario e poi, due settimane dopo, ancora due della Questura in casa, e sta volta finii a S.Vittore. quattro mesi. Uscii che ero magro, denunciato al tribunale militare e degradato...me ne fecero di tutte... Finalmente vado dal giudice: si sparge voce che era un ebreo...A casa saluto tutti...non avevo soldi per pagare l'avvocato e andai a Milano in bicicletta, ricordo che l'appoggiai al muro del Palazzo di Giustizia. Un usciere mi impaurì giuocando sul probabile astio del giudice nei miei confronti, in quanto ebreo...Busso. Mi fa accomodare e presentandomi come aviere pilota, ero stato degradato, mi corresse: "Lei è il sergente maggiore pilota Luigi Gorrini" Apre il mio fascicolo..."A ma lei è quello del messale..." Io avevo non solo compilato il questionario che ci avevano dato, ma avevo allegato una specie di memoria: volevo descrivere tutto quello che avevo fatto, ma tutto. Dubitava sulle mie affermazioni: "Neanche il Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica nazionale Repubblicana può aver fatto questo!" "Io confermo tutto: è tutta la verità" Chiude il fascicolo, lo ripone nell'armadio, mi viene vicino e mi guarda bene. "Vada, vada: ce ne vorrebbero tanti come lei!" Uscii di corsa e travolsi l'usciere di prima, lui con tutte le sue scartoffie: ho sceso lo scalone e in bicicletta tornai a casa, così veloce, che se c'era Coppi o Bartali, non mi avrebbero preso. Sono tornato a casa e ho dovuto riprendere servizio a Lecce, in quanto istruttore di acrobazia e poi ancora come assistente al volo, ma era tutto diverso e forse non interessa più. D. Può farmi qualche valutazione attuale? R. Le dirò questo: per darmi la medaglia d'oro ci hanno messo 13 anni, per voli fatti prima dell'8 settembre! L'hanno fermata tre volte, sciogliendo le rispettive commissioni. Alla fine i vari presidenti di commissione si sono chiesti se erano dei coglioni, dei generali di corpo d'armata coglioni che decidevano qualcosa che poi veniva fermato. Non contava che io fossi stato nella RSI, perché la medaglia si riferiva ad azioni precedenti. Il Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica Remondino, prese il generale Via che era quello che continuava a fermarla: "Se Gorrini merita la medaglia d'oro, gliela diamo. Se va fucilato per quello che ha fatto dopo l'8 settembre lo fuciliamo." Taviani era un po' sulle sue e chiese tutta la documentazione, se la studiò e scrisse di suo pugno la conferma. Per quanto riguarda la promozione, doveva essere nel 1942, ma siccome ero nella RSI mi fu data nel 1972! Dovevo venire a casa da tenente colonnello, come tutti quelli del mio corso, e invece mi fecero venire a casa da maresciallo. Mi danno 2100000 di pensione, una miseria di liquidazione per 40 anni di voli, la gran parte rischiando la vita in guerra. ! Ma non mi interessano i soldi: ne faccio una questione morale. Non ho figli e sto con mia moglie: la casa è mia e tutti i miei ricordi vorrebbero comprarli gli Americani. Ma voglio che rimangano in Italia. Ma quello che ho fatto allora, con la Repubblica, sono pronto a rifarlo anche adesso perchè ero convinto di essere dalla parte del giusto. Noi non avevamo alcun partito, noi difendevamo le città italiane dai bombardamenti dei liberatori, le nostre case ed il nostro onore. La guerra sapevano tutti che era persa con El-Alamein ed io l'ho persa due volte: l'8 settembre ed il 25 aprile. Ma ripeto, quello che ho fatto allora...quelle tonnellate di bombe in meno che abbiamo evitato alle nostre città, questo è un innegabile merito storico. Io non abbasso gli occhi di fronte a nessuno: l'ho fatto e lo rifarei. Pensavo però che dopo tutto quello che successe l'Italia andasse in mano a gente onesta. D. Come vede il futuro dell'Italia. R. C'è il rischio che finiamo come la Yugoslavia e l'Albania. Prego Iddio di sbagliarmi, ma finché si vede certa gente. Il più pulito ha la rogna... STORIA DEL XX SECOLO N. 33. Febbraio 1998. C.D.L. Edizioni srl
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Benvenuta, ma... hai cominciato col postare una fesseria! il bello di un forum è migliorare le proprie conoscenze confrontandosi con gli altri, meglio ancora se questi altri sono degli esperti veri (e qui ne troverai). ERGO: Nessuna paura di scocciare e avanti con domande, obiezioni e pareri. In questo senso, qui, nessuno scoccia mai!
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Scelta molto importante d intrapendere...Aiutooo!
Deneb ha risposto a Marco Esposito nella discussione Off Topic
Un consiglio: non ti fissare a diventare "per forza" pilota. Non basta essere capaci e motivatissimi. è necessario, in pratica, essere perfetti o quasi. In pratica: ti sei laureato con il massimo dei voti e sei un campione di nuoto o di atletica o di krav maga, ma hai qualche carie di troppo o qualche decimo in meno? Non passi. Insomma, non puntare tutto su una sola cosa. E' probabile (e non intendo fare il menagramo) che tu venga scartato, date le percentali di riuscita e il colpo potrebbe essere molto duro, ma la vita continua... P.S. Il migliore team acrobatico del Mondo è la PAN, con buona pace di tutti i blue angels che vuoi. -
Io ho usato per anni il NOD32 e non ne posso dire che bene. Ora sto girando con Avast e direi sia niente male. AVG non mi dispiace, ma non è certo una corazza impenetrabile. Forse il migliore a pagamento è Kaspersky, anche se NOD32 è efficientissimo e molto più leggero e veloce. Tra i gratuiti direi Avast. MAI usare due o più antivirus contemporaneamente. Ricordarsi di aggiornarlo almeno una volta al giorno, se non lo fa automaticamente. Anni fà ho provato Norton. MAI PIU'!!! C'è da dire, comunque, che i virus (e schifezze varie) sono fatte su misura proprio di Norton, a parziale scusante. Quel che non è accettabile, è la sua incredibile pesantezza e sfiancante lentezza.
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No, certo. Non pretendo che si mandino soldati come si faceva ai tempi d'oro del colonialismo (anche se con Gheddafi un pensierino qualche volta lo faccio...). Dico solo che le truppe, oggi più di ieri, sono solo parte di un più complesso organismo e strumento politico-economico-militare per tutelare (come sempre è stato ed è ancora) gli interessi della Nazione. Cosa diavolo tutelano i nostri soldati in Afghanistan? solo gli interessi dell'ENI? e in Iraq quale parte della torta ci è toccata? Cosa diavolo ci stiamo a fare in Libano? e nei Balcani? abbiamo avuto nulla rispetto alla Germania, pur avendo fatto enormemente di più. E' un ragionamento gretto? può darsi. Ma è l'unico da fare. E non mi sta bene che la nostra politica estera (ammesso che ce ne sia una) sia limitata alle pacche sulle spalle di stronzolo o alle "crociate di principio" degli imbecilli di sx.
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Più che una risposta, la mia è una polemica, ma... Mettila così: in Africa occidentale, i Francesi sono anni che declinano a vantaggio degli USA. In Ciad le cose, per loro, non stanno andando benissimo. La Cina incalza. Il Congo è una incredibile miniera a cielo aperto. Insomma, a Parigi si preoccupano dell'interesse nazionale. Giusto o sbagliato il metodo, i politici transalpini fanno il loro mestiere. A Roma, invece, una manica di deficienti incapaci si lancia in insulse "battaglie di principio" all'ONU, salvo sputtanarci di fronte al Mondo intero come un Paese-discarica.
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Come ventilato da qualcuno, questo potrebbe giovare alla nostra difesa: più investimenti e innalzamento della quantità dei sistemi d'arma. Con una sostanziale differenza: oggi, l'Italia, ha quasi completamente perso l'importanza strategica che aveva durante la guerra fredda e gli USA stanno attraversando un periodo difficile. In pratica, ai tempi dell'URSS, potevamo permetterci il lusso di non spendere in FFAA, tanto c'era qualcuno che ci difendeva o, meglio, difendeva la posizione strategica che l'Italia occupava. Oggi, invece, o facciamo da soli o...facciamo da soli. Questo potrebbe essere un'occasione da non sprecare: fare di necessità virtù. Purtroppo per noi, tuttavia, la politica interna è gestita, da una parte, da un tizio pronto a sacrificare ogni cosa sull'altare del proprio interesse e tornaconto personale (come ampiamente dimostrato in 5 anni di governo a dir poco disastroso). Dall'altra un'opposizione composta da una banda di deficienti incapaci. Insomma: non mi sento di essere eccessivamente ottimista.
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Taiwan - Difesa antiaerea, antimissili e possibili scenari
Deneb ha risposto a Balthasar nella discussione Armi superficie-aria
Come hanno rilevato molti prima di me, la Cina, per il momento, non ha la forza sufficiente per occupare Taiwan. O meglio: non ne ha i mezzi. Inoltre (e questo mi pare l'argomento decisivo) se anche tentasse un attacco e se anche gli USA non intervenissero direttamente, il Giappone starebbe a guardare? e non parlo tanto (o solo) di una reazione militare. In pratica, con una guerra del genere, la Cina si giocherebbe la sua crescita economica, con tutto quello che ciò significherebbe anche riguardo le ripercussioni all'interno. E, comunque, chi assicura che l'altra nemica, l'India, non coglierebbe l'occasione per sistemare i conti con il Pakistan (tradizionalmente protetto dalla Cina) e cercare di occupare gli spazi economici che, per forza di cose, la Cina dovrebbe abbandonare? La sproporzione militare tra Taipei e Pechino esiste, ma la qualità credo che sia ancora dalla parte della "provincia ribelle". Insomma, Pechino dovrebbe impegnarsi a fondo, buttando nella fornace molto, sicuramente troppo. I Cinesi sanno aspettare. Non sono cowboys. -
Fiuuuuuuuu, che fortuna!! Allora domani corro ad ordinarlo!
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Ma le portaerei americane non avevano il ponte corazzato (anzi, mi pare fosse in legno!)