Questo è un gioco propagandistico vissuto e rivissuto sin dagli albori della comunicazione di massa, non dobbiamo stupirci della sua costante riproposizione da ogni parte. A la guerre comme a la guerre, anche nel giornalismo o presunto tale.
Caso mai, andrebbero approfonditi specifici aspetti relativi all'implementazione di tali tecniche propagandistiche contestualizzate all'attuale panorama mediatico, nel quale la stampa cartacea ha diminuito considerevolmente il suo indice di copertura a favore della tv, del web e dei social. Questi strumenti, fatta salva la perdurante altissima percentuale di analfabetismo funzionale nei loro fruitori, si dimostrano sempre più efficaci nella polarizzazione delle opinioni e nella strutturazione del messaggio su livelli di superficialità che non possono che esse definiti preoccupanti.
Un esempio di scuola ne è proprio l'illustre Littlebears, il quale all'apparenza può dare l'impressione di un soggetto che assurge a statura di anchor-man non per suoi specifici crediti professionali (totalmente inesistenti dal punto di vista dell'analisi strategica) ma solo perché viene riconosciuto dal sistema mediatico come elemento capace di "bucare" gli schermi e quindi utilizzato di conseguenza riconoscendone la produttività in termini di share al di là della reale consistenza delle sue argomentazioni.
Il soggetto in questione, tuttavia, costruisce e veicola la sua comunicazione in maniera estremamente strutturata ed efficace per il suo specifico target di riferimento, il che denota un attento studio a monte del progetto di acquisizione del consenso. Ovviamente sono tecniche note, costui non si è inventato assolutamente niente, ma il fatto stesso che siano facilmente riconoscibili da un attento osservatore dimostra in modo ancora più inconfutabile quanto il sistema mediatico di massa sia globalmente marcio e privo di credibilità sin dalle sue fondamenta non solo negli ameni territori di caccia del caro zio Vladimir o del Cicciobello dagli occhi a mandorla, ma anche in Occidente, ove in omaggio alla "libertà di pensiero" si permette a certi soggetti di imporsi costantemente all'attenzione dell'opinione pubblica quando - nel caso in questione - basterebbe un solo pubblico confronto con un professionista vero dell'analisi strategica per smontare pezzo per pezzo e con estrema facilità tutte le loro deliranti fandonie.
P.s.: Scagnetti, nel tuo elenco di soggetti borderline hai dimenticato lo "spetsnaz de noartri", quello "educato in Siberia"...