Ogni aereo per essere gestito ha bisogno di supporto e con gli ultimi velivoli questo va ben al di là di qualche pezzo di ricambio riprodotto o racimolabile sul mercato nero che ha consentito agli iraniani di far volare per tanti anni qualche F-14 dalle dubbie capacità operative.
Nell’era della digitalizzazione molto spinta per l’F-35 questo si traduce in un grande flusso di dati che attraversa l’Atlantico nella rete del discusso sistema ALIS.
Non penso ci sia un specie di pulsante di autodistruzione del software degli F-35 sul tavolo di Trump, ma sebbene i singoli Stati possano decidere quali dati mandare di là ed eventualmente isolare i propri terminali ALIS (vedi articolo già postato 2 anni fa), di sicuro dagli USA possono controllare quello che mandano di qua e quanto meno decidere di chiudere i rubinetti e a quel punto l’operatività del velivolo verrebbe più o meno rapidamente compromessa.
Il velivolo ha molta elettronica che è una black box a tutti gli effetti: dentro solo negli USA possono metterci le mani e senza adeguato supporto per hardware e software, un aereo come l’F-35 diventa presto inutilizzabile.